Ecco San Sebastian: lo Jaizkibel, il maltempo e Loulou

29.07.2021
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Uno spicchio di terra tra l’Oceano Atlantico, i Pirenei e persino un pezzetto di Francia. I Paesi Baschi si apprestano ad applaudire la loro classica per eccellenza: San Sebastian. 

I Paesi Baschi sono considerati la “Svizzera” della Spagna. Si passa dal “deserto” del Nord al verde più rigoglioso in cui lo sport che ha a che fare con la bici ha un ruolo primario: triathlon, Mtb e soprattutto ciclismo su strada. E quando arriva questa classica d’estate quelle zone si fermano e i baschi scendono in strada.

L’altimetria della gara maschile
L’altimetria della gara maschile

Tante salite

Sabato quindi torna la Donostiako Klasikoa (in basco). E lo fa dopo un anno di pausa causa pandemia. Al via sia le donne che gli uomini. Scopriamo quindi cosa attende gli atleti. Partiamo dai maschi.

La prova maschile misura 224 chilometri, conta sei Gpm, con il mitico Jaizkibel (da scalare due volte) e il trampolino di lancio del Murgil.

«La prima parte della Clásica – ha detto Roberto Laiseka, ex corridore e tra gli organizzatori dell’evento – corre lungo l’intera costa del Guipuzcoan ed è abbastanza pianeggiante. Nella seconda parte invece, spazio agli scalatori con lo Jaizkbel e l’Erlaitz. E’ qui che si farà la selezione definitiva. Si passa il traguardo prima di intraprendere l’ultima salita a Murgil: scalata breve ma molto dura. Dalla cima mancano solo 8 chilometri al traguardo quindi è molto importante iniziare sia la salita che la discesa ben piazzati». 

Il percorso è sempre duro, ma ha spesso premiato uomini in forma, anche se il dislivello (superiore ai 3.200 metri) strizza l’occhio agli scalatori. In più spesso in cima alle salite il vento si sente non poco e per questo tant’è volte hanno alzato le braccia anche dei passisti.

Alaphilippe favorito, Yates incognita

Di solito San Sebastian premia coloro che escono dal Tour de France. Dai Campi Elisi alla baia basca passavano solo sei giorni, stavolta invece di mezzo ci sono state le Olimpiadi. E’ tutto un po’ un punto interrogativo.

Al via non c’è il solito super parterre, ma i campioni non mancano. Il primo della lista, e naturale favorito, è Julian Alaphilippe. Tra l’altro Loulou parte con una squadra formidabile della quale fa parte anche Mattia Cattaneo. 

Il suo primo rivale è Jonas Vingegaard. Il danese, secondo a Parigi, potrà finalmente essere il capitano della Jumbo-Visma. Saprà invece già essere competitivo Egan Bernal? Il colombiano rientra in corsa dopo il trionfo al Giro. Non ha il ritmo gara, ma ci ha abituato a rientri subito al vertice.

E poi occhio a Simon Yates, tra i pochi che vengono da Tokyo. Lui ha corso anche il Giro e il Tour e Simon stesso si è dichiarato curioso di vedere fino a che punto il suo corpo “terrà botta”. Ci sono poi Wilco Kelderman e Luis Leon Sanchez, recente vincitore della Ordiziako Klasika, che è un po’ considerato l’antipasto di San Sebastian. E Luis Leon chiama a rimorchio Juan Ayuso. Il baby fenomeno della Uae infatti è giunto secondo nella stessa prova proprio alle spalle dell’esperto connazionale. 

Gli italiani in gara sono ben venti. Colui che potrà fare bene è Diego Ulissi, che esce dalla vittoria alla Settimana Internazionale Italiana. E anche Alessandro Covi potrebbe trovare un certo spazio.

Ci sarà De Marchi, che ha ripreso al Tour de Wallonie dopo la tremenda caduta del Giro. Buone possibilità anche per Fabbro e Moscon.

L’altimetria della gara femminile
L’altimetria della gara femminile

E le donne?

La gara femminile è molto dura. Specie nel finale. La distanza inoltre non è affatto breve (ricordiamo quasi 140 chilometri). Per di più c’è un grande rischio di maltempo: pioggia e temperature relativamente basse. Le donne scatteranno dalla splendida baia di San Sebastian alle 9:15, circa 2 ore e mezza prima degli uomini. Per le ragazze: quattro Gpm, ma tantissimi strappi.

La notizia è che non ci saranno le mostruose olandesi (Vos, Van der Breggen e Van Vleuten). Questo rimescola molto le carte. La Trek-Segafredo sembra essere la squadra da battere, seppur orfana di Elisa Longo Borghini. Cordon-Ragot può dire la sua. E allora ecco che crescono le possibilità per Soraja Paladin ed Erica Magnaldi. Campionessa uscente è l’australiana Lucy Kennedy, che partirà col numero uno.

Un altro giorno è andato: Tosatto racconta

29.05.2021
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Gli ultimi giorni del Giro sono un frullatore di emozioni e cose da fare, soprattutto quando devi organizzare il lavoro della squadra che lo sta vincendo. Così per parlare con Matteo Tosatto c’è da prendere il numerino e aspettare che il direttore veneto abbia finito il giro delle stanze e se ti va bene riesce a infilarti prima del secondo giro di meeting. Oggi si combatte in alta quota, ieri s’è fatto un altro passo importante. Ma dopo le parole dette da Bernal per spiegare il giorno dalla crisi di Sega di Ala alla rinascita sull’Alpe di Mera, c’era un paio di spunti che meritava approfondimento. E’ notte quando il tecnico della Ineos Grenadiers richiama, la voce provata e insieme l’abitudine di stringere i denti coltivata in anni sulla bici.

La crisi di Sega di Ala alle spalle, la paura è passata
La crisi di Sega di Ala alle spalle, la paura è passata

«Non è stato poi così difficile convincere Egan a una tattica più attendista – dice – perché sappiamo che può capitare di dover correre diversamente da una settimana all’altra. A Sega di Ala abbiamo patito quel cambio di ritmo, per cui alla partenza ci siamo detti: “Oggi facciamo una crono. Castroviejo che è il più regolare tira finché ne ha e poi tocca a Martinez”. Egan ha capito subito. Avere uno come Dani, che è pure 7° in classifica, è un vantaggio di cui dobbiamo approfittare al massimo. Loro davanti e noi dietro con l’ammiraglia a dirgli ogni chilometro pendenze e distacchi. E così fino in cima».

Paura e consapevolezza

A fronte dello sgomento dello scorso anno per aver perso Thomas in avvio e doversi reinventare il Giro, forse Sega di Ala è stata poca roba, ma bisogna ammettere che un cedimento del leader a tre tappe dalla fine era qualcosa difficile da maneggiare.

Puccio, Castroviejo, Ganna, quelli per il lavoro pesante
Puccio, Castroviejo, Ganna, quelli per il lavoro pesante

«Non abbiamo avuto la certezza che fosse alle spalle – dice – fino al traguardo di oggi (ieri per chi legge, ndr). La sola cosa che sapevo alla partenza era il valore della squadra. Egan ha compagni che stanno bene e per lui sono pronti a dare la vita. A Sega di Ala abbiamo preso un distacco. Sul momento magari c’è stata un po’ di paura, ma dopo aver ben recuperato si è trasformata in una presa di coscienza. Yates sta andando più forte. Paura di cosa? Di aver perso la condizione, ma io gliel’ho detto subito che molto probabilmente ha pagato il secondo giorno di riposo».

Il primo caldo

Giorno balordo, peraltro, quello trascorso dalle squadre a Canazei. Gli unici che sono riusciti ad allenarsi bene sono stati i coraggiosi usciti di buon mattino, oppure quelli che hanno accettato di farlo sotto la pioggia. Dalle 10 in avanti, infatti, sulla Val di Fassa è arrivato il temporale che ha fatto scendere bruscamente le temperature fino ai 10 gradi.

Dani Martinez, 7° in classifica, è una pedina decisiva sulle salite
Dani Martinez, 7° in classifica, è una pedina decisiva sulle salite

«Dovevamo uscire anche noi – dice – ma quando abbiamo visto il cambiamento di tempo, con Egan e Martinez si è preferito lavorare sui rulli. Il resto della squadra è uscito, ma dopo 45 minuti sono rientrati, mezzi morti di freddo. E invece il giorno dopo è venuto fuori il primo vero caldo. Egan veniva dalla Colombia, dove in quota ha trovato temperature fresche. Poi a Monaco ha piovuto sempre. Quindi la prima parte di Giro con acqua e freddo. E di colpo i 25 gradi di Sega di Ala. Quando questi cambiamenti così rapidi avvengono nella terza settimana, capisci quanto sia crudele un grande Giro. Diventa tutto più difficile. Il caldo ti svuota e quella sera l’alimentazione corretta è stata decisiva, anche in vista delle tappe successive. E ieri infatti eravamo in prima linea, pronti per giocarcela».

Serve la squadra

Non è detto che sia finita e per scaramanzia avrebbe anche voglia di chiuderla qui, ma l’ultima tappa di montagna bussa alle porte. Da Verbania a Montespluga: primi 70 chilometri di pianura e restanti 90 con tre grandi montagne che per tre volte passeranno i 2.000 metri.

Per attaccare da lontano servirà la squadra, Ineos pronta per difendersi
Per attaccare da lontano servirà la squadra, Ineos pronta per difendersi

«Chi vorrà attaccare da lontano – dice Tosatto – dovrà avere una grande squadra. Staremo a vedere. Noi terremo gli occhi aperti con i nostri ragazzi nella prima parte e poi anche nella seconda. E’ il classico giorno in cui i rivali contano, ma la cosa più importante è restare concentrati su se stessi. E poi alla fine tireremo le somme».

Si parte alle 12,20 da Verbania, si costeggia il lago sconfinando in Svizzera e poi in successione passo San Bernardino, Spluga e ritorno in Italia per l’arrivo. E intorno alle 17 sarà stato scritto anche il 20° capitolo di questa intensa storia rosa.

Le misteriose ruote di Yates sembrano Vision inedite

28.05.2021
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Fra le curiosità tecniche del Giro d’Italia, dopo aver… pizzicato le nuove scarpe Dmt utilizzate da Elia Viviani, da qualche giorno ci siamo accorti che Simon Yates sta utilizzando in salita delle ruote misteriose e prive di scritte, montate con gomme tubeless, che alla squadra australiana sono fornite da Pirelli. Le avevamo adocchiate sullo Zoncolan, ma sono tornate nella tappa di Cortina e poi in quella di Sega di Ala e anche ieri, come si vede bene anche nella foto di apertura. Di cosa si tratta, visto che la squadra, come già scritto su bici.PRO, utilizza ruote Shimano per le prove in linea e Vision per le crono?

Vision, forse…

A prima vista, si potrebbe trattare di un modello di ruote in carbonio a medio profilo per disco che, se non fosse stato per il Covid, Vision avrebbe già lanciato sul mercato. Ruote da 45, con 21 raggi davanti e 24 dietro, che saranno svelate prossimamente e sono state progettate per utilizzare anche pneumatici tubeless. Resta da capire se l’utilizzo delle ruote misteriose resterà limitato al Giro o il team stia valutando nuovi materiali per il futuro.

Non è tempo per le risse, la maglia rosa usa la testa

28.05.2021
4 min
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Le sfide in montagna sono risse di strada, dove di solito vince chi mena per primo oppure, se subisce un colpo, è in grado di darne subito altri due. Spiegatelo voi a uno che è abituato a menare per primo come Bernal, che nel momento in cui Yates lo avrebbe attaccato, sarebbe dovuto rimanere fermo e lasciare che a difenderlo fossero i compagni.

Finito il lavoro della squadra, è partito in prima persona con Almeida
Finito il lavoro della squadra, è partito in prima persona con Almeida

Il tempo della saggezza

Egan ascolta il punto e ne conviene: è stato strano, eppure il realismo con cui spiega la difesa verso l’Alpe di Mera ci mette davanti un campione ben più lucido e completo di quanto a volte si tenda a immaginare.

«In questo momento – dice – il mio obiettivo è arrivare in maglia rosa fino a Milano e vincere il Giro d’Italia. Quando c’è bisogno di muovere la corsa e ne ho le gambe, sono il primo a scatenare le… risse. Ma so che in questo momento c’è un corridore più forte di me e quindi la cosa da fare è gestire il vantaggio accumulato nei giorni scorsi, quando ho potuto attaccare e muovere la corsa. Dietro questi due minuti e mezzo c’è il lavoro di tutta la squadra, non è solo il mio vantaggio. E’ anche il loro. E non voglio rischiare di sciupare la loro fatica commettendo degli errori. E oggi abbiamo fatto uno step molto importante verso la meta».

Sul traguardo Bernal ha perduto qualche secondo: non era tappa per le risse
Sul traguardo Bernal ha perduto qualche secondo: non era tappa per le risse

La paura alle spalle

Ha avuto paura. Durante uno scambio di messaggi con chi meglio lo conosce, ci era stato fatto notare che nell’intervista dopo Sega di Ala, Egan avesse gli occhi impauriti. Non gli era capitato molte volte di essere staccato in salita come aveva fato Yates e quella crisi rischiava di portarsela dietro anche nei giorni successivi.

«Questa è stata una giornata molto importante – conferma – dopo quello che è successo due giorni fa. Quella sera ho cercato di mangiare bene e recuperare. Ieri la stessa cosa. Ho mangiato bene durante la tappa e la sera ho cominciato a fare il pieno di carboidrati. Dopo le sensazioni di oggi, sono fiducioso per domani. Sarà importante recuperare bene anche stasera per arrivare alla crono con la forza che serve».

Firma della maglia rosa a margine della conferenza stampa
Firma della maglia rosa a margine della conferenza stampa

Effetto dell’altura

Però intanto lo scenario non è quello che si aspettava, anche se avendo studiato i suoi allenamenti su Strava, era abbastanza prevedibile che con lo scemare dell’effetto dell’altura le sue prestazioni si sarebbero normalizzate.

«Ma io pensavo succedesse il contrario – dice – cioè di perdere terreno nelle prime tappe e di finire in crescendo. Nella mia testa, la prima tappa in cui guadagnare era quella di Montalcino, invece quando ci siano arrivati, avevo già un vantaggio. Ma il punto di questi giorni non è che io sto male, perché io sto bene. Solo che Yates sta meglio.

Ad attenderlo in cima la sua Maria Fernanda
Ad attenderlo in cima la sua Maria Fernanda

«Per questo sono contento di aver avuto accanto un compagno esperto come Castroviejo. Mi ha detto: “Tranquillo, ci penso io!”. E’ difficile restare calmi quando scattano e guadagnano subito qualcosa. Ma ho pensato: io non vado piano e anche gli altri prima o poi dovranno tirare il fiato. Oggi abbiamo corso così, dopo che l’altro giorno ho sbagliato a seguirlo. Poi è vero che ho calato qualcosina nel finale. Forse avrei potuto impiegare 10 secondi in meno, non lo so. Ma avrei buttato via energie che sarà meglio ritrovarsi domani e domenica. A questo punto è meglio sfruttare il vantaggio che ritrovarmi a corto di gambe nella crono…»

Egan non abbocca, ma adesso Yates “punta” Caruso

28.05.2021
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Stavolta gli schiaffi di Yates hanno fatto meno male che a Sega di Ala, ma gli hanno reso la vittoria di tappa. Per questo il britannico in cima a questo monte così verde ha il sorriso dei giorni migliori. Chissà, forse è stato davvero il sole a dargli la forza per attaccare a 6,4 chilometri dall’arrivo. Ora dice che l’ha fatto per la tappa, ma il piano era ben più ambizioso e consisteva nel misurare la temperatura a Bernal. Questa volta però Egan è stato gelido nel reagire e l’attacco di Yates si è molto ridimensionato. Anche se ora il britannico punta dritto al secondo posto di Caruso.

Nella fuga del mattino un brillante Aleotti: il “ragazzino” ha grande recupero
Nella fuga del mattino un brillante Aleotti: il “ragazzino” ha grande recupero

Avvio faticoso

Che cosa sia successo fra il Tour of the Alps e l’inizio del Giro non è chiaro e magari neanche c’è tanto da spiegare.

«Sono arrivato al Giro con una buona forma – dice il capitano del Team Bike Exchange – poi ho cominciato a perdere terreno qua e là, soffrendo anche il freddo. Ho avuto male alla gamba destra e anche problemi di torcicollo. La verità è che in una corsa di tre settimane non puoi permetterti di lasciare troppo tempo per strada, per cui forse è vero che la condizione sia arrivata in ritardo e proprio per approfittarne domani cercheremo di fare il massimo, ma sarà difficile, perché il distacco è ancora grande».

Yates è partito da solo a 6,4 chilometri dall’arrivo: uno scatto notevole e ora punta alla rosa?
Yates è partito da solo a 6,4 chilometri dall’arrivo: uno scatto notevole

Caruso in trappola

Oggi alla sua trappola ha abboccato Caruso e nel sentirlo parlare dopo l’arrivo, mentre ammetteva con la solita onestà l’errore, ci si è stretto il cuore. I 20 secondi che li dividono sono davvero poca cosa e domani sarà un altro giorno duro, con la crono di domenica che sulla carta potrebbe favorire Damiano, ma di solito nell’ultima settimana premia le forze più fresche.

«L’ho fatto per le persone cui l’ho promesso – ha detto il siciliano – non potevo lasciarlo andare. Lo devo a me stesso e chi mi ha chiesto di provarci. Onore a Yates che oggi in salita è stato il più forte. Io andrò avanti una tappa alla volta e domenica tireremo le somme».

Sarà per averne letto l’intervista poche ore fa, nel sentirlo parlare abbiamo immaginato gli occhi lucidi di sua moglie Ornella e pensato che domani saremo tutti al suo fianco spingendolo col cuore.

Questa volta Caruso ha risposto allo scatto di Yates che minacciava il 2° posto e ha pagato…
Questa volta Caruso ha risposto allo scatto di Yates che minacciava il 2° posto e ha pagato…

Sfida in alta quota

A Yates ridono gli occhi e basta poco per ricordare la sfortuna che l’ha colpito negli ultimi mesi e come la vittoria sia il balsamo migliore.
«Sono davvero contento – dice – la squadra ha fatto un lavoro fantastico oggi, ha davvero controllato l’inizio, ha lavorato molto e sono riuscito a finirlo, quindi sono davvero molto felice. Ho visto che i ragazzi di Ineos erano felici di scandire il tempo e ho avuto la sensazione che mi avrebbero lasciato andare oggi. Non appena ho attaccato, ho visto che avevo pensato giusto, quindi ho provato a dare tutto gas, anche se la tappa non è stata dura. Loro però si sono confermati fortissimi e questo per la tappa di domani rende tutto più complicato. Sarà molto dura, di nuovo in alta quota. Vedremo cosa posso fare, sto facendo del mio meglio..».

La vittoria basterà a Yates o domani proverà ancora? Punta al 2° posto
La vittoria basterà a Yates o domani proverà ancora? Punta al 2° posto

Giro, mon amour

Il Giro gli si attaglia alla perfezione, peccato che spesso sia lui ad essere fuori sincro.

«Il Giro – dice – lo guardavo in televisione quando ero più piccolo. Vedevo le immagini dei tapponi di montagna. Mi piacciono i percorsi, mi piace il cibo, mi piace la gente che ha grande passione. C’è un solo modo per riaprire questa corsa ed è attaccare da lontano, ma Ineos ha una grande squadra e io dovrò capire come staranno le mie gambe. Di certo darò il 100 per cento. E poi si vedrà…».

Oggi Yates li ha presi tutti a schiaffi, Bernal compreso…

26.05.2021
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Yates attraversa la linea e non si ferma. Il massaggiatore continua a corrergli accanto, ma l’inglese continua a pedalare piano verso quel che resta di una salita che parrebbe infinita. Non potendo corrergli accanto come una volta, immaginiamo il battito del suo cuore che rallenta, il respiro che si normalizza. Fa esercizi per il collo e ancora pedala. Piano, come in una slow motion. E’ evidente che voglia essere lasciato da solo, per questo e per il fiatone, anche l’uomo del Team Bike Exchange smette di correre e lo raggiunge quando si ferma. Si scambiano uno sguardo. Simon inarca la schiena all’indietro, come quando togli lo zaino pesante. Poi scuote il capo, fa mezzo sorriso e torna indietro dove il resto dei massaggiatori aspetta i compagni. Molla la bici. E finalmente, dopo un giorno di schiaffi presi e dati, si siede per terra.

A 3,3 chilometri dall’arrivo si è reso conto che Bernal soffriva ed ha attaccato
A 3,3 chilometri dall’arrivo si è reso conto che Bernal soffriva ed ha attaccato

Un bel giorno

Ha attaccato a 3,3 chilometri dall’arrivo, dove la strada è nel bosco e la pendenza bastarda come un pugno sotto lo sterno. Se andate a riguardarvi la foto pubblicata su bici.PRO all’indomani del Tour of the Alps, vedrete che è stata scattata proprio in quel settore di salita. Bernal ha risposto alla prima botta e anche alla seconda, ma mentre Yates davanti pedalava composto, si è visto subito che la maglia rosa aveva la bocca aperta come sullo Zoncolan. Ma questa volta mancava più strada. Il momento in cui Bernal si stacca e lo vede andare via è quello su cui i più grandi giornalisti costruirebbero la storia del giorno. Ma Yates in quel momento non pensa alla storia, soltanto a spingere e dare schiaffi. Ha preso troppi schiaffi in questo Giro, che era venuto a vincere, per sbilanciarsi anche soltanto con la fantasia. E poi voi credete che su una salita così dura, forse la più dura del Giro, ci sia stato tempo per la fantasia?

Dopo l’arrivo Simon ha continuato a pedalare ed è tornato dopo 5 minuti buoni
Dopo l’arrivo Simon ha continuato a pedalare ed è tornato dopo 5 minuti buoni

Meglio col sole

«Ci siamo persi la fuga – dice – e volevo provare a vincere la tappa oggi. Quando davanti sono partiti c’erano solo 60 chilometri prima del San Valentino, la prima salita, perciò inseguire non è stato un lavoro enorme. I ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro e io ho cercato di fare la mia parte. E’ stato un giorno davvero folle. Ma avevo buone gambe e il sole splendeva e ho avuto per tutto il giorno buone sensazioni di poter fare questa cosa».

La più dura

Ha il casco in testa con gli occhiali infilati e capovolti. Sul naso c’è ancora il cerotto per respirare meglio e attorno al collo un asciugamano di spugna azzurro gli impedirà di prendere freddo in discesa, perché i pullman sono stati parcheggiati in basso e i corridori per tornarci hanno dovuto ripercorrere la salita al contrario. E chissà che facendolo, non si siano resi conto di essersi lasciati alle spalle l’arrivo più impegnativo del Giro.

«Eravamo stati a fare la ricognizione – dice – per questo la squadra ha tirato sin dal San Valentino. Sapevamo che sarebbe stata una salita molto dura, per me la più dura della corsa. Sapevo che c’era margine per provare, così ho tentato di fare la differenza e ho guadagnato un buon tempo. Dire se potrò fare meglio, avendo più di un minuto da Caruso, che resta secondo… Se avrò gambe proverò ancora, ma adesso non mi sembra di avere molto altro da dire».

Si è seduto per terra e finalmente ha iniziato a mandare giù qualcosa
Si è seduto per terra e finalmente ha iniziato a mandare giù qualcosa

Gira la bici, corridori continuano ad arrivare alla spicciolata. Lui si avvia verso la discesa, dopo un giorno per lui migliore dello Zoncolan, in cui l’attacco gli era stato ricacciato in gola. Per la prima volta in questo Giro, ha visto Bernal in difficoltà, come per la prima volta a Prato Nevoso, Froome iniziò a minare la sua sicurezza nel 2018. Il Giro ha davanti ancora due tappe di montagna e una crono. Difficile, dopo quanto visto a Sega di Ala, dire che il tempo degli schiaffi sia finito.

Un lampo di Simon Yates che (forse) preoccupa Bernal

22.05.2021
3 min
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Nelle note del mattino, Marco Saligari in diretta aveva usato parole intelligenti. Si ragionava sulla tattica di Simon Yates, visto andare fortissimo al Tour of the Alps, e sul fatto che rispetto al 2018 stesse vivendo un Giro più tranquillo, per venire fuori meglio nella terza settimana. «Può darsi – aveva detto Saligari — ma usare una tattica prudente non significa staccarsi, al massimo significa non contrattaccare. Ma se nelle tappe delicate perdi le ruote, forse significa che non hai le gambe».

Ai 300 metri dall’arrivo, lo scatto di Bernal, che guadagna 11 secondi
Ai 300 metri dall’arrivo, lo scatto di Bernal, che guadagna 11 secondi

900 lunghissimi metri

La svolta c’è stata a 900 metri dall’arrivo, che a riguardare le immagini sono durati una vita. Simon Yates ha risalito il gruppo sulla destra, in piedi e con le mani sopra. Li ha guardati un secondo, mentre davanti c’era ancora Dani Martinez ed è partito secco. Bernal se la sentiva e si è subito accodato, mentre alle loro spalle la testa del gruppo si sfocava alle spalle.

«Ho sentito le gambe che stavano meglio – commenta il britannico – hanno ricominciato a girare. Sono felice per la prestazione, anche se Bernal ad ora è imbattibile. Speravo di uscire da questa giornata con una classifica come questa e anche se è difficile, continuerò ad attaccare, provando a prendermi la maglia rosa».

Sul traguardo, l’umore di Yates nettamente migliore che nei giorni scorsi
Sul traguardo, l’umore di Yates nettamente migliore che nei giorni scorsi

La grande illusione

Bernal è furbo. E siccome non lascia niente di intentato e tantomeno cade nell’errore di sottovalutare gli avversari, gli è bastato uno sguardo per vedere Evenepoel staccato e Vlasov in difficoltà. E a quel punto, per mettere anche Yates al suo posto, negli ultimi 300 metri ha piazzato uno scatto che il capitano della Bike Exchange ha pagato con 11 secondi di distacco sulla riga.

«Oggi era una tappa test – spiega Vittorio Algeri, diesse del team – aspettavamo questa risposta, perciò stamattina c’era l’attesa dei giorni importanti. Quello che è successo o che non è successo finora si deve probabilmente al fatto che ci aspettavamo tutti di più, dopo averlo visto vincere al Tour of the Alps. Ci siamo resi conto che lui andava forte e che lì c’erano comunque Vlasov e altri rivali che sono qui. Ma non c’erano Bernal e questa Ineos, che hanno un livello superiore».

All’arrivo la maglia rosa è rimasta per un paio di minuti a riprendere fiato
All’arrivo la maglia rosa è rimasta per un paio di minuti a riprendere fiato

La fiducia ritrovata

Il risultato di giornata riapre la porta sulla classifica. Yates è salito al secondo posto a 1’33” da Bernal, Caruso resiste al terzo posto a 1’51” e poi c’è Vlasov a 1’57”.

«E’ chiaro che ogni giorno fa storia a sé – saluta Algeri – per cui non si può dare per certo che lunedì a Cortina il risultato sarà altrettanto buono, ma neppure si può escludere. Il fatto di avere una partenza meno spinta del 2018 era uno dei fattori che volevamo raggiungere e indubbiamente questo è successo. Oggi si è ricominciato a vedere il Simon che conosciamo e che ci aspettavamo, soprattutto un corridore che aveva bisogno di fiducia. E adesso ce l’ha. E’ tornato al pullman con un bel sorriso. Tanto è stato fatto, ma tanto c’è da fare. Bernal per ora bisognerebbe lasciarlo stare, ma ci proveremo sino alla fine».

La via di Yates alla maglia rosa. Parla Algeri

03.05.2021
4 min
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Tutti per Simon Yates, sorride Algeri. Il Team Bike Exchange è pronto a stringersi attorno al suo capitano, reduce dal successo nella classifica generale all’ultimo Tour of The Alps e grande favorito per l’imminente Giro d’Italia. Fra gli addetti ai lavori che la pensano così, il vincitore dell’edizione 2000 e attuale opinionista Rai Stefano Garzelli.

Test a Montalcino

Per saperne di più, abbiamo chiesto a Vittorio Algeri, direttore sportivo dal 2012 della formazione australiana, come procedono gli ultimi preparativi per la campagna in rosa del ventottenne di Bury, a meno di una settimana dal via. Il Giro inizierà il prossimo 8 maggio con la cronometro (8,6 chilometri) che si snoderà nel centro di Torino.

Vittorio Algeri, 68 anni, diesse del Team Bike Exchange
Vittorio Algeri, 68 anni, diesse del Team Bike Exchange

«Stiamo terminando gli ultimi preparativi – ha risposto Algeri – ci sono ancora un sacco di cose da sistemare per noi dello staff, mentre i corridori sono praticamente pronti. Da corridore ho corso 8 Giri d’Italia, mentre ho perso il conto di quelli fatti da ds. Stavolta sarò in ammiraglia soltanto nelle prime tappe e poi durante tutta l’ultima settimana, mentre il resto della Corsa Rosa verrà seguita dai miei colleghi australiani.

«La squadra arriverà a Torino mercoledì sera, al termine di una giornata in cui effettuerà la ricognizione in vista dell’undicesima tappa, sulle strade bianche di Montalcino. Sarà una di quelle più delicate. Simon ha fatto la Strade Bianche per conoscere un po’ il terreno, però purtroppo è caduto e non aveva potuto finirla. Comunque, il percorso è diverso, per cui è importante che lo veda. Non è certo duro come il pavé, ma è pur sempre insidioso».

Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout
Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout

Sega di Ala: durissima

Insomma, ogni dettaglio è stato preso in considerazione e il terreno per attaccare non mancherà per Simon. Qualche idea se l’è già fatta, come conferma il suo ds bergamasco.

«Già a Sestola c’è un arrivo esigente, non è una salita durissima, ma sarà un primo test per vedere anche chi sono gli avversari. I miei colleghi australiani hanno visionato tutte le tappe e qualcuna di quelle di salita l’hanno provata anche i corridori. Il giorno dopo la conclusione del Tour of the Alps, ad esempio, Simon e alcuni altri compagni hanno scalato il Passo di San Valentino e la successiva Sega di Ala (in apertura, nella foto Mosna), traguardo della 17ª tappa. Sono rimasti impressionati soprattutto da quest’ultima ascesa, che han trovato davvero molto dura».

Mikel Nieve sarà l’uomo in più per la salita, basco di 36 anni
Mikel Nieve sarà l’uomo in più per la salita, basco di 36 anni

Conferme in corsa

La differenza grande rispetto al passato per il Team Bike Exchange è che la sua punta di diamante è più tranquilla che mai, merito delle ulteriori conferme ricevute al Tour of the Alps.

«E’ il primo anno che Simon arriva al Giro disputando una gara subito prima – prosegue Algeri – io sinceramente gliel’avevo consigliato già in altri anni, in cui aveva preferito l’altura e la scelta di questa stagione sembra si sia rivelata buona. Ha conosciuto una parte degli avversari che troverà sulle strade del Giro, ma soprattutto ha scoperto se stesso, la propria condizione e oliato i meccanismi di squadra. Simon lo vedo tranquillo come non mai, perché sa di poter far la differenza quando conta».

Un super team

E tutto l’organico della formazione australiana ruoterà tutto intorno a lui. «La squadra è attrezzata per tutti i percorsi. Abbiamo corridori come Nieve e Schutlz che sono una sicurezza in salita. Per le tappe pianeggianti, potrà fare soprattutto affidamento su Hepburn, Juul Jensen e Kangert. Quest’ultimo ha una grande esperienza e potrà proteggerlo da ulteriori insidie». Completano la rosa altri due gregari pronti a sacrificarsi per il proprio capitano come Scotson e Meyer. 

Kangert è stato la spalla di Nibali e Aru all’Astana, ora è con Yates
Kangert è stato la spalla di Nibali e Aru all’Astana, ora è con Yates

Rosa a Milano

Alla quarta partecipazione consecutiva al Giro, Simon vuole vestirsi ancora di rosa, ma stavolta sul podio finale di Milano. Aveva indossato il primato per 13 giorni nel 2018 e lo aveva visto sfumare a causa di una crisi nella tappa regina dell’ultima settimana, con l’attacco decisivo di Chris Froome sul Colle delle Finestre.

«Nel 2019 poi, per cercare di rifarsi, è arrivato troppo stanco al Giro, esagerando con la preparazione – spiega Algeri – mentre lo scorso autunno la condizione era migliore, ma si è messo di mezzo il Covid. Deve fare tesoro di queste esperienze e, se non succederà nulla a livello di cadute o salute, se la può giocare. Non ci interessa prendere la maglia presto, perché il Giro è lungo e si rischia di arrivare in debito di ossigeno nell’ultima settimana, che è quella determinante. Il segreto dei grandi Giri non è andare fortissimo un giorno, ma essere sempre lì».

Colleoni al fianco di Yates: «Tirando si impara…»

27.04.2021
4 min
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Al Tour of the Alps gli è toccato tirare: pratica assai diffusa e salutare tra i corridori più giovani, soprattutto se in squadra hai un certo Simon Yates, che la maglia di leader l’ha portata sino in fondo. E così Kevin Colleoni ha cominciato a dare uno spessore più solido alla sua carriera, partecipando alla vittoria di squadra senza mai tirarsi indietro. A 21 anni, se non ti chiami Pogacar o Evenepoel, per diventare grandi serve anche questo tipo di lavoro, che ti consente di mettere nelle gambe i giusti chilometri e giorno dopo giorno di crescere nella convinzione e sul piano fisiologico.

«E’ dura, sicuramente è dura – diceva alla partenza del terzo giorno, all’indomani della tappa e della maglia di Yates – siamo riusciti a prendere la maglia di leader e adesso dobbiamo controllare. Ma devo dire che veder arrivare sul pullman Simon dopo la vittoria mi ha dato tanto morale. Davvero una marcia in più».

Colleoni con Nieve e il Team Bike Exchange nel fretto della prima tappa al Tou of the Alps
Con Nieve e il Team Bike Exchange nel fretto della prima tappa al Tou of the Alps

Un peso in meno

A volerla leggere con attenzione, la sua convocazione per la corsa italo-austriaca ha tanto il sapore della promozione sul campo. Se al Uae Tour e poi alla Settimana Coppi e Bartali si poteva trattare di una messa alla prova senza particolari obblighi, la presenza nel team che già dalla partenza avrebbe dovuto scortare Yates verso la vittoria fa pensare che sul piano della solidità Kevin abbia già convinto i nuovi datori di lavoro.

«Comunque sia, ci vuole tempo – dice – perché comunque è un altro ritmo. Per stare in salita con i migliori c’è da lavorare molto, ma il fatto di essere di aiuto per la squadra offre uno stimolo per lavorare con il massimo impegno. E tutto sommato il fatto di avere un compito da svolgere è un peso in meno rispetto a quando nelle categorie minori mi veniva chiesto di fare la corsa. Qua aiutare è l’unica cosa che si può fare, perché si va veramente forte e si dà il massimo per aiutare la squadra».

Il manubrio di Colleoni come un roadbook, con tutte le cose da sapere
Il manubrio come un roadbook, con tutte le cose da sapere

La condizione cresce

Il prossimo passaggio potrebbe però vedere mezzo riflettore puntato sul bergamasco che per la preparazione viene seguito personalmente da Marco Pinotti, che da quest’anno è uno dei coach della squadra australiana.

«Finora ho sempre fatto corse da 5 giorni – spiega – così quando torno a casa, gli allenamenti sono fatti di 3-4 giorni di recupero e poi si riparte. E poi ci sono le corse. La corsa a tappe ad esempio dà condizione, però serve tempo anche per recuperare. E tutto questo pian piano mi fa migliorare. Da adesso in avanti, ci prepareremo per corse più lunghe, di una settimana e poi vedremo di fare il punto. Il mio prossimo impegno sarà il Giro d’Ungheria e poi vedremo di fare bene al Giro del Delfinato. Quindi ci sarà un periodo di stacco e poi gli italiani e poi si parlerà del finale di stagione».

Colleoni con Julien Simon al Gp Indurain: sarà 22°, migliore dei suoi
Con Julien Simon al Gp Indurain: sarà 22°, migliore dei suoi

Il suo spazio

E’ presto per valutare se ad agosto Kevin sarà convocato per la Vuelta, quantomeno dice di non averne un’idea. In ogni caso il Delfinato, per il livello del gruppo in queste ultime settimane, sarà indubbiamente un passaggio impegnativo e prestigioso.

«Finora ho aiutato Yates e mi sta bene così – dice – ma credo che qualora se ne presentasse l’occasione, avrò anche il mio spazio. Nelle corse di inizio anno mi hanno lasciato la mia libertà, però è ovvio che per avere carta bianca, bisogna andar forte e quindi c’è da lavorare ancora tanto».

Con 19 giorni di corsa e tre piazzamenti nei 10 alla Settimana Coppi e Bartali, ora Colleoni tirerà un po’ il fiato a casa, poi dal 12 al 16 maggio sarà in gara al Giro d’Ungheria. E chissà che da quelle parti non si possa incidere la prima tacca…