Francesco Busatto, debutto tra i giganti senza paura

04.03.2024
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SIENA – Sotto al fango si nasconde un sorriso profondo sul volto di Francesco Busatto. Il ragazzino della Intermarché-Wanty all’improvviso si è ritrovato tra i giganti. In una corsa storica già di suo ed esaltata dall’impresa di Tadej Pogacar, c’è anche lui… al debutto nel WorldTour.

Il campione italiano under 23 e re della Liegi 2023, firma autografi e racconta non senza stupore. «Era già tanto stare lì, ritrovarmi con i più forti poi… Non pensavo neanche io ad un debutto così. Sono contento. La Strade Bianche è la mia gara preferita. Ero felicissimo di essere  davanti, poi quando ero lì la motivazione è aumentata».

Francesco Busatto (classe 2002) firma autografi in Piazza del Campo. La Strade Bianche è stata la sua prima gara WT
Francesco Busatto (classe 2002) firma autografi in Piazza del Campo. La Strade Bianche è stata la sua prima gara WT

La sua corsa

Regna stupore dunque in Busatto. Ed è normale. Ha tagliato il traguardo tra Healy e Wellens. Madouas e Bardet. Il veneto è passato quest’anno nelle file della prima squadra. Prima faceva parte della devo belga. Ha affrontato un buon inverno. «Un inverno con più chilometri, più intensità perché con certe corse non si scherza. E la differenza l’ho avvertita. Ma anche prima delle corse perché un anno in più si è fatto sentire».

E infatti la sua stagione è iniziata benone. Il quinto posto alla Muscat Classic diceva di un ragazzo che aveva lavorato bene. E che sa correre. Anche lo scorso anno, quando Francesco ci ha raccontato del tricolore, aveva ragionato con grande lucidità, nonostante l’acido lattico che offusca i pensieri. Anche questa è una delle doti di un campione.

«Ho cercato di stare davanti – spiega Busatto in Piazza del Campo – per risparmiare più energie possibili, evitare buchi e cadute. Non ero in grado di seguire gli uomini migliori, ma di tenere duro e cercare di portare il miglior risultato possibile. Però sono fiducioso, per le prossime corse e per i prossimi anni.

«Sul Monte Sante Marie quando ho visto che ero rimasto davanti con 20-25 corridori mi sono detto: Cavolo, qui si può far bene veramente. Mentre ho sofferto parecchio sul Colle Pinzuto. Lì, mi sono staccato dai primi dieci. A quel punto ho continuato a cercare di fare del mio meglio. Ma negli ultimo 30 chilometri è stata una lotta con i crampi».

Non solo, Busatto racconta di un “piccolo” rimpianto. Nel settore prima di Sante Marie ha forato. «In pratica sono rimasto dietro. Eravamo rimasti uno per uno. Mi sono ritrovato con Bardet, Huiguita… per rientrare. Devo ringraziare Colleoni che mi ha dato un bella mano. Solo che per tornare in gruppo ci ho messo 20 chilometri e ho speso davvero tanto. Magari si poteva entrare nei primi dieci».

La corsa del veneto ha avuto qualche intoppo (foratura delle ruota posteriore) ma Francesco non si è fatto intimorire
La corsa del veneto ha avuto qualche intoppo (foratura delle ruota posteriore) ma Francesco non si è fatto intimorire

Testa da campione

All’arrivo la classifica dice : 14° a 6’26” da Pogacar: lui, Lenny Martinez e Romain Gregoire sono stati i più giovani a concludere la Strade Bianche. Certo, quel gap può fare spavento, ma se poi vedi gli altri ti puoi consolare. Tuttavia chi mira a vincere però guarda la testa della corsa.

«Almeno per il momento – dice Busatto – Pogacar è irraggiungibile. Io cerco di lavorare il meglio possibile e vedremo di ridurre questo gap. Cosa mi insegna la Strade Bianche? Che devi crederci sempre, fino alla fine. La questione è tutta lì. Tutti alla fine siamo cotti e diventa solo una questione di testa. Chi ci crede di più porta a casa il risultato migliore. E poi mi dà un po’ di maturazione in più».

Tra l’altro mentre parla sembra recuperare meglio di tanti altri intorno. C’è chi si accascia sulla bici. Chi addirittura si getta a terra e ha bisogno di assistenza, come Healy. Sarà la felicità, ma Busatto è palesemente il più fresco di coloro che ci sono attorno.

Busatto in azione. A prima vista una grande facilità di pedalata e di scioltezza sugli sterrati (foto Lisa Paletti)
Busatto in azione. A prima vista una grande facilità di pedalata e di scioltezza sugli sterrati (foto Lisa Paletti)

Sopralluogo in solitudine 

Prima Francesco ha parlato della Strade Bianche come la sua corsa preferita. Ci teneva molto a questo suo debutto nel WT. Sentite cosa ha combinato.

«Due settimane fa – prosegue Francesco – sono venuto qui da solo. Ho provato gli ultimi 120 chilometri proprio perché ci tenevo molto. Devo dire che in allenamento con velocità più basse gli strappi mi sembravano più duri. Per assurdo in corsa è stata più facile! La squadra me l’aveva messa in calendario. Ma se non lo avesse fatto, avrei alzato la mano e credo non ci sarebbero stati problemi perché sono flessibili e credono molto in me.

«Avere vicino due corridori come Rota e Petilli è stato un bell’aiuto, mi hanno dato consigli. Petilli è un gran limatore. Non si tratta solo di prendere i settori davanti, ma di fare le linee giuste, stare riparati e comunque navigare nelle prime posizioni. Certe volte meglio spendere un po’ prima ma stare davanti, che poi spendere dopo per recuperare.

«E anche aver potuto vedere da dentro Rui Costa l’anno scorso (l’ex iridato fu quarto, ndr) mi ha consentito di imparare molto. Vedevo come correva. Tutti loro per me sono stati fondamentali. In più d’inverno esco spesso in mtb e forse sullo sterrato mi sono trovato bene anche per quello. Mi diverte guidarci».

Ancora una volta Francesco colpisce per la sua lucidità. La sua voglia d’imparare. Guardate che non è banale quella frase su Rui Costa. Dice di un ragazzo attento, che studia, incamera, riflette.

A ruota di Pidcock. Chissà che adrenalina per Francesco… (foto Simona Bernardini)
A ruota di Pidcock. Chissà che adrenalina per Francesco… (foto Simona Bernardini)

Sognando il Fiandre

Da domani lo vedremo alla Tirreno-Adriatico. Poi dovrebbe tirare un po’ il fiato. Niente Giro d’Italia dunque, dove è inserito come riserva. Ma un talento così, consentiteci di dire, va gettato nella mischia. Anche perché i tempi sono quelli che sono e i giovani li vediamo cosa combinano. E Busatto ci sembra più pronto di tanti altri.

«Mi piacerebbe fare il Giro – saluta – c’è anche una tappa vicino casa, quella del Monte Grappa e avrei tanto tifo. Comunque ci sono tante corse belle. Penso al Giro di Svizzera, che potrebbe essere adatto alle mie caratteristiche. Un sogno è quello di correre da qui a breve il Giro delle Fiandre».

Persico: «Battere le grandi? Bisogna coglierle in giornata no»

03.03.2024
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SIENA – Alla vigilia della Strade Bianche Silvia Persico, era pronta alla sfida. Il morale magari non era stellare, ma di certo era in ripresa. E lo era perché in ripresa erano anche le sue gambe. Il suo inizio di stagione sin qui è stato costellato da alti e bassi: quinta nella gara d’esordio, il Trofeo Palma Femina, bene al UAE Tour Women, malino alla prima in Belgio, l’Omloop Het Nieuwsblad.

L’atleta della UAE Adq sperava in una top 10 nella classica toscana. Non ci è andata lontana. Alla fine ha chiuso 14ª e tutto sommato è stata autrice di un buon finale, visto che non era nei primi due gruppetti quando mancavano gli ultimi due sterrati. Dopo il traguardo, prima di sedersi a terra, con lo sguardo perso nel vuoto, Silvia ci ha parlato di una gara dura, di crampi e di un finale confuso. Poche parole. Il resto lo dice la foto sotto.

Silvia Persico (classe 1997) stremata all’arrivo di Siena
Silvia Persico (classe 1997) stremata all’arrivo di Siena

La Strade Bianche era un antipasto per la Persico 2.0, lasciateci dire così. Nuovo allenatore, nuovi obiettivi, nuovi approcci alle gare e alla stagione stessa, visto che non ha preso parte al ciclocross come da sua abitudine.

Per Silvia ci sono in vista tutte, ma proprio tutte, le classiche del Nord: dalle Fiandre alle Ardenne, monumenti e non solo.

Quest’anno la lombarda punta decisa alle classiche. Correrà sia quelle fiamminghe che quelle delle Ardenne
Quest’anno la lombarda punta decisa alle classiche. Correrà sia quelle fiamminghe che quelle delle Ardenne
Silvia come stai?

Dopo il UAE Tour Women ho passato un periodo down. Adesso – ci aveva detto alla vigilia della Strade Bianche – mi pare di essere in fase di ripresa. L’Het Nieuwsblad non è andata come appunto immaginavo, però la stagione è ancora lunga.

Da cosa dipende questo down, come l’hai chiamato te?

Sinceramente non lo so. Dopo le gare, in UAE stavo davvero bene, avevo delle buone sensazioni. Pensate che in salita ho fatto il mio personal best sulla mezz’ora. Sono tornata a casa e ho iniziato a non stare bene, non spingevo più gli stessi watt. Quindi ho passato dieci giorni così così. Dieci giorni in cui neanche mi sono allenata tantissimo proprio perché non stavo bene. Cercavo di recuperare. Le gambe erano legnose.

Potrebbe essere stato il cambiamento di temperatura?

Forse, davvero non lo so. Anche perché negli ultimi 3-4 mesi, cioè da quando ho cambiato coach (ora è seguita da Luca Zenti, ndr) mi sono sempre sentita molto bene. Ma quel che conta è che negli ultimi giorni mi senta meglio. La gamba risponde in modo diverso rispetto ad una settimana fa.

Nell’intervista di dicembre, avevi insistito sul discorso delle corse di un giorno, di andare a caccia delle tappe nei grandi Giri. Ci stai lavorando col nuovo coach? E come?

Le nostre gare sono diventate più lunghe, quindi mi alleno di più settimanalmente. Arrivo anche a 22-23 ore, prima ero sulle 15-6, massimo 18. Sto lavorando comunque sulla quantità e ho iniziato a fare dei lavori diversi per quanto riguarda la qualità. Degli specifici che non avevo mai fatto.

Sul Jebel Hafeet la sensazione di una grande prestazione. Persico “stoppa” subito il computerino per registrare i dati. Ne usciranno numeri importanti
Sul Jebel Hafeet la sensazione di una grande prestazione. Persico “stoppa” subito il computerino per registrare i dati. Ne usciranno numeri importanti
Tipo?

Non faccio sempre le SFR o i 30”-30”, i 20”-40” o i 40”-20”… E‘ un’intensità un po’ diversa. In più ho incrementato un po’ la palestra. E dalle prime corse fatte in Spagna avevo degli ottimi valori, molto più alti dello scorso anno. Però è anche vero che il livello medio si è alzato. Eravamo su una salita: se quei valori li avessi espressi due anni fa, saremmo rimaste in dieci. Quest’anno eravamo ancora 40-50 atlete insieme. Pertanto l’asticella la devo alzare ancora se voglio vincere.

Visto che hai parlato di corse di un giorno, che richiedono esplosività, ti manca un po’ l’intensità del cross? Almeno in questo periodo post ciclocross appunto…

Forse un pochino, ma neanche più di tanto. Comunque l’intensità l’abbiamo fatta, magari non quella che ti dava il cross, ma l’abbiamo inserita nella preparazione. Poi ho notato che in questo periodo, dopo le stagioni di cross, ero sempre un po’ già in calo. Non avevo più la stessa forma di gennaio. L’anno scorso, di questo periodo, credo fossi in condizioni peggiori. Ma gli appuntamenti importanti arrivano fra un mesetto.

Come ti sei trovata sullo sterrato senese? E’ tanto diverso da quello del cross? Richiede una guida simile o non c’entra proprio niente? E certe skills tornano utili?

Sì e no, io ho una guida un po’ particolare, mi butto un po’ troppo! A volte mi esce la vena da kamikaze della crossista! E questo può essere un difetto. Avere una certa dimestichezza con lo sterrato del cross forse un pochino ti aiuta, ma soprattutto con l’aggiunta dei nuovi settori serve potenza. Potenza pura. Semmai certe capacità di guida ti consentono di essere più sciolta nei tratti gravel, ma se non hai la forza puoi aver fatto tutto il cross di questa vita che non vai da nessuna parte.

Alla Omloop che fatica: ecco Persico comunque nel gruppo delle big. Si riconoscono Vos, Balsamo… e davanti a lei l’iridata Kopecky
Alla Omloop che fatica: ecco Persico comunque nel gruppo delle big. Si riconoscono Vos, Balsamo…
Silvia, come si battono queste super atlete? Kopecky, Vollering, Vos… loro sì che ne hanno di potenza.

Andando forte! Ho visto una Demi Vollering in forma e una Lotte Kopecky potente. Lei in realtà potente lo è sempre stata, ma credo che quest’anno sia dimagrita ancora… e penso possa e voglia vincere il Tour de France. Immagino che per batterle dovrò sorprenderle nella giornata no!

Si studiano queste campionesse in corsa? Hai il tempo di metterti alla loro ruota?

Dipende anche dalla gara, però un po’ le studi. Anche se devo dire che preferisco vederle come persone normali e non come super atlete. Ho avuto modo di passare del tempo con loro oltre alla bici, dopo il mondiale di gravel, e sono semplici.

E sul bus, per esempio, o nei vostri meeting fate delle analisi tecniche per conoscerle? Per esempio: questa ragazza ha tenuto questi watt per tot tempo…

Proprio così, no. Abbiamo fatto delle stime col mio coach, in base ai dati sulla salita dell’UAE Tour Women, io quel giorno ho sviluppato 30 watt in più dell’anno scorso. In quell’occasione abbiamo cercato di capire i watt medi di Kopecky. Generalmente sul bus, invece, si parla più di tattica che di numeri.

Alle spalle di Tadej, stremati tra fatica e stupore

02.03.2024
4 min
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Se qualcuno, vedendolo attaccare, ha pensato che Pogacar stesse scherzando, può riporre la bici nel camion e cambiare lavoro. Il problema semmai è che tutti hanno preferito voltarsi dall’altra parte, come quando in salita partiva Pantani ed era meglio non provarci nemmeno. Quando Tadej s’è alzato in piedi e ha dato le dieci pedalate in più che l’hanno staccato dal gruppo di testa, nessuno ha avuto il coraggio di seguirlo. Ne serve tanto per andare all’attacco a 81 chilometri dall’arrivo.

Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima dietro l’attacco di Tadej
Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima

Il rimpianto di Pidcock

Pidcock è arrivato a Siena da vincitore uscente e con una condizione accettabile. L’ottavo posto dell’Omloop Het Nieuwsblad poteva essere un buon viatico per giocarsi la Strade Bianche, ma forse neppure lui immaginava di doversi confrontare con un simile attacco. Le gambe forse c’erano, perché quando poi ha deciso di cambiare ritmo, non ha avuto grosse difficoltà a liberarsi della compagnia.

«Anche prima che Tadej si muovesse – ammette in serata – eravamo a tutto gas. Quando poi ha attaccato, sembrava che fossimo nel grupetto dei velocisti, intorno c’erano solo cadaveri e io ho aspettato troppo a lungo. Ho fatto troppo poco e troppo tardi. Se me la fossi giocata un po’ meglio, sarei potuto arrivare secondo. E’ stato come se stessimo correndo sul vecchio percorso, ma quando si aggiungono 40 chilometri tutto diventa più difficile, anche se non credo che il risultato sarebbe cambiato.

«Ho mangiato senza sosta per tutta la gara, oggi era fondamentale e stasera penso che non mangerò nulla. Quando vai a tutto gas già nei primi 80 chilometri, mangi come se fosse in finale e poi devi continuare allo stesso modo sino in fondo. Non mi aspettavo che Tadej attaccasse in quel punto e quando lo ha fatto ci siamo guardati in faccia senza sapere cosa dire. Ho pensato che non avesse senso andare con lui in quel momento, perché mancavano ancora 80 chilometri e non volevo finire in rosso, ma potevo sicuramente fare diversamente».

Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils
Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils

La soddisfazione di Skuijns

Toms Skuijns è arrivato secondo, staccando nel finale Van Gils che per primo era riuscito ad avvantaggiarsi dalla testa del gruppo. Il lettone della Lidl-Trek si era già mosso bene in Belgio, ma il secondo posto di Siena è il suo miglior risultato in una grande classica.

«Onestamente – dice – senza la squadra non sarei arrivato secondo. E’ la prima volta che sono il leader designato in gara e spero di averli ripagati per questo. Ho forato due volte prima di cadere ed entrambe le volte ho preso le ruote da Jacopo (Mosca, ndr) ed entrambe le volte Eddie e Fabio (Theuns e Felline, ndr) mi hanno aspettato per riportarmi in testa al gruppo. Hanno fatto davvero tutto il possibile.

«Peccato che contro Tadej non ci fosse molto da fare, ma penso che con tutto quello che è successo oggi possiamo essere più che soddisfatti. Quando è partito avevo il cambio che saltava, è stato un momento molto difficile. E’ stata una battaglia: non solo fisicamente, ma anche mentalmente. E’ uno dei podi più belli che potessi ottenere, è una gara molto speciale. Sai sempre che sarà un giorno pazzesco in cui dovrai lottare senza sosta. Già lo scorso fine settimana in Belgio avevo fatto passo avanti e questo è l’obiettivo di ogni anno: fare un passo avanti. Ci sono altre gare in arrivo, il team sta crescendo e sono molto felice di farne parte».

Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio
Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio

Van Gils, un passo avanti

Van Gils, 24 anni, è partito all’attacco sulla salita delle Tolfe, dando l’impressione di avere ancora gambe. E forse la sua idea sarebbe stata la migliore, se qualcun altro lo avesse seguito. Anche se forse a quel punto le forze erano al lumicino per tutti.

«All’inizio della gara ero nervoso – ha detto il belga della Lotto Dstny – ci siamo impegnati così tanto per prepararla. Ho provato a seguire Tadej, poi sarei potuto restare alla sua ruota. Ma c’erano altri corridori prima di me e non sono riuscito a rispondere. Così Tadej se ne è andato, perché era semplicemente troppo forte per tutti. Quando ho attaccato, speravo di portarne altri con me, ma nessuno mi ha seguito, a parte Skujins. Sapevo che la Strade Bianche è adatte a me, questo podio è la conferma che posso competere con i grandi. E’ davvero bello sapere di aver fatto un altro passo avanti. Sono completamente esausto ora, ma super felice di questa prestazione».

Vittoria moderna, dal sapore antico: a Siena è Pogacar style

02.03.2024
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SIENA – Due anni fa titolammo: “La solitudine del numero uno”. Per la Strade Bianche di quest’anno potremmo riprendere quel titolo. Tadej Pogacar è stato ancora autore di un’impresa. Di quelle dal sapore antico, ma figlia più che mai del ciclismo moderno.

Si diceva che l’allungamento del percorso, con l’inserimento del circuito delle Tolfe, potesse addormentare la corsa. Che Sante Marie non sarebbe stata decisiva come in passato. E che forse, ma forse, Pogacar non avrebbe attaccato così da lontano e invece… Invece Pogacar ha fatto Pogacar! E’ andato in fuga da solo. Se pensiamo che era al debutto stagionale, in pratica era in fuga dal Giro di Lombardia!

Sul traguardo, dopo un momento d’incredulità e, forse di compiacenza, Tadej scende di sella. Alza la bici in segno di trionfo e la mostra a tutta Piazza del Campo che lo ha accolto con un boato pazzesco. Come un attore sul palco: prima da una parte, poi si volta dall’altra.

Scenari unici, ritmi alti. La fuga ha impiegato quasi due ore per partire
Scenari unici, ritmi alti. La fuga ha impiegato quasi due ore per partire

Trionfo moderno?

La cronaca è molto breve: una fuga che fa fatica ad uscire. Quando lo fa è super controllata proprio dalla UAE Emirates e dopo un “mezzo ventaglio”, ma comunque sempre con un compagno di Tadej in testa, Wellens, ecco l’affondo dello sloveno a 81 chilometri dall’arrivo. Sì, avete capito bene: 81 chilometri da Piazza del Campo.

Matej Mohoric ce lo aveva detto chiaro e tondo questa mattina che Pogacar era il favorito. Aveva ragione. Ma come è possibile che alla prima corsa della stagione si possa fare un numero del genere? Non dovrebbe mancargli qualcosa, cioè il famoso ritmo gara?

«La prima gara della stagione – ha detto Pogacar – è sempre dura dal punto di vista mentale. Mi sono preparato molto bene durante l’inverno. Durante la fuga chiedevo solo dei distacchi».

In questi giorni con la ripresa delle classiche e i big che man mano tornano e vincono, si è parlato di  approcci moderni alla gare, di freschezza muscolare. Lo stesso Brambilla l’altro giorno ci aveva avvertiti che poco avrebbe inciso il fatto che Pogacar fosse alla prima corsa dell’anno.

Piani all’aria

E allora possiamo dire che paradossalmente il non aver corso prima lo ha favorito in una gara tanto dura?

«Alla prima corsa della stagione non sai mai davvero come stai – dice il direttore sportivo Andrej Hauptman – noi sapevamo che Tadej stesse bene, ma così non avremmo potuto dirlo. Attacco vecchio stile: in realtà avevamo pianificato di partire più tardi. Ma poi quando Tadej sta bene non lo ferma nessuno. Improvvisa.

«Poi non è facile prepararsi per le corse di un giorno senza gareggiare, ma posso dire che abbiamo trovato un percorso di avvicinamento, un protocollo giusto, anche per le classiche».

Il tecnico sloveno preferisce non entrare nel dettaglio. Ed è comprensibile in un mondo che sempre di più assomiglia alla Formula 1, ma ci confida che non mancano i chilometri dietro motore, che Tadej preferisce fare dietro moto e non dietro macchina.

«Ogni campione – conclude Hauptman – è diverso e ha il suo modo di allenarsi e di trovare il suo top. Sapevo che stesse bene perché ha passato un buon inverno. Quando lo sentivo era sempre molto tranquillo. Ma di fatto la corsa resta il miglior test e così è stato anche per noi oggi. Insomma non è stata così facile questa vittoria».

Pogacar style

Mentre Tadej è sul palco, al bus della UAE i sorrisi sono lampanti. Dopo aver parlato con Hauptman ecco arrivare Joxean Fernandez Matxin. Anche allora partì su Sante Marie.

«Trionfo moderno? Io direi un trionfo Pogacar style – dice Matxin – ieri, dopo la ricognizione, abbiamo fatto la riunione e gli abbiamo chiesto: “Secondo te quando è il momento giusto per partire? “. E lui ci ha risposto: “Al primo passaggio sulle Tolfe”. “Bene, lì mancano 49 chilometri. Facciamo un passo forte prima e poi vai”. Mi sembrava giusto. Poi quando ho visto che è partito nello stesso punto del 2022 ho detto… va bene lo stesso. Solo che mancavano 81 chilometri!

«Però per un numero così bisogna fare i complimenti anche alla squadra. Perché ragazzi di altissimo livello, tutti, che si votano così a Tadej, che ci credono… danno molto a Pogacar stesso. Li ho visti disposti a menare come se la gara finisse lì a 100 metri. E Tadej ogni volta si dimostra leader e non capitano. Li ringrazia, li coinvolge».

Anche Pogacar si rende conto del numero pazzesco che ha fatto. E’ la sua fuga solitaria più lunga
Anche Pogacar si rende conto del numero pazzesco che ha fatto. E’ la sua fuga solitaria più lunga

Quella cena in Spagna

Anche con Matxin si tocca il tasto della preparazione, della freschezza fisica. E tutto sommato il tecnico spagnolo condivide la nostra disamina. E tira in ballo anche il tema dei giorni di corsa ad hoc.

«Di sicuro – racconta Matxin – ho visto un ragazzo che aveva tanta voglia di correre. Quando qualche settimana fa eravamo alla Comunitat Valenciana, Tadej si stava allenando da quelle parti. Così, una sera sono andato a cena con lui e il suo coach, il quale mi ha detto proprio che fosse fresco. Che era in condizione. Anzi quasi, quasi doveva rallentare per un paio di settimane, altrimenti sarebbe stato troppo avanti.

«Però noi abbiamo fatto un plan da gennaio a ottobre, per Tadej come tutti gli altri, e con quello andiamo avanti. Pogacar farà quattro gare, per un totale di 10 giorni di corsa prima del Giro d’Italia. Questa è la strada».

Duello toscano. Vince Kopecky ma Longo Borghini la fa tremare

02.03.2024
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SIENA – Il gomito si allarga ma Lotte Kopecky non passa. Elisa Longo Borghini deve così affrontare il muro di Santa Caterina in testa. C’è solo da capire quando l’iridata scatterà…

Una freccia. Kopecky passa al doppio della velocità Elisa e tutto sommato questa netta differenza riduce il dispiacere. Probabilmente anche se le avesse dato un cambio, il risultato non sarebbe cambiato.

Uno scatto secco a 550 metri dal traguardo e Kopecky mette a segno il bis a Siena. Qui aveva vinto già nel 2022
Uno scatto secco a 550 metri dal traguardo e Kopecky mette a segno il bis a Siena

Tre verdetti

Mentre arrivano le ragazze su Siena torna a scendere la pioggia. Come se non bastasse a complicare le cose di una gara tanto bella, quanto complessa anche nella sua logistica.

Ma a parte questo, la Strade Bianche Women ci ha detto tre cose a nostro avviso inequivocabili.

La prima: Lotte Kopecky è forte, ma non è quella dominatrice mostruosa che ci si aspettava o che abbiamo visto lo scorso anno al mondiale, al Tour e in tante classiche. Perché? Molto probabilmente perché è dimagrita e in salita va più forte, ma inevitabilmente ha perso qualcosa nella sparata. Chiaramente è un’ipotesi, anzi una “vox populi” da circus WorldTour. Ma è un fatto che Lotte sia più scavata in volto.

Seconda. Il livello medio si è alzato e di tanto. Forse è la prima volta che vediamo una corsa femminile tanto dura e tanto combattuta. Erano in molte nel finale, gli ultimi 20-25 chilometri, a giocarsela.

Le classiche voci che “il ciclismo femminile sia in crescita” , oggi hanno trovato una risposta anche sul campo. Una risposta tecnica. Distacchi più piccoli e bagarre: bene così.

Terza. Alla fine c’è sempre lei a tenere alti i colori dell’Italia: Elisa Longo Borghini non manca mai all’appello. Cambiano i percorsi ma la campionessa italiana c’è sempre.

E questo è possibile grazie a grinta, serietà e tanto, tanto lavoro specie dopo una stagione tanto tribolata come quella passata. Lei stessa ha parlato di un grande lavoro di endurance per recuperare le mancanze dell’anno scorso.

La bellezza dei paesaggio toscani. La Strade Bianche è entusiasmante anche quando non è sugli sterrati
La Strade Bianche è entusiasmante anche quando non è sugli sterrati

Grinta Longo

Oggi la piemontese era un falco. Attenta sugli sterrati e sull’asfalto. Marcava Vollering e Kopecky come nessun altra. Chiudeva facile su di loro. Si vede che la gamba era brillante.

«E’ vero, stavo bene – dice Longo Borghini – la gamba era attiva e reattiva. Tutto è andato bene. Ho avuto due intoppi, due piccole cadute, ma nulla di che. Anche il setup era buono. Ho fatto le mie prove e la scelta della copertura da 28 andava bene. Devo poi dire che il circuito finale che ha coinvolto tutto questo pubblico è stato proprio… figo!».

Elisa Longo Borghini (classe 1991) si dirige verso il podio. Piazza del Campo la chiama e lei risponde così…
Elisa Longo Borghini (classe 1991) si dirige verso il podio. Piazza del Campo la chiama e lei risponde così…

Senza rimpianti

Elisa è irrimediabilmente gentile ed educata. Siena l’ha accolta con passione e un grande abbraccio. Al netto dei belgi, giunti in massa in toscana, per Kopecky e per la granfondo di domani, il pubblico ha capito lo sforzo dell’atleta della Lidl-Trek. Quando ha girato la bici per andare al podio, si è alzato un grande applauso e lei ha ricambiato.

La questione dei cambi, anzi dei “non cambi”. «Il ciclismo è anche questo – dice Logo Borghini – con sportività – Ognuno fa la sua tattica. Sapevo che sarebbe stato difficile contro Lotte, ma avuto l’okay dall’ammiraglia per andare e… è andata così. Mi spiace perché oggi la squadra aveva lavorato tanto e benissimo. Eravamo nella fuga di giornata e abbiamo cercato di fare la gara.  Essere seconda dietro la campionessa del mondo comunque è un onore. E’ mancata la vittoria, dispiace… Il secondo posto era il massimo che avrei potuto ottenere. E bisogna essere contenti di questo».

Demi Vollering, compagna di squadra di Kopecky, completa il podio
Demi Vollering, compagna di squadra di Kopecky, completa il podio

Le paure di Lotte…

Anche Kopecky non si è nascosta. Alla fine la campionessa belga partiva da super favorita. Una delle domande più ricorrenti che le venivano poste in partenza era: «Senti la pressione sulle tue spalle?». Lei replicava di no, che voleva solo dare il massimo, che l’importante era la vittoria di squadra.

Poi però, anche nella ricognizione – come abbiamo avuto modo di vedere giovedì scorso – era serissima. silenziosa. Sulle Tolfe aveva fatto lo stesso identico scatto che poi ha replicato oggi in gara.

Ha dichiarato che l’atleta che più temeva nel finale era proprio Elisa Longo Borghini. Non era così felice di trovarsi con lei nel finale. E infatti chiudeva subito su di lei.

«Vedevo – dice Lotte – che in corsa rispondeva in modo brillante. Ha fatto una grande gara».

E forse anche per questo, pur essendo sicura della sua “sparata”, in quel chilometro che portava allo strappo di Santa Caterina non ha dato il cambio e anzi ha fatto girare la gamba in agilità.

Grande apprezzamento per il circuito finale. Tanta gente a bordo strada anche per la corsa femminile
Grande apprezzamento per il circuito finale. Tanta gente a bordo strada anche per la corsa femminile

I margini di Elisa

Elisa si conferma in ottima condizione. Ma non era scontato e dice: «L’inizio di questa mia stagione è decisamente meglio di quello che mi sarei aspettata. Anche perché dopo tanti mesi avevo lavorato molto sulla base, visto che all’UAE Tour Woman erano sette mesi che non attaccavo il numero sulla schiena. E per questo non ho fatto molta intensità».

E questa è una grande notizia. Significa che c’è molto margine in vista delle classiche del Nord. Ora  Elisa tornerà in altura e poi darà assalto alle Ardenne.

Strade Bianche: nuovo percorso. L’analisi con Brambilla

01.03.2024
5 min
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SIENA – «Cosa ricordo di quel 2016? Che saltellavo troppo sui quei sampietrini dentro Siena»! E’ Gianluca Brambilla a parlare. Il veneto, ora in forza al Q36.5 Pro Cycling Team, ricorda appunto la Strade Bianche 2016, l’edizione che stava per vincere. Gli mancarono 300 metri. Cancellara e Stybar lo divorarono nel finale. Ma lui fu autore di un attacco memorabile da lontano. Fu ripreso da quei due, appunto, e da Sagan, ma scattò ancora.

Ieri, dopo una lunga giornata di ricognizione, Brambilla, nel resort sperso sulle colline toscane, ci spiega bene l’edizione che invece sta per arrivare. Un’edizione più che rinnovata nel percorso. Quasi 34 chilometri in più. Più sterrato e più dislivello.

Gianluca Brambilla è uno dei corridori più esperti del gruppo. Ha affrontato la Strade Bianche già otto volte, solo Salvatore Puccio, tra coloro che saranno in gara domani, ne ha fatte più: nove. Con lo sterrato, viste anche le sue ottime doti da biker, Gianluca ha un grande feeling. Lo ricordiamo anche al Giro d’Italia dello stesso anno, protagonista e vincitore della tappa di Arezzo, che prevedeva sterrato. Pochi, dunque meglio di Brambilla, sanno dirci delle condizioni del percorso.

Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca, quanto è cambiata la Strade Bianche in generale rispetto a quel 2016?

Quello che soprattutto è cambiato credo sia il modo di affrontarla da parte dei corridori. Una volta l’inizio era più tranquillo, adesso si va a spron battuto sin da subito. Si è visto anche l’anno scorso. La fuga è durata il tempo del rifornimento, penso 15 chilometri, sul Sante Marie erano già ripresi tutti. Ma questo vale per molte altre corse. Magari proprio quest’anno col fatto che è più lunga assisteremo ad una tattica più simile al passato.

Ora è più lunga e non di poco: 34 chilometri quasi…

Era già una corsa durissima. Si arrivava uno per cantone, quest’anno ancora di più. Il quindicesimo potrebbe già avere 10′. La Strade Bianche è famosa anche perché nel finale gli atleti arrivavano stremati. Insomma, Van Aert cadde sul muro finale!

L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
Oggi ti abbiamo visto impegnato durante la ricognizione: avevi un buon passo, mentre molti altri corridori erano meno concentrati. Perché?

Cerco di fare i tratti di sterrato con un certo impegno e una buona velocità per trovare il feeling con i materiali, soprattutto le gomme. Per capire il comportamento della bici e come guidare. E poi perché ogni anno comunque lo sterrato cambia un po’. 

E come lo hai trovato quest’anno?

L’ho trovato migliore: abbastanza battuto, compatto e con poco ghiaione sopra la base. Quindi era anche poco scivoloso e piuttosto veloce. E c’erano anche poche buche.

Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Veniamo proprio al nuovo percorso: quanto cambia? Cosa ci dici di questo anello di 31 chilometri nel finale: quanto incide nell’economia della corsa?

Tecnicamente, non è durissimo. E’ veloce, le strade sono belle larghe, i tratti di sterrato sono stati rimessi a nuovo. Per me forse è più impegnativa la parte in asfalto, visto che la strada sale per gran parte del tempo. Per quanto riguarda l’economia della corsa in generale, secondo me cambierà il modo di affrontare soprattutto lo sterrato di Monte Sante Marie.

Cioè?

Prima li si muovevano i big, magari adesso aspetteranno un po’. Prima questo segmento era a 50-55 chilometri dall’arrivo, ora sono 78. Ed è lunga a quel punto per andare all’arrivo. Dunque secondo me si muoveranno più tardi, magari sulle Tolfe, al primo passaggio. Anche se è un tipo di salita e di settore differente.

Spiegaci meglio…

Sante Marie dura 15′-20′, Le Tolfe sono uno sforzo più breve. Farà più differenza la fatica accumulata sin lì che non l’attacco. Immagino più una selezione da dietro, per sfinimento.

Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Prima, Gianluca, hai parlato di materiali. Oggi non abbiamo notato coperture al di sotto dei 30 millimetri, sia per uomini che per donne. Tu cosa scegli?

Vittoria ci ha consigliato la loro copertura tubeless da 32 millimetri, con l’inserto antiforatura all’interno e la pressione di 3.3 bar, almeno per me che sono 58 chili. Le ruote sono in carbonio, a basso profilo rinforzate.

Basso profilo e rinforzate: cosa intendi di preciso?

Profilo da 33 millimetri. Rinforzate, dato che con Zipp utilizziamo la versione per le classiche. Insomma non sono le Firecrest. Poi ricordiamoci che nonostante tutto la Strade Bianche è una corsa veloce. E la nostra bici (Scott Foil Rc, ndr) con il suo profilo aero è ottimale… Anche perché ci entrano le coperture da 32! Ma credo siamo proprio al limite.

Ormai, Gianluca, siete quasi dei computer voi corridori attuali, domani avrete 40′-45 in più di corsa: quanto cambia l’alimentazione?

In corsa non molto, anche perché oltre i 100-110 grammi di carboidrati l’ora non puoi andare. Cambia invece un po’ l’approccio il giorno prima. Di solito si fa un “carbo loading” solo dalla sera. Invece con il nostro nutrizionista abbiamo deciso d’iniziare già dal pranzo. Quindi più carbo anche a mezzogiorno.

In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
Il maltempo inciderà sulle scelte tecniche? Per esempio, con coperture troppo larghe, non c’è il rischio che lo sporco si scarichi con più difficoltà con spazi tanto al limite tra coperture e telaio?

Non credo che il meteo inciderà sulle scelte tecniche visto il terreno. Non è comunque uno sporco fangoso tipo mtb che si attacca. Questa polvere, questa ghiaia, si dovrebbero scaricare bene anche se dovesse piovere. 

I favoriti per Brambilla?

I soliti. Diciamo Pogacar?

Anche se Tadej è alla prima corsa?

Ma ormai conta poco. Soprattutto questi campioni, riescono ad arrivare super preparati anche senza corse. E’ fresco muscolarmente e in una corsa così non è poco. Poi anche la Visma-Lease a Bike corre sempre molto bene. Stanno in testa, spendono meno e hanno gente forte come Laporte.

Una maglia Nalini per la “Pedalando per la Ricerca”

19.08.2023
4 min
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Per il quarto anno di fila torna la “Pedalando per la Ricerca”, l’iniziativa a scopo benefico promossa da Alessandro Mucci, social media manager di Nalini. Anche quest’anno l’azienda mantovana non ha voluto far mancare il suo supporto all’iniziativa realizzando la maglia ufficiale dell’evento. Un capo totalmente custom che ha accompagnato per 500 chilometri da Torino e Firenze Alessandro e i suoi amici Alberto Tonelli, Marco Violi e Marco Biancini. 

Il percorso affrontato da Alessandro, Alberto, Marco e Marco che li ha portati da Torino a Firenze
Il percorso affrontato da Alessandro, Alberto, Marco e Marco che li ha portati da Torino a Firenze

Un passo indietro

Prima di parlare dell’edizione di quest’anno, è importante fare un piccolo passo indietro per ricordare il motivo per cui ha preso forma la “Pedalando per la Ricerca”. L’iniziativa nasce da un’esperienza personale che nel 2020 ha toccato profondamente lo stesso Alessandro Mucci, conclusasi poi fortunatamente in modo positivo. Mosso dal forte desiderio di fare qualcosa a favore della ricerca contro i tumori, Alessandro ha deciso di mettersi in gioco in prima persona. Per la sua laurea in Economia e Commercio aveva in programma di attraversare in bicicletta e in totale autonomia prima le zone dell’Italia centrale toccate dal terremoto del 2016 e successivamente le Alpi occidentali. Quel progetto di viaggio si è trasformato in un’opera di sensibilizzazione a favore della ricerca unita ad una raccolta fondi. L’iniziativa ha avuto successo e da allora Alessandro ha deciso di organizzare ogni anno una nuova pedalata di raccolta fondi.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Alessandro Mucci un paio di giorni dopo aver raggiunto con i suoi compagni di viaggio Firenze (la pedalata si è svolta tra il 5 e il 6 agosto, ndr). Prima di rispondere a qualche nostra domanda ci ha raccontato di non riuscire a stare senza bici e che in giornata ha pedalato per un’ottantina di chilometri attorno a Siena, scoprendo che da quelle parti la pianura non esiste.

500 chilometri con l’obiettivo di raccogliere fondi e di aiutare l’associazione AIRC
500 chilometri con l’obiettivo di raccogliere fondi e di aiutare l’associazione AIRC
Perché con i tuoi amici quest’anno  avete scelto di organizzare la “Pedalando per la Ricerca” andando da Torino a Firenze?

Ci sono svariati motivi. Io e i miei compagni di viaggio siamo tutti originari di Torino e della sua provincia. Pur essendo Torino la nostra città, fino ad oggi non l’avevamo mai messa al centro dei nostri progetti di viaggio. Abbiamo così pensato di unire con una pedalata di 500 chilometri Torino a Firenze, le due città che sono state le prime due capitali del Regno d’Italia. Firenze poi nel 2024 avrà un onore speciale…

Immaginiamo ti riferisca alla partenza del Tour de France?

Esatto. Per la prima volta il Tour partirà dall’Italia e in qualche modo ci faceva piacere celebrare questo evento “storico” per il nostro Paese.

Ci puoi “snoccialare” qualche numero del vostro viaggio?

Da Torino siamo scesi in Liguria. Abbiamo percorso tutta la costa fino ad arrivare in Toscana e fare poi rotta verso Firenze passando per Pisa. In totale abbiamo percorso 500 chilometri per complessive 26 ore …il tempo passato in bici è stato “solo” di 19 ore e 38 minuti. Il dislivello finale ha toccato i 3500 metri con complessive 9700 calorie consumate.

La maglia utilizzata per l’iniziativa “Pedalando per la Ricerca” è stata realizzata da Nalini
La maglia utilizzata per l’iniziativa “Pedalando per la Ricerca” è stata realizzata da Nalini
Obiettivo raggiunto alla grande?

Direi proprio di sì e non solo per aver portato a termine il viaggio nel tempo che ci eravamo prefissati e cioè due giorni. La cosa più importante è aver contribuito alla raccolta fondi che abbiamo iniziato nel 2020 e che ad oggi ci ha permesso di raccogliere quasi 30.000 euro da destinare alla ricerca contro i tumori. In questi stessi giorni è in corso un altro progetto che ha lo stesso scopo della “Pedalando per la Ricerca”. Si tratta di un viaggio in bici da Rivoli a Santiago de Compostela in venti tappe. Protagonisti sono Ciro Russo, atleta professionista di lotta greco romana, l’ex judoka Valentina Giorgis e Gennaro Russo, padre di Ciro e volontario della Croce di Collegno.

Anche quest’anno per il vostro viaggio avete potuto contare sul supporto di Nalini che ha realizzato la vostra maglia…

Nalini ha messo a disposizione un loro grafico che ha realizzato una maglia bellissima prendendo spunto da un mio disegno. Si tratta di una maglia totalmente custom, realizzata appositamente per noi. Nalini ha inoltre deciso di farci dono di un capo davvero utile. Si tratta della Mirror Vest, uno smanicato con una superficie argentata riflettente. Questa ha una tripla funzione: garantire la massima visibilità sulla strada, creare una barriera totale al vento nella parte frontale, evitare il surriscaldamento sulle spalle grazie alla rifrangenza dei raggi solari.

Le informazioni utili a contribuire alla raccolta fondi promossa dalla “Pedalando per la Ricerca” si possono trovare al seguente link.

Nalini

Emozioni della Strade Bianche: ben più di una Classica

05.03.2023
5 min
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Provate a chiudere gli occhi e dare spazio alla fantasia per un momento. Immaginatevi la più romantica delle cartoline toscane: un viale in strada sterrata, costeggiato dai tipici alberi toscani, con la punta che tende verso l’alto, attorniato dal più bello dei prati verdi, sotto un cielo azzurro limpido. Chi mai oserebbe cambiare anche solo un virgola di tale spettacolo? Beh, a quanto pare la Strade Bianche.

Ora immaginatevi che da questa strada, dietro la curva, tra gli alberi, si alzi una nube di polvere bianca. Immaginatevi anche di sentire forti rumori: urla, catene, ruote. Poi, pian piano, di iniziare a intravedere il gruppo, o meglio, i primi del gruppo. Sì perché già la seconda fila di corridori è immersa nella nube bianca. Ecco, anche questa immagine è poesia.

Lo sterrato si è asciugato con il passare delle ore, gli uomini hanno respirato parecchia polvere
Lo sterrato si è asciugato con il passare delle ore, gli uomini hanno respirato parecchia polvere

I piedi sullo sterrato

A Siena c’è il sole, le temperature non sono alte ma promettono una bellissima giornata: si corre la Strade Bianche. A primo impatto sembra una corsa qualunque: arrivano i tifosi, le ammiraglie, i bus delle squadre. Si preparano le bici, segue qualche operazione di routine, poi si parte. C’è anche chi parte prima, anticipando il gruppo, per raggiungere uno degli undici settori della corsa. E’ a quel punto, quando si poggiano i piedi sullo sterrato, che ci si rende conto che la Strade Bianche non è una corsa qualsiasi. Si è immersi nella campagna, solo ogni tanto si intravede qualche casale. L’atmosfera che si respira è al tempo stesso di grande pace e tranquillità, mista a un’energia indescrivibile.

Polvere e sassi

Arrivano i fuggitivi, poi il gruppo, sembrano volare su quello stesso sterrato che più tardi, con un centinaio di chilometri nelle gambe, diventerà pesante come sabbie mobili. I tifosi a bordo strada, intrepidi e ansiosi di sentire l’aria del gruppo che passa, pian piano indietreggiano: troppa polvere, troppi sassi. Foto e video ricordo? Si va un po’ alla cieca, sullo schermo non si vedono altro che sottili granelli chiari. Ci sono bambini con grandi borse alla ricerca di borracce nuove da aggiungere alla collezione, mamme che rincorrono piccoli tifosi che corrono a bordo strada.

Abbiamo seguito la Strade Bianche nell’ammiraglia dei massaggiatori della Total Energies: il team di Sagan (qui sopra)
Abbiamo seguito la Strade Bianche nell’ammiraglia dei massaggiatori della Total Energies: il team di Sagan (qui sopra)

Padre e figlio

Grazie a Sportful, che ci ha fatti salire sull’ammiraglia della Total Energies, oggi vi raccontiamo la grande classica da una prospettiva differente. Con noi c’è Marosz, il massaggiatore di Peter Sagan. Ci racconta un po’ di sé: a casa ha tre bambini, che chiama spesso durante i momenti tranquilli della giornata per sapere come stanno. Marosz ci dice che non tornerà a casa per le prossime tre settimane, ma ci sembra comunque tranquillo. Con noi, alla fine del quarto settore in sterrato, c’è anche Anna, la moglie di Alessandro De Marchi e i due bambini: è proprio il figlio maggiore Andrea, un piccolo Alessandro, che incita il papà in fuga.

Piazza del Campo è una vera arena per il ciclismo: la vista dalla sala stampa è splendida
Piazza del Campo è una vera arena per il ciclismo: la vista dalla sala stampa è splendida

Il Marosz pensiero

Con Marosz e gli altri massaggiatori, si parla della Strade Bianche, delle classiche e di come sia diventato incredibile il ciclismo di oggi. «Per me – ci confida – non importa chi vince. Una corsa per me va bene quando si arriva all’arrivo felici, senza graffi e soddisfatti della corsa che si è fatta, a prescindere dalla posizione in classifica». E infatti all’arrivo, nella maestosa Piazza del Campo, Marosz è tranquillo.

E’ un’atmosfera particolare quella che si respira a Siena: dalla finestra della sala stampa lo spettacolo è magnifico. Centinaia di persone sono sedute sui mattoni rossi della piazza, con lo sguardo rivolto all’enorme maxi-schermo che trasmette la gara. Altrettante persone sono già vicino alle transenne, per garantirsi la visuale migliore

Mohoric rilascia le prime dichiarazioni dopo l’arrivo
Mohoric rilascia le prime dichiarazioni dopo l’arrivo

La piazza esplode

«Quando entra il primo corridore in piazza, ascolta il pubblico, la sua reazione», ci viene detto. E così facciamo: facciamo partire la registrazione video e ci concentriamo su cosa sta succedendo in piazza. Le riprese sono ora trasmesse dalle telecamere fisse, Pidcock è vicino. Lo sguardo rimbalza veloce tra gli schermi e quell’angolo in penombra dalla quale spunterà la sua ruota. Si sente il pubblico applaudire dalle vie vicine, e quello in piazza scalpitare.

Tom Pidcock varca la soglia di Piazza del Campo: il boato. Il pubblico esplode in applausi e urla di incitamento: per tanti chilometri lo hanno seguito da solo nella sua impresa, ansiosi che qualcuno potesse raggiungerlo, ma allo stesso tempo desiderosi di vedere un piccolo gruppetto decidere la corsa davanti ai loro occhi, negli ultimi metri del percorso. Sui volti compaiono sorrisi spontanei, quelli che sanno di felicità. I volti dei corridori che arrivano sono stanchi, ma contenti: sembrano appena usciti da una vecchia foto, con i colori un po’ sbiaditi, ma è solo un po’ di polvere. 

Prendendo la macchina per rientrare, non c’è quella solita malinconia della consapevolezza che si è vissuta una giornata incredibile, ma che la parentesi si è ora chiusa. La Strade Bianche è destinata a lasciare un segno in chi la vive: non è solo ciclismo, sono emozioni.

Van der Poel, Alaphilippe e il plotone degli sconfitti

05.03.2023
5 min
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Mentre Pidcock se ne andava con un sorriso grande così, le vie del centro di Siena si riempivano del solito struscio. Ogni tre passi, camminando dalla sala stampa alla macchina, sentivi però parlare della Strade Bianche appena conclusa. Nel frattempo, il plotone degli sconfitti riguadagnava la via dell’hotel, rimuginando e meditando rivincite più o meno immediate. Su tutti Van der Poel, il favorito per eccellenza, anche se lui per primo ha fatto di tutto per allontanare da sé il calice della responsabilità.

«Dopo tutto – dice Mathieu Van der Poel – le sensazioni non erano poi così male. Personalmente non mi aspettavo di vedere già la miglior versione di me stesso. Sono abbastanza forte per correre, ma non per vincere una corsa così dura, che per giunta era la prima gara su strada dell’anno. Ho bisogno di costruirmi una base più solida. Sono sopravvissuto bene allo sterrato più duro, ma le gambe non erano abbastanza buone per rispondere all’attacco decisivo».

Sul manubrio di Van der Poel in bella evidenza i settori di sterrato e la gestione dei rifornimenti
Sul manubrio di Van der Poel in bella evidenza i settori di sterrato e la gestione dei rifornimenti

Ritardo previsto

Non si può dire che non ci abbia provato. Al punto che quando Tom Pidcock davanti aveva già preso un margine preoccupante, è stato lui a forzare la mano, sperando di avere risposte che invece non sono arrivate.

«Se sono preoccupato per le prossime settimane? No. Dopo tutto – prosegue Van der Poel – non sono troppo deluso. La prossima settimana continuerò a costruire la forma alla Tirreno-Adriatico, che è esattamente quello che avevamo in mente quando abbiamo pianificato il mio calendario. Sapevamo da tempo che il periodo tra i mondiali di ciclocross e la Strade Bianche sarebbe stato troppo breve. Sarebbe stato meglio avere più compagni nel gruppo di testa, ma non voglio prenderlo come scusa. Non ho avuto le gambe. L’avevo anche detto ieri, siete voi giornalisti semmai ad aver immaginato che potessi vincere…».

Benoot è arrivato terzo, con il rammarico per la possibile vittoria sfumata
Benoot è arrivato terzo, con il rammarico per la possibile vittoria sfumata

Rammarico Benoot

Tiesj Benoot è arrivato terzo e potrebbe esserne felice, ma è salito e scesi da quel podio con lo sguardo costernato di chi avrebbe voluto e potuto fare di più. Così almeno dice.

«Alla partenza – spiega – avrei detto che un podio sarebbe stato una buona cosa, ora invece so che avevo le gambe per vincere. E’ una doppia sensazione, ora sta venendo fuori un po’ di delusione, che domani potrebbe lasciare posto all’orgoglio. Il rammarico è che forse, essendo in due, potevamo fare meglio. Anch’io ho commesso degli errori.

«Dovremo rivedere la corsa insieme – aggiunge parlando del compagno Attila Valter in corsa al suo fianco – perché quando ci sei dentro è difficile mantenere una visione d’insieme. E’ stato un errore da parte nostra che nessuno dei due sia andato via con Pidcock, che tuttavia è stato il migliore. Penso che siamo stati entrambi tra i migliori in gara, lo abbiamo dimostrato. Peccato però che alla fine non abbiamo raccolto abbastanza».

Attila Valter ha provato a fare il forcing, ma ha pensato da individuo e non da squadra
Attila Valter ha provato a fare il forcing, ma ha pensato da individuo e non da squadra

Le scuse di Attila

Gli fa eco Attila Valter, passato proprio quest’anno dalla Groupama-FDJ alla Jumbo Visma e già pimpante e potente come tutti i suoi nuovi compagni di squadra. Anche questa volta i gialloneri d’Olanda hanno offerto una prova di grande esuberanza atletica, pur fermandosi al terzo posto con Benoot. Perché non si sono messi d’accordo per andare a prendere Pidcock?

«Dovevo comunicare meglio con Tiesj – dice l’ungherese Attila Valter – e decidere di sacrificarmi per lui. Il podio non è abbastanza per gli standard della Jumbo-Visma. Però posso essere soddisfatto della mia prestazione odierna. Concludo quinto alla mia seconda Strade Bianche, l’anno scorso era arrivato quarto. Se mi confronto con Nathan Van Hooydonck, posso ancora migliorare. Lui conosce Tiesj da tempo e si sarebbe comportato diversamente. Dateci ancora qualche corsa e andrà molto meglio. Alla fine è solo la mia prima gara con lui».

Alaphilippe non è riuscito a rispondere al forcing, quando Bettiol e poi Pidcock hanno attaccato
Alaphilippe non è riuscito a rispondere al forcing, quando Bettiol e poi Pidcock hanno attaccato

Problema di gambe

E poi c’è Alaphilippe e quella frase di Bramati alla vigilia: «Sabato sarà diversa». Il francese non ha mai brillato nel vivo della corsa, lasciando che a seguire Bettiol fosse Bagioli.

«Come mi sento?», così debutta il francese, che sul traguardo di Siena si è piazzato 43° a 5’52”. «Sono stanco. Abbiamo provato a fare la gara – dice – e con la squadra siamo sempre stati ben piazzati. Sfortunatamente, ho sentito presto che le mie gambe non erano eccezionali. Ho fatto quello che potevo, ma non è stata una giornata fantastica. Non voglio trovare scuse. Ero sempre al posto giusto grazie ai miei compagni di squadra, ma le gambe non erano abbastanza buone per stare davanti. Continuo ad amare questa gara, anche se oggi ero un po’ meno in forma. Se sono preoccupato per le corse fiamminghe? No, perché dovrei? Ci sono cose peggiori nella vita».

Formolo è stato il migliore degli italiani: 9° a 1’23” da Pidcock
Formolo è stato il migliore degli italiani: 9° a 1’23” da Pidcock

Formolo nei 10 

Il primo italiano all’arrivo è stato Davide Formolo, nono a 1’23”. La sua corsa doveva essere in appoggio per Tim Wellens, che è arrivato a Siena dopo il quinto posto di Kuurne. Poi in realtà il belga è finito alle spalle del veronese.

«E’ stata veramente dura – dice Formolo – sul Sante Marie abbiamo perso un attimo come squadra, allora ho dovuto chiudere sulla fuga di Bagioli. Poi sfortunatamente Wellens ha avuto un problema meccanico ed è rimasto indietro, ma a quel punto aveva già speso tanto. Già prima sarebbe stato difficile battersi con i migliori, a quel punto era andata. Quando è partito Pidcock, era impossibile tenerlo. Mi dispiace perché forse potevamo vincere la corsa, per cui adesso ci concentreremo sulla Tirreno-Adriatico, dove arriverà anche Almeida. Mamma quanto sono stanco…».