L’impresa triste di Remco e lo scettro di Kuss: parola a Martinelli

14.09.2023
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Remco Evenepoel che sull’arrivo porta ripetutamente l’indice al casco, come a dire che serve la testa, e la Jumbo-Visma che incorona Sepp Kuss: La Cruz de Linares ha dato questi verdetti. Questa pazza e strana Vuelta ha trovato protagonisti e tappe inattese.

Giuseppe Martinelli, che oggi era alla Coppa Sabatini in Toscana, non si è comunque perso la corsa spagnola. Il “vecchio” Martino ne sa una più del diavolo ed è lui a prenderci per mano e a dare risposte importanti.

Si correva ancora nelle Asturie, quasi al confine coi Paesi Baschi. In tutto oltre 4.600 m di dislivello
Si correva ancora nelle Asturie, quasi al confine coi Paesi Baschi. In tutto oltre 4.600 m di dislivello

Remco bravo, ma…

Partiamo da Remco. Ancora un’impresa mostruosa, potente, grandiosa ma anche, lasciatecelo dire, un po’ triste. Il belga compie numeri pazzeschi, anche watt alla mano, ma se li fai quando hai 37 minuti di ritardo, non hanno lo stesso piglio di quando sei in lotta per la generale. L’approccio è differente.

«Secondo il mio punto di vista – dice Martinelli – Remco non pensava di prendere quella batosta. Ed è stata una batosta più di testa che di gambe. Ne sono certo. Non prendi 27′ e il giorno dopo fai quello che fai. E anche sull’Angliru quasi riesci nuovamente nell’impresa e oggi di nuovo così. Alimentazione, recupero… No, è stata la testa».

«Remco è forte, ma deve capire che nei giorni in cui non vai, non puoi lasciare andare tutto. Deve imparare a gestirsi. Ma questo dipende solo da lui. In quel momento sei solo, non ti deve crollare il mondo addosso. Lotti, muori, tieni duro».

Quel dito sul casco diventa ancora più suggestivo dopo queste parole.

Un bravissimo Damiano Caruso chiude secondo a 4’44” da Evenepoel con cui era in fuga
Un bravissimo Damiano Caruso chiude secondo a 4’44” da Evenepoel con cui era in fuga

Bisogna crescere 

In quel momento sei solo. Momenti che deve imparare a gestire. Due frasi che hanno un certo peso quelle di Martino. Giusto qualche giorno fa avevamo riportato le parole di Bruyneel, diesse discusso, ma che sa il fatto suo. 

Il belga aveva detto che Evenepoel era il direttore sportivo della sua squadra, come se davvero fosse da solo. 

«Nella tappa dell’Angliru – prosegue Martinelli – uno come lui non doveva andare in fuga (Bruyneel aveva detto anche questo, ndr): è forte e doveva affrontare i big. Alla fine, dal giorno della crisi questo ragazzo è sempre stato davanti. E le sue non sono fughe bidone, non scappa con quattro pellegrini. Remco domina.

«Dire che in squadra soffrano la sua personalità non lo so, ma è certo che Evenepoel deve imparare a gestire quei momenti difficili. Lui stacca il cervello dalle gambe e non so chi potrebbe aiutarlo. Bruyneel ha detto quelle cose in modo un po’ generico, ma Remco deve lavorare su questo aspetto se vuole puntare a fare bene nei grandi Giri. Per me è il più forte del gruppo o alla pari di qualcuno, perché Roglic, Vingegaard, Auyso o Kuss non sono in grado di fare quei numeri come oggi».

Ayuso e Mas scattano nel finale, Kuss e Roglic chiudono per tenere tutti a distanza nella generale, mentre Vingegaard molla 9″
Ayuso e Mas scattano nel finale, Kuss e Roglic chiudono per tenere tutti a distanza nella generale, mentre Vingegaard molla 9″

Dominio Jumbo 

E con Kuss si passa al secondo tema di giornata: l’ormai consueto dominio della Jumbo-Visma. Oggi sono arrivate quelle risposte che cercavamo ieri. Chi designeranno come vincitore della Vuelta in casa Jumbo? Come si gestiranno? A quanto pare vedremo un americano a Madrid.

«Per me si sono accapponati la pelle da soli – dice Martinelli – loro avevano questi due fenomeni e si sono ritrovati col “terzo incomodo” in maglia roja. Alla fine non sapevano cosa fare… Non puoi lasciare andare via Kuss in maglia di leader. Un errore per me, visto che potevano vincere due grandi Giri nella stessa stagione con Roglic o con Vingegaard, qualcosa che non riesce più a fare nessuno da anni».

L’opinione pubblica è tutta a favore di Kuss. E’ la favola del gregario che dà sempre l’anima per i suoi capitani e si ritrova per una volta con lo scettro in mano. Oggi, salvo sconvolgimenti nella frazione di sabato, i gialloneri hanno dato il via all’operazione simpatia, così è stata ribattezzata e invocata da più di qualcuno la sua vittoria.

Sepp Kuss in rosso a tre tappe dal termine. Guida con 17″ su Vingegaard, 1’08″su Roglic e 4′ su Ayuso, primo degli “altri”
Sepp Kuss in rosso a tre tappe dal termine. Guida con 17″ su Vingegaard, 1’08″su Roglic e 4′ su Ayuso, primo degli “altri”

Operazione simpatia

L’arrivo odierno di Vingegaard faceva sorridere: il danese in pratica non ha pedalato per lasciare qualche secondo al compagno. E quando Kuss è partito a caccia di Ayuso, dietro parlottava con Roglic. Forse i due campioni non erano neanche in soglia!

«La tappa di sabato è durissima… se decidono di farla forte e di attaccare – va avanti Martinelli – ma chi li attacca quelli? E non credo che tra di loro si meneranno. Ripeto, gli si è creata questa situazione e a quel punto chi non tifava per Kuss? Oggi hanno giocato col gatto col topo, si è visto. Hanno deciso chi vincerà la Vuelta. O forse lo hanno deciso ieri sera…».

In effetti le dichiarazioni post Angliru di Roglic e Vingegaard erano a favore di Kuss e i due sono stati fedeli a quanto detto. Poi c’è anche un altro aspetto da valutare: il futuro. Decidere uno tra Primoz e Jonas potrebbe creare qualche problema in squadra. Il terzo incomodo, che tra l’altro è sempre stato presente nei grandi Giri conquistati dalla corazzata olandese, quasi, quasi faceva comodo stavolta.

Insomma i coltelli non volano a porte chiuse e i sorrisi in pubblico sembrano essere reali. E poi è vero che non faranno vincere uno dei due corridori più prestigiosi, ma è anche vero che ne piazzano tre sul podio. Assolo totale.

«No, quali coltelli – conclude il “Martino nazionale” – sono i più forti. Hanno regalato emozioni e spettacolo. Con Kuss colgono l’occasione di accontentare il pubblico, hanno vinto tutte le tappe più importanti…. Non si litiga quando è così».

L’Angliru a Roglic. Ma quali equilibri ci sono in casa Jumbo?

13.09.2023
6 min
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Il più classico degli Angliru da una parte, con nebbia, umidità, due ali di folla nei tratti più aperti… E una scalata “più piatta” del solito dall’altra, con una selezione da dietro dettata dal dominio della Jumbo-Visma.

Sul mostro asturiano ha vinto Primoz Roglic. Lo sloveno si conferma a suo agio con certe pendenze, visto che quassù già aveva fatto bene nella Vuelta 2020 e visto quanto accaduto pochi mesi fa sul Lussari.

All’uscita del tratto più duro, Roglic (con la monocorona) ha attaccato. Alla fine è stata tripletta Jumbo anche qui
All’uscita del tratto più duro, Roglic (con la monocorona) ha attaccato. Alla fine è stata tripletta Jumbo anche qui

L’analisi con Cassani

Ma in tutto questo ci si pongono diverse domande: chi ha deciso di far vincere la Jumbo-Visma? Come sono gli equilibri in campo? Quando in squadra ci sono troppi i galli a cantare il rischio è che il pollaio possa rompersi.

Davide Cassani in carriera ne ha viste e vissute di cotte e di crude. Lui, tanto per dirne una, era in quella famosa Carrera di Roche e Visentini. Lì sì che volarono coltelli. Qui in apparenza sembra filare tutto liscio.

«Il nostro problema – racconta Cassani riferendosi proprio ai fatti del 1987 – è che Roche aveva apportato quell’attacco senza dire niente a nessuno. Visentini si arrabbiò e fu detto a noi gregari di andarlo a prendere. A quel punto Roche davanti tirò come un forsennato… Ma la questione di base è che non c’era feeling tra Roche e Visentini. Non mi sembra questo il caso della Jumbo-Visma. Kuss ogni volta che finisce una tappa, anche se ha perso terreno, è l’uomo più sorridente e tranquillo del mondo».

Anche oggi lo squadrone olandese ha controllato la gara, anche se ha sfruttato e il grande lavoro della Bahrain-Victorious. Ma quando sono arrivati al dunque Sepp Kuss, Jonas Jonas Vingegaard e appunto Primoz Roglic hanno messo in chiaro i valori in campo. 

«Ho visto un finale particolare – commenta Cassani – ho avuto come l’impressione che Vingegaard fosse rimasto lì come a dire: “Io mi metto a ruota del primo che va e non faccio niente. Poi vediamo che succede”. Kuss si è difeso come meglio ha potuto e Roglic era a tutta. Ci ha provato».

Ancora un grande Cattaneo ha portato fuori Evenepoel. L’ultimo della fuga ad arrendersi sulle rampe dell’Angliru
Ancora un grande Cattaneo ha portato fuori Evenepoel. L’ultimo della fuga ad arrendersi sulle rampe dell’Angliru

Risultato in cassaforte

Calma apparente sull’Angliru. Come se su quelle pendenze ci possa essere della calma. Ragionare non è facile neanche per dei super campioni come loro. Il fatto è che Vingegaard dopo le difficoltà ammesse nella prima settimana è in netta crescita. Kuss non è stato attaccato del tutto perché… è Kuss, uomo squadra a cui tutti vogliono bene. E Roglic è forte, ma non il più forte.

«Per me in Jumbo-Visma hanno tutto sotto controllo – ha detto Cassani – almeno da fuori è così. Di certo in questi giorni si sono parlati e di certo se volevano platealmente far vincere Kuss lo potevano fare. Avrebbero rallentato.

«La mia idea è che loro vogliano mettere in cassaforte il risultato (sia di tappa che della generale, ndr) e una volta fatto questo dicano ai ragazzi di giocarsela nel finale».

 

«Posso ipotizzare che oggi gli abbiano detto di stare insieme fino ai tre chilometri dall’arrivo e se fosse stato tutto sotto controllo, se la sarebbero potuta giocare. Che poi è il discorso legato a Kuss. Alla fine lo hanno attaccato, ma gli hanno anche portato riguardo nel corso di questa Vuelta. Attacchi sì, senza mai mettere in pericoloso il successo della squadra. Quindi possono aver trovato questo accordo, anche perché già da un po’ hanno capito che possono vincere la corsa».

Ayuso, l’unico che poteva impensierire i tre Jumbo per il podio, ha incassato 1’42”. Ora è 4° a classifica a 4′ tondi, tondi
Ayuso, l’unico che poteva impensierire i tre Jumbo per il podio, ha incassato 1’42”. Ora è 4° a classifica a 4′ tondi, tondi

Due triplette in vista

L’analisi dell’ex cittì rispecchia quanto accaduto negli ultimi arrivi in salita. L’idea della doppia tripletta – tutti e tre i grandi Giri e le prime tre posizioni a Madrid – è ormai più che una possibilità concreta. Sarebbe un successo clamoroso basato su grandi singoli, ma anche su una grande forza di squadra.

Ma squadra o no, il re a Madrid sarà uno. Idea nostra è che  Roglic, salvo un’azione monster, non possa recuperare tanto terreno a Vingegaard e forse neanche a Kuss. Resta infatti una sola tappa di pura salita, quella di domani. E poi c’è quella di sabato, ideale per le imboscate. Una tappa che tanto ricorda quella in cui fu beffato Purito Rodriguez. Ma con una Jumbo così, e seguendo quanto dice Cassani, viene da pensare che si deciderà tutto domani sulla Cruz de Linares.

«Ho avuto l’impressione – conclude Cassani – che Vingegaard non volesse affondare il colpo. Ma il bello di questa Jumbo è che sono imprevedibili. Tatticamente non sono mai banali. Ogni tanto cambiano strategia… Cambiano modulo, passano dal 4-3-3 al 3-4-3 ma sempre con tre punte giocano!

«A questo punto della corsa a tutti e tre hanno dato e daranno la possibilità di giocarsi la Vuelta. Come è giusto che sia. Hanno trovato un meccanismo vincente. Magari dettato anche dalle piccole situazioni di difficoltà in cui si sono ritrovati, ma hanno rimediato subito (il pensiero va alla tappa di San Sebastian al Tour con Van Aert furioso ma il giorno in prima linea per i compagni, ndr). Piccoli inconvenienti che li hanno fatto crescere anche in tal senso».

Kuss sorridente già prima del via. Oggi l’americano compiva 29 anni. A quattro tappe da Madrid è leader con 8″ su Vingegaard e 1’08” su Roglic
Oggi Kuss compiva 29 anni. A quattro tappe da Madrid è leader con 8″ su Vingegaard e 1’08” su Roglic

Tutti per Kuss?

E far scopa con quanto detto da Cassani ci sono poi i diretti interessati. Sepp Kuss continua a ridere nonostante ormai abbia pochi secondi di vantaggio sul re del Tour.

«Sono arrivato in Spagna senza aspettative – ha detto Sepp – volevo aiutare i leader. Poi all’improvviso ho preso questa bellissima maglia e così che ho anche scoperto un nuovo livello di corsa per me e un istinto da competizione. Ma ci sono due grandi uomini al mio fianco. Lavoriamo bene insieme dietro le quinte. Sono grandi campioni. Naturalmente voglio avere la mia occasione, ma non mi dispiace lavorare per loro se necessario».

E a queste parole si aggiungono quelle di Vingegaard, per certi aspetti ancora più al miele: «La vittoria di tappa era il nostro obiettivo principale e poi volevamo anche mantenere la situazione nella classifica generale. Siamo molto contenti. Sono sinceramente felice che Sepp sia ancora il leader. Onestamente spero che mantenga la maglia di leader e vinca questa Vuelta».

E infine Roglic: «Oggi ho provato a vincere io. Ho attaccato nel finale, Jonas è riuscito a restare a ruota e Seppe no. Ha detto di essersi sentito un po’ così, così… Comunque ho detto a Sepp di continuare a lottare. La maglia rossa ti porta a fare questo e alla fine ce la farà».

Dichiarazioni non banali quelle di Roglic e Vingegaard. Che in casa Jumbo-Visma abbiano deciso a chi andrà la Vuelta?

Vingegaard da solo, per l’amico e per la Vuelta

12.09.2023
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In quella gola scura come il cielo che ha portato pioggia sulle Asturie, Jonas Vingegaard ha pescato direttamente dal cuore per scattare e vincere la seconda tappa di questa Vuelta. Se la vittoria sul Tourmalet gli aveva permesso di fare gli auguri a sua figlia, quella di oggi è servita per sentirsi vicino a Nathan Van Hooydonck. Sull’arrivo è crollato, sfinito e in lacrime: neppure al Tour lo avevamo visto così provato.

L’incidente di Van Hooydonck e sua moglie ha gelato il gruppo. Il belga dovrebbe essere fuori pericolo (foto BFM/Het Nieuwsblad)
L’incidente di Van Hooydonck e sua moglie ha gelato il gruppo. Il belga dovrebbe essere fuori pericolo (foto BFM/Het Nieuwsblad)

Tutti per Van Hooydonck

Stamattina intorno alle 8,30 il corridore belga ha perso il controllo della sua Range Rover nera, a causa di un malore improvviso. L’auto ne ha travolte altre cinque, prima di fermarsi. A bordo c’era anche sua moglie incinta, che per fortuna ne è uscita illesa (la coppia aveva già perso un bimbo nel 2021). Van Hooydonck è stato portato all’ospedale e messo in coma farmacologico. La notizia si è abbattuta sulla squadra come un pugno alla bocca dello stomaco, per cui quando via radio all’inizio della salita i corridori hanno saputo che il compagno era finalmente vigile (come ha confermato anche il bollettino arrivato in serata), Vingegaard ha potuto spiccare il volo.

«All’inizio della salita finale – ha confermato sul traguardo Attila Valter – ci è stato detto che Nathan è sveglio e starebbe abbastanza bene. Questo è quello che abbiamo sentito e spero che sia così. Abbiamo tutti sentimenti contrastanti, abbiamo lottato e vinto per lui. Non so se possa già guardare la TV, ma spero che presto possa fare il tifo per noi. Noi lo stiamo già facendo per lui».

Sull’arrivo Vingegaard non ha voluto esultare. Prima si è messo la mano sul cuore e poi è crollato
Sull’arrivo Vingegaard non ha voluto esultare. Prima si è messo la mano sul cuore e poi è crollato

Per il miglior amico

Chissà se la notizia è arrivata quando Vingegaard, ripreso dalle telecamere prima di scattare, ha comunicato con l’ammiraglia. Se così fosse, la scena acquisirebbe un impatto emotivamente immenso. Anche se il risultato finale è stato anche l’attacco frontale al compagno Kuss in maglia rossa.

«Ho vinto per il mio migliore amico», ha detto il danese. «Stamattina abbiamo ricevuto una notizia terribile – ha continuato – e volevo vincere per lui. Fortunatamente ora ci sono buone notizie sulle sue condizioni. Un grande sollievo per me e per tutta la squadra. Spero che ora possa riprendersi bene».

Vingegaard a questo punto, con un ritardo di soli 29 secondi da Kuss, rischia di essere il candidato numero uno per la vittoria finale, anche se in questa serata ad alta emotività, ha preferito non fare previsioni. Non ha neppure esultato. Solo a pochi metri dal traguardo ha poggiato più volte il palmo della mano sul cuore, tradendo l’emozione che solo raramente affiora nei suoi gesti.

Evenepoel ha tagliato il traguardo a 14’16”, terz’ultimo dell’ordine di arrivo: domani farà la tappa?
Evenepoel ha tagliato il traguardo a 14’16”, terz’ultimo dell’ordine di arrivo: domani farà la tappa?

Provocazione Bruyneel

Chi sull’Angliru potrebbe far esplodere la corsa è Evenepoel. Al suo indirizzo ha parlato in un podcast uno che di ciclismo ne sa tanto, che è stato messo giustamente ai margini, ma indubbiamente sa come si gestiscono le squadre nelle grandi corse a tappe: Johan Bruyneel, mentore e complice di Armstrong nei sette Tour vinti e poi restituiti.

«Il fatto che Remco sia andato in fuga sabato è stata un’idea perfetta – ha detto nel podcast TheMove+ – il percorso era adatto per staccare tutti, infatti è arrivato da solo. Invece non è stata una buona idea andare anche il giorno dopo. Era una tappa meno difficile e dopo la fuga del giorno prima doveva essere anche stanco. Non è un robot, né un superuomo. Il ciclismo ai massimi livelli non funziona così, anche se ti chiami Remco Evenepoel. La squadra sta cercando corridori che possano assisterlo in salita, ma forse dovrebbero cercare persone che possano consigliarlo meglio. Ogni squadra ha un capitano che prende le decisioni finali più difficili e quel capitano dovrebbe essere il direttore sportivo. Invece penso che sia Remco stesso il capo di questa squadra. Se vuole vincere un’altra tappa, deve concentrarsi sull’Angliru. E non in fuga. Deve lottare con i grandi e cercare di battere il trio Jumbo-Visma. Sarebbe una buona aggiunta alla sua Vuelta e soprattutto gli darebbe una iniezione di fiducia. Se fossi in lui, sarebbe l’obiettivo principale».

Secondo Caruso, l’Angliru assesterà la classifica alle spalle della Jumbo, ma non si aspettava l’attacco di Vingegard
Secondo Caruso, l’Angliru assesterà la classifica alle spalle della Jumbo, ma non si aspettava l’attacco di Vingegard

Parola a Caruso

La chiusura la lasciamo a Damiano Caruso, raggiunto sul pullman mentre si dirigeva verso l’hotel, che per una volta le squadre hanno raggiunto a un orario umano. Nel finale il ragusano è stato davanti con Landa e alla fine si è piazzato 16° a 1’26” da Vingegaard.

«Domani – ci ha detto – sarà una salita un po’ particolare, una di quelle tappe che darà un bell’assestamento fra le posizioni di rincalzo. Non per la Jumbo, perché quelli l’assestamento l’hanno già fatto oggi. L’Angliru l’abbiamo visto più di una volta ed è una salita nella quale non si può mentire. La Jumbo oggi ha dimostrato ancora una volta che sono fortissimi, perché hanno controllato la fuga agevolmente. Poi nel finale sinceramente sono rimasto sorpreso dell’attacco di Vingegaard, che praticamente è stato un attacco diretto al suo compagno di squadra. Io pensavo e come me tanti pensano che vogliano far vincere la Vuelta a Kuss, ma dopo quello che ho visto oggi credo che questo non sia scontato. Insomma, sarà interessante vedere anche come si muoveranno domani…».

Terza settimana e Angliru: tutte le domande di Martinez

12.09.2023
4 min
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Per qualche giorno, Lenny Martinez è stato descritto come la vera novità della Vuelta, almeno a partire dal secondo posto all’Observatorio Astrofisico de Javalambre, quando ha conquistato la maglia di leader. Il più giovane leader di sempre in testa a un grande Giro, con i suoi vent’anni e i 52 chili che ne hanno fatto per giorni la mascotte d’acciaio in testa al gruppo. La coincidenza più curiosa è legata al calendario. Lenny infatti ha conquistato la maglia rossa il 31 agosto, lo stesso giorno in cui da La Spezia partiva il Giro della Lunigiana: la corsa che lo rivelò al pubblico italiano (è singolare che nel video contenuto nell’articolo di allora, parlasse già della Vuelta). La bella favola è durata per due tappe, fino al giorno di Xorret de Catì, quando Roglic ha alzato le braccia e in testa alla Vuelta è passato Sepp Kuss

I giorni successivi sono stati sempre più pesanti. Per qualche giorno, Martinez è rimasto intorno alla quinta posizione, finché si è messo di mezzo il Tourmalet e quel giorno il suo passivo è stato più pesante di quanto le sue esili spalle potessero sopportare. Oggi il francese riparte dalla 19ª posizione, con un distacco di 36’24” da Kuss. La terza settimana è vera terra di nessuno, l’Angliru di domani rischia di essere uno scoglio insormontabile.

Martinez ha preso la maglia dopo la sesta tappa e l’ha mantenuta per due giorni
Martinez ha preso la maglia dopo la sesta tappa e l’ha mantenuta per due giorni
Quando hai capito che la fatica stava prendendo il sopravvento?

Mi sono sentito bene fino al primo giorno di riposo, poi non ho più avuto le stesse sensazioni dell’inizio. Qualcosa non funzionava bene e lo sentivo, il mio corpo ha iniziato a soffrire. Mi sono ammalato per la tanta fatica due giorni prima di prendere la maglia rossa e il fisico non ha retto. Sono crollato completamente nella tappa del Tourmalet e anche il giorno dopo. E’ stato davvero difficile, dopo tutto il lavoro dei miei compagni dall’inizio di questa Vuelta. Ma il corpo non ce la faceva e non mi era rimasto niente nelle gambe.

Per fortuna avevi bei ricordi da coltivare…

Il momento più bello della Vuelta è stata la tappa in cui ho preso la maglia rossa. Sono arrivato secondo, quasi la mia prima vittoria di tappa in un grande Giro dietro un grande Sepp Kuss. La tappa era molto difficile, ho finito molto stanco, ma anche molto felice. Il ritmo è stato molto alto per tutto il giorno.

Sei sempre riuscito a dormire e mangiare bene?

All’inizio andavo a letto presto e cercavo di stare attento, però man mano che la Vuelta procedeva, andavo a letto un po’ più tardi (prima di mezzanotte comunque). Spesso infatti le partenze sono tardi ed è possibile svegliarsi la mattina verso le 9,30. Quanto al mangiare, abbiamo al seguito uno chef che cucina davvero bene. Questo ci permette di mangiare con piacere, è come essere in un ottimo ristorante, ma con i cibi giusti per la bici.

Stai mangiando tanto?

Cerco sempre di mangiare molto. In una corsa a tappe così dura, è possibile non avere più appetito a causa della stanchezza, ma bisogna comunque sforzarsi. Ho bisogno di mangiare molto, nonostante il mio corpo sia così piccolo.

La maglia rossa è sfumata a Xorret de Catì, nel giorno nella vittoria di Roglic, quando il primato è passato a Kuss
La maglia rossa è sfumata a Xorret de Catì, nel giorno nella vittoria di Roglic, quando il primato è passato a Kuss
Sei più nervoso per l’inizio della terza settimana o perché domani ci sarà l’Angliru?

La terza settimana è un bel mistero, non so come reagirà il mio corpo e quando sei leader di una squadra, devi esserlo ovviamente in ogni tappa di montagna. Se un giorno non stai bene, perdi tutto, soprattutto con il livello che c’è qui alla Vuelta.

Pensi che tutto questo alla fine si tradurrà in una buona scuola?

Sì, per ora la prima parte della Vuelta mi ha insegnato una volta di più a correre da leader in un grande Giro. Nella nostra squadra ci sono tanti giovani come me e anche loro hanno imparato ad esempio a difendere la maglia di leader. Spero che anche loro abbiano vissuto grandi emozioni come me.

Germani, la mia prima Vuelta: si continua tra salite e fatica

11.09.2023
5 min
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La seconda settimana di Vuelta è alle spalle, sei giorni di grande fatica, passando dalla cronometro al Tourmalet. Insieme a Lorenzo Germani continuiamo il diario di questo suo primo grande Giro. Dopo tanti giorni in sella la fatica si sente eccome, ma la determinazione per arrivare fino in fondo è maggiore. 

«Il giorno della crono – racconta Germani poco prima di uscire con i compagni per una sgambata – stavo malissimo. Avevo sensazioni strane, non riuscivo a stare bene in posizione, ero costantemente fuori sella. Sensazioni orribili che mi sono portato dietro per tutta la settimana praticamente».

Durante la cronometro le sensazioni peggiori per Germani: gambe vuote e fatica a stare in posizione
Durante la cronometro le sensazioni peggiori per Germani: gambe vuote e fatica a stare in posizione

Fatica accumulata

Avere una cronometro il giorno dopo quello di riposo non è mai facile, ce lo ha raccontato anche Vincenzo Nibali. Anche quando non si hanno velleità di classifica bisogna comunque spingere, perché in questo ciclismo rallentare sembra quasi proibito

«Nei due giorni dopo la cronometro – riprende Germani – avevo quella sensazione di gamba vuota. Pian piano è andata sempre meglio, ma ho vissuto con una sensazione di stanchezza generale. A questa ha contribuito anche il raffreddore che da qualche giorno condiziona me e i miei compagni. Non credo si tratti di un virus o altro, semplicemente è dovuto agli sbalzi di temperatura e alla fatica».

Per Germani le prime tappe dopo il giorno di riposo sono state difficili (foto Groupama-FDJ)
Per Germani le prime tappe dopo il giorno di riposo sono state difficili (foto Groupama-FDJ)
In squadra che si dice, i tuoi compagni hanno le tue stesse sensazioni?

Più o meno sì. I ritmi sono davvero esagerati, basti pensare che nella tappa di Laguna Negra, il giorno dopo la cronometro, abbiamo tenuto una media di 46 all’ora. Considerando anche la salita finale. 

Ritmi alti, che non permettono mai di rifiatare…

Sì, anche Lenny (Martinez, ndr) li ha sofferti. Praticamente il giorno dopo la tappa del Tourmalet tutta la squadra ha fatto gruppetto. 

Com’è andata sul Tourmalet? E’ stata la tappa che ha scombussolato la Vuelta..

Quel giorno io ho solamente pensato al tempo massimo, dovevo starci dentro e basta. E’ stata una tappa durissima, già dalla prima salita il ritmo era altissimo, tanto che molti corridori si sono staccati subito (tra cui Evenepoel, ndr).

Nella tappa del Tourmalet la testa era focalizzata sul tempo massimo, nient’altro
Nella tappa del Tourmalet la testa era focalizzata sul tempo massimo, nient’altro
C’è stata subito una partenza in salita, anche se corta.

Tosta anche quella, poi i 30 chilometri successivi di discesa sono stati fatti a blocco. La Jumbo ha deciso di fare corsa dura fin da subito ed il rischio per me era il tempo massimo. La tappa era corta, quindi non c’era troppo margine (il limite era a 37 minuti, Germani e compagni sono arrivati a 31’57”, ndr).

Com’è stato gestirsi?

La cosa che ho capito fin da subito era che non sarebbe stato utile fare un fuori giri già dalla prima salita lunga, il Col d’Aubique. L’avrei pagato con gli interessi dopo, quindi ci siamo messi al nostro ritmo, ma comunque abbiamo dovuto menare tanto. Solo sull’ultima salita abbiamo potuto gestire di più lo sforzo. Per fortuna avevo dietro l’ammiraglia, quindi potevo andare a prendere i rifornimenti quando volevo, in più ci davano indicazioni per il tempo massimo. 

Il giorno dopo però avete faticato ancora, e non poco…

Quella tappa è stata difficile per tutti, anche per Lenny Martinez. Lui sul Tourmalet aveva tenuto più di noi, arrivando a 8 minuti. La tappa successiva però non ci ha nemmeno provato, troppa fatica. 

Martinez nella tappa del Tourmalet è stato il primo corridore della Groupama-FDJ a tagliare il traguardo, a 8’25” da Vingegaard
Martinez nella tappa del Tourmalet è stato il primo corridore della Groupama-FDJ a tagliare il traguardo
Come vi siete fatti forza per arrivare al traguardo?

Io quel giorno da Lenny mi sono fatto spingere (dice ridendo ndr). Con tutte le borracce che gli ho portato un aiuto era più che dovuto. Come detto eravamo tutti nel gruppetto, c’era solo Storer in fuga, ha provato a vincere, ma ha trovato un Evenepoel esagerato.

La sua è stata una super reazione dopo il giorno a vuoto…

Da dentro abbiamo tutti detto: «Chapeau!». Reagire così non è da tutti, anzi, il giorno dopo (ieri, ndr) ci ha provato ancora. 

Cosa si dice del dominio Jumbo-Visma?

Ce lo aspettavamo, sono la squadra più forte. Forse non ci si aspettava di vedere Kuss in maglia rossa. Ma fanno davvero paura, erano il team da battere e così è, per il momento in maniera abbastanza incontrastata. 

Germani (dietro) e Martinez (davanti) sono entrambi al primo grande Giro (foto Groupama-FDJ)
Germani (dietro) e Martinez (davanti) sono entrambi al primo grande Giro (foto Groupama-FDJ)
La fatica di quest’ultima settimana si chiama Angliru, cosa ti aspetti?

Fatica, tantissima. In tappe così penso solamente ad arrivare all’imbocco della salita finale e poi sfilarmi. Per fortuna abbiamo un pacco pignoni che va dall’11 al 34 e nonostante questa scala ampia riusciamo a montare il 54-36 davanti. Se avessi dovuto montare il 52 mi sarei sentito come un allievo in mezzo ai professionisti (ride ancora, ndr). 

Da qui a fine Vuelta manca una settimana, obiettivi?

Mi piacerebbe entrare in una fuga, in questi giorni ci ho provato qualche volta, ma è tostissima. Le tappe sono state vinte solamente da grandi campioni, non c’è praticamente spazio per gli altri. Domenica ho provato ad uscire, stavo anche abbastanza bene. Dopo 10 chilometri la strada si stringeva e avevo individuato quello come punto ideale. Invece la fuga è andata via 50 chilometri dopo. Anche questa è tutta esperienza, bisogna saper attendere e muoversi al momento giusto. 

Poi Germani ci racconta del raffreddore che sta passando e di altri problemi. Verso le 11,30 lo lasciamo andare, a breve deve prendere la bici per fare una sgambata, sperando che sciolga un po’ le fatiche di queste 15 tappe.

EDITORIALE / Kuss, la Vuelta bloccata e il ruolo di Remco

11.09.2023
5 min
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Ci sarebbe stato bisogno di Evenepoel per dare a questa Vuelta una parvenza di suspence. E così adesso, pur sapendo che sia pressoché impossibile che rientri nei giochi, siamo tutti lì a chiederci se il belga potrà dare il suo contributo per rendere decisivo l’Angliru di mercoledì. Il guaio della corsa spagnola infatti, che è disegnata per non concedere spazio a vincitori improvvisati, è che tutti i più forti corrono con la stessa maglia: quella della Jumbo-Visma. Questo di fatto li neutralizza, permettendo a un ottimo corridore come Kuss di sognare in grande. E se finora il miglior risultato dell’americano era stato l’ottavo posto del 2021 alle spalle di capitan Roglic, ora la Vuelta rischia di vincerla davvero.

Anche Pogacar al Tour (Courchevel) pagò il riposo, la crono del giorno dopo e i continui scatti contro Vingegaard
Anche Pogacar al Tour (Courchevel) pagò il riposo, la crono del giorno dopo e i continui scatti contro Vingegaard

La lezione di Pogacar

Anche Tadej Pogacar, che di Tour ne ha pur vinti due, si è accorto che contro la Jumbo-Visma non è più tempo di gesti sconsiderati. I “calabroni” hanno eletto la concretezza ad arma suprema e corrono con il massimo cinismo, trangugiando estratto di barbabietola dopo ogni arrivo. Colpiscono quando serve e guidano il gruppo nel tempo che resta. Niente di troppo inedito: il Team Sky si muoveva in modo identico.

Evenepoel non l’ha ancora capito. E se nelle corse di un giorno gli riesce ancora la giocata ad effetto, nelle grandi corse a tappe continua a commettere errori da eccesso di esuberanza. Il belga una Vuelta l’ha pur vinta, quella del 2022. Però aveva davanti solo Roglic al rientro dopo la caduta del Tour, che per giunta sul più bello decise di… suicidarsi (la caduta di Tomares resta fra i misteri mai spiegati).

Questa volta invece si è trovato sulla strada un buon Vingegaard e un ottimo Roglic e non ha capito che certe cose non può (ancora) farle. In questo ciclismo dei massimi livelli, ogni azione di troppo svuota il serbatoio. Non avere accanto un campione da grandi Giri da cui imparare e sull’ammiraglia qualcuno che ne abbia guidato uno alla vittoria è una lacuna che la Soudal-Quick Step dovrebbe colmare alla svelta. Altrimenti Remco se ne va.

Attenzione: nessuno vuole imporre al belga di vincere il Tour, si diventa grandissimi anche senza. Finora ne ha parlato soltanto lui. Ma la strada è lunga e parte proprio dal capire che non è sbagliato avere dei limiti: anzi, è il punto di partenza per superarli.

Gregari extra lusso

Leggendo la classifica generale, si apre però la porta su una serie di considerazioni. La prima è che i rivali dichiarati della vigilia, da Mas ad Ayuso, passando per Almeida, Buitrago e Landa, hanno nuovamente mostrato la loro poca consistenza: ciascuno con le sue motivazioni. Ayuso ad esempio è così giovane (e come lui anche Uijtdebroeks) che sarebbe ingiusto puntare il dito: da loro ci aspettiamo che continuino a correre non in difesa delle posizioni acquisite, ma per scardinare la situazione imparando a prendersi le misure. Ayuso può ancora puntare al podio, se Kuss avrà un passaggio a vuoto. Il belga invece potrebbe voler fare meglio del compagno Vlasov e (in un duello belga) dello stesso Evenepoel.

In ogni caso, non è davvero semplice immaginare di attaccare il leader della corsa in salita, se fra i suoi gregari c’è uno che ha vinto per due volte il Tour e un altro che ha vinto il Giro d’Italia e per tre volte la Vuelta.

«Prima del via – ha spiegato Kuss – il piano era di correre per i nostri due capitani, ma ora le opzioni sono diventate tre. Le gambe sono buone, anche meglio di una settimana fa. Ogni giorno mi sento meglio, con ancora più voglia. Oggi il leader sono io, ma di noi tre, deve vincere il più forte. Ci sono ancora tappe molto difficili: io mi sento pronto per raccogliere la sfida, ma se vedo che non è possibile, ci sono Primoz e Jonas pronti a subentrare».

Vingegaard è ben contento di supportare Kuss, così pure Roglic. Fra i tre ci sono amicizia e gratitudine reciproca
Vingegaard è be contento di supportare Kuss, così oure Roglic. Fra i tre ci sono amicizia e gratitudine reciproca

Il sogno di Kuss

Il sogno di Kuss è lo stesso di tanti gregari fortissimi che in anni diversi tentarono la sorte, mettendosi in proprio. Viene da pensare a Wouter Poels e Porte che lasciarono Sky cercando fortuna per sé. Oppure ai gregari di Armstrong, da Heras a Hamilton passando per Landis. E dato che in quel caso il capo non permetteva loro di brillare di luce propria, anche loro si staccarono e si misero in proprio. Il solo che riuscì a coronare il suo sogno, rimanendo nella squadra americana, fu Heras nel 2003, che vinse la Vuelta, ma in assenza del texano.

Alla Jumbo-Visma c’è ben altro rispetto. E dato che l’americano in maglia rossa ha scortato in precedenza Roglic alla vittoria del Giro e poi Vingegaard al Tour, nonostante i due potrebbero pretendere di avere in mano la squadra, sembrano davvero contenti di concedergli la chance che, in ogni caso, Sepp si è conquistato e sta difendendo con le sue forze. Kuss ha il contratto fino al prossimo anno: lo prolungheranno subito oppure qualcuno cercherà di portarlo via?

Nibali vinse il Tour 2014 grazie a una solidità eccezionale e al coraggio di attaccare Froome
Nibali vinse il Tour 2014 grazie a una solidità eccezionale e al coraggio di attaccare Froome

La storia si ripete

Purtroppo per la Vuelta, questa gestione rischia di addormentare la corsa. Evenepoel sarebbe servito esattamente a questo, con la sfrontatezza come arma per far saltare gli schemi dello squadrone invincibile. Certi blocchi non li batti con le stesse armi: devi trovare il mondo di portarli sul terreno sudato e sporco del corpo a corpo. E Remco, quando sarà maturato e avrà l’autonomia atletica per poterlo fare, è uno dei pochi al mondo a non aver paura di provarci. Come fece Nibali sul pavé per far saltare gli schemi di Froome. Come Pantani per mandare in tilt Indurain, Ullrich e Armstrong. Prima che qualcuno trovasse il modo per toglierlo di mezzo.

Le voci del Tourmalet: il dominio Jumbo, la resa di Evenepoel

08.09.2023
6 min
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Vingegaard, Kuss e poi Roglic. Già sembra insolito che succeda alla Roubaix, figurarsi sulla cima del Tourmalet. Oggi alla Vuelta va così, con la Jumbo-Visma che domina e gioca con gli avversari. Qualcosa di mai visto, ma niente di strano, considerato il livello degli atleti in ballo. Negli ultimi due anni uno solo ha provato a contrastarli – Tadej Pogacar – che però non è alla Vuelta. E anche lui comunque negli ultimi due Tour ha dovuto chinare il capo.

L’altro grande favorito, Remco Evenepoel, è uscito di scena prima ancora che la tappa entrasse nel vivo e a pensarci bene è questa la vera notizia. Si è staccato con tutta la squadra a 90 chilometri dall’arrivo ed è arrivato dopo 27 minuti. Nei giorni scorsi la Soudal-Quick Step aveva escluso che stesse male, soprattutto dopo che era andato a casa Bagioli, vedremo che cosa verrà fuori stasera. Di sicuro doveva essere il giorno in cui scoprire le sue attitudini per le salite lunghe e stando al risultato, l’esame andrà quantomeno ripetuto. Anche per lui e i suoi 23 anni tuttavia, il livello di Vingegaard, Roglic e del sorprendente Kuss è ancora troppo alto. Ma quanto va forte Kuss, che ha fatto il Giro e anche il Tour?

A più di 90 chilometri dall’arrivo, Evenepoel alza bandiera bianca: basta guardarlo, non è giornata
A più di 90 chilometri dall’arrivo, Evenepoel alza bandiera bianca: basta guardarlo, non è giornata

Ayuso testa dura

Alle loro spalle ha provato a tenere alta la testa il solo Juan Ayuso, che di anni ne ha appena venti ed è stato il solo fra quelli del gruppetto di testa a provare una reazione. Sul traguardo c’è arrivato quarto a 38 secondi. Non abbastanza per sognare in grande, ma quanto basta per coltivare la possibilità di un piazzamento a ridosso dei marziani.

«Vanno forte davvero – dice Manuele Mori che ha seguito lo spagnolo dall’ammiraglia del UAE Team Emirtates – non c’è niente da dire, ma anche Ayuso va forte. Rischiano di far primo, secondo e terzo, anche perché Juan è rimasto uno contro tre, purtroppo. Almeida invece sta prendendo l’antibiotico, perché da due giorni non si sente bene. Da dopo la crono ha iniziato a combattere col mal di gola. Se c’era lui, per la gamba che aveva, era lì di sicuro e allora eravamo in tre contro tre. E poi al conto della sfortuna, va aggiunta la caduta di Jai Vine. Ma adesso bisognerà cercare di inventarsi qualcosa, anche se non è facile. Ayuso sta bene, due giorni fa è caduto pure lui e oggi l’ha sentita. Però è l’unico che ci ha provato, gli altri stavano passivi. Dispiace anche per Remco, non se lo aspettava nessuno. Lui poteva essere un valido alleato…».

La resa di Remco

Nei primi minuti dopo l’arrivo, il belga non ha trovato la voglia di parlare e lo si può ben capire. In ogni caso il suo carisma di leader è stato confermato dal fatto che tutti i compagni gli siano rimasti intorno, a conferma del fatto che se anche la classifica è persa, si lotterà per altri risultati. Sempre sperando che Remco non prenda la palla al balzo per lasciare la compagnia.

«Ovviamente siamo delusi – ha detto Pieter Serry – Remco ha avuto una brutta giornata, non c’è certamente nulla di cui vergognarsi. Ha vissuto una stagione fantastica, solo perché non ha reso oggi non significa che non ci riuscirà in futuro. Ha dato una spiegazione? Non proprio. Mi ha semplicemente chiesto scusa”. Cos’altro dovrebbe dire? Se non va, non va. L’intenzione ora è girare l’interruttore e provare a vincere un’altra tappa. Questa finora è sempre stata la mentalità nella nostra squadra».

«Non c’è molto da dire su questa tappa – ha aggiunto il diesse Klaas Lodewyck – è stata semplicemente una brutta giornata per Remco: non era malato né ferito. E’ un peccato, ma può succedere. Il ciclismo non è correre su un simulatore, siamo tutti esseri umani. Stasera ci siederemo tutti insieme, valuteremo cosa è successo e troveremo nuovi obiettivi per il resto della gara».

La dedica di Vingegaard

Ben altro sentire nel clan dei vincitori, con le strade francesi che restano favorevoli a Vingegaard, commosso e sfinito dopo l’arrivo. Dominati gli ultimi due Tour, il danese è venuto a prendersi una vittoria sul Tourmalet, su cui la Vuelta ha sconfinato. Questa volta però non ci sono state scene di abbracci familiari dopo l’arrivo ed è proprio lui a spiegare il perché.

«Questo è il posto migliore – ha sorriso Jonas – per la mia prima vittoria di tappa alla Vuelta. Ha reso la giornata ancora migliore. Sono così felice perché oggi è il compleanno di mia figlia e volevo vincere per lei. Sono felice, questa è una vittoria per Frida. Il nostro piano era di guadagnare tempo quando se ne fosse presentata l’opportunità e anche questo ha funzionato. E’ stato anche meglio di quanto avessimo previsto».

Uijtdebroeks quinto sul Tourmalet a 38″ da Vingegaard: ha vent’anni, un battesimo speciale
Uijtdebroeks quinto sul Tourmalet a 38″ da Vingegaard: ha vent’anni, un battesimo speciale

La grinta di Uijtdebroeks

In questa sorta di antologia di voci dal Tourmalet, non si può non sottolineare anche la prestazione di Cian Uijtdebroeks. Il giovane belga, quinto all’arrivo, ha vent’anni come Ayuso che l’ha preceduto e nel 2022 ha vinto il Tour de l’Avenir: non è sempre immediato riuscire a confermarsi a certi livelli.

«Mi sono sentito benissimo fin dall’inizio – ha detto – e sull’ultima salita è come scattato un interruttore. Non ho pensato più a niente e ho cercato di tenere duro il più possibile. Seguire Vingegaard non era possibile, sarei scoppiato. Quindi ho semplicemente provato a stare con gli altri. Quando ho ricevuto la notizia che Vingegaard e compagni avrebbero partecipato alla Vuelta, ho pensato che la classifica fosse un capitolo proibito, ma è fantastico aver potuto partecipare a questa tappa. Le gambe mi fanno male, soffro di piaghe al soprassella, ma la testa sta benissimo. E’ un processo di apprendimento fantastico».

Cuore, muscoli e cervello: questo Ganna non si batte

05.09.2023
6 min
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Forse è semplicemente un fatto di stile o la differenza fra un campione e un personaggio. Sta di fatto che quando Ganna perse per 12 secondi il mondiale di Stirling, ammise di aver dato tutto e rese così merito a Evenepoel campione del mondo. Invece nella crono di Valladolid, che nel pomeriggio ha visto la vittoria del piemontese per 16 secondi sul belga, Remco ha ammesso che la vittoria è stata meritata, ma ha aggiunto di non aver fatto la crono migliore. Come se per lui l’unica opzione possibile sia la vittoria…

Evenepoel può essere soddisfatto per quanto riguarda la classifica, ma la sconfitta gli brucia molto
Evenepoel può essere soddisfatto per iquanto riguarda la classifica, ma la sconfitta gli brucia molto

Bigham aveva capito

Filippo Ganna ha vinto la crono di Valladolid, coprendo i 25,8 chilometri in 27’39” alla media di 55,986, quasi in tabella con il record dell’Ora. Seduto sulla hot seat, Pippo ha vissuto l’arrivo di Evenepoel con tutta la tensione del caso e quando il campione del mondo ha tagliato il traguardo, il gesto di asciugarsi il sudore dalla fronte ha confermato il suo stato d’animo.

Alla partenza, fra gli uomini dello staff Ineos Grenadiers c’era anche Daniel Bigham, precedente titolare dell’Ora, che dal piemontese è stato battuto nella finale iridata dell’inseguimento ai mondiali di Glasgow. E proprio scambiando qualche battuta con i giornalisti, proprio Bigham si è subito detto sicuro della vittoria dell’italiano.

«E’ stata la crono perfetta per me – ha detto Ganna dopo aver avuto la certezza del successo – veloce e con un ottimo asfalto. Dopo il Giro, il mio sogno è stato quello di venire qui e vincere. Però finiti i mondiali non ero certo che la squadra mi volesse, ma io ero determinato a correre la Vuelta accanto a Thomas, dopo essermi ritirato dal Giro. Restano due settimane e probabilmente sarà difficile lottare per una buona classifica (il gallese al momento è 21° a 13’05”, ndr), ma faremo del nostro meglio per puntare a vincere una tappa».

Una piccola rivincita

Il giro dei microfoni con la transenne davanti consente di cogliere le tante sfumature nella curiosità dei colleghi e nelle risposte del vincitore, che passa dall’italiano all’inglese con il piglio di chi alle interviste flash c’è ormai abituato.

«Il campionato del mondo è una cosa – dice Ganna – oggi un’altra. Credo che Remco abbia sprecato un po’ di più rispetto a me durante questi nove giorni. Negli arrivi in salita, io sono riuscito a risparmiare e ad arrivare alla crono con più gamba, in ogni caso oggi ho avuto una piccola rivincita dopo tanti secondi posti. Riuscire a vincere è un momento di gioia sia per me che per il team. Dà tanto morale anche in vista delle prossime due settimane, che saranno molto dure. Speriamo ora di poter dare un valore aggiunto ai compagni e che le motivazione aiutino a trovare una buona gamba, magari per entrare in una fuga».

Nove giorni orribili

Evenepoel si consola con la classifica generale, che però lo ha visto guadagnare meno di quanto forse si aspettasse. Appena 20 i secondi presi a Roglic contro i 48 dello scorso anno, a conferma che forse lo sloveno del 2022 fosse arrivato in Spagna ancora con gli acciacchi del Tour.

«I primi nove giorni – prosegue Ganna – sono stati dannatamente orribili. Per le tante cadute, abbiamo perso due compagni (De Plus e Arnensman, ndr) e non è stato bello, ma ora speriamo di poter essere fortunati e provare a tornare in gioco. Penso che sicuramente siamo motivati. Ieri ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: “Okay ragazzi, la prima parte è andata. Ora pensiamo alle prossime due settimane”.

«Il duello con Remco è stato incredibile, a un livello altissimo. Ho sofferto molto sulla hot seat per l’attesa, ma alla fine è arrivata finalmente la vittoria. E’ un risultato che fa bene al morale, anche se ovviamente lui è un grande cronoman, ogni anno mi costringe a migliorare e oggi penso di aver fatto il massimo di sempre».

Kuss ha corso la prima crono da leader e si è difeso bene: 13° a 1’29” ora in classifica guida con 26″ su Soler
Kuss ha corso la prima crono da leader e si è difeso bene: 13° a 1’29” ora in classifica guida con 26″ su Soler

Il massimo possibile

La Vuelta riparte domani con l’arrivo in salita a La Laguna Negra-Vinuesa e di sicuro Sepp Kuss sarà chiamato a un’altra difesa, mentre forse Evenepoel correrà di rimessa per assorbire le fatiche di oggi. Noi ci godiamo gli ultimi scampoli della vittoria azzurra, in una crono che ha visto primo il nostro gigante, secondo il campione del mondo e terzo il campione olimpico. In fondo, Remco avrebbe fatto più figura togliendosi il cappello.

«Adesso voglio prendermi cura della squadra – sorride Ganna – perché abbiamo lottato molto per arrivare qui in buona forma e con buone gambe. Speriamo che ora possa cambiare qualcosa e possiamo iniziare ad avere fortuna. La sensazione delle gambe non è stata super, ma alla fine il tempo e la velocità sono stati abbastanza buoni. Abbiamo lavorato molto per non commettere il minimo errore, più di questo non potevo fare».

EDITORIALE / Vuelta, un altro giorno su cui riflettere

04.09.2023
4 min
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Era veramente impraticabile l’arrivo di ieri alla Vuelta? Ed è possibile che la decisione sia stata presa sulla base delle immagini social e televisive, senza che un ispettore di percorso e un giudice fossero sul posto per verificare?

In questo ciclismo che va così forte, sembra che alcune componenti siano ancora troppo lente, portando il ridicolo fino ai vertici più alti dello sport. Al Giro d’Italia si decise di moncare la tappa di Crans Montana sulla base di richieste non documentate, non mostrando le foto in possesso a chi aveva il compito di vigilare sul percorso. Al Giro Next Gen alcuni video su Instagram provocarono la squalifica dei corridori attaccati alle ammiraglie, mentre la Giuria aveva già omologato l’arrivo. Così anche questa volta si è neutralizzato il finale senza che un organo ufficiale del ciclismo internazionale si sia preso la briga di andare a verificare. E questo non va bene. Anche perché i corridori della Vuelta hanno poi proseguito fino al traguardo senza alcun problema. L’espressione di Kuss nella foto di apertura denota stupore: forse neppure il leader della Vuelta ha capito il perché della decisione.

Sulla stessa base sarebbe stata azzerata forse la tappa vinta da Quintana sul Terminillo nel 2015 e si sarebbero messe in discussione anche le Tre Cime di Nibali nel 2013. Non vogliamo dire che i corridori debbano andare al martirio e correre in qualunque condizione, ma pretendiamo scelte adottate su basi oggettive.

Così la strada alcune ore prima dell’arrivo. Nonostante la pulizia, la corsa è stata neutralizzata (immagini cyclinguptodate)
Così la strada alcune ore prima dell’arrivo. Nonostante la pulizia, la corsa è stata neutralizzata (immagini cyclinguptodate)

Social, la giuria parallela?

In questo caso non si tratta neppure di avere un protocollo per le condizioni avverse unificato e indeformabile, si tratta di portare nelle organizzazioni e in chi le sovrintende lo stesso professionismo che si pretende negli atleti e nei gruppi sportivi. Invece continuiamo a vedere percorsi disegnati senza apparenti criteri tecnici (come la cronosquadre di questa Vuelta) e decisioni prese per non doverne discutere dopo l’arrivo, come se chi è chiamato a prenderle abbia sul collo il fiato di rivendicazioni che non è sicuro di poter sostenere. Come se nella scuola il preside togliesse di mezzo le materie più spinose, per non subire le lamentele di alunni e genitori. E anche questo non va bene.

L’organizzatore ha il diritto di proporre il percorso e il dovere di disegnarlo secondo i criteri tecnici previsti dai regolamenti dell’UCI. L’UCI a sua volta ha l’obbligo di verificarlo. Può capitare che condizioni imprevedibili rendano il percorso impraticabile, ma la decisione di cambiarlo richiede ben altra presenza sul terreno. Altro che social…

La presenza di fango sull’asfalto interessava solo l’ultima rampa. Era davvero impossibile arrivare?
La presenza di fango sull’asfalto interessava solo l’ultima rampa. Era davvero impossibile arrivare?

UCI inadeguata o pigra?

La settimana scorsa, Salvatore Puccio fu purtroppo portatore di una profezia infausta, parlando di regolamenti, di chi dovrebbe prendere le decisioni e delle conseguenze drammatiche di gestioni troppo disinvolte.

Al via della Vuelta, a causa della pioggia e delle troppe curve della crono di Barcellona, De Plus è finito all’ospedale con l’anca fratturata. Quel percorso era sbagliato e la pioggia lo ha teso pericoloso. L’arrivo di ieri era davvero impraticabile? Kamna, Sobrero e i primi otto dell’ordine di arrivo lo hanno affrontato senza problemi, gli altri hanno concluso la corsa in anticipo. Sin dalla vigilia, l’ultimo chilometro (solo quello) appariva invaso dal fango, ma al momento del passaggio della corsa, la strada era pulita. Secondo alcuni, il problema riguardava anche il breve tratto di discesa prima dell’ultimo strappo: scivoloso, secondo Evenepoel, che ha ben accolto la neutralizzazione degli ultimi 2 chilometri. Un punto di vista piuttosto prevedibile il suo, considerando che nell’ultimo chilometro al 12 per cento, il belga avrebbe dovuto difendersi da altri attacchi di Roglic.

Quel che stona è il criterio attraverso il quale si è deciso di modificare il finale. L’UCI drena milioni di euro a tutti gli organizzatori, forse sarebbe il caso che destinasse maggiori risorse per gestire simili situazioni. Non si può accontentare tutti, ma non è improvvisando o chinando ogni volta il capo che si rende il ciclismo più affascinante.