Con Kreuziger nel regno di Buitrago: dove potrà arrivare?

16.02.2025
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Santiago Buitrago ha iniziato la stagione nel migliore dei modi, anzi nel modo “giustissimo”: due vittorie di tappa e la classifica generale della Volta a la Comunitat Valenciana. Un inizio che pone l’atleta della Bahrain-Victorious sotto i riflettori e alimenta le aspettative. A 26 anni, il colombiano si avvicina al momento della maturità psicofisica: potrebbe essere lui a guidare la schiera degli outsider dietro ai super fenomeni Pogacar, Evenepoel e Vingegaard?

Per capirlo meglio, ne abbiamo parlato con Roman Kreuziger, direttore sportivo della Bahrain-Victorious, che segue Buitrago da quattro anni ed era con lui in ammiraglia durante la corsa spagnola. Margini di crescita, programmi, lavoro… Ecco cosa ci ha detto il tecnico dalla sua Repubblica Ceca in una mattina mentre fuori da casa sua c’erano 6 gradi sotto zero e nevicava. Il momento giusto per rallentare un po’ e riordinare i pensieri.

Buitrago (classe 1999) quest’inverno è rimasto a lungo in Colombia e poi è volato quasi subito sul Teide (foto @bahrainvictorious)
Buitrago (classe 1999) quest’inverno è rimasto a lungo in Colombia e poi è volato quasi subito sul Teide (foto @bahrainvictorious)
Roman, vi aspettavate un Buitrago così competitivo già alla prima corsa?

Sì, perché gli abbiamo lasciato un po’ di libertà a dicembre: non è venuto in ritiro con noi, è rimasto in Colombia nel suo ambiente. A gennaio è stato con la squadra solo per una settimana prima di salire subito su Teide. Santiago è cresciuto molto negli ultimi anni, ha preso responsabilità, anche se da fuori non sembra un leader, ormai lo è. Ora non ha più timore di chiedere le cose e questo è un segnale importante.

Ma poi servono anche le gambe e lui le aveva…

Seguivo i suoi allenamenti e vedevo che era pronto: faceva numeri importanti per essere la prima parte di stagione. Alla Valenciana, inoltre, c’era un contesto stimolante: si è trovato a correre con il nuovo arrivato Lenny Martinez e con un veterano come Pello Bilbao. Quando tre corridori del genere mettono il numero sulla schiena, vogliono sempre fare bene.

Possiamo immaginare…

La corsa è stata anche un test per noi, per capire come avrebbero comunicato e funzionato insieme. Penso che meglio di così non potesse andare. Lenny Martinez magari è rimasto un po’ deluso dal non essere salito sul podio, ma questa competizione interna fa bene. E dà stimolo anche ad Antonio Tiberi, che si unirà al gruppo all’Algarve.

Alla Valenciana per Buitrago due vittorie di tappa e la generale, davanti ad atleti top quali Almeida
Alla Valenciana per Buitrago due vittorie di tappa e la generale, davanti ad atleti top quali Almeida
In cosa vedi che Buitrago è cresciuto rispetto agli anni scorsi?

Fisicamente sta continuando a migliorare, ma il suo vero vantaggio è che non essendo stato un leader da giovane, sta crescendo piano piano, imparando anno dopo anno. La sua fiducia nelle proprie capacità aumenta costantemente e anche come persona sta maturando. Prima era più timido, ora invece, quando si sente bene, non esita a chiamare i compagni alla radio, a tenerseli più vicini durante la corsa. Anche nei meeting pre-gara chiede più cose. Questo è fondamentale, perché un leader deve motivare tutto il gruppo attorno a sé.

Anche quest’anno Buitrago farà il Tour invece del Giro. Come affronta questa sfida? E cosa possiamo attenderci?

Già lo scorso anno ha fatto un primo assaggio del Tour, correndo Parigi-Nizza e poi il Delfinato prima di prendere il via alla Grande Boucle. Ha chiuso il Tour nella top 10, un risultato eccellente per la sua prima esperienza. Quest’anno ripeteremo un programma simile proprio per vedere dove è arrivato, però senza mettergli pressione. I corridori se la mettono già da soli. Lui ha capito che il Tour è una corsa stressante, ma gli piace e voleva tornarci. Questo è un segnale positivo.

E dove può arrivare? Il gap con Pogacar e Vingegaard è colmabile?

Di certo gli avversari non dormono, quindi sarà importante valutare il livello generale nelle prossime gare. La prima vera verifica sarà alla Parigi-Nizza e questa dirà moltissimo su dove siamo e sul resto della stagione. Poi affronterà le Ardenne e il Delfinato. Per ora pensiamo passo dopo passo. Il Tour è una corsa particolare: non è solo una gara a tappe, sono 21 storie diverse, ogni giorno è una sfida a sé. La chiave sarà mantenere la concentrazione e fidarsi dei compagni. Sono sicuro che con lui saremo in lotta per fare belle cose.

Santiago sempre più leader del team. Anche in virtù dei suoi risultati la squadra crede in lui
Santiago sempre più leader del team. Anche in virtù dei suoi risultati la squadra crede in lui
State lavorando anche sulla cronometro?

Santi a cronometro si difende bene. Il Tour di quest’anno ha una crono piatta, non è corta ma neanche lunghissima, e arriva abbastanza presto, quindi non penso che sarà un problema così grande per lui. La seconda crono, invece, potrebbe essere a suo favore perché è una cronoscalata. Sarà complicata, inserita in un blocco con le tappe dei Pirenei, quindi molto dipenderà da chi avrà più energie in quel momento. In ogni caso, sulla crono non sono preoccupato. Certo, non è Tiberi, che può lottare per il podio in una prova contro il tempo, ma tra gli scalatori del Tour può sicuramente essere della partita.

Torniamo un po’ alla domanda precedente: Buitrago è pronto a guidare la schiera degli outsider?

Sì, ma il Tour è una corsa speciale. Non basta dire che è una corsa a tappe: è una sfida continua, tutti i giorni. E non si tratta neanche di una sfida da soli. Santiago, come dicevo, ha iniziato a fidarsi dei compagni e penso che avremo una bella squadra per supportarlo e metterlo nelle giuste condizioni. La Valenciana è stata un primo step fondamentale per la sua fiducia.

A proposito di squadra, con chi ha legato di più?

Molto con Zambanaini, anche alla Valenciana ha diviso la camera con lui, ma Edoardo ama correre in Italia, quindi per la Francia non sarà inserito. Un riferimento importante per Santiago è Jack Haig, atleta che ha già fatto podio alla Vuelta e sa lavorare bene per la squadra. Già lo scorso anno al Tour Santi si è fidato molto di lui, che gli ha salvato diverse giornate difficili. Ma per quest’anno il resto della squadra ha già capito il valore di Santiago e penso che tutti saranno più convinti nel lavorare attorno a lui.

Erzen su Martinez: già sogna in grande (e in giallo)

27.12.2024
4 min
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Lenny Martinez, giovane promessa del ciclismo francese, la scorsa estate ha scelto di lasciare la Groupama-FDJ per approdare alla Bahrain-Victorious a partire dal 2025. Una decisione che rappresenta una svolta cruciale per il ventenne scalatore, reduce da una stagione impegnativa. Ma una decisione che segna un bel cambio di passo anche per la nuova squadra.

Il team guidato da Milan Erzen, infatti, ha grandi ambizioni per lui, desiderando trasformarlo nel miglior ciclista francese della sua generazione. E ha anche la voglia di tornare il super team che fu nel 2023.

Il contratto di Lenny con la Bahrain entra ufficialmente in vigore il 1° gennaio, e prima di quella data non potrà parlare, ma Martinez sembra già focalizzato su obiettivi ambiziosi, in primis il Tour de France. Tanto più che anche la Bahrain vuole questo.

Milan Erzen, patron della Bahrain-Victorious
Milan Erzen, patron della Bahrain-Victorious

Parla Erzen

Milan Erzen, team principal della Bahrain-Victorious, recentemente ha espresso grande fiducia nel talento di Lenny Martinez, dichiarando che l’obiettivo sia «renderlo il miglior corridore francese di questa decade».

«Abbiamo scelto Lenny quando era ancora junior – ha detto Erzen – riconoscendo le sue potenzialità per le corse a tappe. Nonostante il focus principale non sia necessariamente la conquista del Tour de France, almeno per ora, il suo programma includerà appuntamenti chiave come la Parigi-Nizza e il Delfinato, oltre ad alcune classiche».

La squadra punta su una strategia condivisa con Martinez: Lenny infatti condividerà il ruolo di leader con Santiago Buitrago. I due dovrebbero fare un calendario parallelo e questo dovrebbe permettere ad entrambi di gestire meglio la pressione.

«Sul Tour è più importante vincere due tappe che finire decimo in classifica generale», ha aggiunto Erzen, ribadendo l’importanza di un approccio misurato per Martinez. Sa bene che non può chiedergli obiettivi oggettivamente fuori portata, almeno per adesso.

Il francese aveva interrotto la stagione a fine settembre per una caduta: ma da qualche settimana sta già spingendo forte (foto Instagram)
Il francese aveva interrotto la stagione a fine settembre per una caduta: ma da qualche settimana sta già spingendo forte (foto Instagram)

La posta in palio…

Il giovane scalatore è già mentalmente proiettato verso la nuova stagione. Dopo un debutto complesso al Tour de France, dove questa estate ha vissuto alti e bassi, ma ha mostrato sprazzi di talento, Martinez ha dichiarato di aver imparato molto da questa esperienza. «Non ero in forma al Tour, ma ora so cosa mi aspetta nelle prossime edizioni – aveva detto dopo la Vuelta – e anche per questo quest’inverno mi allenerò tantissimo».

La sua scelta di lasciare la Groupama-FDJ è stata motivata dalla voglia di crescere in un ambiente internazionale che punta sui giovani talenti. In tempi non sospetti dichiarò di aver lasciato la squadra che lo aveva cresciuto per non avere rimpianti, cosa che segnò la rottura definitiva con patron Marc Madiot, e aggiunse anche che aveva avuto rassicurazione sul fatto che sarebbe stato un leader. Tutti aspetti che sono la prova della determinazione, ma che davvero come dicevamo lo metteranno di fronte al più grande bivio della sua carriera: campione o buon buon corridore.

Insomma, Lenny Martinez si gioca tanto e lo sa bene.

Se davvero Martinez e la Bahrain vorranno vincere il Tour nei prossimo anni, saranno chiamati a fare un grande lavoro anche a crono
Se davvero Martinez e la Bahrain vorranno vincere il Tour nei prossimo anni, saranno chiamati a fare un grande lavoro anche a crono

Fiducia in Lenny

Anche Miguel Martinez, padre di Lenny e leggenda del ciclismo, ha avuto un ruolo fondamentale nella scelta del figlio di trasferirsi alla Bahrain-Victorious. Convinto che questo cambio fosse necessario per la sua crescita, Miguel ha spinto affinché Lenny lasciasse la Groupama-FDJ per un team che gli offrisse maggiori opportunità (e uno stipendio decisamente più corposo).

Ma di fonte a tutto ciò patron Erzen, non si è scalfinto di una virgola, anzi… ha rilanciato mostrando grande fiducia nel “progetto Martinez”.

«La presenza di un ambiente stimolante può fare la differenza – ha detto Milan – Martinez ha bisogno di una squadra che lo sostenga e che lo aiuti a esprimere il suo potenziale al massimo. Crediamo molo in lui».

Buitrago, i brividi addosso a un passo dal sogno

14.06.2024
6 min
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Ieri la squadra lo ha raggiunto ad Andorra. Così Santiago Buitrago ha lasciato casa ed è salito a quota 2.300, ancora 200 metri sotto il suo paese in Colombia, ma abbastanza per rifinire la preparazione in vista del primo Tour. Quando era bambino, il colombiano fece un disegno con il podio del Tour 2022: è ancora sopra all’armadio nella sua cameretta. Era il grande sogno, cui arriva con due anni di ritardo. La sua non è una famiglia colombiana come altre, in cui si corre per rabbia o per fame. Santiago corre per amore della bici, con i piedi per terra e la lucidità che serve per essere professionista in ogni ambito. Nel frattempo ha vinto due tappe al Giro e al recente Delfinato si è mosso vicino ai più forti. Cosa si prova quando un sogno sta per realizzarsi?

«E’ una cosa speciale – dice – ho lasciato il mio Paese con la voglia di fare bene una cosa grande, il mio sogno. Vedi la tua famiglia e le persone vicine a te che si emozionano nel sapere che vai a fare il primo Tour, sapendo tutto quello che hai fatto per arrivare fino a quell’obiettivo. Sono partito veramente motivato. Normalmente a casa può essere difficile stare concentrato su un solo obiettivo, però avendo davanti agli occhi il Tour de France, ti svegli ogni mattina per fare il meglio possibile».

Ultima tappa del Delfinato, Buitrago arriva 5° dietro De Plus a 35″ da Rodriguez
Ultima tappa del Delfinato, Buitrago arriva 5° dietro De Plus a 35″ da Rodriguez
La condizione c’è, al Delfinato sei stato spesso insieme ai più forti…

E’ andato abbastanza bene. Peccato per un giorno, il primo di montagna, che mi sono bloccato. Invece sono contento delle ultime due tappe e della crono in cui sono migliorato tanto. Avevo qualche dubbio…

Perché?

Non correvo dalla Liegi e in Colombia mi era venuto male a un ginocchio. Sono stato a casa a lungo e dopo tanto tempo in altura, nella prima gara rischi di non trovarti bene. Non si può mai sapere. Però sapevo che i numeri erano buoni e che la preparazione era quella giusta. Sono andato in Francia pensando di entrare nei primi cinque. Speravo di non perdere tanto nella crono e lottare per la vittoria. Invece sono saltato in un giorno di montagna e questo un po’ mi disturba…

Hai chiuso undicesimo, come pure al Giro dei Paesi Baschi: che differenze ci sono?

Al Delfinato è andata meglio, perché in salita sono rimasto con i migliori. Ero più convinto di andare bene, mentre ai Paese Baschi venivo della caduta alla Parigi-Nizza. Con tutte le scivolate che si sono viste, avevo paura di andare in gruppo e di fare le discese. Poi c’è stata la tappa in cui sono caduti Vingegaard e gli altri e la corsa di colpo è stata tutta aperta. Non si sapeva chi potesse vincerla…

Il primo Tour: che effetto fa?

Per me questo è un sogno, lo è già solo essere nella lista della squadra. Sarà il primo Tour, per cui l’obiettivo è farlo al meglio possibile. Farlo nella maniera più corretta e professionale, con la convinzione di arrivarci al 100 per cento. Farlo bene vuol dire che sei fra i migliori al mondo. Riuscire a vincere in mezzo a tanti uomini forti sarebbe importantissimo e solo pensarci mi fa emozionare tanto.

Alcuni dei più forti li hai visti da vicino al Delfinato, almeno Roglic, Evenepoel, Rodriguez…

In realtà non ho sentito una differenza così abissale, di uno che attaccava e poi non lo vedevi fino all’arrivo. Mi è piaciuta come gara perché eravamo tutti lì, nelle stesse condizioni, con pochi secondi di differenza. Per vincere partivano all’ultimo chilometro. L’ultimo giorno, Roglic e Ciccone sono saltati. Jorgenson è andato fortissimo, però non è ho visto tanta differenza. Okay, nella crono Remco è stato inavvicinabile. Non sono partito con l’idea di poter prendere due minuti, però poi ho visto che in montagna ha sofferto. Va bene, mancavano Pogacar e Vingegaard, ma voglio pensare che non siano troppo lontani…

In gruppo cosa si dice di Vingegaard?

Se ne parla, si ragiona di come potrebbe arrivare al Tour. Ce ne sono tanti che dicono che arriverà al 100 per cento, altri secondo cui salterà nel primo giorno di montagna. Io penso che lui arriverà a un livello top, non lo so se al 100 per cento, però arriverà bene. Magari non sarà il miglior Vingegaard di sempre, ma sarà forte abbastanza per dare battaglia.

Hai parlato della crono, è qualcosa su cui avete lavorato tanto?

La squadra si impegna tanto a migliorare nella crono. Si lavora tanto con Alé per l’abbigliamento e con Rudy Project per i caschi. Con Merida e Vision per bici e ruote. Quest’anno tutti gli sponsor hanno fatto tanti investimenti per migliorare e abbiamo lavorato davvero bene. C’è stato davvero un salto di qualità. Penso che si possa ancora crescere, però fino ad ora sono contento per il miglioramento che abbiamo avuto.

Però Santiago resta un scalatore…

Sì, la natura è la natura, anche il cuore è il cuore. Santiago Buitrago non sarà mai un cronoman, sono e resto uno scalatore. Quello mi piace tanto di più.

Il ginocchio sta bene?

Adesso sì, in Colombia ho lavorato tanto con il fisioterapista e sono venuto in Europa guarito al 100 per cento.

Foto dalla Colombia su Instagram: una “arepita” (una focaccia) e poi si riparte (foto Pipe Cano)
Foto dalla Colombia su Instagram: una “arepita” (una focaccia) e poi si riparte (foto Pipe Cano)
Come sei stato accolto in Colombia, sapendo che farai il Tour?

Ogni volta che torno a casa, vedo più gente che va in bici. Ci sono più tifosi, ma il momento è un po’ complicato. Il colombiano si era abituato a vedere Egan Bernal vincere il Tour, Nairo Quintana lottare per il podio, Uran e Chaves. Adesso non siamo a quei livelli, però abbiamo un numero più alto di corridori che fanno dei bei risultati, mentre prima erano solo due o tre. Siamo tanti e facciamo bene. A me è piaciuto come ha corso Rubio al Giro d’Italia e anche lo stesso Dani Martinez. Penso che piano piano ci stiamo riprendendo la strada. Ed è bello quando sei in Colombia, con tutti questi tifosi che urlano il tuo nome.

Qual è il primo Tour di cui hai memoria?

Forse quello del 2009, vinto da Contador. E’ il primo che ho visto in televisione, avevo 10 anni. Contador per me è stato per tanti anni un modello, per un bambino che sogna di diventare uno scalatore e di vincere il Tour, capisci? Perciò ci vediamo a Firenze fra un paio di settimane. Ormai il Tour arriva per davvero…

Ed è subito Remco. Altro che dubbi…

05.06.2024
5 min
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La cronometro del Delfinato ha messo subito in chiaro una cosa: Remco Evenepoel è tornato ed anche bene. A Neulise, il campione del mondo, è stato autore di una prova di grande spessore. E non solo per la vittoria, ma anche per come e quando è venuta questa vittoria.

Il come: non ha dominato a mani basse sin dal primo metro, come gli capita la maggior parte delle volte, ma se l’è dovuta sudare anche sul filo dei nervi contro Joshua Tarling. Il quando: questo era il primo vero grande test dopo l’incidente dei Paesi Baschi.

Ora Remco è leder con 33″ su Roglic, 1’04” su Jorgenson e 1’11” su Gee, maglia gialla prima della crono
Ora Remco è leder con 33″ su Roglic, 1’04” su Jorgenson e 1’11” su Gee, maglia gialla prima della crono

Parola a Velo

Con Marco Velo, tecnico delle cronometro della Federciclismo, abbiamo rivisto la gara contro il tempo del Delfinato. E lo abbiamo fatto anche in chiave olimpica, in chiave Filippo Ganna, tanto per non girarci intorno.

«Come ho visto Remco? Forte, molto forte. Che lo fosse non avevo dubbi, che dopo l’incidente fosse già a questo livello un po’ meno. Questa cosa non mi lascia tanto sereno! Ha battuto un ottimo Tarling. Che dire… si sapeva. Inutile girarci troppo attorno, i nomi per Parigi sono soprattutto questi tre: Remco, Tarling e Pippo. Sono loro che si andranno a giocare l’oro e le medaglie».

«Il percorso di oggi al Delfinato riprende abbastanza quello di Parigi. Forse era un po’ più duro nella seconda metà (nella parte più veloce Tarling è stato un filo più rapido di Remco, ndr). Questo ci dice che se la giocheranno sino all’ultimo. Ma credo anche che Pippo abbia la testa per arrivare al meglio a Parigi. Dieci giorni fa erano gli altri che lo guardavano al Giro, adesso li ha guardati lui e sicuramente avrà detto: ma quanto vanno forte!».

Per Velo resta importante il test del tricolore, soprattutto per analizzare poi wattaggi, efficienza e velocità in chiave olimpica. E anche le sensazioni…

E a proposito di sensazioni: se Remco ha continuato a dire che in posizione da crono la scapola gli faceva male, Velo ha esaltato la sua stabilità: «Mi è parso molto solido in generale e anche più composto del solito. Neanche sembrava che stesso spingendo poi così tanto. E si è confermato essere molto, molto aerodinamico», segno dunque che stava bene. «Speriamo stia già troppo bene!».

Non per smentire Velo, ma Remco stesso dopo l’arrivo ha detto di non essere ancora al top. «Ma – ha detto il belga – è andata meglio del previsto. E’ stata dura contro Tarling, specie quando ho saputo che al secondo intermedio ero ancora dietro. Ma questa vittoria è stata davvero un bel segnale».

L’adattamento di Roglic con i nuovi materiali sembra ottimale
L’adattamento di Roglic con i nuovi materiali sembra ottimale

Bravo Primoz

L’altra “notizia” di giornata, ma in chiave Tour de France stavolta è Primoz Roglic. Terzo a 39” da Remco, ma migliore tra i grandi della classifica generale. Non che Evenepoel non sia da annoverare tra i pretendenti alla maglia gialla, ma in tal senso dà meno garanzie di Vingegaard, Pogacar e Roglic stesso.

«In effetti – riprende Velo – Roglic ha fatto una buona crono. E’ pur sempre il campione olimpico di specialità, anche se va detto che quella di Tokyo era una crono particolare, molto dura con i suoi 650-700 metri di dislivello. Mi è piaciuta la sua gestione dello sforzo, si vede che ha esperienza e attitudine a questo tipo di prove. Di certo dopo questa crono prenderà confidenza, sotto tutti i punti di vista».

«Roglic si è portato dietro dalla Visma la cadenza. Era molto agile, sulle 100 o più rpm. Ha fatto tesoro di quelle conoscenze apprese nel vecchio team. Mi sembra si stia avvicinando al Roglic migliore e non è poco alla sua età (34 anni, ndr).

«Prima di tutto – ha ironizzato Roglic – sono rimasto sulla bici! Non sono caduto… Sono ancora in crescita, ma fare questi sforzi per me è importantissimo. In allenamento non riesco a spingermi a questo limiti. Crono bene dunque, ora vediamo le montagne».

L’esempio di Buitrago

Grandi note non ci sono dal Delfinato. E’ emerso il grande limite di certi team per questa disciplina nonostante atleti con ottime gambe, si legga Groupama-Fdj che sommando le prestazioni di Gregoire e Gaudu hanno incassato oltre 6′.

Ancora una volta è emersa la perfezione, sottolineata anche da Velo, della posizione e dei materiali della Visma-Lease a Bike, con un super Matteo Jorgenson. Una posizione del tutto moderna. Schiena piatta, “cascone” aerodinamico e praticamente chiusura totale tra mani e casco. Il tutto con un elevatissima agilità.

E poi c’è Santiago Buitrago. Il colombiano ha incassato 2′ tondi tondi da Remco, ma è senza dubbio il più scalatore. Si è visto che ha lavorato su questa disciplina. «Ed è importante farlo anche se non sei uno specialista», ha sottolineato Velo (ripensiamo per esempio ai due leader della Groupama-Fdj).

«Santiago quando sta bene è capace di fare belle prestazioni anche a corno e questo mi fa piacere. Penso ai nostri ragazzi e penso alle crono lunghe che sono state inserite in queste gare tra Giro, Delfinato… che sia la volta buona? Che si capisca una volta per tutte che questa disciplina è importantissima se vuoi fare bene anche nelle corse a tappe? E lo devono capire le società dei giovani… non i pro’.

«Domenica scorsa ero ad assistere alla crono organizzata dal Pedale Romanengo. C’erano tantissimi ragazzini, allievi e juniores, e anche under 23. Mi ha fatto molto, molto piacere vedere quel fermento e la voglia di migliorarsi anche se non si è degli specialisti come Buitrago».

Buitrago: è il momento giusto per il primo Tour de France?

10.02.2024
5 min
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La lunga rincorsa di Santiago Buitrago alla stagione 2024 ha trovato il suo trampolino di lancio: la Volta a la Comunitat Valenciana. In Spagna il giovane colombiano si è messo subito in mostra con delle ottime prestazioni. Al termine delle cinque tappe previste si è aggiudicato la maglia bianca di miglior giovane e il secondo posto in classifica generale, alle spalle di McNulty

Al seguito dei ragazzi della Bahrain Victorious, in ammiraglia, c’era Roman Kreuziger. Il diesse ha visto da vicino l’evoluzione di Buitrago e ha potuto toccare con mano il suo stato di forma. Ne è rimasto piacevolmente sorpreso, vero, ma il cammino è lungo e la stagione non finisce certo a febbraio.

Il giovane colombiano ha lottato gomito a gomito con Vlasov (alle sue spalle) e McNulty (maglia UAE)
Il giovane colombiano ha lottato gomito a gomito con Vlasov (alle sue spalle) e McNulty (maglia UAE)

Crescita stabile

Mentre si parla di Buitrago e iniziamo a fare le prime domande Kreuziger ci dice di essere in partenza per Gran Canaria. Un viaggio per rilassarsi e godersi un attimo la famiglia, prima di entrare nel vortice delle gare. Anche se, come ci dice lui stesso, la vita del diesse è 365 giorni all’anno e 24 ore al giorno

«Vero che vado con la famiglia – racconta mentre sbriga le ultime faccende prima di partire – ma a Gran Canaria ci sono anche dei corridori. Quindi mi toccherà fare dei dietro scooter, ve l’ho detto, non si stacca mai.

«E’ il terzo anno che lavoro con “Santi” (Buitrago, ndr) – ci incalza subito – e lo vedo crescere stagione dopo stagione. Sono convinto che di questa generazione di colombiani lui sia il migliore al momento. Buitrago cresce stabilmente, questo inverno l’ho visto più maturo e consapevole, è una persona diversa. Penso sia il giusto anno per raccogliere dei risultati».

Buitrago ha vinto la classifica di miglior giovane alla Valenciana
Buitrago ha vinto la classifica di miglior giovane alla Valenciana
Come lo hai visto ai vari ritiri?

A dicembre non lo abbiamo visto, è rimasto ad allenarsi a casa, in accordo con la squadra. Però quando è arrivato al ritiro di gennaio si vedeva che stava bene. In bici aveva una pedalata fluida, piena. La Valenciana (corsa che ha aperto la stagione, ndr) era il piano B. Solo che Bilbao non stava bene e allora abbiamo preferito preservarlo. 

Buitrago però ha fatto vedere ottime cose…

Conosciamo le sue caratteristiche, avevamo ipotizzato potesse rimanere con i migliori. A mio avviso McNulty e Vlasov (rispettivamente primo e terzo nella generale, ndr) sono i corridori più competitivi al momento. Il fatto che Buitrago sia rimasto con loro vuol dire che ha fatto un inverno sereno e che ha lavorato bene. C’è da dire che la UAE e la Bora non erano nel loro migliore assetto, ci sarà da aspettare corse più dure come Tirreno e Parigi-Nizza. 

Quelle potrebbero essere un bel banco di prova.

Buitrago ha in programma di andare a fare la Parigi-Nizza. Prima passerà da Andalucia, poi dalla Parigi-Nizza e infine da Ardenne e Baschi. Le classiche delle Ardenne sono un suo primo obiettivo, nel 2023 è andato alla Liegi e si è piazzato terzo. Così quest’anno ha voluto provare a fare Freccia e Liegi curandole fin da subito.

A detta di Kreuziger, Buitrago è il miglior ciclista colombiano della sua generazione
A detta di Kreuziger, Buitrago è il miglior ciclista colombiano della sua generazione
Il grande focus della stagione quale sarà?

Ha sempre avuto il sogno di mettersi alla prova al Tour de France, così quest’anno potrebbe provare a puntarci. Sarebbe anche la nostra ultima occasione per conquistare la maglia bianca con lui. Il 2024 può essere l’anno giusto, ha fatto dei grandi passi in avanti e può arrivare al Tour competitivo. Dopo si avranno le idee più chiare. Sarà tutto diverso rispetto al Giro e alla Vuelta, dove ha già corso. La Grande Boucle è stressante, tanto. Ci sono molte più cadute e bisogna farsi trovare sempre pronti. 

Lui può essere pronto?

Deve fare dei passi in avanti sulle corse a tappe, deve imparare a rimanere più concentrato e stare più vicino ai compagni. In un momento difficile avere qualcuno accanto può essere fondamentale per non perdere troppo tempo. E’ un ragazzo che tende a rilassarsi facilmente, ma se non si mette alla prova mai saprà dove deve migliorare ancora. 

La Bahrain festeggia la vittoria di Mohoric, ottenuta alla seconda tappa
La Bahrain festeggia la vittoria di Mohoric, ottenuta alla seconda tappa
A livello di prestazioni, invece?

Pochi vanno forte come lui in salita, i suoi valori sono molto alti. E’ sicuramente uno degli scalatori più forti che c’è in gruppo. Se impara anche a posizionarsi bene quando è in gara risparmia quella giusta dose di energia che può fargli fare la differenza. 

La maglia bianca sarà quindi un obiettivo?

Con l’uscita di Pogacar da questa classifica si aprono delle chance. Vero che al Tour ci sarà anche Evenepoel, quindi la lotta è comunque serrata. Non è il nostro obiettivo principale, noi andremmo, nel caso, lì con “Santi” per capire come si trova e se è una corsa adatta a lui. Noi abbiamo una squadra forte, però non siamo un team con un leader unico, ma contiamo su tanti corridori competitivi: Bilbao, Caruso, Tiberi e anche Buitrago. 

Buitrago nel 2023 alla sua seconda Liegi è arrivato terzo alle spalle di Evenepoel e Pidcock
Buitrago nel 2023 alla sua seconda Liegi è arrivato terzo alle spalle di Evenepoel e Pidcock
Affianchereste a Buitrago un corridore di esperienza?

A me piacerebbe che Caruso uscisse bene dal Giro, così magari lo convinciamo a fare il Tour. Primo perché ha vinto almeno una tappa al Giro e alla Vuelta, gli manca solo il Tour de France. E in seconda battuta, la sua presenza potrebbe essere molto utile a Buitrago. 

Come procederà la sua rincorsa al Tour?

Dopo Parigi-Nizza, Baschi e Ardenne torna a casa in Colombia e riposerà. Si allenerà un po’ a casa, tornerà in Europa per fare un ritiro con la squadra e infine passerà dal Delfinato. 

Buitrago e il padrino Bernal: una storia nata da lontano

01.01.2024
5 min
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BOGOTA’ (Colombia) – La scena è da film d’azione, ma in realtà la trama di questo “film” parla di buoni sentimenti e di una passione condivisa che si trasforma in una vita speciale, desiderata. Una vita che da sogno impossibile trasmuta in realtà solida e libro aperto ancora appena alle prime pagine, insomma tutto da scrivere. Così quando nel bel mezzo della visita al Museo dell’Oro di Bogotà sullo schermo del telefonino di Santiago Buitrago appare la scritta “Padrino”, sai già che non c’è da preoccuparsi. Non lo si può definire in maniera migliore se non “padrino”: una persona che da piccolo ti supporta, abbraccia e aiuta a crescere sportivamente come fosse un secondo padre.

La figura del “asesor” in Colombia è normale, tipica, ricorrente in tutti gli sport. Un uomo, normalmente benestante, molto probabilmente ex ciclista lui stesso, di sicuro un benefattore, che individua la passione prima, poi il talento di un giovane sportivo con mezzi economici limitati. Da quel momento lo assiste in ogni esigenza, affiancando la famiglia, fin quando questi non diventa adulto e possibilmente campione.

Questa è la storia di Carlos Bernal, medico nefrologo sessantenne titolare di alcune cliniche private in Colombia, ed il piccolo, oramai diventato campione, Santiago Buitrago, corridore del Team Bahrain Victorious.

Il viaggio nell’entroterra di Bogotà è un rituale fra Buitrago e Bernal: quest’anno con due testimoni dall’Italia
Il viaggio nell’entroterra di Bogotà è un rituale fra Buitrago e Bernal: quest’anno con due testimoni dall’Italia

Un bambino di 11 anni

Quando Francisco Rodriguez, terzo nella Vuelta 1985 vinta da Pedro Delgado, avvicinò Carlos, suo vecchio compagno di allenamenti, per raccontargli che aveva visto un bambino speciale in una gara giovanile, a Carlos si drizzarono subito le orecchie. Carlos stesso era stato un ciclista dilettante nella Colombia degli anni ’80, arrivato alle soglie del professionismo, con un sogno mai realizzato in prima persona, ma col desiderio di realizzarlo nella sua seconda parte di vita. Era un medico laureato che poteva darsi da fare per aiutare qualcun altro lì dove lui non era riuscito ad arrivare. Quel bambino aveva appena 11-12 anni e in effetti, racconta oggi Carlos, a prima vista fu quasi un colpo di fulmine sportivo.

Santiago Buitrago in formato mini era sveglio, sapeva correre nelle posizioni avanzate del gruppo, sapeva scattare in salita, sapeva vincere in sprint ristretti. Ma soprattutto aveva occhi vispi che illuminavano un visino tondo color cioccolato contornato da  un caschetto di capelli scuri, come quelli dei cartoni animati. Gambette cicciotte ma potenti, una agilità innata, un colpo di pedale sicuramente speciale. Ma gli mancava tutto il resto: un paio di scarpe adeguate, una bici accettabile al posto del catorcio usato fino a quel momento, una divisa da ciclista vero. Tutto quello che Carlos stava aspettando da tempo di realizzare, al momento giusto, con il campioncino giusto, con la famiglia giusta disposta ad accettare la sua mano tesa.

Carlos Bernal ha tenuto a battesimo Buitrago sin da quando aveva 11 anni
Carlos Bernal ha tenuto a battesimo Buitrago sin da quando aveva 11 anni

L’asesor e il campione

E così nell’estate del 2011 inizia l’amicizia inseparabile tra Carlos e Santiago, l’asesor ed il campione, così come era stato qualche anno prima per Pablo Mazuera con Egan Bernal. Iniziava la storia dei lunghi viaggi in Suv per le montagne colombiane di Carlos Bernal (nessuna parentela con Egan) insieme a Santiago Buitrago. Loro due, una bici, l’acqua, qualche banana per il rifornimento e una borsa sportiva con scarpette, salopette, asciugamano, casco e occhiali e tanti sogni da realizzare.

Un sodalizio così forte da generare qualche gelosia e tensione anche nella famiglia Buitrago, specialmente quando Carlos nel 2019 aveva fatto di tutto per spedire in Europa, in Toscana, tra le braccia di Francesco Ghiarè ed il suo Team Cinelli un giovane ed inesperto under 23 al secondo anno di categoria. Dopo quattro gare aveva collezionato già una top 10, ma anche tre ricoveri in ospedale per tre cadute disastrose.

Al Giro del Friuli 2019 in maglia Cinelli, Buitrago con Quartucci, oggi pro’ alla Corratec (foto Instagram)
Al Giro del Friuli 2019 in maglia Cinelli, Buitrago con Quartucci, oggi pro’ alla Corratec (foto Instagram)

Emergenza in Italia

Don Gustavo Bernal aveva convocato a casa propria Carlos per inchiodarlo difronte alle sue responsabilità, ora che il figlio era in difficoltà. Un volo aereo Bogotà-Roma d’emergenza risultava troppo costoso per le tasche della famiglia di origine. Santiago aveva perduto conoscenza per una notte nel letto d’ospedale e i genitori erano troppo inquieti per lasciarlo solo in Italia in quelle condizioni.

Allora Carlos si era subito messo in moto per partire ed andare a riprenderlo per riportarlo in patria, quando Santiago dall’altra parte della cornetta, dall’altro capo dell’Oceano Atlantico lo aveva scongiurato di non farlo. Voleva provarci una volta ancora, tutto sarebbe andato per il verso giusto, lui le sue chance se le voleva giocare tutte, costasse quel che costasse, anche contro la volontà della famiglia. E Santiago aveva avuto ragione, così tanta ragione che a ricordarlo oggi Santi e Carlos ancora si guardano negli occhi e sorridono, felici di avercela fatta insieme, felici di ripercorrere quei giorni nel viaggio annuale che insieme da allora si regalano ogni dicembre.

Dopo la scalata all’Alto de Letras, un po’ di ristoro in piscina. Carlos Bernal è il primo da sinistra. A destra Esteban Guerrero, corridore di 23 anni
Dopo l’Alto de Letras, un po’ di ristoro in piscina. Carlos Bernal è il primo da sinistra. A destra Esteban Guerrero, corridore di 23 anni

Il viaggio a dicembre

Una tradizione, restando per giorni nelle montagne colombiane in Van e bicicletta, per parlare delle loro vite, per pianificare la stagione successiva, per mangiare, ridere e pedalare lontani dallo stress. Come fossero ancora un medico giovane ed un ragazzino alle prime armi, pieni di entusiasmo e passione condivisa per il ciclismo.

Perché il mondo intorno può cambiare, diventare veloce e stressante, ma il loro mondo sospeso tra Bogotà e l’Alto de Letras rimarrà sempre lo stesso, degno della trama di un film d’azione che si è saputo col tempo trasformare in pellicola. Vi si parla di buoni sentimenti e di una passione condivisa che si trasforma in una vita speciale: quella del ciclista professionista campione.

Colombia, due di noi alla conquista dell’Alto de Letras

24.12.2023
5 min
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ALTO DE LETRAS (Colombia) – Un mostro. Da qualsiasi punto la si voglia guardare, la strada che in 81 chilometri da quota 460 metri di Mariquita nel dipartimento del Tolima in Colombia porta ai 3.677 metri della cima Alto de Letras, sulle alture colombiane verso la provincia di Caldas, è un mostro. 

Un mostro di fatica. «El ciclismo es sufrimiento-alimento», sussurra tra le labbra mentre pedala don Hector Gustavo Buitrago, papà di Santiago, ciclista pro’ del team Bahrain-Victorious. Ansima ma gode con l’anima salendo verso la vetta, perché la fatica è alimento per l’anima.

Bellezza da vivere

Un mostro di bellezza, perché il paesaggio che scorgi quaggiù sotto i precipizi lussureggianti di verde è di una meravigliosa e selvatica bellezza. Sensazioni ancestrali amplificate dai rumori dei contadini che falciano, battono la zappa sulla terra, richiamano con fischi le greggi al pascolo. Tutto è speciale, con la sensazione di essere immerso in un mondo antico: un piccolo mondo antico come quello dell’opera di Antonio Fogazzaro, fatto di cose essenziali, semplici, naturali e vere.

Come l’immagine dei 12 ragazzini in sella alla propria bici rimediata – mtb, da passeggio, da strada – ma soprattutto di notte alle 22,30 che ti vengono incontro appena esci dall’aeroporto di Bogotà, in periferia, per una scorribanda di maschi e femmine che magari altrove, pensiamo a casa nostra, sarebbe stata virtuale. Ognuno a casa propria, davanti al cellulare, in poltrona, senza sudore, senza vigore, senza calorie, senza vita.

“Regolare…“

Alto de Letras, un mostro da 3.337 kcal bruciate, in 4 ore e 50 minuti di scalata a 16,8 km/h con una pendenza media del 4 per cento. Ogni tanto, mentre sali, a interrompere il ritmo ci pensano delle piccole discese spezza gambe a totalizzare 1.200metri di dislivello negativo che non aiuta, ma al contrario spezza il ritmo. Tre ore e tre minuti è il record di scalata, il KOM di Didier Chaparro che nel 2018 è salito a 26 di media in gara. Quattro ore 4 minuti il tempo di Santiago Buitrago in allenamento che su Strava intitola la sua attività come “Regolare” (alla faccia…). In realtà era partito insieme all’autore dell’articolo, fianco a fianco, anzi a ruota per i primi 20 chilometri a 270 watt medi, prima di esplodere dentro l’abitato di Fresno il primo paesino incontrato a quota 1.500 metri.

Poi altri 20 chilometri di fatica con Maurizio Fondriest, altro campione mai domo a 58 anni fino ai 2.100 metri di Padua (insomma la nostra Padova, che in Italia non è esattamente in salita). Infine ultimi 40 chilometri da solo, passando per Delgaditas a quota 2.600 metri, ultimo paesino fatto di 12 case e tre botteghe che vendono bevande e caramelle in alta quota ai meno 20 dalla vetta.

Per corpo e anima

Un mostro infine di mancanza di ossigeno, una saturazione da ricovero ospedaliero (81 contro 99 di Spo2), mentre in realtà non sei in corsia, ma su una strada ben asfaltata. Infinita, mentre guardi all’insù e sei solo sui pedali che spingi ma non vai, come un motore con il filtro bloccato ove passa la benzina ma non brucia. Due borracce con dentro carboidrati, quasi un litro di Coca Cola, tre barrette, tre gel, un pacchetto di vermicelli gommosi allo zucchero: acqua santa per arrivare in cima ancora abbastanza cosciente da essere felice.

Ed in cima il ristoro con Acqua Panela (acqua calda addolcita da succo di canna da zucchero) e “pane” di mais chiamato “Arepa”. Tutto molto semplice, tutto molto nutriente, per il corpo e per l’anima. Come essenziale e umana è la scorta degli “Sherpa Gregari de Letras”, un’agenzia di guide in moto che il ciclista Juan Camilo Sierra si è inventato per dare un servizio di conforto con abbigliamento pesante, acqua e cibo ai ciclisti che decidono di affrontare la sfida, ma vogliono un minimo di assistenza e più che altro sicurezza di non morire dal freddo in cima. Sì perché a Mariquita in partenza alle dieci del mattino l’aria è umida e calda, fino ai 38 gradi al sole, per poi farsi sempre più sottile e fredda in vetta, coperta da nubi e con 12 gradi.

La promessa

Aria fredda così rigida che l’abbraccio forte e complice con Santiago (il “colpevole” della sfida per la scalata) e Maurizio Fondriest risulta essere caldo e accogliente. E c’è già una nuova sfida pronta che passerà per le strade del Tour de France stavolta: se succede qualcosa di importante si tornerà tutti e tre insieme a festeggiare sull’Alto de Letras. Perché il ciclismo è sfida e condivisione, ma soprattutto come sentenzia don Gustavo: «Es sufrimiento – alimento».

Buitrago fiuta il Tour: senza Pogacar, la “bianca” fa gola

22.11.2023
7 min
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A Bogotà oggi piove, ma ci sono 25 gradi. Buitrago è in città per passare qualche giorno in famiglia, di ritorno dal Giro de Rigo, la cicloturistica organizzata da Uran che ha visto al via anche Wout Van Aert. A breve però farà ritorno a La Ceja, regione di Antioquia, dove vive e si allena. Dice che quando esce non ha bisogno della scorta, ma un suo amico lo segue sempre con la moto, per tenergli gli indumenti e i rifornimenti. Il vincitore delle Tre Cime di Lavaredo trascorrerà l’inverno in Colombia e farà ritorno in Europa per il ritiro di gennaio. La voce arriva chiara, l’umore appare ottimo.

«Non avevo mai visto tanta gente tutta insieme – racconta – è stato un evento grandissimo. C’erano quasi seimila persone in bicicletta, una cosa bellissima. Tutti fan di ciclismo, di Rigo e dei campioni che c’erano. Ogni volta che torno in Colombia, mi rendo conto di quanto sia popolare questo sport. La gente si ricorda il nome, ti riconosce dalla maglia della squadra. Se ti fermi a prendere un caffè, vengono a farsi la foto. E’ bello perché quando ero piccolo lo facevo anche io. Andavo da Rigo oppure se capitava di incontrare Nairo. E adesso trovo bellissimo che lo chiedano a me. Non vorrà mica dire che sto diventando vecchio? ».

Domenica scorsa, Buitrago ha partecipato con altri 6.000 ciclisti al Giro de Rigo. Alla sua ruota, Van Aert e Uran
Domenica scorsa, Buitrago ha partecipato con altri 6.000 ciclisti al Giro de Rigo. Alla sua ruota, Van Aert e Uran

Il 2023 da incorniciare

Scoppia a ridere. Due chiacchiere sul Tour Colombia 2.1 che torna il prossimo anno e se la Bahrain Victorious non ci sarà, gli piacerebbe farlo con la nazionale. E poi il discorso va sulla stagione di questo ragazzo di 24 anni, che nel 2023 è arrivato terzo al Saudi Tour e poi alla Ruta del Sol. Terzo anche alla Liegi e poi primo alle Tre Cime al Giro d’Italia, dopo la vittoria del 2022 a Lavarone. La squadra se lo tiene stretto, con un contratto fino al 2026. E lui intanto cresce, sorride e sogna in grande.

«Questa stagione – dice – è stata più di quanto mi aspettassi. Volevo fare tante corse. Puntavo a fare classifica al Giro, non è andato come mi aspettavo, però ho vinto una tappa e fatto una buona classifica. Ho fatto la Vuelta di Spagna e anche qualche podio di tappa e questo per me è stato fantastico. Forse però il podio che non mi aspettavo è stato quello della Liegi. Praticamente sono arrivato in Belgio il sabato al mattino dal Tour of the Alps. Ero ancora stanco, non è stato semplice, per questo non mi aspettavo di andare così. Eppure alla fine la Liegi mi è piaciuta tantissimo. E’ una delle classiche che vedevo in tivù quando ero bambino e penso che un domani potrei anche lottare per vincerla, dato che sul podio ci sono già arrivato».

Lavarone meglio di Lavaredo

Numeri da scalatore: un metro e 74 per 59 chili, Buitrago è uno di quelli da cui ti aspetti il volo sulle grandi montagne. E il volo il colombiano l’ha spiccato il 25 maggio fra Longarone e le Tre Cime di Lavaredo, rimanendo allo scoperto per 126 dei 183 chilometri della tappa. Allo stesso modo, l’anno prima era stato in fuga per 158 chilometri verso Lavarone e aveva alzato le braccia al cielo per la sua prima vittoria al Giro d’Italia.

«Sono due storie diverse – racconta riflettendo – perché la vittoria dello scorso anno è arrivata nel momento giusto. Due giorni prima a Cogne avevo fatto secondo dietro Ciccone e per me era stato un duro colpo. Per cui vincere il martedì, andando in fuga con Van der Poel e anche Ciccone, è una vittoria che ricorderò per sempre. Le Tre Cime di Lavaredo sono molto famose per gli europei, ma io sono colombiano, per me non hanno un significato particolare. Ugualmente è stata una vittoria importante, perché il mio Giro non stava andando troppo bene, per cui vincere quella tappa è stato importante. Ma nel mio cuore viene prima quella dello scorso anno».

Ottavo sull’Angliru alla Vuelta, Buitrago nel finale ha staccato Mas e anche Ayuso
Ottavo sull’Angliru alla Vuelta, Buitrago nel finale ha staccato Mas e anche Ayuso

Il ciclismo colombiano

Nel ciclismo colombiano che ha perso lungo la strada i grossi nomi, per limiti di età e vicende di varia natura, Buitrago è forse il più promettente e soprattutto concreto. Lui lo sa, forse gli piace sentirselo dire, ma resta con i piedi per terra. Nel 2023 ha anche concluso la Vuelta piazzandosi al decimo posto, dopo che nel 2022 se ne era andato dalla Spagna dopo appena 10 tappe.

«Sono contento di come sta andando la mia carriera – dice – ogni anno vado più forte. Ogni anno rimango più a lungo e per più tappe con i migliori e questo mi piace tantissimo. All’inizio provavo a seguire il gruppo e mi staccavo, adesso sono capace di rimanere con i primi 10 di classifica e posso lottare per vincere la tappa. C’è una bella differenza. Intanto il ciclismo colombiano sta attraversando un momento opaco. Non siamo tanti nel WorldTour, rispetto a due anni fa. Per i nostri tifosi è brutto, perché negli anni scorsi abbiamo vinto il Tour de France, il Giro d’Italia e la Vuelta. Vincevamo praticamente tutto, mentre adesso sono arrivato gli sloveni, i danesi, i tedeschi, gente che dieci anni fa quasi non c’era. Insomma, è un periodo in cui vanno più forte gli altri e noi dobbiamo lavorare per riprenderci». 

Alla Vuelta per Buitrago la visita della compagna Tatiana, anche lei colombiana
Alla Vuelta per Buitrago la visita della compagna Tatiana, anche lei colombiana

Il progetto Tour

E così adesso è arrivato il momento di alzare l’asticella e in casa Bahrain Victorious probabilmente potrebbero anche scegliere di accontentarlo. I programmi sono in fase di scrittura proprio in questi giorni e saranno finalizzati durante il ritiro di dicembre ad Altea. Ma dato che Buitrago non sarà della partita, con lui i contatti sono già in fase più avanzata.

«Qualche giorno fa – spiega –  mi hanno chiamato dalla squadra per chiedermi che tipo di gare volessi fare nel 2024. E allora non ci ho girato troppo attorno e gli ho detto che mi piacerebbe andare al Tour. Avrò 25 anni, ho fatto il Giro e la Vuelta e in Francia finalmente si potrà lottare nuovamente per la maglia bianca, dato che Pogacar finalmente è diventato di un anno più grande. Credo che sia arrivato il momento. Al Giro dello scorso anno sono stato secondo nella classifica dei giovani, dietro “Juanpe” Lopez. Quest’anno sono arrivato sesto e poi alla Vuelta sono stato quarto. Voglio vedere come si corre al Tour».

Questa la foto sull’Alto de Letras che ha spinto Fondriest a lanciare la scommessa a Buitrago
Questa la foto sull’Alto de Letras che ha spinto Fondriest a lanciare la scommessa a Buitrago

La scommessa con Fondriest

L’ultima parola è per parlare di una battuta fatta lo scorso inverno da Maurizio Fondriest, il suo procuratore. Cominciò tutto da una sua foto pubblicata su Instagram, in cui era ritratto sulla cima dell’Alto de Letras, una salita vicino Manizales, che sale di quasi 3.700 metri per la distanza… mostruosa di 81 chilometri. Una di quelle scalate sudamericane che richiedono un giorno intero e che si fanno raramente e spesso quasi solo per sommessa.

«Infatti è stata proprio una scommessa – ridacchia -perché un giorno dissi a Maurizio che qui in Colombia c’è questa salita così lunga. Non è tutta costante, ci sono dei tratti in cui spiana, c’è anche una piccola discesa, però di base la strada sale sempre. E lui rispose che gli sarebbe piaciuto farla e sarebbe venuto al primo risultato positivo che avessi fatto. Magari un’altra tappa al Giro, avremmo deciso poi. E così quando ho fatto il podio della Liegi, mi ha chiamato e mi ha detto: “Mi sa che dovrò andare in Colombia per fare quella salita”. E dopo la tappa delle Tre Cime, ha preso la decisione e verrà giù a dicembre, si sta organizzando. Non è una salita che faccio spesso, è lontana da Bogotà e da Antioquia. Ho tantissime strade per allenarmi. Tornerò in Europa a gennaio, però magari una foto di Maurizio sull’Alto de Letras provo a mandarvela…».

Gambe e tattica, Buitrago succede a Nibali

26.05.2023
5 min
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TRE CIME DI LAVAREDO – La vittoria di Santiago Buitrago sotto le Tre Cime probabilmente è figlia della delusione di ieri. In Valle di Zoldo il colombiano della Bahrain-Victorious avrebbe voluto fare meglio. Molto meglio. Quella era una delle frazioni che aveva cerchiato in rosso.

Ma il Giro d’Italia è così. Un giorno stai bene e uno paghi. Succede agli uomini di classifica, figuriamoci ad un ragazzo di neanche 24 anni.

Questa mattina quando la fuga è andata, lui era sempre guardingo. Non si era mai mosso prima. Poi sono state la gambe e le prime pendenze dolomitiche a mettere in chiaro le cose. A quel punto la Ineos-Grenadiers ha lasciato fare e “Santi” si è potuto mettere comodo.

Spesso il colombiano è stato “messo in mezzo”: gli oneri di chi è il più forte. Usare una buona tattica è stato vitale
Spesso il colombiano è stato “messo in mezzo”: gli oneri di chi è il più forte. Usare una buona tattica è stato vitale

Una fuga difficile

Comodo per modo di dire. La sua esuberanza poteva essere il rivale numero uno. E anche i compagni di fuga, avversari insidiosi.

Per tutta la tappa il suo direttore Franco Pellizotti gli ha dovuto dire di non perdere mai di vista la testa della corsa, che poteva essere pericoloso, ma anche di non tirare sempre lui. Cosa non scontata, quasi un ruolo che ti casca addosso quando chi è in fuga con te sa che sei il più forte.

Gestire la fuga di oggi non è stato semplice dunque per Buitrago e anche per la sua squadra. Proprio perché era il più forte, molti facevano affidamento su di lui per l’impulso della fuga. E questa cosa in corsa i suoi compagni di attacco gliel’hanno fatta pesare.

«Tanti corridori – ha detto Buitrago – mi hanno detto che dovevo tirare io perché ero quello più vicino in classifica. Ma io volevo giocarmi diversamente le mie carte. E poi pensavo alla tappa. Volevano che chiudessi sempre io e per questo non volevo una gara aperta. Avrei dovuto fare tanti scatti».

«Ma in questo Pellizotti mi ha aiutato molto. Soprattutto nel finale, quando Gee ha attaccato prima della spianata, mi ha detto di stare tranquillo. Io però lo vedevo. Era lì a trenta metri. Franco mi ha detto di non scattare. Solo ai 1.500 metri mi ha detto di dare tutto. E così ho fatto». 

Nibali ha premiato Buitrago. Lo Squalo aveva vinto quassù 10 anni fa, quando Santi aveva appena 13 anni e sognava di diventare un pro’
Nibali ha premiato Buitrago. Lo Squalo aveva vinto quassù 10 anni fa, quando Santi aveva appena 13 anni e sognava di diventare un pro’

Nel ricordo di Nibali

«Vincere sulle Tre Cime, una delle salite più importanti di questo Giro, per di più da solo, è stata una vera emozione. Mi ricordavo quando aveva vinto Nibali quassù, con la neve. Io ero un bambino e oggi mi ha premiato lui. Alle sue spalle c’erano tanti colombiani: Betancur, Uran, Duarte».

In sala stampa, dalla mascherina che Rcs Sport ha imposto dopo i tanti casi di Covid, di Buitrago si scorgono solo gli occhi. E come spesso accade nei colombiani lo sguardo è sempre velato da un filo di nostalgia.

«Il sacrifico più grande per me è stare lontano dalla mia famiglia – spiega Santi – perché è vero che ad Andorra, dove vivo quando sono in Europa, ho molti amici, ma non è la stessa cosa che stare a casa. Sono qui da gennaio. Non è facile.

«Oggi però sono contento, perché il mio Giro sin qui era stato un po’ grigio». 

Pellizzotti sfinito

Franco Pellizzotti completa il giro attorno al Rifugio Auronzo e va a parcheggiare la sua ammiraglia, un anello obbligato che fa incolonnare le auto già per il ritorno a valle a fine tappa. E’ lui che ha seguito ogni metro di Buitrago. 

«Sono sfinito – racconta Pellizotti – in pratica mi sono diviso fra Buitrago in testa e Milan in coda al gruppo. Oggi per Jonathan era molto dura». Ma certo a dominare è il sorriso. 

«La vittoria di Santi? Alla grande. Si è preso la tappa più bella di questo Giro. Quando lo affiancavo gli dicevo di gestirsi, perché io conosco molto bene questa scalata e so che sono tre chilometri e mezzo terribili. Interminabili.

«Gli ho detto di prendere Gee come punto di riferimento, ma non di chiudere subito su di lui. Ed è stato bravissimo ad eseguire il tutto».

Buitrago (classe 1999) conquista la tappa delle Tre Cime. La dedica è per la famiglia. «E per tutti coloro che sanno dei miei sacrifici»
Buitrago (classe 1999) conquista la tappa delle Tre Cime. La dedica è per la famiglia. «E per tutti coloro che sanno dei miei sacrifici»

Classifica in futuro?

Ieri Buitrago è rimasto fuori dalla fuga ed era deluso. Oggi si è voluto rifare. «Ieri era più teso – confida Pellizzotti – oggi più tranquillo. Sapeva di avere una buona condizione. Dopo la vittoria dell’anno scorso a Lavarone ci aspettavamo, e soprattutto lui si aspettava, di ripetersi e oggi ha vinto una tappa splendida. Perché qua vincono in pochi».

«Mentre per la classifica abbiamo voluto testarci. Santiago è un ragazzo giovane, non dobbiamo guardare gli altri giovani che vanno già forte, lui deve crescere… e sta crescendo. Noi non gli mettiamo pressione. Lo aspettiamo… basta che ci creda lui».

«La classifica – replica Buitrago – arriverà quando imparerò a gestire le tre settimane, quando saprò andare forte a crono e in pianura… Ma un giorno arriverà qual momento».