Gestione del sonno: il protocollo della Fci per abbattere il jet-lag

17.09.2022
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Con Laura Martinelli ieri abbiamo parlato di alimentazione per il lungo viaggio verso l’Australia, oggi con Diego Bragato, del settore performance della Federazione, parliamo invece del sonno, della sua particolare gestione in relazione all’ampio fuso orario che ci separa da Wollongong: siamo otto ore indietro. Quando lì sono le 18 da noi sono le 10, per fare un esempio.

Bragato ci dice subito che non hanno lasciato nulla al caso e che su questo aspetto lavoravano già da un po’. Già, lavoravano, al plurale. Perché si è trattato di un vero gioco di squadra composto da lui come coordinatore, ma anche dal dottor Roberto Corsetti e Josè Luiz Dantas, responsabile scientifico della Fci.

Diego Bragato con le ragazze juniores ai recenti mondali di categoria in pista (foto Instagram)
Diego Bragato con le ragazze juniores ai recenti mondali di categoria in pista (foto Instagram)
Diego, ci avete lavorato dunque sul fuso orario…

E’ stato un bel lavoro di squadra. E’ emerso ciò che Roberto Amadio (team manager delle squadre nazionali della Fci, ndr), ha voluto: una struttura come questa con staff e ruoli ben definiti. In questo modo io ho potuto seguire i ragazzi e le ragazze nei tanti impegni estivi: europei under 23, Giochi del Mediterraneo, europei elite… Riguardo all’Australia, volevamo dare ai ragazzi le giuste info sul fuso orario.

Raccontaci come è andata…

Dantas e Corsetti hanno creato un decalogo-diario con le informazioni necessarie per i ragazzi. Un decalogo che riguardava i comportamenti da assumere cinque giorni prima del via e cinque dopo l’arrivo in Australia. E una sorta di diario su cui appuntare le sensazioni e quanto fatto quattro giorni prima del via e tre giorni dopo l’arrivo. Una volta messo a punto tutto ciò, Dantas e Corsetti hanno riferito a tutti i commissari tecnici in un incontro su Zoom. A loro volta i cittì hanno parlato con i ragazzi.

E cosa diceva questo decalogo?

Dava dei consigli su come gestire principalmente il sonno in vista della trasferta. Quindi anticipare l’orario del sonno, vale a dire andare a letto prima. Di fare molta attenzione soprattutto dopo le 18, divenute le 16 a ridosso della partenza. Di prestare attenzione alla luce. Bisognava infatti “far capire” al corpo che era sera. Dovevano poi anticipare la cena. E da due giorni prima del volo dovevano anticipare notevolmente la sveglia, esponendosi velocemente alla luce una volta svegli così da dare un certo imput al fisico e stimolare subito gli ormoni. 

In conferenza stampa le atlete hanno ringraziato la Fci per averle fatte arrivare in Australia con un buon anticipo (foto Instagram)
In conferenza stampa le atlete hanno ringraziato la Fci per averle fatte arrivare in Australia con un buon anticipo (foto Instagram)
Un lavoro certosino…

In più Corsetti ha informato i ragazzi su come gestire la melatonina e la caffeina. Non dovevano esporsi alle luci blu di smartphone e tablet mezz’ora prima di andare a dormire. E poi le indicazioni sul viaggio: fare piccoli esercizi di stretching, camminare durante gli scali, la pulizia in volo…

Pulizia in volo?

Siamo pur sempre con lo spettro del Covid, quindi Corsetti spiegava ai ragazzi come igienizzare il tavolinetto su cui mangiavano, per esempio, le mani, cosa toccare in aeroporto. L’attenzione è massima.

E il sonno vero e proprio, sempre durante la fase del viaggio?

E’ stato detto loro di allinearsi sugli orari australiani al momento della partenza. E se dormivano fuori orario, anche una volta arrivati, dovevano fare dei pisolini non più lunghi di 30′. Un altro aspetto che non abbiamo trascurato è stato quello del bere. Sin dai giorni prima abbiamo detto agli atleti di bere di più, acqua chiaramente, perché spesso quando si è in uno stato confusionale e si è in viaggio ci si scorda di idratarsi. Ed essere oltre che stanchi anche disidratati è ancora peggio.

C’è un orario migliore per prendere il feeling con i nuovi orari?

Sono stati favoriti coloro che sono atterrati in Australia per l’ora di cena e magari erano già un po’ stanchi. 

Il protocollo del sonno messo appunto dalla Fci prevede di bere molto, in volo e non solo…
Il protocollo del sonno messo appunto dalla Fci prevede di bere molto, in volo e non solo…
La domanda può sembrare banale: ma perché è così importante adeguarsi subito al fuso orario? Anche ieri in conferenza stampa i ragazzi hanno sottolineato più volte l’aspetto del jet-lag…

Il nostro corpo si basa sulle abitudini e così anche le prestazioni. Pertanto è necessario riprendere quanto prima le proprie abitudini. Bisogna adeguare quanto prima i cicli, quello ormonale e quello circadiano, ai nuovi orari, perché appunto influiscono sulla prestazione. E’ fondamentale.

I ragazzi come li hai visti di fronte a tutto ciò?

Erano interessati. Soprattutto gli juniores. Ero in pista con loro per degli allenamenti e abbiamo ripassato il tutto, facevano domande. E poi va detto che con quattro scaglioni di partenze e con le ragazze impegnate alla Vuelta non era semplice per loro seguire tutto ciò e soprattutto applicarlo. In generale li ho visti partecipi e concentrati e soprattutto contenti di questo supporto da parte della Federazione.

Viviani ablazione 2021

Ablazione, come mai tanti interventi? Risponde il dottore…

14.09.2021
5 min
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Le parole di Marco Marcato risuonano ancora nella testa. Il corridore del Uae Team Emirates ha avuto ben due casi di fibrillazione atriale in questa stagione, curata attraverso l’ablazione. Il caso di Viviani a inizio stagione è il più famoso del 2021 (nella foto di apertura con l’equipe medica che l’ha operato). I risultati ottenuti dal veronese sono la migliore risposta come esito dell’intervento. Per Diego Ulissi il caso era più complicato e la ripresa più lenta. E’ chiaro che, con più indizi, è necessario capirci qualcosa di più.

Il tema è delicato e per sbrogliare la matassa il nostro Virgilio è proprio il dottor Roberto Corsetti, più volte da noi interpellato, specialista in cardiologia e medicina dello sport, attualmente Direttore Sanitario del Centro Medico B&B di Imola ma con un passato quasi trentennale nel mondo del ciclismo. Il punto di partenza in questo viaggio all’interno del cuore è capire il suo funzionamento.

Marcato Alps 2021
Marco Marcato, alla sua ultima stagione, contraddistinta da due episodi di tachicardia parossistica in allenamento
Marcato Alps 2021
Marco Marcato, alla sua ultima stagione, contraddistinta da due episodi di tachicardia parossistica in allenamento

L’importanza del ritmo armonico

«Per affrontare il tema delle aritmie è bene partire dal quadro normale ossia dalla condizione di normalità. Il battito cardiaco è stimolato dal nodo seno-atriale che è un piccolo nucleo di cellule all’interno dell’atrio destro. Va ricordato che il cuore è diviso in atrio destro e sinistro nella parte superiore e ventricolo destro e sinistro nella parte inferiore. Il nodo dà il ritmo, è come il computer che comanda il motore. Un ritmo che sarà più lento a riposo, più sostenuto di giorno, estremamente sostenuto sotto sforzo ma sempre ritmico, armonico. Si può variare a seconda dei casi e delle situazioni da 30 battiti al minuto (le bradicardie marcate dell’atleta) fino a 250 sotto massimo sforzo, ma sempre normali».

«Veniamo alle aritmie, che sono battiti fuori posto, inseriti nella ritmica cadenzata come una nota stonata: non è assolutamente detto che questo rappresenti un problema. Le aritmie possono essere singole, doppie, anche di più battiti ma quel che è importante è l’origine di quest’aritmia. Si può dire in maniera semplicistica che quelle atriali o sovraventricolari sono benigne, quelle ventricolari necessitano certamente di maggiori attenzioni sotto il profilo diagnostico e di approfondimenti. Nei casi gravi, infatti, le aritmie ventricolari, provenienti dai ventricoli, la parte bassa del cuore, qualora originate da patologie serie e minacciose possono portare a situazioni drammatiche, come abbiamo ad esempio assistito agli ultimi Europei di calcio (il gravissimo malore occorso al danese dell’Inter Eriksen, ndr)».

Diego Ulissi è stato affetto da miocardite. La sua ripresa è stata lenta, ma completa
Diego Ulissi è stato affetto da miocardite. La sua ripresa è stata lenta, ma completa

Un intervento semplice, ma decisivo

«Tra le aritmie sopraventricolari, ve ne sono alcune che necessitano comunque di essere individuate ed eliminate. Ci riferiamo alle tachicardie parossistiche sopraventricolari, alle tachicardie atriale ectopiche, al flutter atriale e alla fibrillazione atriale (vedi Marcato) sono improvvise accelerazioni del battito cardiaco. A differenza della tachicardia sinusale ha un’insorgenza improvvisa, il cuore aumenta i battiti velocemente e dopo un tempo variabile torna al ritmo fisiologico a frequenze cardiache molto più basse. Non genera arresto cardiaco come può causare la fibrillazione ventricolare, ma se arriva a una frequenza molto alta può dare giramenti di testa, uno stato di pre-svenimento. Ora, trasportando tutto ciò nell’ambito sportivo, se un ciclista è in corsa, può incorrere in una caduta, in un incidente con conseguenze anche gravi perché è incapace di continuare a gestire l’azione».

«Fino a 25 anni fa, l’unica soluzione per un ciclista era fermarsi, ora però ci sono strumenti cardiologici diagnostici che consentono di individuare il punto preciso dei due atrii dove questa tachicardia ha origine: si procede con uno studio elettrofisiologico endocavitario che consente di confermare la presenza di un “punto difettoso” e l’innesco della aritmia quando si stimolo quel punto. il passo finale è quella che viene definita ablazione transcatetere ossia l’eliminazione del problema mediante l’uso di un catetere che attraverso la radiofrequenza annulla, bruciandolo, il percorso elettrico anomalo».

Tachicardia
Una sintetica illustrazione del sito medicina360.com che spiega i sintomi della tachicardia
Tachicardia
Una sintetica illustrazione del sito medicina360.com che spiega i sintomi della tachicardia

Il caso eccezionale di Bitossi

Fin qui la necessaria spiegazione di un fenomeno che da sempre si accompagna al mondo del ciclismo e non solo e che le gesta di Franco “Cuore Matto” Bitossi hanno reso famoso: «Nel caso di Franco, che si è sottoposto ad ablazione una decina di anni fa, bisogna da un lato dire che furono eccezionali gli specialisti del tempo nell’individuare la sua patologia. Non c’erano gli strumenti di oggi, non c’era altra soluzione che dire a lui e a chi come lui di fermarsi il tempo necessario per far rallentare il cuore. Dall’altro lato, per me hanno un valore straordinario i suoi risultati, a dispetto dei problemi che accusava».

Rispetto ad allora però, i casi di tachicardia e conseguente ablazione sono aumentati, magari a causa delle diverse metodologie di preparazione, delle diverse velocità, dello stress a cui il fisico e la mente sono sottoposti in allenamento come in gara? La risposta di Corsetti è netta: «Per la mia esperienza, ma anche con il conforto delle statistiche, posso dire di no. L’unica differenza è che oggi abbiamo gli strumenti e le metodologie per affrontare e risolvere un problema che allora era fortemente inibente il risultato. Un Viviani nel 1985 non avrebbe potuto ottenere nella stessa maniera i risultati di oggi».

Cardiofrequenzimetro
Il cardiofrequenzimetro è uno strumento ormai basilare, ma il ciclista sa ascoltare il suo cuore anche senza
Cardiofrequenzimetro
Il cardiofrequenzimetro è uno strumento ormai basilare, ma il ciclista sa ascoltare il suo cuore anche senza

Il ciclismo… bestiale del secolo scorso

Secondo Corsetti, il paragone tra i due periodi deve prendere in esame altre variabili: «Il corridore di 50 anni fa aveva bici pesantissime rispetto a quelle di oggi, vestiva le maglie di lana, non aveva maltodestrine o gel, quando affrontava la discesa doveva mettere i quotidiani sotto la maglia per ripararsi dal vento, poi aveva minori possibilità di recupero, si dormiva tutti insieme in grandi stanzoni di collegi… Era un ciclismo “bestiale” rispetto a quello ipertecnologico di oggi».

Parlando di ablazione, su un aspetto Corsetti tiene a mettere l’accento: «Non deve passare il messaggio che la tachicardia parossistica sopraventricolare e le tachiaritmie atriali in genere siano un problema relativo al ciclismo e/o agli sport di endurance. Attualmente seguo 4 ragazzi con lo stesso problema ma sport diversi: ciclismo, calcio, pallavolo e ginnastica ritmica. Il ciclista anzi ha una sensibilità particolare, conosce bene se stesso, sa “ascoltarsi” anche senza strumentazioni e coglie quando qualcosa non va, quando c’è un’anomalia».

Dall’esempio di Sagan, parliamo di Covid e cuore

23.03.2021
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Quando è risultato che Sagan avesse effettivamente preso il Covid, i medici della Bora-Hansgrohe gli hanno vietato il benché minimo sforzo, costringendolo a fermarsi del tutto. Troppo alto, hanno spiegato, il rischio che il virus coinvolgesse il cuore compromettendone la funzionalità, così Peter è stato costretto a rientrare soltanto alla Tirreno-Adriatico (foto di apertura). Nell’anno in cui prima Viviani e poi Ulissi si sono fermati per insoliti problemi cardiaci, la curiosità di capire se il Covid possa averci messo lo zampino è scattata in un battito di ciglia. E così, approfittando della disponibilità di un ottimo cardiologo dello sport come Roberto Corsetti, abbiamo provato a fare qualche domanda. Per soddisfare la nostra curiosità e magari anche quella di chi legge.

Come già raccontato nei giorni scorsi, dopo gli anni alla Fassa Bortolo, alla Liquigas e alla Quick Step, Corsetti oggi lavora presso il Centro Medico B&B di Imola.

Elia Viviani nell’ospedale di Ancona con il dottor Corsetti
Elia Viviani nell’ospedale di Ancona con il dottor Corsetti
Covid e cuore: c’è un nesso?

Il fatto che il virus potesse avere una localizzazione cardiaca è stato desunto dall’osservazione su pazienti ricoverati o venuti a mancare. A quel punto è stato dato l’allarme, perché effettivamente il virus può interessare il muscolo cardiaco e provocare fenomeni infiammatori del miocardio e del pericardio. Per questo gli esperti hanno posto l’attenzione che gli sportivi dovessero poi fare degli approfondimenti per certificare che non ci fosse stato interessamento cardiaco. E in uno dei vari Dpcm dei primi tempi fu stabilita la serie degli esami da sostenere e la tempistica per la ripresa. Più rapida per i professionisti, che superati gli esami strumentali possono ripartire avendo accanto uno staff medico, di un mese per tutti gli altri atleti.

A ben vedere non si tratta del solo virus che attacca il cuore.

Stavo arrivando proprio a questo. Anche il citomegalovirus, la mononucleosi e la toxoplasmosi comportano rischi simili. Il primo soprattutto è uno dei più temuti, perché provoca miocarditi importanti in poco tempo. Il Covid ci sta insegnando tante cose.

Giulio Ciccone, ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Giulio Ciccone ha subito un’ablazione e in seguito ha contratto il Covid (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Giulio Ciccone, ritiro Trek (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Ciccone ha subito un’ablazione prima del Covi (foto Oliver Grenaa, Jojo Harper)
Ad esempio?

I nostri direttori sportivi di una volta dicevano che se il corridore ha avuto l’influenza, deve restare a riposo, tenendo a freno la smania di tornare. Sentire da un manager come Giancarlo Ferretti che l’atleta dopo la febbre dovesse solo recuperare mi faceva vedere una saggezza efficace, basata sulla grande esperienza. Dopo l’evento infettivo, non è detto che tutto vada bene solo perché l’atleta non ha più la febbre. Il Covid ha portato la consapevolezza che dobbiamo stare attenti. Ci sta trasmettendo in forma ampliata delle conoscenze che avevamo già.

I problemi di Viviani sono in qualche modo riconducibili al Covid?

Quello che ha innescato la tachicardia di Elia è stato un piccolo focolaio atriale, come è successo a Ciccone e a tanti altri atleti. A quanto mi risulta avendo seguito il caso, il Covid non c’entra. Sono fenomeni ricorrenti, pensate a Bitossi…

Un’ablazione e tutto sarebbe cambiato?

Partiva alle corse e quando iniziavano le tachicardie, doveva fermarsi sui paracarri ad aspettare che il cuore si calmasse. Probabilmente un’ablazione gli avrebbe permesso di vincere tante più corse. La sua vicenda per noi cardiologi dello sport è leggenda e anche un grande insegnamento. A Bitossi non lo diciamo, ma sarebbe stato brutto perdere la sua storia. Le tachicardie atriali non provocano grandi conseguenze, al di fuori della necessità di fermarsi finché non passano. Ben più gravi sono quelle ventricolari. Ma comunque il Covid qualche problemino lo ha creato.

Anche Bitossi aveva delle tachicardie atriali: con un’ablazione avrebbe risolto tutto?
Anche Bitossi aveva delle tachicardie atriali: con un’ablazione avrebbe risolto tutto?
Ci sono dei numeri?

Faccio il caso del nostro laboratorio. Da maggio abbiamo avuto 65 casi di agonisti positivi al Covid. Hanno fatto ecocardiogramma e test da sforzo e abbiamo avuto soltanto 2 evidenze di localizzazione cardiaca. Interessante il caso di una bimba di 11 anni che fa ginnastica ritmica. A dicembre aveva fatto proprio qui la visita di idoneità e non aveva niente. Nella prova da sforzo a 194 battiti era perfetta. Il 10 gennaio è risultata positiva, senza avere grossi sintomi. E’ dovuta tornare, l’ecocardio era pulito, ma sotto sforzo aveva tante aritmie. L’associazione col Covid è scattata da sé. Per cui la abbiamo messa a riposo e dovrà tornare per altri test. In assoluto, per quello che ho osservato, mi sento di dire che gli sportivi sono meno soggetti al contagio.

Vale a dire?

Coloro che praticano attività sportiva costante hanno un adattamento organico che un po’ li tutela da questo tipo di infezione. Lo sport può essere un discreto strumento preventivo. Lo dimostra la risposta ai chemioterapici, ad esempio. Sono farmaci anche cardiotonici e l’atleta che per sua sventura è costretto a farne uso, resiste molto meglio.

Disordini alimentari: Corsetti cosa ne pensa?

18.03.2021
4 min
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Roberto Corsetti, cardiologo che per anni ha lavorato come medico della Fassa Bortolo, della Liquigas e della Quick Step e oggi presta la sua opera al Centro Medico B&B di Imola, è uno di quelli che è sempre stato molto attento all’alimentazione dei propri corridori. E per sua stessa ammissione è uno di quelli che si metteva vicino al tavolo dei corridori durante i pasti. Per cui sentire che cosa abbia da dire sul complesso rapporto fra corridori e cibo risulterà alla fine interessante.

«Gli atleti professionisti – dice – ma più in generale tutto ciò che ruota attorno al professionismo hanno come unico metro il risultato. Se partiamo da questo presupposto, per ottenerlo bisogna arrivare al massimo livello di performance. I sacri testi di fisiologia dicono che i due fattori su cui si può migliorare sono la potenza e il peso. I corridori possono non accettarlo, possiamo discuterne, ma i soli due punti sono quelli».

Cimolai ha ammesso di aver sofferto di problemi alimentari e di non sopportare di sentirsi sorvegliato a tavola
Cimolai ha detto di non sopportare di sentirsi sorvegliato a tavola
Fin qui ci siamo, ma la magrezza assoluta intacca la potenza. Per cui non è affatto detto che scendere di peso sia la sola garanzia di prestazione.

Mi arrabbio, infatti, e divento nervoso se l’obiettivo della riduzione del peso viene raggiunto con l’oppressione o metodi non corretti. Penso invece che se un operatore del ciclismo trasmette in modo amichevole, gentile e competente il modo in cui ridurre il peso, le cose funzionano. Se si verificano degli eccessi, chi doveva trasmettere lo ha fatto male. Oppure il corridore può aver recepito male e allora va aiutato.

Corsetti in che posizione si colloca?

Vengo dalla scuola di grandi maestri e ho sempre cercato di trasmettere questi concetti nel modo più corretto possibile. Non credo di aver messo in difficoltà dei miei atleti per il loro peso. Né nella mia esperienza ho mai visto imposizioni o forzature. Ma se qualcuno dice che Corsetti ci tiene che l’atleta sappia che i suoi risultati dipendono dal peso, allora dico sì.

La pasta è sempre stata fonte di carboidrati, eppure tanti hanno problemi a mangiarla
La pasta è sempre stata fonte di carboidrati
Sei al corrente che per gli atleti il cibo è un tema delicato e alcuni hanno disordini alimentari? Secondo psicologi e medici che abbiamo sentito, un medico se ne accorge.

Non ne ho mai avuti, ma ho avuto atleti molto magri. Senza fare nomi, con Ferretti in un ritiro ci accorgemmo di un ragazzo troppo magro per quel periodo dell’anno. Lo portammo con noi in una stanza e gli spiegammo che era troppo.

Pare che i giovani siano quelli più esposti al rischio di caderci…

Il messaggio dall’alto, se non arriva chiaro e documentato o non viene presentato in tutte le sue valenze, in una persona fragile può creare scompensi. Di sicuro se ci sono disordini alimentari, la responsabilità va cercata in più parti.

A Corsetti è mai capitato di stare vicino al tavolo dei corridori a guardare come mangiano?

Io ritengo che un direttore sportivo o un medico che voglia stare vicino al tavolo dei corridori per aiutarli sia positivo. Può aiutare perché il pasto, spesso la cena, si svolga nel modo migliore. Se però l’atleta si sente in difetto per il cibo e vive male questa presenza, si crea l’ambiguità. Se sei accanto al tavolo e a me capitava spesso, devi saper leggere nello sguardo degli atleti se c’è qualcosa che non va. Servono colloquio e presenza, servono staff competenti e appassionati. Piuttosto a volte mi guardo alle spalle…

La magrezza eccessiva di Bongiorno, raccontata pochi giorni fa nella sua intervista
La magrezza eccessiva non è sintomo di salute
E cosa vedi?

Penso ad atleti che non hanno mai ricevuto un’educazione alimentare e hanno buttato via la carriera. Non parlo di obbligo o costrizione, di semplice educazione. Penso a chi aveva potenzialità incredibili, al punto di intimorire gli avversari più forti, che però ha preferito lasciarsi andare.

Da questo punto di vista credi che l’avvento del nutrizionista sia opportuno nei team?

Tutte le figure professionali più competenti sono utili in questo percorso formativo. Ma serve che tutti parlino la stessa lingua, altrimenti viste le tante figure che si incontrano oggi in una squadra, si rischia che agli atleti arrivino messaggi che creano confusione.

I messaggi chiari sono la chiave di volta, così come la trasparenza. La raccolta di voci e pareri continua. Ci hanno raccontato di un personaggio che a inizio stagione pretendeva dai suoi atleti lo stesso peso dell’ultima corsa: cosa c’è di documentato in questo?

La nostra inchiesta, in cui abbiamo coinvolto il dottor Corsetti, vuole consegnare ai corridori più giovani la consapevolezza che il peso e la potenza sono certo due fattori determinanti, ma la salute viene prima. Rileggere le parole di Bongiorno, quelle disarmanti di Brajkovic e tutte le altre che abbiamo raccontato nelle ultime settimane dovrebbe far capire che la magrezza ossessiva porta diritta alla fine della carriera.

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

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Viviani, ancora sei giorni per ripartire

28.01.2021
5 min
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«Ho appena parlato con il dottor Corsetti – dice Viviani – e il controllo è confermato 15 giorni dopo l’intervento, quindi niente bici in questo weekend. Riprenderò mercoledì con passeggiate di un’ora. E il controllo sarà venerdì 5 febbraio o sabato 6. Non è come un infortunio della gamba, che sai come funziona. Il cuore fa da sé, zero controllo, se non il chip che mi hanno messo sotto pelle con il quale sarò monitorato qualunque cosa faccia».

Nessuna possibilità di anticipare il rientro, ma non saranno 4 giorni a fare la differenza. E in palio quest’anno ci sono trofei troppo importanti per rischiare ricadute.

Prima del problema al cuore, Elia era stato in ritiro con la squadra
Prima del problema al cuore, Eliva era stato in ritiro con la squadra

Cardio impazzito

Viviani era a Verona, impegnato in uno di quegli allenamenti tutti uguali di inizio stagione. Era da un po’ che non faceva Sfr sulla salita delle Torricelle, ma essendo di ritorno da un breve ritiro in Spagna con la Cofidis, aveva deciso di passare qualche giorno a casa dei suoi.

«Poi sarei tornato in Spagna per altri 5 giorni prima di Almeria – racconta – e così ero lì che mi allenavo, in una domenica normale, come tante. E mentre facevo la salita a 150 battiti, ho cominciato a sentire delle palpitazioni anomale. Non mi era mai capitato niente del genere. Giusto il tempo di rendermene conto e guardare il diplay del computerino e ho visto che segnava 225-227 battiti che non scendevano. Non era un errore della fascia posizionata male, insomma. Così mi sono fermato e dopo 30 secondi i battiti sono scesi. Ho preso paura, ma a casa ci sono tornato pedalando per un’oretta, con i giusti battiti e certi pensieri che non vi dico. Ho già avuto in passato delle aritmie, ma erano dovute allo stress e al caffè che ho smesso di prendere…».

Elia Viviani nell’ospedale di Ancona con il dottor Corsetti
Elia Viviani nell’ospedale di Ancona con il dottor Corsetti

Garanzia Corsetti

Comincia così il racconto di Elia, dalla casa di Monaco dove sta per iniziare la seconda settimana di riposo imposta dall’equipe di Ancona che ha eseguito l’ablazione grazie alla quale a breve potrà riprendere a pedalare normalmente.

«Avevo fatto l’idoneità il 18 dicembre – dice – con l’holter e tutto quello che si usa in questi casi e non c’era stato il minimo problema. Ma siccome una cosa del genere non mi era mai successa, ho chiamato il dottor Corsetti. Con lui ho lavorato negli anni della Liquigas. E poi, siccome gli atleti residenti all’estero devono comunque avere un referente medico in Italia, da quando sono a Monaco, lavoro con lui. Roberto è molto preciso, sia per l’idoneità, sia per la gestione dell’Adams e dei prodotti da dichiarare. Con lui sono tranquillo».

La sua De Rosa dovrà rimanere a riposo fino a mercoledì prossimo
La sua De Rosa dovrà restare ferma ancora per una settimana

Due settimane di stop

Il fatto è che per il giorno dopo, lunedì 17 gennaio, Corsetti deve vedersi ad Ancona con Ulissi. E anche se dice a Viviani di non preoccuparsi, suggerisce che vale la pena approfittare del viaggio nelle Marche per farsi visitare dall’equipe del professor Antonio Dello Russo.

«Come quando vai dal meccanico e la macchina non fa più il problema – dice – la paura era che la tachicardia non si ripresentasse. Invece hanno stimolato il cuore nel modo giusto e le palpitazioni sono ricominciate. Hanno parlato di un’infiammazione rimasta da qualche infezione precedente. Io non ho fatto il Covid, quella spiegazione non poteva esserci. Comunque hanno fatto l’ablazione e poi mi hanno messo a riposo per due settimane. Volevo provare a scendere a 10 giorni, ma non cambia poi un granché, meglio guarire completamente. Ieri ho fatto un ecodoppler per stabilire se le arterie si siano rimarginate nel punto da cui sono entrati, cioè all’altezza dell’inguine, ed è tutto a posto».

L’attività riprenderà presto con il suo gruppo, qui con Fabio Sabatini
L’attività riprenderà presto con il suo gruppo, qui con Fabio Sabatini

Un po’ di fortuna

I programmi ovviamente cambiano, ma neanche troppo. Elia non correrà certo ad Almeria, in calendario il 14 febbraio, ma tornerà in Spagna per un altro ritiro in vista del debutto allo Uae Tour.

«Non ci arriverò come speravo – dice – ma ci sarà tutto il tempo per crescere fino alla Tirreno, dove invece vorrei tirare insieme qualcosa. Perciò c’è da aspettare il tempo giusto, confidando nel fatto che grazie al chip che mi hanno impiantato sottopelle vicino alla clavicola, da Ancona possono monitorare le mie 24 ore. Dovrò tenerlo per un anno e mezzo e se poi non ci saranno altre anomalie, lo toglieremo. Di sicuro, meglio che mi sia successo ora che a giugno. E meglio in allenamento che in corsa. Chissà se avrei avuto la sensibilità, magari andando a tutta, di riconoscere le palpitazioni. Mi sarei dovuto ritirare, ma magari avrei avuto dei giramenti di testa. Perciò tornerò in Spagna dopo il mio compleanno (7 febbraio, ndr) e rientrerò per andare negli Emirati. Se farò tappa a Milano, magari andrò in pista a Montichiari. Altrimenti ci farò un passaggio nei 10 giorni prima della Tirreno. Ho già fatto due bei blocchi di lavoro in altrettanti ritiri a cavallo di fine anno. Cerchiamo di tenere il treno sul binario giusto».