Alimentazione. I piani al dettaglio per il viaggio in Australia

16.09.2022
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Le ore di fuso orario tra l’Italia e l’Australia sono ben otto. Per raggiungere l’altro capo del mondo gli atleti sono chiamati ad un viaggio che dura oltre 24 di ore, scali e attese incluse. Una bella “botta” a quella che è la routine della loro vita scandita da ritmi sempre uguali e salutari, soprattutto in tema di alimentazione.

Per affrontare questo viaggio nulla è lasciato al caso, neanche sul fronte dell’adattamento alimentare. Laura Martinelli, nutrizionista della BikeExchange-Jayco, ci spiega come si affronta questo trasferimento verso i mondiali di Wollongong. Lei seguirà i “suoi” atleti, tra quelli privati e quelli del team anche se in altre nazionali, da remoto.

Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Laura Martinelli da quest’anno è alla Bike Exchange. Segue dall’Italia diversi atleti impegnati ai mondiali in Australia
Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Laura Martinelli da quest’anno è alla Bike Exchange. Segue dall’Italia diversi atleti impegnati ai mondiali in Australia
Laura, come ci si adatta a questi lunghi viaggi?

I corridori sono abituati a viaggiare, ma ultimamente le trasferte sono state più verso Ovest che verso Est. Però in molti hanno anche l’esperienza maturata in passato con il Tour Down Under (anche se era una corsa tappe ad inizio stagione e il clima era un po’ più disteso, ndr).

Vero, i corridori sono abituati a viaggiare e hanno già le contromisure da prendere, ma stavolta la posta in gioco è alquanto elevata: c’è in palio la maglia iridata. Come si affronta questo viaggio dunque dal punto di vista dell’alimentazione per essere al meglio?

Ci sono tre fasi: una prima del viaggio, una durante e una al momento dell’arrivo e questi sono i giorni più delicati, quelli che vanno a concludere l’adattamento. 

La prima fase…

Inizia una settimana prima del volo. Consiste nell’anticipare gli orari in modo molto graduale così da ridurre il fuso orario e avvicinarsi agli orari australiani. Quindi bisogna svegliarsi prima, mangiare prima, coricarsi prima. Ridurre l’esposizione alla luce, aiutarsi con degli occhiali per le luci blu degli schermi. Da un punto di vista strettamente alimentare non cambia nulla, in quanto in quella settimana gli atleti continuano ad allenarsi. Vengono modificati solo gli orari.

Spesso i cibi che si mangiano in volo non sono super per quantità e qualità, specie in economy class
Spesso i cibi che si mangiano in volo non sono super per quantità e qualità, specie in economy class
Seconda fase: il volo vero e proprio…

Si deve modulare i pasti a ridosso del volo. Bisogna aumentare i carboidrati prima di partire da casa. Questo perché nelle due giornate di viaggio i periodi di digiuno possono anche essere abbondanti. Cosa molto importante è che da quando si arriva in aeroporto bisogna pensare e mangiare con gli orari australiani. Se laggiù è mezzogiorno qui devo pranzare.

Una domanda forse sciocca, ma come è possibile mangiare ad orari diversi sull’aereo? Ci si mette d’accordo con la hostess?

Dipende anche dalla classe aerea in cui si viaggia: in prima si hanno più comfort. Ma generalmente sia a livello qualitativo che quantitativo i pasti in aereo non sono il top. I liquidi non si possono portare da casa (per le norme antiterrorismo, ndr), ma i solidi sì. Ai miei atleti faccio preparare dei pasti sani. Li portano nelle vaschette Tupperware: riso, pollo, verdure. Liquidi e snack, tipo frullati o yogurt possono comprarli dopo il check-in, ma i pasti principali glieli faccio portare da casa.

Un bell’impegno…

Sì, ma ci siamo abituati. Alla fine per noi è l’ennesimo viaggio dell’anno o della carriera. Anzi, per certi aspetti con tanti giorni di adattamento, 7-10, è anche più facile gestire tutto ciò. E’ un lusso in questa occasione.

Laura Martinelli fa preparare a casa dai suoi atleti il cibo che poi mangeranno in volo
Laura Martinelli fa preparare a casa dai suoi atleti il cibo che poi mangeranno in volo
E poi c’è la terza fase…

Si va a scalare quella che è la supplementazione di melatonina e si va a ristabilire il ritmo circadiano.

Ritmo circadiano: cos’è?

In parole povere il nostro orologio interno, quello che va a regolare la produzione di ormoni e le funzioni vitali. Le abitudini. Il nostro corpo, per esempio, sa che deve essere più tranquillo la sera e più attivo al mattino. E infatti al mattino c’è più insulina in quanto si è più attivi. Il jet-lag alla fine è questo: è il dover riadattare l’orologio interno, accompagnarlo gradualmente al fine di ridurne lo shock. 

E quanto tempo serve?

In tre, quattro giorni ci si deve adattare e poi in questo caso abbiamo il favore delle temperature. A Wollongong sono simili alle nostre e anche un po’ più fresche. Non abbiamo anche la problematica climatica insomma.

Per adattarsi servono 3-4 giorni, ci si allinea in tutto: alimentazione, sonno, allenamenti (foto Belgian Cycling)
Per adattarsi servono 3-4 giorni, ci si allinea in tutto: alimentazione, sonno, allenamenti (foto Belgian Cycling)
Prima hai detto: “Si va a scalare la supplementazione”: cosa intendevi?

Ogni squadra e ogni nutrizionista ha i suoi prodotti, possono essere dei mix di valeriana o melatonina… sostanze che servono per lo “spegnimento”. Ma al contrario si va a dosare anche la caffeina, che invece “accende” il fisico. 

C’è un protocollo alimentare definito per quei tre, quattro giorni dopo l’arrivo?

No, si mangiano le cose di sempre in base agli allenamenti. La risposta al fuso orario poi è soggettiva, c’è chi si adatta più facilmente e chi impiega un po’ di più. Solitamente chi è più attivo di mattina, come i corridori che a quell’ora si allenano, si adatta meglio nei viaggi verso l’Est, come l’Australia. E viceversa. Chi gioca a basket, chi si allena al pomeriggio, probabilmente è favorito nei viaggi verso Ovest. No, non c’è un protocollo definitivo. Si agisce molto di esperienza. 

Alla fine quindi ci si deve adattare più sugli orari che sui cibi?

Esatto, anche perché sia io che i corridori vogliamo che sia tutto il più standard possibile. Non vogliamo cambiare, soprattutto a questo punto della stagione, un’alimentazione che per dieci mesi li ha fatti stare bene.