Loro hanno Remco, noi aspettiamo Bagioli

17.01.2022
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Sette vittorie al primo anno da junior, otto al secondo. Uno come Bagioli oggi passerebbe dritto al professionismo: c’è chi lo ha fatto per molto meno. Andrea invece scelse di crescere per due stagioni con il Team Colpack, cogliendo 2 vittorie al primo anno (e altri 11 piazzamenti nei 10, fra cui il 2° posto alla Liegi) e 9 al secondo (con altri 5 piazzamenti nei 10).

«Non sarei mai passato direttamente – dice lui oggi – ho preferito finire la scuola e fare le cose nei tempi giusti, prima di arrivare qui alla Quick Step».

Trofeo Laigueglia 2021
La caduta di Laigueglia ha spezzato il bel feeling con cui era iniziata la stagione 2021 di Bagioli
Trofeo Laigueglia 2021
La caduta di Laigueglia ha spezzato l’ottimo avvio di 2021 di Bagioli

Dannata caduta

Lo incontriamo a Calpe, proprio durante il ritiro della Quick Step-Alpha Vinyl. Il 2021 era nato sotto i migliori auspici con la vittoria in Francia alla Royal Bernard Drome Classic, poi la caduta di Laigueglia e i conseguenti problemi al ginocchio (risolti con un intervento il 16 aprile) hanno fermato tutto. Il rientro alle corse alla fine di luglio dopo un periodo a Livigno ha offerto altri lampi di talento, ma è chiaro che anche lui non possa essere troppo soddisfatto di come sono andate le cose.

«Ogni anno – dice – si parte da un livello più alto. All’inizio andava bene tutto, adesso ho pretese superiori. La squadra non mi chiede niente di particolare, ma io so che posso dire la mia e vorrei farlo. Ho corso poco (38 giorni nel 2021, ndr), ma al mondiale mi sono sentito veramente forte. E’ stato bello essere lì davanti a fare la mia parte. In questi due anni ho maturato una bella esperienza, ma non mi sento ancora un corridore esperto. E’ vero che tutti cercano il nuovo Evenepoel, ma credo che sia dura trovarne un altro così. E io comunque devo ancora compiere 23 anni…».

Che cosa hai chiesto a Babbo Natale per il 2022?

Di vincere una tappa al Giro, magari entrando in un gruppetto ristretto e poi giocarmi la volata. Per il momento mi trovo a mio agio più nelle corse di un giorno o di poche tappe. Per i Giri più importanti non mi sento ancora pronto, soprattutto sul fronte delle crono, ma mi piacerebbe. E’ un capitolo che spero di scrivere, perché le potenzialità potrebbero esserci.

Sei in una squadra che sul fronte delle classiche è piena di potenziali vincitori…

Non ci si può sedere un attimo. Quando si fa la riunione pre gara, c’è comunque un capitano, ma tutti possono giocarsi le proprie carte. Alla Primus Classic, che poi ha vinto Senechal, eravamo in 7-8 di noi nel gruppetto dei 15 che ha deciso la corsa. Al Lombardia c’erano altri capitani. Alaphilippe e Almeida, soprattutto. Invece alla fine è uscito Masnada.

E’ stato operato al ginocchio il 16 aprile in Belgio, poi sono servite 4 settimane di stop
Operato al ginocchio il 16 aprile in Belgio, poi 4 settimane di stop
Ballerini ha raccontato di aver imparato tanto da Morkov…

Io cerco di spiare Alaphilippe. Si impara tanto dai compagni, da quello che fanno sul bus e poi fino a sera. Da Julian cerco sempre di raccogliere qualcosa. E’ sempre calmo, non mette mai pressione. Prima della Liegi, cui arrivava dopo la beffa dell’anno prima, era tranquillissimo.

E tu sei tranquillo?

Prima di una gara, un po’ di pressione c’è sempre. E’ la corsa stessa che te la mette. Per stemperarla, magari cerco di leggere un giornale o guardare un programma che mi distragga.

Nella cronometro, Bagioli ammette qualche limite: di prestazione e di pratica
Sulla cronometro, Bagioli vuole lavorare in ottica Giri
Quanto leggi? Quanto incide su di te quello che viene scritto?

Se sono a casa tranquillo, leggo, ma non do tanto peso a quello che viene detto su di me. Alle corse è diverso. Prima del mondiale ad esempio ho letto molto, ma dipende da persona a persona. Se arrivano critiche o commenti, ci ragiono, ma non mi condizionano. Per altri di sicuro è diverso.

Tuo fratello Nicola alla fine ha deciso di smettere…

Mi dispiace, ma un po’ si poteva capire. Anche quando era fuori negli ultimi tempi era sempre con la testa sulla nuova attività. Vedevo che era più contento quando parlava del lavoro che della bici. Mi dispiace perché ci scambiavamo consigli e ci allenavamo insieme, ma sono contento per lui. La bici ad ora non l’ha più presa. Magari la prossima estate, lo costringo a farmi compagnia per qualche uscita (sorride, ndr).

Ai mondiali di Leuven si sentiva forte e ha lavorato sodo: lo hanno fermato i crampi
Ai mondiali si sentiva forte e ha lavorato sodo: lo hanno fermato i crampi
Programma 2022?

Saudi Tour, Ruta del Sol, Ardeche. Quindi altura sul Teide, poi classiche e Giro.

Si debutta in Italia, dunque?

E’ sempre stato il mio sogno sin da bambino. Il primo ricordo che ho del Giro è del 2008 con Contador in maglia rosa e poi ancora lui, ma nel 2015, per quello che fece sul Mortirolo. Alberto è il mio idolo, quando lo vedevo partire da lontano mi esaltavo. Non sarò come lui, ma di certo posso prenderlo a riferimento.

E Lefevere a sorpresa riapre la porta sul Tour

12.01.2022
5 min
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Il capo ha la pelle abbronzata e la camicia bianca. Ha appena compiuto 66 anni, ma conserva la verve di quando correva e di ogni battaglia delle ultime 30 stagioni. Tanti sono gli anni della squadra di Patrick Lefevere, come si legge anche sulle tazzine personalizzate in cui i corridori stamattina hanno bevuto il caffè al Bar Velo, roulotte della Quick Step-Alpha Vinyl posizionata lungo la strada a uso dei fotografi e per finalità di marketing.

Nell’accogliere la stampa al raduno di Calpe, Patrick (in apertura nella foto di Sigrid Eggers) ha tracciato un rapido bilancio 2021 del team e poi, con un ruggito d’orgoglio, ha sottolineato che qualcuno se ne è andato, ma la struttura resta forte e non ci sono traguardi preclusi. E’ bastato guardarsi intorno e vedere nelle immediate vicinanze Alaphilippe, Evenepoel, Jakobsen, Cavendish, Morkov, Asgreen, Bagioli, Ballerini e Cattaneo per avere la sensazione del piatto ricco.

«Sono ottimista – conferma dopo averci raggiunto su un divanetto tondeggiante – abbiamo perso dei buoni corridori, ma abbiamo tirato a bordo dei giovani molto interessanti. Chi mi conosce sa che l’ho sempre fatto, da Pozzato e Cancellara alla Mapei, passando per Mas, Alaphilippe e Cavagna e anche quello là…».

Lefevere ha fatto gli onori di casa nell’hotel di Calpe, accogliendo 32 giornalisti da tutta Europa
Lefevere ha fatto gli onori di casa nell’hotel di Calpe, accogliendo 32 giornalisti da tutta Europa

Al Tour chi meriterà

Il gesto di sollevare il mento, orienta il nostro sguardo verso Remco Evenepoel, che sta seduto davanti alla telecamere di Sporza e si racconta come il reuccio nel giardino di corte. I temi sono tanti, Patrick ha voglia di parlare e il discorso parte da Cavendish, che mezz’ora fa si è trincerato dietro una sorta di mutismo selettivo per non dire quel che probabilmente pensa. Un ciclista professionista fa così, ha ripetuto più volte. E adesso le parole del manager del belga diventeranno benzina.

«La storia di Mark e la mia – dice Lefevere – è ben conosciuta. Andò via per un fatto di soldi, io non potevo tenerlo e lui giustamente accettò la proposta. Quello che mi disse quando venne a parlarmi alla fine del 2020 mi ha spezzato il cuore, così ho deciso di correre il rischio. Non sapevo come sarebbe stato riaccolto, ma la squadra lo ha assecondato, lui ha lavorato sodo e i risultati si sono visti. Non era nei piani che andasse al Tour, ma è stato bravo a sfruttare l’occasione. Per cui anche adesso è presto per dire cosa succederà a luglio, ma non mi va che tutti questi discorsi vengano strumentalizzati. Al Tour andrà chi meriterà di andarci».

La grinta del pitbull

Quando però si parla di Jakobsen e di tutto il baccano che si fece dopo la caduta al Polonia, il capo prova a fare una marcia indietro rispetto alle dichiarazioni che gli furono attribuite e che a suo dire venero mal tradotte.

«In alcuni casi le traduzioni non sono state oneste – dice – per cui è uscito che secondo me Groenewegen abbia voluto uccidere Fabio. Io non l’ho mai detto, posso aver detto che con certe condotte si rischia di uccidere qualcuno. Ma prima di scrivere una cosa del genere, non vuoi almeno chiamarmi? Mi hanno attaccato quasi fossi un criminale. E’ venuto fuori un profilo Facebook a mio nome, ma io non ho un profilo Facebook. Ho provato a farlo chiudere, ma sembra sia impossibile. Capisco che ci sia tanta pressione. I giornali non vendono più come prima, ormai si gioca tutto su titoloni e foto. Ma io sono un pitbull, se tocchi i miei corridori, io ti assalto. Sono corretto se lo sei nei miei confronti».

Con Alaphilippe sul podio del primo mondiale a Imola: Lefevere ha accolto il francese in squadra da neopro’
Lefevere ha accolto Alaphilippe in squadra da neopro’

Porte aperte

Con lo stesso carisma si è imposto sui dottori del team, pretendendo di aprire il ritiro alla stampa. Per farci entrare hanno richiesto due tamponi, ma per gli sponsor e per il pubblico (ovviamente soprattutto quello belga per cui il ciclismo è una religione) c’era bisogno che il team ci mettesse la faccia. E lo hanno fatto.

«La squadra non è più debole – dice – ma non è il tempo di fare esperimenti. Julian (Alaphilippe, ndr) metterà da parte l’idea del Fiandre. Ha provato, è caduto due volte e si è convinto di tornare al programma di prima. Tre anni fa ci potevamo permettere di giocare, ma ora ci sono Pogacar, Roglic e gli altri e bisogna concentrarsi bene sugli obiettivi. Lui c’è sempre e quando attacca la corsa prende la svolta decisiva. Adesso bisogna che troviamo il modo di vincere noi certe corse».

Lefevere si è prestato a tutte le interviste e ha parlato del team con grinta e grande determinazione
Lefevere si è prestato a tutte le interviste e ha parlato del team con grinta e grande determinazione

Il valore di Remco

Nel frattempo Remco si è alzato. I due si sono scambiati uno sguardo d’intesa. Le interviste si succedono, la pedalata del mattino è stata volutamente blanda.

«Nel 2021 – dice indicandolo – ha imparato tanto. Ha avuto finalmente un buon inverno, anche se hanno cancellato l’Argentina. Il rientro al Giro non è andato bene, ma parlarne dopo o dal divano è troppo facile. Davanti alla tivù, vincerei tutte le corse. Una volta presa la decisione, abbiamo fatto il nostro meglio. E tutto sommato, ha avuto un giorno storto a Montalcino e nonostante dicessero che non sia capace di guidare, lui è passato illeso nel punto in cui sono caduti Nibali e Ciccone, ma qualcuno lo ha tirato giù colpendolo da dietro. Per Remco sarà un anno importante. Può vincere classiche e corse a tappe, il punto con lui però sono quelle di tre settimane. La Vuelta servirà per capirlo. Per cui faremo prima una stagione normale, con la Tirreno e le Ardenne. Ci sarà uno stop dopo il Romandia, quindi Delfinato o Svizzera e poi altura durante il Tour. E quel punto Vuelta e finale di stagione. Se tutto andrà liscio, alla fine di un anno come questo, potremo capire che corridore sia Remco Evenepoel».

Un altro Remco: punta sulla Vuelta e parla ai più giovani

12.01.2022
5 min
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Remco ha l’espressione fresca e voglia di far battute, però c’è in lui qualcosa di diverso che cercheremo di scoprire. La prima intervista da professionista con il giovane belga la facemmo proprio qui nel 2019 e fece seguito alla rapida conoscenza fatta a capo del 2018 da junior, quando vinse tutto quel che si poteva. Quella prima volta parve ugualmente fresco, ma un po’ troppo sicuro di sé. Oggi, sulla porta dei 21 anni (li compirà il 25 gennaio), il ragazzo appare più posato. Negli ultimi tre anni ha vissuto sulle montagne russe e dagli alti e soprattutto dai bassi ha imparato un diverso stile. Per il resto, la sicurezza non fa difetto, la caviglia è sottile e la gamba scopre qualche vena che a quel tempo era nascosta sotto il polpaccio da junior.

«Non vorrei cambiare nulla della mia vita – sorride Remco, in apertura nella foto Wout Beel – sto proprio bene così. Posso correre in bici. Ho la salute. La mia famiglia sta bene. Va tutto alla grande. Se proprio potessi cambiare qualcosa, chiederei un meteo migliore per il Belgio. Ma ho capito a mie spese che alcune cose non si possono cambiare».

C’è tanto nell’ultima frase, basta afferrarlo. Per cui il viaggio comincia leggero, cercando di capire dove lo porterà il 2022 iniziato già ad handicap: doveva partire dall’Argentina, per cui proprio in questi giorni si stanno rivedendo i programmi.

Sai che soprattutto in Italia è iniziata la caccia al nuovo Remco Evenepoel, per cui si fanno passare corridori di 19 anni sperando che facciano come te?

Davvero? Lo trovo strano (sgrana gli occhi, ndr), è sbagliato cercare di imitare quello che fanno gli altri, perché quello che sta bene a me, certamente non andrà per un altro e viceversa. Io faccio le mie cose, cercando sempre di dare il meglio. Nessuno cerca di farmi somigliare a qualcun altro. Credo che ogni corridore abbia la sua strada da seguire e un modo diverso di raggiungere il massimo livello, è sbagliato proporre confronti. Anche io ho una vera venerazione per Contador e Merckx, ma quando sono diventato professionista non ho mai pensato né mi hanno mai proposto di fare come loro. Questo è il mio piccolo consiglio per chi vuole diventare professionista: seguite la vostra strada.

Remco è passato dopo il 2018 trionfale fra corse a tappe, europei (crono e strada) e i mondiali (crono e strada, nella foto)
Pro’ dopo il 2018 trionfale con gli europei (crono e strada) e i mondiali (crono e strada, nella foto)
Qual è oggi la tua strada?

Intanto spero di avere una stagione normale, non come il 2021 in cui sono stato per metà anno ad allenarmi, poi sono caduto al Giro d’Italia, poi le cose non hanno funzionato a Tokyo… Voglio un anno normale, in cui punterò sulle Ardenne e sulla Vuelta. Spero di fare esperienza ad alto livello in un grande Giro. In Spagna sono sempre andato bene, dalla prima vittoria a San Sebastian alla Vuelta Burgos. La Vuelta mi piace, ha sempre tappe e arrivi speciali. Quest’anno ha una cronometro a squadre in apertura a nemmeno due ore da casa mia (a Utrecht, in Olanda, ndr) e una individuale piuttosto lunga (31 chilometri molto veloci, ndr) alla decima tappa, ad Alicante.

Alicante è a 60 chilometri da qui…

Infatti siamo andati a vedere il percorso, sarebbe stato stupido non farlo. Quello che spero di ottenere dalla Vuelta è fare un passo verso i più forti della classifica. E per il resto mi auguro di uscire dalla stagione con qualche bella vittoria.

Parli di anno normale, hai qualche rimpianto per il 2021?

Rimpianti forse no, ma alcune cose sarebbero potute andare diversamente. Sono andato male alle Olimpiadi, quello è stato il vero passaggio a vuoto. Abbiamo sbagliato l’avvicinamento, perché mi sono allenato molto bene, ma sono arrivato a Tokyo con la condizione in calando. Un grosso errore che non ripeteremo di sicuro. Quanto al Giro d’Italia, fino alla seconda settimana sono rimasto vicino ai migliori, poi mi hanno fatto cadere e a quel punto non aveva senso continuare. Il rimpianto può essere stato non aver mai lottato per la maglia rosa. Sarebbe stato un sogno. Per il resto sarò onesto: ho chiuso il 2021 con otto vittorie e parecchi podi di peso, a partire da europei e mondiali. Se potessi li baratterei tutti per una di quelle vittorie (sorride e allarga le braccia, ndr).

Hai parlato di Contador.

Era uno spettacolo vederlo correre, non era mai banale. Come dicevo, non accetterei mai di essere paragonato a lui sia per le sue tante vittorie sia perché non mi piacciono i paragoni. Avere degli idoli è importante, ma non per fare confronti. Semmai per trarne ispirazione.

Cattaneo, missione negli Usa tra gravel e progressi a crono

06.11.2021
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Mattia Cattaneo è a Parigi sulla via del ritorno. Dopo una settimana abbondante negli Stati Uniti fra il Kansas e la California, per il bergamasco della Deceuninck-Quick Step domani ricomincia la preparazione.

Gli ultimi otto giorni sono stati un concentrato di divertimento, fatica e scoperta insieme a Remco Evenepoel, Giampaolo Mondini e lo staff di Specialized. Il motivo del viaggio erano infatti i test in galleria del vento per la posizione della crono, ma lo sponsor ha chiesto ai ragazzi di partecipare alla Waffle Belgian Ride, un mega evento gravel che si è svolto a Lawrence. Il format ha 10 anni, ma era la prima volta che si correva in Kansas.

Così i corridori si sono rimboccati le maniche, si sono messi lo sguardo convinto e hanno corso sul percorso medio. Distanza di circa 111 chilometri e 3.600 metri di dislivello. Un po’ di asfalto in partenza e poi solo sterrati. Vi interessa saperne di più? Venite con noi…

Percorso quasi tutto pedalabile, tranne alcuni passaggi più tecnici (@specialized)
Percorso quasi tutto pedalabile, tranne alcuni passaggi più tecnici (@specialized)
Parlaci dell’evento…

Molto simile a una Gran Fondo, ma essendo in America è chiaro che fosse tutto più grande. Bello spirito, ma noi eravamo lì per rappresentare Specialized e per divertirci. Anche se poi lo sapete, quando si attacca il numero, andrai pure piano, ma fai fatica vera. Bel clima però, tanta voglia di divertirsi a tutti i livelli.

Quelli che hanno corso sul percorso lungo sorridevano meno?

Ecco, quelli avevano le facce convinte. Dovevano fare 179 chilometri e quasi 6.500 metri di dislivello. Sono partiti mezz’ora prima di noi, erano tutti i corridori. Se la partenza fosse stata su sterrato, avrebbero fatto il polverone. In realtà i primi 2 chilometri e poi il finale erano su asfalto. Il resto tutto su sterrato, tipo strade bianche. Gli unici passaggi tecnici li chiamavano “Cyclecross” ed erano tratti più stretti fra prato e boschi. Comunque percorso ben frecciato e addetti ai lavori a ogni incrocio. Organizzazione super.

Conoscevi già il gravel?

A casa ne ho una, l’ho presa da me per quando esco fuori stagione. Due volte alla settimana, invece di farmi dei giretti su strada, me ne vado per un paio d’ore via dall’asfalto. In America ci hanno dato le nuove Crux il giorno prima, per cui il sabato siamo andati a farci un giretto per metterle a posto.

Come funzionava con l’assistenza meccanica?

Niente ammiraglie o punti di assistenza. Ognuno in autosufficienza, ma per fortuna non abbiamo bucato.

Era freddo?

Vi dirò, la mattina alla partenza c’è stato un po’ da battere i denti. Poi però ci siamo scaldati.

In gara assieme al gruppo della Deceuninck c’era anche Giampaolo Mondini (@specialized)
In gara assieme al gruppo della Deceuninck c’era anche Giampaolo Mondini (@specialized)
In Italia si è già corsa la Serenissima Gravel, credi che eventi del genere si diffonderanno?

Per me sì (risponde senza esitare, ndr). C’è tanto margine, vedo un grande futuro. Del resto le aziende stanno producendo più gravel che mountain bike, per cui ci si può aspettare anche uno spostamento degli atleti dalle altre discipline. In una gara di gravel si possono mischiare stradisti, biker e anche qualcuno del ciclocross. Di fatto è una specialità che strizza l’occhio a tutte le altre.

E’ stata dura?

Anche se ci siamo imposti di non spingere troppo, c’erano tanti strappi di 300-400 metri. Tutto un su e giù, per fortuna i rapporti del gravel permettono di salvare la gamba. Ma ci siamo fermati per mezz’ora in ciascuno dei tre ristori che abbiamo trovato, mentre nel lungo ne avevano cinque. Si mangiava come da noi, barrette, crostate e il resto. E i waffle…

Cattaneo ed Evenepoel hanno optato per il percorso medio di circa 110 chilometri (@specialized)
Cattaneo ed Evenepoel hanno optato per il percorso medio di circa 110 chilometri (@specialized)
Ecco bravo, come mai questo nome?

E’ un format che hanno esportato negli Usa. Fa leva sui waffle e sulla cultura ciclistica belga, ma belgi in giro non ne ho visti, a parte Evenepoel. Lui è stato acclamato, ma perché Remco è Remco, non perché fosse belga.

Cambiando fronte, è vero che in galleria del vento si sono viste per te cose grandiose?

Su carta, con la nuova posizione dovrei avere un miglioramento notevole. Non avevo mai fatto un lavoro del genere, se non in Lampre ma in una galleria molto più piccola di quella Specialized. Si è fatto tanto lavoro, che a livello teorico mi darà vantaggi notevoli. Chiaro che il test di 8 minuti è diverso dalla crono di mezz’ora, ma la nuova posizione promette bene.

In cosa cambia?

In tutto, anche se essendo alto 1,85, per me riuscire a stare raccolto e compatto come Remco è difficile. Dovrò fare molto lavoro a corpo libero per adattarmi a stare molto più basso, con la testa al livello delle mani.

E’ vero che Remco era infastidito perché tu hai ottenuto dalla posizione vantaggi superiori ai suoi?

Eh, lui è così (ride, ndr), vuole sempre vincere. Ma ha anche altre gambe, per sua fortuna. Adesso si torna e domani si comincia. Ho smesso presto di correre quest’anno (il 18 settembre in Lussemburgo, ndr), è tempo di ripartire.

Due europei nel Far West con la nuova Crux

06.11.2021
4 min
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La Waffle Belgian Ride corsa da Evenepoel e Cattaneo e da Giampaolo Mondini in un team Specialized è stata l’occasione migliore per la casa californiana di mettere in mostra la nuova Crux, gravel peso piuma che strizza l’occhio alle prestazioni grazie a soluzioni tecniche che la rendono… abile sia per gare di gravel che di ciclocross.

Geometrie da gara

La geometria della Specialized Crux la rende più pronta e stabile, grazie all’interasse leggermente più lungo per l’aumento dell’avantreno (circa 7 millimetri che riducono il rischio di toccare la ruota con la punta del piede in caso di curve molto strette). Fra le novità geometriche, va segnalato l’aumento del reach (9 millimetri sempre nella 56 di Cattaneo) compensato dal montaggio di un attacco manubrio più corto. Il carro posteriore invece resta identico per angoli e misure alla versione precedente. Con l’aumento di 2 millimetri del drop del movimento, si guadagna grande reattività.

Analisi dei flussi di forza

La produzione del telaio deriva invece dai feedback messi da parte durante la realizzazione e l’impiego della precedente Aethos, in cui l’analisi dinamica delle forze e delle sollecitazioni subite dal telaio durante l’azione ha permesso di dosare al meglio la laminazione e la stratificazione delle pelli di carbonio nello stampo. Tolto il superfluo, rimane un telaio ugualmente sicuro e performante e soprattutto più leggero.

A Cattaneo (ed Evenepoel) è stata affidata la S-Works, prodotta con carbonio FACT12R per un peso di 725 grammi nella misura 56. La bici era montata con Sram Red eTap AXS e il suo peso complessivo dichiarato era di 7,25 chili. Le altre tre versioni in commercio (Pro, Expert, Comp) hanno carbonio di qualità leggermente inferiore e di conseguenza, per ottenere pari affidabilità, devono ricorrere a un telaio più pesante di 100 grammi

Forcella identica per tutti i modelli, resta interessante la possibilità di montare gomme fino a 700×47 oppure 650bx2.1. Si tratta di una scelta che migliora l’aerodinamica e permette di espellere meglio il fango: utile certamente nel gravel, di vitale importanze nel ciclocross.

Nata per correre

La Crux ha il movimento filettato, nuovo standard sulle Specialized di ultima generazione. Tra i fattori di risparmio del peso va annotato anche il fodero destro meno sottile e cavo, mentre il cannotto da 27,2 lascia spazio alla giusta flessione che porta comfort e consente di montare anche un reggisella telescopico.

Brutte notizie invece per coloro che amano il gravel nella sua versione più… contemplativa. La Crux nasce per correre, scordatevi gli attacchi per il portapacchi. Il superfluo è stato eliminato, come i grammi di troppo.

specialized.com

Evenepoel 2018

Se vinci da junior farai fortuna? Non sempre…

28.10.2021
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Per Strand Hagenes e Zoe Backstedt, le vittorie ai mondiali di Leuven, per come sono arrivate, sono foriere di grandi speranze, ma quante volte avere vinto il titolo iridato junior ha poi portato realmente fortuna? Analizzando gli albi d’oro si scoprono storie molto interessanti. Non sempre emergere in età così giovane porti poi a una grande carriera. L’esempio di Alessandro Ballan, del quale abbiamo recentemente parlato, è solo uno dei casi di campioni scopertisi tali nel tempo, grazie alla propria costanza e soprattutto alla pazienza di chi li ha gestiti.

Mondiali juniores, via nel 1975

I mondiali juniores presero il via nel 1975 e subito a emergere fu un nome di un certo peso: Roberto Visentini, grande talento italiano delle corse a tappe, vincitore di un Giro d’Italia ma che aveva davvero tutto per imprimere il suo marchio su un’epoca, visto come andava a cronometro ma anche in salita. Dal 1975 al 2021, considerando naturalmente l’edizione persa lo scorso anno a causa del Covid, ci sono state quindi 46 edizioni. Solo in due casi il biennio fra gli juniores è stato coronato da due titoli iridati e in entrambe le occasioni a riuscirci sono stati ciclisti italiani.

Il primo a realizzare la doppietta è stato Giuseppe Palumbo, nel 1992 e 1993. Sul corridore siracusano e un futuro luminoso erano tutti pronti a scommettere. Alla fine ha vissuto per 12 anni fra i professionisti, con 3 vittorie in tutto e una carriera vissuta soprattutto sulla partecipazione a cinque Giri d’Italia, senza però acuti. Tornando al biennio da junior, allora il ciclismo italiano dominava: nel 1992 Palumbo batté Pasquale Santoro, professionista per un paio d’anni, mentre terzo fu il compianto belga Frank Vandenbroucke, protagonista di tante classiche.

Van Der Poel 2013
Una delle “tante” maglie iridate di VDP, mondiali junior 2013, fra Pedersen e l’albanese Nika
Van Der Poel 2013
Una delle “tante” maglie iridate di VDP, mondiali junior 2013, al suo fianco il danese Mads Pedersen

Italia padrona

Nel 1993 terzo giunse Michele Rezzani, che ha fatto maggior fortuna nelle gran fondo. Il culmine si raggiunse nel 1997, con Valentino China davanti a Ivan Basso e Rinaldo Nocentini: paradossalmente l’iridato ha vissuto una fugace esperienza fra i pro’, gli altri hanno invece scritto pagine importanti, soprattutto Basso.

Ben diverso il discorso per Diego Ulissi, anche lui capace della magica doppietta nel 2006 e 2007. Ancora oggi il portacolori della Uae Team Emirates è un protagonista fra classiche e brevi corse a tappe. Nel complesso l’Italia comanda il medagliere alla stragrande, con 30 medaglie fra cui 11 ori per 9 atleti. Non tutti loro, come si è visto, hanno però potuto esplodere fra i pro’. Damiano Cunego iniziò nel 1999 la sua grande carriera. Altri come Roberto Ciampi (1980), Gianluca Tarocco (1988), Crescenzo D’Amore (1997) non hanno avuto la stessa fortuna. Marco Serpellini, iridato nel 1990, è rimasto per 12 stagioni tra i pro’, cogliendo 9 vittorie e partecipando anche ai mondiali pro’ di Verona del 1999.

Cunego Ulissi 2007
Due giovani campioni del mondo junior, Cunego e Ulissi. Da pro’ hanno continuato sulla stessa strada…
Cunego Ulissi 2007
Due giovani campioni del mondo junior, Cunego e Ulissi. Da pro’ hanno continuato sulla stessa strada…

Il primo squillo di Lemond

Allarghiamo però il discorso: chi è davvero riuscito, fra i campioni del mondo juniores, a imprimere il proprio marchio anche da grande? In definitiva sono solamente 8, considerando vittorie in grandi giri oppure classiche di peso.

Detto di Visentini e Cunego, pochi ad esempio ricordano un ragazzino con la maglia a stelle e strisce che vinse nel 1979. Si chiamava Greg LeMond e avrebbe cambiato la cultura ciclistica americana per sempre con i suoi trionfi al Tour de France.

L’America chiama, l’Unione Sovietica risponde, nel 1987 con Pavel Tonkov, che poi con la nazionalità russa conquisterà un Giro d’Italia e sarà uno dei grandi rivali di Marco Pantani. Dobbiamo poi saltare al nuovo secolo: nel 2004 il titolo va a Roman Kreuziger, ancora oggi in carovana e con tanti successi al suo attivo tra cui un’Amstel Gold Race; nel 2009 Jasper Stuyven, l’ultimo Mister Sanremo; nel 2012 Matej Mohoric, esponente di punta dell’ondata slovena (capace quell’anno di precedere un velocista in erba come Caleb Ewan). L’anno dopo altra accoppiata di spicco con Mathieu Van Der Poel davanti a Mads Pedersen (un oro perso ma si rifarà tra i grandi…). Infine nel 2018 l’esplosione della galassia Evenepoel (nella foto d’apertura) che sta rivoluzionando il ciclismo dalle fondamenta.

Pirrone 2017
Elena Pirrone iridata junior nel 2017, con lei Letizia Paternoster che vinse il bronzo
Pirrone 2017
Elena Pirrone iridata junior nel 2017, con lei Letizia Paternoster che vinse il bronzo

Fra le donne porta bene…

Già, ma per le donne? Qui il discorso cambia un po’. I mondiali juniores iniziarono nel 1987, quindi più tardi con una vincitrice di lusso come Catherine Marsal, la francese che avrebbe rappresentato l’antitesi dell’infinita Jeannie Longo. Spesso, negli anni a seguire, sono arrivati successi di atlete che poi si sarebbero confermate fra le “adulte” dalle tedesche Ina-Yoko Teutenberg e Hanka Kupfernagel alla lituana Diana Ziliute, dalla britannica Nicole Cooke (due vittorie nel 2000 e 2001) a Marianne Vos che dall’oro conquistato nel 2004 non ha smesso più, dalla francese Pauline Ferrand Prevot iridata quasi in ogni disciplina ciclistica a Elisa Balsamo, “bimba d’oro” nel 2016 e fra le elite 5 anni dopo.

Anche qui il medagliere è guidato dall’Italia con 20 medaglie di cui 5 ori. Anche restringendo il panorama dall’arcobaleno all’azzurro, si scopre che chi vince fra le junior poi avrà il suo spazio quasi sempre.

E’ accaduto così con Alessandra D’Ettorre, prima nel 1996, poi campionessa d’Europa U23 e stella della pista quando ancora doveva iniziare il cammino della ripresa. E’ accaduto con Elena Pirrone, prima nel 2017 e che la sua carriera se la sta costruendo con pazienza e fiducia. Eleonora Patuzzo, prima nel 2007, ha corso fino al 2011 approdando anche alla Bepink prima di appendere la bici al chiodo e dedicarsi agli studi. Rossella Callovi, vincitrice nel 2009, ha corso fino al 2015. D’altronde, per spiegare ancor meglio il concetto, basta guardare questo podio: prima Marianne Vos, seconda Marta Bastianelli, terza Ellen Van Dijck: non è una gara della stagione appena conclusa, ma l’ordine d’arrivo dei mondiali junior 2004…

Ballan 2021

Ballan, oggi sarebbe possibile un altro… Ballan?

21.10.2021
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Qualche giorno fa, chiacchierando nell’ambiente è rispuntato fuori un assioma: «Al giorno d’oggi Alessandro Ballan non sarebbe passato professionista, così avremmo perso un Giro delle Fiandre e un campionato del mondo». Un concetto che in sé riassume un tema che stiamo portando avanti da tempo, quello dell’eccessiva fretta che pervade il ciclismo attuale che brucia corridori in età ancor prematura e che è all’esasperante ricerca di talenti sempre più giovani.

Non potevamo non affrontare l’argomento chiamando in causa lo stesso Ballan, al quale raccontiamo il piccolo episodio trovando in lui piena conferma: «E’ verissimo, io ho fatto 6 anni da dilettante e sono passato pro’ a 25 anni, nel 2004, quando ormai non ci speravo più».

Come mai una militanza così lunga?

Ci sono varie ragioni. Nei primi due anni ebbi grandi problemi a un ginocchio, persi in pratica le stagioni dovendomi operare due volte. Poi la maturità e subito dopo arrivò il servizio militare. In due anni feci 28 gare, davvero pochine per mettersi in mostra. Quei due anni però mi avevano preservato dall’attività forsennata, iniziai a fare il corridore seriamente nel nuovo secolo, fra la Trevigiani e la Cyber Team. Il problema è che ormai mi consideravano vecchio per il passaggio.

Ballan Fiandre 2007
Alessandro Ballan in trionfo al Giro delle Fiandre 2007, battendo nello sprint a due il belga Hoste
Ballan Fiandre 2007
Alessandro Ballan in trionfo al Giro delle Fiandre 2007, battendo nello sprint a due il belga Hoste
Che cosa accadde allora?

Si interessò Wilier, il patron della squadra che provò a sondare il terreno e non gli dirò mai grazie abbastanza. Alla fine trovò un contatto con la Lampre, ma il mio approdo nel ciclismo che conta ebbe un inizio quasi grottesco.

Dai, racconta…

Io mi ero messo l’animo in pace tanto è vero che avevo iniziato a lavorare come imbianchino. Un giorno ero in cima alla scala a passare la tinta, squilla il telefono e dall’altra parte sento: «Ciao, sono Fabrizio Bontempi, della Lampre, volevo proporti un incontro per domani…». Non lo feci neanche finire: «Sì, va bene, bello scherzo…» e misi giù. Quando lo dissi al datore di lavoro, quasi mi tirò giù dalla scala. Io neanche conoscevo Fabrizio Bontempi, lui mi disse chi era. Richiamai subito e il giorno dopo firmai il contratto.

Non pensi che l’ingaggio prematuro di Remco Evenepoel abbia rivoluzionato il modo di reclutare corridori nel ciclismo attuale?

Sicuramente, il problema è che come Evenepoel o lo stesso Pogacar ce ne sono pochissimi, ma adesso ci troviamo di fronte a un’esasperazione nella ricerca del talento sempre più precoce. Il problema è che di questa esasperazione i corridori sono vittime, ma i protagonisti sono tanti: diesse, procuratori, genitori stessi. Tutti tesi a far andare i ragazzi sempre più forte col rischio di bruciarli. Quanti ottimi allievi e juniores non sono neanche arrivati al professionismo? Quanti Ballan ci siamo persi per strada?

Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Fiandre e in mezzo il patron Sergio Galbusera
Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Fiandre e in mezzo il patron Sergio Galbusera
E’ un sistema che copia tantissimo quanto avvenuto nel calcio…

Sì, ma ci sono differenze tecniche molto importanti. Faccio un esempio: Evenepoel al primo anno ha partecipato alla Clasica di San Sebastian e l’ha vinta. Perché? Se guardiamo i suoi dati non è mai andato in soglia. Un altro della sua età, se provava a fare la stessa cosa, prendeva una bastonata solenne, che gli restava dentro e magari gli avrebbe tarpato le ali. Non dobbiamo dimenticare che parliamo di un fenomeno assoluto, ma molti lo dimenticano.

Secondo te il problema è legato alla funzione dei procuratori?

Sì, ma non solo. Per me è assurdo che vadano a cercare e mettere sotto contratto corridori che sono ancora allievi. In questo modo non rendi un servizio al movimento, cerchi solo la gallina dalle uova d’oro… Il ciclismo non fa sconti e l’ho capito sulla mia pelle sin da subito…

In che modo?

Un altro esempio: quando ero junior feci abbastanza punti per accedere alla compagnia Atleti dell’Esercito. Eravamo 100 in tutto, ma almeno 70 di essi avevano punteggi migliori dei miei, il che significa che erano andati meglio di me. Di quelli passarono pro’ in 15 e solo 5 ebbero una carriera durata almeno 6 anni…

Evenepoel San Sebastian 2019
Evenepoel in fuga alla Clasica di San Sebastian 2019. Un fenomeno che ha fuorviato il movimento
Evenepoel San Sebastian 2019
Evenepoel in fuga alla Clasica di San Sebastian 2019. Un fenomeno che ha fuorviato il movimento
Era un altro ciclismo?

Probabilmente sì, ma parliamo di meno di vent’anni fa. Io da junior mi divertivo, pensavo a correre, ma con la testa di un giovane di quell’età, la mentalità professionistica venne dopo, in maniera seria. Oggi invece vedi tutti con cardiofrequenzimetro, Srm, tabelle, nutrizionista, a quell’età è sbagliato.

E’ un problema generale o italiano?

Abbiamo visto che un po’ in tutte le Nazioni c’è la ricerca del campione precoce, ma credo che in Italia sia troppo esasperata. Oggi un caso come il mio è praticamente impossibile, puoi forse accedere a una continental, ma poi è difficile progredire. Gli osservatori dei team WorldTour d’altronde non guardano neanche le gare dei team continental, vanno direttamente sugli under 23 se non addirittura gli juniores. Gli stessi under 23, dopo un paio d’anni nella categoria sono già considerati vecchi. Non c’è più la buona abitudine di aspettare la maturazione di un atleta.

Secondo te la Federazione può fare qualcosa?

La Fci può fare molto, ma molto possono fare anche le stesse società giovanili, pensando a tutelare gli atleti e a insegnargli il mestiere, non solo a cercare i campioni da far passare per avere poi immagine, sponsor, soldi. E’ un sistema che va rivisto dalle fondamenta e tutti devono metterci del loro.

Nations 2014

Chrono des Nations, per Ganna una rinuncia a due facce

16.10.2021
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Nel secolo scorso, quando i mondiali su strada si svolgevano a fine agosto ed erano riservati solo alle prove in linea, la sfida per i cronoman era quella del GP delle Nazioni, principalmente sulla Costa Azzurra. Era un appuntamento sentitissimo, su una distanza pressoché inconsueta nel ciclismo, sempre oltre gli 80 chilometri. I grandi specialisti non mancavano mai. Coppi l’ha vinta due volte come Gimondi, Moser ci ha provato spesso ma senza successo. Con l’avvento dei mondiali di specialità, il GP delle Nazioni ha perso charme, fino a essere cancellato dal calendario nel 2004. Intanto però prendeva sempre più consistenza una prova simile, la Chrono des Nations. Nata nel 1987, è cresciuta progressivamente fino a entrare nel 2005 nel calendario Uci.

La gara con il passare degli anni ha assunto il ruolo di vera e propria rivincita della gara mondiale, anche perché a differenza della quasi totalità delle gare professionistiche, qui i corridori sono ingaggiati direttamente dagli organizzatori, con cifre anche importanti e solo successivamente sono coinvolte le squadre.

Martin Nations 2013
Il tedesco Tony Martin, autore di una tripletta consecutiva dal 2011 al 2013, riuscita prima solo a Gonchar (UKR)
Martin Nations 2013
Il tedesco Tony Martin, autore di una tripletta consecutiva dal 2011 al 2013, riuscita prima solo a Gonchar (UKR)

Per l’Italia solo 4 successi

Si gareggia a Les Herbiers, località nel dipartimento francese della Vandea, piuttosto difficile da raggiungere. Per un giorno la città ospita un vero e proprio festival del cronometro. Si comincia al mattino presto con le gare per i più piccoli e si va avanti fino alle prove per professionisti a inizio pomeriggio. Nella storia, considerando le varie categorie, l’Italia ha vinto solamente 4 volte: Maria Canins si è aggiudicata la prova femminile nel 1988 e ’89, Gianluca Moi quella under 23 nel 2002, Filippo Ganna ha trionfato fra gli junior nel 2014 (foto di apertura).

Come si vede, non abbiamo mai vinto la gara principale. Proprio Ganna, battuto non senza sorpresa due anni fa dall’olandese Jos Van Emden, voleva riprovarci quest’anno.

L’iridato era stato invitato dagli organizzatori per dare vita a una grande rivincita con Remco Evenepoel, terzo ai mondiali. Per allestirla non avevano badato a spese, ma a tre giorni dalla sfida, Ganna ha declinato l’invito. La caduta all’ultima Coppa Bernocchi, costatagli un’incrinatura a una costola era ancora troppo recente per portarlo ad effettuare una trasferta così onerosa. E sapendo quel che c’è in ballo, ossia i mondiali su pista, ha preferito rinunciare.

Nations 2019
Il podio dell’ultima edizione, nel 2019, con l’olandese Van Emden fra Ganna (2°) e Roglic (3°)
Nations 2019
Il podio dell’ultima edizione, nel 2019, con l’olandese Van Emden fra Ganna (2°) e Roglic (3°)

Una rinuncia quasi… fortunata

Il suo preparatore Dario Cioni aveva già tracciato il solco della trasferta: «La partecipazione era stata decisa durante i mondiali su strada, proprio considerando l’obiettivo principale di fine stagione. Noi ci eravamo messi a disposizione, con lui saremmo partiti io, il meccanico Matteo Cornacchione con tutta l’attrezzatura e il massaggiatore Piero Baffi, ma a metà settimana Pippo ci ha comunicato la sua decisione, che non viene per nuocere…».

Cioni spiega i confini della sua affermazione: «Filippo sta abbastanza bene, si sta riprendendo e evitare la trasferta è un ulteriore aiuto per la sua ripresa. Inoltre questo gli consente di lavorare di più su pista. Avrebbe dovuto saltare un’intera sessione con i compagni. Così ha invece la possibilità di completare il ciclo di allenamento previsto e avere nelle gambe lo stesso numero di ore di preparazione degli altri. Io penso che alla fine sarà un piccolo vantaggio».

Evenepoel Mondiali 2021
Evenepoel alla fine del Mondiale crono 2021: un bronzo che non lo aveva accontentato
Evenepoel Mondiali 2021
Evenepoel alla fine del Mondiale crono 2021: un bronzo che non lo aveva accontentato

Favorito Evenepoel?

La gara francese perde così uno dei suoi principali interpreti. La gara di domenica si disputa su una distanza “normale”, 44,5 chilometri con l’unica variazione rispetto al 2019 (nel 2020 la gara è stata cancellata per il Covid) dei primi e ultimi 500 metri.

«E’ un tracciato che si adattava abbastanza bene alle caratteristiche di Filippo – afferma Cioni – non piatto come quello dei mondiali, ha un dislivello complessivo di 400 metri, diciamo che è il classico su e giù della pianura francese. Sarebbe stato un bel test anche perché è presumibile che il percorso olimpico di Parigi 2024 avrà caratteristiche simili. Vorrà dire che ci andremo l’anno prossimo».

I media avevano caricato fortemente l’evento puntando sulla sfida fra l’iridato e il belga Remco Evenepoel, terzo a Leuven. Per Cioni però la mancanza di Ganna non significa che il belga avrà vita facile.

«Fossi in lui – spiega – farei molta attenzione al campione europeo, lo svizzero Kung che potrebbe adattarsi meglio di tutti al tracciato. E’ difficile dire chi sia il favorito, dipende molto da quanta benzina è rimasta nelle gambe di ognuno più che dalle proprie capacità».

De Marchi Tre Valli 2021
Toccherà a De Marchi provare a centrare il podio, colto oltre che da Ganna solo da Quinziato nel 2008
De Marchi Tre Valli 2021
Toccherà a De Marchi provare a centrare il podio, colto oltre che da Ganna solo da Quinziato nel 2008

Gara che merita il WorldTour

La “costruzione” dell’evento come detto è un po’ particolare: Lefevere ad esempio nelle sue dichiarazioni non è sembrato entusiasta della partecipazione di Evenepoel, pur comprendendo il richiamo economico. Cioni tiene su questo a dire la sua: «E’ una bellissima manifestazione, proprio perché è dedicata a tutte le categorie e non solo ai professionisti. Ha una forte partecipazione francese ma questo è normale, basti considerare che la Française des Jeux invierà 20 atleti fra le varie categorie. Per me è un peccato che non abbia il seguito mediatico che meriterebbe. Considerando che il WorldTour non comprende gare a cronometro, dovrebbe assolutamente inserirla».

Assente Ganna, toccherà quindi ad Alessandro De Marchi, campione europeo nel Team Relay e reduce dalla vittoria alla Tre Valli Varesine, provare a sfatare il tabù azzurro. Nelle altre categorie ci saranno 8 italiani, tra cui Marta Cavalli, Elena Pirrone, Vittoria Bussi e Federica Piergiovanni nella gara elite femminile dove, stante l’assenza delle principali olandesi, tutto indica nella svizzera Reusser la principale favorita.

Gilbert, l’Inferno, il doping, Remco, Pogacar e Armstrong

03.10.2021
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La banalità non è mai appartenuta a Philippe Gilbert. E se prima aveva il suo bel da fare a gestirsi la vita da star a suon di vittorie, il lockdown e un infortunio di troppo (il secondo, al Tour del 2020) gli hanno lasciato come eredità il gusto e la possibilità di parlare chiaro. Non tutti lo fanno e ne avranno i loro motivi. Quando però accade, viene idealmente da sedersi ad ascoltare. Così alla vigilia della Roubaix, di cui è l’ultimo vincitore, il belga che da anni vive a Monaco dove ha anche aperto un negozio di bici (The Bike Shop), ha raccontato a L’Equipe un po’ dei suoi pensieri.

Sulla Roubaix

«Indosserò il pettorale numero 1, è un riconoscimento e un vero orgoglio. Nessuno avrà dubbi che sia io l’ultimo vincitore, ma in termini di ambizioni non è la stessa cosa. Posso anche dire che non ne ho. Già, in termini di equipaggiamento, non avrò lo stesso vantaggio di due anni fa quando correvo sulle migliori bici al mondo. Ricordo Nils Politt che era con me nel finale (foto di apertura, ndr). Pensai che probabilmente era forte quanto me, ma non aveva la stessa bici.

«In questi giorni non ho sentito lo stesso fervore della primavera. Non abbiamo il solito accumulo di pressione, quello che inizia ad Harelbeke poi alla Gand-Wevelgem e al Giro delle Fiandre. La Roubaix è il culmine di un ciclo della stagione, mentre qui arriviamo senza un punto di riferimento. Sono mesi che non corriamo sul pavé. Penso che per stare bene alla Parigi-Roubaix, abbiamo bisogno di quelle gare che permettono al corpo di acclimatarsi, di sopportare le sofferenze. La gamba deve girare sul pavé di Roubaix. Due anni e mezzo fa al via a Compiegne sapevo di essere pronto per la vittoria, non sono sicuro che stamattina molti possano dire lo stesso».

Gilbert è nato il 5 luglio del 1982, vive a Monaco dove ha aperto un negozio di bici
Gilbert è nato il 5 luglio del 1982, vive a Monaco dove ha aperto un negozio di bici

Sul lockdown e il ciclismo

«Il Covid ha cambiato tutto. Spesso avevo la sensazione guardando le gare che tutti avessero ancora più fretta di vincere, come se ogni corsa fosse l’ultima che facevano. Improvvisamente, gli atleti maturi come me hanno cominciato a soffrire. Sono uno che ha bisogno di allenarsi, mi ha disturbato non poter lasciare Monaco per andare verso l’entroterra francese. E anche se adesso tutto è tornato normale, ho l’impressione che ci stiamo divertendo molto meno. Sarà una semplice evoluzione, ma non riconosco più il mio sport.

«Anche io a 39 anni non sono più lo stesso corridore di prima, questo è certo. Ho sempre avuto grandi stagioni. Prima che l’UCI fissasse i limiti, correvo dai 95 ai 100 giorni all’anno e non perdevo mai più di un mese intero senza essere all’altezza. Oggi per me è tutto più complicato».

Qui Gilbert alla Gand 2021: come sarà la Roubaix senza queste gare prima?
Qui Gilbert alla Gand 2021: come sarà la Roubaix senza queste gare prima?

Sul tempo che passa

«Proprio la sera della vittoria a Roubaix, un giornalista mi fece per la prima volta la domanda quando mi sarei ritirato. Mi sorprese e un po’ mi infastidì. Ricordo che gli risposi duramente se volesse che me ne andassi, se gli dessi fastidio. Ora questo tipo di domanda mi tocca a ogni intervista e mi infastidisce seriamente. Ho annunciato che arriverò alla scadenza del mio contratto alla fine del 2022, ma non so come andrà a finire la mia carriera. Forse questa sarà la mia ultima Parigi-Roubaix, forse no. Non ho ancora idea del mio programma per la prossima stagione, la domanda sorgerà soprattutto per i grandi Giri. Questo è ancora il mio posto, alla mia età? Ne ho parlato durante il mondiale con Tchmil, Darrigade e Zoetemelk. Mi hanno consigliato di approfittare di quest’ultimo anno per accumulare ricordi.

«Però non c’è frustrazione. So da dove vengo e so quanto abbiano pesato le due cadute del Tour (nel 2018 e appunto nel 2020). Ogni volta sullo stesso ginocchio, il sinistro. La seconda soprattutto ha avuto conseguenze pesanti. Non sono più lo stesso. Prima i corridori prendevano la mia ruota per posizionarsi nel posto giusto, ora sono io che mi metto dietro qualcuno che sta per attaccare. Magari sembra un piccolo dettaglio, ma per me è un enorme cambiamento nel modo di correre».

Evenepoel è stato suo compagno da neopro’: i due sono spesso in contatto
Evenepoel è stato suo compagno da neopro’: i due sono spesso in contatto

Sui vecchi tempi

«Sono un ciclista diverso dai ragazzi di oggi. Sono sempre stato molto serio, ma prima in gruppo ridevamo di più. C’erano corse che cambiavano, fughe e taciti accordi tra le squadre per lasciarsele andare, mentre oggi si litiga in partenza e ci sono anche uomini forti che si mettono davanti. Prima i distacchi arrivavano fino a venti minuti, potevamo anche fermarci per un caffè, ma sapevamo che il gruppo sarebbe arrivato. Ora con tre minuti di vantaggio, una fuga può arrivare fino in fondo. E’ cambiato tutto, abbiamo meno tempo per ridere.

«Sono spesso in contatto con Evenepoel e soprattutto con i suoi genitori, che mi chiedono consiglio perché non ha un manager e non ha intorno grandi persone. E’ un corridore fenomenale, fisicamente e mentalmente, ma quello che gli sembra più importante oggi è la sua immagine. Aumentare i follower sui social e temo che questo si ritorcerà contro di lui. Non lo sto criticando, ma gli consiglio spesso di mollare un po’, perché i social non sono la vita reale. Tra le persone che lo seguono, ci sono tanti account falsi, società di marketing e cose del genere. Il resto sono fan che ovviamente sono esigenti con lui. Per lui va tutto veloce, ma è anche colpa sua perché ha fretta di arrivare».

La ricognizione sul pavé di Gilbert dei giorni scorsi, pre la Roubaix in cui avrà il numero uno
La ricognizione sul pavé di Gilbert dei giorni scorsi, pre la Roubaix in cui avrà il numero uno

Sui giovani

«Oggi il ciclismo è più coerente di quando ho iniziato. Per molto tempo mi sono chiesto cosa ci facessi in mezzo a quelli che giravano con le sacche di sangue. C’era un abisso tra gli anziani e noi. Di conseguenza, abbiamo imparato a vincere molto più tardi rispetto alla generazione attuale. Ovviamente loro si stanno comportando come avremmo dovuto fare anche noi, ma non lo sapevamo. E visto che ci riescono, sono più ambiziosi di noi alla stessa età.

«Solo che alcuni sono totalmente disconnessi dalla realtà, vivono in un altro mondo senza preoccuparsi dei più grandi. Alcuni però sono rispettosi. Quando vedo Pogacar venire con sua moglie nel mio negozio di biciclette a Monaco e aspettare il suo turno come tutti gli altri per fare una regolazione sulla sua bici, lo trovo rassicurante. E’ gentile e semplice nonostante abbia vinto due volte il Tour de France. Armstrong al suo posto non si sarebbe nemmeno mosso da casa, avrebbe mandato uno dei suoi compari».