Catalunya subito stellare, ma che paura per Cataldo…

21.03.2023
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Nel giorno in cui sul traguardo di Sant Feliu de Guixols, Evenepoel e Roglic si misurano la febbre e lasciano un acconto di quel che sarà la sfida del Giro d’Italia, la prima tappa della Volta a Catalunya lascia sull’asfalto il dolore di Dario Cataldo. L’abruzzese si ritrova in ospedale con una diagnosi pesantissima solo da leggere.

Le inquadrature lo mostrano accovacciato sul marciapiede alla destra della strada, insieme ad altri corridori ugualmente a terra. L’intervento di due passanti è da pelle d’oca. Prima lo muovono, poi per fortuna capiscono di non dover intervenire e lo vegliano in attesa dei soccorsi.

Il comunicato diffuso nella serata di ieri dalla Trek-Segafredo è un rosario di fratture, al termine del quale si annuncia che Dario sarà trasferito e operato all’ospedale di Girona per la riduzione della frattura alla testa del femore. La caduta è avvenuta a 5,4 chilometri dall’arrivo, mentre il gruppo era lanciato verso il primo arrivo.

Cataldo è caduto ai 5,4 chilometri dall’arrivo, ora è ricoverato con una prognosi molto impegnativa
Cataldo è caduto ai 5,4 chilometri dall’arrivo, ora è ricoverato con una prognosi molto impegnativa

Partenza ritardata

Sul traguardo Roglic ha guastato la festa a Evenepoel, che ha cercato di rimediare a una volata iniziata dalle retrovie e persa al fino di lana. Lo sloveno, fresco vincitore della Tirreno-Adriatico, è partito in testa e ha subito la rimonta del belga. Sul traguardo spagnolo a vederlo c’erano anche i genitori.

«Penso di aver fatto lo sprint più veloce di tutti – ha detto Remco – ma sono venuto da troppo indietro. Ero a ruota di Van Wilder, ma all’improvviso sono passati da entrambi i lati e questo mi è costato la vittoria. A 300 metri ero quattro o cinque bici dietro Roglic. Se arrivi secondo per così poco, allora puoi parlare davvero di un’occasione persa. All’inizio della corsa non mi sentivo bene, forse a causa dell’allenamento in altura. Ma quando in salita il ritmo è aumentato, le gambe pesanti sono gradualmente scomparse».

Torna finalmente in gruppo anche Bernal, qui con Carapaz e il campione del mondo
Torna finalmente in gruppo anche Bernal, qui con Carapaz e il campione del mondo

Guadagno negli sprint

Il campione del mondo se ne è fatto una ragione. Così prima ha picchiato il pugno sul manubrio e poi si è complimentato con Roglic, che gli è superiore su certi tipi di arrivo, e poi ha fatto un bilancio obiettivo.

«Roglic ha vinto quasi ogni sprint alla Tirreno-Adriatico – ha spiegato – e io l’ho quasi battuto. Sono diventato molto più forte in questi arrivi, il mio sprint è migliorato enormemente. Non ho ancora la miglior potenza, ma l’aerodinamica e il peso inferiore mi fanno andare più veloce. Ora posso anche competere su traguardi da finisseur e questa è una buona notizia anche per gli arrivi in salita. Dopo uno sforzo prolungato, mi sento ancora meglio negli sprint».

Roglic arriva al Catalunya dopo la vittoria alla Tirreno-Adriatico e pare ancora molto in palla
Roglic arriva al Catalunya dopo la vittoria alla Tirreno-Adriatico e pare ancora molto in palla

La solidità di Roglic

E Roglic cosa ha detto? Lo sloveno, che alla Tirreno-Adriatico si era detto stupito per le sue ottime performance, deve aver capito che la condizione che lo sostiene è vera e degna dei giorni migliori.

«So di non essere un vero velocista – ha detto – ma sapevo di poter lottare per la vittoria di tappa. Avevo buone gambe, ma ovviamente c’è voluta un po’ di fortuna. Sono molto grato alla squadra. I miei compagni hanno fatto un ottimo lavoro. Senza di loro il risultato di oggi non sarebbe stato possibile, mi hanno messo in un’ottima posizione per gli ultimi chilometri».

Al Catalunya anche Moscon, già rientrato al Gran Camino dopo l’infortunio del Tour Down Under
Al Catalunya anche Moscon, già rientrato al Gran Camino dopo l’infortunio del Tour Down Under

Arrivo in salita

Oggi il Catalunya affronta una tappa difficile, 165 chilometri con arrivo in salita a Vallter: salita finale di 11,4 chilometri con una pendenza media del 7,6 per cento.

«Non ho mai fatto questa scalata, ma sono sicuro che riusciremo a gestirla. Questo è solo l’inizio. Ci sono ancora tappe difficili davanti. Ovviamente vorrei vincere la classifica generale, ma questo è solo il primo giorno. La gara non sarà finita fino a quando non avremo raggiunto Barcellona».

In ansia per Cataldo

Il bollettino medico relativo a Cataldo preoccupa, ma Dario non ha mai perso conoscenza. Il cammino per il ritorno sarà lungo.

«Una scansione TAC eseguita in ospedale – recita il comunicato della Trek-Segafredo – ha rivelato la frattura della testa del femore sinistro e dell’acetabolo destro (l’articolazione “sferica” dell’anca), due fratture del processo trasversale della colonna lombare senza impatto neurologico, costole rotte multiple con un pneumotorace bilaterale e la clavicola sinistra fratturata. Dario è cosciente ed emodinamicamente stabile e sarà trasferito in un altro ospedale in Catalogna. Dopo una seconda valutazione presso il nuovo ospedale di Girona, subirà un intervento chirurgico per riparare la frattura del femore».

Si potrebbe parlare ancora del duello fra Roglic ed Evenepoel e siamo certi che sin da oggi ce ne saranno altri spunti. Ma qui vogliamo prima di tutto mandare a Dario gli auguri dell’Italia del ciclismo, della nostra redazione e, ne siamo certi, di tutti i nostri lettori. Forza amico, torna presto!

Masnada dal Teide: «Prima gli allenamenti, poi le gare in tv»

14.03.2023
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Fausto Masnada sarà deputato a scortare Remco Evenepoel al Giro d’Italia. Ma il lombardo della Soudal-Quick Step è già vicino al fenomeno belga. E’ con lui già da un paio di settimane in cima al Teide. Lassù si va avanti a pane e ciclismo, anche quello degli altri!

Ci siamo chiesti, anzi abbiamo chiesto a Masnada, se in ritiro i corridori seguono i loro colleghi impegnati nelle corse, tanto più se si tratta di gare importanti come la Parigi-Nizza e la Tirreno-Adriatico.

Fausto Masnada (classe 1993) in ritiro sul Teide. Dopo gli allenamenti, tutti davanti alla tv per vedere i colleghi in corsa (foto Instagram)
Masnada (classe 1993) in ritiro sul Teide. Dopo gli allenamenti, tutti davanti alla tv per vedere i colleghi in corsa (foto Instagram)
Fausto, allora le guardate queste corse quando siete in ritiro?

Sì, sì, le guardiamo e anche con interesse. Essendoci un’ora di fuso, qualche volta l’orario ci ha un po’ “fregato”. Di solito noi finivamo quando stavano per arrivare la Parigi-Nizza e ancora di più la Tirreno. Ma noi mandavamo indietro e le vedevamo comunque.

E cosa avete notato?

Che Roglic è in una forma strepitosa. Quando siamo arrivati qui, il 26 febbraio, c’era anche lui. Ci siamo accavallati per un paio di giorni e poi lui è partito appunto per la Tirreno. E la stessa cosa hanno fatto Landa,Van Aert e un altro gruppo diretto invece in Francia alla Parigi-Nizza.

Al netto delle corse, come si passa il tempo lassù?

Noi ci stiamo allenando bene. Ognuno ha i suoi obiettivi, pertanto ognuno segue il suo programma, ma cerchiamo di stare insieme il più possibile. Una convivenza per tanti giorni in hotel, a 2.200 metri di quota nel nulla non è facile. Non è così scontato mantenere i rapporti. Ma ormai ci siamo abituati.

Anche i professionisti subiscono il fascino della Strade Bianche. Per questa gara i Soudal hanno modificato l’orario di allenamento
Anche i professionisti subiscono il fascino della Strade Bianche. Per questa gara i Soudal hanno modificato l’orario di allenamento
Regolavate gli orari di allenamento in base alle corse in programma?

Non proprio, di solito finivamo verso le 14-15 le nostre uscite, che sono le 15-16 italiane, quindi pranzavamo ed eravamo giusti per i finali. Solo per la Strade Bianche abbiamo modificato l’orario di allenamento. Anche se la classica di Siena non è monumento, è una delle più belle e ci tenevamo tutti a goderci lo spettacolo in diretta.

Tra voi corridori spesso parlate di materiali, numeri, tattiche… Che giudizi avete dato dei vostri colleghi in gara?

Roglic, come detto, va già forte. Quando l’ho visto sul Teide era più magro rispetto allo scorso anno e mi sono detto: «Cavolo, è già tirato!». Sì, lui è sempre stato scavato in volto, ma mi è sembrato molto magro anche nel resto del corpo. Cosa che invece non ho notato in Van Aert. Non che fosse grasso, ma è molto più… normale.

Chi vi ha impressionato di più: Roglic o Pogacar?

In queste fase, la Jumbo-Visma e Tadej Pogacar hanno dimostrato sul campo di essere su un altro pianeta. I primi come squadra: non solo per Roglic alla Tirreno, ma anche per i piazzamenti alla Parigi-Nizza e per i risultati nelle prime classiche del Belgio. E Tadej ha dato una dimostrazione in più del suo talento. Stanno monopolizzando le gare.

Sassottetto, il momento in cui Kelderman riporta davanti Roglic. Per Masnada, Primoz ha avuto sangue freddo
Sassottetto, Kelderman riporta davanti Roglic. Per Masnada, Primoz ha avuto sangue freddo
Per esempio avete studiato anche il comportamento di Roglic in corsa? Tanto più che potrebbe essere il rivale numero verso la conquista della maglia rosa…

E cosa vuoi studiare?! Ogni gara è a sé e analizzare ciò che ha fatto o farà non è facile. Non è attendibile. Però quando inizierà il Giro Italia lo terremo d’occhio. Giro che parte con una crono, quindi non ci si potrà nascondere, pertanto già al termine della prima tappa, potremmo ipotizzare una strategia di corsa e capire come andare avanti.

Quindi si guarda la tv, si commenta, ma i conti reali si fanno in corsa…

Il nostro primo obiettivo è il Catalunya. Lì ci sarà anche Roglic, vedremo come si comporteranno, sia lui che la sua squadra. Alla fine mancherà poco più di un mese all’inizio del Giro e potremmo già farci un’idea.

Per esempio, a Sassotetto si è sfilato e si è fatto riportare sotto da Wilco Kelderman: un’azione così vi fa fare qualche ipotesi? Può essere un’indicazione su come si comporteranno?

Si sa che Roglic è calcolatore, ma io non l’ho visto in vera difficoltà. E’ rimasto coperto e con il vento contro che c’era, ha preferito aspettare la volata finale. Quando Mas ha dato quell’accelerata si è staccato, ma anziché andare avanti da sé, sapeva che c’era Kelderman e si è fatto riportare davanti. Ha aspettato perché sapeva che fare la differenza su quella salita, con quel vento, era davvero difficile. Sapeva anche che in una volata con 15 corridori sarebbe stato il più veloce e quindi ha avuto sangue freddo. Primoz è vincente, intelligente, si conosce e ha l’esperienza di chi ha vinto tre grandi Giri.

Masnada è stato chiaro (ed onesto): la Soudal ha un diamante e una squadra intorno. Non ha tante punte come UAE e Jumbo
Masnada è stato chiaro (ed onesto): la Soudal ha un diamante e una squadra intorno. Non ha tante punte come UAE e Jumbo
Analisi da corridore! E Fausto Masnada potrà essere il Kelderman della situazione per Remco?

E’ un paragone abbastanza importante! Wilco in tanti anni si è meritato più di me un certo ruolo e non a caso dove correva prima era un capitano. Mi piacerebbe fare ciò che ha fatto lui ed essere fondamentale per la squadra. Noi non siamo come la UAE Emirates o la Jumbo-Visma, che sono piene di campioni, che sono un po’ come il Paris Saint Germain che è fatto di sole punte. Noi abbiamo Remco come diamante e proviamo tutti a fare il massimo per lui. Abbiamo una strategia diversa di gara. Immagino che correremo più in difesa: manderemo via le fughe, avremo una strategia di corsa meno aggressiva rispetto alla Jumbo-Visma, che attacca spesso e con più uomini.

Chiarissimo Fausto, basta ricordarsi dell’ultimo Tour! Un’ultima domanda. Avrai un ruolo molto importante e sei l’uomo di fiducia di Remco: tu come stai?

Sono soddisfatto di come sto lavorando: parecchio e bene. Tutto procede in modo regolare e la preparazione è fissata per essere al top per il Giro. La squadra vuole che ci arriviamo nella condizione migliore per supportare Remco. Credo che il Giro d’Italia sia l’obiettivo stagionale per il team. Anzi, senza credo: è l’obiettivo primario. Pensiamo a finire bene questo ritiro, poi andremo al Catalunya, ci saranno i Baschi, poi di nuovo altura e quindi andremo diretti al Giro. 

«Sempre più veloce», Remco feroce anche coi materiali

03.03.2023
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«Voglio andare sempre più forte», parole di Remco Evenepoel. Il campione della Soudal-Quick Step è davvero sul pezzo. Oltre che scrupoloso nella preparazione, affamato in corsa, è anche molto attento a ciò che concerne i materiali. Per il belga il dogma è: “performance first”.

E di questo suo rapporto con i materiali parliamo con Specialized, che in pratica fornisce la maggior parte dei materiali, dai caschi alle ruote, dalla bici alle scarpe, e Castelli, che fornisce il vestiario, elemento sempre più importante ai fini dell’aerodinamica.

Asgreen, Cattaneo ed Evenepoel nella galleria del vento di Specialized per i test di fine 2021. Remco vi è poi tornato
Asgreen, Cattaneo ed Evenepoel nella galleria del vento di Specialized per i test di fine 2021. Remco vi è poi tornato

Sa ascoltare

Remco è puntiglioso, ma molto meno “rompiscatole” di tanti altri campioni: è quel che ci dicono da Specialized.

«Evenepoel – spiegano dal brand americano – ascolta ciò che gli viene detto. E questo è un vantaggio. Se gli vengono suggeriti dei materiali che secondo noi sul quel percorso, con quel meteo, sono più performanti lui li usa.

«Accoglie i suggerimenti. Al mondiale, per esempio, gli abbiamo suggerito di utilizzare una ruota più leggera nonostante siano poi usciti 42,5 chilometri di media oraria. Secondo noi era meglio per le accelerazioni sugli strappi. E Remco ci ha seguito».

«Per noi tutto ciò ha una doppia valenza. Oltre al fatto che l’atleta, numeri alla mano, rende di più essendo lui un leader influenza nella giusta direzione gli altri compagni. Se uno come Remco inizia a dire che quel “copertoncino X” non ha tenuta o è poco scorrevole in base ad una sua sensazione, alla fine andrà a compromettere il giudizio anche degli altri. E succede…».

Non solo Remco

La ricerca del dettaglio però non riguarda solo Evenepoel, è una tendenza che si nota dappertutto. Guardiamo il cambio epocale della UAE Emirates rispetto allo scorso anno. Hanno cambiato gruppi, ruote e per farlo hanno rinunciato a sponsorizzazioni importanti. Un po’ quello che fece la Ineos-Grenadiers quando acquistava le ruote Lightweight ma aveva Shimano. O la stessa cosa che ha fatto la Jumbo-Visma nel passaggio da Shimano a Sram.

«E questo ormai riguarda anche squadre un po’ più piccole. Per esempio alla Omloop la Lotto-Dstny ha sperimentato un monocorona con Campenaerts. Allo stesso tempo non nascondiamo che su un certo tipo di percorsi Remco ha utilizzato una ruota che non era nostra… e parliamo di un vantaggio millesimale».

Manubrio 3D, body extra aderente e con particolare finitura, casco specifico per la sua posizione: Remco è una freccia a crono
Manubrio 3D, body extra aderente e con particolare finitura, casco specifico per la sua posizione: Remco è una freccia a crono

Crono al millesimo

Lo scorso anno dopo i test in galleria del vento a Morgan Hill, nella sede del brand americano, Remco non era soddisfatto del tutto, in quanto Cattaneo, che era con lui, aveva ottenuto una percentuale maggiore di miglioramento. Al belga poco importava di partire da una base migliore rispetto all’italiano. E’ Remco! Come dicevamo, famelico anche sotto questo punto di vista.

«Cura sempre i dettagli e cerca di tirare fuori il massimo dai materiali – vanno avanti da Specialized – Ma anche lui ha qualche richiesta a volte e noi, se questa può essere valida, cerchiamo di accontentarlo. Per esempio ci sta chiedendo la corona da 60 denti per le crono. L’abbiamo montata e per farlo abbiamo operato un piccolo adattamento del deragliatore sulla bici».

«Sulla crono è davvero attento. Per esempio il casco che abbiamo sviluppato è stato fatto sulla sua testa e su quella di Asgreen. Anche il danese ha una posizione estrema. Questo casco è stato sviluppato in ottica non solo aero, ma anche di visibilità. Quando sono in posizione adesso possono vedere fino a 100 metri, prima ne vedevano 20-30. Era come se andassero al buio. Per guardare avanti erano costretti a perdere la posizione ottimale per quell’istante».

«Ma per fare tutto ciò serve tempo. E non sempre il corridore, anche se vuole, può venire in galleria del vento. Così abbiamo fatto un calco in 3D della conformazione della sua testa. E ci abbiamo lavorato. Così facendo abbiamo limato anche altrove. Per esempio si poteva dare un po’ più di libertà alle gambe e siamo riusciti ad accorciare le pedivelle di qualche millimetro».

«Solo alla Vuelta dello scorso anno in un paio di occasioni, Remco ha operato delle scelte non totalmente finalizzate alla prestazione. Aveva paura di soffrire il caldo e ha optato per un casco più aereato e un filo meno aerodinamico, Ma questo denota la sua attenzione per tutti i particolari».

Il belga è molto attento anche alla parte dell’abbigliamento. Tutto deve essere aderente, ma mantenendo il comfort
Il belga è molto attento anche alla parte dell’abbigliamento. Tutto deve essere aderente, ma mantenendo il comfort

Vestiario più veloce

E parlando di crono e di caldo si legano bene le parole di Alvin Nordell, tecnico di Castelli che cura i rapporti con i team.

«L’abbigliamento – spiega Nordell – deve essere comodo e funzionale. Abbiamo trovato alcune configurazioni veloci ma poco pratiche quando si tratta di una gara di 5 ore o di una cronomentro di 40 chilometri, ma con una temperatura di 40 gradi. Le prestazioni e il comfort devono completarsi a vicenda per rendere il ciclista il più veloce possibile».

«I vestiti e i test che facciamo aiutano Remco a ottenere quell’ultima percentuale di guadagno per vincere le gare. Testiamo e proviamo sempre i nostri completi tecnici per renderli più veloci».

«E’ vero – prosegue Nordell – Remco è attento a tutto: dal casco alla lunghezza delle maniche, dai calzini ai copriscarpe. Vuole davvero vedere cosa funziona (e cosa non funziona) per renderlo poi il più veloce possibile».

«Per noi di Castelli è una buona collaborazione. Portiamo la nostra conoscenza e la nostra esperienza e le integriamo con le sue, per trovare quanti più vantaggi possibili. Anche per questo ho apprezzato la sua disponibilità a provare cose nuove, solo per vedere se funzionano o meno. Alcuni hanno questa curiosità, altri no».

EDITORIALE / Il ciclismo non è per tutti

27.02.2023
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Il ciclismo non è uno sport per tutti e non lo è mai stato. Solo in un certo periodo, breve nel quadro complessivo ma che parve eterno, alcuni imbonitori persuasero anche atleti senza mezzi ad acquisirli in modo alternativo.

Nacque un ciclismo con differenti velocità e periodi blindati. Si andava forte per un arco limitato di settimane e ogni periodo aveva i suoi vincitori. Sembra passato un secolo. E se oggi Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel possono vincere in corse fuori stagione rispetto ai loro obiettivi è perché le qualità dei grandi corridori vengono fuori come quando si sfidavano da ragazzini e il più forte vinceva sempre.

Vingegaard ha aperto la stagione al Gran Camino, vincendo le tre tappe e la classifica finale
Vingegaard ha aperto la stagione al Gran Camino, vincendo le tre tappe e la classifica finale

L’esempio di Visconti

Probabilmente il fatto di essere in piena scrittura di un libro sulla storia di Giovanni Visconti sta suscitando continui paragoni. Il ciclismo non è per tutti e forse il percorso del campione palermitano ne è la dimostrazione perfetta. Il ciclismo richiede rinunce, quelle che Alfredo Martini non voleva mai chiamare sacrifici: se lo scegli, non è sacrificio.

Visconti (come pure Nibali un anno dopo) un giorno partì da casa e si trasferì in Toscana, ospite di un’altra famiglia. Non è facile a 16 anni: se ce la fai, hai evidentemente la determinazione che serve per fare il professionista. Occhio però, non è una lettura limitata al ciclismo: chiunque lasci casa per inseguire un sogno e farne un progetto ha bisogno di carattere e determinazione. Il mondo del lavoro non è meno spietato e cinico.

Pogacar invece ha vinto la Vuelta a Andalucia, conquistando due tappe
Pogacar invece ha vinto la Vuelta a Andalucia, conquistando due tappe

Il ritiro di Benedetti

Nei giorni scorsi ha fatto parlare il ritiro di Gabriele Benedetti, neoprofessionista nella Drone Hopper che, ancor prima di aprire le ali, stava chiudendo i battenti. Si è parlato di poco carattere, magari senza conoscerne la storia. Si è puntato il dito verso un ciclismo che illude i ragazzi e li spreme. Si è attinto nei commenti a una letteratura di sentito dire che non spiega, ma ingarbuglia.

Così oggi vi raccontiamo di un altro ritiro, certo meno illustre, ma che conferma la difficoltà di emergere ai massimi livelli e come il dilagare delle promesse facili anche nelle categorie giovanili – a volte anche da parte dei loro direttori sportivi – rischi di guastare il ragionamento di alcuni.

Si è ritirato Salvatore Florio, 18 anni palermitano, della Delio Gallina. Nella squadra di Cesare Turchetti lo ha mandato (assieme a Carlo Sciortino ) Giuseppe Di Fresco, tecnico del Team Casano Matec, e pare che il tecnico bresciano ne fosse soddisfatto. Eppure Florio, in cui Di Fresco credeva ciecamente, si è fermato.

Gabriele Benedetti si è ritirato ai primi di gennaio. L’ultima corsa è stato il Tour du Limousin
Benedetti si è ritirato ai primi di gennaio. L’ultima corsa è stato il Tour du Limousin

I due diesse

Il suo diesse in Sicilia, Alessandro Mansueto, parla della difficoltà di fare il corridore in cambio di 2-300 euro, al punto che per vivere devi chiedere soldi ai tuoi genitori. E avendo a sua volta lasciato la Sicilia per correre in Toscana, ricorda che alla fine degli anni Novanta, un dilettante guadagnava molto più di adesso. Erano gli anni in cui le fatture venivano usate anche per altri motivi ed è quindi corretto ricordare che girassero più soldi. Oggi non si può più.

Di Fresco non ci sta. Si dice deluso perché in Florio credeva e per la figuraccia fatta con Turchetti, che lo ha chiamato apostrofandolo bruscamente. Conferma che il rimborso offerto al ragazzo fosse dell’entità indicata da Mansueto, ma ricorda che quando a sua volta salì nel 1994 in Toscana, partì da zero e lentamente convinse i suoi dirigenti. Precisa che la Delio Gallina si fosse impegnata a pagare i biglietti aerei per Florio, facendolo alloggiare in una casa, in cui doveva pensare solo ad allenarsi.

Ricorda i ringraziamenti del ragazzo per l’occasione e il fatto che, concluso il liceo, avrebbe potuto puntare solo sullo sport. Solo che, andato a casa per un mese dopo il primo ritiro del 2023, qualcosa si è inceppato ed è arrivata la decisione di smettere. Con le prevedibili rimostranze della nuova squadra, che ha investito sul ragazzo per poi ritrovarsi con nulla fra le mani. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe la recente scoperta di Florio di essere celiaco.

Alessandro Mansueto con Salvatore Florio dopo la vittoria del campionato regionale a cronometro
Alessandro Mansueto con Salvatore Florio dopo la vittoria del campionato regionale a cronometro

Intollerante al glutine

E Florio cosa dice? Ci risponde da Palermo, in attesa di partecipare a settembre alla selezione per l’Università e studiare materie sanitarie. Ringrazia la sua famiglia per avergli insegnato che nella vita serve comunque una cultura (ha concluso il liceo classico), che ti permette di attraversare meglio i momenti più complicati.

«Sin dall’inizio – spiega – ho sempre avuto valori del sangue molto bassi. Pensavo fosse anemia, invece circa tre mesi fa ho scoperto di essere intollerante al glutine. Ero appena passato nella categoria dei dilettanti, quindi cominciavo ad allenarmi seriamente. Tanti chilometri in rapporto a quel problema. Correvo già con 35 di ematocrito, continuare così non sarebbe stato opportuno. Perciò ho preferito fare sacrifici nel mondo del lavoro, studiando all’Università e creando il mio futuro in maniera diversa».

Giro della Lunigiana 2022: Florio è il secondo da sinistra. Il primo a destra è il diesse Giuseppe DI Fresco
Giro della Lunigiana 2022: Florio è il secondo da sinistra. Il primo a destra è il diesse Giuseppe DI Fresco

Pochi soldi

La celiachia nel ciclismo esiste, le abbiamo dedicato un articolo poco tempo fa in cui il dottor Giorgi spiega come sia possibile ugualmente avere prestazioni ai massimi livelli. Perciò spostiamo il discorso.

«Senza dubbio correre adesso è diventato veramente pesante – spiega Florio – si fanno troppi sacrifici pagati troppo poco. Io avrei voluto dedicare tutta la mia vita al ciclismo, ma come fa qualcosa a diventare il tuo lavoro se ti pagano 200 euro al mese? Anche questo sicuramente è uno dei motivi per cui non vale più la pena continuare. O si è campioni e allora finisci nel mirino delle squadre importanti e cominci a prendere qualche soldino, ma essere pagato così poco non ti fa venire la voglia di continuare. Perché magari vedi un calciatore che già alla nostra età prende 2.000 euro al mese. Invece nel ciclismo, che per me è uno degli sport più duri, si viene pagati troppo poco».

Visconti e Nibali, entrambi partiti dalla Sicilia inseguendo un sogno: quel modello è superato e irripetibile?
Visconti e Nibali, entrambi partiti dalla Sicilia inseguendo un sogno: quel modello è superato e irripetibile?

Testa, gambe e fortuna

Il ciclismo non è uno sport per tutti, ma non è che il mondo del lavoro sia poi tanto diverso. Le continental non sono squadre professionistiche. Corrono fra i pro’, ma non ne hanno le prerogative. E se a 18 anni entri in un’azienda per fare uno stage, nessuno ti pagherà mai per quelli che sono i tuoi sogni o i tuoi sacrifici. Si stringono i denti e si aspetta di arrivare a un contratto. Ecco perché tanti puntano a passare pro’ a 18 anni, persuasi da procuratori e tecnici che in un modo o nell’altro avranno pure la loro convenienza. E chi non passa, magari pensa di essere un fallito e molla.

«Chi mi conosce – dice Florio – sa quanti sacrifici ho fatto. Ho studiato e ho corso, ma ho avuto sfortuna. Sono sicuro che se fossi stato stimolato dal pensiero di lavorare e di guadagnare qualcosa di serio, sicuramente avrei provato a continuare, gestendo meglio la celiachia e continuando a sognare di passare professionista. Anche se sappiamo tutti che adesso è molto, molto difficile. Bisogna avere testa, gambe e fortuna. Se manca la fortuna, non si va da nessuna parte...».

Leggi, mastichi e ci ripensi. Da quale parte sarà la verità? Oppure, dando per scontato che tutti abbiano detto la propria, che idea vale la pena farsi?

Tarmac SL7 “Remco’s Reign”, Specialized celebra Evenepoel

22.02.2023
4 min
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“Le leggende si costruiscono, non nascono”. Specialized omaggia chi in sella ad una sua bici è riuscito a centrare in una sola stagione un titolo mondiale, una gara monumento e un grande Giro. Come lui solo 4 ci erano riusciti. Un anno da record reso speciale dalla sua carta d’idendità che vede compiuti solo ventidue anni. Stiamo parlando di Remco Evenepoel. La casa statunitense ha deciso di celebrarlo con la creazione di un memorabile telaio denominato S-Works Tarmac SL7 “Remco’s Reign”. Prodotto in soli 200 esemplari e rigorosamente numerati a certificare un vero e proprio pezzo da collezione. 

Il bianco perlato rappresenta un concetto di sorpresa e spontaneità di vittoria
Il bianco perlato rappresenta un concetto di sorpresa e spontaneità di vittoria

Design evocativo

Remco Evenepoel ha fatto la storia in sella alla sua S-Works Tarmac SL7 a Wollongong, in Australia, mettendo in risalto una stagione da record. E’ diventato il più giovane campione del mondo degli ultimi 29 anni. Per lui, Specialized ha creato un design unico. Il brillante color perla identifica esattamente il momento in cui il ventiduenne da semplice partecipante diventò Campione del Mondo. 

«Quest’anno – ha detto la Concept Designer di Specialized Elena Aker – la direzione del design per il campione del mondo è stata incentrata su ciò che serve ad un atleta per emergere dal gruppo e diventare più di un semplice concorrente, ma un campione e una leggenda».

Il simbolo del campione del mondo sul tubo orizzontale è l’immagine di un sole nascente, a sottolineare l’ascesa di Remco allo status di leggenda. Sul fodero obliquo è inciso l’iconico “Legends are built not born”, per riflettere l’impegno e il sacrificio di cui hanno bisogno anche gli atleti più straordinari per vincere un campionato del mondo.

Particolari valorosi

La bellezza e l’unicità di questi 200 telai si intrinsecano in una serie di dettagli che si rivolgono a riportare sul carbonio tutto il valore che il belga ha già saputo trasmettere e dimostrare. All’interno della forcella sono citate le incredibili dieci vittorie del campionato del mondo su strada per uomini elite ottenute con biciclette Specialized negli ultimi vent’anni. Includendo le classifiche generali, le tappe, le cronometro e le gare di un giorno. Remco ha vinto sedici gare solo nel 2022. 

Alla Liegi-Bastogne-Liegi, alla Clasica San Sebastian e ai Campionati del Mondo su strada, Remco, in sella alla sua Tarmac, ha totalizzato ben 97 km di fughe solitarie. Numeri da capogiro che lo rendono speciale anche tra i campioni. Un fuoriclasse che si sa distinguere per il suo animo attaccante e battagliero.

Un telaio da collezione

Solo 200 esemplari. Il prezzo è di 5.700 euro. Il valore per chi decide di acquistarlo potrebbe andare oltre al denaro. Realizzato in galleria del vento, questo telaio S-Works Tarmac SL7 “Remco’s Reign”, condivide tutte le caratteristiche della bici in forza al team Soudal-Quick Step

Allestito con forcella S-Works FACT Carbon, 12x100mm thru-axle, flat-mount disc, attacco Tarmac integrated stem, 6-degree e reggisella S-Works Tarmac Carbon, FACT Carbon da 20mm offset. Il prodotto sarà acquistabile esclusivamente online su specialized.com, con ritiro presso rivenditore. 

Specialized

EDITORIALE / Caro Pogacar, sei cannibale o kamikaze?

20.02.2023
5 min
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Anche se nel Tour dello scorso anno è finito allo spiedo, la sensazione che Tadej Pogacar sia la lepre e gli altri inseguano si fa ogni giorno più forte, pur con alcune variabili su cui ragionare.

Quando incontrammo lo sloveno a Benidorm nel primo ritiro del UAE Team Emirates, si disse con una certa chiarezza che Tadej avrebbe vissuto un avvio di stagione meno pressante. Per questo pensammo che la scoppola del Tour lo avesse indotto a una maggior cautela, volendo fermamente vincere il terzo.

Vingegaard è stato a lungo in ritiro e debutterà il 23 febbraio al Gran Camino (foto Instagram)
Vingegaard è stato a lungo in ritiro e debutterà il 23 febbraio al Gran Camino (foto Instagram)

La logica (non) condivisa

C’era una logica. La stessa che guida la preparazione degli atleti della Jumbo-Visma e, come emerge dall’intervista di stamattina con Paolo Artuso, anche quelli della Bora-Hansgrohe. Una logica non necessariamente condivisibile, ma capace di spostare gli equilibri. Le corse sono tutte a livelli altissimi: meglio arrivarci freschi piuttosto che rischiare di spendere troppo prima.

Se i più forti seguono una linea, gli altri copiano per non farsi trovare impreparati. Lo schema è identico per tutti. Altura e corsa, altura e corsa. Per tutti, ma in apparenza non per Pogacar.

In barba alla partenza più tranquilla, lo sloveno ha debuttato il 13 febbraio alla Jaén Paraiso Interior e ha vinto. Poi si è schierato al via della Vuelta a Andalucia, vincendo tre tappe e la classifica. Ora è atteso alla Strade Bianche e di lì probabilmente alla Parigi-Nizza, la Sanremo e le classiche del Nord dal Fiandre alla Liegi. E correrà per vincere.

Dopo il debutto alla Vuelta a San Juan, Evenepoel è da oggi in corsa al UAE Tour con grandi ambizioni
Dopo il debutto alla Vuelta a San Juan, Evenepoel è da oggi in corsa al UAE Tour con grandi ambizioni

Cannibale o kamikaze

Nelle prime corse della stagione, Pogacar si è comportato come lo scorso anno. Nel 2022 infatti arrivò al Tour con 10 vittorie e, una volta in Francia, iniziò a sprintare, attaccare, scattare e dare spettacolo. Sarebbe stato tutto perfetto, se non fosse capitato a un certo punto il buco nero del Granon. La squadra ha sempre detto di volerne capire la causa, senza però venirne a capo. Almeno non ufficialmente.

Non si è mai capito se sia stata una crisi di fame o se Pogacar, come si pensò allora, abbia avuto altro, forse anche un blando Covid come alcuni compagni di squadra. Sta di fatto che quel giorno si spense la luce e si cominciò a ragionare sul suo correre dispendioso dei mesi e dei giorni precedenti.

Il 2023 è iniziato allo stesso modo, con il piglio sbarazzino che fa di Tadej una sorta di novello cannibale, al cospetto di avversari che si nascondono ancora.

L’interpretazione è doppia. Si può pensare che Pogacar sappia esattamente quale sia stato il problema del Granon e quindi corra come sempre all’attacco. Oppure semplicemente, vivendo il ciclismo con leggerezza invidiabile, abbia deciso di godersela ogni giorno, cogliendo l’attimo.

Van Aert e Van der Poel, come Pogacar ed Evenepoel, sono i profeti di questo nuovo modo di correre
Van Aert e Van der Poel, come Pogacar ed Evenepoel, sono i profeti di questo nuovo modo di correre

Il nuovo corso

Qual che ne sia la spiegazione, Pogacar ha già vinto. Non è per caso che, dovendo comporre un ipotetico dream team del ciclismo, i posti già occupati siano quelli di Van der Poel, Van Aert, Pogacar ed Evenepoel. Gli altri entreranno magari a farne parte, da Vingegaard a Roglic passando per Sagan e Bernal, ma dopo una selezione in cui per varie ragioni si potrebbe persino ragionare di escluderli.

In questi giorni sui vari social non sono mancati gli scambi fra lo sloveno e alcuni dei rivali. Il primo con Evenepoel, nel giorno dell’ennesima vittoria in Andalucia. Remco lo ha pregato di non vincere più e l’altro gli ha risposto che adesso tocca a lui. Poi con Geraint Thomas, che si è fotografato con un ciuffo di capelli fuori dal casco, chiedendo a Pogacar se così andasse bene. E l’altro gli ha risposto che in quel modo risparmierà almeno 10 watt.

Alla Valenciana, si è registrata la vittoria di Ciccone sull’Alto de Pinos, dopo un inverno redditizio
Alla Valenciana, si è registrata la vittoria di Ciccone sull’Alto de Pinos, dopo un inverno redditizio

Rinascimento italiano

Questa leggerezza sta scavando il solco e cambiando le abitudini del gruppo, quanto a interpretazioni di corsa, e costringendo le persone normali a fare gli straordinari per reggere il livello. Una leggerezza che fa capire insieme quanto sia cambiato il mondo del ciclismo, libero da logiche di spartizioni che non troppi anni fa fecero puntare il dito verso chi, come Pantani, vinceva ogni volta che ne aveva l’occasione. Qualcuno borbotta davanti allo strapotere di Pogacar, ma nessuno pensa che quel che fa sia sbagliato. E’ il nuovo corso del ciclismo degli squadroni, in cui la molla non è più l’invidia dei grandi verso i piccoli.

E in questo scacchiere di campioni, piace far notare che gli italiani hanno iniziato l’anno con il piede giusto. Con vittorie e ottimi piazzamenti. Se finalmente riusciremo a lasciarci dietro i disagi e le conseguenze rimediabili del Covid, forse ci accorgeremo che le nostre mamme sono ancora capaci di generare campioni.

Uijtdebroeks ha due sogni: il Tour e una fattoria

11.02.2023
5 min
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Cian va veloce. Il suo prossimo step sarà il Tour of Oman, con la mezza idea di fare finalmente classifica, grazie alla salita finale di Green Mountain (tappa di martedì 14 febbraio). Cian Uijtdebroeks e questo suo cognome così difficile (per noi) da pronunciare sono sulla porta di un altro salto di qualità, dopo che la vittoria al Tour de l’Avenir dello scorso anno lo ha fatto uscire dal cono delle luci altrui. Non più il ragazzino che sogna di fare come Evenepoel, ma un atleta promettente e forte, con sogni se possibili più grandi.

Cian ammette che le cose a volte vanno un po’ troppo veloci per lui, ma ci ride su. «Due anni fa guardavo questi campioni in tivù – ha detto al belga Het Nieuwsblad – invece stamattina mi sono trovato improvvisamente in ascensore con Cavendish. Non credo che mi conosca, nessuno mi conosce… ».

La Bora-Hansgrohe lo ha sotto contratto fino al 2024, avendo previsto per lui un cammino di crescita graduale. Il guaio, se di guaio si può parlare, è che il primo ad avere fretta è proprio lui.

Cian Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003. Ha corso da junior alla Auto Eder ed è pro’ alla Bora dal 2022
Cian Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003. Ha corso da junior alla Auto Eder ed è pro’ alla Bora dal 2022
Cosa è cambiato dopo il Tour de l’Avenir?

Non sono più visto come una promessa. Qualcosa è cambiato, anche se continuo senza mettere troppa pressione su me stesso. Ho ancora 19 anni e ci sono in giro corridori che hanno raggiunto grandi risultati a 23. Se riuscirò ad arrivarci prima, allora lo farò. Voglio sempre attaccare, cercare di vincere, ma l’anno scorso fra i professionisti non ci sono riuscito. La squadra mi ha detto che ho davanti tre anni per crescere, mi sembrano lunghissimi. Spero di arrivarci prima

Era importante liberarsi dal confronto con Evenepoel?

Non è che il confronto con Remco mi tenesse sveglio, ma quando guardavo i suoi risultati, la pressione veniva da sé. Adesso è passata, faccio quello che posso. Il futuro ci dirà se sto crescendo più velocemente o più lentamente di lui. Ci conosciamo. Quando ci vediamo, una chiacchierata ci scappa sempre, ma non è che ci scambiamo messaggi. Ho tre anni di meno, non abbiamo corso insieme nelle giovanili. Non abbiamo parlato poi molto.

Sul podio del Tour de l’Avenir 2022, Uijtdebroeks ha preceduto Staune Mittet e Hessmann (foto Asopresse)
Sul podio del Tour de l’Avenir 2022, Uijtdebroeks ha preceduto Staune Mittet e Hessmann (foto Asopresse)
Sei sempre sorridente…

Mi sto divertendo. Vengo pagato per fare qualcosa che amo fare. Mi sento esattamente come quando ero junior, anche se ovviamente il livello è molto più alto. Essere un ciclista professionista è un sogno che si avvera. Poi certamente verrà il giorno in cui da me si vorranno i risultati. Per ora la squadra mi lascia tempo, ma so anche che non aspetteranno cinque anni. Sono convinto però che anche quando sentirò di essere forte e di poter lottare contro i grandi, mentalmente sarò lo stesso che ha vinto tra i più giovani. Anche lì mi veniva chiesto di fare risultati.

Com’è stato il tuo inizio di stagione?

In questo periodo dell’anno ci sono poche gare con grosse salite e questo è l’aspetto più duro. L’ultimo giorno in Oman si andrà a Green Mountain e saranno già venti minuti di salita. Ne avrei preferiti trenta, un’ora, ma per cominciare va bene così. Alla Muscat Classic ho provato ad attaccare nell’ultimo tratto in salita, ma c’era troppo vento contrario. E poi nel finale ho anche forato: scattare sul cerchio non è facile.

Il gusto di attaccare è alla base del ciclismo di Uijtdebroeks, qui al Trofeo Andratx a Mallorca
Il gusto di attaccare è alla base del ciclismo di Uijtdebroeks, qui al Trofeo Andratx a Mallorca
Che cosa significa essere pro’ a 19 anni?

Faccio ancora molti errori, sono spesso nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ho la testa che va per i fatti suoi. Una volta Nils Politt mi ha detto: «Cian, cosa stai facendo? Vieni alla mia ruota, vieni qui. Fra poco il gruppo tornerà compatto». Se non lo avesse detto, avrei tirato per un’ora e nel finale sarei stato morto. A volte invece sbaglio per capire fin dove posso arrivare…

Quando?

Quando decido di correre come negli juniores. A Mallorca, ad esempio, quando sono partito a 95 chilometri dalla fine. Ho detto alla radio che stavo per attaccare. Mi hanno chiesto se fossi sicuro, ma io sono andato lo stesso. E’ uno stile molto più aggressivo, ma ovviamente per ora non è il modo migliore per vincere una corsa a tappe. A Mallorca si poteva fare, perché non c’era classifica finale. Ma intanto sto crescendo. Ho un buon valore di consumo di ossigeno, ma un solo inverno non può cambiarti troppo. Ho più resistenza, i miei muscoli sono leggermente più sviluppati. L’anno scorso non avrei potuto pedalare per tre ore a tutta come in quella tappa di Mallorca.

Mancavano 95 chilometri all’arrivo del Trofeo Andratx quando il belga è partito da solo
Mancavano 95 chilometri all’arrivo del Trofeo Andratx quando il belga è partito da solo
Resta il sogno di vincere il Tour?

La scorsa è stata una stagione per imparare. Quest’anno deve essere una via di mezzo, ma l’anno prossimo devo andare forte. Il mio sogno resta diventare un buon corridore per i grandi Giri. Il Tour de France resta il sogno più grande, ma devo ancora crescere. Per ora mi pongo piccoli obiettivi e un giorno, che vinca o meno, farò il contadino. Per questo, dopo un anno ho interrotto gli studi di psicologia e ora seguo biologia e agronomia online. Il mio sogno è vincere un giorno il Tour de France e poi comprarmi una fattoria.

EDITORIALE / Torniamo in Europa, ma tanto si è già visto

30.01.2023
5 min
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Se ne va anche gennaio e da stanotte inizierà il lungo volo di ritorno verso l’Europa delle squadre e degli inviati dalla Vuelta a San Juan, mentre è già iniziato il rientro dall’Australia. Una puntatina nel deserto arabo, con Saudi Tour appena iniziato e UAE Tour in arrivo, prima di atterrare a casa e si concluderà la prima fase… esotica del calendario. Corse al caldo, il modo per gratificare un pubblico (australiano e argentino) altrimenti escluso dal grande ciclismo.

Velocisti e campioni non si sono sottratti alla sfida, in barba ai calcoli più prudenti. L’Australia ha visto la ribalta vittoriosa dei due atleti arrivati alla strada dalla Zwift Academy – Jay Vine ha vinto il Tour Down Under, mentre Loes Adegeest s’è portata a casa la Cadel Evans Great Ocean Road Race –  e di atleti come Simon Yates e Pello Bilbao. L’Argentina invece ha segnalato le prime accelerazioni di Evenepoel e Bernal, ha ribadito la classe innata di Filippo Ganna, regalato un volto nuovo alle volate con Welsford e si è consegnata prevedibilmente a Miguel Angel Lopez.

Lopez ha vinto la Vuelta a San Juan. Il suo Team Medellin è atteso anche in Europa
Lopez ha vinto la Vuelta a San Juan. Il suo Team Medellin è atteso anche in Europa

Certi avvertimenti

Prevedibilmente, certo. Era stato palese, in occasione del primo incontro alla vigilia della corsa, che Superman morisse dalla voglia di riscattarsi dopo il licenziamento dall’Astana. Il medico con cui è stato messo in relazione di recente ha raccontato di avergli dato dei consigli legati all’alimentazione. Il suo procuratore lo ha lasciato libero, pur ammettendo di non ritenerlo un corridore dopato. Il Team Medellin lo difende a spada tratta, accusando l’Astana di ipocrisia e scarsa umanità. E così alla fine, in attesa che la famosa indagine porti a qualcosa, un corridore di livello WorldTour come Lopez (al netto delle sue stranezze più volte evidenziate) si ritrova ai margini per una telefonata ricevuta dalla squadra kazaka. Uno di quegli avvertimenti amichevoli tipici delle regioni più calde, con cui si fa intendere tutto e l’esatto contrario. Un altro modo, già visto in precedenza, con cui si esercita il potere.

E’ iniziato oggi il Saudi Tour, antipasto per il UAE Tour. Poi il ciclismo tornerà in Europa
E’ iniziato oggi il Saudi Tour, antipasto per il UAE Tour. Poi il ciclismo tornerà in Europa

Campionati colombiani

Lo stesso trattamento è toccato infatti a Quintana, messo ai margini dalla positività al Tramadol, che non è vietato in nessun’altra parte del mondo al di fuori del ciclismo. Nairo non trova squadra e difficilmente ci riuscirà. Per lui si tratta di una seconda scivolata: non dimentichiamo gli integratori sospetti che gli furono trovati due anni fa e per i quali tuttavia fu prosciolto. Usando il Tramadol e sapendo di non poterlo fare, il colombiano ha commesso una leggerezza purtroppo imperdonabile e adesso è atteso ai campionati nazionali colombiani, dove come Lopez farà il diavolo a quattro per farsi vedere e lanciare un nuovo appello ai team WorldTour, dopo quello di qualche giorno fa.

Sia Lopez che Quintana sottolineano di avere passaporti biologici nella norma.

Il ritiro di Bernal non comprometterà il suo programma: sarà al via dei campionati colombiani
Il ritiro di Bernal non comprometterà il suo programma: sarà al via dei campionati colombiani

Apprensione per Bernal

Accanto a Higuita, secondo a San Juan e in continua crescita, il quarto colombiano che più tiene in apprensione i tifosi è Egan Bernal. Il fuorigiri all’Alto del Colorado lo ha pagato con un’infiammazione del ginocchio battuto nella caduta del primo giorno, di cui nessuno si era accorto. Egan è il solito modello di determinazione e simpatia, ma non ha ancora l’aspetto di un corridore in salute. Le sue gambe sono ancora sottili, i polpacci non hanno la tonicità di quando vinse il Giro, nel muoversi per infilare la maglia osserva ancora mille cautele. L’incidente mostra i suoi segni, inevitabilmente. E certamente per andare al Tour contro Pogacar, Vingegaard e chissà chi altri, dovrà lavorare sodo, crescere e sperare che il tempo gli basti. Il suo livello migliore rischia di non bastare.

La Vuelta a San Juan è stat per Evenepoel un bel rodaggio in vista del UAE Tour
La Vuelta a San Juan è stat per Evenepoel un bel rodaggio in vista del UAE Tour

Attacco a Evenepoel

Egan non ha mai dominato. Vinse il Tour del 2019 grazie al vantaggio sull’Iseran, prima che il resto della tappa venisse neutralizzato per grandine. E poi al Giro del 2021 ebbe il suo bel da fare per contrastare i rivali. I successivi problemi alla schiena e l’incidente del 2022 hanno arrestato un processo di crescita che lo pone ora in posizione di svantaggio rispetto ai rivali del momento.

L’attacco della Ineos Grenadiers a Evenepoel c’è stato e ha fatto capire che gli stessi dubbi dimorano nella squadra britannica, che però ora fa quadrato attorno al piccolo colombiano, cercando di capire quale ruolo potrà avere in futuro Pidcock. Vorrebbero dirottarlo sui Giri, ma pare che Tom non abbia la minima voglia ancora di scegliere, divertendosi ancora molto in tutte le altre discipline.

Tadej Pogacar è il vincitore del UAE Tour 2022, cui quest’anno arriverà in modo più blando
Tadej Pogacar è il vincitore del UAE Tour 2022, cui quest’anno arriverà in modo più blando

Remco e Tadej

Insomma, la carne al fuoco è davvero tanta. Il UAE Tour ci proporrà il primo scontro fra Pogacar ed Evenepoel. Ieri Remco ha attaccato con Simmons nel finale piattissimo dell’ultima tappa argentina, mentre Pogacar sarà al debutto. La sensazione è che il belga arriverà negli Emirati per cogliere la prima vittoria di peso, mentre lo sloveno sarà al debutto stagionale, ma non si sottrarrà alla sfida.

Perciò in attesa di tornare a fusi orari uguali per tutti, vi diamo appuntamento a Montichiari dove vivremo la preparazione degli azzurri per gli europei su pista della prossima settimana e vi aspettiamo a Hoogerheide, da dove vi racconteremo i mondiali di ciclocross. Sarà pure appena iniziato, ma questo nuovo anno di corse promette già molto bene.

Compleanno in Argentina e testa al Giro: solidissimo Hirt

22.01.2023
5 min
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Hirt sapeva già tutto, ma non ha detto nulla. Il suo procuratore aveva avuto l’offerta dettagliata di Lefevere subito dopo la vittoria al Tour of Oman. Il belga lo voleva nella sua squadra per Evenepoel, che non aveva ancora vinto la Vuelta e tantomeno la Liegi o il mondiale, ma aveva chiaro in testa di puntare sui Giri. Tutto quello che è venuto dopo – la vittoria di Aprica al Giro e il sesto posto finale – è stato per entrambi la conferma di aver concluso un ottimo affare.

Ieri era il giorno del suo compleanno e Hirt lo ha trascorso come si fa alla vigilia delle corse. Allenamento di un paio d’ore. Pranzo con la squadra, in un’ala a parte del ristorante. Incontro con qualche giornalista interessato alla sua storia.

«Compio 32 anni – ha scherzato – tutti mi dicono che sono un ragazzino, ma nel ciclismo mi trovo spesso a pensare di essere vecchietto. Comunque grazie per gli auguri, è la prima volta che non festeggio a casa, ma così lontano e in una corsa. Non avevo mai cominciato così presto».

Mentre parliamo, attraverso la hall dell’hotel passano i corridori di rientro da allenamenti più lunghi, che vanno a rigenerarsi in piscina prima della doccia. Giornalisti scrivono ai tavoli del bar. E dopo due giorni di attesa, si comincia a riconoscere l’andirivieni tipico della corsa in arrivo.

Jan Hirt è nato a Trebic (Rep. Ceca) il 21 gennaio 1991. E’ pro’ dal 2015, è alto 1,81 per 62 chili
Jan Hirt è nato a Trebic (Rep. Ceca) il 21 gennaio 1991. E’ pro’ dal 2015, è alto 1,81 per 62 chili
Hai accettato subito quell’offerta?

Tutti vogliono correre alla Quick Step (la squadra da quest’anno si chiama Soudal-Quick Step, ndr), perché è quella in cui riesci a valorizzarti meglio. Voglio scoprire se posso diventare un corridore migliore. Avevo già corso con la Etixx continental nel 2014, ma non aveva portato a nulla. E adesso sono nel gruppo di Remco per vincere il Giro. E’ un ruolo di secondo piano, ma lo stesso importante e chiaro. Ho fatto in tutto dieci grandi Giri, so come funziona e sono contento di aiutarlo. E’ un ruolo che ho già svolto all’Astana e mi sono trovato bene. Il mio sogno è vincere corse per me stesso, ma l’occasione andava colta.

Che cosa ti pare di Evenepoel, ora che lo vivi da vicino?

Mi ha colpito. E’ un bravo ragazzo, pieno di fiducia in se stesso. In realtà credo proprio di non aver mai visto uno come lui. Nei ritiri, finché si andava a ritmo regolare, si stava facilmente tutti insieme. Ma appena cominciavamo a fare i lavori specifici, la differenza di velocità fra lui e tutti gli altri era incredibile.

Nel 2022, Hirt ha vinto l’Oman, battendo Masnada che ora sarà suo alleato nel Giro con Remco
Nel 2022, Hirt ha vinto l’Oman, battendo Masnada che ora sarà suo alleato nel Giro con Remco
In questa squadra si punta molto sull’affiatamento…

Il famoso Wolfpack, il senso di sacrificarsi per l’altro per costruire qualcosa di grande. E’ importante passare del tempo insieme, ma ci sono squadra in cui puoi vivere anche tutti i giorni nella stessa casa e non si crea complicità. Qui è bastato veramente poco per affiatarsi.

La Intermarché ha la fama di essere una famiglia, ci sono differenze rispetto al nuovo team?

La mia vecchia squadra era un bel gruppo di persone. Non faccio confronti, ma diciamo che ho capito che mi trovo bene nelle squadre belghe. Invece non potrei mai vivere in Belgio, non avrei percorsi per allenarmi e io senza salite non so stare.

Con la vittoria di Aprica al Giro 2022, Hirt ha scalato la classifica. Ha chiuso al sesto posto finale
Con la vittoria di Aprica al Giro 2022, Hirt ha scalato la classifica. Ha chiuso al sesto posto finale
Che cosa ha rappresentato il Giro 2022?

La miglior corsa della mia vita, in qualche modo mi ha aiutato anche a capire cose nuove su me stesso. Non mi ero mai trovato davanti a tener duro per più giorni. Vincere ad Aprica è stato speciale. Non penso che quel tipo di corsa sia una porta destinata a restare chiusa. E’ vero che sono vecchietto (sorride, ndr), ma non voglio fermare la mia carriera. Potrei provarci ancora.

L’anno scorso dicesti che il Giro d’Italia è la tua corsa preferita.

Mi piacciono le salite italiane e mi piace la data in cui si corre, perché a maggio sono sempre andato molto forte. Non è un fatto di preparazione, ma di attitudine, come quelli che vanno fortissimo con il caldo più torrido. Io vado bene a maggio e a fine stagione da sempre. Mi adatto bene al freddo e alle salite fatte col freddo.

Hirt sa aiutare la squadra. Qui al Sazka Tour con Pozzovivo (davanti anche Zana) per aiutare Rota
Hirt sa aiutare la squadra. Qui al Sazka Tour con Pozzovivo (davanti anche Zana) per aiutare Rota
Farai lo stesso programma di Remco?

Non in ogni singola corsa, ma certo nei passaggi fondamentali, come per il ritiro in altura prima del Catalogna. Non ero mai andato in quota così presto e questa forse è la prima differenza nella preparazione. Remco farà le classiche, io no. Io da qui andrò di nuovo al Tour of Oman, lui al UAE Tour. Non torno in Oman perché ci tengo particolarmente a difendere il mio titolo, ma perché la squadra ha deciso di mandarmi. Vincerlo di nuovo non è un obiettivo, l’obiettivo fino a maggio è il Giro. Remco vincerà sicuramente altro, venerdì all’Alto de Colorado farà già il primo test. Ma per noi del suo gruppo, il primo traguardo è la maglia rosa.