Dislivello e percorso: come si scelgono i rapporti?

29.07.2024
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Spesso abbiamo visto in quest’ultimo Tour de France gli atleti cambiare rapporti e anche al Giro d’Italia Women le cose non sono andate diversamente. Addirittura c’è chi, come Mavi Garcia, ci hanno spiegato che ha una sorta di linea di demarcazione circa la scelta degli ingranaggi da spingere. Sopra ai 2.000 metri opta per la corona da 36 denti, al di sotto lascia la tradizionale corona da 40.

Questa regola vale per tutti? C’è una formula ben precisa? Ne parliamo con Marco Pinotti, tecnico proprio in forza alla Jayco-AlUla dove corre guarda caso anche la stessa Garcia, che ha dato un po’ il “la” a questo argomento.

Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla
Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla
Tu, Marco, sei sia un coach che un ingegnere, quindi molto attento anche alla scelta dei materiali: cosa ci dici di questo “split” del dislivello come discriminante per la scelta dei rapporti?

Oggi tutto è molto standard, quindi non è così facile cambiare. Prima la guarnitura classica era con il 53-39, adesso è con il 54-40 però più che dal dislivello la scelta dipende dal percorso. Se ci sono 4.000 metri di livello, però le salite sono pedalabili e ci sono anche tante discese io tengo il 54-40, anzi, magari metto il 55. Uno pensa solo alle salite ma ci sono anche le discese. E poi com’è l’arrivo? Veloce, tira a scendere? O al contrario sale?

Quindi non esiste una formula che faccia da spartiacque insomma…

No, ripeto comanda il percorso. Il dislivello non può e non sempre dice tutto. Magari l’intera tappa ha solo 1.200 metri di dislivello, ma il finale è su uno strappo al 20 per cento e lì ti serve il 36. Magari potresti montare il 52, ma solo perché è più facile e meno rischiosa la cambiata. Semmai c’è uno standard di rapporti per cui ti alleni.

Cioè?

Magari fai il 95 per cento dei tuoi allenamenti con determinati rapporti e il restante 5 provi altro. In ogni caso non è il dislivello che conta, ma più le pendenze. E in questo caso l’esigenza di provare altro.

L’avvento del 12 velocità ha ridotto notevolmente i cambi di rapporto e standardizzato molte scelte tecniche
L’avvento del 12 velocità ha ridotto notevolmente i cambi di rapporto e standardizzato molte scelte tecniche
In questa scelta, Marco, sono più sensibili gli uomini o le donne?

Dipende dai singoli atleti. Diciamo che con le donne forse serve un pizzico in più di attenzione: hanno meno forza quindi i rapporti sono un pochino più agili in generale. E lo sono anche perché sviluppando velocità più basse, per forza di cose per mantenere una certa cadenza vanno alla ricerca di rapporti più corti. Quindi magari loro quando ci sono frazioni dure tendono a cambiare un po’ di più (a ridurre le corone soprattutto, ndr)

L’avvento delle scale ampie come l’11-30 o ancora di più l’11-34, ha inciso nelle scelte tecniche?

Certo, sia perché i salti tra un dente e l’altro sono più ampi, sia perché di base si cambiano molto meno le scale posteriori. In più va detto con le 12 velocità anche questi salti si sono ridotti. E questo è molto comodo per meccanici e atleti che ad ogni tappa non devono stare lì a trafficare con il pacco pignoni.

C’è stato un caso in cui ti sei un po’ trovato al limite con la scelta dei rapporti per i tuoi atleti?

Su strada ormai no, proprio per il discorso appena fatto dell’ampio range delle dentature moderne. A crono invece un po’ sì. Forse in qualche caso il monocorona con l’11-34 può essere un po’ atipico. Penso forse alla crono dell’anno scorso al Tour.

I velocisti (qui Caleb Ewan) in salita vanno alla ricerca dell’agilità
I velocisti (qui Caleb Ewan) in salita vanno alla ricerca dell’agilità
Perché?

Avevi magari un plateau 58-42 il che rappresenta un bel salto, sono 16 denti. E con quel dislivello e quelle pendenze della crono di Combloux la scelta non era scontata. E infatti noi allertammo un po’ i nostri corridori che scelsero la soluzione del 58-42. Gli dicemmo di stare un filo più tranquilli con la pedalata durante la cambiata, soprattutto quando la catena doveva salire dal 42 al 58. In discesa c’è il “dente di cane” e il rischio è poco, posto che comunque resta. Mentre in salita non è così scontato che stando del tutto in tiro questa salga facilmente.

Marco, nella scelta dei rapporti sono più sensibili i passisti o gli scalatori?

I velocisti, probabilmente. I passisti i rapporti li girano bene. I velocisti invece sono sensibili sia quando c’è da fare una volata che in salita.

Spiegaci meglio…

In volata sono molto attenti alle caratteristiche dell’arrivo: se tira, se è piatto, se c’è vento… Li vedi che sono lì a scegliere tra 56, 55, 54 o anche più se vogliono fare lo sprint con il 12. E lo stesso vale per quando devono affrontare le tappe in salita. Vanno alla ricerca di un rapporto che gli consenta di salire senza fare troppa fatica, o meglio: di far girare la gamba. Insomma è più facile trovare uno sprinter col 36 piuttosto che uno scalatore. E qui ritorniamo un po’ al discorso di prima delle velocità. In salita il velocista va più piano e cerca dentature più corte per fare cadenza.

Nuovo sviluppo metrico per esordienti e allievi. Cosa cambia?

10.03.2023
6 min
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Fra qualche settimana inizierà la stagione di esordienti e allievi che potrebbe essere vista con un briciolo di curiosità in più rispetto al passato. Una delle modifiche regolamentari apportate dalla Federciclismo riguarderà i rapporti delle due categorie, così come è avvenuto per gli junior. Se questi ultimi atleti hanno avuto il via libera dall’UCI per l’utilizzo dei rapporti liberi, esordienti e allievi invece da quest’anno dovranno rispettare lo sviluppo metrico richiesto e non più il rapporto obbligato.

Prima gli esordienti potevano usare il 52×18 come massimo rapporto, producendo 6,20 metri. Ora potranno “tirare” il rapporto che vorranno purché stiano dentro ai 6,67 metri di sviluppo metrico massimo consentito. Gli allievi passeranno dal 52×16 e i relativi 6,94 metri ai 7,63 metri. In sostanza le due categorie si troveranno a produrre in più rispettivamente 47 e 69 centimetri. Misure che, su ragazzi che vanno dai 13 ai 16 anni, possono rappresentare una potenziale (o ulteriore, se preferite) difficoltà per la crescita. Abbiamo trattato l’argomento con Maurizio Vezzosi, team manager del team cremonese Gioca in Bici Oglio Po, che oltre a parlarci del proprio caso, ha ampliato il discorso anche ad altri aspetti.

Con la richiesta del nuovo sviluppo metrico, le società giovanili hanno dovuto cambiare corone, catena e pacco pignoni
Con la richiesta del nuovo sviluppo metrico, le società giovanili hanno dovuto cambiare corone, catena e pacco pignoni
Eravate pronti per questo cambiamento?

Stiamo riuscendo a gestirlo bene per merito della Beltrami TSA, che è il nostro fornitore di bici e materiali. Abbiamo SRAM che fino all’anno scorso aveva solo 52-36 e 48-35. Non potendo più utilizzare la prima, durante l’inverno abbiamo usato il 48, temendo di doverlo tenere per la parte iniziale della stagione. Nel frattempo però avevamo saputo che SRAM avrebbe messo in produzione il 50-37 con il nuovo Force AXS a 12 velocità. Questa notizia ci ha tranquillizzato perché ci consente di giocare meglio coi rapporti per stare dentro allo sviluppo metrico richiesto, anche se per gli esordienti manterremo il 36 come corona piccola davanti. Tuttavia rimane un piccolo intoppo tecnico che sappiamo già come risolvere.

A cosa ti riferisci?

Ai rapporti posteriori. Al momento SRAM non ne prevede uno che permetta di chiudere la cassetta a 11 o 12 velocità elettronico con pignoni da 14 o 16 denti, che sono i due più piccoli che useremo rispettivamente per allievi ed esordienti. Quindi abbiamo dovuto montare un pacco pignoni compatibile ad 11 velocità intervenendo manualmente sul cambio e bloccandolo. Così facendo possiamo aggirare il problema.

Considerando tutto, come giudichi questo cambiamento dei rapporti?

Prima o poi ci si doveva arrivare, visto che già tanti lo richiedevano in passato. Se devo fare un’osservazione però la faccio sulla tempistica. Forse si poteva compiere questo passo nell’arco di un paio di anni o comunque in maniera più diluita nel tempo. Il mio ragionamento è principalmente legato al fatto che gli ultimi anni sono stati difficili. Dopo il Covid abbiamo sì continuato a correre, ma le società hanno fatto fatica a reperire nuovi materiali e soprattutto nuove risorse economiche. Potrebbe non sembrare per qualcuno, ma apportare queste modifiche significa sostenere dei costi aggiuntivi.

Più o meno su che cifre possiamo aggirarci?

Per adeguarci a questo nuovo sviluppo metrico bisogna cambiare corona della guarnitura, pacco pignoni e catena ad ogni bici. In media, considerando anche la mano d’opera, siamo sui 200 euro a bici. Noi se guardiamo in casa nostra, abbiamo dovuto modificare 14 bici ed il totale lo sapete fare anche voi. Ripeto, arrivando da periodi complicati, questi costi incidono sul bilancio delle società, specie se sono piccole. Fosse stato fatto in maniera più graduale sarebbe stato meglio per tutti.

Con i ragazzi come state gestendo questi nuovi rapporti?

Stiamo usando il 50 da circa un mese e mezzo. Quelli del secondo anno, tra esordienti e allievi, hanno notato subito che si fa più fatica rispetto a prima. Stiamo spiegando loro ad uscire dai canoni classici a cui erano abituati. Per fare un esempio, prima gli dicevamo di fare un segmento del riscaldamento usando il 52×21, adesso gli diamo altre combinazioni. Anzi per la verità il nostro obiettivo è quello di insegnargli a gestire la cambiata in base alla pedalata. Noi continueremo a dargli le indicazioni sul rapporto da usare ma visto il cambiamento, vorremmo che anche loro provassero ad imparare da soli.

Dal punto di vista muscolare potrebbero esserci dei problemi per questi giovani atleti?

Direi di no, ma bisognerà avere una maggiore sensibilità e prestare più attenzione. Credo che dovremo avere ancora più pazienza con loro perché sono ragazzi nell’età dello sviluppo fisico e magari potrebbe essere più penalizzato chi è un po’ più indietro. Spingere un rapporto più lungo di 50 o 70 cm non è così scontato. C’è chi pedalerà più agile e chi più duro. Personalmente noi li stiamo allenando facendogli rispettare le rpm che gli indichiamo. Tuttavia penso che nel giro di due mesi a pieno regime si vedrà una loro crescita, così come l’avremmo notata con i vecchi rapporti.

Donne esordienti e allieve del team cremonese. Dovranno abituarsi ai nuovi rapporti (foto facebook)
Donne esordienti e allieve del team cremonese. Dovranno abituarsi ai nuovi rapporti (foto facebook)
Questo nuovo sviluppo metrico come influirà sulle gare di esordienti e allievi?

A mio parere si accentuerà la differenza delle potenzialità fisiche dei ragazzi. Probabilmente le prime gare premieranno chi è più forte e potente. Poi si vedrà chi tra loro è più predisposto alla gestione in gara dei nuovi rapporti. Il primo banco di prova lo vedremo domenica 19 marzo a Cittiglio al Trofeo Binda giovanile, dove grazie alla deroga federale (in anticipo di una settimana rispetto al calendario tradizionale, ndr) correremo con le donne esordienti e allieve. Queste ultime useranno ancora il 48 e vedremo come andrà.

Il velocista cambia in volata? L’esperienza di Viviani…

16.02.2023
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Un velocista cambia in volata? E’ una questione che forse qualche anno fa neanche avremmo immaginato di porre… e non ci riferiamo all’era “in bianco e nero” dei manettini al telaio, ma ad una dozzina di anni fa. Con l’evoluzione tecnica dei materiali qualcosa sembra muoversi. Anche su questo fronte.

Jonathan Milan ci ha detto che in volata va in progressione e che preferisce “indurire” man mano. Lui è uno sprinter sui generis nel senso che è altissimo, molto potente ed è più di uno sprinter puro. Ma i suoi colleghi di volata?

Per chiarire questo aspetto tecnico-tattico abbiamo spodestato il “maestro” Elia Viviani. Il campione della Ineos-Grenadiers è particolarmente sensibile a certe questioni.

Elia ha iniziato la sua stagione su strada a San Juan (in foto). Sfortunato agli europei su pista, causa febbre, oggi parte per il UAE Tour
Elia ha iniziato la sua stagione su strada a San Juan (in foto). Sfortunato agli europei su pista, causa febbre, oggi parte per il UAE Tour
Elia, dunque un velocista cambia in volata?

Io dico di no. Da sprinter puro arrivo già al limite con l’11 in canna. Ci sta che Milan provi a cambiare: lui parte dai 400, 300 metri e avere qualche dente da scalare in quel caso ti aiuta. Ma io una volta che parte lo sprint vero e proprio non cambio. Mi concentro solo sulla spinta e a sprigionare la massima potenza.

Chiaro, testa e bassa concentrazione…

Poi dipende anche dalla situazione, cioè in base a come è fatto l’arrivo. Se magari c’è una curva abbastanza stretta e si riparte da bassa velocità. Bisogna poi considerare che con i bottoncini vicino alle mani (quelli all’interno della piega, ndr) è abbastanza facile. Ma io, ripeto, preferisco non cambiare.

Che poi è anche un rischio. Al netto che in quel “mezzo secondo” del passaggio della catena da un pignone all’altro si perde qualche istante, per voi che sprigionate fiumi di watt il rischio è quello che la catena possa saltare, subire strattoni pericolosi per la sua stessa tenuta…

Esatto, è un rischio. E per questo io preferisco mantenere l’11.

Sempre l’11? Anche con questi rapportoni anteriori che usate?

Io sono tradizionalista e solitamente uso il 54×11. Monto il 55 o il 56 solo se nella riunione del mattino siamo certi che il vento è a favore o che l’arrivo tira leggermente in discesa.

Gli “sprinter shift”, i bottoncini del cambio all’interno della piega. Molto spesso il nastro manubrio li copre del tutto
Gli “sprinter shift”, i bottoncini del cambio all’interno della piega. Molto spesso il nastro manubrio li copre del tutto
E un 56×12 avrebbe senso?

A me non piace, anche perché poi il 56 una volta che lo monti lo devi portare in giro tutto il giorno. E non è così facile. Magari una salita (veloce) con il 53-54 la puoi anche fare, ma con il 56 sei costretto a passare al 39. Nizzolo è famoso per questa cosa. A Cittadella ha vinto l’italiano perché aveva il 56. Lui usa questi rapporti così duri per caratteristiche fisiche e anche tattiche. Arrivando da dietro cerca di sfruttare quel dente in più.

L’avvento del cambio elettronico ha cambiato qualcosa? E’ comunque più facile cambiare anche in frangenti concitati come gli sprint?

Sì, perché con il cambio manuale meccanico dovevi fare un movimento, dovevi “fare leva” e questo era un movimento che ti faceva “sbilanciare”, dovevi spingere qualcosa (la leva, ndr). Il cambio elettronico ha semplificato parecchio le cose, specie con i bottocini alla piega. Li spingi con il pollice e non cambia il tuo assetto.

E in tema di sicurezza sullo sprint, il cambio elettronico ha migliorato la situazione?

La cambiata è più veloce e anche più sicura, ma non è scritto da nessuna parte che elettronico significa zero errori… Dico che in generale è più facile.

Algarve: ieri primo Kristoff (al centro). Essendoci vento contro, il norvegese ha messo l’11 solo l’istante prima che il suo apripista si spostasse
Algarve: ieri primo Kristoff (al centro). Con il vento contro, il norvegese ha messo l’11 solo l’istante prima che il suo apripista si spostasse
Oggi che si sta attenti ad ogni dettaglio, le catene dei velocisti sono più robuste? Disperdono meno energia, se così si può dire?

No, sono quelle indicate dal costruttore, anche per questioni di responsabilità in caso di eventuali guasti, tutt’al più, chi punta (scalatori e velocisti) usa una catena trattata in certo modo, con polveri particolari. Il trattamento dura 200, 300 chilometri al massimo. 

E tu la senti questa differenza?

Non la senti, ma la vedi. La vedi al banco di prova. Come per le ruote. Quando vedi che non smettono di girare allo stesso tempo sai che rendono di più. Lo vedi. E’ un guadagno reale. Un’altro aspetto tecnico delle volate su cui ragionare, e su cui dico “ni”, è il cambio con le rotelle grandi. E’ vero che la catena scorre meglio, ma secondo me è meno rapido nella cambiata, meno rigido. Mentre è un buon marginal gain per le crono.

Sprint: parliamo ancora di cadenze e rapporti

03.02.2023
4 min
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Rapporti, cadenze, volate… dalla  Vuelta a San Juan ne è uscito un bel calderone. C’è chi arrivava troppo agile, chi non riusciva a girare il suo rapporto. Alla fine il discorso è meno scontato di quel che si possa immaginare e per questo Silvio Martinello ci aiuta a capire meglio.

Non è un caso che abbiamo scelto l’ex corridore veneto. Silvio è stato sia un grande della strada che un gigante della pista e poiché il tema emerso a San Juan riguardava sia gli stradisti che i pistard quale interlocutore meglio di lui?

Martinello Villa 1999
Marco Villa e Silvio Martinello durante una Sei Giorni utilizzavano il 52×16. Oggi sarebbe impensabile
Martinello Villa 1999
Marco Villa e Silvio Martinello durante una Sei Giorni utilizzavano il 52×16. Oggi sarebbe impensabile
Silvio, partiamo dall’articolo che riguardava appunto volate e rapporti. Si parlava addirittura di 58 denti all’anteriore…

Oggi si tende a spingere rapporti sempre più lunghi che ti consentono di fare maggiore velocità, ma al tempo stesso tutto ciò implica la capacità di poterlo spingere, vale a dire la forza necessaria. Il 53×11 o 54×11, rapporti che utilizzavo anche io, erano già piuttosto duri, tanto che molto spesso avevi la sensazione di non spingerli in modo efficace. Oggi invece si va verso un ciclismo che si confronta sempre di più con la forza, anche quella a secco.

La palestra è aumentata molto…

Si fa anche durante la stagione, quando invece ai miei tempi si faceva solo d’inverno quando iniziavi a fare la base. Questo ha portato all’evoluzione a cui stiamo assistendo. Una normale evoluzione direi. Certo, leggere di certi rapporti fa un po’ effetto. Io ho smesso 20 anni fa, ma a vedere certe cose sembra sia passato un secolo. Marco Villa ed io con il 51×15 vincevamo il mondiale nell’americana. Con il 52×16 primeggiavamo nelle sei giorni. E questo è il rapporto degli allievi. E’ tutto relazionato alle velocità maggiori che ci sono.

Sempre più forza. I richiami si fanno anche a ridosso delle gare. Qui, Attilio Viviani poche ore prima di partire per San Juan
Sempre più forza. I richiami si fanno anche a ridosso delle gare. Qui, Attilio Viviani poche ore prima di partire per San Juan
Chiaro: ho più forza, spingo un rapporto più lungo, vado più forte… Eppure non è tutto così scontato o lineare, perché proprio a San Juan abbiamo visto come in tanti abbiano avuto problemi di cadenza. C’è anche chi andava sopra le 130 rpm. Esiste dunque una cadenza ottimale?

Una cadenza ottimale non esiste. Almeno ragionando sulla base delle mie esperienze dico di no. Ci sono sensibilità che variano di continuo: come stai quel giorno, come arrivi allo sprint… Io ho sempre dato precedenza alla cadenza piuttosto che alla forza.

Da buon pistard…

Non ero super potente. Se prendevi i miei rivali: Cipollini, Abdujaparov, Zabel… avevano più forza pura rispetto a me. Io ero bravo a destreggiarmi in gruppo, a farmi trovare nel momento giusto nella posizione giusta… Ma se avessimo fatto uno sprint su quattro corsie distinte sarei arrivato quarto. Ma il ciclismo è diverso e non si corre ognuno sulla propria corsia. Quindi analizzando questa evoluzione è chiaro che si è lavorato più sulla forza e non sulla cadenza.

Eppure le differenze di rapporti viste in Argentina sono state piuttosto ampie. C’è chi aveva il classico 53×11, vedi proprio i pistard italiani, e chi il 58×11…

Ai miei tempi mettevi l’11 e l’istante dopo maledicevi quel momento… perché appunto era molto duro. In questa analisi va considerato il rapporto anteriore che ti permette di “giocare” dietro, perché sinceramente faccio fatica a pensare che abbiano fatto lo sprint con il 58×11. Lo devi spingere poi…

Nelle volate, come nelle crono, si vedono più rapporti monster, ma non significa che vengono utilizzati sempre. Anzi…
Nelle volate, come nelle crono, si vedono più rapporti monster, ma non significa che vengono utilizzati sempre. Anzi…
Quello che pensavamo anche noi. Magari hanno fatto lo sprint con il 58×12…

Con il 58×12 ma forse più con il 58×13. Alla fine è lo stesso concetto di quel che abbiamo visto nei “padelloni” delle crono. Utilizzano il 58 o il 60 per spingere poi il 14 o il 15 e avere la catena che lavora più dritta, quindi ha meno attriti e meno inerzia. Vai a limare qualcosa in questo modo.

Tornando alla cadenza, Silvio, si sono viste differenze marcate. Tu hai detto che quella perfetta non esiste, ma un range ottimale ci sarà…

Quando correvano mi avevano inculcato nella testa che le cadenze erano: 60 rpm per la salita e 100 per la pianura. Ma questi ritmi non sempre eri in grado di rispettarli. Specie se c’era una salitella nel finale. Provavi a tenere, ma per andare con quelle cadenze ti ritrovavi ad essere troppo duro e finivi presto in acido lattico. In volata, come detto, ci sono molto variabili…

Okay ma poniamo un sprint “lineare” in pianura…

Diciamo che con il “vecchio” 53×11 se andavi a 110-115 rpm lottavi per qualcosa di molto importante. Ma dovevi arrivare fresco allo sprint.

Corone grandi? La catena gira meglio. Parola di Conca

20.10.2022
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In occasione di un incontro con il Team Lotto-Soudal avevamo parlato con il meccanico del team, Nick Mondelaers: ruote, componenti, rapporti… gli argomenti sul tavolo della discussione. In particolare ci aveva detto che molti dei suoi ragazzi, tra cui Filippo Conca, avevano spesso scelto corone più grandi.

Un po’ per l’avvento dei nuovi gruppi Shimano e un po’ per l’aumento delle velocità la tendenza era quella. E proprio a Filippo Conca abbiamo fatto qualche domanda tecnica per saperne di più, per capire come si trovano gli atleti con questi nuovi gruppi.

Filippo Conca in salita: una corona grande dovrebbe “sostenere” di più, specie un atleta della sua stazza
Filippo Conca in salita: una corona grande dovrebbe “sostenere” di più, specie un atleta della sua stazza
Filippo, che rapporti usi?

Con il nuovo Shimano sono passato dal classico 53-39 al 54-40. Il 42 non l’ho usato io, ma lo hanno utilizzato dei miei compagni. Al netto del mio nome, quel che diceva il meccanico era vero pertanto. Non solo, ma alcuni miei compagni hanno anche utilizzato il 46. E lo hanno montato principalmente per le classiche del Nord. C’è chi ha montato un 58-46. Dipende molto dal tipo di corsa che non deve essere troppo dura.

Certo è chiaro…

Quando non servono i rapporti corti, tipo per una Roubaix, si può osare e avere i vantaggi si una guarnitura più grande. Con il 58, o anche con un 57, è possibile mulinare meglio i rapporti centrali al posteriore. E la catena lavora più dritta.

Come ti sei trovato ad utilizzare corone più grandi?

Meglio che in passato, perché essendo grosso e pesante devo spingere tanto. Per me non è un problema ritrovarmi con qualche dente in più. In questo ciclismo dove si va sempre molto forte, il 53 non basta, almeno per me. E posso dire che a volte non basta il 54!

Il set 54-40 è stato quello più utilizzato in stagione da Conca
Il set 54-40 è stato quello più utilizzato in stagione da Conca
Non hai mai pensato ad utilizzare corone ancora maggiori?

No, ma per il semplice fatto – e torniamo al discorso di prima riguardo ai percorsi – che non ho fatto le classiche veloci del Nord. Altrimenti avrei di certo optato per corone più grandi. In media ho fatto gare dure o durissime come i Paesi Baschi o il Delfinato…In quel caso un 42, come per una Liegi per dire che tipo di classiche ho fatto, non è il massimo. “E’ duretto”.

Però Filippo, con i vostri watt e con la scala posteriore che ormai arriva al 34 non va bene lo stesso un 42? La catena dovrebbe fare meno attrito…

Sì, in teoria è sufficiente, ma se vuoi tenere una certa cadenza dovresti usare un 42×34: la catena in quel caso non lavorerebbe dritta. Non è il massimo. Invece con il 40, o ancora di più il 39 visto che parliamo di una corsa molto dura come la Liegi, puoi usare un paio di denti in meno dietro e tenere la catena più dritta. E credetemi non è una cosa banale.

Non hai la sensazione che queste corone più grandi ti “sostengano” meglio? Soprattutto quando ti alzi in piedi?

Personalmente no, non c’è differenza se hai una corona più grande o più piccola. Specialmente quando sei in fuga, se hai la gamba per spingerlo, è chiaro che avere un rapporto grande ti dà una mano. Ma per uno che alto 160-170 centimetri e pesa 50-60 chili queste corone grandi sono difficili da spingere.

Il sistema Leomo per la messa in bici su strada
Il sistema Leomo per la messa in bici su strada
Tu sei molto alto (190 centimetri), che pedivelle usi?

Le 175 millimetri su strada e le 172,5 a crono.

Una volta sarebbe stato il contrario…

Questo perché con angoli “tremendi” per essere aerodinamici siamo sempre più chiusi. Dicono che con delle pedivelle appena più corte si è un po’ agevolati nella pedalata.

E hai mai pensato, anche in virtù di dentature maggiori, di usare le 172,5 anche su strada? Oppure vista la tua statura è un po’ azzardato?

Ci ho pensato eccome. Solo che bisognerebbe fare dei test appositi. Fare allenamenti con entrambe le pedivelle con dei sensori. Ci sono dei sensori di un sistema che si chiama Leomo, li ha messi a punto Adam Hansen. Questi si mettono su varie zone del corpo: piedi, cosce, zona pelvica… per capire come reagisci durante la pedalata su strada, perché c’è una bella differenza che trovare la posizione stando in laboratorio. L’anno scorso ci ho lavorato un po’, per fare appunto delle piccole modifiche sulla posizione.

A crono utilizzare un 58 vuol dire sfruttare meglio l’inerzia della catena che non è costretta a girare sull’11
Cambierai squadra, magari è l’occasione per fare questi test con i nuovi materiali…

Sì, ma vorrei concentrarmi soprattutto sulla cronometro: sia per gli allenamenti specifici che per l’aerodinamica e quindi per i materiali. 

E a crono le corone maggiori le hai usate?

Sì, 58-56 la grande e 42-44 la piccola. Alla fine di crono dure non ce ne sono e ci si trova bene sugli strappi che s’incontrano.

Invece dietro? Con le corone più grandi cercavi l’11-34 o preferivi l’11-30 così da averli un po’ più lineari?

Di base preferisco l’11-30. La cassetta 11-34 l’ho usata solo per le tappe più dure, come alcune frazioni della Vuelta

Rapporti liberi e crescita. Nella mtb si cerca l’agilità

24.07.2022
5 min
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Crescita, rapporti liberi o bloccati, sviluppo fisico: continuiamo ad indagare in questa sfera del settore giovanile del ciclismo. In Francia come abbiamo già scritto lo sblocco, nelle gare interne, è realtà già da un po’. Presto si allineeranno anche gli altri Paesi, tra cui il nostro. Ma in un certo senso già lo siamo, visto che alcune discipline come pista e mtb già prevedono l’utilizzo di rapporti liberi. E proprio con il cittì della nazionale di mountain bike, Mirko Celestino, cerchiamo di capire quanto influiscano sulla crescita dei piccoli biker (in apertura, foto Michele Mondini).

In questo weekend il circus della mtb italiana è in Val Casies (Bolzano) per i campionati nazionali. Il cittì ci dedica tempo fra una gara e l’altra, anche dei più giovani. E dall’ultimo degli allievi a Luca Braidot, fresco vincitore di due tappe di Coppa del mondo, la scala dei denti utilizzata è la stessa. Così come è lo stesso (quasi) per intero il circuito che affrontano.

Celestino con i giovani all’italiano di qualche anno fa (foto Alessandro Di Donato)
Celestino con i giovani all’italiano di qualche anno fa (foto Alessandro Di Donato)

Sviluppi metrici corti

«Il problema dei rapporti bloccati, ma direi in generale dei rapporti, in mtb non c’è – chiarisce subito Celestino – Il bloccaggio dei rapporti nelle categorie giovanili su strada infatti riguarda gli ingranaggi più lunghi, quelli che sviluppano più metri, ma in mountain bike certi sviluppi non si raggiungono.

«Non si raggiungono e non ce n’è neanche questa grande necessità, visto che la differenza si fa sulle pendenze estreme o al contrario in discesa. Semmai si va alla ricerca dell’agilità».

E questo aspetto è vero, tanto che negli ultimi anni si è cercato (riuscendoci) d’ingrandire moltissimo i pignoni posteriori. Si è arrivati anche ad un 52, con il 30-32 davanti. E la differenza fra un allievo e un elite, è solo nella scelta della corona anteriore. A parità di percorso un ragazzino userà un 30, per esempio, e un elite un 34. Ma è una scelta libera, non un’imposizione.

Una scelta doppiamente tecnica: sia per una questione di forza dell’atleta (che chiaramente è diversa), sia per una questione di ricerca dell’agilità che al tempo stesso è legata anche al superamento degli ostacoli. Avere sempre una certa cadenza infatti, aiuta a stare in equilibrio e a mantenere sempre quel tanto d’impulso che serve per avanzare.

Agilità docet

Celestino poi parla della sua esperienza e di quanto i rapporti lunghi della strada lo abbiano aiutato da una parte, ma di certo non  lo abbiano avvantaggiato dall’altra. Lo ricordiamo lui è stato un grande stradista, prima di passare alla “ruote grasse”.

«Quando sono passato alla mtb, per tre anni non ho toccato la bici da strada – dice Celestino – e questo perché mi serviva per la posizione e la guida. Quando prendevo la specialissima, infatti, e poi risalivo in mtb mi sembrava di fare dei passi indietro da un punto di vista tecnico. Era come se perdessi sensibilità, e mi ritrovavo al punto di partenza. E dopo tanti anni con i rapportoni della strada spesso mi ritrovavo ad andare duro. 

«Ma per tornare al nostro discorso, in quei tre anni, nonostante la lontananza dalla bici da strada, il rapporto mi era “rimasto addosso”. Lo spingevo bene. Di certo quello e la distanza non erano i miei problemi. E poi va detto che io correvo nelle marathon dove i percorsi sono più “lineari” e meno tecnici rispetto ad un cross country».

L’esperienza di Celestino è indicativa è vero, si riferisce però ad un atleta adulto. Tuttavia è anche vero che il rapporto ti forma. E proprio per questo, se è vero che si va alla ricerca dell’agilità, il discorso che vuole i ragazzini della doppia attività più forti perché in mtb possono utilizzare rapporti liberi “tende a cadere”.

Il fattore che eventualmente sviluppa la forza è la pendenza estrema. Ma poi subentra il discorso della durata di questa pendenza che solitamente è ben inferiore ai 2′ consecutivi nella mtb.

Ancora Braidot. Da giovane il suo coach Cucinotta doveva incalzarlo per far sì che su strada andasse agile (foto M. Mondini)
Ancora Braidot. Da giovane il coach Cucinotta doveva incalzarlo perché su strada andasse agile (foto M. Mondini)

Più guida che forza

Il rapporto ti forma okay, però tornando ai nostri tempi, se Lenny Martinez in salita riesce a spingere uno o due denti in meno dei suoi avversari, questo certo non dipende dalla sua attività in mtb. Semmai dagli allenamenti che ha fatto (e fa) su strada. Ma anche in questo caso Celestino pone dubbi più che legittimi.

«Oggi – continua il cittì – soprattutto i ragazzini, tendono ad allenarsi quasi sempre con la mtb. La bici da strada la usano davvero poco e quando la prendono è per fare scarico, per fare un po’ di agilità in scioltezza su percorsi più lineari che la mtb non consentirebbe di fare. Qualcuno un po’ più “grandicello” la usa per farci una distanza, ma non i lavori di forza. L’approccio è totalmente diverso. Non c’è l’esigenza di ritrovarsi il rapportone. Anzi…».

«Viste le pendenze, una cadenza bassa in mtb si nota ancora di più e noi diciamo sempre di andare più agili, di cercare di spingere subito un rapporto più corto. Quando il muscolo si stanca infatti va alla ricerca del rapporto più “comodo” (che è quello lungo), ma se questo non va bene su strada, in mtb è ancora peggio.

«Un Lenny Martinez spinge di più perché probabilmente ha una sua predisposizione sia fisica che nell’adattarsi al cambio repentino della bici».

Juniores: dai rapporti all’altura. Ne parliamo con Berti

20.07.2022
6 min
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Sblocco dei rapporti, altura, metodi di lavori: continua il nostro viaggio nel mondo degli juniores. Stavolta andiamo a casa della Work Service Speedy Bike. Ne parliamo con il direttore sportivo, Matteo Berti.

«Se non ci mettiamo al pari del resto del mondo restiamo attardati – esordisce Berti – soprattutto in quelle gare particolarmente dure e specie in salita. Per tirare i rapporti lunghi servono gambe e muscoli allenati a farlo».

Matteo Berti al centro con i suoi ragazzi
Matteo Berti al centro con i suoi ragazzi

Alla radice

Il discorso va preso alla radice. Sbloccare i rapporti dal vincolo del 52×14 negli juniores significa impostare un cambio “culturale”. Significa cambiare approccio e mettere mano anche agli allievi, che da noi utilizzano il 52×16 come ingranaggio più lungo.

«L’UCI per quella che è la categoria allievi, che in campo internazionale è riconosciuta come under 17, già da diverso tempo indica il 50×14 (più lungo del nostro 52×16, ndr), ma in Italia non l’abbiamo applicata. E questo è utile per passare poi ai rapporti liberi. Sarebbe più complicato passare dal 52×16 al 53×11… per dire.

«Vi dico: veniamo dal Tour du Valromey, in Francia dove avevano già i rapporti liberi, e a parte una tappa ondulata in cui uno dei nostri, Lorenzo Conforti, ha fatto terzo, per il resto gli altri ragazzi hanno tutt’altro passo. In salita poi…».

Una foto che ci ha inviato Berti dal Valromey. Sul podio le giovanili di tre WordlTour
Una foto che ci ha inviato Berti dal Valromey. Sul podio le giovanili di tre WordlTour

Salita e rapporti

A Berti però facciamo un’obiezione. Proprio in salita è dove in linea di massima non si va di 52×14, ma di 39×21, per esempio. In quel caso il discorso dei rapporti liberi o bloccati viene meno. Semmai il problema e la differenza maggiore si riscontrano in pianura o in discesa.

«A livello pratico è così – ribatte Berti – ma a livello fisiologico no. Allenarsi con rapporti più lunghi ti aiuta a spingere di più. Hai delle vasocostrizioni più lunghe a fronte di pedalate più basse, quindi ti abitui a “fare forza”. E’ lo stesso concetto delle SFR. Per questo dico che è importante mettere mano anche alla categoria allievi. Bisogna partire da prima».

La categoria allievi da noi resta un bacino fondamentale. Nonostante i tesserati siano in calo, abbiamo dei numeri importanti, numeri che in Europa non hanno. Ma c’è una dispersione pazzesca e trovare talenti diventa più complicato.

«E’ così – dice Berti – ma poi se si va a vedere tutto questo gap, con chi ha lavorato bene, non lo vedo. Penso a Frigo, Germani, Garofoli o Tiberi. Antonio mi sembra stia facendo bene tra i pro’. Servono programmazione e lungimiranza e se fossimo partiti già da qualche anno con il 50×14 tra gli allievi magari le cose sarebbero diverse».

Daniel Savini ha avuto qualche difficoltà all’inizio degli juniores vista la sua stazza minuta
Daniel Savini ha avuto qualche difficoltà all’inizio degli juniores vista la sua stazza minuta

E i mingherlini?

Però è anche vero che i rapporti più lunghi penalizzano i ragazzi più esili, quelli che sono più indietro nello sviluppo, solitamente gli scalatori (argomento che abbiamo già toccato). E allora di nuovo serve trovare un buon compromesso fra carico di lavoro, crescita dell’atleta e persino una valutazione dei suoi risultati.

Perché ci sta che quel ragazzino possa non vincere neanche una corsa o fare fatica a piazzarsi, mentre tra i pro’ potrebbe trovarsi meglio per assurdo. A quel punto conta il giudizio dei tecnici e di osservatori magari anche di come si comportano in allenamento, di come vanno in salita.

«E’ responsabilità nostra – riprende Berti – lavorare bene. Chiaro che non monterò un 53×11 ad un ragazzo di 52 chili. Ci si deve arrivare gradualmente. Penso alla pista. I risultati sono arrivati grazie anche al lavoro di Villa durante la pandemia. Ma lì si sono tirati rapporti più lunghi. In pista non c’è vincolo. Serve sensibilità da parte dei tecnici. La mia esperienza: ragazzi che potevano tirarli li hanno usati, altri no. Bisogna strutturare una preparazione idonea e individuale».

«Per esempio Wang, che ha vinto il mondiale juniores a crono 2021, ha usato il 60×16. Noi non possiamo, sia per regolamento, sia perché la maggior parte dei ragazzi, avendo usato sempre il 52×14 non è pronta. Per questo insisto sui programmi individuali. Io avevo Manfredi, lui tranquillamente avrebbe girato il 59, Savini invece faceva una fatica immensa anche con il 52×14 fino al primo anno da juniores. L’anno dopo ha vinto 17 corse».

Insomma un passaggio delicato, ma ormai necessario.

In Italia, spesso, ci si salva più con il talento dei singoli che con una scuola vera e propria (foto Flanders2021)
In Italia, spesso, ci si salva più con il talento dei singoli che con una scuola vera e propria (foto Flanders2021)

Attività…

Cambiamo fronte. Con Berti parliamo anche di attività e altura, visto che si parla di crescita e sviluppo generale dei ragazzi. Anche in tal senso c’è molto da lavorare, specie sull’approccio culturale.

«In questa gara in Francia – dice Berti – ho parlato con un ragazzo danese. Lui mi diceva che aveva 30 giorni di corsa sin lì, ma li ha fatti in sei gare a tappe. Poi ci stupiamo se fra due anni un danese vince l’Avenir e fra quattro il Tour. Un altro ragazzo mi ha detto che lui fa solo corse 2.1 e 1.1. E’ chiaro che quando va ai mondiali è più abituato a certe corse e a certi ritmi.

«Noi siamo ancora la Nazione dei circuiti di paese. Io non dico che dobbiamo fare solo gare a tappe, ma almeno la metà così e la metà da un giorno. Per fare esperienze di corse a tappe, visto che da noi è rimasto solo il Lunigiana, devi andare all’estero».

La Work Service in ritiro invernale. E’ importante iniziare a lavorare come squadra
La Work Service in ritiro invernale. E’ importante iniziare a lavorare come squadra

E altura

«Gli anni scorsi – va avanti Berti – ho sfruttato l’altura più come una vacanza che per una preparazione vera e propria. Magari i ragazzi venivano da una settimana senza bici e andavamo in montagna una settimana in quota ma per riprendere piano piano. Qualche uscita in Mtb, passeggiate fino a 3.000 metri e anche un po’ di bici. Credo che per un ragazzino fare lo Stelvio ben al di sotto della soglia sia una bella esperienza.

«Dei nostri, quest’anno ci andrà Conforti in altura. Era in accordo con Salvoldi per preparare l’Europeo. In generale non la vedo in modo in negativo, ma certo bisogna saperla fare. Noi quest’anno come squadra non andiamo. Andremo un po’ nelle sedi di Padova, e ne approfitteremo per visionare la Noventa-Enego. E andremo un po’ a Massa per scoprire le strade del Lunigiana».

Juniores, i rapporti sono solo una parte del problema

13.07.2022
5 min
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Andrea Morelli fa parte della Commissione scientifica voluta dalla Federazione lo scorso anno e assieme ai suoi colleghi, fra cui Paolo Slongo, aveva già messo mano alla questione dei rapporti liberi per gli juniores. Dalle loro osservazioni è nata una relazione, per cui quando ha letto sul tema l’intervista di Adriano Malori, il direttore del ciclismo in Mapei Sport ha proposto la sua visione delle cose. Partendo dalla propria esperienza e da quella relazione.

«Sapevamo che la Francia aveva eliminato la limitazione – spiega – allo stesso modo in cui sapevamo che da noi tante squadre allenavano già i ragazzi con i rapporti liberi e magari adesso sono fra quelli che si lamentano. Il nostro punto di partenza è stata la relazione scientifica dei francesi. Secondo loro la limitazione delle velocità derivante dall’uso di rapporti troppo brevi avrebbe impatto sulla formazione atletica e sul futuro degli atleti. Mentre le loro ricerche non avrebbero rintracciato problemi sul piano fisiologico».

E’ stata la Francia per prima a eliminare la limitazione, ma gli juniores erano già liberi nelle gare nazionali
La Francia per prima ha eliminato la limitazione, ma gli juniores erano già liberi nelle gare nazionali

In realtà, par di capire ogni giorno di più, non esistono grandi studi al riguardo che stabiliscano una linea diretta fra i rapporti liberi e i problemi articolari. Non più di quelli che si potrebbero generare con i rapporti bloccati, esagerando con la forza in salita.

Forse il discorso dei rapporti è secondario?

Forse sì. Quello che cerco di far passare con chi lavora sugli atleti più giovani è di limitare i lavori sulla forza. Che non esagerino. Ci sono Paesi che fanno educazione alla forza, semplicemente creando i presupposti perché un domani gli atleti possano sostenere carichi superiori. Quindi esercizi a secco, corpo libero, core stability e anche in bicicletta. Componenti che spesso si tende a trascurare, privilegiando invece l’intervento su altre caratteristiche fisiologiche. Ma la maturazione fisica non è uguale per tutti, per cui si dovrebbero fare valutazioni a lungo termine per instradare la crescita dei ragazzi.

Nelle sue crono da junior (qui oro a Innsbruck 2018) Evenepoel avrebbe tratto vantaggio da rapporti più lunghi
Nelle sue crono da junior (qui oro a Innsbruck 2018) Evenepoel avrebbe tratto vantaggio da rapporti più lunghi
La troppa agilità fa male?

Può creare problemi articolari se eccessiva, ma in genere si può e si deve dire che su ogni terreno, dallo sprint alla crono, esiste un range ottimale di frequenza di pedalata e sviluppo della forza. Ai giovani si deve proporre un’attività coerente con il loro livello di prestazione. Evenepoel faceva le crono da junior a frequenze impossibili, perché non aveva il rapporto che gli permettesse di raggiungere la giusta cadenza. Per la forza che aveva, avrebbe tratto vantaggio da un rapporto più lungo.

Si gioca tutto sulla forza, dunque?

Il rapporto che si usa passa in secondo piano rispetto alla giusta cadenza. E paradossalmente, maggiore è la potenza di cui si dispone e più si avrà necessità di fare una cadenza elevata. Froome può essere un esempio calzante. Al contrario, se propongo delle SFR o delle partenze da fermo, produco dei sovraccarichi che possono portare a infiammazioni o degenerazioni articolari. E questi sono lavori che prescindono dal rapporto che si usa. Lo dimostra il fuoristrada…

Coppa Montes, domina la Auto Eder. L’uso di rapporti liberi nelle volate potrebbe fare la differenza (photors.it)
Coppa Montes, domina la Auto Eder. L’uso di rapporti liberi nelle volate potrebbe fare la differenza (photors.it)
Cosa dimostra?

Che anche nel settore giovanile si usano rapporti liberi e questo non crea problemi. Quello che limita la resa della pedalata è l’affaticamento neuromuscolare. Se anche li lascio con il 52×14 e in salita propongo delle SFR con un rapporto duro, stimolo livelli di forza altissimi. Come andare in palestra e fare la pressa all’80-90 per cento del carico massimale.

Quindi si parla di qualcosa che non causerà problemi?

Premesso che negli allievi la limitazione resta, credo che il quadro sia poco chiaro. Di sicuro va insegnato il corretto uso dei rapporti. Si parla tanto dei preparatori dei pro’, ma la FCI dovrà avere a cuore anche i corsi per creare la giusta cultura fra gli allenatori delle categorie giovanili. E poi c’è da lavorare sull’aspetto psicologico. Lo scalatorino di 50 chili non tirerà mai il rapportone e potrebbe arrivare alle salite già staccato. Alla quarta batosta di questo tipo, c’è rischio che smetta. Questo perché al primo anno da junior non sai come si svilupperà il corridore. Di sicuro ci saranno grosse problematiche, non è una fase da ignorare.

Anche con il 52×14 in salita i più forti riescono a fare parecchia forza (photors.it)
Anche con il 52×14 in salita i più forti riescono a fare parecchia forza (photors.it)
Si è parlato anche di ragioni commerciali.

Chi produce i gruppi e le stesse bici ne trarrà vantaggio. Ormai le bici arrivano già montate e non è semplice per chi lavora nelle società giovanili chiedere di smontare i gruppi di serie per mettere pignoni e guarniture da juniores. Ormai è difficile anche trovare i componenti, perché ci sono aziende che il 52 hanno anche smesso di produrlo.

La regola non si cambia, come si fa per conviverci bene?

Bisogna mettersi a tavolino per valutare lo sviluppo dell’atleta. Bisogna capire che il primo step è sviluppare le sue capacità tecniche, mentre sulla forza è corretto lavorare dopo lo sviluppo ormonale. E l’ultimo step si farà al passaggio negli U23 affinché da pro’ si possa puntare alla prestazione. E poi dipende dall’atleta…

In che misura?

Malori dice bene, che se avesse avuto il 53×11 avrebbe fatto disastri. Ricordo bene di averlo allenato e lui era il primo a esagerare con i lunghi rapporti. Quelli che vanno duri ci sono sempre stati. Non tutti riescono a fondere forza e cadenza come Ganna e Cancellara.

L’uso del lungo rapporto genera in pianura le differenze maggiori (photors.it)
L’uso del lungo rapporto genera in pianura le differenze maggiori (photors.it)
Avendo i rapporti liberi negli juniores, inizieresti a fare qualche intervento anche fra gli allievi?

Non vedo perché spingerli a velocizzare un adattamento per cui non sono pronti. Mi concentrerei più su quello che voglio raggiungere nel lungo periodo. Per migliorare la cadenza si usava il fisso oppure il dietro moto, che accresce la capacità di fare velocità a cadenze maggiori, senza sovraccaricare. Il dietro moto porta adattamenti che fanno migliorare la prestazione. Ma sono aspetti molto complicati. Vanno costruiti programmi perseguendo la crescita e non il risultato. Perché se inizio a fare il pro’ già da allievo, arrivo negli U23 che mentalmente sono già bruciato. La testa non regge. Bisogna tornare a pensare che il passaggio al professionismo è solo l’inizio.

Rapporti liberi per gli juniores, un passaggio da gestire

09.07.2022
6 min
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Il mondo degli juniores si fa domande, da quando l’UCI ha abolito la limitazione dei rapporti. In realtà la novità, in vigore dal prossimo primo gennaio, è stata fatta passare fra le righe ed elimina il vincolo ai 7,93 metri per pedalata (52×14) con cui si era inteso tutelare la prima categoria internazionale del ciclismo. Certe cose non accadono mai per caso. E se già i francesi avevano eliminato il vincolo, essendo francese anche il presidente dell’UCI, evidentemente l’idea era allo studio da tempo.

Di fronte a scelte di questo tipo si possono avere due atteggiamenti. Attaccarsi alla memoria e sparare a chiunque si avvicini, come il giapponese sull’isola convinto che la guerra non sia mai finita. Oppure cercare il modo più intelligente per convivere con la novità, alla quale bisognava opporsi evidentemente prima e in altre sedi.

Lorenzo Giordani al Giro della Lunigiana 2021, gara juniores, alla verifica dei rapporti
Lorenzo Giordani al Giro della Lunigiana 2021, gara juniores, alla verifica dei rapporti

Martinez e i pro’

E’ chiaro, come ha dimostrato l’esperienza di Lenny Martinez al Tour of the Alps, che se un under 23 di primo anno viene portato tra i pro’ e fino a 4 mesi prima ha pedalato con il 52×14, l’impatto sarà devastante. Il francesino però, come tutti i suoi connazionali, si è sempre allenato e corso le prove nazionali senza alcun limite, per cui si è adattato alla svelta. E dato che l’accesso alle corse dei professionisti avviene ormai stabilmente a 18 anni nelle continental, si è pensato probabilmente di metterci una pezza togliendo il limite.

Questa potrebbe essere una spiegazione. Un’altra ipotesi l’ha fornita Christian Schrot, tecnico della Auto Eder (team U19 della Bora-Hansgrohe), secondo cui dietro potrebbe esserci anche il fastidio per le case produttrici nel dover realizzare pacchi pignoni con il 14 come ingranaggio minimo. Considerato che anche il passaggio di massa al freno a disco è avvenuto probabilmente per le esigenze di aziende sponsor dell’UCI che su questo fronte avevano investito prima di altre, non ci stupiremmo neppure di questa seconda lettura.

Tour of the Alps 2022, Lenny Martinez a suo agio tra i pro’, ha ottenuto anche qualche bel piazzamento
Tour of the Alps 2022, Lenny Martinez a suo agio tra i pro’, ha ottenuto anche qualche bel piazzamento

Trovare una soluzione

Sta di fatto che da gennaio gli juniores correranno con i rapporti dei pro’, mentre parrebbe intatta la norma per cui gli allievi dovranno continuare con il loro 52×16 (6,94 metri per pedalata). Volendo capire il punto di vista di un preparatore, abbiamo fatto tappa da Adriano Malori, che allena i ragazzi del Cycling Team Nial Nizzoli di Fosdondo (Reggio Emilia), ma siamo pronti per allargare il discorso a quanto vorranno offrire il loro contributo. Dopo una prima fase in cui ha accolto la modifica con parole assai poco gentili, l’emiliano ha cominciato a ragionarci.

«Secondo me resta una boiata – dice sorridendo – ma d’altra parte non è sbagliato dare ai ragazzi la possibilità di adattarsi a quello che troveranno nelle continental, dove di fatto corrono tra i pro’. Avrei scelto la via di mezzo. Avrei concesso il 53 e lasciato il 14. Oppure avrei salvaguardato i primi anni. Di certo non è pensabile confidare nel buon senso di chi li gestisce. Parliamo di fisici spesso molto acerbi, con il rischio di danni alla muscolatura, alle articolazioni e ai tendini. Mi aspetto che facciano le crono con il 58×11…».

Controllo dei rapporti per le azzurre al via dei mondiali di Leuven. Dal 2023 un passaggio in meno
Controllo dei rapporti per le azzurre al via dei mondiali di Leuven. Dal 2023 un passaggio in meno
E’ così evidente che alcuni siano ancora immaturi fisicamente?

Ce ne sono alcuni che devono formarsi e altri più fisicati che a questo punto faranno quel che vogliono. Ci sono ragazzini con le spalline basse, che ancora devono farsi. Penso allo stesso Mattia Cattaneo, con cui ho avuto l’onore di correre. Negli under 23 era filiforme, non era ancora formato. Ha iniziato a costruirsi muscolarmente alla Androni e adesso fa parte dell’elite mondiale. Quando sei così esile, il fisico non è pronto e te ne accorgi perché ad esempio hanno problemi alle ginocchia.

Secondo il tecnico della Auto Eder questo passaggio aumenterà le differenze tra forti e deboli.

Sicuro. Uno che fisicamente è già formato mette il 53×11 e stacca in pianura il ragazzino di 50 chili che ha bisogno di crescere. Utilizzare un rapporto non adatto alla tua età però è come andare in palestra e pretendere di sollevare i carichi dei professionisti. Il risultato è che tanti ragazzini rischiano di smettere prima di essersi formati.

Cambierà di riflesso anche la preparazione degli allievi? Foto alla partenza della Coppa d’Oro
Cambierà di riflesso anche la preparazione degli allievi? Foto alla partenza della Coppa d’Oro
Dici che non ci hanno pensato?

Non so se l’UCI abbia in mente di riscrivere le categorie, portando il ciclismo nella scia del calcio e di tutti gli altri sport professionistici, in cui a 17 anni sei lì a giocare contro i grandi campioni. Vedo la scomparsa della categoria U23 in quanto tale, che magari rimarrà riservata alle gare titolate, come europei, mondiali e Coppa delle Nazioni. Di sicuro togliere l’agilità “forzata” agli juniores rischia di produrre dei nuovi Gontchar (il pro’ ucraino rinomato per l’abuso di lunghi rapporti, ndr) o dei nuovi Malori. Anche io da piccolino ero abituato ad andare duro, pensate se avessi avuto il 53×11 da junior…

Ma la regola per ora non la cambi. E allora come si fa a conviverci?

L’unica cosa è farli allenare da allievi un paio di volte a settimana con il 52×12. La palestra va bene fino a un certo punto, perché i veri watt li fai in bici. E comunque non puoi costringerli a sollevare dei pesi eccessivi, perché sarebbe contro natura. Se invece da metà anno alleni quelli che devono passare juniores con il 52×12, forse iniziano ad abituarsi.

E così però metti mano anche negli allievi.

Sarà inevitabile. Si crea un problema piramidale al contrario, è una cosa bestiale. Si va verso carriere per forza più brevi, se iniziano con certi carichi a 17 anni. Quello che non condivido è che si lamentano tanto delle precocità e poi fanno norme del genere. A meno che non si voglia creare una generazione di corridori subito spettacolari, avendo visto questa infornata di ragazzini fortissimi. Così si elimina la categoria degli U23 e si gareggia subito al top.

Il primo Malori abusava dei rapportoni: buoni per vincere da U23, limitanti fra i pro’
Il primo Malori abusava dei rapportoni: buoni per vincere da U23, limitanti fra i pro’
E’ anche vero che all’estero è sempre stato così…

L’anomalia italiana è evidente. Come è evidente una cosa che ha detto Moreno Moser in telecronaca, mi piace come commenta. Ha detto che giovani come Evenepoel e Pogacar hanno avuto la fortuna di non doversi confrontare con i campioni che c’erano prima di loro, perché il Covid li ha danneggiati più di quanto abbia fatto con i giovani. E’ mancato lo scontro generazionale. Il miglior Ganna non si è mai scontrato con il miglior Dennis, perché il 2020 ha riscritto la storia.

Quindi si costruisce il futuro sulla base di un’anomalia?

Questa è la sensazione, staremo a vedere. Intanto però c’è da ragionare su come allinearsi a questa nuova regola.