La UAE Emirates del Giro: tutto perfetto e un solo neo

31.05.2024
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Nelle parole di Matxin alla fine del Giro c’era soprattutto orgoglio. La UAE Emirates ha tre manager. C’è Gianetti, che cura i rapporti con gli arabi e si tiene in equilibrio fra le buone maniere di una volta e la necessità di fare risultato. Andrea Agostini che vigila e opera affinché ciò sia possibile. E poi c’è Matxin, che invece spinge a tutta con un solo obiettivo: vincere. Attenzione però: non si tratta di uno spingere cieco, ma un ragionare per gradi che colloca tutti nel posto giusto. 

«Il fattore decisivo quando c’è Tadej – dice – è che tutti sanno di correre per un risultato, che è quasi sempre favorevole. Ovvio che oltre alla motivazione serve avere le gambe, perché anche io a volte sono molto motivato, ma non ho forza (ride, ndr). Qui si parla di atleti di alto profilo. Felix Grossschartner è un corridore che potrebbe vincere tutti gli anni, è uno dei migliori al mondo. Rafal Majka in questo Giro sarebbe potuto arrivare fra i primi cinque, ha qualità che non abbiamo scoperto certo noi (il polacco in apertura è con Pogacar sul Monte Grappa). Abbiamo dei corridori forti con cui abbiamo formato un gruppo importante. Loro ci credono e i risultati arrivano. Ogni volta che corriamo per un leader, l’atmosfera è la stessa: siamo contenti del gruppo che abbiamo».

Matxin, Gianetti, Agostini: la dirigenza UAE Emirates già a dicembre aveva annunciato obiettivi e formazioni
Matxin, Gianetti, Agostini: la dirigenza UAE Emirates già a dicembre aveva annunciato obiettivi e formazioni
Che cosa li tiene insieme?

Abbiamo un modo di lavorare che permette a ciascuno di avere il suo spazio. Chiaro che quando si viene a correre per Pogacar, comanda lui. Ma ognuno di questi che hanno aiutato lui al Giro, nel corso dell’anno ha avuto oppure avrà spazio per giocarsi le sue carte. Li accontentiamo, diamo spazio sportivo a tutti.

Se quello che avete annunciato a dicembre fa ancora fede, ognuno ha programmi a lungo termine…

Esatto, ricordate bene. Abbiamo una linea molto chiara da ottobre, come avete visto. Da quanti anni segui il ciclismo? Non so quante squadre abbiano mai annunciato a dicembre gli otto corridori che faranno i tre grandi Giri senza poi cambiarli. Ovvio, ci sono gli imprevisti, ma ognuno dei nostri atleti sa qual è il suo obiettivo e in quali momenti invece dovrà lavorare per la squadra e per altri compagni. Ciascuno al suo tempo, anche i più giovani. Almeida, Ayuso, Del Toro e Morgado hanno avuto e avranno occasione di fare le loro corse.

Grossschartner è un corridore vincente, alla UAE dal 2023, votato alla causa del leader
Grossschartner è un corridore vincente, alla UAE dal 2023, votato alla causa del leader
Si può dire che il Giro sia riuscito alla perfezione?

Si può dire, ci voleva un momento come questo. Siamo arrivati a Torino con l’intenzione di vincere e la sceneggiatura ha seguito esattamente il copione. Tadej ha corso in modo intelligente, non credo che abbia sprecato più del previsto, pur sapendo che il Giro è una gara molto dura. I numeri dicono che le cose sono andate secondo i piani e i piani funzionavano a lungo termine, ma anche giorno per giorno. Vuol dire che la sera guardavamo la tappa del giorno dopo e stabilivamo il modo di correre più utile: per il Giro e per quello che ancora attende Tadej.

Peccato sia mancata la vittoria di Molano…

Forse è l’unico neo del Giro, ma si può vedere anche che Sebastian si è integrato benissimo nella squadra del Giro e ha fatto ottimamente la sua parte.

L’appetito vien mangiando: se si vince il Tour, si punta alla Vuelta?

No, su questo siamo stati chiari da dicembre. Pensiamo molto attentamente agli obiettivi e non sarebbe positivo riaprire un file così importante. Abbiamo appena detto che si fanno programmi chiari per tutti, un cambiamento del genere sarebbe una forzatura. Per quest’anno abbiamo deciso di fare due grandi Giri, che per Tadej è già una novità. Ha 25 anni e ha ottenuto tante vittorie, però può sempre migliorare e fare esperienza. Da qui ai prossimi cinque anni penso che riusciremo a realizzare molte delle sfide che ci siamo prefissati.

Peccato che essendo una squadra araba, non abbiate potuto brindare con vero champagne…

Per rispetto, non abbiamo bevuto champagne in pubblico. Ma siamo soddisfatti. Volevamo essere al numero uno e ci siamo arrivati, ma possiamo anche migliorare. Lo scorso anno la Visma ci è stata superiore in alcune occasioni importanti, l’obiettivo è ribaltare quei risultati.

Il Grappa si inchina a sua maestà Tadej: il Giro 2024 è suo

25.05.2024
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BASSANO DEL GRAPPA – E’ tutto un tripudio rosa, nello sventolare di bandiere slovene che ricorda le scene di Monte Lussari. La sensazione è che Roglic ne avesse richiamate di più, forse per la vicinanza del confine, ma certo oggi il Monte Grappa ha offerto uno spettacolo di folla che raramente è capitato di vedere negli ultimi anni. Solo qualche tifoso troppo irruente ha rischiato di rovinargli la festa, ma alla fine Tadej dirà grazie anche per loro. Adesso sorride nel recinto alle spalle del palco. Regala un mazzo di fiori alla figlia di Alex Carera e uno alla sua compagna Urska. Il terzo prova a lanciarlo dall’altra parte della strada dove sono assiepati i tifosi, ma il tiro è corto e i fiori finiscono per terra. Ci pensa Joseba Elguezabal, il massaggiatore basco, a raccoglierlo e tirarlo oltre la transenna.

Ha attaccato quando davanti era rimasto solo Pellizzari ed è piombato su di lui come una furia. Fra i due si è creata una sorta di legame. Giulio era al Processo alla tappa e ne è uscito quando Pogacar è uscito sul palco per ricevere la maglia rosa. Il marchigiano si è fermato con la bici dietro la schiera dei fotografi e l’ha guardato. Tadej l’ha visto, ha sorriso e l’ha salutato con il pollice in alto. Lo stesso ha fatto Giulio, che poi si è diretto verso la sua gente.

Il Veneto risponde alla grande. Dopo la folla di Padova, ecco Ca’ del Poggio sulla via per Bassano
Il Veneto risponde alla grande. Dopo la folla di Padova, ecco Ca’ del Poggio sulla via per Bassano

Umile e cannibale

Matxin si avvicina e racconta che le cose sono andate come avevano previsto. Che la squadra è stata grande e che lavorare per uno come Pogacar rende tutti dei leoni. Dice che il piano di spendere il giusto per non arrivare vuoti al Tour ha dato ottimi frutti. Ogni giorno si faceva il punto su quanto si potesse spendere e le cose sono andate come nei piani. Sulla strada invece c’è ancora Majka, che come al solito ha dato l’ultima stoccata prima dell’attacco del capitano.

«Si faceva due volte il Monte Grappa – dice Rafal – voleva vincere. Con la bici rosa e tutto quel pubblico, lo capite. Con Pogacar è tutto bello. Io avevo già vinto la Vuelta con Contador, il Tour e adesso il Giro con lui, ma è la prima volta in vita mia che incontro un ragazzo così forte e umile. Più che un vincitore è un cannibale. Sono molto contento. Il Grappa è stato bellissimo. Quando siamo rimasti in tre o quattro corridori, mi ha detto di fare l’ultima accelerata, ma oggi tutta la UAE Emirates è andata fortissimo. Siamo partiti che pioveva, ma quando siamo arrivati qua c’era il sole. E’ stata una giornata perfetta. Non l’ho mai visto in difficoltà, per me al Tour arriverà ancora più forte. Sta crescendo, adesso recupera e poi sarà pronto per la Francia».

Questo è il momento dell’attacco: Majka dà tutto, sta per scattare l’attacco di Tadej
Questo è il momento dell’attacco: Majka dà tutto, sta per scattare l’attacco di Tadej

Tadej è rilassato e capiremo a breve che il giorno della crono era nervoso per davvero. Un attacco imprevisto di allergia lo ha preoccupato per diversi giorni. Poi col cambiamento del meteo le cose sono andate a posto e il risultato si è toccato con mano. Così adesso il Pogacar che ci troviamo davanti è sereno, felice, consapevole e in apparenza ancora fresco. Certo anche lui avrà fatto fatica e avrà avuto qualche preoccupazione, ma dando sempre la sensazione di essere in controllo. Ci fosse stato qualche avversario più solido, forse l’asticella sarebbe stata più alta.

E’ stato davvero tutto facile?

In un grande Giro non c’è mai niente di facile. Sono state tre settimane difficili, a cominciare da questo problema di allergia che a Napoli si è fatto più fastidioso e non se ne andava nemmeno con la pioggia. Non è stato tutto liscio, ma siamo arrivati fin qui con un buon margine sul secondo, per cui sono contento.

Per 18 chilometri senza soluzione di continuità: il pubblico del Grappa è stato una cornice eccezionale
Per 18 chilometri senza soluzione di continuità: il pubblico del Grappa è stato una cornice eccezionale
Difficile valutare le prestazioni senza i numeri: pensi di essere il miglior Pogacar visto finora?

Forse sì. Ho fatto un altro passo avanti, ma ogni anno è più difficile migliorare. Sono fortunato di poter ancora trovare qualche margine durante l’inverno. Sto ancora crescendo, invecchio, per cui adesso entra in gioco anche l’esperienza. Non posso dire tutto quello che ho fatto di diverso nella preparazione, ma è certo che qualcosa volevo cambiare.

Perché?

Con Inigo Sanmillan (suo preparatore fino al 2023, ndr) ci siamo lasciati in ottimi rapporti. L’allenamento con lui è stato molto positivo, ma a volte hai bisogno di un po’ di cambiamento di ritmo e di cose diverse. Un diverso metodo di lavoro. Per cui dopo cinque anni, ho voluto provare qualcosa di nuovo, anche giù dalla bici. Ho lavorato di più anche sul fisico e devo dire che è stato un bel cambiamento. Niente di troppo grande, ma sono soddisfatto del risultato e di come sono andati il mio inverno e la preparazione per le gare.

Non solo il bambino visto in tivù: Tadej ha regalato borracce anche ad altri
Non solo il bambino visto in tivù: Tadej ha regalato borracce anche ad altri
Adesso che è finito si può dire: sei mai stato in difficoltà durante il Giro?

Certo, è successo. Mi sono sentito a disagio molte volte. Sono state tre settimane di gare e ci sono molti momenti in cui ti senti a disagio sulla bici, fuori dalla bici. Hai problemi a dormire e cose del genere. E’ stata una corsa dura, ma devo dire che è stato uno dei migliori grandi Giri che abbia mai fatto nella mia carriera. Mi sono sentito benissimo con le gambe durante le tre settimane.

Potresti descrivere due momenti della tappa? Il primo, quando hai affiancato i compagni prima dell’attacco. Il secondo quando hai preso una borraccia e l’hai data a un bambino…

Sulla salita finale era impossibile parlare alla radio, perché nessuno sentiva niente a causa del baccano della gente. Quindi se vuoi comunicare, devi andare dai tuoi compagni di squadra e dire quello che vuoi dire. In quel momento volevo solo sapere come si sentissero, quanto ancora potessero spingere. Così avrei saputo dove prepararmi per attaccare e ho potuto pianificare gli ultimi chilometri. Invece quel ragazzo è stato davvero fortunato ad essere lì e correre accanto a me. Ho visto un uomo della mia squadra con la borraccia. L’ho presa e gliel’ho data. Penso di avergli rallegrato la giornata e forse non solo quella. Forse sarà una storia che racconterà per tutta la vita. Io comunque avevo ancora le borracce piene dalla cima della salita, perché in discesa non sono riuscito a bere.

Un arrivo e un inchino: nell’ultimo chilometro Tadej Pogacar ha ringraziato i tifosi che lo hanno accolto
Un arrivo e un inchino: nell’ultimo chilometro Tadej Pogacar ha ringraziato i tifosi che lo hanno accolto
Sei riuscito a finire il Giro con il serbatoio ancora pieno?

Il piano era sicuramente quello di finire il Giro con il morale alto, buone gambe e buona forma e penso di esserci riuscito. Sono felice di aver raggiunto questo obiettivo. Oggi è stata la prova finale in salita, per vedere se esco dal Giro con buone gambe e sono davvero soddisfatto della risposta che ho avuto dalle gambe.

Ci sono stati momenti di tensione con i tifosi?

Il Grappa è stato fantastico. Dal basso verso la cima, c’era un’atmosfera pazzesca. Davvero, davvero incredibile. Non potevamo nemmeno parlare alla radio, non si sentiva niente. Abbiamo pedalato così per 18 chilometri, c’era un sacco di gente. Qualcuno ha cercato di avvicinarsi troppo e ha provato a toccarmi. Qualcuno mi ha colpito in modo un po’ troppo energico, ma bisogna essere preparati anche per questo. Devi essere abbastanza stabile sulla bici per non cadere. Tutto sommato non è stato così male. A un certo punto c’era un ragazzo con una torcia in mano che mi correva accanto, forse un po’ troppo vicino. Ho avuto paura che mi bruciasse, ho sentito le scintille sul braccio. Ma dico anche che senza di loro non ci sarebbe stato questo spettacolo, per cui gli sono grato.

Il bacio a Urska, arrivata sul traguardo pochi minuti dopo il trionfo
Il bacio a Urska, arrivata sul traguardo pochi minuti dopo il trionfo

Nessun rimpianto

Il discorso va avanti fra le motivazioni per cui secondo lui gli sloveni brillano in così tanti sport. Poi con la domanda se ci tenesse ad arrivare con 10 minuti sul secondo, che Tadej ha rispedito al mittente dicendo che è bello vincere anche con un solo secondo di vantaggio. E a chi gli chiede se non aver preso la maglia rosa il primo giorno gli abbia rovinato la festa, risponde con le parole che chiudono degnamente questa sua giornata tutto rosa.

«Non ho rimpianti – sorride – penso che abbiamo corso davvero bene. Ci manca una sola cosa, provare a vincere domani a Roma con Molano. Se ci riusciamo, sarà un Giro più che perfetto. Ma se anche non si riuscisse, posso dice che è andato tutto alla grande, non ci sono stati brutti momenti. Sono felicissimo di come è andata, non potevo chiedere di meglio».

Majka ritorna al Giro, dopo le Asturie con baby Del Toro

03.05.2024
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TORINO – Piove che Dio la manda, la notte piemontese è anche fredda, mentre sul palco al Castello del Valentino scorrono le squadre del Giro d’Italia. Arrivano. Si infilano nella zona mista per le interviste. Sfilano. E a tratti tornano per rispondere ad altre domande. Rafal Majka fa così, ma quando torna, le telecamere e i fari si sono spostate tutte attorno a Pogacar, così di colpo la scena si fa buia.

Il polacco è un personaggio a metà fra un buffo moschettiere e un guerriero d’altri tempi. Ha tante storie da raccontare e gambe che hanno sopportato ogni genere di fatica. Dagli anni accanto a Contador, poi quelli nella Bora e da qualche anno al fianco di Pogacar. A ben vedere, Rafal è stato il primo vero rinforzo preso dal UAE Team Emirates nel 2021 all’indomani della vittoria dello sloveno nel primo Tour. Il suo palmares parla di otto partecipazioni al Tour e alla Vuelta, cinque al Giro. Proprio qui dovrà fare da guida al capitano, che promette di vincerlo già al debutto. Mentre nell’avvicinamento al via di Torino, per scaldare le gambe Rafal ha scortato Del Toro alla vittoria della Vuelta Asturias, arrivando a sua volta secondo. Dal capitano di oggi a quello di domani: a un campione di 34 anni come lui certe cose puoi chiederle ed essere certo che le porterà a termine con impegno e successo.

Rafal Majka è polacco e ha 34 anni. E’ pro’ dal 2011
Rafal Majka è polacco e ha 34 anni. E’ pro’ dal 2011

Il giorno più duro

Accanto c’è Alan Marangoni, che sta facendo a tutti la stessa domanda per GCN. Qual è stata, gli chiede, la tua più grande fatica al Giro? E qual è stato il massimo dislivello che hai fatto in allenamento? Majka ci pensa un attimo e poi allarga un sorriso grande così.

«Mi ricordo – dice – è stato dieci anni fa, su Stelvio, quando faceva neve. Faceva un freddo cane, però è passata: meglio così. Il dislivello invece… 6.500 metri, non ci credi? A Sierra Nevada».

Poi si gira e viene da noi. Ha voglia di parlare. E’ spiritoso. Sa che in qualche modo in questo Giro si divertirà e la serata un po’ tenebrosa e umida offre a suo modo qualche spunto di divertimento.

La UAE Emirates del Giro è un gruppo molto forte, al pari di quello che poi andrà al Tour
La UAE Emirates del Giro è un gruppo molto forte, al pari di quello che poi andrà al Tour
Fino a ieri con Del Toro, oggi con Tadej: cosa ti pare?

Sono questi giovani portentosi, fortissimi. Ho già 34 anni, però sono molto contento di essere qui al Giro. Dopo quattro anni al Tour de France, torno in Italia. Io ho cominciato con il Giro da giovane, è una bella corsa, ma speriamo che ci sia bel tempo. Adesso con Tadej, prima con Del Toro. Sono due fenomeni. Vediamo cosa arriva con il più giovane, mentre di Tadej siamo certi.

Sei stato il primo rinforzo preso per aiutarlo e ora dovrai guidarlo nei meccanismi del Giro…

Non sono tanto preoccupato di questo, sono più preoccupato che possa sprecare troppe energie. Con lui bisogna fare il Giro e il Tour, spero che qui vinca qualche tappa, ma che non dia fondo a tutte le forze per arrivare bene in Francia. Io per fortuna non faccio parte del gruppo del Tour, non per ora almeno.

Primo Giro per Tadej Pogacar, il pubblico lo accoglie con un boato, nonostante la pioggia
Primo Giro per Tadej Pogacar, il pubblico lo accoglie con un boato, nonostante la pioggia
Quindi si tratta di tenerlo a freno? E’ una cosa possibile?

Difficile tenerlo fermo, veramente. E’ un fenomeno e quando le gambe ci sono, va via. Speriamo di salvarci nella prima settimana e poi vediamo sulle salite lunghe come andrà il nostro Pogacar.

Tu come stai?

Io sto bene, sono stato un mese a Sierra Nevada. Ho fatto le Asturie con Del Toro e adesso sono qua al Giro d’Italia. Isaac (Del Toro, ndr) è un altro fenomeno, scusate se mi ripeto. Speriamo che fra due anni venga fuori come Tadej. Mi ha sorpreso perché è un ragazzo umile, veramente bravo. E’ veloce, va forte a crono e va forte anche in salita. E’ completo, pare che sarà un’altra rivelazione fra i grandi talenti della UAE. In più, è molto giovane, però ha già una grande professionalità. Questi giovani quando arrivano sono già ben avviati.

Prima del Giro, Majka ha scortato Del Toro alla vittoria nelle Asturie. Con loro c’è Matxin
Prima del Giro, Majka ha scortato Del Toro alla vittoria nelle Asturie. Con loro c’è Matxin
Secondo te ci sarà una tappa chiave per Pogacar in questo Giro?

Questo non lo posso dire, perché parte in tutte le corse con il gusto di correre, spaccare del mondo e andare via da solo. Vediamo come va, sarà una scoperta anche per noi. Però attenti a non pensare che sia facile. Sappiamo che i grandi Giri non sono come le classiche e bisogna stare anche un po’ calmi. Ma se mantiene la condizione che aveva prima di Liegi e poi a Sierra Nevada, allora ci farà divertire.

Come è stato per lui tornare al top dopo l’infortunio dello scorso anno?

Non facile. Uno che arriva secondo al Tour de France dopo che non si è allenato per un mese è ugualmente un fenomeno. Vero che non ha vinto, ma nella prima settimana giocava. Ha perso il Tour in due giorni, perché alla fine è venuto fuori il buco di condizione di quel mese che non si è allenato. Adesso però è al top, ha trovato la condizione senza problemi. Secondo me è anche più forte degli anni scorsi. Almeno per come si allena e come lo vedo andare forte. Ormai si comincia, ormai capiamo tutto. Speriamo che faccia bello…

Niemiec ci mette il video e Majka le gambe

31.07.2023
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DUSZNIKI ZDROJ – Finalmente il pubblico polacco può urlare a squarciagola il nome di un proprio beniamino. Ieri la voce ere rimasta strozzata in gola prima per Majka e poi per Kwiatkowski. Oggi lo stesso Rafal gli ha regalato questa gioia. Una gioia vera.

Al Tour de Pologne, tappa ancora una volta caratterizzata da una lunga fuga, dalla quale ne esce in maglia azzurra, re della montagna, Jacopo Mosca. Nel finale però entrano in scena i pesi massimi: la UAE Emirates  prima e poi la Ineos-Grendiers prendono in mano la situazione.

Rafal Majka vince la 3ª tappa, davanti a Mohoric (sulla destra) e Kwiatkowski
Rafal Majka vince la 3ª tappa, davanti a Mohoric (fuori dal taglio della foto sulla destra) e Kwiatkowski

Majka di forza

Una curva a gomito verso destra introduce nello strappo finale. E’ duro e lungo appena meno di un chilometro. La planimetria ricorda vagamente il finale della Coppa Sabatini, solo che la pendenza è nettamente più dura (al di sopra del 10 per cento) e ai lati ci sono gli abeti anziché le case di Peccioli. Si arriva in un centro di biathlon: siamo sulle colline bellissime della Slesia.

«Rafal – gli chiediamo – ma ti aspettavi di vincere su uno strappo così breve ed esplosivo?».

E lui: «No! Io di solito vado meglio sulle salite più lunghe. Ma sapete, quando si esce dal Tour de France con questa gamba puoi, e devi, fare una sola cosa: spingere forte».

Il polacco è il ritratto della felicità. Ai microfoni della tv nazionale parla con la scioltezza di chi per una volta corre in casa. Anche il linguaggio del corpo è chiaro e rivela sicurezza. 

«Vero, sono felice. Okay, forse non vincerò la classifica generale, ma ho vinto una tappa! Ed è quello che volevo. Per la classifica c’è Joao Almeida.

«Già ieri ci avevo provato – prosegue Majka – ma ero partito troppo presto. E forse anche oggi avevo anticipato un po’ troppo. I metri finali proprio non passavano più… però erano in piano! Ho sfruttato il lavoro dei miei compagni e anche quello della Ineos-Grenadiers.

«Che dire, dopo le vittorie di Tadej (Pogacar, ndr) e Adam (Yates) e il loro podio al Tour è un bel momento. Non vedevo l’ora di correre questa gara».

Ma quello è Niemec

Poco prima di andare sul podio Majka abbraccia una vecchia conoscenza del ciclismo italiano, Przemyslaw Niemiec, classe 1980 e 17 stagioni da pro’ tutte nel Belpaese, dove ha fatto anche il dilettante.

Przemysław, quanto tifo per Rafal! Non solo per Kwiatkowski…

Loro sono i numeri uno del ciclismo polacco. Senza andare a vedere cosa hanno vinto in passato, uno ha vinto recentemente una tappa al Tour e l’altro è stato nella squadra di Pogacar, quindi sempre nel vivo. Il pubblico li ama.

Majka ci ha detto che non si aspettava di vincere su uno strappo così esplosivo…

Vi racconto questa. Ieri a Rafal ho mandato il video dell’ultimo chilometro di oggi. L’avevo fatto la settimana scorsa mentre facevo le ricognizioni del percorso. Gli ho mandato questo file e si vede che lo ha studiato bene! Complimenti a lui… – nel frattempo arriva proprio Majka che gli sussurra qualcosa all’orecchio mentre i due si abbracciano – Ieri era un po’ deluso e così con il video si deve essere fatto bene i conti.

Przemyslaw, tu hai corso fino a pochi anni fa. Majka ci ha detto della gamba con cui è uscito dal Tour: ma davvero conta così tanto?

Sì, parecchio. Quando esci da un grande Giro con una gamba buona devi continuare a correre. E’ stato così anche nel 2014. Majka aveva vinto due tappe al Tour, la settimana dopo ha vinto anche al Polonia e la classifica generale di quell’edizione. Io feci quinto. E la stessa cosa ha fatto Mohoric ieri. All’ultima settimana del Tour Matej ha vinto una tappa, è venuto qui e ha alzato di nuovo le braccia al cielo. E’ una vecchia regola che vale anche in questo ciclismo: se non finisci un grande Giro stanco devi continuare. Puoi ottenere risultati buoni.

Le gambe di Majka: la condizione del Tour ha consentito a lui e Mohoric di vincere su arrivi non super congeniali a loro
Le gambe di Majka: la condizione del Tour ha consentito a lui e Mohoric di vincere su arrivi non super congeniali a loro
Tu con Majka hai anche corso? Siete passati entrambi per il gruppo Lampre, poi divenuto UAE Emirates…

No, per poco non ci siamo incontrati, perché lui era alla Tinkoff. Ho corso con lui ai mondiali insieme e altrimenti come avversari. Ma ci vedevamo spesso. Specie alla Vuelta. Però abitiamo abbastanza vicini, nei pressi di Cracovia. Ci conosciamo da tanto tempo e siamo buoni amici. 

E tu cosa fai nella vita? Ti vediamo ancora in forma…

Io ho smesso nel 2018. Mi occupo dei miei bambini perché ne ho quattro! Dunque sto con la famiglia. E lavoro per il Tour de Pologne e le altre gare che facciamo.

Quindi sei nella squadra di Czeslaw Lang?

Sì, sì… sono nel Lang Team. Per il Polonia ci lavoriamo quasi tutto l’anno. Non bisogna credere che siccome è una gara di una settimana basti poco. Vi dico solo che da gennaio ad oggi ho fatto 50.000 chilometri in macchina per vedere i percorsi, chiedere i permessi… 

Majka sicuro: Tadej più forte di Contador

15.12.2022
5 min
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«Cos’hanno in comune Contador e Pogacar? Che ho corso con tutti e due», ora Majka ride. «Tutti e due sono forti di testa, impressionante. Tutti e due non mollano mai, non hanno paura. Però, una cosa che mi colpisce veramente di questo ragazzo è che ha vinto la Liegi e il Lombardia. Anche Alberto era un fuoriclasse che ha vinto il Tour de France, il Giro e la Vuelta. Però Tadej va forte dovunque e per tutto l’anno. E’ impressionante. Quest’anno voleva vincere il Lombardia e fosse stato per lui avrebbe attaccato da lontano. Non lo ha fatto solo perché aveva una squadra forte che lo ha portato al punto giusto. Insomma, due fuoriclasse, ma secondo me Tadej ha un dente di più, perché vince anche le classiche. E se non ha vinto il Fiandre, è stato per inesperienza. Nel ciclismo capita anche di sbagliare».

Al Tour del 2015 con Contador: i due hanno corso insieme dal 2011 al 2016
Al Tour del 2015 con Contador: i due hanno corso insieme dal 2011 al 2016

La squadra cresce

Nel 2021, il polacco è stato forse il primo colpo di mercato importante del UAE Team Emirates per rinforzare la squadra nell’anno successivo al primo Tour e il suo arrivo è stato provvidenziale. Oggi il team è ben più consistente, la campagna acquisti non si è fermata e Majka guardandosi attorno è la guida migliore per capire i piani di Pogacar e della squadra che lo affiancherà.

«Questa squadra sta crescendo – dice – sta diventando uno squadrone. Sono contento. Sono migliorati gli uomini, è migliorato il materiale, che fa tanta differenza. In più sono arrivati corridori come Wellens e Grosschartner che vanno forte anche in salita. Corridori da Tour de France. Nell’ultimo ci siamo decimati. Io mi sono fermato perché ho spaccato la catena. Nel ciclismo ci vuole un po’ fortuna, non solo le gambe. Perciò, se l’anno prossimo troviamo la fortuna e buone gambe, sono convinto che andrà meglio».

Majka e Pogacar dopo la vittoria di Longwy all’ultimo Tour, quando tutto sembrava facile
Majka e Pogacar dopo la vittoria di Longwy all’ultimo Tour, quando tutto sembrava facile

Tutti per Tadej

Dopo gli anni accanto a Contador, Majka si è messo in proprio, passando da leader o comunque da uomo importante alla Bora-Hansgrohe. I risultati non sono stati neanche male, ma non certo al livello per competere con i migliori. Al podio della Vuelta centrato nel 2015, si sono aggiunti il quinto e sesto posto al Giro, che però non bastavano. Così ha accettato la corte della squadra araba.

«Il mio ruolo è diverso – spiega – e anche se avrò le mie possibilità nelle corse di una settimana o magari in qualche fuga alla Vuelta, adesso si lavora per Tadej e tutto sommato viene facile. Sono più tranquillo, vado in bici e sono contento. Ho meno stress legato al risultato personale e intanto la squadra è diventata internazionale. 

«Quando sono arrivato – prosegue – non sapevo cosa aspettarmi, ma di certo non credevo di trovarmi così bene. Specialmente con Gianetti, veramente una brava persona che crede sempre nei suoi corridori. E’ importante che anche lui abbia corso, sa come funziona il mondo del ciclismo. E anche quando le cose non vanno, lui è dalla nostra parte».

Prima dell’allenamento, accanto ad Almeida, completando la sincronizzazione fra computer e spartphone
Prima dell’allenamento, accanto ad Almeida, completando la sincronizzazione fra computer e spartphone

Il mondo che cambia

Nel frattempo il ciclismo fuori è cambiato e capisci la difficoltà di recepire il cambiamento da parte dei corridori che sono cresciuti nel… vecchio mondo, rispetto ai ragazzi che anche oggi sin dagli juniores imparano ad allenarsi e mangiare con il supporto di un preparatore e un nutrizionista.

«E’ cambiato tutto – dice Majka – il modo di allenarsi e anche di mangiare. Nessuno mi aveva insegnato a mangiare 100-120 grammi di carboidrati per ora, mentre adesso abbiamo il nutrizionista e quando arrivo a casa, ho il programma per tutta la settimana di allenamento. Io prima mangiavo la mia insalata e andavo a fare 5-6 ore. Adesso mangio tanta pasta, mangio tutto però mangio le cose giuste. E poi sono cambiati i materiali. E’ tutto più veloce. La bici più aerodinamica. L’elettronica. Le maglie più leggere e più aerodinamiche. Mi ricordo che una volta Tosatto, che aveva quasi 40 anni, mi disse: “Giovane, la carriera passa veloce”. Ed è proprio così. Sta cambiando tutto, ogni anno si va più veloce e ogni anno arrivano più giovani corridori. Non lo so quanto dureranno le loro carriere, perché con questi ritmi la corsa è impressionante e uno che ha 19-20 anni ancora non è uomo. Sono ragazzi che devono ancora svilupparsi».

All’ultimo Tour, Majka era fra i più convinti della vittoria di Pogacar
All’ultimo Tour, Majka era fra i più convinti della vittoria di Pogacar

La fame di Pogacar

Pogacar farà eccezione? Nessuno può saperlo. Lo sloveno per primo ha espresso i suoi dubbi sulla durata di una carriera sempre al massimo, ma intanto Majka è testimone della sua voglia di riprendersi la maglia gialla. E allo stesso modo in cui lui per primo era rimasto colpito del crollo sul Granon, così sgrana gli occhi quando gli chiediamo se davvero Tadej sia determinato a rivincere il Tour, come ha detto.

«Io vi dico una cosa – parte con gli occhi sgranati – aspettate perché veramente vuole vincere. Quello che voglio dire è che sto tanto con lui, è un ragazzo che non molla mai. Ma quest’anno preparerà il Tour veramente bene. Sarà fortissimo. Lui per me quest’anno lavorerà come non ha mai fatto prima».

Microfono a Tadej. «Ho una squadra forte, non solo in salita»

01.07.2022
4 min
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La conferenza stampa indetta della UAE Emirates è affollata anche via internet. Sono tantissimi i giornalisti di tutto il mondo venuti ad ascoltare Tadej Pogacar a poche ore dall’inizio del Tour de France.

Un debutto quello della Grande Boucle che, seppur privo di salite, ha caratterizzato gran parte delle domande. Come la metteranno con vento e pavé i ragazzi di Mauro Gianetti (il team manager) contro squadre che sembrano più attrezzate? Quasi ci si dimentica del resto.

Tour 2020. Verso Lavaur, ventagli e qualche caduta. Il gruppo esplode. Vince Van Aert, Pogacar incassa 1’21”
Tour 2020. Verso Lavaur, ventagli e qualche caduta. Il gruppo esplode. Vince Van Aert, Pogacar incassa 1’21”

Insidie ed entusiasmo

E proprio da qui si parte. Tutto sommato il rischio più grosso nel 2020, Pogacar lo corse proprio nei ventagli. Fu l’unico momento di difficoltà. Verso Lavaur perse 1’21”. Magari gli è rimasto un brutto ricordo, qualcosa da “vivere con tensione”.

Di contro, dalla sua c’è che ha maturato esperienze preziose proprio nelle classiche del Nord. Ma nel 2020 erano un altro Tadej e un’altra UAE Emirates.

«Come faremo?», si chiede Pogacar. «Sappiamo che è difficile, che basta un giorno storto e tutto può svanire, ma noi cercheremo di stare attenti, di correre davanti e di dare il massimo. Credo che abbiamo una squadra molto forte anche per queste tappe iniziali, tra vento, pietre, ponti sul mare…».

In molti già prima del via hanno puntato il dito sulla forza della UAE Emirates nelle prime tappe. Che poi il supporto della squadra a Pogacar è una sorta di ritornello degli anni scorsi.

E l’assenza di Trentin (positivo al covid, ndr) non fa altro che aumentare questi dubbi. Ma in squadra ci hanno lavorato e certamente su carta in salita sono più forti.

Lo sloveno, parla con tranquillità. Come sempre, sembra che tutto gli scivoli addosso. Sembra che due Tour non li abbia vinti lui.

«Non vedo l’ora di iniziare a correre. L’accoglienza di Copenhagen ieri alla presentazione delle squadre è stata unica.

«Mi sono preparato bene. Il Tour è la gara più importante dell’anno ed io sono felice di essere al via a lottare per la vittoria. Ci aspetta una bella sfida. Qualche volta sarà divertente, altre brutale. Ma noi siamo pronti e – ripete – la squadra è forte».

Sul palco gli UAE erano in 7 anziché 8. Mancava Trentin, mentre il suo sostituto Hirschi era in viaggio
Sul palco gli UAE erano in 7 anziché 8. Mancava Trentin. Il suo sostituto Hirschi era in viaggio

Tadej l’esperto

La cosa che colpisce è come sempre la naturalezza di questo ragazzo. Non tanto ciò che dice, semmai come… lo dice.

«Credo – riprende Tadej – di essere in una forma simile rispetto allo scorso anno, almeno i dati dicono questo. E credo che sia per questo motivo che mi sento in fiducia. La preparazione è stata buona, sono stato in quota, poi al Giro di Slovenia, poi di nuovo in quota. Presto scoprirò se questo lavoro darà i suoi frutti».

«Mi sento più sicuro perché di anno in anno acquisisco esperienza. Poi una giornata no ci può stare. Io spero di non averla mai, ma con la consapevolezza di aver svolto una buona preparazione e sapendo di avere una squadra forte attorno (concetto ribadito ancora una volta, ndr), la fiducia aumenta da sola».

La squadra fa blocco attorno al suo leader giustamente. Tuttavia il fatto che non si parli di salite, di tappe come Alpe d’Huez o Hautacam rivela che anche nel clan UAE un po’ di tensione per queste prime frazioni c’è eccome.

Giro di Slovenia dominato da Pogacar e Majka. Qui la 4ª tappa che i due si sono giocati a “cartasassoforbice”
Giro di Slovenia dominato da Pogacar e Majka. Qui la 4ª tappa che i due si sono giocati a “cartasassoforbice”

E Majka?

La UAE Emirates in conferenza stampa ha portato anche Rafal Majka. Il polacco è reduce dalla doppia, anzi, “tripla” vittoria al Giro di Slovenia, guarda caso vinto dal suo capitano. Bisogna considerare anche quella a “morra”!

«Lavoro vicino a Tadej ogni giorno – ha detto Majka – sono qui per aiutarlo soprattutto nelle tappe in salita, ma questo non significa che non lotterò al suo fianco anche in altre frazioni. Sappiamo fare un certo di lavoro anche in pianura».

Allo Slovenia Majka è stato molto vicino a Pogacar anche in salita, dimostrando una gran condizione. E quando glielo fanno notare l’esperto polacco mette le mani avanti.

«Sì, allo Slovenia sono andato forte, ma il Tour è un’altra cosa. E noi siamo tutti qui per Tadej».

Insomma, Rafal non ci pensa proprio ai suoi spazi e a fare lo sgambetto al leader sloveno, per le ambizioni personali». 

Pogacar a Carpegna fra le bandiere gialle del Pirata

12.03.2022
6 min
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Gli chiesero come mai gli piacesse correre all’antica, attaccando da lontano. Marco li guardò e in tutta risposta gli domandò se il suo attaccare da lontano non fosse in realtà troppo moderno. Vedere Pogacar attaccare da lontano sulla sua salita, in sella a una bici priva di freni a disco e in mezzo ai tifosi tutti gialli del Pirata, ha richiamato vecchi ricordi. Il Carpegna oggi è bastato anche a lui.

«Alla fine – dice Manuele Mori, che ha vissuto la tappa dalla seconda ammiraglia del UAE Team Emiratesci teneva a correre sulla salita di Pantani. Conosce la storia di Marco, Tadej conosce la storia del ciclismo. E oggi era importante vincere».

Sulla salita di Pantani, non sono mancati i tifosi del Pirata
Sulla salita di Pantani, non sono mancati i tifosi del Pirata

Il ricordo di Marco

Pogacar arriva e sorride. Si siede. Saluta e racconta. Gli occhi azzurri ti guardano fissi per farti capire che hai la sua attenzione. La montagna guarda il paese. Lassù dove tutto parla di Pantani, si è corso a zero gradi. E adesso che il sole inizia a nascondersi, gli sguardi si fanno intirizziti.

«Lassù tante cose ricordavano Pantani – dice – io non ho potuto seguirlo perché sono troppo giovane, ma oggi è stato speciale, perché i tifosi hanno riportato indietro la storia.

Pogacar ha attaccato a circa 4 chilometri dallo scollinamento e ha fatto subito il vuoto
Pogacar ha attaccato a circa 4 chilometri dallo scollinamento e ha fatto subito il vuoto

«Non mi sento mai imbattibile – prosegue – anche quando sono solo, penso sempre che qualcuno può venire a prendermi. Non sottovaluto nessuno, per questo quando attacco vado a tutto gas, senza sapere che cosa succederà. E oggi ero davvero a tutta, in questo freddo. In poche settimane sono passato dal caldo del deserto al gelo di queste montagne. Il mio corpo si adatta bene, ma certo non è troppo salutare».

L’orgoglio di Majka

In questa piccola antologia del giorno UAE, le voci compongono un quadro di entusiasmo diffuso. Non c’è esaltazione e nemmeno stupore. Semplicemente questo ragazzo sta rendendo tutto naturale e facile. I compagni sul rettilineo di arrivo avevano negli occhi l’orgoglio d’aver contribuito a un’altra impresa.

«E’ andata come è andata – diceva Rafal Majka – con il gruppo che si è un po’ spaccato nella discesa tecnica. Ma lui è un fuoriclasse. La squadra ha lavorato bene, ma nell’ultima discesa con i freni normali non è stato facile. Tadej è un fuoriclasse che può vincere tante corse. Manca un solo giorno e domani speriamo di vincere un’altra Tirreno».

Rispetto per Remco

Soler diceva che lavorare per lui è facile e che è davvero contento di aver scelto questa squadra. Intanto Mori continua il racconto.

«Vogliamo portare a casa la generale – dice – per questo tutti gli avversari ci facevano paura. In una corsa a tappa, soprattutto in giornate come questa, può succedere di tutto. Per questo uno come Remco meritava e merita rispetto».

Evenepoel ha perso con l’onore delle armi, arrivando a 4’01”
Evenepoel ha perso con l’onore delle armi, arrivando a 4’01”

Evenepoel si è staccato durante la prima ascesa del Cippo ed è arrivato al traguardo a 4 minuti dal vincitore. Il freddo è stato uguale per tutti, la fatica no. 

Discesa pericolosa

Fuori dalla tenda che ospita la conferenza stampa, i cori dei tifosi quasi impediscono di sentire. E anche la domanda in apparenza più banale, la mastica a lungo e risponde entrando nei dettagli.

Pogacar freschissimo e disponibile alle interviste: un recupero da campione
Pogacar freschissimo e disponibile alle interviste: un recupero da campione

«Soler ha fatto un buon passo sulla salita – sta dicendo – e quando Marc si è spostato, Landa ha attaccato. Ha cambiato ritmo varie volte, finché ho provato ad accelerare io e ho attaccato. Ho pensato che se non altro avrei ottenuto di andare giù da solo. Non ho capito perché il Bahrain abbia attaccato nella prima discesa. Prendendo il rischio di cadere e di rompersi qualche osso. Ma anche se sono sceso da solo, non è stato facile arrivare in fondo. Anche in discesa ero a tutta…».

Landa soddisfatto

Landa infatti le ha provate tutte e anche se alla fine è rimbalzato contro un muro, sul traguardo sembrava felice di aver ritrovato sensazioni sopite dopo un 2021 da dimenticare possibilmente alla svelta.

Landa ha chiuso al terzo posto, dopo una bella serie di attacchi
Landa ha chiuso al terzo posto, dopo una bella serie di attacchi

«Ho provato – sorrideva – ma era troppo freddo per fare di più. Ho una buona forma, ho cominciato piano ma sto crescendo e sono contento. Sapevamo che prima avessimo attaccato, più dura sarebbe venuta. Ma quando Pogacar parte, è di un altro pianeta. L’anno scorso avevo finito stanco, di testa e fisico, una giornata come questa, chiusa al terzo posto, mi dà grande motivazione».

La Sanremo? Perché no…

E mentre ormai si comincia a pensare al trasferimento verso San Benedetto del Tronto, dove domani si concluderà la Tirreno-Adriatico, la gente rientra nelle case e i tifosi sfollano. Manca una settimana alla Sanremo e la suggestione di vedere Tadej sulla Cipressa come prima di lui un giorno anche Marco, si fa largo in sala stampa.

Sul traguardo di Carpegna, un’altra fuga vincente dopo quella alle Strade Bianche
Sul traguardo di Carpegna, un’altra fuga vincente dopo quella alle Strade Bianche

«Ma la Sanremo è un’altra cosa rispetto a oggi – sorride lui bonario – è la corsa più facile da finire e la più difficile da vincere. Possono vincerla i velocisti e anche gli scalatori. Noi abbiamo un buon team, non riesco a pensare ora se davvero potrei vincere».

Questo non significa che ci abbia rinunciato. Trentin ha dovuto lasciare anzitempo la Parigi-Nizza. Quando le stelle sono allineate in modo così speciale, non esistono traguardi impossibili. Tadej Pogacar riesce a far sembrare semplici cose che si ritenevano ormai impossibili. Attaccare da lontano. Fregarsene delle convenzioni. Accettare la sfida a testa alta. Per questo forse sotto al palco lo acclamavano come uno di casa. Come se in qualche modo lo avessero già visto…

Majka, giorno da campione pensando al papà. Mori racconta

29.08.2021
5 min
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L’ammiraglia si avvicina. Majka è alle ultime pedalate del Puerto de San Juan de Nava, poi per l’arrivo di El Barraco ci sarà soltanto da spingere in discesa. Mori si sporge, lo si sente urlare.

«Aveva i crampi – racconta il direttore sportivo toscano – bisognava sostenerlo. E allora gli ho detto che era per suo padre, che da lassù gli avrebbe dato una mano…».

La dedica di Majka per suo padre, portato via dal Covid (foto Instagram)
La dedica di Majka per suo padre, portato via dal Covid (foto Instagram)

La storia è tremenda, pari alle migliaia che hanno stremato il mondo. Parla di Covid e di una famiglia, quella Majka di Cracovia, che a causa del virus perde il capo famiglia. Il male fiacca anche Rafal, ma lui si riprende e torna a correre. Non è un anno facile. Per questo stringe i denti e si avventa sul traguardo indicando il cielo.

Per suo padre

«Volevo a tutti i costi la fuga – dice dopo l’arrivo – a capo di un anno che per me non è stato buono come speravo, soprattutto dopo la morte di mio padre. Questa vittoria è per lui, per i miei due bambini e per la squadra che mi è stata accanto. Ci sono giorni in cui provi a prendere la fuga e non ce la fai, ma oggi non ho voluto aspettare nessuno. Oggi volevo vincere a tutti i costi».

Aru in fuga con Majka per le prime due salite, poi ha dovuto arrendersi
Aru in fuga con Majka per le prime due salite, poi ha dovuto arrendersi

Non vinceva proprio dalla Vuelta del 2017, quando in maglia Bora-Hansgrohe conquistò la tappa di Sierra de la Pandera.

«Essere soddisfatto o meno – dice Mori – dipende da lui e dalle sue aspettative. Ma anche al Tour, nonostante sia caduto subito e avesse una costola messa male, nella terza settimana è sempre stato davanti a fare il suo lavoro».

Gruppetto esploso

Si è mosso sull’Alto de la Centera, quando il traguardo era così lontano da rendere inimmaginabile un’azione solitaria. Con lui Aru e Van Gils e poi soltanto Aru. Il sardo ci prova, non si può dire di no, ma quando Majka con un rapporto ben più lungo e redditizio ha attaccato sulla salita successiva, il Puerto de Pedro Bernardo, per Fabio si è spenta la luce.

«Quando ha deciso di andare da solo – ricorda Mori – gli ho solo che dopo la salita c’erano 15 chilometri di discesa e poi si ricominciava subito a salire. Quando ho passato il gruppetto dietro di lui per andare sulla testa, li avevo visti tutti finiti. Per la velocità non tutti erano riusciti a prendere il rifornimento. Per cui quando il gruppetto è esploso, l’unico in grado di attaccare era Kruijswijk. Ho detto a Rafal che se anche lo avesse ripreso, sarebbe stato morto. Ma non lo ha ripreso, perché Majka è un campione. Me lo ricordo quando queste fughe le faceva al Tour».

Gregario di Pogacar

Lo strano Giro d’Italia del 2020 si affacciava sulla terza settimana di ottobre. La Bora-Hansgrohe si era fermata per uno spuntino presso la cantina della famiglia Spinazzè a Pravisdomini e oltre a Sagan, in quel gruppo di corridori che nel giorno di riposo avevano poca voglia di fare fatica, c’era anche Rafal Majka che aveva da poco annunciato il passaggio al UAE Team Emirates. Le sue parole erano improntate alla più grande coerenza.

Si arriva a El Barraco, paese natale di “Chaba” Jimenez, grande scalatore socmparso (qui sull’Angliru nel 1999)
Si arriva a El Barraco, paese natale di “Chaba” Jimenez, grande scalatore socmparso (qui sull’Angliru nel 1999)

Gli anni da uomo di classifica erano ormai finiti, dalla stagione successiva il polacco si sarebbe messo al servizio di Tadej Pogacar. Nelle occasioni libere da doveri, avrebbe avuto le sue carte da giocare. Oggi Rafal si è preso la sua giornata di libertà nella 15ª tappa della Vuelta e ha tirato fuori un capolavoro di vecchia scuola. Di quelli che ti riescono quando non sei in classifica e hai ancora motore da capitano. Sulla sua strada per qualche chilometro ha pedalato anche Fabio Aru, che però nulla ha potuto.

Meritato riposo

Mori sta viaggiando sul pullman verso l’hotel in cui la squadra trascorrerà il giorno di riposo e intanto racconta.

«Volevamo andare in fuga – dice – avevamo già provato con Trentin, Oliveira e De La Cruz, ma è andata male. Rafal ci puntava e quando giorni fa ha vinto Caruso, rimase male per aver perso l’attimo, anche se non era nella sua giornata migliore.

Sul podio un sorriso bellissimo, come non si vedeva da tempo
Sul podio un sorriso bellissimo, come non si vedeva da tempo

«Prima di partire per la Vuelta, gli ho detto che quest’anno, dove vado io si vince. Per cui che non si sognasse di tornare dalla Spagna senza una vittoria. E che avrebbe dovuto dedicarla al suo babbo. Lui mi ha guardato un po’ perplesso, poi mi ha detto che lo avrebbe fatto. Dalla macchina non sapete quante volte gliel’ho ricordato. E adesso possiamo goderci un riposo con il buon sapore in bocca. Sono andati fortissimo e dopo due secondi posti, la vittoria ci voleva proprio. E lui è stato un vero campione».

La squadra c’è, poche storie. E Pogacar la difende

16.07.2021
5 min
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Questa cosa che la squadra non lo assiste ormai sembra un ritornello stonato. Anche perché l’unica che al momento sembra superiore alle altre, il Team Ineos, manca in maniera evidente di un solista e il coro da sé può fare poco se non c’è quello che ne finalizza il lavoro. E poi ieri avere accanto una roccia come Majka ha permesso alla maglia gialla di stare coperto fino al momento in cui ha deciso di dare uno scossone alla corsa.

Difesa (non) d’ufficio

Pogacar ai suoi compagni ci tiene e non ne fa mistero. Lo scorso anno passò la tesi per cui avesse vinto da solo, restando nascosto fino al momento in cui affondò Roglic, ma non andò esattamente così. Facendo scorrere di nuovo il film della corsa, semplicemente con una ricerca per nome nel sontuoso archivio di BettiniPhoto, si nota che richiamando i loro nomi assieme, in tutti gli arrivi di salita i due sloveni sono sempre gomito a gomito.

Uomini come MvNulty, Majka e Rui Costa sono tre pilastri super affidabili
Uomini come MvNulty, Majka e Rui Costa sono tre pilastri super affidabili

«Voglio dimostrare che non è stata una mossa unica – ha detto lunedì nel giorno di riposo – in ogni corsa da allora, che sia la Liegi o la Tirreno-Adriatico, parto per dimostrare quanto valgo e che quella vittoria non è stata un caso. Se qualcuno mette in dubbio quello che faccio o quello che dico, in qualsiasi ambito, cerco sempre di dimostrargli che ha torto».

Forse per questo non sta lasciando niente a nessuno, anche se forse ieri un regalo a Vingegaard lo avrebbe forse fatto. Quando al mattino va a schierarsi con le altre maglie davanti a tutti, l’unico con cui parla è il giovane danese. Altrimenti Pogacar è un ragazzo riservato e preferisce stare con la squadra.

«So cosa fa per me ogni giorno ciascuno dei ragazzi – dice – e anche l’anno scorso non sono stato isolato come spesso sento dire».

Alla partenza, Pogacar parla volentieri con Vingegaard, meno con gli altri
Alla partenza, Pogacar parla volentieri con Vingegaard, meno con gli altri

Come da bambino

Una delle domande più esilaranti cui ha risposto ieri dopo l’arrivo è se si stia divertendo. Chi gliel’ha posta non si è reso conto che in effetti nella sua traiettoria, lo sloveno sta seguendo da anni lo stesso copione.

«Corro come un bambino a cui piace correre – ha risposto con quel suo sorriso – sono venuto al Tour per godermelo e mi rendo conto ogni giorno di quello che il mio allenatore e direttore sportivo Andrej Hauptman mi ha sempre detto di fare: divertirmi (la vera differenza fra lui e Roglic, a ben vedere, è che il secondo ha fatto del Tour quasi un’ossessione, ndr). Per me il ciclismo è un gioco. Quando sono in un finale come gli ultimi, se ho le gambe provo ad andare».

Formolo, vicino di casa a Monaco e amico di Pogacar, è stato un gigante in salita
Formolo, vicino di casa a Monaco e amico di Pogacar, è stato un gigante in salita

Per completare il discorso sulla sua coerenza… stilistica, vale la pena ricordare che anche quando da junior vinse il Lunigiana, la squadra slovena non fosse tra le più forti, ma Tadej seppe farsi valere rimboccandosi le maniche. Arrivò secondo il primo giorno a Bocca di Magra dietro Kazanov. Il secondo giorno a Fosdinovo vinse Pronsky su Battistella, ma Tadej conquistò la testa della classifica. Il terzo giorno, con il primato indosso, vinse la tappa e consacrò la maglia.

Hauptman ricorda

Il suo tecnico di nazionale Andrej Hauptman, oggi anche suo direttore sportivo al Uae Team Emirates, sta lavorando anche in prospettiva Tokyo e intanto ha ricordi e idee chiare, sin da quando lo vide vincere la prima corsa a 13 anni lasciando il gruppo e semplicemente andando al traguardo.

La squadra, rinforzata per il Tour, lo ha tenuto bene al coperto nelle fasi più calde
La squadra, rinforzata per il Tour, lo ha tenuto bene al coperto nelle fasi più calde

«Tadej è uno con gli attributi – dice – che osa e ci prova sempre. Però, non lo fa in maniera scriteriata e sa quando muoversi perché ha una grande capacità di leggere la corsa. E’ una caratteristica innata, che ha sempre avuto. Del resto da bambino era uno dei più piccoli e per tenere testa agli altri ha dovuto imparare a cavarsela con l’intelligenza. Ha sempre provato colpi da solista e questo gli ha permesso di sviluppare un ottimo senso della gara. Poi, va bene con tutte le condizioni e non patisce particolarmente il freddo».

In realtà le ultime tappe hanno dimostrato che lo sloveno in giallo se la cava meglio con il freddo che con il grande caldo, ma anche in questo caso è tutto relativo. Fatto salvo il Vingegaard del Ventoux, nell’unico giorno in cui Pogacar ha ammesso di aver raggiunto il suo limite, tutti gli altri sono stati peggio di lui. Sia col bello sia col brutto. La classifica ne è il riflesso diretto. I paragoni col passato non aggiungono molto alla sua storia. Vedremo come finirà domani la crono, poi inizieremo a raccontare la seconda vittoria di Pogacar al Tour.