Slovenia, il cittì Hauptman aspetta (e studia) Roglic e Pogacar

20.06.2021
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In un’estate così fitta di appuntamenti, i campionati nazionali regalano sorprese non solo in Italia: mentre a Faenza Matteo Sobrero si è preso il tricolore nella gara in cui tutti attendevano Top Ganna, giovedì a Koper (Slovenia) Jan Tratnik ha interrotto il dominio degli ultimi due anni di Tadej Pogacar (3° dietro anche a Jan Polanc), vincendo il suo terzo titolo contro il tempo dopo quelli del 2015 e 2018.

Oggi è in programma la corsa in linea che, oltre a essere un test importante per il Tour de France alle porte (26 giugno – 18 luglio), sarà un banco di prova anche per l’Olimpiade di Tokyo subito successiva (24 luglio la prova in linea, 28 luglio la cronometro). Attento osservatore è il ct sloveno Andrej Hauptman, che ha parlato della sua nazionale, una delle più attese in Giappone con un percorso di quasi 5.000 metri di dislivello che si addice alle caratteristiche delle due stelle che rispondono ai nomi e cognomi di Tadej Pogacar e Primoz Roglic.

Finora per Roglic solo 17 giorni di gara nel 2021 (per Pogacar 28). Alla Parigi-Nizza, la visita del figlio Lev
Per Roglic solo 17 giorni di gara (per Pogacar 28). Alla Parigi-Nizza, la visita del figlio Lev

Pogacar non preoccupa

Prima però, l’ex velocista, che si laureò campione nazionale su strada nel 2000, è tornato sul risultato della cronometro: «Tratnik ha fatto davvero un gran numero – dice – Tadej è partito bene però poi non è riuscito a mantenere una buona velocità. Era una crono molto piatta, diversa da quella di Tokyo, che sarà più ondulata. Comunque, Jan è uno che va sempre forte a cronometro e non sono preoccupato per Tadej perché ha dimostrato di stare molto bene al Giro di Slovenia».

Quest’anno a Liegi ha vinto Pogacar, che succede a Roglic
Quest’anno a Liegi ha vinto Pogacar, che succede a Roglic

Tour decisivo

Al via della prova odierna non ci sarà il campione in carica Roglic, che però come Pogacar ha nel mirino l’Olimpiade ed è in lizza per uno dei 4 posti a disposizione della Slovenia.

«Deciderò chi portare ai Giochi in base al Tour– spiega Hauptman – perché in Francia può succedere di tutto, per cui è sempre meglio vedere in che condizioni si arriva al termine della Grande Boucle. Sia Primoz sia Tadej hanno espresso la loro volontà di esserci per la gara in linea, mentre a cronometro avrò un solo posto e vedremo a chi toccherà. Più o meno è tutto deciso, ma posso ancora cambiare qualcosa in base a come andranno le prossime settimane».

La sconfitta del Tour 2020 non ha piegato Roglic che subito dopo ha vinto Liegi e Vuelta
La sconfitta del Tour 2020 non ha piegato Roglic che subito dopo ha vinto Liegi e Vuelta

Occasione unica

Dunque, la Slovenia gioca a nascondere i suoi assi, per calarli al momento giusto, dopo aver già dato prova di grande solidità allo scorso mondiale di Imola con l’attacco da lontano di Pogacar e il sesto posto conclusivo di Roglic, arrivato nel gruppetto di Van Aert (argento) e Hirschi (bronzo).

«Negli ultimi mesi entrambi hanno vinto la Liegi, oltre a un grande Giro a testa. Il percorso olimpico è durissimo, tra salite e umidità, e direi che va bene a entrambi. Per cui sono sicuro che la squadra sarà unita e si correrà per chi è più in condizione», spiega Hauptman, entrando poi nel merito di una delle più grandi rivalità sportive di sempre in Slovenia.

«C’è grande rispetto tra di loro, due corridori di classe e molto professionali. Non ho nessun dubbio sul poter fare una grande corsa a Tokyo, sarebbe fantastico per tutta la Slovenia. E’ una bella opportunità, ma anche una grande responsabilità, per cui dovremo farci trovare pronti, anche perché l’Olimpiade è una corsa diversa, viste anche le squadre a ranghi ridotti. Sarà una gara per scalatori, ma che devono essere anche veloci, perché le medaglie sono soltanto tre».

E di metalli sonanti, Hauptman se ne intende, visto il bronzo del 2001 nella rassegna iridata di Lisbona.

La Slovenia ha un solo posto per la crono di Tokyo: Roglic appare in vantaggio
La Slovenia ha un solo posto per la crono di Tokyo: Roglic appare in vantaggio

Strade diverse

Le differenze non mancano tra i due fuoriclasse, compreso il percorso di avvicinamento al Tour e all’Olimpiade, con Tadej che ha corso e vinto tanto, mentre Primoz si è un po’ nascosto.

«Ognuno ha il suo programma – commenta Hauptman – e vedremo sulla strada in Francia chi avrà avuto ragione. E’ giusto seguire la propria tabella di marcia senza farsi influenzare dagli altri. In tanti parlavano del secondo posto di Primoz al Tour come di un risultato deludente, poi lui è stato capace di lì a poco di vincere la Liegi e poi la Vuelta, dimostrando perché è tra i migliori al mondo. Fino ad adesso, invece, Tadej ha risposto alla grande alla pressione derivata dall’aver vinto il Tour così giovane, vediamo come andrà nelle prossime settimane perché nel ciclismo ogni corsa fa storia a sé e non conta più quello che hai conquistato prima». 

Matej Mohoric è rientrato in gara dopo la caduta del Giro e con lui si è già parlato dei mondiali in Belgio
In gara dopo la caduta del Giro, Mohoric punta slovena ai mondiali in Belgio

Mohoric per l’iride

Hauptman ha poi speso qualche parola anche su Matej Mohoric, in ripresa dopo la spaventosa caduta al Giro d’Italia, come ha dimostrato il settimo posto al Giro di Slovenia, che gli è valso anche la chiamata della Bahrain Victorius al Tour: «Con Matej abbiamo parlato a inizio stagione e abbiamo deciso che lui si sarebbe concentrato sul mondiale in Belgio, visto che nelle corse iridate ha già vinto sia da junior sia da Under 23». Tra Olimpiade e Mondiale, dunque, sarà una Slovenia battagliera.

Alla Freccia, una Cervélo R5 tutta nuova per Roglic

22.04.2021
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Con quale bici ha corso Primoz Roglic alla Freccia Vallone? La sua Cervélo R5, a prescindere dalla colorazione nero antracite con filamenti gialli, ci ha subito colpito.

Così ci siamo concentrati meglio, per quel che abbiamo potuto fare viste le ristrettezze di movimento imposte dal Covid, anche per i giornalisti.

Carro rivisto?

Di sicuro si trattava di una Cervélo R5, la bici “leggera”, quella da scalatori, che ha in dotazione la Jumbo-Visma, quella aero infatti è la S5.

Quando Roglic si è presentato in zona mista e abbiamo potuto vedere per quei pochi secondi la bici da ferma, la prima cosa che ci ha colpito è stato il carro, soprattutto la parte alta dei pendenti, nell’incrocio con il reggisella. Non c’era più infatti la copertura in gomma per la brugola di fissaggio del reggisella stesso. Questi pendenti andavano a “circondare” il piantone e proseguivano fondendosi poi con il tubo orizzontale. Inoltre, nella parte posteriore del piantone, la “placca” di carbonio che si formava tra l’incontro dei due pendenti stessi, era più piccola. Forse perché questo telaio nasce per i freni a disco, mentre la “vecchia” placca più grande era pensata anche per l’alloggio del freno posteriore.

In zona mista, scatti rubati alla nuova Cervélo R5 di Roglic. Pendenti modificati?
In zona mista, scatti rubati alla nuova Cervélo R5 di Roglic. Pendenti modificati?

Altra cosa che abbiamo notato, sempre in zona carro è che i foderi bassi sembrano essere leggermente più oversize rispetto ai precedenti. Tra l’altro su di essi troneggiava la scritta FM 140 (Flat Mount), magari per indicare al cambio ruote che Primoz utilizza dei dischi da 140 millimetri. Un dettaglio che in caso di foratura potrebbe fare la differenza, se l’intervento non dovesse operarlo la sua ammiraglia ma quella dell’assistenza fornita dalla corsa.

Cavi anteriori spariti

E poi l’anteriore. I cavi della R5, che prima erano parzialmente integrati, sono spariti del tutto. L’ingresso non avviene più nella parte anteriore del tubo obliquo, nello stelo sinistro della forcella per quel che riguarda il freno anteriore, e nella parte avanzata dell’orizzontale, ma passano direttamente all’interno dell’attacco manubrio stesso e quindi del telaio. Attacco che infatti è cambiato. Non era il Vision utilizzato fino a poco tempo fa ma un Fsa. E con essa anche la piega era diversa.

Niente cavi esterni all’anteriore, tutto passa all’interno dell’attacco Fsa e del telaio
Niente cavi esterni all’anteriore, tutto passa all’interno dell’attacco Fsa e del telaio

Adesso bisognerebbe sapere (e indagheremo) se cambia anche qualcosa sul fronte di materiali e geometrie. A sensazione il telaio sembra leggermente più compatto, ma si è trattato davvero di una breve osservazione. Non si possono cogliere variazioni che semmai sono nell’ordine di pochi millimetri o pochissimi gradi di angolo.

Tuttavia, proprio l’angolo anteriore ci sembra più “dritto”: il che dovrebbe avvantaggiare la bici negli scatti. Se prima l’angolo di sterzo della R5 di Roglic (taglia 54) era di 73° adesso potrebbe essere di 73,3°. Ma ripetiamo: è solo un’ipotesi. Magari è stato solo rivisto il rake della forcella. O è solo la colorazione che inganna l’occhio.

Rumors tecnici

Viste le recenti polemiche, è stato ancora più difficile avvicinarsi alla bici del campione sloveno. Nel dopo gara, pensando volessimo parlare del “caso motorino”, ce l’hanno letteralmente coperta, prima con una giacca, poi con i fiori del podio e infine con lo zaino del massaggiatore.

La R5 usata ai Baschi: si può fare un confronto con la foto di apertura
La R5 usata ai Baschi: si può fare un confronto con la foto di apertura

Per il momento le differenze che abbiamo notato sono state queste. Però qualche info, o meglio qualche rumors, lo abbiamo raccolto e sembra che questa nuova versione della R5 sia stata provata anche da Tom Dumoulin e che potrebbe debuttare già sulle strade del Giro d’Italia.

Alaphilippe regale. Tempi perfetti e la Freccia è sua

21.04.2021
5 min
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«Grazie ragazzi». Julian Alaphilippe non è neanche sceso dalla bici, che si “aggrappa” al bottoncino della radio e ringrazia i compagni ancora intenti a sgambettare sul muro d’Huy. In questo modo li informa anche della sua vittoria. E infatti Vansevenant all’improvviso esulta e chi gli sta attorno, se non fosse del mestiere, lo prenderebbe per matto. 

Appena arrivato Alaphilippe schiaccia il bottone della radio per ringraziare i compagni
Alaphilippe schiaccia il bottone della radio per ringraziare i compagni

Il “Loulou” spavaldo

“Loulou” è il ritratto della tranquillità e della sicurezza. E questa nostra sensazione trova conferma mezz’ora dopo l’arrivo durante le interviste di rito. Quando Alaphilippe risponde schietto, veloce e con una battuta, vuol dire che sta bene.

La gara è andata secondo i programmi per la Deceuninck-Quick Step. La fuga, tra l’altro con dentro due italiani, Diego Rosa e Simone Velasco, è stata il pass per arrivare sotto al Muro nelle prime posizioni e con le gambe piene. E in questa situazione da “botta secca”, viste le sue caratteristiche, Alaphilippe era il favorito. Roglic è più scalatore e meno esplosivo di lui. Pogacar non è partito per i “presunti” casi di Covid in seno alla UAE e Pidcock, forse il più pericoloso, è rimasto coinvolto in una caduta.

La grinta e la fatica del campione del mondo dopo l’arrivo
La grinta e la fatica del campione del mondo dopo l’arrivo

Sicurezza Deceuninck  

“Loulou” era tranquillo, dicevamo. Al penultimo passaggio sul Muro era piuttosto indietro. Non esageriamo se vi diciamo di averlo visto in 60ª posizione, almeno… Però è anche vero che si voltava a cercare i compagni e che la sua bocca era socchiusa. Insomma stava bene. Era in pieno controllo. E quando glielo facciamo notare, lui risponde così.

«L’importante è essere stati davanti nell’ultimo di passaggio! Scherzi a parte, non ero mica tanto tranquillo, ma ho chiesto alla squadra di portarmi davanti nel momento giusto, sapevo che potevano farlo. E infatti alla “flamme rouge” (all’ultimo chilometro, ndr) avevo un’ottima posizione e ho rifinito il loro lavoro con le mie gambe».  In poche parole, il “Wolfpack” ha colpito ancora!

All’uscita dalla “S” Roglic attacca, alle sue spalle Alaphilippe e Valverde
All’uscita dalla “S” Roglic attacca, alle sue spalle Alaphilippe e Valverde

Roglic come Niewiadoma

Giusto la mattina, al via da Charleroi, Julian aveva detto che sarebbe stato importantissimo azzeccare il momento dell’attacco, perché questo muro ti inganna. E forse è quel che ha sbagliato Roglic, che era al debutto alla Freccia Vallone e ha anticipato un po’ i tempi. Lo sloveno però a fine gara ha detto di non aver rimpianti.

Roglic ha ricalcato esattamente quello che aveva fatto Katarzyna Niewiadoma poche ore prima. La polacca aveva sferrato l’affondo decisivo un po’ troppo presto, cioè all’uscita dalla S del Muro. E il risultato è stato lo stesso. Tra l’altro anche in quel caso a vincere era stata la campionessa del mondo.

«Dopo essere passati sotto l’ultimo chilometro, con la posizione che avevo ho solo controllato il più possibile – ha detto Alaphilippe – poi quando Roglic è partito e ho visto che ha fatto il vuoto dietro di lui… ho dato tutto.

«Oggi i ragazzi hanno fatto tutti un grande lavoro, devo ringraziarli. Honorè? Sì, lui sta facendo una grande primavera e sta correndo in un modo importante. Ha dato il massimo».

Temperatura intorno ai 18°, sulla Vallonia splendeva il sole
Temperatura intorno ai 18°, sulla Vallonia splendeva il sole

Erede di Evans

Quando Alaphilippe taglia il traguardo si leva un piccolo boato nell’aria, neanche fossimo in Francia. Sarà che ad organizzare la Freccia è l’Aso, la società del Tour, sarà che Alaphilippe è “internazionale”, ma non ci aspettavamo tanto clamore.

Vansevenant cerca Julien e si abbracciano. E lo stesso fa Valverde. Il murciano gli dà una carezza, come fosse un passaggio di testimone. Lui la Freccia l’ha vinta cinque volte e nonostante i suoi 40 anni (li compirà domenica durante la Liegi) è arrivato terzo. Primo dei “terrestri” a 6 secondi da Roglic e Alaphilippe. Questo per dire che i due hanno fatto gara a sé, ma anche per sottolineare che Alejandro c’è sempre. Avesse avuto cinque anni in meno, magari le sue gambe avrebbero avuto ben altra esplosività.

La carezza di Valverde. In due hanno vinto 8 Freccia
La carezza di Valverde. In due hanno vinto 8 Freccia

Testa già alla Liegi

Con la sua vittoria, Alaphilippe riporta la maglia iridata in testa sul Muro d’Huy. Non accadeva dal 2010, quando tale onore toccò a Cadel Evans.

«Eh sì, vincere qua con questa maglia è veramente speciale – ha aggiunto il francese – è solo la seconda dell’anno, ma è una vittoria importante. Non è mai facile vincere. Avevo la stessa fiducia in me stesso anche l’anno scorso, ma le cose non sono andate allo stesso modo. Bisogna sempre lavorare. La condizione è buona, ho lavorato per questo. E spero di fare bene anche alla Liegi, ma già così è qualcosa di super».

Tre volte la Freccia Vallone non è poco, specie se si hanno “solo” 28 anni. Julian volendo può agguantare e superare Valverde. «Non guardo a queste cose, veramente. I record verrano», ha detto.

A fine intervista, con l’adrenalina un po’ scesa, lo sguardo di Julian era di nuovo quello famelico visto la mattina al via della Freccia. A Liegi lo rivedremo molto, molto competitivo.

Jumbo-Visma: un maledetto sabato da cancellare…

20.04.2021
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Che cosa regalare a qualcuno che ha già tutto? L’ultima stagione della Jumbo-Visma ha visto il team olandese dimostrarsi in molti frangenti il più forte, sia nelle classiche d’un giorno che nelle corse a tappe, sfruttando defaillance altrui ma mostrando una grande crescita soprattutto strategica, anche se l’epilogo del Tour de France con Roglic superato nella cronometro fa ancora male.

Roglic, le mani sotto in salita sono segno di potenza e ricerca dell’aerodinamica
Roglic, le mani sotto in salita sono segno di potenza e ricerca dell’aerodinamica

Il ritorno di Dumoulin

La prima metà del 2021 ha avuto due velocità distinte. C’è stato prima da gestire l’addio di Tom Dumoulin e poi per fortuna il suo rientro. C’è stato da restituire fiducia a Wout Van Aert, uscito deluso dalla stagione del ciclocross (dove pure aveva vinto la Coppa del Mondo) e poi c’è stato da applaudirlo per la Gand e l’Amstel.

In sede di ciclomercato si è quindi provveduto a semplici aggiustamenti, o meglio aggiunte. Quella di Edoardo Affini, pezzo importante per le cronosquadre e con importanti talenti da assecondare. Mentre Sam Oomen è un altro tassello che potrebbe rivelarsi utilissimo nelle tappe più dure dei grandi Giri, come supporto in montagna, senza dimenticare Van Hooydonck che potrebbe essere una pedina importante nelle classiche.

Così Wout Van Aert, ha vinto la Gand su Nizzolo, Trentin e Colbrelli
Wout Van Aert, Sonny Colbrelli, Matteo Trentin

Van Aert e il mondiale

Molto poi dipenderà dagli obiettivi della squadra, con Roglic che naturalmente vuole riprendersi quel che ha lasciato in quel maledetto sabato francese. E Kruijswijk che è chiamato a dare un segno di prestigio come alternativa allo sloveno per le grandi corse a tappe. Per le classiche il nome principale è stato nuovamente quello di Van Aert, anche se il belga, dopo aver collezionato tre secondi posti iridati fra strada e ciclocross nello spazio di cinque mesi, ha la mente proiettata verso il mondiale nelle Fiandre: quale posto migliore per salire quel fatidico gradino?

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Edoardo AffiniMantovaIta24.06.19962019
George BennettNelsonNzl07.04.19902012
Koen BouwmanUlftNed02.12.19932016
David DekkerAmersfoortNed02.02.19982018
Pascal EekhoornGenemuidenNed08.02.19942018
Tobias S.FossVingromNor25.05.19972017
Robert GesinkVarsseveldNed31.05.19862007
Dylan GroenewegenAmsterdamNed21.06.19932015
Chris HarperThursday IslandAus23.11.19942020
Lennard HofstedePoeldijkNed29.12.19942017
Steven KruijswijkNuenenNed07.06.19872010
Sepp KussDurangoUsa13.09.19942016
Gijs LeemreizeRuurloNed23.10.19992020
Paul MartensRostockGer26.10.19832005
Tony MartinCottbusGer23.04.19852008
Sam OomenTilburgNed15.08.19952016
Christoph PfingstenPostdamGer20.11.19872015
Primoz RoglicTrbovljeSlo29.10.19892013
Timo RoosenTilburgNed11.01.19932015
Mike TeunissenYsselsteynNed25.08.19922015
Antwan TolhoekYersekeNed29.04.19942016
Wout Van AertHerentalsBel15.09.19942016
Jos Van EmdenSchiedamNed18.02.19852008
Nathan Van HooydonckGooreindBel12.10.19952017
Jonas VingegaardHillersleyDen12.10.19962016
Maaerten WynantsHasseltBel13.05.19822005

DIRIGENTI

Richard PluggeNedGeneral Manager
Merijn ZeemanNedDirettore Sportivo
Jan BovenNedDirettore Sportivo
Sierk-Jan De HaanNedDirettore Sportivo
Addy EngelsNedDirettore Sportivo
Mathieu HeijsboerNedDirettore Sportivo
Frans MaassenNedDirettore Sportivo
Grischa Jan NiermannGerDirettore Sportivo
Arthur Van DongenNedDirettore Sportivo
Robert Thomas WagnerGbrDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Grandi cambiamenti quest’anno in casa Jumbo Visma che negli ultimi anni aveva corso e con soddisfazione su bici Bianchi. Nel carosello che ha investito altre due squadre (Team Bike exchange e Team Dsm), il team olandese è passato su bici Cervélo, che fino al 2020 erano state del Team Sunweb. Diversi i modelli in dotazione: R5, S5, Caledonia-5 e P5. Tutte montate Shimano, con manubrio Fsa e pneumatici Vittoria.

CONTATTI

TEAM JUMBO-VISMA (Ned)

Rietveldenweg 47, 5222 A s-Hertogenbosch (NED)

info@teamjumbovisma.nl – www.teamjumbovisma.nl

Facebook: @JumboVismaRoad

Twitter: @JumboVismaRoad

Instagram: jumbovisma_road

Caro Magrini, dica lei: come è messo Roglic sulla bici?

13.04.2021
5 min
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Roglic gli piace e non ne fa mistero: Riccardo Magrini è sempre una compagnia stimolante per intavolare una conversazione tecnica e questa volta lo portiamo su Roglic e il suo stare in bicicletta, sapendo che il discorso non si fermerà a ciò. Se parli con chi di ciclismo ne capisce parecchio, questo è il minimo che possa capitarti. Per fortuna!

«Sapete – comincia – la prima cosa che noto dalla foto in discesa? Che sulla bici si schiaccia come stesse saltando con gli sci. Si vede in ogni situazione la ricerca naturale della posizione».

Benissimo, si può partire. La strada è tracciata. Nel 2021, come abbiamo già spiegato, Roglic e la Jumbo-Visma corrono su bici Cervélo dopo i successi negli anni su Bianchi. Su strada, lo sloveno usa la R5.

Le mani sotto in salita sono per Magrini un segno di potenza e ricerca dell’aerodinamica
Le mani sotto in salita sono segno di potenza e ricerca dell’aerodinamica
Aerodinamico anche in salita, guarda quelle mani sotto…

E’ proprio quel tipo di ricerca. Dicono che in bici sia brutto, ma secondo me non è vero. E questo tipo di attenzione ce l’ha nel Dna. Ad altri non succede. L’altro giorno commentando i Paesi Baschi, mi è toccato dire che Aramburu stava facendo la discesa con le mani sopra. Evidentemente stava comodo, ma quanto a bellezza… Invece Roglic sta sempre basso, anche quando sta a ruota. Con il tronco parallelo alla strada. Del resto, uno che ha convissuto con il volo, sa benissimo come giocare con l’aria.

Questo è quasi amore.

Mi piace molto. Alcuni criticano il suo atteggiamento in corsa, più in difesa che in attacco. Ma del resto se hai il vantaggio della crono, si può anche capire. Però mi pare che quando serve, sappia attaccare. Nell’ultima tappa è andato con Gaudu e alla fine lo ha lasciato vincere.

Nell’ultima tappa dei Paesi Baschi, fuga con Gaudu e vittoria al francese
Ai Paesi Baschi, fuga con Gaudu e vittoria al francese
Anche perché dopo la lavata di capo della Parigi-Nizza…

Io non sono d’accordo con quella polemica. Lui non era in fuga dal mattino con Mader, come invece sabato con Gaudu. E’ scattato da dietro per riprenderli e vincere, l’altro era piantato, perché doveva lasciargli la vittoria? Con Gaudu hanno diviso la fatica e si è visto il cenno di intesa del francese che gli ha fatto okay con il pollice. Chiaro però che deve averci pensato, perché in quei giorni gliel’hanno fatto notare. Ragazzi, non vedo niente di male nel cercare la vittoria.

Viaggia spessissimo in punta di sella.

Vero, ma perché le posizioni sono cambiate per molti. Ora si cerca la punta della sella per poter stare il più possibile sopra al movimento e riuscire ad avere un’elevata frequenza di pedalata. Una volta invece finivi in punta quando eri a tutta. Erano anni in cui si spingevano rapporti molto più lunghi di adesso e questo inevitabilmente ti faceva scivolare indietro. Oggi la media delle rpm è di 95-100 e di conseguenza si sta meglio in posizione più avanzata.

In salita pedala in punta di sella per tenere un’alta frequenza: Magrini concorda
In salita pedala in punta di sella per tenere un’alta frequenza
Adesso a qualcuno si drizzeranno i capelli, ma è un’abitudine portata dentro da Armstrong e poi ripresa da altri…

C’è poco da drizzarsi i capelli, è la verità. Lui ha tracciato una linea e tanti l’hanno ripresao. Come Marco lanciò lo scatto in salita con le mani basse. Calava un dente e partiva. Alcuni lo hanno copiato, altri come lo stesso Contador non ci sono mai riusciti. Per non parlare di Bartoli…

Fuorisella appena accennato, no?

Appena, appena… Manubrio bassissimo e dislivello con la sella da mal di schiena. La sua posizione era impossibile da imitare. Oppure De Vlaeminck, che teneva le mani sulle leve dei freni e gli avambracci orizzontali. 

Magari non attacca troppo, dice Magrini, ma se serve, sa farlo
Magari non attacca troppo, dice Magrini, ma se serve, sa farlo
Bella serie di spunti, caro Magrini, potresti fare l’opinionista televisivo…

Il ciclismo oggi è bello perché ce ne sono tanti e ognuno ha le sue caratteristiche. Van Aert in bici è più bello di Van der Poel. Alaphilippe ricorda Paolino (Bettini, ndr), ma deve farne di strada. E’ sempre agitato, nervoso. Vi ricordate Paolo ai mondiali di Madrid, quando gli dissero di non muoversi perché correvamo per Petacchi e lui continuava a gesticolare da quanto era nervoso? E poi mica è facile stare comodi in bici. Una volta ce le facevano su misura, magari non eravamo bellissimi da vedere, però almeno stavamo comodi. Moser era un altro di quelli che si schiacciava sulla bici ed era aerodinamico. Saronni stava più alto e addirittura perse il mondiale di Praga, perché andò a fare la volata contro Maertens con le mani sopra.

Quindi la morale qual è?

Che in bici ciascuno ha il suo stile. Van Sevenant dondola tutto, non è mica bello. Roglic ha uno stile compatto, mentre Pogacar non è messo altrettanto bene. Primoz è in linea con la sua origine di saltatore e se spesso cade è perché è arrivato tardi a fare il professionista. Ma se lui in bici è brutto, allora preparatevi a buttarne via un bel mucchio.

Roglic non sbaglia più e ribalta il Paesi Baschi

11.04.2021
3 min
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Questa volta Roglic ha imparato la lezione. L’ultima esaltante tappa del Giro dei Paesi Baschi ha visto lo sloveno lasciare la vittoria parziale a David Gaudu, il francese dell’AG2R Citroen che aveva tirato per tutta la salita finale, alzando anche lui le braccia al cielo (foto di apertura) per la riconquista della corsa spagnola dopo il successo del 2018. Una gara ribaltata l’ultimo giorno, che ha riconfermato come sempre più spesso l’unico rimedio contro avversari di pari livello e anche superiori siano le tattiche giuste.

Primi fuochi

Facciamo un piccolo passo indietro: la gara iberica aveva avuto un’evoluzione molto effervescente, con Roglic vincitore della prima tappa a cronometro, Pogacar che aveva provato a metterlo in crisi nella terza dove erano arrivati insieme e anche lì era sembrato che lo sloveno della Jumbo-Visma avesse capito che era meglio accontentarsi della difesa della maglia…

L’ennesimo testa a testa fra i due sloveni: a Pogacar la tappa, Roglic difende la maglia
Terza tappa, a Pogacar la tappa, Roglic difende la maglia

Nella quarta tappa il colpo di scena architettato dal Uae Team Emirates, con Brandon McNulty lanciato alla conquista della maglia. Roglic era rimasto sorpreso, Pogacar aveva lavorato in funzione dell’americano, forse anche cosciente di non avere le gambe brillanti al 100% dopo aver staccato un po’ la spina al termine della Tirreno-Adriatico.

Pogacar gregario?

Una scelta che sembrava giusta e nella tappa finale, che si sapeva essere decisiva, Pogacar si è messo a lavorare per il compagno. Ma la gara è esplosa molto presto e McNulty ha subito mostrato la corda, così l’ultimo vincitore del Tour si è dovuto mettere in prima persona a salvare il salvabile, mentre Roglic davanti andava a costruire la riconquista. Un errore di valutazione da parte della Uae? Forse, ma è vero anche che il Pogacar dei Paesi Baschi probabilmente non avrebbe potuto fare di più.

Pogacar chiede collaborazione nell’inseguimento, ma Vingegaard lo marca stretto
Pogacar chiede collaborazione, ma Vingegaard lo marca stretto

La realtà però ha sempre due facce: anche non nel pieno della forma, il giovane sloveno ha una marcia superiore. Sulla salita finale, quando era lui a tirare l’inseguimento, il distacco è andato progressivamente scendendo. Quando ha dovuto riprendere fiato dopo l’allungo dell’intramontabile Valverde, davanti Gaudu e Roglic hanno ripreso a guadagnare.

Vingegaard stupisce ancora

Parlando di tattiche, molti avevano criticato la Jumbo Visma per la “disattenzione” nella quarta tappa, non facendo caso al fatto che nel sestetto di testa c’era anche un certo Jonas Vingegaard, che avevamo imparato a conoscere alla Settimana Coppi e Bartali. Il 25enne danese si era andato così a posizionare nei quartieri alti della classifica e nell’ultima tappa ha corso in marcatura stretta di Pogacar.

Risultato: Roglic primo in classifica e Vingegaard secondo a sancire il trionfo della squadra olandese, in barba a tutte le malelingue. Il 25enne danese si conferma interprete sopraffino delle corse a tappe medio-brevi e all’ombra di Roglic potrebbe maturare anche come futuro cacciatore di grandi Giri.

La vera sorpresa del Giro dei Paesi Baschi: di Vingegaard sentiremo ancora parlare…
Di Vingegaard sentiremo ancora parlare…

La sfida fra i due sloveni ha vissuto così un altro capitolo, confermando che nelle gare di più giorni sono loro i riferimenti assoluti attuali. Ora però cambia il terreno di battaglia: i due si ritroveranno alla Freccia Vallone e alla Liegi-Bastogne-Liegi, dove ci saranno però anche altri pretendenti al trono…

Vincenti senza gare. Toni ci spiega come e perché…

23.03.2021
5 min
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Pogacar non corre da mesi si presenta al UAE Tour e vince. Roglic (quasi) la stessa cosa: va alla Parigi-Nizza e se non fosse stato per quelle cadute nella tappa finale, di fatto aveva dominato la gara francese. Come è possibile arrivare alle corse ed essere subito competitivi? Proviamo a capirne qualcosa di più con Pino Toni, preparatore toscano di lungo corso di molti campioni e di molti team.

Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana
Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana
Pino, ma allora è possibile davvero arrivare alle gare importanti senza aver già corso e vincere?

Oggi ti puoi allenare benissimo lontano dalle gare, se hai metodo.

Definiamo metodo…

Il problema non è sulla quantità, ma sulla qualità. Per fare gli allenamenti ad alta intensità dei avere una grossa motivazione – fa una breve pausa, Toni – che poi è quella che manca a molti corridori, mentre con alcuni personaggi come Roglic si può fare. Abbiamo esempi di corridori, anche importanti e forti, che se dopo i loro camp non raccolgono buoni risultati. E di solito sono i corridori più vecchi, ma non perché non abbiano voglia, ma perché sono cresciuti con altri metodi. I giovani sono più predisposti anche mentalmente a lavorare con le alte intensità.

Quindi parliamo di ritmo alto. E come si fa?

Con tanto dietro motore, dietro scooter preferibilmente. Vi dico che alcuni, non dei top rider, che non avevano la possibilità di fare il dietro motore hanno utilizzato bici elettriche modificate, altrimenti dopo una certa velocità il motore “staccava”, per abituarsi a certi ritmi, certe velocità e certe cadenze in salita. Non so, sinceramente, che benefici ne abbiano tratto ma è successo. Per dire quanto sia importante lavorare sul ritmo.

Che tipo di lavoro si esegue dietro motore?

Si cerca di simulare molto la corsa, quindi almeno 3 ore e 30′ tra salita e pianura con un occhio sempre sul display del potenziometro (fondamentale per allenarsi senza gare, ndr) per regolarti sui tuoi dati. Oggi ci sono dei test che dicono della tua velocità di accumulo e di smaltimento dell’acido lattico. E questo è fondamentale per allenarsi senza gare.

Un allenamento di Toni dietro moto basato su velocità di accumulo e scarico dell’acido lattico
Un allenamento di Toni dietro moto basato su velocità di accumulo e scarico dell’acido lattico
Facciamo un esempio…

Ho una soglia a 350 watt, se mando il corridore a 400 watt, la sua soglia di accumulo di 0,7 millimoli di acido lattico al minuto, so che impiego 5′ per portarlo a saturazione. A quel punto lo tengo lì fino ad esaurimento. In questo modo si abitua a lavorare in acido lattico. Quando poi torno in pianura e lo metto a 280 watt, fa comunque un alto ritmo, ma smaltisce l’acido lattico alla velocità di una millimole al minuto. Qualche giorno fa ho fatto un lavoro simile con un ragazzo: io sullo scooter e lui dietro in bici.

Oltre al dietro motore poi cosa si fa?

Ripetute intense di due, un minuto, 30”… insomma tutte cose intense. Come ho detto i giovani di oggi non hanno problemi con questi lavori, idem biker, pistard e ciclocrossisti, ma gli stradisti puri di vecchia generazione fanno più fatica a sopportarli, anche sul piano mentale.

Quindi la corsa resta il miglior allenamento per la maggior parte dei corridori?

Per il 70% del gruppo sì, altri dico “ni”, perché se dietro alla corsa subentra anche tanto stress bisogna fare una scelta sulle gare da fare. Uno come Roglic che quando si presenta “deve” vincere si capisce bene che non puoi sempre portarlo a correre. Prendi chi ha vinto la Tirreno e poi magari doveva andare al Catalunya. Un conto è fare 75 giorni di corsa “normali” e un conto è farne 50 sempre per dover vincere. Uno che calibrava le corse era Contador che quando andava, andava per vincere.

Noi abbiamo riferimento alle corse a tappe, ma è possibile fare tutto ciò per le corse di un giorno?

No, direi. Se mi dici che punti alla Liegi devi correre anche le gare prima, serve brillantezza subito. Quelle le prepari alla “vecchia” maniera. Magari fai una corsa a tappe di una settimana o cinque giorni e tiri forte in una tappa o due senza stare a pensare troppo alla classifica e allora ti sì ti presenti alla Liegi.

Per Toni, Ganna fa parte di quei pochi corridori che possono allenarsi e vincere subito
Per Toni, Ganna fa parte di quei pochi corridori che possono allenarsi e vincere subito
Quanto fuori soglia si fa i questi allenamenti?

Soprattutto nelle ultime due settimane se ne fa parecchio. Roglic, che mi sembra fosse al Teide prima della Parigi-Nizza, ne ha fatto molto secondo me. Sapete, dobbiamo pensare comunque che parliamo di corridori molto forti proprio perché hanno potenza, sono potenti proprio sui numeri. E sulla base di questi loro valori riescono ad allenarsi meglio. Una volta che hanno ritrovato la capacità di “fare watt” diventano automaticamente anche resistenti. Perché? Perché con tutta quella forza a parità di sforzo gli altri vanno, che so, all’80% e loro al 75%: ecco che durano anche di più e al tempo stesso hanno più margine. Sono proprio impostati diversamente.

Ma si fa solo intensità?

No, alla fine le ore le fanno anche perché è importante “imparare” a stare in sella, a mangiare. Comunque non contano tanto ore o chilometri, che poi alla fine si fanno, ma la qualità. Quando fai dietro motore difficilmente termini con meno di 40 di media il che significa che in 4 ore hai fatto 160 chilometri. Ho visto i volumi della Bahrain Victorious sul Teide: in 16 giorni di ritiro, 12 effettivi di allenamento, hanno fatto un qualcosa come 39.000 metri di dislivello. Se poi devi costruire da zero o quas anche l’aspetto performante, è tutto più difficile. Se devi dimagrire lo è ancora di più. Guardate che queste cose possono farle 7-8 atleti al mondo, non di più.

Chi sono secondo Toni?

Quelli che immaginiamo: Van Aert, Pogacar, Roglic, Pidcock… per l’Italia potrebbe farlo Ganna.

L’inverno di Roglic che torna e va subito forte. Come fa?

19.03.2021
4 min
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Un po’ come Van Aert, ma senza il cross e la Strade Bianche, Primoz Roglic è rientrato alla Parigi-Nizza, si è preso tre giorni di adattamento e al quarto ha vinto. Poi come Van Aert è arrivato anche lui secondo nella prima corsa a tappe di stagione, ma seguendo altre dinamiche di cui vi abbiamo già raccontato.

E’ curioso osservare come i due atleti della Jumbo Visma siano stati in grado di presentarsi già in tiro alle prime gare. E se il debutto di Van Aert a Siena lo ha esposto a una piccola crisi, l’adattamento di Roglic al ritmo gara è stato metodico e millimetrico. Così abbiamo rivolto qualche domanda Mathieu Heijboer, olandese di 39 anni, che dei coach della Jumbo Visma è il coordinatore e sovrintende direttamente la preparazione di Roglic.

Ecco Mathieu Heijboer, il preparatore di Roglic
Ecco Mathieu Heijboer, il preparatore di Roglic
Come è stato organizzato l’inverno di Primoz, dopo la Vuelta terminata l’8 novembre?

Prima naturalmente ha fatto un periodo di tre settimane di riposo. Poi due mesi di costruzione aerobica fino alla fase finale della nostra preparazione, con il ritiro in altura sul Teide per preparare la Parigi-Nizza.

Durante quelle tre settimane di riposo ha praticato altri sport?

Qualche breve corsa a piedi, brevi uscite su strada o in mountain bike, nulla di più

Quando ha ripreso aveva ancora un buon livello di forma?

Di sicuro non al livello di fine Vuelta, ma è importante avere una fluttuazione della forma fisica. Devi riposare, recuperare e perdere qualcosa per essere capace di allenarti e tornare anche più forte di prima.

Nella crono della Parigi-Nizza è ripartito con un 3° posto
Nella crono della Parigi-Nizza è ripartito con un 3° posto
Avete cambiato qualcosa nella preparazione?

Non tanto, a dire il vero. Primoz e lo staff degli allenatori hanno trovato una formula che con lui funziona molto bene e finora non abbiamo visto la necessità di cambiamenti radicali per la sua preparazione.

La sua tabella di marcia prevede anche lavoro in palestra?

No, niente. Fa alcuni esercizi di core/equilibrio a casa, ma non lavori di forza in palestra.

Il salto con gli sci gli ha lasciato qualche qualità?

Sì, Primoz ha un’ottima percezione del suo corpo (Propiocezione) proprio grazie al suo passato. E’ davvero un atleta completo. Inoltre il salto con gli sci lo ha reso molto abile nel gestire la velocità e la gravità in discesa. Non ha mai paura.

Tende a prendere peso durante lo stacco invernale?

No, è piuttosto stabile in termini di peso. Ha preso 1-1,5 chili, ma li ha persi abbastanza facilmente non appena l’allenamento è diventato nuovamente impegnativo.

Sua moglie Lora e il figlio Lev sono venuti a trovarlo
Sua moglie Lora e il figlio Lev sono venuti a trovarlo
Il suo è un allenamento di volume o di qualità?

Con volume intendiamo lavoro di resistenza? Anche una distanza può essere considerata una sessione di qualità, perché è necessaria per costruire una buona condizione. Ma a Primoz piace stare in bici, soprattutto in montagna. Quindi per lui i giorni migliori sono i giri lunghi e a ritmo blando sulle montagne.

Si è allenato in Slovenia o a Monaco?

Entrambi.

Si allena da solo oppure in gruppo?

Il più delle volte da solo.

Gli capita spesso di fare lavori dietro moto?

No.

Il team è passato da Bianchi a Cervélo, ecco la nuova bici
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Ha iniziato la stagione alla Parigi-Nizza e dopo tre tappe ha vinto. Avete fatto simulazioni di gara in ritiro?

Sì. Non facciamo molte gare di preparazione, perché pensiamo che possiamo prepararci per le corse allenandoci (specialmente se parliamo di corse a tappe). Ma per fare questo, prevediamo anche delle simulazioni di gara, con sforzi molto duri alla fine di ogni sessione.

Raggiunge facilmente la miglior condizione?

Sì, perché Primoz è un atleta capace di svolgere quasi al 100 per cento il suo programma di allenamento. Recupera molto bene e si adatta facilmente agli stimoli. Per lo staff dei preparatori, è un atleta “facile” con cui lavorare, perché possiamo impostare un buon cammino verso il top della condizione che dà sempre ottimi frutti. D’altro canto, se corresse troppo, potrebbe perdere il picco di forma, così programmiamo il piano di allenamento e il programma delle gare con un’idea ben chiara.

Saronni su Roglic: «Gliel’hanno fatta pagare»

16.03.2021
4 min
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Lo spettacolare epilogo della Parigi-Nizza non può passare in archivio senza una riflessione su quanto avvenuto nel weekend: prima la rimonta fin sul traguardo di Roglic sul carneade svizzero Mader, poi il giorno dopo le sue cadute e i conseguenti attacchi dei rivali in classifica, che hanno portato alla sconfitta finale. Due eventi strettamente connessi fra loro? E’ evidente che possono avere diverse letture. Abbiamo provato a rivivere il tutto con Giuseppe Saronni, chiamandolo in causa sia in qualità di ex corridore che di team manager proprio per approfondire le vicende da più punti di vista.

Nel 2001, Simoni vince il Giro con Saronni manager e Moser mentore. Non proprio facce da fair play
Nel 2001, Simoni vince il Giro con Saronni manager e Moser mentore.
Partiamo da sabato e dal sorpasso di Roglic su Mader a 30 metri dal traguardo: ha fatto bene?

E’ difficile dare una risposta secca: un corridore quand’è in gara vuole sempre vincere, se vede la preda l’agguanta, è nella sua natura. Ma è anche vero che se sei il numero 1 al mondo, se vieni da due successi consecutivi e sei in testa alla classifica, pensi anche a cercarti qualche amico lungo la strada. Nel mondo del ciclismo c’è anche questa sorta di “vivi e lascia vivere”. Capisco Roglic che come atleta è portato a cercare sempre la vittoria, ma il “politically correct” vorrebbe anche che, in certe situazioni, ci si possa pensare un po’ di più, perché chi vince tanto un po’ dà fastidio.

Guardiamo però il rovescio della medaglia: Roglic è un professionista stipendiato da un team, che giustamente pretende sempre il massimo risultato e per questo deve sfruttare ogni occasione…

E’ un ragionamento ovvio, ma fa parte di quelle riflessioni che appunto si fanno a freddo. Quando sei in corsa non fai i conti del ragioniere, è chiaro che in funzione della squadra, dello sponsor hai dei doveri, ma in quei frangenti conta solo il corridore, il suo istinto, il suo orgoglio. Aveva vinto già due tappe, poteva rinunciare? Forse sì, ma di dire che ha sbagliato non me la sento.

Roglic è caduto, ultima tappa della Parigi-Nizza: Astana e Bora attaccano
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Ragionando da team manager, come avrebbe dovuto comportarsi?

In queste situazioni il team manager, ma anche e soprattutto il direttore sportivo può molto poco. Sono situazioni che si vivono sugli istanti, lì come detto è tutto affidato all’istinto di chi corre. E’ chiaro che una vittoria è sempre bene accetta, ma non stai lì a suggerire che cosa fare, in quei frangenti chi corre è solo con se stesso.

Hai la sensazione che il giorno dopo gliel’abbiamo fatta un po’ pagare?

Dico la verità, qualche voce mi è giunta alle orecchie, ma a scanso di equivoci voglio essere chiaro: io al fair play in corsa non ci credo e non ci ho mai creduto, né quando correvo né da dirigente. Ci sono momenti nei quali ci si aspetta, ma quando la gara entra nel vivo è battaglia aperta, il fair play non ha senso, non lo capisco. Se devo aspettare il mio avversario allora aspettiamo tutti: appena cade uno, ci si ferma e allora che gara è? Poi se davvero c’è stato un accordo contro Roglic non lo sapremo forse mai. Sicuramente dominava e, come detto, chi vince troppo non ha molti amici nel gruppo. Diciamo che quel che è avvenuto il giorno prima ha acuito lo spirito di gara.

Pogacar a Castelfidardo ha messo VdP nel mirino. Secondo Saronni, se lo avesse visto prima, lo avrebbe ripreso
Pogacar a Castelfidardo ha ormai VdP nel mirino
Facendo un parallelo con la Tirreno-Adriatico e l’epilogo di Castelfidardo, Pogacar avrebbe raggiunto Van Der Poel se avesse potuto?

Io non l’ho sentito, ho preferito lasciarlo tranquillo, ma secondo me non pensava di andare a prendere l’olandese. Guardava più alla classifica, a guadagnare su Van Aert. Magari se lo avesse visto un chilometro prima, accorgendosi che Van Der Poel non ne aveva più, in quel caso l’istinto sarebbe stato di andarlo a prendere, perché il carattere del corridore è quello. Non si aspettava che VDP mollasse, sono sicuro che nel dopo gara si sia mangiato le mani per l’occasione persa…