Lungomare Bike Hotel, tra mare e monti la vacanza con la bici è per tutti

21.02.2022
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Immerso nella Romagna con lo sguardo rivolto al mare, il Lungomare Hotel di Cesenatico è uno dei Bike Hotel più suggestivi del territorio. Con i suoi servizi interamente dedicati alle due ruote è pronto ad ospitare ciclisti di ogni genere. Dai più piccoli ai più grandi. Dai più esperti ai principianti.

«Da noi possono venire persone che non sono mai andate in bici – dice la titolare Silvia Pasolini – per iniziare ad approcciarsi a questo sport direttamente qui. Molte persone grazie alle nostre guide si sono messe in gioco e hanno fatto le loro prime escursioni. Ci sono anche persone super allenate che vengono da noi a fare i training camp e Gran Fondo da tutto il mondo».

Grazie alla sua bike room con più di 150 bici e alle guide locali ogni singolo momento di vacanza può essere organizzato a bordo della propria bici per visitare le bellezze del territorio romagnolo che ha visto crescere campioni come Marco Pantani e ospita ancora oggi arrivi di tappa del Giro d’Italia e non solo e Gran Fondo come la Nove Colli.

Alla scoperta del territorio

L’aria di mare fa da contorno e alimenta la giornata, ma a pochi passi si possono trovare le colline che danno il nome alla Nove Colli come il monte Barbotto, la salita più dura della Gran Fondo, a cui è dedicata un’escursione. Di qui sono passate e passano tappe e corse di un giorno di tutte le categorie, dal ciclismo giovanile ai pro’ come gli arrivi del Giro d’Italia.

Grazie alle sue guide e ai molteplici pacchetti il Lungomare Bike Hotel funge da campo base per escursioni di ogni genere in sella alla propria bici, che sia da strada, Mtb o gravel. Dal passaggio al fantastico borgo di Santarcangelo al percorso sul Monte Carpegna. Oppure percorsi pianeggianti e rivitalizzanti come “La rotta del sale” suddivisa in quattro giorni, divisa tra andata e ritorno da Cesenatico e Venezia.

«Senza dimenticarsi degli accompagnatori – prosegue Silvia Pasolini – anche loro vengono coccolati e loro stessi coinvolti con i ciclisti. Abbiamo per esempio un pacchetto che si chiama “bike and family” che fornisce attività complementari. Con arrivi di tappa condivisi. Dal agriturismo all’arrivo in piazza condiviso, allo svago per i bambini».

I servizi per tutti

Per un Bike Hotel i servizi sono forse uno degli aspetti più importanti e che donano il valore aggiunto a tutta l’esperienza che si vive presso la struttura. Il Lungomare di Cesenatico ne ha una lunga lista che vuole fare sentire il ciclista supportato a 360 gradi. Il fiore all’occhiello è la bike room, che può ospitare fino a 150 bici. Costruita sotto il livello del mare ospita un servizio di assistenza meccanica 24h su 24 con il supporto di un tecnico specializzato per qualsiasi esigenza e un angolo per il lavaggio bici.

«Siamo partner esclusivo di Pinarello tra gli hotel dell’Emilia Romagna – osserva Silvia Pasolini – per il noleggio delle splendide bici. Poi abbiamo una piscina riscaldata per triathleti, centro benessere, centro massaggi, bagno turco e angolo relax. Centro estetico e massaggi sportivi. Se il tempo non è il massimo o per la preparazione invernale abbiamo una palestra Technogym con vista mare per potersi allenare anche indoor».

Oltre a questi servizi fisici è disponibile anche un supporto per le iscrizioni alla Gran Fondo e per il ritiro pacchi gara con la possibilità di essere consegnati direttamente in camera per una attenzione ai dettagli che non lascia nulla al caso. Infine è presente la cucina, disponibile a menù preparati ad hoc per il rientro da escursioni o allenamenti e piani alimentari specifici.

Il legame con il professionismo

Per una struttura di questo genere la clientela è una cartina tornasole che fa delle figure che la visitano un biglietto da visita inequivocabile. Ed il legame e le radici con la storia sportiva della zona ne è la conferma.

«Noi siamo legati molto a Marco Pantani – afferma Silvia Pasolini – lo ricordiamo e spesso ci chiedono molto di lui e di poter vedere dove si allenava e viveva. Ci piace far conoscere il territorio. La Romagna non ha nulla da invidiare a ciò che si può trovare in altre nazioni. Abbiamo l’aria del mare e le colline a pochi chilometri. Per non parlare del cibo e vino. Ci teniamo molto che le nostre guide sottolineino questi aspetti e si dedichino alla spiegazioni della storia dei monumenti e della relativa importanza. Non è un territorio che si basa solo sul turismo come profitto, ma abbiamo tanta storia da fare conoscere».

Da noi sono passati molti ciclisti professionisti che sono diventati poi amici. Paolo Savoldelli, Marco Saligari, Omar di Felice per citarne alcuni. Spesso ospitiamo squadre professionistiche per le gare che arrivano qui nei dintorni. Abbiamo ospitato anche Bernal, Pogacar e Roglic. Amici di famiglia che girano e iniziano ad fare affidamento su di noi e sui nostri servizi».

LungomareBikeHotel

Pinarello MyWay: la nuova piattaforma di personalizzazione

01.02.2022
4 min
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Il sito ufficiale Pinarello aggiorna ed implementa le proprie funzioni, a beneficio di tutti gli appassionati del marchio nel mondo, introducendo una nuova versione della piattaforma di personalizzazione “MyWay”.

Il web del brand trevigiano consente un’esperienza di navigazione davvero incredibile per il consumatore. Ciò è possibile grazie in modo particolare alle nuovissime tecnologie utilizzate e derivate direttamente dalle più moderne piattaforme per il “gaming” 3D.

La nuova piattaforma MyWay consente a ciascun utente di scegliere tra tre diverse tipologie di grafica – “mono”, “faded” e “cut” . A cui si aggiunge un ventaglio di 27 diversi colori, tre tipologie di decalcomanie e due finiture superficiali. Il risultato, in termini prettamente matematici, sarà quello di poter contare per la personalizzazione grafica per il telaio su oltre 5.000 combinazioni differenti…

La personalizzazione della piattaforma “My Way” permette di scegliere fra tre diverse tipologie di grafica: mono, faded e cut
“My Way” permette di scegliere fra tre tipologie di grafica: mono, faded e cut

Si disegna un pezzo unico

Quella predisposta oggi da Pinarello attraverso la piattaforma “MyWay”, può essere considerata l’esperienza di personalizzazione più realistica disponibile nel settore dell’industria della bicicletta. Permetterà a tutti i ciclisti che lo vorranno di dare sfogo alla propria creatività e di disegnare una personale e assolutamente unica Dogma F.

Grazie alla raffinatissima tecnologia offerta dalla piattaforma “MyWay”, ciascun singolo telaio personalizzato viene considerato una vera e propria opera d’arte. Il quartier generale di Pinarello riproduce, completamente a mano, ogni singolo design. Trattandosi difatti spesso di creazioni estremamente complesse, queste ultime possono essere realizzate esclusivamente da verniciatori molto esperti. Ed in Pinarello ce ne sono ancora alcuni che possono vantare uno storico di oltre 30 anni di lavoro.

Dettaglio sulle sfumature realizzate dall’aerografo, uno dei dettagli che fa la differenza in Pinarello
Dettaglio sulle sfumature realizzate dall’aerografo, uno dei dettagli che fa la differenza in Pinarello

Come funziona

Entrando maggiormente nel dettaglio, il lungo processo di personalizzazione inizia con una attenta preparazione di ciascun telaio. Il primo strato superficiale si lucida attentamente a mano in modo da creare una superficie perfettamente liscia, e questo al fine di evitare qualsiasi imperfezione. Solamente quando la superficie del telaio sarà a dir poco… perfetta, quest’ultimo verrà spostato nel reparto verniciatura per una preparazione antecedente la verniciatura. 

Nel caso in cui il design selezionato dal cliente richiedesse più colori, dopo una prima fase di asciugatura, il telaio si rincarta prima di applicare la seconda. Successivamente, il “frame” in via di personalizzazione si libera dalle maschere e si completano i dettagli. Uno su tutti le sfumature, che spesso vengono realizzate da mani espertissime grazie all’impiego di un aerografo.

Lucidatura a mano del telaio, operazione che permette di creare una superficie perfettamente liscia
Lucidatura a mano del telaio, operazione che permette di creare una superficie perfettamente liscia

Tempi definiti e precisi

Ciascun passo di questo elaborato processo di personalizzazione richiede l’impiego di tempo, sia di “riposo” quanto di “cottura” in forno. Tempi ed attese che rendono questo procedimento lungo e complesso. Una volta ultimata la fase di verniciatura, sul telaio si applica uno strato finale di trasparente protettivo: lucido, opaco oppure entrambi, in base alla finitura scelta personalmente dal cliente. Il telaio riposa per un giorno prima dell’inizio di un’altra fase cruciale, quella dell’ispezione e della lucidatura, anch’esse effettuate interamente a mano. 

Nel passo finale si predispongono le decalcomanie (denominate “Decaplus” e di ultimissima generazione) che si applicano ad acqua e successivamente “cotte” in forno. Una nuova tipologia di grafica studiata appositamente per ridurne il peso rispetto a quelle collocate sotto vernice, consentendo inoltre l’ottenimento di una superficie perfettamente liscia e colori dalla brillantezza a dir poco eccezionale. 

Il telaio così “finito” si pulisce e si controlla un’ultima volta, per poi passare al reparto tecnico per una verifica di tutte le parti meccaniche.

Pinarello

La Pinarello Crossista F di Tom Pidcock

29.01.2022
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L’abbiamo fotografata e analizzata durante la tappa di Coppa del mondo di Vermiglio, ma ora la bicicletta del campione britannico assume delle “connotazioni ufficiali”. La Pinarello Crossista F sancisce il grande ritorno nel ciclocross e ad altissimi livelli della maison trevigiana. Carbonio hors categorie e forme che sono il DNA di una piattaforma unica nel suo genere. Il processo di sviluppo è iniziato nella primavera 2021 e a distanza di neppure un anno, la Crossista F è una delle biciclette più ambite.

Thomas Pidcock ha contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo del progetto Crossista F
Pidcock ha contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo del progetto Crossista F

Forme che fanno storia

Le curve, le muscolosità e i volumi abbondanti delle tubazioni sono un marchio di fabbrica. Lo sono per le biciclette da strada e lo sono anche per la Crossista F con la quale Tom Pidcock affronterà la gara iridata di Fayetteville.

La Pinarello Crossista F nasce vincente, grazie ad una vittoria e 5 podi. Tecnicamente si tratta di una bicicletta in carbonio e monoscocca. La forcella ricorda quelle in dotazione alla Dogma F, con delle variabili sviluppate in modo specifico per il ciclocross. Così come il frame, caratterizzato da una scatola del movimento centrale voluminosa (che ovviamente è più alta da terra, per il passaggio sugli ostacoli). Essa ha l’obiettivo di garantire rigidità senza influire in modo negativo sul grip del retrotreno, che a sua volta ha i foderi orizzontali curvati verso l’alto (zona del cambio e del perno passante). I foderi obliqui del carro sono sagomati, armoniosi e hanno un’inserzione ribassata al piantone.

Nodo sella per il ciclocross

E poi c’è quella tubazione orizzontale svasata, creata appositamente per agevolare la presa della bicicletta quando è necessario scendere di sella e mettere la bici in spalla. Non un semplice dettaglio. Anche il reggisella, dedicato a questa bicicletta, non è un componente a caso. E’ una sorta di aero seat-post, in carbonio e con un arretramento voluto. Ha un duplice obiettivo: quello di fornire una posizione perfetta all’atleta e di scaricare parte del peso sulla ruota posteriore, per un grip ottimale.

Una bicicletta leggera

Le ruote e la trasmissione fanno parte del pacchetto Shimano Dura Ace (11v). I tubolari sono Challenge, mentre la sella è Fizik. Altro dettaglio interessante è il manubrio Most Talos (Pinarello), un monoblocco in carbonio, una sorta di compact che ricorda da vicino il modello aerodinamico utilizzato per le bici road. La sezione superiore è piatta. La base dello stem si integra con la testa del profilato dello sterzo, con il caratteristico shape tipico delle Pinarello. La bicicletta di Pidcock ha un valore alla bilancia dichiarato di 7 chili e 390 grammi, inclusi i pedali, un valore eccellente in considerazione della categoria.

Pinarello

Viviani, la Dogma F, i cerchi da 60 e i tubeless gonfiati di più

27.01.2022
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Viviani torna su Pinarello a quattro anni dall’ultima volta: nel mezzo i due anni Specialized della Quick Step e i due su De Rosa alla Cofidis. Avevamo già approfondito il tema con Matteo Cornacchione, meccanico Ineos Grenadiers, non appena la firma del veronese era stata ufficializzata. Ma oggi, avendogli lasciato il tempo per rifarsi un’idea, è proprio Elia a fornirci il punto di vista sulla Dogma F che utilizzerà nel 2022. L’occasione è una serata di fine lavoro nel velodromo di Montichiari, che ufficialmente è chiuso, ma viene concesso in uso alla nazionale.

«Sono arrivato al momento giusto – sorride – perché dopo quattro anni con i freni a disco, sarebbe stato difficile tornare a quelli tradizionali. Mi ritrovo fra le mani una bici completa, potendo lavorare sul peso con la scelta delle ruote. La configurazione più leggera arriva a 6,9 chili».

Ecco la Dogma F di Viviani, montata con il nuovo Shimano Dura Ace e le ruote da 60
Ecco la Dogma F di Viviani, montata con il nuovo Shimano Dura Ace e le ruote da 60

Elia spacca il capello, un fatto di attenzione e di atteggiamento nei confronti dei… ferri del mestiere. Per cui il discorso va avanti, cercando di capire il feeling che si va creando fra l’atleta e la sua bici.

Che cosa intendi per bici completa?

Che è leggera per andare bene in salita. E’ comoda. E ha tubi aero che la rendono veloce. Rispetto al telaio del 2017, sono salito di una taglia. Un cambiamento che avevo fatto passando alla Quick Step con Specialized e che ho mantenuto con De Rosa. La Dogma F10 con cui correvo nel 2017 era una 51,5, ora sono a 53 che poi per il gioco delle taglie di Pinarello sarebbe una 54,5. Di base gli angoli restano quelli, le forme sono le stesse della F10, ma la bici è stata aggiornata. I cavi sono tutti dentro, la forcella è più ampia per migliorare l’aerodinamica.

Questo aumento della taglia non ha conseguenze?

L’unica cosa è che sono più alto davanti rispetto al 2017. La serie sterzo è al minimo. Con la F10 ero a battuta e anche con la Dogma F. L’attacco è più corto. Potrebbe incidere sull’aerodinamica, ma dai test fatti, riesco a spingere meglio.

Fra le novità c’è anche il nuovo gruppo Shimano, giusto?

E’ migliorato tantissimo, soprattutto i freni che non sono più rumorosi. Nella versione precedente si surriscaldava l’olio nel serbatoio sulla leva, adesso quella zona è stata ingrandita. La leva potrebbe sembrare grande osservandola da fuori, ma si prende bene ed è molto confortevole.

Le nuove leve del Dura Ace sembrano grandi, ma secondo Viviani sono molto confrotevoli
Le nuove leve del Dura Ace sembrano grandi, ma secondo Viviani sono confrotevoli
Quale manubrio hai scelto?

Il MOST di Pinarello, quello previsto per la bici, misura 40 c/c con attacco da 120 e zero spessori sopra alla serie sterzo.

Alcuni velocisti usano i manubri… aperti, tipo gravel.

L’ho visto sulla bici di Nizzolo, perché evidentemente lo sponsor lo aveva a catalogo. Se ne vedono di più in pista, ma io mi trovo bene con la curva tradizionale.

Tornando alla bici, è credibile che lo stesso modello vada bene per gli scalatori e per i velocisti?

E’ reattiva e rigida. Quando correvo con Specialized, per i velocisti c’era la Venge, che però è stata tolta di produzione. Era una bici rigidissima fino a essere quasi scomoda. Al Giro del 2018 la utilizzai solo per le tappe che potevo vincere. La Dogma F ha una struttura veloce, non è costruita con tubazioni piccole da scalatore. Diciamo che questo è l’orientamento del mercato. Forse solo Cannondale e Giant hanno ancora la bici da velocista. La Reacto di Colbrelli è veloce, ma anche confortevole. La stessa De Rosa ha caratteristiche da bici universale.

Hai parlato delle ruote…

Giocheremo con i vari profili tanto per raggiungere le configurazioni migliori. Abbiamo tre altezze del cerchio: 36-50-60, la ruotona per la volata. Io uso sempre queste, anche in allenamento. Forse in qualche tappa di montagna o nelle corse del Nord passerò alle 50 per togliere peso e avere più comfort. In più c’è il discorso delle gomme…

La Venge è stata l’ultima bici da velocista usata da Viviani. Ora si punta su modelli all round
La Venge è stata l’ultima bici da velocista usata da Viviani. Ora si punta su modelli all round
Tubolari o tubeless?

Entrambi. Per abitudine mia, in gara ho sempre usato i tubolari, qui siamo 50 e 50. I test dicono che i tubeless sono più scorrevoli e comodi, per contro i tubolari sono più leggeri. Diciamo che si tratterà di trovare un compromesso, perché anche a livello di sensazioni, è evidente che il tubeless sia più scorrevole. Perciò, dato che comunque in volata voglio una ruota rigida, userò tubeless da 25 anziché da 28 e li gonfierò di più.

Si ottiene un “effetto tubolare” con più scorrevolezza?

E’ impossibile fare comparazioni durante lo sprint, ma quando sei lì e ti alzi sui pedali, la sensazione di affondare non è il massimo. Scegliendo tubeless più piccoli e gonfiandoli di più, si mantiene comunque il senso di superiore scorrevolezza e la bici rimane compatta.

Quindi addio tubolari?

No, li userò ancora, quando ad esempio sarà necessario che la bici sia anche più leggera. Immagino la Sanremo, dove quei 300 grammi risparmiati dopo 300 chilometri possono fare la differenza.

Invece, Elia, come siamo messi con la guarnitura?

Ho scelto una 40-54, mentre dietro avrò la scala 11-32. Ormai per noi velocisti il 54 è una scelta obbligata e Shimano ci ha tolto d’impaccio, visto che non produce più il 53. L’alternativa sarebbe il 36-52, con cui però non mi trovo. Certo la 40 come corona più piccola è grandicella, per cui abbiamo provato a montare una 36-54, ma non funziona come dovrebbe, perciò… pietra sopra!

Quando si cambia squadra si cambia anche la sella…

Sono tornato alla Fi’zi:k dopo due anni con Selle Italia. Ho scelto il modello Arione, con cui mi sono sempre trovato bene, perché ha un bell’appoggio largo e non ha il buco al centro. Le ho provate le selle forate, ma non mi sono mai trovato un granché.

La bici da pista è più lunga di 3 centimetri di quella da strada, per allungarsi nonostante l’assenza delle ruote
La bici da pista è più lunga di 3 centimetri di quella da strada, per allungarsi nonostante l’assenza delle ruote
Ad alcuni l’Arione non va giù perché è facile scivolare avanti e indietro…

E pensate che a me piace anche per quello. Mi piace potermi muovere a seconda della posizione e della fase di corsa. Quando c’è da menare a tutta, sono in punta. Altrimenti si riesce a stare più indietro ed è rilassante per la muscolatura.

Bici da strada e bici da pista: adesso entrambe Pinarello.

Ma con misure completamente diverse. Se quella da strada è lunga 54,5, la bici per prove di gruppo in pista è 57,5. Il manubrio è più stretto, la sella è diversa, solo l’attacco resta da 120 ed è uguale anche l’angolo di spinta, cioè l’arretramento e l’altezza.

Perché tanto più lunga?

Perché non hai le leve dei freni da prendere, quindi non puoi allungarti. In pista conta essere stretti e aerodinamici, ma anche quello è un settore che cambia. A Rio ero su una 55, ad esempio. Ma c’è un altro punto in comune, le pedivelle. Sia su strada sia in pista uso le 172,5.

Quindi che bilancio facciamo alla fine di questo viaggio nella tua bici?

Sono contento e finalmente fra poco si comincia. Prima però voglio mandare anche un augurio a Egan Bernal, il suo incidente non ci voleva. Speriamo che possa rimettersi al meglio e vedremo come cambieranno i programmi della squadra. Ho sentito Lombardi. Ha detto che è grave, ma dovrebbe recuperare al 100 per cento. Davvero una brutta tegola per lui…

Basso: i freni a disco, Moscon e il sogno di un grande Giro

11.11.2021
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Leonardo Basso ha ripreso a far girare il motore fra palestra e bici. Ultima corsa la Coppa Agostoni, la pausa è stata più breve del solito. Un paio settimane, ma in compenso una ripartenza per niente traumatica.

L’aria di cambiamento è frizzante, i prossimi due anni all’Astana sono una sfida diversa per il trevigiano che dalla Zalf passò direttamente al Team Sky e in quel gruppo è rimasto finora.

«Continuo ad allenarmi con quei colori e la mia Pinarello – sorride – un po’ perché il nuovo materiale ci verrà fornito in ritiro e un po’ perché quello che è successo a Higuita fa riflettere. I social sono un coltello a doppia lama, serve concentrazione. Siamo personaggi esposti, usarli con troppa disinvoltura può ritorcersi contro».

Sergio Higuita è stato licenziato un paio di giorni fa dalla EF Education-Nippo perché in un video si è fatto riprendere mentre provava la Specialized della Bora-Hansgrohe con cui correrà il prossimo anno. La consuetudine è che i team… uscenti diano una sorta di nulla osta, altrimenti i corridori non potrebbero neppure partecipare ai primi ritiri della nuova squadra. Evidentemente nel caso del colombiano qualcosa non ha funzionato.

Febbraio 2018, prima stagione da pro’. Dopo il debutto a Mallorca, ecco Basso ad Abu Dhabi
Febbraio 2018, prima stagione da pro’. Dopo il debutto a Mallorca, ecco Basso ad Abu Dhabi
A proposito di Pinarello, tu eri del partito dei freni a disco o dei freni tradizionali?

Se devo uscire da solo, preferisco i freni normali. Ma in gruppo eravamo gli ultimi ad averli e anche se in frenata le prestazioni sono molto elevate, eravamo costantemente a rischio. Quelli con i dischi staccavano all’ultimo momento e se fai parte del gruppo non puoi anticipare la frenata. Per cui ci ritrovavamo a frenare con loro, ma per noi era troppo tardi. Eri sempre in stato di attenzione. E quando siamo passati ai dischi, ci siamo sentiti tutti più sicuri.

Che cosa porti con te di questi quattro anni… britannici?

Sono stati i primi a darmi fiducia. Avevo fatto uno stage alla Trek, ma Sky mi propose un contratto grazie al quale ho vissuto per quattro stagioni in una delle squadre migliori al mondo. Partire dispiace sempre, ma io sono sempre uno che guarda avanti. Cosa mi porto dietro? Il livello altissimo di pianificazione e professionalità. Quando c’è un obiettivo, sono capaci di progettare, ragionare e raggiungerli con un metodo tutto anglosassone.

E’ cambiato qualcosa dagli anni di Froome a quelli di Bernal e Carapaz?

Non nella pianificazione e nel metodo di lavoro. Diciamo però che dal Finestre di Froome c’è stato un cambio di immagine poi ribadito dal Giro del 2020 con le tante tappe vinte e poi dall’ultimo. Ma anche quando eravamo la squadra di Froome, non ho mai avvertito ostilità da parte dei tifosi. Avvertivano l’importanza, mentre per me era fare parte di qualcosa di grande che mi spingeva a fare di più.

Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Che cosa porti in dote all’Astana?

La mia specializzazione è il ruolo di gregario per aiutare i capitani a finalizzare il lavoro. So che all’Astana si parte per vincere ogni corsa, conosco la mentalità di Vinokourov. Per cui darò il mio contributo per il leader, ma se la squadra mi riterrà all’altezza, magari proverò anche a entrare in qualche fuga.

Un passaggio per due, ci sarà anche Moscon…

Con lui c’è un rapporto di amicizia che inizia dagli anni alla Zalf, che con il tempo si è trasformato anche in collaborazione professionale. Mi piace aiutarlo e allenarmi con lui.

Credi che cambiare lo aiuterà a venir fuori?

Ogni cambio porta con sé nuovi stimoli, in ogni ambito lavorativo. Vivo Gianni da vicino e posso dire che ha la fame di sempre, la stessa di quando eravamo alla Zalf. L’ho visto fare palestra la mattina presto in cima allo Stelvio: se non hai voglia non lo fai. Lui ha sempre generato grandi aspettative, che a loro volta generano pressione. E la pressione non è sempre facile da sopportare, l’aspetto mentale è determinante. Alcuni fanno fatica, però poi tornano. Il motore non cambia, si è visto alla Roubaix. Il corridore c’è, mi sarebbe piaciuto vederlo in televisione, invece l’ho sentita alla radiolina, visto che ero anche io là in mezzo. Ora si aggiungono gli stimoli dall’esterno, come i nuovi materiali e i nuovi tecnici. Credo che faremo bene.

C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
Cosa trovi in Astana?

L’ho sempre vista come una squadra di tanti campioni. Armstrong e Contador, poi Nibali e Aru. C’è un anima italiana, sono curioso di vedere come si fonderà con la nostra formazione anglosassone.

Intanto come cambia, se cambia, la tua preparazione?

Fino a quest’anno ho lavorato con Dario (Cioni, ndr) e visto il mio ruolo, ho sempre fatto una preparazione diluita lungo tutto l’anno ed equilibrata. Per ora ho ripreso come negli anni passati, forse dal primo ritiro si vedrà qualche cambiamento. Non si inventa niente, ma voglio vedere i benefici della nuova preparazione.

Programmi?

E’ ancora presto, ma ci chiederanno. E io dirò che vorrei tornare in Belgio, perché lassù mi sono specializzato. E poi mi piacerebbe fare un grande Giro. Ho 27 anni e non ne ho mai corso uno. Voglio vedere se è vero che faccia crescere il motore. Alla Ineos ci sono così tanti campioni e si parte sempre per la classifica generale, che non sono mai entrato nei giochi. Lo ammetto, sarebbe un sogno. E per il resto, porterò la mentalità di sempre. Ogni corsa che fai è la migliore. E serve sempre tanta voglia di fare fatica.

Dalla F10 alla Dogma F, Viviani torna su una Pinarello

01.11.2021
5 min
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L’ultima volta che su strada abbiamo visto Elia Viviani in sella ad una Pinarello è stata al Gp Beghelli del 2017 (nella foto di apertura). Elia arrivò terzo. Quella fu anche l’ultima gara con l’allora Team Sky, gruppo presso il quale tornerà a far parte nella prossima stagione, chiaramente con i colori della Ineos Grenadiers.

Ma alla corte di sir Brailsford non solo troverà vecchi compagni, ma anche le bici Pinarello. All’epoca aveva la F10, l’anno prossimo avrà la Dogma F. La prima era una bici con freni tradizionali, la seconda con freni a disco. Nel mezzo quattro anni (forse un po’ meno) di tecnologie.

Feeling invariato

Viviani è molto sensibile in quanto a tecnica. Avverte cambiamenti di pochissimi millimetri, capisce meglio e prima di altri il comportamento delle ruote delle quali, ci dicono, abbia un’attenzione maniacale. Come riuscirà a metterlo in sella Matteo Cornacchione? Cosa troverà di diverso da quella “vecchia” Dogma F10?

Partiamo dalle geometrie, la prima cosa che guarda un professionista. Queste non cambiano molto, per non dire che sono identiche, almeno per quel che concerne la parte centrale e posteriore della bici. Ci sono invece delle piccole variazioni sull’avantreno. Ma è normale, si passa da un freno normale ad uno a disco e questo richiede altri materiali, altre forze in campo. Il tubo di sterzo si alza di qualche millimetro a parità di misure (rispetto alla F8, ricordiamolo) ma il rake della forcella e tutto il restano non varia.

Tutto questo dovrebbe assicurare una certa continuità di feeling con la Pinarello che lo aspetta. E quando un pro’ “riconosce” i suoi angoli è già a metà dell’opera. Anche la fibra utilizzata è la stessa, la Toray 1100, ma con tecnologia aerospaziale, e chiaramente con forme dei tubi differenti. Forme più grandi e affusolate, dettate da aerodinamica e integrazione.

Sarà interessante vedere le scelte che farà Elia. Il nuovo Shimano Dura Ace consente di montare anche il 54-42
Sarà interessante vedere le scelte che farà Elia. Il nuovo Shimano Dura Ace consente di montare anche il 54-42

Componentistica nuova

Quello che invece cambia e neanche poco è la componentistica. Partiamo da quella strettamente legata alla guida: il manubrio.

Nella vecchia F10 Viviani utilizzava un manubrio “semintegrato”. O meglio un set (attacco + manubrio) tradizionale, ma con lo stem appunto oversize, cioè grande e dalle forme aerodinamiche. Un attacco e un manubrio in alluminio di Pro’ (il Vibe Sprint). L’attacco era da 140 millimetri e la piega da 420. La sella (Fi’zi:k Arione 00) era a 74 centimetri.

Stavolta invece dovrebbe avere il manubrio integrato di Most. Ma queste (sella e manubrio) sono scelte del tutto personali. E di sicuro prima Viviani vorrà provare tutto il materiale che ha a disposizione, visto che c’è anche quello di Pro.

Grossi passi avanti riguardo alla frenata. Rispetto al 2017 la bici di Elia sarà completamente diversa
Grossi passi avanti riguardo alla frenata. Rispetto al 2017 la bici di Elia sarà completamente diversa

Occhio alla frenata

Un passaggio che potrebbe “accusare” Elia riguarda proprio l’impianto frenante. Nella F10 aveva il rim brake, nella Dogma F quello a disco. Ma più che altro potrebbe farsi sentire la differenza fra il sistema Campagnolo che utilizzava alla Cofidis e quello Shimano. La frenata del gruppo italiano è davvero racing. Molto potente, ma anche “rude”, quella del gruppo giapponese è più “fluida” e progressiva.

Ma con le sue doti, il veronese non dovrebbe metterci molto ad adattarsi, anche perché il nuovo Dura Ace Di2 è stato ulteriormente migliorato proprio nella sua progressività, nella certezza di avere pastiglie che non toccano mai il disco e nel “fading”, cioè l’affaticamento (il surriscaldamento) delle guaine in frenata. Perché è da lì che partono i “guai” in termini di alte temperature. Ma in tal senso Shimano ha una conoscenza dalla Mtb (Dh inclusa) pressoché infinito. E alcuni dettami del nuovo impianto frenante vengono da lì.

Le nuove Shimano Dura-Ace C60, questo profilo di sicuro piacerà a Viviani
Le nuove Shimano Dura-Ace C60, questo profilo di sicuro piacerà a Viviani

Ruote, ampia scelta

E qui Viviani trova un piccolo paradiso. In Ineos come più volte abbiamo detto potrà avere la gamma Shimano, ma anche le Lightweight e Princeton. Ai recenti mondiali su pista, ci hanno detto che su questo componente Elia ha una sensibilità enorme.

Una ruota che va bene su una bici, non è detto che la senta allo stesso modo su un’altra: questo in pista in cui l’anello è sempre uguale, figuriamoci su strada e su percorsi differenti.

Sulla Pinarello F10 Elia usava spesso il set Shimano Dura Ace C50, ma a volte si era visto anche un cerchio da 75 millimetri al posteriore. Il set da 60 millimetri sembra fatto apposta per lui. Sarà davvero curioso vedere quali saranno le sue scelte e soprattutto perché? Di certo il connubio atleta + bici tutto made in Italy (per non dire Made in Veneto) ci affascina non poco.

Altra differenza: all’epoca in Sky si utilizzavano i tubolari. Quasi tutti avevano i 23 millimetri, ma Elia già era per i 25 millimetri. Stavolta invece viste anche le tendenze che già da questa stagione si sono viste in Sky dovrebbe utilizzare tubeless Continental (magari anche da 28 millimetri) viste le sezioni maggiorate delle nuove ruote Dura Ace.

Freni a disco e nuovo gruppo, quanto lavoro per la Ineos!

13.10.2021
5 min
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Grande lavoro in vista per Matteo Cornacchione e i meccanici della Ineos-Grenadiers. Molto probabilmente, perché l’ufficialità bisogna dirlo non c’è, lo squadrone di Sir Brailsford passerà al freno a disco. E la foto di apertura segna un bel “passaggio di consegne” fra il rim brake e appunto il rotore. Dalla Pinarello Dogma F12 alla Dogma F Disc, della quale abbiamo già potuto ammirare qualche apparizione in questo scorcio finale di stagione.

Matteo adesso si sta godendo i primi giorni di riposo perché a fine novembre, come accennato, è chiamato al blocco più importante di lavoro di tutto l’anno: montare le bici per la stagione a venire.

Ma un conto è partire con il materiale che si è già utilizzato e le sue evoluzioni e un conto è con del materiale nuovo. Per la Ineos infatti si prevede nuova bici e nuovo gruppo, lo Shimano Dura-Ace a 12 velocità.

Matteo Cornacchione in uno dei tre camion-officina della Ineos-Grenadiers
Matteo Cornacchione in uno dei tre camion-officina della Ineos-Grenadiers

Una valanga di bici

«Se ci dicessero che dal 1° gennaio useremo solo bici con freno a disco sarebbe una bella mole di lavoro – dice Cornacchione – Questo inizierebbe sempre a fine novembre, per essere pronti già nel ritiro di dicembre, ma  tutto sarebbe nuovo. L’ordine minimo di telai, crono esclusa, è di 150. Consideriamo 4 bici per corridore e sono 120: una che tengono a casa, poi la bici con la quale gareggiano, la bici che va sulla prima ammiraglia e quella sulla seconda. A questo vanno aggiunti i telai di scorta. Solitamente succede che nel primo ritiro, c’è un corridore che magari è incerto tra due misure: gli si è ordinato una 55, ma magari aveva bisogno di una 54 e se ti chiede quella, devi averla. Quindi ecco che servono altre trenta bici.

«Noi abbiamo tre camion per tre attività diverse che possiamo fare contemporaneamente e su ogni camion ci sono almeno 50 bici e tutte le misure (ipotizzando un cambio di programma dell’ultimo minuto, ndr): dalla 46,5 di Porte alla 59,5 di Ganna».

Nel magazzino Ineos alle porte di Gent, dove tra l’altro poco distante c’è quello della Deceuninck, arriva tutto il materiale: telai, gruppi, ruote, gomme, ma anche vestiario, ciò che serve ai massaggiatori, vi rientrano mezzi ed ammiraglie… La gestione di ogni cosa pertanto diventa fondamentale.

«Tolta la bici d’allenamento, noi etichettiamo la prima, la seconda e la terza bici. Affidiamo ad ognuna un codice telaio e potenziometro. La scelta di questa scaletta? Non c’è. I corridori provano la seconda o terza bici solo prima dei grandi Giri, ma non tanto per verificare le misure quanto per vedere che tutto funzioni al meglio: cambio, frenata… magari il freno arriva a fine corsa o al contrario attacca subito. Operazione che con il disco sarà ancora più importante visto che certe regolazioni in corsa sono più complesse. Poi magari si, verificano anche piccole differenze di millimetri, se una sella non è perfettamente in bolla. Ma sono dettagli».

La pinza del freno a disco Shimano Dura-Ace 9200
La pinza del freno a disco Shimano Dura-Ace 9200

Gruppo nuovo

Rispetto agli altri anni quindi Cornacchione e colleghi sono chiamati ad un super lavoro. Un passaggio che altre squadre hanno fatto in modo più graduale in passato. E a metterci il carico è anche il nuovo gruppo. Ma in questo caso potrebbe andare meglio.

«Con il 12 velocità credo che la cassetta 11-32 ormai non la toglieremo più! Sarà più o meno sempre quella. Va detto però che certe scelte spettano al management e non so cosa stiano decidendo, tanto più se si considera che ci sarà anche il set da 54-40. In ogni caso quando si parla di gruppi siamo sui 300, il doppio rispetto alle bici. Noi abbiamo per ogni atleta l’intero set di corone che ci mette a disposizione Shimano: 55, 54, 53, 52, 50 per quella grande. E 46, 44, 42, 39, 36, 34 per quella piccola. Ogni set è numerato per le tre bici di quel corridore che abbiamo in consegna noi tra camion e magazzino. Ogni tanto si provano e magari un ingranaggio va sostituito perché dopo una caduta si è storto un dente».

Una volta in magazzino, quando inizia il montaggio Cornacchione e i nove colleghi meccanici montano una ventina di bici a testa in meno di una settimana.

«Alla fine il grosso si fa lì, ma per la Befana, cioè per il secondo ritiro tutto deve essere pronto. E sì perché da quel momento in poi ci sono le bici per il Belgio. Se il management o Pinarello preparano telai particolari o specifici, manubri nuovi…».

Adam Yates ha fortemente voluto i tubeless (da 28 millimetri) per questo finale di stagione
Adam Yates ha fortemente voluto i tubeless (da 28 millimetri) per questo finale di stagione

Gomme e ruote

Ma forse il lavoro maggiore non è tanto nell’allestire le bici nuove, ma nelle ruote. E sì perché se fino a quest’anno si poteva partire anche con dei set “vecchi”, visto che il gruppo era identico, stavolta è molto probabile che si riparta da zero: gruppo nuovo e anche ruote nuove da parte di Shimano ed ecco altre 300 coppie di ruote minimo, solo per iniziare. Il corridore deve avere a disposizione ogni set, alto, medio o basso profilo che sia. Il tutto senza contare che Ineos ha anche l’opzione Lightweight e Princeton.

«Io credo – conclude Cornacchione – monteremo molti meno tubolari e più tubeless, a prescindere se partiremo o no con i freni a disco. Ormai la tendenza è questa. Ad inizio anno quasi non li volevano, adesso al Lombardia se li litigavano! Adam Yates ha corso con dei tubeless da 28 millimetri all’Emilia, alla Milano-Torino e al Lombardia. Però per noi meccanici va bene. Meglio un po’ di sporco del liquido che il tanto sporco del mastice dei tubolari che poi per toglierlo serve la trielina e a fine giornata sei anche “ubriaco”!».

Pinarello ed Ineos-Grenadiers, ora si va a tutto disco!

20.09.2021
4 min
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Domani, martedì 21 settembre si correrà il GP de Denain, una tappa fondamentale nel percorso di avvicinamento alla Parigi Roubaix del prossimo 3 ottobre. La novità più importante in gruppo però sarà la scelta tecnica di Pinarello e della Ineos-Grenadiers. Ebbene sì, la squadra del campione olimpico Richard Carapaz e dell’iridato a cronometro Filippo Ganna approda nel mondo dei freni a disco.

Dettaglio sul freno posteriore della Dogma F Disc, anche Pinarello passa al freno a disco dopo mesi di sperimentazione e di perfezionamento
Dettaglio sul freno posteriore della Dogma F Disc, anche Pinarello passa al freno a disco

Ultimi a cambiare

La Ineos, che utilizza biciclette Pinarello, è sempre stata una delle squadre più attente al cambiamento e che portava in gruppo novità. Dopo la vittoria olimpica di Tokyo di Carapaz abbiamo parlato con Fausto Pinarello. Ci aveva detto che la Dogma F, nuova nata nella casa trevigiana, avrebbe avuto la doppia dotazione: freno tradizionale e disco.

Le sperimentazioni sarebbero partite dopo le Olimpiadi e così è stato, il lavoro non è stato facile, soprattutto per il fornitore di ruote e freni, ovvero Shimano. Sappiamo tutti che il Covid ha rallentato la fornitura di materiale e la produzione di componenti. Questo fattore deve aver sicuramente inciso sulle tempistiche del passaggio al freno a disco.

Freno anteriore della Dogma F Disc, impianto frenante del Dura Ace che ha richiesto una leggera modifica nel sistema di sgancio rapido
L’impianto frenante del Dura Ace ha richiesto una leggera modifica nel sistema di sgancio rapido

Scelta dettata dal mercato

Con l’arrivo di Diego Colosio come nuovo direttore commerciale di Pinarello l’azienda vincitrice di 7 degli ultimi 10 Tour de France ha deciso di puntare sul futuro. Una scelta ponderata che ha richiesto tanto tempo, settimane se non mesi, in cui si è pensato come sviluppare e progettare la Pinarello del futuro.

Il mercato delle biciclette è orientato ormai tutto sulla scelta di freni a disco a discapito di quelli tradizionali, il cambiamento è arrivato prima per gli amatori che per i pro’. Non un caso, come ha spiegato più volte Fausto Pinarello, i corridori hanno maggiori abilità tecniche e necessità diverse dagli amatori. I freni a disco pesano uno o due etti in più di quelli tradizionali e questo conta molto in un mondo in cui anche il grammo fa la differenza.

Dopo tanti anni con i freni tradizionali, Froome ha avuto difficoltà nel passaggio ai dischi
Dopo tanti anni con i freni tradizionali, Froome ha avuto difficoltà nel passaggio ai dischi

Corridori scettici

Un corridore uscito dalla Ineos e che ha trovato notevoli difficoltà nel passaggio al freno a disco è Chris Froome. Il kenyano bianco, passato alla Israel Start Up Nation ed a bici Factor, ha dichiarato ad inizio stagione come fosse difficile adattarsi a questo nuovo modo di frenare. Aveva infatti dichiarato come le prestazioni fossero eccellenti in qualsiasi situazione meteorologica ma che il processo di sviluppo era ben lontano dall’essere ultimato.

Egan Bernal è un altro corridore che non scherza per quanto riguarda la ricerca della perfezione nel suo mezzo. Il campione colombiano è, infatti, un maniaco del peso, tanto che la sua Pinarello Xlight12 supera di soli 60 grammi il limite di 6,8 chili imposto dall’UCI. Le esigenze di Egan hanno quindi influito nettamente sulla decisione di passare al nuovo sistema frenante. Siamo sicuri che i tecnici Pinarello abbiano studiato e perfezionato tutti i dettagli, così da garantire al team Ineos le stesse caratteristiche di peso.

Bernal è molto attento al peso della bici, la Dogma XLight12 del Giro superava di soli 60 grammi il limite UCI di 6,8 chili
Bernal è molto attento al peso della bici, la Dogma XLight12 del Giro superava di soli 60 grammi il limite UCI di 6,8 chili

Test importante

Le corse del Nord sono un banco di prova per le biciclette, molte squadre adottano telai e componenti appositi per queste gare. Pinarello ha deciso di sfruttare la nuova data della Parigi Roubaix per testare questo nuovo prodotto in gara e vedere che riscontro daranno i suoi corridori.

Nei segreti della Bolide d’oro con mastro Buttarelli

14.08.2021
7 min
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Dettagli, meccanica e meccanico. Se le Pinarello Bolide Hr a Tokyo sono andate così forte il merito è anche del meccanico che era in Giappone. Anzi i meccanici: Carlo Buttarelli e Giovanni Carini. Ebbene con Buttarelli, ci tuffiamo nei segreti di queste bici. Come sono state preparate, come sono scese in pista…

Se a Tokyo tutto è filato liscio, il merito è anche dei meccanici che hanno svolto un lavoro certosino
Se a Tokyo tutto è filato liscio, il merito è anche dei meccanici che hanno svolto un lavoro certosino

Una Bolide già d’oro

Partiamo dalla Bolide in generale. Alla fine il set completo (manubrio, ruote…) che abbiamo visto a Tokyo lo si è avuto meno di un mese prima delle Olimpiadi.

«Il telaio è in pratica lo stesso da 4-5 anni – afferma Buttarelli – è quello del primo mondiale di Ganna e lo stesso che aveva utilizzato Viviani a Rio. Ruote e manubri sono arrivati ad un mese dal via (anche meno). Le bici complete del quartetto pesavano 7,2 chili, 7,3 quelle degli atleti più grandi. Ma il peso non è fondamentale in pista. Quelle dei velocisti fanno anche 8 chili».

Le bici quindi avevano telaio Pinarello, manubrio Most sempre di matrice Pinarello ma realizzato in collaborazione con Hardskin, movimenti CeramicSpeed, ruote Campagnolo e gruppo Miche.

Nonostante sia vincente, a Parigi 2024 si avrà una nuova Bolide. Qui i lavori a Montichiari prima di partire per Tokyo
Nonostante sia vincente, a Parigi 2024 si avrà una nuova Bolide. Qui i lavori a Montichiari prima di partire per Tokyo

Movimenti super scorrevoli

«I movimenti CeramicSpeed – spiega Buttarelli – li abbiamo montati direttamente a Tokyo ed erano già stati trattati da loro. Poi c’era il movimento centrale, Miche. Questo è un componente molto importante. Di solito noi lo apriamo, gli togliamo le calotte, o-ring e ogni altra guarnizione o paratia che possa creare frizioni. Con delle presse particolari rimontiamo il tutto. La parte a sinistra va a battuta, quella destra è serrata forte (mettiamo anche una goccia di frenafiletti), ma senza che “tiri” troppo, altrimenti come si dice in gergo si “impacchettano” i cuscinetti e gira meno. Prima però, Giovanni ed io con la benzina ripuliamo i cuscinetti all’interno e poi aggiungiamo un solvente specifico che li rende completamente puliti e secchi. A quel punto aggiungiamo un olio particolare, un olio per armi, ne bastano due o tre gocce, e il gioco è fatto. Noi con l’occhio clinico del meccanico ormai vediamo quando sono apposto.

«Sistemata la parte del movimento, montiamo le pedivelle. Queste vengono serrate al massimo. A quel punto le si fanno girare un po’, a Tokyo li abbiamo fatti girare un po’ un paio di giorni prima delle gare. Affinché l’olio messo faccesse il suo lavoro. Questo scaldandosi va dappertutto e vedi proprio che non si fermano più».

I due meccanici azzurri: Giovanni Carini (a sinistra) e Carlo Buttarelli (a destra)
I due meccanici azzurri: Giovanni Carini (a sinistra) e Carlo Buttarelli (a destra)

La catena

Uno dei componenti che più viene messo sotto stress dai pistard è la catena. E infatti quella che abbiamo visto era decisamente “corposa”. Non è di certo la catena che si usa sulle bici da strada!

«La catena – riprende Buttarelli – l’abbiamo trattata con una polvere ceramica che sembra più “dura” rispetto all’olio tradizionale, ma che invece a detta dei ragazzi sembra più scorrevole. Dà un leggero vantaggio. Questa catena è stata sviluppata con Miche, anche su indicazione di noi meccanici. E’ stata sigillata in un certo modo e la “rotellina” che va a contatto con la corona s’ingaggia meglio trasmettendo di più la forza. Si tratta di una catena molto rigida. Se la si guarda da davanti (o dietro) si vede che è molto più dritta rispetto alle altre».

Il lavoro svolto da Miche è stato davvero certosino. Maglie interne, esterne e perno hanno una lavorazione particolare. E quando si parla di “fiumi di watt”, scaricati tra l’altro con una certa violenza, si capisce facilmente quanto sia importante questo componente che poi di fatto è quello che trasmette la forza alle ruote.

Rapporti e gomme

Magari sembrerà un po’ strano, ma la scelta dei rapporti va a riguardare anche quella delle gomme. E adesso vedremo come. Ma andiamo con ordine.

«I ragazzi hanno usato il 63×14 (che sviluppa 9,40 metri) ad eccezione di Milan che ha preferito il 64×14. La scelta è fatta dal tecnico e dai ragazzi stessi. Questa piccola differenza di un dente e di cadenza si “aggiusta” con la scelta del tubolare. Avevano il Vittoria Speed Oro. La sezione era di 19 millimetri all’anteriore e di 23 al posteriore, ma Milan aveva il 19 anche dietro. Questo infatti sviluppa 1-1,5 centimetri in meno rispetto al 23. Sono piccoli dettagli…

«Abbiamo visto, in galleria del vento, che il 19 all’anteriore ci dava dei piccoli vantaggi aerodinamici. La pressione delle gomme era di 20 bar all’anteriore e di 16 bar al posteriore. Il velodromo ci ha messo a disposizione un compressore Makita che spingeva fino a 32 bar. Le gomme vengono gonfiate circa 40′ prima del via e di fatto le gonfiamo leggermente di più di quanto detto perché con la camera d’aria del tubolare in lattice e non in butile ci sta che si perda qualcosina. Ma è importante gonfiarle prima perché si ha il tempo di vedere se la gomma perde pressione, di controllare la spalla. Insomma che tutto sia okay ed eventualmente poter intervenire».

Milan ha scelto un dente in più: si è giocato con tubolare e regolazione della ruota nel forcellino per limare le differenze coi compagni
Milan ha scelto un dente in più: si è giocato con tubolare e regolazione della ruota nel forcellino per limare le differenze coi compagni

Ma la bici di Milan…

Tornando al 64 di Milan, si è intervenuti sul numero delle maglie per colmare la differenza del rapporto?

«No, la differenza è talmente poca – spiega Buttarelli – che ci si regola con il serraggio della ruota lungo il forcellino. L’importante è che tra il battistrada e il telaio ci sia luce, che la ruota non sia carenata: questo dice il regolamento, altrimenti ci sarebbero dei vantaggi aerodinamici non consentiti. Basta ci sia spazio per una carta di credito».

Per quanto riguarda le pedivelle invece: Milan e Ganna, i più alti, avevano quelle da 175 millimetri, mentre Consonni e Lamon quelle da 172,5. Chiaramente erano sempre di Miche, così come i pignoni.

La Campagnolo Ghibli degli azzurri era leggermente diversa da quelle in commercio
La Campagnolo Ghibli degli azzurri era leggermente diversa da quelle in commercio

I siluri di Campagnolo

E dalle gomme passiamo alla ruote. Anche in questo caso il lavoro corale e l’investimento fatto è stato eccezionale. Segno ulteriore di quanto si credeva in questo quartetto. Sentiamo Buttarelli.

«Campagnolo ci ha fornito delle vere “bombe”. All’anteriore c’era la Ghibli ottimizzata per la nostra forcella, leggermente più stretta. Ha una struttura un po’ diversa da quella in produzione standard e dava più stabilità. La struttura del cerchio è diversa tra i due lati. Anche la lenticolare posteriore era un po’ più stretta. Inoltre avevano un sistema di aggancio tramite una chiave da 5 che potevamo regolare al millimetro, proprio per non compromettere lo scorrimento dei mozzi. E’ lo stesso discorso “dell’impacchettamento” dei cuscinetti fatto prima.

«Avevamo due tipologie di ruote, una più rigida e una più morbida. Parliamo di differenze impercettibili, che solo un atleta di vertice è in grado di cogliere: parliamo, di differenze di tensionamento (numeri a caso) di 15 Nm contro 15,2. Campagnolo ha sviluppato un tensionamento segreto. Alla fine i ragazzi si sono trovati meglio con la ruota più rigida. Il set dell’intera bici è rimasto lo stesso per tutte le sessioni».

Per la bici di Lamon niente cera nei punti in cui viene agganciata al blocco (lo strumento rosso)
Per la bici di Lamon niente cera nei punti in cui viene agganciata al blocco (lo strumento rosso)

Dettagli e millesimi

Passione, dettagli, millimetri, sfumature… tutto conta e niente è marginale quando c’è da spaccare il decimo di secondo. Persino la pulizia della bici.

«Noi laviamo le bici con del normale sgrassatore, ma poi ci passiamo una cera di Muc-Off il cui risultato è stupefacente. La bici oltre che essere bellissima e luccicante, è molto scorrevole. Lo senti proprio quando ci passi il dito. La passiamo dappertutto tranne che su sella, manubrio e pedali. Chiaramente lì del grip deve esserci. E neanche nella parte del telaio che va a contatto con il blocco di partenza (la bici di Lamon): perché è così scorrevole che in fase di lancio la bici potrebbe muoversi quel mezzo centimetro e dare un contraccolpo inaspettato. Si passa un diluente diverso anche sulle ruote».

«Il grosso del nostro lavoro – conclude Buttarelli – è avvenuto ben prima di Tokyo. Laggiù sapevamo cosa serviva. Si trattava solo di scegliere cosa montare e fare piccoli ritocchi. Per esempio con la dima potevamo vedere se l’inclinazione di un pad cambiava di mezzo grado perché magari la spugnetta di appoggio si era un po’ consumata con l’uso».