Alla Boucles de la Mayenne, corsa a tappe in Francia di categoria 2.Pro, Alberto Bettiol ha ottenuto la sua seconda vittoria stagionale. Il toscano, nella regione della Valle della Loira, ha anche conquistato la sua prima vittoria in una corsa a tappe. Ora si trova a Livigno, per sistemare la gamba in vista del Giro di Svizzera e del conseguente Tour de France.
«Sono in ritiro da qualche giorno – dice Bettiol – e ci rimarrò fino a giovedì, poi venerdì 7 giugno correrò il Grosser Preis des Kantons Aargau. Con il Giro di Svizzera che partirà due giorni dopo, domenica. Questo di Livigno, per motivi logistici, è l’ultima parte di allenamento prima del Tour, visto che la Grande Boucle inizierà il 29 giugno da Firenze».
Bettiol alla Boucles de la Mayenne ha vinto anche la classifica generaleBettiol alla Boucles de la Mayenne ha vinto anche la classifica generale
Vittoria importante
Bettiol ha collezionato la seconda vittoria stagionale in Francia, un buon modo per tornare alle corse dopo la pausa primaverile.
«E’ stato un buon primo passo – continua Bettiol – diciamo pure il miglior risultato che potessi fare. Mancavo dalle gare da qualche settimana, non avevo ben in mente quale potesse essere il mio livello attuale. Questa vittoria me la tengo stretta, significa che le cose stanno andando bene ma non mi monto la testa. Gli obiettivi veri sono altri e arrivano ora».
La campagna del Nord di Bettiol è stata positiva, con un Fiandre corso da protagonistaLa campagna del Nord di Bettiol è stata positiva, con un Fiandre corso da protagonista
Come hai gestito la pausa dopo le Classiche?
Sono tornato dalla famiglia in Toscana, mancavo da tanto tempo e tornare è sempre bello. Non ho mai smesso di allenarmi, ho solamente abbassato i ritmi. Il primo di maggio sono andato in ritiro con la squadra a Sierra Nevada prima di andare in Francia e riprendere il feeling con le corse.
E’ un 2024 che ti vede spesso presente tra i primi in gara, hai cambiato qualcosa durante l’inverno?
Per quanto riguarda gli allenamenti no. Penso di aver avuto una maggiore continuità, data dall’assenza di intoppi o sfortune. L’unica caduta della stagione è arrivata ad Harelbeke. Della prima parte di stagione sono soddisfatto, forse avrei potuto fare meglio il finale delle Classiche.
Durante la pausa primaverile c’è stato il tempo per una visita alle Frecce Tricolore (foto Instagram)Durante la pausa primaverile c’è stato il tempo per una visita alle Frecce Tricolore (foto Instagram)Un sogno che aveva fin da bambino (foto Instagram)
Al Tour con quali ambizioni andrai?
Spero di arrivarci in forma, sto lavorando per questo. E’ la gara che precede le Olimpiadi, le motivazioni non mancheranno. Sarebbe fantastico riuscire a vincere una tappa, per due volte ci sono andato vicino. Poi non dimentichiamoci che la Grande Boucle parte dall’Italia, precisamente da Firenze. Con grandi probabilità sarò l’unico corridore toscano in gruppo, esserci è un’occasione unica. Tanto che da quando c’è stata l’ufficialità ho chiesto alla squadra di poter partecipare.
La maglia gialla a Firenze può essere un obiettivo?
E’ dura, molto dura. Ma non si sa mai. Il circuito finale è tosto con tanto dislivello, ma siamo al Tour, ci saranno i migliori corridori al mondo. La maglia gialla è la più ambita in gruppo, tutti vorranno conquistare la prima.
Nel 2022, a Mende, Bettiol ha sfiorato il suo primo successo al Tour de FranceNel 2022, a Mende, Bettiol ha sfiorato il suo primo successo al Tour de France
E dopo il Tour arrivano le Olimpiadi, che gara sarà?
Strana, l’Olimpiade è sempre strana. Per far bene bisognerà avere fondo e penso sia impossibile controllarla. Nella mia testa assomiglia ad una tappa della terza settimana del Tour, con un fuga di 30 corridori che si gioca la vittoria.
Il tuo nome, nei tre che Bennati dovrà diramare, è il più gettonato.
Ufficialmente non sono ancora stato selezionato. Ne ho parlato con il cittì e siamo d’accordo, come tutti del resto, che la miglior gara per preparare le Olimpiadi è il Tour. La corsa a cinque cerchi arriva esattamente due settimane dopo l’arrivo di Nizza. Allenarsi a casa e pensare di simulare un Tour è impossibile, tutti i migliori passeranno da lì.
Il toscano era presente anche alle Olimpiadi di Tokyo 2021, è stato il migliore degli italiani: 14°Il toscano era presente anche alle Olimpiadi di Tokyo 2021, è stato il migliore degli italiani: 14°
Tu hai già un’esperienza olimpica alle spalle, a Tokyo 2021, può essere un vantaggio?
Non direi. Quella di Tokyo non era un’Olimpiade, eravamo tutti isolati e lontani dal villaggio. A Parigi ci sarà più possibilità di vivere il clima olimpico, vivendo di più “Casa Italia” ed entrare in contatto con tutti gli atleti medagliati.
Anche a livello di corsa era tanto diversa?
Era molto simile ad un mondiale. C’erano molti più atleti in corsa e le squadre, per quanto ridotte, erano più attrezzate. Noi come Italia avevamo cinque atleti a Tokyo 2021, mentre a Parigi saremo in tre. Le dinamiche cambieranno tanto rispetto a tre anni fa: i chilometri erano 234 con un percorso più duro. A Parigi correremo su una distanza maggiore, 275 chilometri, ma saranno meno impegnativi. Sarà tutto diverso.
E’ l’anno olimpico e la mtb trova spazio anche sulle nostre pagine web. In particolare la mtb azzurra. Con la Coppa del mondo che entra sempre più nel vivo e con l’approssimarsi delle convocazioni, il cittì Mirko Celestino ci spiega chi sono i papabili olimpici e anche come sarà il cammino azzurro da qui a Parigi.
La situazione non è facile, ma neanche nera. Se senatori e senatrici sono un po’ mancati sin qui, abbiamo avuto belle risposte dai giovani. E la vittoria del team relay e di Simone Avondetto (in apertura) ai recenti europei in Romania è la prova di un buon gruppo. In attesa delle convocazioni ufficiali, che avverranno dopo la tappa di Nove Mesto ecco cosa ci dice Celestino.
Il cittì Mirko Celestino con Luca Braidot prima dell’ultimo europeo (foto UEC)Il cittì Mirko Celestino con Luca Braidot prima dell’ultimo europeo (foto UEC)
Mirko, come procedono dunque i tuoi lavori in vista di Parigi?
Si va avanti. Veniamo da alcuni eventi internazionali importanti e ora si avvicinano alcune prove di Coppa del mondo, a partire da quella di Nove Mesto dopo la quale avrò le idee un po’ più chiare. Anche se dentro di me già lo sono.
All’europeo una bella vittoria di Simone Avondetto…
Lui è quello che sin qui ha fatto meglio di tutti e non solo all’europeo. Simone viene da un buon periodo e ha “fame”. E’ molto giovane. Nel suo ultimo anno da under 23 ha messo a segno una tripletta importante vincendo il campionato italiano, quello europeo e quello mondiale. Lo scorso anno, il primo tra gli elite, ha avuto problemi, anche fisici: una stagione non dico da buttare ma complicata. Ma è ripartito col piede giusto.
Lui quindi è chiaramente inserito nella lista lunga per le Olimpiadi. E gli altri?
Gli altri sono i fratelli Luca e Daniele Braidot, Juri Zanotti per gli uomini e per le donne Martina Berta, Chiara Teocchi, Greta Seiwald e Giada Specia. Dico che nomi importanti come Luca Braidot e Martina Berta sin qui hanno fatto vedere davvero poco e infatti già da Nove Mesto mi aspetto segnali importanti da loro. Okay, sapevo che in Brasile (prima tappa di Coppa, ndr) non sarebbero partiti forte, ma poi non hanno mai brillato. E se pensano che la condizione arrivi da una settimana all’altra si sbagliano.
Simone Avondetto, 24 anni, con la maglia di campione europeo. La certezza di Celestino sin qui (foto UEC)Simone Avondetto, 24 anni, con la maglia di campione europeo. La certezza di Celestino sin qui (foto UEC)
Quindi, sono nella lista ma devono mostrare qualcosa…
Esatto. Voglio delle risposte. Risposte che mi sarei aspettato anche prima. Il fatto che fossero sicuri del pass olimpico non significa che debbano prendersela comoda. Non è giusto. E se non dovessero arrivare segnali da parte loro… mi metterebbero in grossa difficoltà. Io non dico che a Nove Mesto debbano vincere, ma voglio almeno una top dieci.
Tornano in discussione dunque?
Se tra Nove Mesto, Val di Sole e Crans Montana, le due prove di giugno, non arrivano prestazioni importanti la vedo dura anche per Parigi. La mia esperienza mi dice questo. Okay, partire più piano per essere al top a Parigi, ma già in Brasile ad inizio stagione gente che punta all’oro ha vinto, o era davanti. E da Luca Braidot e Martina Berta mi aspetto che vadano alle Olimpiadi per portare a casa una medaglia, perché hanno l’esperienza, la maturità e i numeri per farlo.
Ora come procede il tuo lavoro?
Dopo Nove Mesto, l’UCI, visti alcuni cambiamenti sul percorso di Parigi, ci ha concesso due giorni di prova, di allenamento, a fine mese (28-29 maggio). Lì porterò tre uomini e tre donne. I due titolari e la riserva. Ad ora Luca Braidot, Juri Zanotti e Simone Avondetto, tra gli uomini. E Martina Berta, Chiara Teocchi e Greta Seiwald tra le donne. Quindi non più nove atleti come lo scorso anno per il test event, quando furono cinque uomini e quattro donne. Significa che una scrematura già sarà stata fatta.
E come staff?
Anche quello sarà lo stesso che vedremo impegnato a Parigi. Quindi due meccanici, un massaggiatore e anche Nicola Casadei, ex downhiller ed endurista. Lui è bravissimo, è importante per la scelta delle linee, per i nuovi modi di guidare. E’ una figura molto determinante visti i percorsi di oggi e poi sa comunicare bene con i ragazzi.
Da inizio stagione Chiara Teocchi è stata la migliore delle nostre biker (foto Red Bull content Pool)Da inizio stagione Chiara Teocchi è stata la migliore delle nostre biker (foto Red Bull content Pool)
Se è per questo neanche quello di Nadir Colledani. Gioele sta andando fortissimo. Ha vinto tre gare, ma serviva più costanza anche prima. Vediamo, anche per lui, come andranno queste ultime gare.
Mirko, su strada ormai si punta forte sugli juniores, anche nella mtb è così?
Non proprio, qui la categoria under 23 ha ancora il suo bel peso. Ci sono step tecnici, fisici e tattici molto ampi. Il salto tra juniores ed elite è enorme. Anche in virtù dello sforzo fisiologico che sono chiamati a fare: ormai è un’ora e 20′ a tutta, serve una potenza enorme. Ai tempi di Kerschbaumer dopo le partenze forti c’era una fase di stallo, di studio e infatti “Kersch” recuperava. Oggi questa cosa non esiste più.
E il nostro movimento come è messo? Come sono i numeri della base?
I numeri non sarebbero neanche male è che poi ragazzi e ragazze fanno fatica ad emergere quando bisogna fare davvero la vita da atleti, i sacrifici… Tu puoi avere i migliori mezzi, il miglior staff, ma se poi non hai quel fuoco dentro è dura. Serve fame, fame agonistica. E infatti chi sono i nuovi emergenti? Ragazzi che vengono da Romania, Brasile, Cile…
Per raccontare lo spirito con cui Daniele Bennati ha vissuto il sopralluogo sul percorso di Parigi, basti sapere che finite le prove sulle strade olimpiche, il cittì della nazionale ha salutato Velo e Sangalli, con cui ha compiuto il viaggio, ed è andato a pedalare sul circuito dei Campi Elisi che nel Tour del 2007 gli regalò la gloria sportiva.
«Devo dire – ammette il toscano – che all’inizio ero un po’ preoccupato di girare in bici col traffico aperto. Invece, nonostante questo, Parigi offre la possibilità di farlo. Tanta gente pedala e sul bordo delle vie c’è sempre una piccola pista ciclabile che puoi fare in ogni direzione. Devi stare attento, però puoi andare in bici ed è veramente spettacolare. E a me ha fatto un effetto bello, ma strano. A Parigi sono tornato altre volte, però mai avrei pensato di pedalarci ancora. Così martedì quando abbiamo finito le ricognizioni ho detto ai ragazzi che sarei tornato sul circuito degli Champs Elysées. L’ho fatto da me, tranquillo. Mi sono anche emozionato, mi sono sentito quasi uno scemo, però è veramente bello, bello, bello».
Il 29 luglio del 2007, Bennati conquista a Parigi il traguardo degli Champs ElyséesIl 29 luglio del 2007, Bennati conquista a Parigi il traguardo degli Champs Elysées
Tre tecnici alla scoperta dei percorsi delle prossime Olimpiadi: lunedì, martedì e mercoledì e oggi si rientra. Marco Velo per le crono (che si correranno il 27 luglio), Bennati e Sangalli per le prove su strada degli uomini e delle donne (in programma rispettivamente il 3 e 4 agosto). Se ne parlava da tempo, si sono fatti ragionamenti su nomi e attitudini: adesso almeno ci sono dati oggettivi su cui ragionare. Bennati racconta, è notte fonda.
Come si è svolto il sopralluogo?
Abbiamo fatto le cose al contrario. Prima siamo andati a vedere le crono con Marco Velo, mentre l’indomani abbiamo fatto il circuito finale, con i due tratti di innesto nel circuito e poi il pezzettino che porta all’arrivo. Ho fatto due giri del percorso e dal punto di vista paesaggistico fare per due volte Montmartre è abbastanza complicato, però bello e veramente emozionante. L’arrivo sul Pont d’Iena è spettacolare. Alzi lo sguardo e hai davanti la Tour Eiffel.
Il Pont d’Iena collega la Tour Eiffel al Trocadero, in fondo. E’ lungo 155 metriQui sarà posto il traguardo dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, con la Tour Eiffel sulla testaIl Pont d’Iena collega la Tour Eiffel al Trocadero, in fondo. E’ lungo 155 metriQui sarà posto il traguardo dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, con la Tour Eiffel sulla testa
Invece dal punto di vista tecnico?
Martedì abbiamo visto il circuito finale, mentre ieri siamo andati sui tratti in linea e diciamo che non è stato semplice, visto che sono 225 chilometri. Non li abbiamo fatti tutti, abbiamo tagliato qualche passaggio, però sono andato a vedere tutte le cotés. Diciamo che non sono impossibili e le strade sono prevalentemente buone. E’ chiaro che in 225 chilometri, ogni tanto si passa in qualche paesino, con strade un po’ più strette. E’ la classica pianura francese, ci sono delle salite e altre che magari non sono segnalate, ma la strada sale ugualmente.
Se il tratto in linea è lungo 225 chilometri, vuole dire che la maggior parte della corsa non sarà in circuito…
Se ci pensi, 225 chilometri in linea sono tanti. Quando poi arrivi a Parigi, fai per due volte questo circuito con tre volte la salita di Montmartre e altri due “zampellotti”. Uno è quasi un “chilometrino” al 5-6 per cento e l’altro è un po’ più breve. Insomma, dal punto di vista altimetrico non è una corsa impossibile, però neanche la Sanremo lo è e si sa come va a finire. Sicuramente la differenza verrà dal chilometraggio e dal fatto che per le Olimpiadi partono in 80, quindi come gara sarà completamente diversa da una classica.
Il percorso degli uomini a Parigi si snoda per 225 chilometri fuori città e propone due giri del circuito finaleIl percorso degli uomini a Parigi si snoda per 225 chilometri fuori città e propone due giri del circuito finale
In quei 225 chilometri iniziali e solo pochi corridori in gara, rischi che se non c’è qualcuno che prova a tenere il gruppo cucito, dopo un po’ saranno tutti sparpagliati.
Infatti da metà percorso in poi, potrebbe diventare una corsa individuale. E’ quasi incontrollabile, difficile da interpretare. Noi saremo in tre, ma gli altri ne hanno quattro, mica 12… Sinceramente, per come interpretano le gare in questo ciclismo, se c’è Pogacar o Van der Poel, scommetto quello che volete che all’ultimo giro non arrivano 20 corridori. Non lo so, si dovrebbe venire a creare una situazione che magari due o tre nazionali decidono di controllare la corsa, ma fino a quando possono farlo? Fino a Parigi? Dovrebbero esserci tre corridori che tirano per 225 chilometri, la vedo un po’ surreale. Significherebbe che correndo in quattro, dovrebbero esserci nazioni che portano un uomo solo per fare quel tipo di lavoro.
E’ da escludere?
Sarà una gara difficile da interpretare. E’ sicuramente una gara estenuante, perché se dopo metà o anche prima ne rimangono 30-35, non so come si gestiscono 280 chilometri. Visto come sono come interpretano le gare adesso, allacciamoci le cinture…
Ai piedi di Montmartre, Velo, Bennati e Sangalli in posa davanto al Moulin RougeLa salita di Montmartre misura 900 petri e ha pendenza massima del 9 per cento. Si scalerà per 3 volteLa Basilica del Sacro Cuore, assieme alla Tour Eiffel, sarà il simbolo della corsa a cinque cerchiAi piedi di Montmartre, Velo, Bennati e Sangalli in posa davanto al Moulin RougeLa salita di Montmartre misura 900 petri e ha pendenza massima del 9 per cento. Si scalerà per 3 volteLa Basilica del Sacro Cuore, assieme alla Tour Eiffel, sarà il simbolo della corsa a cinque cerchi
E se a Parigi arrivano in pochi, si finisce allo sprint oppure la salitella di Montmartre può essere un trampolino per arrivare da soli?
Non è un muro di Grammmont o almeno è un muro di Grammont molto più dolce, diciamo come la prima parte fino all’inizio del tratto veramente duro, che a Parigi non c’è. Sono 900 metri con pendenza massima del 9 per cento. Però l’ultima volta lo fai dopo 270 chilometri e una fiammata di quei corridori più forti farebbe male. Con 5-6-7 secondi, si può pensare di arrivare. Non dovrebbe essere tanto caldo. Per le statistiche che ci ha fornito il CONI e che ho guardato, ad agosto la temperatura di Parigi può variare da 18 e 33 gradi, quindi è molto variabile. In questi giorni era particolarmente caldo, per esempio. Sono arrivato in certe tappe di fine Tour che non era caldo come ieri.
Che effetto fa a pensare di essere al lavoro per preparare le Olimpiadi?
Fa effetto! Io non sono mai riuscito a farle da corridore, quindi poterle fare da tecnico e guidare la nazionale italiana già da adesso è una grande emozione. Solo il fatto di aver preparato la valigia, averci messo la maglia, la bici, le telecamere, la GoPro e partire con gli altri tecnici… Mi sento già nel clima olimpico, anche se non l’ho mai vissuto in prima persona. Con gli stradisti non saremo al Villaggio, ain un hotel dalle parti di Versailles. Al Villaggio andranno i cronoman.
La Porta dei Leoni, accesso al Museo del Louvre: si passa anche di quiLa Porta dei Leoni, accesso al Museo del Louvre: si passa anche di qui
A Bennati corridore questo percorso sarebbe piaciuto?
Sarebbe stato un percorso veramente molto adatto alle mie caratteristiche, è molto veloce. Per fare un confronto con il mondiale di Glasgow dello scorso anno, che era tutto un rilanciare, qui nel finale lo fai davvero poco. Diventa un percorso fatto ad altissime velocità e la regola è sempre la solita: ci vogliono grandi gambe e grande condizione. Credo che le ultime Olimpiadi abbiano confermato il fatto che se un grande corridore esce bene dal Tour, diventa difficile da battere. Però ad esempio Van Aert e Alaphilippe faranno il Giro ed è pensabile che arriveranno comunque bene. Ci sono questi tre nomi da trovare, diciamo che adesso ho le idee un po’ più chiare.
L'olandese Bredewold vince il campionato europeo donne elite, arrivando per prima a Col du Vam. Quinta Silvia Persico. Sfortuna per la caduta di Balsamo
Portare il Tour de France in Italia non è come far passare una cicloturistica. Quando i soggetti coinvolti nell’operazione hanno ricevuto i capitolati dalla Francia, hanno capito che c’è tanto da fare e ad un livello altissimo. Ciascun ambito ha le sue linee guida, dai palchi alle transenne, passando per la segnaletica e l’impiego delle Forze dell’Ordine. E’ così anche nella comunicazione, affidata a Sun Times di Francesco Pelosi e Nicholas Figoli, che hanno gestito per sei anni la Nippo-Vini Fantini, prima di dedicarsi esclusivamente alla loro agenzia, senza però abbandonare l’interesse per il ciclismo. Hanno disegnato loro le pagine di bici.PRO e hanno da poco iniziato a lavorare alla comunicazione del Tour in Italia.
«Siamo gli interlocutori di ASO – spiega Pelosi, 40 anni compiuti da poco – per conto della Città Metropolitana di Firenze, Regione Emilia Romagna, APT Emilia Romagna, Regione Piemonte e Città di Torino. La cosa incredibile dell’organizzazione di ASO è che ha reso il Tour de France un vero e proprio prodotto perfettamente replicabile. Ci sono capitolati e regole da seguire. C’è un insieme di momenti e di passaggi che vanno rispettati. Per cui, se hai visto come ha funzionato la Grande Depart negli anni scorsi, sai già più o meno cosa succederà a Firenze.
Francesco Pelosi, terzo da destra nel giorno della presentazione di ParigiFrancesco Pelosi, terzo da destra nel giorno della presentazione di PArigi
«Il primo evento è stato la presentazione di Parigi – prosegue Pelosi – che è anche il più grande. Poi ci sarà un evento importante a 100 giorni dal via e a seguire un altro, la Festa del Tour, che si svolgerà nelle varie sedi interessate dal passaggio della corsa e coinvolgerà varie associazioni in modo da portare l’evento nei tessuti territoriali. L‘obiettivo è che il Tour penetri nei territori e venga da essi sfruttati per promuoversi».
Il contributo di Cassani
Prima di andare avanti, si impone un passaggio con Davide Cassani, che del Tour in Italia è stato l’ideatore e l’artefice e tutto sommato non sarebbe stato male rimarcarlo sul palco di Parigi, da cui si sono ringraziati i sindaci e non il romagnolo che del ciclismo è così innamorato da organizzarlo anche restando dietro le quinte.
«Stiamo lavorando – conferma Davide – per far capire il ritorno dei grandi eventi sul territorio. Come APT Emilia Romagna siamo molto contenti, perché anche grazie a eventi come la Moto GP, l’Ironman e l’Italian Bike Festival, a settembre abbiamo avuto un incremento del 15 per cento rispetto agli anni precedenti. Il cicloturismo fa parte da anni del nostro calendario, ma il ciclismo ha avuto anche iniziative particolari, come la partenza da Bologna del Giro d’Italia 2019. E proprio dopo quell’esperienza, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: perché adesso non proviamo a prendere il Tour? Era un sogno, era una volta nella vita. Il Tour non è mai partito dall’Italia e, dal momento che è uno degli eventi sportivi più importanti al mondo, averlo portato anche in Emilia Romagna ci permette di andare avanti con i nostri progetti.
Cassani, Prudhomme e il sindaco di Firenze durante una delle presentazioni della Grand DepartCassani, Prudhomme e il sindaco di Firenze durante una delle presentazioni della Grand Depart
«Il Tour è promozione turistica – prosegue Cassani – e nello stesso tempo ci permette di parlare anche di sport, di sanità, sostenibilità e mobilità. E’ una chiave che funziona e proprio per questo con Bonaccini e il sindaco di Firenze Nardella abbiamo provato a fare una cosa che non era riuscita mai a nessuno. Fatta la presentazione, adesso stiamo lavorando agli eventi che precederanno la partenza e anche, ad esempio, a una segnaletica per le salite che verranno affrontate. L’inserimento del Barbotto non è casuale, nel senso che è la salita simbolo di una delle gran fondo più importanti d’Italia e per questo ci passò anche il Giro d’Italia. Con il Tour diventerà una salita iconica. Come è stato con il mondiale di Imola.
L’esempio di Imola
«Tanta gente – sottolinea Cassani – ha scoperto l’entroterra imolese con la bici e grazie al campionato del mondo. Questo genera un turismo diverso. Alla Romagna delle discoteche di è aggiunta una Romagna con spiagge che sono palestre a cielo aperto, mentre col ciclismo si dà la possibilità di scoprire i territori. Aiutando, come in questo caso, a ridare vita a zone duramente colpite dall’alluvione. Venti giorni fa sono andato a fare il Prugno che è stato riaperto. Hanno sistemato il Carnaio dove passeremo con il Tour de France, così come altre salite. Ci sono strade ancora interrotte, ma grazie al turismo e a questi eventi abbiamo la possibilità di riportare un po’ di fiducia a chi l’aveva persa».
Christian Prudhomme fa gli onori di casa con Bonaccini e il sindaco di Firenze (foto ASO/Etienne Coudret)Christian Prudhomme fa gli onori di casa con Bonaccini e il sindaco di Firenze (foto ASO/Etienne Coudret)
Due eventi nell’avvicinamento, dunque, e poi si arriverà ai giorni della corsa…
Ci sarà la conferenza stampa cinque giorni prima – riprende Pelosi – mentre l’indomani avremo la grande festa di presentazione delle squadre. Poi c’è tutta una parte di promozione digitale con i canali ufficiali. C’è già il sito internet, come pure i canali social e tutte le cose che Aso vuole vengano fatte con un certo standard a livello internazionale.
In che modo il Tour sarà utile per promuovere le tre regioni?
Sono molto bravi e ci tengono il Paese ospitante sfrutti il Tour per spingere bene le proprie caratteristiche. Tramite la corsa facciamo promozione del territorio, delle nostre eccellenze e dei nostri percorsi. Al netto degli obblighi, c’è anche un discreto margine di manovra. Ad esempio, ci hanno dato le caratteristiche del video per la Grande Presentazione e dettato il protocollo, che era molto rigido. Si poteva proiettare il video e avrebbe parlato una sola persona, in questo caso Bonaccini (in apertura nella foto ASO/Maxime Delobel). Il video doveva avere certe caratteristiche, ma ci hanno detto che non gli interessava che si vedessero i percorsi delle tappe. Semmai si sono invece raccomandati che si vedessero gli aspetti turistici delle zone attraversate. Così abbiamo presentato due concept, lo abbiamo presentato al Comitato organizzatore e siamo andati a Parigi con quello che hanno scelto. Il messaggio si basava sul concetto dell’Italia come Paese in cui nascono grandissime cose, dall’innovazione all’invenzione, fino ai campioni.
In che modo si sta lavorando per coordinare tutti questi aspetti?
Come si diceva, c’è un Comitato organizzatore in cui sono coinvolti i territori e gli Enti. Noi ci interfacciamo con loro, quindi le scelte sono sempre condivise. E poi siamo in contatto quotidianamente con ASO, perché l’ultima parola su tutto ce l’hanno comunque loro. Devono dare l’approvazione su tutto quello che è il contenuto di comunicazione. Da parte loro, stanno scegliendo come spingere il proprio prodotto in Italia e noi li stiamo aiutando nello scouting delle realtà più importanti a livello imprenditoriale, su cui potenzialmente investire. Poi la scelta chiaramente la fanno loro, però noi gli diamo i nostri feedback su tutto.
C’è il prima, ci sarà il durante, ci sarà anche un dopo?
L’obiettivo, una volta assolti gli obblighi, è espandere la comunicazione del Tour a favore del cicloturismo nelle regioni toccate, non solo l’Emilia, ma ovviamente anche Firenze e il Piemonte, per fare in modo che si attivi un vero e proprio volano moltiplicatore dell’attenzione. Il Tour in realtà non è seguito soltanto da cicloturisti, quindi l’obiettivo è usarlo come veicolo di turismo in generale, con un occhio specifico per il cicloturismo. Faremo una campagna di comunicazione internazionale che partirà da gennaio su diversi media, seguendo la pianificazione estera delle regioni. E lavoreremo anche per avere una coda lunga sino a fine 2024.
La presentazione del Tour al Palazzo dei Congressi di Parigi (foto ASO/Etienne Coudret)La presentazione del Tour al Palazzo dei Congressi di Parigi (foto ASO/Etienne Coudret)
Avete dovuto assumere risorse oppure eravate già strutturati per questo tipo di lavoro?
In realtà no, perché al nostro interno abbiamo un “hub sport” con persone dedicate, che vengono dal mondo dell’agenzia, ma hanno un’attitudine sportiva e sono legate al mondo dello sport. Ovviamente, preso questo incarico, il team sport si è allargato, però sono persone che già c’erano e hanno tutte le competenze necessarie. C’è tanto da fare, ma quando ci siamo ritrovati alla presentazione di Parigi, abbiamo davvero avuto la sensazione di essere entrati in qualcosa di molto grande.
Cassani abbottonato sul futuro. Il suo orizzonte arriva a europei e mondiali, poi la palla passerà alla federazione. Intanto si parla di Ganna e Bettiol
Approfittiamo del secondo riposo per parlare con Francesco Pancani. Il tema? Il ritorno di Cassani in cabina di commento. Eccolo qua, fra pregi e difetti
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Ci sarà poi il tempo per approfondire, entrare nel vivo, spiegare e fare progetti. Per ora, la presentazione dei due Tour a Parigi ha colpito negli occhi e nell’anima i presenti e chi l’ha vissuta in collegamento da casa. Il Tour Femmes e il Tour degli uomini raccontati in un solo colpo, con grande prova di pianificazione, al punto di aver portato Marta Cavalli a provare l’ultima tappa della gare delle donne, perché un video potesse raccontarla proprio oggi.
ASO e il ciclismo
Abbiamo ascoltato parole che lasciano il segno, come quelle di Jean Etienne Amaury, presidente di ASO.
«Il Tour 2023 – racconta dal palco – ci ha consegnato la grande risposta del pubblico, con 42 milioni di persone in Francia e 150 nel resto del mondo. Grossi riscontri sono venuti grazie ai social e a Unchained, la serie Netflix. Il Tour vuole promuovere il ciclismo come mezzo di locomozione ecologico, che rispecchia la nostra filosofia di rispetto per l’ambiente. Abbiamo stretto un’intesa molto importante con Ministero dello Sport e il Ministero dell’Educazione, per fornire al più alto numero di bambini fra 6 e 11 anni il necessario per andare in bicicletta. E nell’ottica dello sviluppo del ciclismo, abbiamo rinnovato l’accordo con la Federazione francese».
Il Tour de France Femmes by Zwift inizia il 12 agosto da Rotterdam e si chiude sull’Alpe d’Huez
Donne da Rotterdam
Il Tour de France Femme by Zwift inizierà il 12 agosto da Rotterdam. Il momento dell’annuncio è introdotto dalle immagini della scorsa edizione, fino all’arrivo sul palco di Christianm Prudhomme e Marion Rousse. E subito dalle parole della bionda ex atleta si capisce che ci sarà la sorpresa.
«La prima edizione – dice – ci ha dimostrato che si tratta di un evento eccezionale, per cui disegnare la seconda è stato più facile, perché conoscevamo la direzione da prendere. Dal primo all’ultimo giorno abbiamo avuto e di certo avremo una grande audience. Il Tourmalet è stato un momento epico e suggestivo, ma il prossimo anno non saremo da meno».
Le tappe saranno 8, i chilometri in totale 946,3 con distanze importati per la categoria. Il duro inizia subito, con l’arrivo di Liegi che propone le strade della Doyenne, e nel finale con il doppio arrivo in salita. Le Grand Bornand e gran finale all’Alpe d’Huez. E mano a mano che la grafica disegnava tornanti sul profilo della montagna, il pubblico del Palais des Congres, avendo capito, ha salutato il traguardo decisivo del Tour.
La presentazione del Tour si è svolta come da tradizione nel Palais des Congres di ParigiLa presentazione del Tour si è svolta come da tradizione nel Palais des Congres di Parigi
Tour uomini, i ricordi
Il Tour degli uomini lo annuncia invece da solo Prudhomme, non prima di aver rivissuto l’edizione 2023, che si apre con le parole di resa di Pogacar: «Sono morto».
Dopo la prima tappa da Firenze a Rimini, la seconda parte da Cesenatico in onore di PantaniIl Tour lascerà l’Italia con la 4ª tappa, da Pinerolo a Valloire, con il Galibier nel finaleDopo la prima tappa da Firenze a Rimini, la seconda parte da Cesenatico in onore di PantaniIl Tour lascerà l’Italia con la 4ª tappa, da Pinerolo a Valloire, con il Galibier nel finale
Il via da Firenze
La Grande Partenza sarà data, come ben sappiamo, dall’Italia. L’arrivo per la prima volta sarà invece lontano da Parigi, a Nizza, viso che la Capitale sarà presa dall’organizzazione delle Olimpiadi.
Sul palco sale Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, introdotto con splendide parole da Prudhomme.
«Era strano che un Paese come l’Italia – dice Prudhomme – con i grandi campioni che hanno legato la loro fortuna al Tour, non avesse mai accolto una partenza del Tour. E’ raro che il Tour de France inizi con più di 3.600 metri di dislivello, in effetti non è mai successo prima! Ed è anche la prima volta che la corsa tocca la città natale di Gino Bartali. Il susseguirsi delle colline tra Toscana ed Emilia-Romagna sarà probabilmente lo scenario per un confronto immediato e impegnativo, in particolare la salita verso San Marino, dove la corsa aggiungerà un 13° nome al suo catalogo di visite all’estero».
E Bonaccini, prima parte in francese e poi passa all’italiano. «Come diceva Gianni Mura – racconta – il Tour è un’avventura umana. Lo sport che diventa linguaggio universale, parlato e compreso in tutto il mondo. La Grande Depart è un sogno che si avvera, un evento storico per il nostro Paese. Siamo pronti ad accogliere il Tour de France, con un eccezionale lavoro di squadra iniziato da tre anni. Tutti insieme abbiamo fatto l’impresa».
Nona tappa, neanche un metro di pianura e abbondanza di strade biancheCon l’arrivo a Le Lioran, l’undicesima tappa inizia a sfiorare le saliteTourmalet, Aubisque e arrivo a Sait Lary Soulan: ecco i PireneiIl Portet d’Aspet nella prima parte con il Col de Mente e Plateau de Beille nel finale: 15ª tappaNona tappa, neanche un metro di pianura e abbondanza di strade biancheCon l’arrivo a Le Lioran, l’undicesima tappa inizia a sfiorare le saliteTourmalet, Aubisque e arrivo a Sait Lary Soulan: ecco i PireneiIl Portet d’Aspet nella prima parte con il Col de Mente e Plateau de Beille nel finale: 15ª tappa
Chiusura a Nizza
Poi è il turno di Nizza, sede di arrivo, con le parole del sindaco che si commuove ricordando le sue origini italiane. E quando anche Nizza augura a tutti un grande Tour, viene finalmente alzato il velo sull’edizione 2024 del Tour de France che scatterà il 29 giugno da Firenze.
Il percorso è subito severo. Basti pensare che la prima tappa ha 3.600 metri di dislivello e che la seconda proporrà per due volte la scalata del Colle di San Luca a Bologna. E’ italiana anche la tappa più lunga del Tour, quella da Piacenza a Torino con 229 chilometri. E parte dall’Italia la tappa con la salita Souvenir Desgrange: la quarta, da Pinerolo a Valloire, che scalerà il Galibier dal Lautaret, prima della discesa finale.
Si parte il 29 giugno
Il Tour 2024 è composto da 21 tappe, più due giorni di riposo. Sono due anche le cronometro: l’ultima il sabato prina del gran finale, molto dura. Si parte da Firenze e si finisce a Nizza, con le Alpi prima dei Pirenei.
1ª tappa
29 giugno
Firenze-Rimini
206
2ª tappa
30 giugno
Cesenatico-Bologna
200
3ª tappa
1 luglio
Piacenza-Torino
229
4ª tappa
2 luglio
Pinerolo-Valloire
138
5ª tappa
3 luglio
St Jeanne de Maurienne-Saint Vulbas
177
6ª tappa
4 luglio
Macon-Dijon
163
7ª tappa
5 luglio
cronometro individuale, Nuits Saint Georges-Gevrey Chambertin
25
8ª tappa
6 luglio
Semur en Auxois-Colombey les Deux Eglises
176
9ª tappa
7 luglio
Troyes-Troeys
199
Riposo
8 luglio
Orleans
10ª tappa
9 luglio
Orleans-Saint Amand Montrond
187
11ª tappa
10 luglio
Evaux les Bains-Le Lioran
211
12ª tappa
11 luglio
Aurillac-Villeneuve sur Lot
204
13ª tappa
12 luglio
Agen-Pau
171
14ª tappa
13 luglio
Pau-Saint Lary Soulan (Pla d’Adet)
152
15ª tappa
14 luglio
Loudenvielle-Plateau de Beille
198
Riposo
15 luglio
Gruissan
16ª tappa
16 luglio
Gruissan-Nimes
187
17ª tappa
17 luglio
Saint Paul Trois Chateaux-Superdevoluy
178
18ª tappa
18 luglio
Gap-Barcelonnette
179
19ª tappa
19 luglio
Embrun-Isola 2000
145
20ª tappa
20 luglio
Nice-Col de la Couillole
133
21ª tappa
21 luglio
cronometro individuale, Monaco-Nice
34
Totale Chilometri
3.492
Iniziano le Alpi: 17ª tappa a Superdevoluy, avvicinamento morbidoLa 18ª tappa alza i giri e scalda il motore: “solo” 145 chilometri con Vars, Bnnette e Isola 2000Il sabato un altro bel… giochino, con tre colli e l’arrivo in salita nei dintorni di NizzaIniziano le Alpi: 17ª tappa a Superdevoluy, avvicinamento morbidoLa 18ª tappa alza i giri e scalda il motore: “solo” 145 chilometri con Vars, Bnnette e Isola 2000Il sabato un altro bel… giochino, con tre colli e l’arrivo in salita nei dintorni di Nizza
Pirenei e poi le Alpi
Il Tour è un riccio che si infila fra colline e città. Scala i Pirenei prima delle Alpi, con gli arrivi di Plateau de Beille e Pla d’Adet alla 14ª e 15ª tappa, ma già nella 9ª propone un continuo saliscendi su strade bianche che rischierà di fare molto male.
Le tappe dalla 17ª alla 20ª proporranno una quantità importante di salite, con gli arrivi a Superdevoluy, Barcellonette, Isola 2000 e il Col de la Couillole in Costa Azzurra. Sarà anche il Tour delle alte quote, dato che 25 chilometri di montagna saranno percorsi oltre i 2.000 metri.
E se la salita non bastasse, le prove a cronometro saranno due. Per specialisti quella alla 7ª tappa di Gevrey Saint Martin di 25,3 chilometri. Per corridori resistenti cui sia rimasto qualcosa da dare la 21ª da Monaco a Nizza, lunga 34 chilometri, con le salite del Col d’Eze e la Turbie nel percorso. Paradossalmente potrebbe essere ancora tutto in palio fino all’ultimo chilometro.
La sensazione è quella di un Tour duro ma non durissimo, anche per strizzare l’occhio alle Olimpiadi che già busseranno alla porta. Le squadre ora hanno quel che serve per redigere i programmi dei loro atleti. Le donne aspettano il percorso del Giro d’Italia Donne. Nelle prossime settimane approfondiremo i discorsi. Quando si spegne la luce nel Palazzo dei Congressi di Parigi, ancora una volta la sensazione è quella di aver assistito a qualcosa di grande e di ben fatto.
Luca Mozzato è stato uno dei sette italiani al via del Tour de France e uno dei sei ad arrivare a Parigi. Dopo la Grande Boucle, il veneto della Arkea-Samsic è rimasto nella Ville Lumiere per godersi il meritato premio gironzolando con la sua compagna, Giorgia.
All’ombra della Tour Eiffel e con le sensazioni ancora calde, ci è sembrato un buon momento per tornare sul capitolo volate con lui. Cosa ha visto Luca? Philipsen è stato davvero il più forte? Mozzato le volate le ha disputate quasi tutte. E’ arrivato anche una volta quarto e una settimo, quindi era ben inserito nei meccanismi della mischia.
Luca Mozzato con la sua Giorgia sui Campi Elisi. Il veneto aveva appena concluso il suo secondo TourLuca Mozzato con la sua Giorgia sui Campi Elisi. Il veneto aveva appena concluso il suo secondo Tour
Luca, cosa ti è sembrato dunque di questo Tour?
Un Tour davvero duro, velocissimo e stressante come al solito. Man mano che passavano le tappe ognuno trovava il “suo posto” in gruppo, nel senso che sapevi poi con chi eri quando si accelerava. Personalmente mi sentivo sempre un po’ meglio e abbiamo finito con qualche risultato buono. Magari è mancata la super giornata.
Dei velocisti che movimenti hai visto?
Beh, c’è stato un dominio quasi assoluto della Alpecin-Deceuninck di Jasper Philipsen. Lui è del mio stesso anno, il 1998, e lo reputo ancora abbastanza giovane: ha vinto quattro volate di gruppo di fila. E’ stato impressionante e soprattutto sembrava avesse sempre la situazione sotto controllo nonostante il livello degli sprinter fosse altissimo. Però la squadra, tutta, lavorava bene per lui. Si vedeva da come si muovevano che il treno era ben organizzato. E poi Van der Poel come ultimo uomo…
Ecco, hai toccato un tasto importante. Cosa ti è sembrato di Mathieu in quel ruolo?
Sicuramente ci hanno lavorato. Storicamente le squadre olandesi e belghe hanno esperienza in tal senso. C lavorano spesso e hanno il personale adatto per farlo perché hanno tante corse veloci da quelle parti. Se a tutto questo aggiungi un ultimo uomo con quella gamba tutto diventa più facile.
Jasper Philipsen in maglia verde è stato il miglior sprinter di questa Grande Boucle. Mozzato (maglia rossa) si è buttato spesso nella mischiaJasper Philipsen in maglia verde è stato il miglior sprinter di questa Grande Boucle. Mozzato (maglia rossa) si è buttato spesso nella mischia
La differenza Philipsen l’ha fatta anche grazie a lui, vero?
Eh sì. Un conto è avere un uomo che in certi frangenti ti fa 150 metri con la velocità alta e ti porta fuori con i tempi giusti e un conto è averne uno che fa le stesse cose per 300 metri a velocità supersoniche. Ma non è facile. Serve una gamba da fuoriclasse.
Il giorno dello sprint nell’autodromo è stato impressionante: Philipsen e VdP erano davvero indietro. Lo ha portato fuori benissimo. A quanto sarà andato?
Almeno a 70 all’ora. Il percorso era anche tecnico, ma era comunque velocissimo.
E quanta tranquillità dà al velocista una situazione simile?
Direi parecchia tranquillità. A ruota di Van der Poel chiudi gli occhi e ti fidi, risparmi energie nervose. In questo Tour è sembrato il Morkov dei tempi migliori.
In gruppo voi velocisti parlavate dei vostri sprint?
I velocisti, specie al Tour, non hanno poi tutto questo tempo per parlare. Anche quando per noi ci sono tappe più tranquille ci dobbiamo impegnare per non staccarci in salita. E alla fine non c’è abbastanza fiato per tenere una lunga conversazione. Vi faccio l’esempio dell’anno scorso con Alberto Dainese. Eravamo all’ultima tappa e lui mi fa?: «Certo Luca che sono tre settimane che siamo a un metro di distanza tutti giorni e solo oggi troviamo il tempo per fare due chiacchiere».
Pedersen, qui in coda con l’86, era secondo Mozzato uno degli sprinter più forti e completi. E infatti è stato l’unico a battere PhilipsenPedersen, qui in coda con l’86, era secondo Mozzato uno degli sprinter più forti e completi. E infatti è stato l’unico a battere Philipsen
C’è un velocista, oltre Philipsen, che ti ha colpito? E perché?
Direi Mads Pedersen. Lui è fortissimo e ogni giorno era dentro la corsa: quando doveva fare la volata e metteva la squadra a lavorare per lui, quando cercava di andare davanti perché poteva arrivare un drappello, quando nel finale doveva aiutare i compagni in salita (il pensiero va a Ciccone, ndr). Veramente la sua presenza in gruppo era costante.
E lo percepivano anche gli altri?
Io credo proprio di sì. Anche in squadra quando ne parlavamo erano tutti d’accordo col dire quanto andasse forte.
E invece qualcuno che ha reso meno?
Vedendoli in corsa mi sarei aspettato di più da Ewan e Jakobsen. Ewan, soprattutto nelle prime tappe e sui Pirenei era sempre davanti, pimpante. E pensavamo facesse molto di più in volata. Jakobsen invece dopo quello che aveva fatto l’anno scorso credevo brillasse di più. Ma anche lì: sbagli la prima volata, poi cadi e le cose si complicano.
Ewan ha pagato l’assenza di Jacopo Guarnieri, ritiratosi dopo poche tappe?
Penso di sì e anche un bel po’. Un uomo che ti porta fuori come lui si sente quando ti viene a mancare, specie nella volate caotiche del Tour. Che poi è il discorso che facevamo con VdP prima: ad uno così gli dai carta bianca e lo segui, cosa che è molto più facile che saltare da una ruota all’altra.
Alpecin-Decunick compatta attorno a Philipsen. Vdp apripista? SuperAlpecin-Decunick compatta attorno a Philipsen. Vdp apripista? Super
E restando sui movimenti in gruppo degli sprinter, le squadre quando e come si mettevano in moto?
Era soprattutto la Alpecin a prendere in mano la situazione, sia perché dopo le prime volate Jasper aveva dimostrato di essere il più forte, e quindi toccava a loro, e sia perché molte squadre dei velocisti erano metà per gli uomini di classifica e metà appunto per il velocista. Penso per esempio alla Jayco-AlUla: per Gronenwegen e Simon Yates. La Alpecin invece era compatta per Philipsen e da loro ci si aspettavano sempre le prime mosse.
Ultima domanda Luca, nella tappa che ha vinto Asgreen cosa è successo?
Sono andati via al chilometro zero, ma vedendo chi c’era dentro il gruppo non gli ha mai lasciato troppo spazio. Li abbiamo tenuti sempre a un minuto, un minuto e mezzo e questo ha anche messo il gruppo stesso in una situazione di comfort, come a dire: «Tanto li andiamo a prendere quando vogliamo, sono 180 chilometri che sono fuori e spesso anche col vento contro». E invece noi dietro andavamo a 60 all’ora, ma loro davanti andavano a 58.
Quindi sono stati bravi loro…
Bravi loro, non è stato il gruppo che ha sbagliato. E poi l’ago della bilancia è stato il rientro sulla fuga di Eenkhoorn. A quel punto la Lotto-Dstny ne aveva due e sono stati bravi a sacrificarne uno, Campenaerts. Victor ha tirato sempre e quindi non hanno avuto neanche quel tentennamento, che in questi casi c’è ad un paio di chilometri dall’arrivo, quando uno tira ma si tiene qualcosa per la volata. Non hanno perso neanche quel tempo. Noi dietro non potevamo andare a 70 all’ora per 30 chilometri. E la riprova è che tanti uomini dei team che hanno tirato alla fine sono arrivati con 4′-5′ di ritardo.
Difficile dire se Tadej Pogacar abbia trovato in Jonas Vinegaard la sua bestia nera. I segnali ci sono, ma lo sloveno scherzando ha raccomandato di non avere troppa fretta. Ha ragione, ma crediamo che nel suo team si dovrà fare un’attenta valutazione dei margini su cui intervenire per rendere lo sloveno ancora più incisivo.
Il 27 luglio del 2014, Nibali vince il Tour. La preparazione fu perfetta, ma anche molto impegnativaIl 27 luglio del 2014, Nibali vince il Tour. La preparazione fu perfetta, ma anche molto impegnativa
Come Nibali contro Sky
Pogacar è un talento straordinario, bello da veder correre, entusiasmante negli scatti e nelle volate, ma gli è arrivato fra le ruote un bel bastone nocchiuto e spesso. Un avversario che riesce a imporsi sacrifici quasi monacali, che ha numeri da grande scalatore e alle spalle una squadra che vive le sfide allo stesso modo. Per Pogacar non è semplice staccare in salita un corridore costruito nei dettagli come il danese. C’è bisogno di lavori specifici, probabilmente servirà scendere di peso, forse cambiando in parte le sue caratteristiche.
In qualche misura sembra di rivivere il dilemma di Nibali, quando decise di puntare con decisione sul Tour de France. Non che prima non lo avesse fatto, ma la legge di Sky era inesorabile. E quando nel 2012 Vincenzo arrivò terzo a quasi 7 minuti da Wiggins e Froome, si capì che per sfidarli sul loro terreno sarebbe stato necessario avere la loro stessa maniacalità. Il Tour del 2014 nacque in questo modo. Vincenzo si trasformò in una vera macchina da guerra. Non rinunciò alla sua imprevedibilità, ma è certo che si presentò al via tirato e allenato come mai fino a quel punto e come mai sarebbe tornato negli anni successivi.
Prima del Tour, Vingegaard e Pogacar si sono incontrati alla Parigi-Nizza, poi strade diversePrima del Tour, Vingegaard e Pogacar si sono incontrati alla Parigi-Nizza, poi strade diverse
Obiettivi da scegliere
Non crediamo che il problema di Pogacar sia tanto nelle troppe corse di primavera. Conteggiando anche i giorni del Tour, Tadej ha 42 giorni di gara contro i 46 di Vinegaard. Tadej ha partecipato a 2 corse a tappe prima del Tour e le ha vinte entrambe. Vingegaard ne ha corse 4 e solo in una è finito secondo (dietro Pogacar alla Parigi-Nizza) e le altre le ha vinte.
Quel che c’è di diverso forse è il recupero fra una gara e l’altra e il tempo per costruire la forma del Tour. Quante giornate ha dedicato Vingegaard ai sopralluoghi delle tappe? Tante, a sentire i suoi racconti. Probabilmente più di quelli dedicati da Pogacar. E’ chiaro che il danese ha potuto farlo avendo nel Tour il suo obiettivo primario, un po’ come Froome a suo tempo, che vinceva le gare a tappe WorldTour (dal Catalunya al Delfinato), ma solo come passaggi verso il traguardo superiore.
Pogacar dovrà rinunciare a giocarsi il Fiandre e la Liegi? Questa è sicuramente la sfida che dovrà raccogliere e affrontare.
Quando corre Pogacar, il resto della UAE Emirates può solo tirareQuando corre Pogacar, il resto della UAE Emirates può solo tirare
Un solo capitano
Il Tour è fatto di una costruzione maniacale. Se tutti seguissero lo stesso calendario, allora forse il talento sarebbe sufficiente per fare la differenza. Ma così non è e anche il talento immenso di Pogacar rischia di non bastare se messo al confronto con l’approccio metodico della Jumbo-Visma. E qui il discorso segue un’altra ansa.
Crediamo che anche Vingegaard potrebbe essere protagonista alla Liegi o alla Freccia Vallone, ne ha tutte le qualità. Però ha scelto (finora) di concentrarsi sul Tour e la squadra ha dirottato verso le classiche altri atleti che si chiamano Van Aert, Laporte, Benoot e a volte anche Roglic. Alla UAE Emirates invece questo non succede. I corridori ci sarebbero, ma quando corre Pogacar, agli altri tocca tirare. Lo sanno, lo accettano, difficilmente potrebbero fare altrimenti. Ma tutto questo va a favore di Pogacar?
Mentre Vingegaard lavora per il Tour, alle classiche pensano Van Aert e gli altriMentre Vingegaard lavora per il Tour, alle classiche pensano Van Aert e gli altri
Strade diverse
Certo il suo palmares è da stella assoluta e può di certo bastargli. Ha vinto due Tour, il Fiandre, la Liegi, la Freccia Vallone. Ma gli sta bene arrivare secondo al Tour, dietro uno che nella Grande Boucle ha scelto di specializzarsi? La scelta da fare è questa e deve farla Pogacar, non certo i suoi capi. Anche perché, visto il suo approccio meraviglioso al ciclismo, viene da chiedersi se Tadej sarebbe effettivamente capace di imporsi quello stile di vita così schematico nel nome della grande conquista. O se invece questo finirebbe con il logorarlo.
Già pochi mesi fa, Tadej ammise che una carriera non può durare tanto correndo sempre al 100 per cento e questa è una considerazione applicabile più a lui che al rivale. I più esperti dicono che la fine dipenda più dall’usura mentale che dal logorio atletico. E se il rischio è che Tadej, svuotato del divertimento, molli improvvisamente tutto, allora vale la pena fare un supplemento di riflessione. Vale la pena snaturarsi per inseguire Vingegaard al Tour?
Forse no, ma diventa necessario se quello è l’obiettivo. Se invece l’obiettivo è dare spettacolo, divertirsi e far appassionare ancora più tifosi, allora qualcuno potrebbe proporgli strade alternative. Esistono anche il Giro d’Italia o la Vuelta, restando lontani dall’ossessione del Tour, che già troppi talenti ha stremato per amore di quel giallo così squillante.
Ottima partenza di stagione per Vlasov che risponde dal Teide. Primo obiettivo “vero” sarà la Parigi-Nizza. Dovrà convivere con Roglic, l'ultimo arrivato
Non deve essere facile stare in piedi lì accanto per il secondo anno consecutivo. Ci sono corridori che potrebbero costruirsi la carriera su un secondo posto al Tour e due tappe vinte, se però ti chiami Tadej Pogacar, forse non basta. Perciò quando parla nell’ultima conferenza e nelle dichiarazioni spizzicate qua e là, sembra che torni a casa da un impegnativo viaggio di istruzione.
«Ovviamente il desiderio era vincere – dice – ma considerando tutto, penso che il secondo posto sia un risultato davvero straordinario per la squadra e anche per me. Quindi sì, sono super felice di essere di nuovo qui a Parigi, soprattutto sul podio. E per l’ultima volta in maglia bianca. Non sono più giovane… (sorride, ndr)».
La maglia bianca e quella a pois: una stretta di mano con Ciccone alla fine del TourLa maglia bianca e quella a pois: una stretta di mano con Ciccone alla fine del Tour
Come te la sei cavata a gestire alti e bassi?
Sapevo che prima o poi sarebbero venuti giorni come quello di Courchevele, se non giorni, magari dei momenti. Non credo che rimarrà l’ultima volta in cui qualcuno mi spingerà al limite. Credo di poter imparare qualcosa da quanto è successo. E se dovesse capitare ancora, saprò cosa aspettarmi.
Si sta parlando molto della tua rivalità con Vingegaard, che cosa si può dire di più?
Stiamo correndo in un ciclismo bellissimo e ci spingiamo l’un l’altro al limite. Penso che in questo momento possiamo essere tutti felici per come stiamo correndo. Al contempo, dobbiamo anche pensare che è solo una gara ciclistica e che dobbiamo goderci ogni momento che possiamo avere.
Sabato, verso Le Markstein, il primo giorno di sensazioni come nella prima settimana. Vingegaard nella sciaSabato, verso Le Markstein, il primo giorno di sensazioni come nella prima settimana. Vingegaard nella scia
Parli bene, ma sei il primo a storcere il naso. Ieri hai ricevuto le congratulazioni per la vittoria di tappa, pensi di meritarle oggi per il secondo posto?
Nessuno dovrebbe congratularsi con me (ride, ndr), se non ne ha voglia. Sono molto contento di tutto ciò che questo Tour mi ha portato. Due vittorie di tappa, due di noi sul podio, il secondo posto per la squadra nella classifica finale e ancora la maglia bianca. Per me questo rimane un buon Tour e un’ottima stagione. Qualcosa di cui vado fiero, nonostante gli alti e bassi.
Che cosa c’è stato sabato di diverso, che ti ha permesso di vincere?
Mi sono sentito di nuovo me stesso, è stata questa la grande differenza. Non lo sono mai stato nell’ultima settimana e le persone più vicine se ne erano accorte. Sul Joux Plane e prima sul Grand Colombier, non avevo un bell’aspetto e infatti non mi sentivo benissimo. Giorno dopo giorno stavo peggiorando. Ma per quello che mi è successo sul Col de la Loze, davvero non ho spiegazioni.
Gianetti ribadisce che Pogacar è il più forte al mondo perché lotta in tutte le gareGianetti ribadisce che Pogacar è il più forte al mondo perché lotta in tutte le gare
Come lo hai affrontato?
Tutti sperimentano qualcosa di simile ad un certo punto della loro carriera. Uno di quei giorni in cui ti senti inutile. Per questo sono felice di essermi ripreso a fine Tour. Sono andato in giro pallido per una settimana, ora sulla mia faccia c’è di nuovo colore.
Dopo quelle sconfitte, ti è venuto in mente di programmare diversamente la stagione?
Non so perché dovrei, mi piacciono le sfide. Quest’anno la mia grande sfida è stata vincere prima la Parigi-Nizza e poi fare del mio meglio nelle tre grandi classiche: Milano-Sanremo, Giro delle Fiandre e Liegi-Bastogne-Liegi. Ho provato a vincerle tutte e tre. Faremo diversamente il prossimo anno? Adesso è troppo presto. Tutto quello che posso dire è che al 90 per cento tornerò al Tour e proverò a vincerlo di nuovo.
Nella tappa di Parigi, Pogacar ha lavorato negli ultimi giri per tenere davanti i compagni allo sprintNella tappa di Parigi, Pogacar ha lavorato negli ultimi giri per tenere davanti i compagni allo sprint
Intanto Giannetti continua a definirti il miglior ciclista del mondo, perché fai tutte le gare.
Adoro il ciclismo e a primavera sono sempre in forma. Perché non usare quella forma per una gara come il Giro delle Fiandre? Ecco chi sono, cosa mi piace fare e ciò di cui sono orgoglioso. Posso competere in molte competizioni diverse, su tutti i terreni.
Hai imparato qualcosa da questo Tour?
Che quando mi sento super male, posso ancora soffrire: questa per me è la lezione più grande. Ho imparato anche che vale la pena continuare a mordere. Per questo voglio anche ringraziare tutti coloro che hanno continuato a motivarmi: la mia squadra, la famiglia, i fan, persino le persone sui social media… Devi sopravvivere al brutto momento e continuare a sperare in momenti migliori. Alla fine ne vale la pena.
La crisi di Courchevel è arrivata a 14,4 chilometri dall’arrivo: con lui è rimasto Marc SolerLa crisi di Courchevel è arrivata a 14,4 chilometri dall’arrivo: con lui è rimasto Marc Soler
Verrai al Giro?
Il Giro è una delle mie corse preferite e non sono mai riuscito a farlo. Posso dire solo che è difficile. Il Tour resta il Tour, il più grande di tutti. E combinarli e fare per due volte la classifica generale, è quasi impossibile nel ciclismo moderno. Inoltre, la mia fame di vincere ancora il Tour dopo questi due secondi posti è solo aumentata.
Sarai ai mondiali?
Se me lo aveste chiesto due giorni fa, avrei sicuramente detto di no. Ora non lo so. Vedremo come mi sento quando torno a casa la prossima settimana e mi rilasso un po’. Il fatto è che il mondiale di quest’anno è complicato, arriva in un brutto momento. D’altra parte, mi è sempre piaciuto correrlo. Quindi non prometto niente, ma vorrei andarci.
Quando Jonas Vingegaard sale sul podio finale, il ricordo va per forza all’ultima volta che là sopra, vestito di giallo, vedemmo un italiano. Solo così è possibile capire l’emozione dei tifosi danesi e quella stessa del vincitore. In uno dei rari momenti di commozione, Jonas si guarda intorno e nel riconoscere sua madre e suo padre sente che forse quel cammino iniziato per sfida dai tempi della scuola lo sta portando davvero lontano.
Meeus ha tagliato il traguardo in linea con gli altri: sensazione di aver vinto, ma ha atteso il fotofinishFotofinish decisivo: primo Meeus, in alto, secondo Philipsen in basso. Terzo Groenewegen, quarto PedersenTappa a Meeus, il fotofinish è stato chiaro. Increduli in due: il vincitore e Marco HallerPrimo podio di giornata sui Campi Elisi: ecco dunque il vincitore MeeusMeeus ha tagliato il traguardo in linea con gli altri: sensazione di aver vinto, ma ha atteso il fotofinishFotofinish decisivo: primo Meeus, in alto, secondo Philipsen in basso. Terzo Groenewegen, quarto PedersenTappa a Meeus, il fotofinish è stato chiaro. Increduli in due: il vincitore e Marco HallerPrimo podio di giornata sui Campi Elisi: ecco dunque il vincitore Meeus
Sorpresa Meeus
L’ultima tappa se l’è presa Jordi Meeus e forse nessuo l’aveva scommesso, considerato che nelle precedenti volate aveva collezionato un sesto e due settimi posti.
«Questo è senza dubbio il miglior giorno della mia carriera – dice invece il belga di 25 anni – sapevo già dagli sprint precedenti di questo Tour che era possibile fare di più. Oggi è andato tutto alla perfezione. Mi sono sentito bene tutto il giorno e anche le gambe erano perfette. Grazie a Marco Haller e Danny Van Poppel mi sono ritrovato ben posizionato. Ho preso la ruota di Pedersen, poi sono uscito dalla scia e sono riuscito a passarli tutti. Considerato che questo è stato il mio primo Tour, porto a casa una grande esperienza e una vittoria che lo rende ancora più indescrivibile».
Magari alla Bora-Hansgrohe, venuta al Tour con grandi mire di classifica, il settimo posto di Hindley non basta, ma certo le due vittorie di tappa (con lo stesso Hindley e ora con Meeus) e un giorno in maglia gialla rendono il boccone assai più gustoso da digerire.
La Cervélo gialla in favore di fotografi: per Vingegaard la passerella di Parigi è nel pienoLa Cervélo gialla in favore di fotografi: per Vingegaard la passerella di Parigi è nel pieno
Jonas alla Vuelta
Vingegaard ha già raccontato ieri tutto quello che voleva dire, ma intanto si lascia andare con la promessa di tornare anche il prossimo anno e, aprendo la porta sulla Vuelta, inizia ad agitare sin d’ora i discorsi. «Voglio vincerla – dice il danese – non vado per fare il gregario, sarò un secondo capitano».
Non è un mistero che la Jumbo-Visma sia in corsa per vincere i tre grandi Giri del 2023 e per questo, racconta Richard Plugge, il piano di portare Jonas in Spagna era stato varato già da dicembre. Così, se finora la corsa spagnola era stata indicata come terreno di caccia per il vincitore del Giro Primoz Roglic, ora diventa un appuntamento da condividere.
«Avere due leader – provoca invece Patrick Lefevere, forse preoccupato – per loro potrebbe trasformarsi in uno svantaggio. Con noi, Evenepoel sarà chiaramente l’unico leader e per noi sarà un vantaggio».
«Adesso – dice Ciccone in maglia a pois – ho capito perché tutti parlavano di podio magico»Philipsen si accontenta del secondo posto, ma torna a casa con 4 tappe vinte e la maglia verdeFra Pogacar e Vingegaard grande stima, ma a quando la rivincita? Il danese farà la Vuelta, invece Tadej?«Adesso – dice Ciccone in maglia a pois – ho capito perché tutti parlavano di podio magico»Philipsen si accontenta del secondo posto, ma torna a casa con 4 tappe vinte e la maglia verdeFra Pogacar e Vingegaard grande stima, ma a quando la rivincita? Il danese farà la Vuelta, invece Tadej?
Onore al vincitore
Le ultime parole, prima di rifugiarsi nella meritata festa che chiude il Tour de France, sono quelle di Tadej Pogacar, che per ridere (ma neppure troppo) risponde a Vingegaard, poi lo applaude.
«Altro che piano per farmi fuori – sorride lo sloveno – l’unica volta che hanno provato a farmi fuori è stato sul Marie Blanque (la prima tappa dei Pirenei, ndr). Jonas stava meglio di me quel giorno, ma quando ha provato a liquidarmi il giorno dopo, la tappa l’ho vinta io. Quindi riguardo al piano di cui tanto parlano: nessuno mi ha fatto fuori, ho fatto tutto da me. Io e la mia brutta giornata. Mi sono fatto fuori da solo. Ma devo essere onesto su questo: in quei due giorni Jonas è stato eccezionale. Ha avuto due tappe in cui non potevo competere. Ho molto rispetto per lui: è un bravo ragazzo, uno dei migliori scalatori e per il momento il miglior corridore del Tour. Sono sicuro che avremo un brillante futuro insieme. Parliamo già come una coppia… (ride, ndr)».