Mirko Celestino

Latte e cereali. Com’era più semplice, vero Celestino?

24.11.2020
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Mirko Celestino è il tecnico della nazionale di Mtb. Ma prima di ricoprire questo ruolo è stato lui stesso un biker e, prima ancora, un professionista su strada. Esperienza e passione proprio non mancano in questo vecchio mastino del pedale. Eh sì, mastino, perché la grinta che ci metteva, come lui stesso dice, era maggiore del suo motore.

Tra il 1996 e il 2007 Celestino ha vinto molte corse, alcune anche prestigiose: Hew Cyclassic Amburgo, Laigueglia, Giro dell’Emilia… e persino un monumento: il Lombardia (1999). Insomma, un corridore vero.

Il periodo a cavallo degli anni 2000 ha segnato il passaggio al ciclismo moderno. E infatti, come vedremo, la sua giornata tipo era molto più semplice rispetto a quella di un corridore attuale: dall’alimentazione agli allenamenti. E anche quando è passato alla Mtb le cose non sono cambiate troppo. Vediamo perciò la sua giornata da stradista e da biker.

Ciao cittì, partiamo dalla colazione. Come la facevi?

Mi alzavo senza sveglia, ma mai oltre le 8. Facevo un colazione esagerata. Una bella tazzona di latte con molti cereali. Non ne prendevo un tipo solo, mi piaceva variare. E poi fatte biscottate con marmellata o miele.

Mirko Celestino
Celestino in versione cittì. Eccolo con la Lechner
Mirko Celestino
Celestino in versione cittì della Mtb
Niente salato?

No, non mi piaceva a casa. Quando ero alle gare invece, soprattutto se stavo bene e avevo la motivazione giusta, quel piatto di pasta olio e parmigiano lo desideravo proprio.

A che ora uscivi in allenamento? E come ti gestivi?

Verso le 9,30 mentre l’orario di rientro era molto variabile. Dovete sapere che io andavo molto a sensazione. Facevo un programma e puntualmente lo cambiavo. Se la testa mi appoggiava facevo anche molto di più, altrimenti dopo un’ora e mezza giravo la bici e tornavo a casa. Quindi ci sta che rientrassi alle 11 così come a pomeriggio inoltrato, per buona gioia di chi mi attendeva a casa, Antonio Bevilacqua prima e mia moglie dopo.

Quindi niente tabelle?

Avevo i programmi e magari intendevo anche rispettarli, ma poi facevo sempre di testa mia. Ho sempre dato grande importanza al divertimento, perché se c’è quello l’allenamento diventa redditizio e puoi fare grandi cose. Ed è quello che spesso dico ai miei ragazzi.

Uscivi con le tasche piene o preferivi la sosta al bar?

Fin quando ho avuto la testa del corridore partivo da casa con le tasche piene. Piene di robe sane: fette biscottate con miele, paninetti anche di prosciutto o formaggio se dovevo fare la distanza, spesso oltre i 200 chilometri. Quando invece le motivazioni sono iniziate a calare, mi portavo dietro i soldi e mi fermavo per caffè e brioche. In quel momento però non capivo che era per una questione di motivazioni. Oggi questa sosta è la normalità, ai miei tempi no. A me dava fastidio rallentare per mangiare o fermarmi per fare la pipì, figuriamoci!

A pranzo cosa mangiavi?

Dipendeva dalla fatica e dal lavoro fatto. Se avevo fatto molto, mangiavo parecchio altrimenti cercavo di essere più attento. Se invece avevo fatto uno dei miei giri lunghi e finivo a pomeriggio inoltrato, prima di rientrare mi fermavo dal gelataio e mangiavo anche mezzo chilo di gelato. A quel punto tiravo dritto fino a sera. Che gusti? Le creme! Io ne sono goloso tutt’ora. All’epoca soddisfacevo la mia voglia di zuccheri così. E poi quello era il mio premio per quanto fatto.

gelato
Il gelato, la passione (anche oggi) di Mirko
Mirko Celestino
Il gelato, la passione (anche oggi) di Mirko
Pomeriggio: gambe all’aria o piazza con gli amici?

Finché ho avuto la testa ero molto tranquillo. Scendevo in garage sistemavo la bici, la lavavo, oliavo la catena. Oppure mi mettevo a dormire sul divano. Dopodiché mi concentravo su me stesso: quindi stretching o massaggi. Quando invece avevo perso la motivazione uscivo molto di più. Poi ci sta che qualche volta, soprattutto a fine stagione, uscivo anche quando ero ancora determinato. Però le differenze tra fare e non fare certe cose le sentivo in corsa. Per andare forte dovevo mettere a posto tutti i tasselli.

E siamo arrivati alla cena…

Se a pranzo avevo mangiato più carboidrati perché magari ero rientrato prima e avevo fatto un pasto completo allora preferivo mangiare proteine. Altrimenti mi basavo sul lavoro del giorno dopo. Se dovevo fare molto puntavo sui carboidrati. Una cosa è certa, non ho mai fatto diete. Gli sfizi nei momenti giusti me li toglievo e per andare forte dovevo mangiare.

Parli spesso di chilometri: quanti ne facevi?

L’anno che ne ho fatti di più sono arrivato a 35.000. Spesso anche in allenamento superavo i 200.

Facevi anche il doppio allenamento?

Sì. Magari la mattina facevo il mio lavoro e nel pomeriggio con Bevilacqua o Stanga andavo al velodromo di Dalmine e facevo dietro motore: lavori di velocizzazione, volate, ritmo. Nonostante avessi corso in pista li facevo con la bici da strada per evitare rischi. Altrimenti anziché concentrarmi sul lavoro, finivo per pensare solo al non cadere.

Sei stato un grande anche in Mtb, in cosa differiva la tua vita da biker da quella di stradista?

In realtà differenze grandi non ce ne sono state. Almeno negli orari e nella gestione della vita. Semmai sono cambiati gli allenamenti e l’approccio alla vita del corridore.

Partiamo dagli allenamenti…

Le ore di lavoro sono state le stesse, più o meno. Io ho fatto spesso anche 7 ore di Mtb. Sono riuscito ad emergere in questa disciplina grazie all’esperienza su strada. Sono bastate le prime gare per capire che anche nell’offroad nessuno ti regalava nulla. Il problema maggiore era la discesa.

celestino
Mondiale Marathon a Montebelluna 2011, Celestino è terzo
Celestino
Mondiale Marathon a Montebelluna 2011, Celestino è terzo
E come hai fatto per risolverlo?

Arrivavo in cima con i primi e in fondo avevo due minuti di ritardo, in certi punti scendevo a piedi. La guida su strada è opposta a quella della Mtb, sono ripartito da zero. Su strada devi essere pulito, evitare buche, avvallamenti… In Mtb devi cercare appoggi, tagliare, ti può servire un sasso… è una guida più sporca. Così mi sono messo sotto. Sono sempre stato un “cane solitario” però in Mtb ho capito che da solo non avrei migliorato, così iniziai ad andare con Oscar Lazzaroni e Marzio Deho. Per due anni non ho toccato la bici da strada, neanche per fare i lunghi. Montavo le gomme lisce e pedalavo su asfalto, dovevo trovare il feeling. Ho fatto gare di cross country pur non essendo la mia specialità, sono caduto, mi sono messo in gioco… ma alla fine sono diventato un buon discesista.

E l’altra differenza?

Quella è nell’approccio. Su strada c’era in ballo la mia vita, quello che volevo da bambino. Era un lavoro e avevo paura di smettere: bello ma anche stressante. In Mtb invece l’ho presa subito col piglio del divertimento, non dovevo per forza dimostrare qualcosa. Però questo approccio mi ha permesso di prendere le cose seriamente e di fare 7-8 anni ad alti livelli. E ho iniziato con la Mtb a 34 anni.

Che grinta…

Era la mia forza. Una volta chiesi a mio papà Giulio, che ha sempre vissuto strettamente con me la mia vita ciclistica, di portarmi ad un Xc a Lugagnano. Non era la mia specialità, però c’erano quei tratti tecnici che mi servivano per migliorare. “Anche se arrivo ultimo, vado”: mi dicevo. Volevo dimostrare a me stesso di riuscire a diventare un buon biker. Quel giorno pioveva. Era pieno di fango, i prati erano una saponetta. Parto, cado e mi taglio un ginocchio. Al pronto soccorso mi mettono dei punti. Mentre torniamo verso casa mio papà mi fa: ma chi telo fa fare? Quello che dovevi fare l’hai già fatto…

La passione signor Giulio. Come saprà, da lì il suo Mirko è salito due volte sul podio iridato (argento 2010 e bronzo 2011) nelle Marathon e nel 2011 ha vinto il campionato italiano.

E voi che dite, la vita old style di Celestino era giusta?