Come inserire il Grande Giro nella programmazione stagionale…

15.02.2025
5 min
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La programmazione di una stagione è un processo complesso, soprattutto quando si ha come obiettivo un grande Giro. Preparare un atleta per una corsa di tre settimane richiede attenzione a ogni dettaglio, sia dal punto di vista fisico che mentale. Ed è un processo lungo mesi.

Paolo Slongo, storico preparatore di Vincenzo Nibali e da anni tecnico di Elisa Longo Borghini, ci aiuta a capire quanto influisca un grande Giro sulla preparazione di un corridore e quali siano le differenze tra puntare al Giro d’Italia, al Tour de France e alla Vuelta.

Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Paolo Slongo ha allenato Nibali per tutte le sue vittorie più belle. Oggi è un coach al UAE Team Adq
Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Paolo Slongo ha allenato Nibali per tutte le sue vittorie più belle. Oggi è un coach al UAE Team Adq
Paolo, quanto influisce la scelta di un Grande Giro sulla programmazione della stagione?

Influisce moltissimo. Se un atleta punta al Giro, tutta la preparazione invernale viene impostata in funzione di quell’obiettivo, con una progressione di carico che culmina in primavera. Chi punta al Tour, invece, spesso comincia la stagione più forte, con una pausa dopo le classiche delle Ardenne per poi ripartire in vista di luglio. Il ciclismo moderno ha reso ancora più complicata questa programmazione, perché il livello di competitività è molto alto fin dalle prime gare dell’anno.

Quali sono le principali differenze tra preparare il Giro e il Tour?

Il Giro arriva a maggio e richiede una crescita graduale, arrivando in forma al momento giusto. Si corre spesso in condizioni climatiche più variabili e la preparazione prevede una progressione più costante. Il Tour è un’altra cosa: chi lo punta sa che, se sbaglia, rischia di compromettere tutta la stagione. Il livello medio è altissimo e bisogna essere al top sin dalla prima settimana. Inoltre, il periodo di preparazione è diverso, con un focus maggiore sugli allenamenti ad alta quota e sulla resistenza alle alte temperature.

E fare due Grandi Giri nella stessa stagione per vincere è oggi un’opzione realistica? Togliamo Pogacar… chiaramente.

Dipende molto dall’atleta. Fare Giro e Vuelta è più gestibile rispetto a fare Giro e Tour o Tour e Vuelta, che sono più ravvicinati. Il problema è recuperare le energie e riuscire a ritrovare una condizione competitiva. Se un corridore sbaglia il primo Grande Giro della stagione, può arrivare meglio al secondo, ma il rischio è sempre quello di accumulare troppa fatica. Fare bene in entrambi è difficilissimo… e in pochi ci riescono.

La Tirreno-Adriatico vede una concentrazione di leader per ciascun team: il livello sale di conseguenza
La Tirreno-Adriatico vede una concentrazione di leader per ciascun team: il livello sale di conseguenza
Oggi la programmazione degli appuntamenti forse è diversa rispetto già a pochi anni fa: non si tratta solo del leader del team (ammesso che non sia un super leader) è così?

Sì, perché oggi le squadre programmano tutto nei minimi dettagli. In passato c’erano corridori sempre competitivi, mentre oggi le squadre preferiscono avere una rosa ampia con diversi capitani che puntano a obiettivi specifici. Questo ha alzato il livello in ogni corsa: non si può più arrivare al Giro dopo aver corso la Tirreno-Adriatico o le Ardenne a pieno gas, perché il rischio è di non essere al meglio quando conta davvero. Alla Tirreno di turno c’è chi porta quell’atleta (o anche più di uno) per vincere e che ha preparato quello specifico appuntamento.

E invece quanto conta l’aspetto mentale nella preparazione di un Grande Giro? Sapere che ha dicembre o gennaio quando inizia devi andare forte a maggio?

Conta tantissimo. Un atleta deve essere motivato e convinto dell’obiettivo, altrimenti rischia di arrivare scarico mentalmente. La preparazione a un grande Giro significa sacrificare tutto in funzione di quell’appuntamento, sapendo che lungo il cammino ci saranno gare in cui non si sarà competitivi al massimo.

Che poi un conto è essere pronti per il Giro e quindi a maggio e un conto è per il Tour. Devi aspettare un un ulteriore mese. Con un obiettivo così distante a livello temporale non è facile trovare la concentrazione forse…

Qui entra in gioco il ruolo del preparatore, che deve anche saper gestire l’aspetto psicologico, aiutando l’atleta a rimanere concentrato e a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. Perché immagino che non sempre potrà andare forte. Devi essere sincero con lui o lei e parlare chiaramente.

Allenarsi per obiettivi lontani non è facile, anche da un punto di vista mentale
Allenarsi per obiettivi lontani non è facile, anche da un punto di vista mentale
Cioè?

Dirgli che non si aspettasse di andare forte in quella gara, che probabilmente soffrirà più del dovuto, che magari in qualche occasione dovrà persino mollare un po’. Se punta al Tour o anche al Giro, in alcune gare precedenti per forza di cose non sarà al top. Questo era un bel problema che avevo con Vincenzo: lui voleva andare sempre forte. Anche perché poi iniziavano le critiche…

Oggi conta più l’allenamento o la corsa per trovare la condizione?

Si fa un mix tra le due cose. Una volta si diceva che la condizione si trovava correndo, ma oggi l’allenamento è fondamentale. In corsa non si lavora sempre nelle zone di intensità ideali, mentre in allenamento si può programmare tutto con precisione. Il problema è che la gara dà stimoli diversi, perché lo sforzo è più reale e il fuori giri è più facile da sostenere. Per questo oggi si alternano periodi di ritiro con gare mirate, in modo da arrivare alla corsa obiettivo nella migliore condizione possibile. Ma non puoi presentarti alle gare di avvicinamento con una condizione bassa. Impossibile.

Chiaro…

Torniamo al discorso di prima, le squadre programmano bene, le rose sono ampie e in ogni gara c’è chi è al 100 per cento e punta. Di conseguenza il livello è sempre alto.

Bronzini sicura: donne pronte per Giri di due settimane

31.01.2025
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Si vede che del tema hanno parlato e continuano a parlare. La durata esigua dei Grandi Giri delle donne tiene banco e poco convincono le obiezioni di chi fa notare il diverso livello fra le squadre WorldTour e le continental che ogni anno ricevono l’invito per prendervi parte. A tratti sembra di leggere fra le righe la stessa paura per cui si è deciso di non inserire più lo Stelvio nel Giro Next Gen, per evitare le figuracce delle squadre under 23 al cospetto dei devo team. Ma qui si parla di organici WorldTour e certe paure dovrebbero uscire dall’orizzonte.

Bronzini e la sua Silvia Zanardi hanno aperto la stagione in Australia
Bronzini e la sua Silvia Zanardi hanno aperto la stagione in Australia

Bronzini per le due settimane

E’ immediato rendersi conto che il raddoppio delle tappe rispetto alle 8 attuali giovi soprattutto alle atlete di grande cilindrata come Longo Borghini, Vollering e Van der Breggen. E non dimentichiamo la provocazione di tre anni fa quando Annemiek Van Vleuten si disse favorevole alle tre settimane di gara, ma venne sconfessata da tutte. Ma due settimane sono un tempo più ragionevole. Così, dopo aver sentito nei giorni scorsi Marta Bastianelli e Paolo Slongo, questa volta abbiamo suonato al campanello di Giorgia Bronzini. La piacentina, che ha iniziato dall’Australia la sua stagione con la sua Human Powered Health, è andata subito al cuore del problema.

«Io penso che le ragazze – dice senza mezza esitazione – siano pronte a fare, come dice la Longo, due settimane di Giro e di Tour. E penso anche che non cambia niente tra fare 12 tappe, oppure 15. Alla fine, basta mettere un prologo, poi ci sarà sicuramente una cronometro e per il resto più tappe piatte. Il nostro problema, se fai tutto in una settimana, è che sarà per forza piena di salite…».

Vincitrice del Tour 2022 davanti a Vollering e Niewiadoma, Van Vleuten auspicò Giri di tre settimane
Vincitrice del Tour 2022 davanti a Vollering e Niewiadoma, Van Vleuten auspicò Giri di tre settimane

Più tappe, più chance per tutti

E’ il tema del prossimo Giro d’Italia Women, davanti al quale le velociste del gruppo hanno mascherato a stento un moto di stizza. La tappa per le ruote veloci è soltanto una, al massimo due se riusciranno a digerire il Tonale in partenza, e per il resto ci sarà da combattere.

«La gente vuole lo spettacolo – prosegue Bronzini – i Grandi Giri si vincono in salita e quindi fanno tutte tappe dure. Per esempio, il Giro d’Italia di quest’anno: che senso ha portare una velocista? C’è una tappa piatta (la quinta, Mirano-Monselice, ndr) e tutto il resto è durissimo, il nostro Giro d’Italia non ha veramente senso. Invece una corsa a tappe dovrebbe dare a tutti i tipi di atleti la possibilità di fare il loro exploit. Questa almeno è la mia idea e sono convinta che le donne siano pronte per fare le due settimane».

Nel Giro 2024 solo due tappe per le velociste: una vinta da Consonni e una da Kopecky, ma entrambe su percorsi impegnativi
Nel Giro 2024 solo due tappe per le velociste: una vinta da Consonni e una da Kopecky, ma entrambe su percorsi impegnativi

Squadre di livello più alto

Slongo, che ha seguito Elisa Longo Borghini al UAE Team Adq, ha detto che dal suo punto di vista l’aumento delle tappe richiederebbe l’aumento delle atlete per squadra, ma su questo punto Bronzini non sembra troppo d’accordo.

«Si potrebbe fare come ragionamento – dice – ma significherebbe un aumento dei costi per gli organizzatori, mentre per le squadre averne sette oppure otto cambierebbe poco. Tutto sommato quindi, lascerei a sette. Allo stesso modo non mi convince l’obiezione che l’aumento delle tappe svantaggerebbe le continental. Ci sono delle squadre continental che vanno meglio di alcune WorldTour, quindi eventualmente dovrebbe esserci una selezione opportuna da parte degli organizzatori nel prendere le continental in grado di fare un Grande Giro di 15 giorni. E starebbe alle squadre inserire nel proprio organico delle atlete all’altezza».

E sembra di leggere fra le righe che in questo ciclismo di livello così alto forse, al pari di quanto accade fra gli uomini, non è più tempo di portare ragazzine e ragazzini affinché facciano esperienza al Giro oppure al Tour. Per quello ci saranno semmai le corse più piccole.

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Con appena 8 tappe è giusto chiamarli Grandi Giri?

Grandi Giri donne da due settimane: parla Slongo

Grandi Giri donne da due settimane: parla Slongo

29.01.2025
4 min
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L’idea di riportare i grandi Giri femminili a due settimane è un tema di grande attualità e sicuramente stuzzicante. Una proposta che trova sostenitrici tra le atlete di punta, come Elisa Longo Borghini, ma pone una serie di interrogativi sul piano organizzativo e sulla crescita del movimento femminile. Paolo Slongo, preparatore di lunga esperienza e guarda caso anche della stessa Longo, ci aiuta a sviscerare meglio questo argomento da un punto di vista tecnico.

Secondo Slongo, il ciclismo femminile è in continua evoluzione, ma l’eventuale passaggio da una a due settimane di competizione deve avvenire gradualmente, per non creare squilibri tra le diverse fasce di atlete presenti nel gruppo. Un grande Giro più lungo richiederebbe una diversa pianificazione del calendario. Tuttavia, le opportunità non mancherebbero: una corsa di maggior durata potrebbe accrescere l’interesse del pubblico. Pensateci, anche solo geograficamente abbraccerebbe un territorio molto più vasto. Sarebbe più coinvolgente.

La mente torna alle sfide tra Luperini, Somarriba, Pucinskaite, Jakson, Brandle: una dozzina di tappe. Tra le prime e le ultime in 22-23 ore di gara complessive c’erano anche due ore di differenza. Emergeva stanchezza. Ma c’erano anche ben altre preparazioni. Le problematiche erano diverse, più strettamente fisiologiche.

Paolo Slongo è un preparatore esperto. Da anni segue Elisa Longo Borghini. Da quest’anno anche lui è alla UAE Adq
Paolo Slongo è un preparatore esperto. Da anni segue Elisa Longo Borghini. Da quest’anno anche lui è alla UAE Adq
Paolo, grandi Giri femminili a due settimane. Partiamo dalla questione del calendario e della programmazione? Ma prima ancora: è possibile per te?

Il ciclismo femminile si sta evolvendo rapidamente. Sì, per me si potrà fare, ma bisogna procedere per gradi. Il movimento è cresciuto molto in fretta e bisogna evitare di accelerare troppo. Oggi nel ciclismo femminile ci sono tre fasce: le top rider, un gruppo intermedio sempre più numeroso e una terza fascia ancora distante in termini di prestazioni. Per salvaguardare tutto il movimento, bisogna arrivare gradualmente alle due settimane. Non sarebbe giusto farlo immediatamente, anche se dal punto di vista individuale potrebbe essere vantaggioso per alcune atlete.

Quali potrebbero essere le difficoltà?

Con due settimane di gara inevitabilmente si dovranno fare delle scelte di calendario. Oggi le atlete, anche le big, corrono quasi sempre dappertutto, in tutte le gare più importanti. Se ci fosse una corsa più lunga dovranno focalizzarsi su determinati obiettivi. Non si potrà più affrontare sia il Giro d’Italia Women che il Tour Femmes attaccati senza compromettere la condizione fisica.

Campionesse come Kopecky, Longo- Borghini, Vollering… potrebbero beneficiare di una sfida sulle due settimane
Campionesse come Kopecky, Longo Borghini, Vollering… potrebbero beneficiare di una sfida sulle due settimane
La programmazione diversa poi sarebbe anche per le squadre, immaginiamo…

Esatto, ci sarà bisogno di aumentare il numero delle cicliste in squadra. Attualmente si corre in sette, ma probabilmente servirà almeno un’atleta in più per affrontare due settimane di corsa. Per i grandi team non sarebbe un super problema, hanno potenzialità e personale per farvi fronte, ma questo non farebbe che aumentare il divario con le altre.

La chiave ci sembra tutta qui insomma: il divario tra grandi e piccoli. Questo perché come dicevi il movimento non è ancora del tutto pronto…

Attualmente ci sono 8-10 top rider, poi un gruppo intermedio di 40-50 atlete che reggono il ritmo e infine una terza fascia che fa più fatica. Se si passa a due settimane, il divario tra questi gruppi potrebbe aumentare ulteriormente. Già oggi per alcune atlete una settimana di gara è impegnativa, figuriamoci due. Serve quindi che tutto il movimento cresca in modo uniforme, con le squadre professional che diventino più competitive per sostenere questo cambiamento.

Quindi è la seconda fascia che dovrebbe crescere di più?

No, la terza: che è quella maggiore per numero. Ma serve tempo. Se quella massa non diventa più corposa anche la corsa tecnicamente (e tatticamente) potrebbe risentirne. Sarebbe per poche. Immagino una stanchezza che emerge e ragazze mai in corsa dopo un certo numero di tappe.

Niewiadoma sull’Alpe d’Huez ha resistito bene a Vollering: ma se si fosse corso sulle due settimane?
Niewiadoma sull’Alpe d’Huez ha resistito bene a Vollering: ma se si fosse corso sulle due settimane?
Avrebbe più appeal un Giro a due settimane?

Secondo me sì, perché un Giro più lungo metterebbe ancor più in evidenza le doti di resistenza delle atlete. Sarebbe più avvincente da seguire, con più colpi di scena e più cambi di leadership. Una gara più lunga non è mai scontata e questo può attirare più pubblico.

E tu hai una di queste atlete. Anzi forse la più adatta in assoluto alle due settimane…

Per atlete come Elisa Longo Borghini, che hanno una grande capacità di resistenza, sarebbe un vantaggio. Lei è una “diesel”, è costante che non cala mai, mentre altre potrebbero soffrire di più la durata.

In passato il Giro era già su due settimane o quasi, cosa cambierebbe rispetto ad oggi?

Le squadre WorldTour sarebbero già pronte ad affrontare due settimane di gara. Il problema è guardare a tutto l’ambiente, non solo alla punta della piramide. Bisogna far crescere l’intero movimento in maniera omogenea per evitare squilibri esagerati e rendere la corsa davvero avvincente per tutti. Mentre sul piano fisiologico non vedo grossi impedimenti, chiaro c’è da lavorare. Penso che fra un anno o due, ci si potrà arrivare.

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Con appena 8 tappe è giusto chiamarli Grandi Giri?

Ciclo e ciclismo, chiudiamo con il parere del medico

10.12.2024
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Dopo Elisa Longo Borghini e Paolo Slongo, chiudiamo il tema di fare ciclismo nei giorni del ciclo con la dottoressa Francesca Della Bianca, fino al 2024 medico alla Lidl-Trek. Essere stata per quasi tre anni accanto alle ragazze del team americano le ha offerto un punto di vista privilegiato sul tema, sia pure con una premessa con cui è abbastanza immediato trovarsi d’accordo.

«Avere in squadra un medico donna aiuta di certo – dice – per far emergere delle problematiche che forse con un medico uomo non verrebbero fuori. C’è una barriera di pudore nel parlarne, il primo step è superarla. Sicuramente negli ultimi anni l’aspetto della conoscenza è migliorato. Le ragazze ne parlano con più disinvoltura e questo permette di intercettare problematiche che finirebbero confuse con altri aspetti della prestazione».

Francesca Della Bianca (in alto al centro fra Elisabetta Borgia e Paolo Slongo) è stata fino al 2024 medico della Lidl-Trek
Francesca Della Bianca (in alto al centro fra Elisabetta Borgia e Paolo Slongo) è stata fino al 2024 medico della Lidl-Trek
Il fatto che se ne parli risolve qualche problema?

Fortunatamente sì. Al di là dei cambiamenti che possano interferire sulla prestazione, c’è anche un aspetto psicologico. Sono aspetti da gestire che vanno dal tipo di allenamento a che abbigliamento usare, fino all’intervento con integrazione mirata e rimedi naturali. Il senso di pesantezza che si accompagna alla prima fase può certamente condizionare la prestazione. Se mi sento gonfia, per come siamo fatte noi donne, posso ritenermi anche incapace di performare.

Stiamo parlando della sindrome premestruale?

Inizia anche dieci giorni prima. Si percepiscono l’aumento di peso e la ritenzione idrica. Si ha desiderio di mangiare carboidrati, ci sono dolori e allora magari si può usare il cloruro di magnesio, che è del tutto naturale. E’ una fase che può essere invalidante e magari può coincidere con una gara importante. Invece se ne parla poco, sono aspetti poco considerati. Ci si occupa più di aminoacidi e vitamine e meno di questi aspetti. Manca la consapevolezza che si può fare qualcosa.

Si ha pudore nei team a parlare del ciclo, di cosa indossare, di cosa prendere (depositphotos.com)
Si ha pudore nei team a parlare del ciclo, di cosa indossare, di cosa prendere (depositphotos.com)
Se un’atleta non trova risposte nei team può farsi seguire dall’esterno?

Non mi risulta che accada, mentre è un tema di cui si dovrebbe parlare seriamente. Alla Lidl-Trek abbiamo iniziato a parlare delle problematiche della regione pelvica, per gli uomini e per le donne. Sapere che ci sono persone che se ne occupano porta gli atleti a parlarne più liberamente.

Il lavoro di Slongo che tiene conto delle date e addirittura delle fasi lunari è abitudine oppure un’eccezione?

Dei preparatori che conosco, lui è decisamente avanti. Dovrebbe esserci una temporizzazione del lavoro in base al ciclo. Nella prima settimana ad esempio si potrebbero ridurre lo stress e i volumi di lavoro. Subito dopo si potrebbe puntare sull’intensità. Si potrebbe approfondire il tema della disponibilità di glicogeno o la fase in cui abbiamo più grassi, in cui conviene lavorare maggiormente sul volume. C’è tutto un andamento che andrebbe osservato, ma non sono molti quelli che lo fanno. E’ un fatto di visione, più o meno ampia, anche se in letteratura medica non ci sono dati così vari che spieghino quanto il ciclo incida sulla prestazione.

Il ciclo porta anche un innalzamento della temperatura che nei mesi caldi può essere fastidiosa
Il ciclo porta anche un innalzamento della temperatura che nei mesi caldi può essere fastidiosa
Può essere di base una sfera molto individuale?

E’ tutto molto soggettivo, anche nella percezione del dolore. Ci sono casi che portano anche alla sospensione del lavoro, a saltare la gara. Ci sono così tante variabili individuali, che ogni medico dovrebbe avere la cartella clinica delle atlete i cui tenere nota di questi aspetti. Stiamo parlando di donne oltre che di atleti. Non si può dire che avere il ciclo interrotto da mesi sia una seccatura in meno: va affrontato come un problema per la salute. Sono donne che magari dopo la carriera o anche durante potrebbero procreare, non parliamo di problematiche insignificanti.

Siamo di fronte a un problema culturale?

Mi sono spesso chiesta perché debba esserci questa barriera fra uomini e donne, parlando di medici. Il ginecologo è stato per anni soltanto uomo, eppure nessuno si pone il problema. Chi esercita la professione medica dovrebbe essere superiore a certe distinzioni.

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Ciclo e ciclismo, un tabù da sfatare: ne parliamo con la Longo

Ciclo e ciclismo, parla Slongo: come cambia il lavoro?

Ciclo e ciclismo, parla Slongo: come cambia il lavoro?

08.12.2024
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Dopo averne parlato con Elisa Longo Borghini, era rimasta un po’ di curiosità, che abbiamo pensato di approfondire con il preparatore e poi con il medico. Quali accortezze richiede fare ciclismo con il ciclo, sostenere i carichi di lavoro in allenamento e andare in gara? E perché Paolo Slongo e la stessa campionessa piemontese dallo scorso anno hanno iniziato a redigere un diario che ne tenga conto? E perché su piattaforme diffuse e celebrate come Training Peaks e tutte le altre questa variabile non viene mai inserita?

«Premetto che non sono un medico – dice Slongo – però per la mia esperienza è un fattore che deve essere tenuto in considerazione. Sia per quanto riguarda la gara, dove l’atleta dà quello che ha. Sia per l’allenamento. Da quello che ho visto, la casistica ha variabili individuali, però le varie fasi del ciclo comportano un rilascio di diversi ormoni che determinano dei cambiamenti nella risposta dell’atleta».

Paolo Slongo ha allenato Nibali per le sue vittorie più belle. Ora ha vinto il Giro anche con la Longo
Paolo Slongo ha allenato Nibali per le sue vittorie più belle. Ora ha vinto il Giro anche con la Longo
In che modo?

Dopo la prima fase di mestruazione in cui c’è il flusso che di solito dura a seconda delle individualità dai 4 ai 6-7 giorni, per l’azione di ormoni come l’estradiolo e il testosterone, l’atleta ha una predisposizione per l’allenamento alla forza. Invece nella seconda fase, dopo il quindicesimo giorno, quando ti avvicini al ventottesimo o al trentesimo giorno, a causa del progesterone e dell’estradiolo che si abbassa, l’atleta inizia a essere un po’ meno ricettiva alla forza e ad avere sensazioni di debolezza. Questa è per sommi capi la fisiologia, che vi invito ad approfondire con un medico. In più nella seconda fase la temperatura corporea può alzarsi e per alcune può essere un disagio.

Un problema in più per l’estate?

Se devi allenarti o gareggiare a luglio e agosto, è un disagio che si aggiunge. Per questo un allenatore deve stare attento a queste fasi, conoscere bene l’atleta e creare un dialogo aperto. In questo modo si può tendere a lavorare un po’ più sulla forza nella prima fase, prediligendo la resistenza e il fondo nella seconda.

Al punto da stabilire il calendario gare in base al ciclo?

Questo no, anche se è tema di dibattito. Il punto di partenza è che lavoriamo normalmente perché una ragazza deve essere comunque pronta ad affrontare certe sfide, anche importanti, pur avendo il ciclo mestruale. Quando parliamo con loro, capita di domandare cosa farebbero se avessero il ciclo durante un Giro d’Italia (in apertura il Tour Femmes, ndr). Qualche disagio c’è di sicuro, ma spesso ad esso si lega anche a un fattore psicologico. Se l’atleta si mette in testa che nel periodo del ciclo non riesce ad andare, si preclude tanto. E’ quello che nei maschi si è sempre pensato o detto a proposito del sesso. Se vai con la tua compagna qualche giorno prima, la prestazione ne risente? Non ci sono studi che lo dimostrino, a meno chiaramente di eccessi, però in tanti si crea il tarlo in testa, che può incidere sulla prestazione e l’approccio alla gara.

Elisa Longo Borghini ha raccontato di aver vinto il Fiandre 2024 nonostante avesse il ciclo
Elisa Longo Borghini ha raccontato di aver vinto il Fiandre 2024 nonostante avesse il ciclo
Il fatto di scrivere il calendario con Elisa serve quindi più a programmare l’allenamento che le gare?

Esatto. Ho fatto un diario Excel dove metto i vari periodi. Così vedo l’allenamento che facciamo e magari lo posso anche modulare un po’ più sulla forza o sulla resistenza. In più dall’anno scorso ho aggiunto anche le fasi lunari, che penso non abbia mai fatto nessuno. Anche qui non trovi niente nella letteratura scientifica, però è un fatto che i processi naturali ne siano influenzati. Possono avere un’incidenza sulla sopportazione dei carichi di lavoro? Non lo so ancora, però intanto annoto e osservo. E’ ricerca anche questa.

Sarebbe utile avere il riferimento al ciclo nelle piattaforme di allenamento?

Secondo me sì. Non tanto per le fasi lunari, che magari è anche troppo avanti, però sarebbe utile per l’atleta nel rileggere i suoi lavori e ancora di più per l’allenatore. Ad oggi non è previsto, per cui chi lavora con atleti donna, si organizza come meglio può, cercando di aggiungere il ciclo ai vari parametri su cui impostare il lavoro.

A proposito di condizionamento psicologico, Elisa ha raccontato di aver vinto il Fiandre nonostante il ciclo.

Esatto, ma anche lei, come certamente vi ha detto, ha dovuto sconfiggere quel famoso tarlo. Successe quando vinse un campionato italiano a cronometro e si rese conto che più della fisiologia, contava la determinazione. Si rese conto che la prestazione era rimasta al suo livello e da lì c’è stato pian piano un cambiamento, che appunto ha portato alla vittoria del Giro delle Fiandre.

Dalla prossima stagione, Slongo sarà responsabile dei tecnici al UAE Team Adq (immagine Instagram)
Dalla prossima stagione, Slongo sarà responsabile dei tecnici al UAE Team Adq (immagine Instagram)
Quindi il fatto che ci sia un flusso ematico non incide sulla fisiologia, portando ad abbassamento di valori?

Non sono un medico, lo ripeto, ma a me non risulta. E’ più un discorso di disagio e di squilibrio ormonale. Nella fase finale del flusso hai più forza, nella seconda fase quando manca circa una settimana prima di riaverlo hai una fase di spossatezza, dove hai poca forza e anche meno voglia di fare fatica.

Le ragazze parlano facilmente di questi argomenti con l’allenatore?

Bisogna creare un dialogo aperto e costruttivo anche con le giovani. E’ sempre un argomento che possono ritenere invasivo, quindi bisogna creare prima un rapporto di fiducia e poi eventualmente se ne può parlare. Non è per caso che negli anni scorsi alla Lidl-Trek e dal prossimo con il UAE Team Adq, il medico delle donne sia una donna.

Permette di aggirare il comprensibile pudore?

E’ un modo più facile, da donna a donna, per parlare di certi argomenti. Perché è difficile che possa avere con tutte lo stesso rapporto che ho ad esempio con Elisa e capisco che per le più giovani che arrivano in squadra sia meglio parlarne con una donna. Sarà poi il medico a offrire il feedback all’allenatore, tenendo conto di tutte le variabili. Perché ci sono i casi di atlete che hanno un ciclo regolare, quelle che ce l’hanno irregolare e addirittura quelle che non ce l’hanno da periodi più o meno lunghi. Le casistiche sono molteplici, il tema merita sicuramente attenzione.

Il riscatto di Elisa con Sangalli e Slongo: «La risposta giusta»

28.09.2024
4 min
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ZURIGO (Svizzera) – Piove senza sosta dal mattino. Le strade sporche hanno ridotto le biciclette un accumulo di tubi e fango, le ragazze che le cavalcano attraverso la zona mista hanno facce nere e le labbra che tremano. Oggi la Svizzera ha mostrato un assaggio della sua durezza e per questo sul traguardo alla fine si sono presentate solo 81 delle atlete partite. Paolo Sangalli arriva dopo aver parlato ai microfoni della televisione, con l’aspetto soddisfatto, come chi si è appena alzato da tavola e se ne va con un buon sapore in bocca. Non il migliore, probabilmente, ma comunque un bel ricordo. Il bronzo di Elisa Longo Borghini ha dato un senso a tanta fatica.

«Avevamo in testa l’oro – dice – ma è andata così. Abbiamo portato a casa una medaglia e ricordiamoci che Elisa ha battuto in volata una come la Lippert che è veloce. Dopo un certo chilometraggio, le velociste soffrono, mentre Elisa ha un gran motore. Ha vinto Kopecky, ma Elisa l’ha staccata. Da sola non poteva tirare dritto, chiaramente. Oggi Vollering non era performante e in macchina ci siamo accorti di questa cosa, come pure di Kopecky. Però lei è un corridore di classe…».

Il cittì Sangalli in zona mi sta si è detto molto soddisfatto della gara di Longo Borghini
Il cittì Sangalli in zona mi sta si è detto molto soddisfatto della gara di Longo Borghini

Un tarlo da scacciare

C’era da riequilibrare la delusione di Parigi. Da fare pace con il ruolo di leader della squadra, come anche Elisa ci aveva confidato in un video girato nell’hotel degli azzurri martedì sera, alla vigilia del Team Relay in cui ugualmente è venuto il bronzo. C’era da proseguire il filotto meraviglioso di questo 2024 che ha portato il Fiandre e il Giro d’Italia a un’atleta di 32 anni, che solo adesso sembra aver capito a fondo le sue potenzialità.

«Avevamo entrambi questo tarlo dall’Olimpiade per una giornata storta – dice ancora Sangalli – altrimenti l’Olimpiade sarebbe finita in questo modo. Oggi Elisa ha dimostrato tutto il suo valore sotto un diluvio universale e fino all’ultimo ha fatto vedere che poteva vincere. Chiaramente una come lei non la fanno andare via, ma sarebbe bastato che si fossero guardate un attimo e lei avrebbe tirato dritto. Avevamo individuato quello strappo per attaccare all’ultimo giro e per poco non riusciva il colpo. Però va bene così, una medaglia di assoluto valore in un livello di ciclismo femminile davvero alto. Mentre le altre ragazze hanno pagato questo tempo. Loro sono delle scalatrici e hanno avuto freddo, però devo ringraziare la Federazione per i mezzi che ci ha dato. La Gabba R è stata veramente fantastica. Elisa l’ha tolta prima dell’ultimo strappo ed è servita a tenerla calda e asciutta sino in fondo».

A Parigi una giornata storta, oggi Elisa ha mostrato tutto il suo valore
A Parigi una giornata storta, oggi Elisa ha mostrato tutto il suo valore

Una carriera ancora lunga

Questi 32 anni, che sembrano non essere un limite ma un grande valore aggiunto, tornano anche nei ragionamenti di Paolo Slongo. Dal prossimo anno, l’allenatore trevigiano seguirà Elisa Longo Borghini in una nuova avventura professionale e che oggi potesse essere un bel giorno lo aveva immaginato da tempo. Si potrebbe dire che lo avesse progettato, ma in un così alto livello dello sport suonerebbe come una dichiarazione impudente

«Sapevo che aveva una buona condizione – dice Slongo davanti al pullman dell’Italia – e che aveva preparato bene il mondiale. Purtroppo per un problema di salute ha dovuto saltare il Romandia che magari le avrebbe dato tre giorni di corsa in più. Però siamo arrivati comunque in buona condizione. Elisa secondo me ha corso benissimo. Non è stata come sempre troppo generosa, quindi le va dato merito di una corsa perfetta. Ha provato nel momento giusto, peccato che Vollering abbia dato tutto per prenderla e poi arrivare qui senza neanche prendere una medaglia. Questo è il ciclismo. Pensavo che il podio fosse possibile, soprattutto su un percorso così e la corsa con la pioggia. Penso che da quest’anno sia una nuova Elisa e che possa stare per altri anni a questo livello. Poi nelle donne, se guardate, le carriere si allungano rispetto agli uomini, quindi mi auguro e sono certo che sarà competitiva anche in futuro».

Longo Borghini, un altro bronzo. Nessun rimpianto e tanto cuore

28.09.2024
7 min
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ZURIGO (Svizzera) – Cominciamo dalla fine e dalle lacrime ricacciate giù a fatica, quando Elisa Longo Borghini viene invitata a parlare di Muriel Furrer, scomparsa giusto ieri mentre era in pieno svolgimento la gara degli under 23. Finora si è parlato di questo bronzo mondiale, del modo in cui è venuto, della vittoria di Lotte Kopecky e del correre incomprensibile dell’Olanda. Ma a volte è giusto anche fermarsi, alzare la testa dal manubrio e guardarsi intorno. La serata di colpo si tinge di un’umanità che finora pochi avevano mostrato e forse la grandezza della campionessa piemontese sta nella capacità di fermarsi e pensare.

«Credo che nessuno oggi al via – dice – abbia potuto fare a meno di pensare a lei. Il nostro lavoro è correre, siamo sempre molto concentrate sulla corsa e forse a volte questo non è molto corretto. Dovremmo pensare di più alla nostra salvaguardia. Stamattina, quando la corsa è partita, tutte abbiamo pensato a lei e poi però siamo tornate con gli occhi sulla strada. Correre per me oggi è stato il modo per celebrare la sua vita e quello che amava. Perché Muriel tristemente è morta facendo quello che amava. Alla fine aveva tre anni più di mia nipote e pensare che potrebbe essere toccato a lei mi ha toccata particolarmente. Ho pensato tanto a mia cognata e a mio fratello e a tutta la mia famiglia. Muriel era una ragazza che avrebbe corso con me, era una parte del gruppo».

Ha corso per sbancare Zurigo e Dio solo sa se non ce l’ha messa tutta. In corsa è stata la più forte. Nessun attacco in salita l’ha sorpresa. E alla fine, nonostante il suo attacco a fondo sull’ultimo strappo, ha avuto le gambe per fare una volata per lei magistrale. In certi sprint, Lotte Kopecky non la batti e per ottenere il bronzo Elisa ha dovuto stringere davvero i denti. Ora è stretta nella sua giacca azzurra, con le guance che iniziano a riprendere colore. La giornata è stata davvero dura, fredda e fradicia. Per arrivare in fondo è servito davvero tirare fuori ogni grammo di carattere rimasto.

Cosa hai pensato al momento di attaccare?

A due chilometri dall’arrivo mi sono detta: «Non fa niente se non vado sul podio. Sono venuta per vincere e ho fatto tutto quello che potevo». Ero orgogliosa di quello che avevo fatto fino a quel punto.

Pensavi che Vollering riuscisse a seguirti in quel tuo scatto?

Lo speravo. Il guaio è che Demi era disperata per vincere questa corsa ed è normale che quando un corridore vuole davvero troppo una corsa, alla fine non ci riesca. Non è andata perché le altre hanno avuto qualcosa di più, ma sono molto felice di questo bronzo.

Per Sangalli e Longo Borghini il mondiale è stato la rivincita dopo Parigi
Per Sangalli e Longo Borghini il mondiale è stato la rivincita dopo Parigi
Ti sei ritrovata da sola in mezzo a due belghe e quattro olandesi, eppure alla fine sul podio ci sei andata…

Ho sempre rispetto per i miei avversari. Ma faccio sempre la mia corsa. Se pensi troppo agli altri, finisce che sbagli anche tu. Per cui controllo quello che posso e per il resto mi concentro sul mio risultato.

La sensazione è che ti sia divertita, possibile?

Tantissimo! Sono contenta di come è andata la corsa, sinceramente. Ci eravamo proposti di arrivare qui con la nazionale per vincere la gara. Le ragazze sono venute per aiutare me e oggi lo hanno fatto veramente. Ci hanno provato, per cui un ringraziamento speciale va a loro. Se ci penso, in maniera particolare a Elisa Balsamo che si sposerà il primo di ottobre e oggi era qui a tirare per me. E poi vorrei spendere una parola di ringraziamento per Soraya Paladin. Sicuramente la prova di mercoledì nel Team Relay non l’ha lasciata soddisfatta ed ero sicura che quello non fosse il suo vero valore. Oggi invece ha dimostrato di essere veramente forte e ai miei occhi ha fatto una gara splendida.

In conferenza stampa qualcuno sosteneva che il bronzo possa essere una delusione, invece?

Invece no. Ci abbiamo provato, abbiamo provato in tutti i modi a vincere la corsa ed è arrivato un bronzo che mi soddisfa. Sono riuscita a dare il mio 100 per cento e anche in volata non era scontato arrivare sul podio. Invece ci sono riuscita e sono orgogliosa di me stessa.

Sei partita lunghissima, scelta ragionata?

Ho visto gambe stanche e soprattutto ho visto Vollering davvero in crisi per questa voglia di vincere. Sapevo che avrebbe tirato e così ho provato a lanciarla lunga, proprio perché so di essere un’atleta di endurance e in una gara così le volate non sono scontate. Qualche anno fa probabilmente non sarei riuscita a salire su questo podio e probabilmente questo è sintomo di una crescita sia fisica e mentale, dettata da molti fattori.

Elisa Balsamo ha accettato la convocazione e ha tirato per la Longo, con il matrimonio in programma per il primo ottobre
Elisa Balsamo ha accettato la convocazione e ha tirato per la Longo, con il matrimonio in programma per il primo ottobre
Ti sei sentita la più forte in corsa? Prima della volata, la sensazione da fuori è stata questa…

Sì, mi sono sentita la più forte. Anche Demi Vollering era forte, ma secondo me non ha avuto il giusto equilibrio. Con questo non voglio mettere in croce la povera Demi, perché alla fine anche lei avrà provato a fare il meglio, ma le cose vanno così. E quindi chapeau anche a lei che ci ha provato al cento per cento. Se penso a me, potrei aver avuto la stessa ossessione a Parigi, però a me lì sono proprio mancate le gambe.

Con Slongo si parlava di quanto sia stata positiva questa tua stagione, che ad ora forse è la migliore della tua carriera…

Sì, effettivamente ci ho pensato brevemente sul podio. Non ero molto sicura di me stessa questa estate, soprattutto quando sono caduta e sono rimasta fuori dal Tour. Mi sono sentita sciocca a cadere in allenamento e auto eliminarmi, però ancora una volta devo ringraziare tantissimo proprio Slongo. Mi ha sostenuto e mi ha detto che saremmo arrivati al mondiale in ottima condizione. Anche prima del Romandia sono stata male una notte e non sono riuscita a parteciparci, ma Paolo non ha mai perso le speranze. Per fortuna, direi, perché io invece ero un pochino indecisa.

Le ultime parole in sala stampa, prima della meritata doccia e di un bel brindisi
Le ultime parole in sala stampa, prima della meritata doccia e di un bel brindisi
Riguardo a cosa?

Nell’ultima settimana, prima di arrivare qui, gli ho disobbedito tantissimo. Sono uscita a cercare delle risposte sulle salite, a fare i miei best sui 10 minuti, a cercare di fare i tempi. Paolo continuava a dirmi che dovevo stare tranquilla perché ero in forma, mentre io cercavo risposte a destra e a sinistra. Poi alla fine mi ha ripresa e a quel punto gli ho detto: «Ok, va bene, forse hai ragione tu». Ed era vero. Anche questa volta ha avuto ragione lui.

SC Padovani: 40 anni dopo, un ritorno in grande stile

29.08.2024
5 min
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Il panorama delle squadre under 23 ed elite italiano si allarga, è notizia di questi giorni che la SC Padovani tornerà a formare una squadra nella categoria che tanti successi ha regalato in passato. Dopo 40 anni il team riprende il filo con l’ultima categoria del ciclismo dilettantistico e lo fa con un progetto giovane ma che ha al suo interno dei mix diversi di esperienza e conoscenze tecniche. Si legge, infatti, sul comunicato divulgato, che il team manager sarà Alessandro Petacchi (in apertura con Ongarato e il presidente Peruzzo, photors.it) mentre nello staff tecnico entrano figure come Paolo Slongo e Carlo Guardascione

Ritorno alle origini

Alberto Ongarato, ex corridore professionista e ora figura di riferimento per la SC Padovani, tanto da ricoprire il ruolo di vice presidente, racconta di un progetto nato anni fa ma con un obiettivo unico, concretizzato proprio in questi giorni. 

«Era da quando sono entrato a far parte del team – racconta Ongarato – nel 2012 che ragioniamo insieme a Martino Scarso (anche lui ricopre il ruolo di vice presidente, ndr) su come rendere concreta l’idea di formare una formazione under 23 ed elite. Abbiamo sempre svolto attività nel miglior modo, dapprima organizzando la Gran Fondo di Padova e poi lavorando con i più giovani. Fino a quest’anno abbiamo avuto una formazione juniores, che cesserà di esistere. L’idea è stata, fin dai primi giorni del 2012, di ambire a creare un team per la categoria massima del ciclismo italiano, chiederemo infatti l’affiliazione come continental. Il ciclismo è cambiato e si è evoluto e avere un team continental è il massimo a cui si riesce ad ambire ora. In Italia abbiamo delle formazioni professional ma sono poche, quindi le continental acquistano sempre più spazio».

La SC Padovani è la società più longeva nel mondo del ciclismo (foto Facebook)
La SC Padovani è la società più longeva nel mondo del ciclismo (foto Facebook)
Le figure coinvolte fanno capire l’importanza che si vuole dare al progetto, come saranno coinvolte?

Alessandro Petacchi sarà il nostro team manager e curerà i rapporti tra i vari componenti del team: ragazzi, staff, presidente, ecc. Sarà anche l’uomo immagine e seguirà gli atleti in qualche trasferta, compatibilmente ai suoi impegni in RAI. Posso dire di averlo visto molto motivato. Credo che per un ex corridore come lui sia stimolante entrare in un team come il nostro. 

Poi ci sono i membri dello staff tecnico come Slongo e Guardascione.

La loro presenza è arrivata grazie a diverse conoscenze. Il nostro sponsor principale in questa avventura con la Padovani: Polo Ristorazione Spa, è stata accanto al team Bahrain anni fa. Una serie di conoscenze che ci hanno permesso di entrare in contatto, senza considerare il fatto che anche io sono stato professionista dal 1998 al 2011. Guardascione uguale, lo conosciamo da anni e quando gli abbiamo parlato si è dimostrato subito interessato

Tra le sue fila sono nati tanti campioni, qui Alberto Dainese in forza alla Padovani nel 2016 (photors.it)
Tra le sue fila sono nati tanti campioni, qui Alberto Dainese in forza alla Padovani nel 2016 (photors.it)
Due figure importanti da inserire in un team under 23 ed elite. 

Vero, ma dobbiamo considerare che se vogliamo fare una formazione continental l’idea è di confrontarsi con l’estero. E al di fuori dell’Italia ci sono le squadre di sviluppo delle formazioni WorldTour che lavorano con lo stesso staff dei grandi. Avere delle figure di grande conoscenza è fondamentale per crescere.

Lo staff come sarà formato?

Avremo tre diesse e uno di questi è una figura importante nel mondo dilettantistico come Lampugnani. Ci saranno anche cinque accompagnatori e dei meccanici. Alcuni membri del personale mancano ancora ma stiamo valutando tanti profili, per scegliere al meglio. La Padovani comunque parte da una base solida, in questi anni ha avuto una formazione juniores. 

I primi contatti con Petacchi sono arrivati al Giro d’Italia nella tappa di Padova
I primi contatti con Petacchi sono arrivati al Giro d’Italia nella tappa di Padova
A proposito, il team juniores non rimarrà, perché?

No. Abbiamo deciso di toglierlo. La scelta è legata anche a diverse problematiche nate con i genitori dei ragazzi. A 17 e 18 anni i genitori sono coinvolti, ma quando sono eccessivamente presenti non è facile. Ci siamo anche resi conto che un lavoro come il nostro fosse bello a livello di formazione dei ragazzi che però poi venivano attratti anche da altri team juniores e perdevamo il lavoro fatto. 

Però in Italia ci sono 13 formazioni continental, non si rischia di entrare in un mercato già saturo?

Le voci dicono che qualche squadra si sta ridimensionando. Il rischio di non correre certe gare o di non ricevere gli inviti c’è, ma dobbiamo lavorare bene e meritarceli. All’estero ci sono tante occasioni, chiaro che vanno meritate anche quelle. Per il numero di squadre penso che sia meglio avere abbondanza, i ragazzi che vogliono correre in bici ci sono. 

Polo Ristorazione Spa sarà lo sponsor principale per la stagione 2025 (foto Facebook)
Polo Ristorazione Spa sarà lo sponsor principale per la stagione 2025 (foto Facebook)
Quanti atleti avrete?

12 o 13 in tutto. Siamo già a un buon 70 per cento di posti presi, ne avanzano cinque. Da quando è uscita la notizia siamo stati bombardati di telefonate e richieste da procuratori e atleti. Anche il fatto di avere gli elite è in funzione del ciclismo italiano. A 21 o 22 anni i ragazzi vengono considerati maturi, ma non è detto. Serve equilibrio. La nostra idea è di fare attività doppia concedendo a tutti le giuste occasioni in base alle qualità e agli impegni. 

Non resta che augurarvi buona fortuna e aspettare i primi riscontri.

Grazie! A presto.

Longo Borghini a Parigi: per Slongo sono finiti gli zuccheri

08.08.2024
7 min
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Paolo Slongo risponde da casa. Il suo impiego in questa fase dell’anno è blando. Alla Lidl-Trek infatti ha solo corridori da seguire e la sua occupazione principale è allenare Elisa Longo Borghini. I frutti si sono visti, il Giro d’Italia è solo l’ultimo in ordine cronologico. Quello che però ha colpito è stato il passaggio a vuoto di Elisa alle Olimpiadi. Nel volgere di un giro del circuito di Montmartre, la piemontese è passata dallo sferrare un attacco allo spegnersi di colpo. Che cosa è successo?

Di ipotesi ne abbiamo fatte tante. La prima è la possibilità che la “Longo” fosse obiettivamente stanca, dopo un Giro che l’ha impegnata fino all’ultimo chilometro dell’ultimo giorno. La seconda, che si somma alla prima, è che l’intervallo troppo lungo tra fine Giro e la gara olimpica non sia stato utile per il mantenimento della condizione. La terza, croce del ciclismo femminile di questi tempi, è che come tutte le atlete di valore, anche Longo Borghini è chiamata da anni a fare gli straordinari. E così dopo le classiche è venuta la Vuelta, poi il Giro di Svizzera, il Giro d’Italia, quindi le Olimpiadi e adesso il Tour, poi Plouay infine i mondiali.

Elisa Longo Borghini ha finalmente vinto il Giro d’Italia, vestendo la rosa dall’inizio alla fine
Elisa Longo Borghini ha finalmente vinto il Giro d’Italia, vestendo la rosa dall’inizio alla fine

Slongo ha il polso diretto della situazione e a sua volta gestì l’avvicinamento perfetto di Nibali alle Olimpiadi di Rio. Il siciliano arrivò fortissimo, ancorché sfortunato, dopo aver vinto il Giro e avero corso un Tour da comprimario. Proviamo pertanto a entrare con Paolo nella pianificazione della stagione di una top rider come Elisa Longo Borghini. Perché lei è fortissima e sorride, ma il serbatoio rischia ugualmente di svuotarsi.

Caro Paolo, è possibile che il Giro sia costato ad Elisa più di quanto si potesse prevedere?

Sicuramente il Giro d’Italia è costato e la cronometro che ha fatto all’Olimpiade va analizzata su due binari. Il primo binario è che a livello prestativo, per i wattaggi che ha espresso, è stata in linea con quelli della crono vinta al Giro d’Italia, ma li ha tenuti più a lungo, viste le diverse distanze. E poi però c’è il binario legato al percorso. I tanti cambi di direzione e le cadute di altre atlete hanno fatto sì che facesse le curve molto piano. Di conseguenza, oltre alla curva, c’erano da fare tutti i rilanci. Quindi probabilmente la prestazione in termini di wattaggio non si è tradotta nel tempo che ci aspettavamo.

Mentre su strada?

Alla strada è arrivata un po’ tirata. Non stanchissima, però comunque aveva lavorato anche i giorni prima a Parigi e c’era un po’ di caldo. Quindi è arrivata alla gara senza la sicurezza che ha di solito. Però comunque la corsa si era impostata bene, probabilmente là c’è stato un problema.

La crono di Longo Borghini ha mostrato valori migliori che al Giro, ma la resa non è stata la stessa
La crono di Longo Borghini ha mostrato valori migliori che al Giro, ma la resa non è stata la stessa
Di che tipo?

A mio avviso, anche avendone parlato con lei dopo la gara, può esserci stato un problema di alimentazione. Nel senso che anche non essendo al 100 per cento, Elisa non si può staccare a quel modo. Le si è proprio spenta la luce, come ha detto anche lei. Era caldo e so che gli organizzatori avevano previsto solo pochi punti per il rifornimento. Quindi probabilmente per una somma di fattori, le cose sono andate così.

Secondo te non c’è troppo lavoro nei programmi di Elisa? Giro, Olimpiadi, Tour…

In realtà, già parlando con la squadra durante l’inverno, al Tour si andrà per dare una mano. L’appuntamento di Elisa era il Giro, in Francia semmai punterà a qualche tappa che le si addice. Poi vedranno i direttori che sono là. Sicuramente sarà un una cosa strana per lei, che io ho vissuto già con Nibali.

In che senso?

L’atleta che è abituato ad essere sempre davanti, fa fatica a mollare o gli sembra brutto. Però il punto di partenza è quello di non fare classifica. Dopo il Tour andrà a Plouay (25 agosto) e poi avrà un grosso periodo di stacco che la porterà al mondiale (28 settembre). Con l’idea di arrivarci senza correre.

C’era il sentore dopo il Giro che ne fosse uscita più provata di altre volte?

E’ normale che quando fai classifica sia così. Però quello che è successo a Parigi non dipende da affaticamento, quanto dalla chiusura del… rubinetto del glicogeno. Era comunque difficile andare a medaglia, però Elisa sarebbe stata comunque protagonista sino in fondo.

Un giro prima di staccarsi, Longo Borghini attaccava: il calo di zuccheri spiegherebbe il cedimento
Un giro prima di staccarsi, Longo Borghini attaccava: il calo di zuccheri spiegherebbe il cedimento
Perché si cade in simili errori?

Per un insieme di cose. Come dicevo, c’erano pochi punti dove gli organizzatori lasciavano la disponibilità di fare il fornimento. Tra questi, c’era lo scollinamento delle salite, dove andavano a tutta e non prendevano da mangiare. Erano dei posti obbligati e questo ha fatto sì che a mio avviso Elisa non sia riuscita ad alimentarsi e bere come doveva.

Hai fatto il paragone con Vincenzo e ci sta: col fatto che vanno forte dappertutto, certi atleti sono condannati a essere sempre sulla corda.

Quest’anno Elisa ha vinto il suo primo Giro e prima aveva vinto il Fiandre. E’ l’italiana di riferimento quindi tutti si aspettano qualcosa e questa cosa ce l’hanno in comune. Però non è sempre possibile, non puoi sempre accontentare tutti. Non puoi esserci sempre, bisogna fare delle scelte come abbiamo iniziato a fare. Con Vincenzo dichiaravi che a certe gare non facevi classifica o non saresti stato competitivo, per esserlo poi in quelle cui puntavi.

Ecco il punto. Nell’anno di Rio, anche se poi cadde, Nibali andò al Tour e non fece classifica. Elisa invece ha fatto il Giro lottando fino all’ultimo giorno.

E ha tenuto la maglia dal primo all’ultimo giorno. E’ stata una corsa usurante, ma la condizione successiva non era male, però non era neanche quella del Giro. E’ sempre una transizione, la gestione del recupero e il ritorno alla condizione.

Dopo l’arrivo della prova su strada, Balsamo e le altre azzurre sono andate a rincuorare Elisa
Dopo l’arrivo della prova su strada, Balsamo e le altre azzurre sono andate a rincuorare Elisa
Sapendo che c’erano le Olimpiadi, non poteva essere il caso di non lottare per il Giro e puntare invece sul Tour?

E’ una domanda un po’ strana da fare ora… Diciamo che il Giro era un obiettivo che interessava alla squadra, ma anche a Elisa. Era una cosa dichiarata, anche se non si può mai sapere come vanno le cose. Lo stesso discorso vale per Evenepoel. Ha fatto il Tour e ha vinto l’Olimpiade, quindi non è una regola fissa che nel Grande Giro prima della gara importante non si debba tenere duro. Si individua un periodo e cerchi di andare forte in quel periodo. Arrivi al top per il Giro e cerchi di andare forte anche dopo due settimane alle Olimpiadi. Non è facile, molto meno che parlarne dopo.

Hai parlato di Evenepoel, la differenza è che il Tour è finito una settimana prima delle Olimpiadi. Sarebbe cambiato qualcosa per Elisa, che invece ha avuto due settimane dopo il Giro?

Sì, sicuro. Dopo un Grande Giro la condizione ce l’hai e se resti concentrato, più vicina e meglio è. Remco è stato avvantaggiato sotto questo aspetto.

Lefevere ha detto che al team cambia poco che Evenepoel vinca le Olimpiadi, alla Lidl-Trek cambiava qualcosa che Longo Borghini vincesse?

Diciamo che il Giro era un obiettivo della squadra e di Elisa. Le Olimpiadi sono più dell’atleta e della nazionale, sapendo che non è matematico andarci e vincere. Perciò quello che puoi fare è individuare un periodo in cui trovare e tenere la forma e poi prendo quello che viene. Visto il percorso di Parigi, Elisa sarebbe arrivata in finale con le prime. E a quel punto, scappata la Faulkner, sarebbe arrivata quinta. Alle Olimpiadi fra quinta e nona cambia poco o niente. E’ stato strano vederla spegnersi di colpo a quel modo, ma non perché non ne avesse più, ma solo perché ha avuto una crisi di zuccheri. Tant’è vero che poco prima aveva provato anche ad attaccare. Fino a un certo punto stava bene, poi, come succede, finisci il carburante. Quello buono, il glicogeno, gli zuccheri, i carboidrati.

Elisa Longo Borghini ha preparato la campagna del Nord, vittoria del Fiandre inclusa, sul Teide
Elisa Longo Borghini ha preparato la campagna del Nord, vittoria del Fiandre inclusa, sul Teide
Come si recupera freschezza dopo il Tour andando verso il mondiale?

Sicuramente farà una settimana di stacco mentale e dalla bici. Poi secondo me non perdi tutto quello che avevi prima e gradualmente ritorni al tuo livello. Dovrebbe andare ad Andorra a fare un richiamo di lavoro in altura e arrivare al mondiale senza gare. Tante volte se cambi l’altura, è anche stimolante. Non fai le stesse strade, gli stessi percorsi. Lei è stata tante volte a Sestriere, più di una volta al San Pellegrino e siamo stati una volta sul Teide. Credo che dopo un così lungo periodo di recupero, a Zurigo saremo di nuovo competitivi.