Da atleta a riferimento per le giovani. Sangalli rivede la “sua” Marta

18.09.2025
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Il “pasillo de honor” che le hanno riservato compagne e colleghe al Tour de Ardeche è il meritato tributo che si è guadagnata negli anni di carriera. Sulle strade di una gara che l’ha vista vincente e protagonista nel 2023 in un tentativo del proprio rilancio, Marta Cavalli ha salutato il ciclismo come avevamo potuto intendere dopo averla incontrata all’Italian Bike Festival di Misano.

Possiamo solo immaginare quanto sia costato a Marta prendere una decisione simile in termini di sentimenti legati al suo sport e, aggiungiamo noi, anche in termini di risultati sottratti dopo l’incidente patito al Tour Femmes 2022. Le botte fisiche e morali conseguenti a quel brutto episodio sono state le sue “porte girevoli”. C’è un gran bel prima e un complicato dopo da quel pomeriggio vissuto in mezzo alla campagna a pochi chilometri da Provins.

Adesso però c’è un presente, anzi ci sarà un futuro tutto nuovo per la 27enne cremonese di San Bassano, come riporta una frase del suo messaggio d’addio pubblicato sui profili social: «E’ il momento di scoprire il mondo da un’altra angolatura e di vivere una vita sicuramente più “normale”».

Il “pasillo de honor” tributato a Marta all’Ardeche, l’ultima gara della sua carriera (foto Florian Frison)
Il “pasillo de honor” tributato a Marta all’Ardeche, l’ultima gara della sua carriera (foto Florian Frison)

Cruccio di Sangalli

Chi l’ha conosciuta bene e non è mai riuscito a convocarla per varie contingenze è l’ex cittì Paolo Sangalli. Abbiamo chiesto all’attuale diesse della Lidl-Trek di tracciare un ritratto del percorso di Cavalli.

«Nelle tre stagioni da cittì – racconta – il mio più grande rammarico è stato quello di non aver mai avuto Marta a disposizione per europeo o mondiale. Il 2022 lo aveva iniziato in modo incredibile con una primavera splendida vincendo Amstel, Freccia Vallone e la classica in vetta al Mont Ventoux. Al Giro Donne era stata protagonista, chiudendo seconda dietro Van Vleuten. Tutte quelle prove mi avevano ampiamente convinto a portarla al mondiale di Wollongong. Nei miei piani iniziali, lei e Longo Borghini erano le due punte su cui fare la corsa.

«L’avevo seguita da vicino al Giro – prosegue Sangalli – e sapevo, speravo che avrebbe fatto bene anche al Tour Femmes. Poi alla seconda tappa arriva quello che per me è stato un attentato più che un incidente. L’australiana Frain non ha frenato e ha travolto Marta che stava ripartendo da ferma dopo aver evitato una caduta. Se andiamo a rivedere le immagini, vengono ancora i brividi. Rispetto alla botta che ha preso, le è andata bene, l’ho sempre detto. Quello è stato l’anno zero di Marta».

Esultanza marchio di fabbrica. Cavalli vince il tricolore nel 2018 con un colpo da finisseur (foto Twilcha)
Esultanza marchio di fabbrica. Cavalli vince il tricolore nel 2018 con un colpo da finisseur (foto Twilcha)

Voglia di non mollare

Se il 2022 si era rivelato come l’apice, il cammino per toccare quel livello aveva attraversato fasi non semplici da cui Cavalli era sempre uscita.

«Conosco Marta – ricorda Sangalli, che è stato per tanto tempo il vice dell’ex cittì Salvoldi – da quando era allieva ed è sempre stata una ragazza che mi è molto piaciuta, sia in bici che giù dalla bici. Ho sempre avuto un bel rapporto con i suoi genitori, anche perché ci siamo sempre ritrovati nei momenti difficili. Già al secondo anno da juniores Marta era stata capace di superare le conseguenze di una brutta caduta in pista che l’aveva tenuta ferma per sei mesi (e più di venti giorni di ospedale, ndr).

«Nel 2018, a soli due anni da quel giorno – va avanti – e quindi al secondo anno da elite, seppe vincere il campionato italiano con un colpo da finisseur negli ultimi metri anticipando nell’ordine Bertizzolo, Bronzini e Bastianelli che erano pronte alla volata generale. Fu un numero da grande atleta. Questo è il ricordo più bello proprio perché aveva dimostrato un grande carattere dall’incidente in pista. Certo bisogna riconoscere che Marta è stata tanto sfortunata nell’arco della sua carriera».

Le Fiamme Oro, per cui è tesserata, sono nel futuro di Cavalli, ma per Sangalli la sua esperienza può essere utile per le giovani
Le Fiamme Oro, per cui è tesserata, sono nel futuro di Cavalli, ma per Sangalli la sua esperienza può essere utile per le giovani

Momenti sbagliati

Ha ragione Sangalli, il credito di Cavalli con la buona sorte è davvero alto. E naturalmente tutto ciò avrebbe minato la solidità mentale di qualunque persona, anche non necessariamente un’atleta.

«Dopo l’incidente al Tour 2022 – riprende il tecnico milanese – sembrava sulla via del recupero, invece è iniziato un mezzo calvario perché con una certa frequenza saltavano fuori nuovi problemi ed altre complicazioni. Nonostante tutto Marta nel 2023 era riuscita a ritrovare un buon livello vincendo quattro gare, per nulla semplici (tappa e generale sia al Tour des Pyrénées sia all’Ardeche, ndr), andando sul podio ai campionati italiani a crono e in linea e disputando sia Giro che Tour. L’anno scorso invece, un paio di giorni prima del Giro Women, è stata investita da un automobilista finendo all’ospedale.

«E’ ovvio – dice con amarezza Sangalli – che tutte queste circostanze ti destabilizzano, alla luce dell’attuale ciclismo. Marta è stata un corridore completo, ma ha dovuto sempre inseguire la migliore condizione dal 2022 in poi. Mi sento di dire, se mi concedete un gioco di parole, che la grande sfortuna di Marta è stata quella di essere sfortunata nel momento sbagliato. Nel ciclismo di adesso è molto difficile recuperare bene ed in fretta da un qualsiasi infortunio, a maggior ragione se pesante. Penso anche a Elisa Balsamo, ad esempio. Per tornare a livelli veramente alti ci vuole tempo e ora non si riesce a correre per prepararsi. Devi essere già pronta».

Nel 2017 a Sanremo arriva la prima vittoria da elite di Cavalli dopo un brutto incidente in pista avvenuto l’anno prima (foto Ossola)
Nel 2017 a Sanremo arriva la prima vittoria da elite di Cavalli dopo un brutto incidente in pista avvenuto l’anno prima (foto Ossola)

Tesoro da non perdere

Quando una persona smette presto di essere un’atleta, l’obiettivo potrebbe essere non sperperare tutto quello che ha imparato e che ha da insegnare alle giovani leve.

«Marta è estremamente intelligente e preparata – sottolinea Sangalli – e potrà fare ciò che vuole lontana dalle corse. Teniamo conto che essendo tesserata per le Fiamme Oro, quindi con la Polizia di Stato, sono certo che saprà portare avanti un certo ruolo. E’ per questo che il suo ritiro dalle gare mi lascia sereno e contento per lei. Ha saputo risolvere problemi molto seri da corridore e per questo penso che la sua vita sarà più in discesa.

«Magari – chiude Sangalli, facendo poi un augurio proveniente dal profondo – convertirà la passione per la cucina e la panificazione ereditata da sua madre in un lavoro (sorride, ndr). Battute a parte, auspico il meglio possibile a Marta, ma soprattutto mi piacerebbe che venisse presa da esempio per le categorie femminili giovanili. Ricordo che nei ritiri della nazionale e dopo le gare, mi confrontavo spesso con lei sulla sua visione. Era un riferimento anche sotto questo aspetto. Non so se qualcuno vorrà coinvolgerla in futuro, però la sua esperienza non deve andare persa».

Lidl-Trek, arriva Sangalli: debutto in ammiraglia al Giro

14.05.2025
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In questi giorni Paolo Sangalli è a casa e morde il freno. Da lunedì sarà al Giro d’Italia, il suo primo Giro d’Italia, sull’ammiraglia della Lidl-Trek e a sentirlo parlarne si coglie l’emozione del debutto. Potrebbe sembrare singolare per un tecnico che ha guidato la nazionale per quattro Olimpiadi e quindici mondiali, ma il Giro è speciale e tutto nelle sue parole lo lascia trasparire.

«Quando mi hanno detto che avrei fatto il Giro – racconta – è stato emozionante, perché comunque per un italiano il Giro d’Italia è il Giro d’Italia. Se ci fosse stato in ballo il Tour, avrei scelto comunque il Giro. Poi è stato tutto un avvicinamento. Dopo la Tirreno, ho fatto il Catalunya, poi il Tour of the Alps e il Romandia. In queste gare trovi quelli che faranno la corsa rosa e cominci a vedere le dinamiche delle squadre, che non conoscevo perché arrivo da un ambiente diverso. E questo mi è stato davvero utile per capire, visto che c’è ancora tanto da imparare».

Paolo Sangalli, classe 1970, da quest’anno è uno dei diesse della Lidl-Trek
Paolo Sangalli, classe 1970, da quest’anno è uno dei diesse della Lidl-Trek

Fino agli ultimi mondiali, Paolo Sangalli è stato il cittì delle donne junior ed elite. E’ subentrato all’amico Dino Salvoldi, quando alla fine del 2021 il bergamasco fu spostato agli juniores, mentre alla fine dello scorso anno, si è trovato d’accordo con Luca Guercilena e ha accettato l’ammiraglia della Lidl-Trek. Tutti si aspettavano che lo avessero preso per guidare le donne, invece è stato assegnato alla squadra WorldTour, pur con qualche apparizione nel devo team e con le donne. E ora arriva il Giro d’Italia: se ci fosse la maglia bianca per i tecnici, Sangalli sarebbe pienamente in lotta.

Coma sta andando questo debutto?

Sono molto, molto contento. Sapevo dal di fuori com’era la squadra, ma posso confermare che non c’è nulla lasciato il caso. Ognuno ha un compito preciso e le cose vengono fatte in modo davvero ultra professionale, sono davvero contento.

In che modo cambia il rapporto con gli atleti?

Dal mio punto di vista, che siano uomini o donne, il rapporto è identico. Chiaramente fra uomini e donne ci sono delle sfumature diverse. In nazionale con le junior ero quasi il papà, mentre con le grandi c’era un altro rapporto. Con i professionisti è ancora un’altra cosa. Ho fatto anche la Roubaix con il devo team e si capisce che sono ancora dei ragazzi. In assoluto il bello in questa squadra è la percezione in tutte le situazioni, che si parli di donne, uomini o under 23, che siamo un solo gruppo.

I mondiali di Zurigo sono stati gli ultimi di Sangalli con le donne, mentre a fine 2024, Elisa Longo Borghini ha lasciato la Lidl-Trek
I mondiali di Zurigo sono stati gli ultimi di Sangalli con le donne, mentre a fine 2024, Elisa Longo Borghini ha lasciato la Lidl-Trek
Secondo te hai provato tante situazioni per prendere le misure e fare esperienza?

Secondo me per farmi entrare nella squadra, in modo da avere una visione complessiva. Tanti di questi direttori sportivi e tanti dello staff ci sono dal 2012, da quando è nata la squadra. Si respira un’atmosfera di squadra vera, consolidata. Quindi il fatto di farmi girare in ogni ambito probabilmente serve per farmi entrare in tutte le dinamiche. E vi assicuro che è una buona scelta, perché adesso ho chiaro come funziona tutto.

Serve anche per legare con i vari membri dello staff?

Certamente, anche se in certe situazioni, vedendo Archetti, Adobati e Cerea, mi sembra di essere ancora in nazionale.

Per il tuo passaggio è stato decisivo il buon rapporto con Luca Guercilena?

E’ stata una cosa nata negli anni. La conoscenza reciproca, anche la frequentazione col capo delle performance Josu Larrazabal. E’ stato un insieme di cose, non è che ci siamo trovati un giorno e l’abbiamo deciso. Ci siamo avvicinati piano piano. In più, io avevo nella testa che dopo quattro Olimpiadi e quindici mondiali, fosse arrivato il momento di cambiare. Non perché stessi male, ma perché probabilmente avevo bisogno di stimoli nuovi. Penso di aver dato tanto in nazionale e tanto ho ricevuto. Sapete come lavoravo, tutta la mia giornata era dedicata a quello. Andavo a vedere le gare delle junior, andavo all’estero a vedere le gare delle grandi. Avevo gli stessi rapporti con le squadre delle piccole e le WorldTour. Avevano la stessa importanza.

La Lidl-Trek è arrivata al Giro con il primo obiettivo di vincere e conquistare la rosa con Pedersen. Ora tocca a Ciccone
La Lidl-Trek è arrivata al Giro con il primo obiettivo di vincere e conquistare la rosa con Pedersen. Ora tocca a Ciccone
Ti capita più di sentire le ragazze della nazionale?

Non come prima, ma le seguo. Domenica c’è stata anche una gara delle junior in Francia, che abbiamo sempre corso anche noi, e ho saputo i risultati in tempo reale. Per le donne ho anche un compito di scouting. Quindi sono molto attento e ci tengo un occhio di riguardo.

Come stai vivendo questa prima settimana di Giro vista in televisione? Stai mordendo il freno?

Non vedo l’ora che venga lunedì e sono contento di cosa hanno fatto sinora. C’è un grande campione che è Pedersen, ma finora c’è stata una grande squadra, non c’è ombra di dubbio. Era un obiettivo chiaro per tutti, ci siamo arrivati pronti e lo abbiamo conseguito. Chiaramente Pedersen non porterà la maglia rosa fino a Roma, ma la terrà il più possibile. Abbiamo visto Ciccone aiutare tutti e Mosca davanti dai primi chilometri. Vedere che c’è la squadra è la cosa più bella (purtroppo ieri la Lidl-Trek ha perso Kragh Andersen per frattura nel polso, ndr). Un po’ mordo il freno, darò il cambio a Kim Andersen e ci presenteremo alla seconda settimana belli freschi anche sull’ammiraglia.

Persico in cerca di Persico si allena (ma non corre) nel cross

18.12.2024
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BENIDORM (Spagna) – Sivia Persico è moderatamente allegra. La giornata fuori è radiosa, i chilometri si stanno sommando e l’obiettivo di riguadagnare un buon posto nel gruppo motiva la bergamasca alla ripresa della stagione. La terza per lei che approdò al UAE Team Adq con il contingente della Valcar di Capo Arzeni. Cose sono andate bene, altre meno bene. Quel che si nota è che il 2024 ha segnato uno stop rispetto alla crescita avviata l’anno prima. Capirne i motivi è il modo giusto per dare una svolta al futuro.

«Il 2023 era andato bene – dice – il 2024 così così. Speriamo che il 2025 sia l’anno giusto, anche per trovare l’equilibrio che forse è mancato. Qualcosa di buono alla fine c’è stato. Ho corso le Olimpiadi e ho imparato tanto. Ad esempio a trovare qualcosa di positivo anche nei momenti negativi. Ho avuto accanto non troppa gente, però quella giusta. Quando si vince, tutti salgono sul carro, ma diciamo che le persone su cui contavo c’erano ancora e questo mi basta».

Alle Olimpiadi con Balsamo, Cecchini e Longo Borghini, guidate da Paolo Sangalli
Alle Olimpiadi con Balsamo, Cecchini e Longo Borghini, guidate da Paolo Sangalli

Sfinita dall’Amstel

Silvia parla veloce e con frasi corte. Mette in fila i passaggi come fasi di una corsa e li sottolinea con sguardi da fumetto con cui parallelamente commenta quello che dice. Le cose che deve dire e quelle che direbbe.

«Sono partita da gennaio con dei problemi al ginocchio – dice – poi per un po’ è andata abbastanza bene. Poi è morta mia nonna e di lì ho avuto un maggio un po’ così, perché non stavo benissimo fisicamente. Non lo so, sembrava che nella squadra ci fosse un po’ di disinteresse per la mia salute. Ne abbiamo parlato e loro dicono che non è così. Avrò capito male. Speriamo che nel 2025 vada meglio, sono sicura che sarà così. E alla fine comunque ho fatto il Covid prima delle Olimpiadi. Per fortuna nel finale di anno le cose sono andate meglio e mi sono ritrovata. Ero molto legata alla nonna, ma non è stata quella la causa di tutto. Però è arrivata in un momento della stagione un po’ particolare. Arrivavo dal Fiandre in crescendo di condizione (settima a 9″ dalla Longo Borghini, ndr) e ho fatto 5-6 giorni senza fare niente. E dopo sono andata a correre l’Amstel e lì secondo me mi sono finita».

In ritiro per Persico e la squadra anche sessioni di lavoro in palestra (foto Aymerik Lassak)
In ritiro per Persico e la squadra anche sessioni di lavoro in palestra (foto Aymerik Lassak)

Le classiche in testa

Silvia Persico che sogna il Fiandre e lotta per il Giro ha visto arrivare in casa sua Elisa Longo Borghini, che ha vinto per due volte la classica dei Muri e nel 2024 finalmente ha conquistato la maglia rosa rincorsa per anni. E’ la situazione giusta per capire la serenità di chi hai davanti. Se arriva qualcuno da fuori e ha la pretesa di raccogliere nel tuo orto, potresti non prenderla troppo bene.

«Invece sono contenta – dice Persico – lavorare per qualcuno che sa finalizzare il lavoro può cambiare molte dinamiche in positivo. Lavorerò per lei, ma avrò anche i miei spazi, contando sul fatto che ora la pressione maggiore sarà tutta sua. Io ho capito che le corse a tappe non sono per me, fare classifica non è la mia passione. Però negli ultimi due anni la squadra mi ha spinto a farlo e posso anche capirli, visto che nel 2022 ero andata forte sia al Giro sia al Tour. Però io preferisco le classiche, andrei in un Grande Giro per puntare alle tappe. Doveva essere così anche nel 2024, così almeno era nella mia testa, ma in quella della squadra. Anche perché nell’ultima tappa del Giro Women ho scoperto di avere il Covid, quindi il mio Giro è finito così».

Europei gravel: il cittì Pontoni con Persico e Arzuffi, rispettivamente seconda e terza alle spalle di Sina Frei (foto FCI)
Europei gravel: il cittì Pontoni con Persico e Arzuffi, rispettivamente seconda e terza alle spalle di Sina Frei (foto FCI)

Ritorno al cross?

Resta aperto il tema della preparazione, da quando la squadra emiratina fece sapere di non gradire il suo impegno nel cross. Si organizzò pertanto un percorso alternativo affidato a Luca Zenti che le desse ugualmente la brillantezza tipica dopo una stagione di cross.

«Secondo me non ha funzionato – dice lei – perché il cross mi dava tanto. E allora quest’anno a livello di allenamenti, ne inserisco uno di cross alla settimana. L’intensità magari non è paragonabile ai 50 minuti full gas di una gara, però comunque è già qualcosa. La tentazione di tornare a gareggiare c’è, ma non voglio andare a una gara senza supporto. La squadra dice che se volessi sarebbe al mio fianco, ma non abbiamo il materiale, non ho il camper e non ho il personale, quindi questo supporto non è che sia proprio tanto. In tutto questo, il cittì Pontoni continua a chiamarmi. Anche quando abbiamo fatto l’europeo gravel (Persico è arrivata seconda a 1’26” da Sina Frei, ndr) continuava a dirmi che mi aspetta. Anche io mi aspetterei, ma il fatto è che la stagione su strada è sempre più lunga, cominciamo sempre prima. Io parto da Mallorca e poi vado al UAE Tour, c’è poco spazio per altro. Ma se dovessi restare qui, magari potrei pensare di inserire qualcosa nel contratto».

Il UAE Tour è la corsa di casa del team. Qui Silvia Persico a inizio 2024, durante un’intervista. Accanto, Melissa Moncada, capo del team
Il UAE Tour è la corsa di casa del team. Qui Silvia Persico a inizio 2024, durante un’intervista. Accanto, Melissa Moncada, capo del team

Passaggio a Bilbao

Domani il ritiro si chiuderà e sarà tempo di Natale. Silvia racconta velocemente che ha fatto ferie a Gran Canaria dopo l’europeo gravel. Poi è stata ad Abu Dhabi per il primo ritiro e da lì è tornata a Bilbao, dove vive la sua compagna. I Paesi Baschi le piacciono, ammette ridendo, ma il loro clima proprio no.

«E’ molto bello per andare in bici – si dispera – ma d’inverno è freddo e piove sempre. In realtà piove anche d’estate, visto come è tutto verde? Però almeno d’estate non è così freddo. Per andare in bici è molto meglio che in Italia: si è molto più rispettati. Per cui da qui vado su a Bilbao, mi fermo pochi giorni e poi torno in Italia per fare Natale a casa. E poi ci si prepara per correre.

Il GP della Liberazione 2024 è stata la prima gara in Italia di Bastianelli come collaboratrice del cittì Sangalli
Il GP della Liberazione 2024 è stata la prima gara in Italia di Bastianelli come collaboratrice del cittì Sangalli

Nazionale alla “Bastia”

L’ultima annotazione Silvia la dedica alla nazionale. Il cittì Sangalli dal prossimo anno salirà sull’ammiraglia della Lidl-Trek e nel 2025 delle elezioni federali, ci si chiede chi andrà su e a chi affiderà la nazionale delle donne. Lei non ha dubbi.

«Chi sarà il cittì della nazionale? La Bastia! Io punterei su Marta Bastianelli – dice senza la minima esitazione – e la aspetterei fino a che non sarà in grado di partire, visto che aspetta una bimba. Mi piacerebbe che fosse lei. Ho imparato tanto quando l’ho avuta in squadra. Mi ha dato tanti consigli, ha una buona testa e una buona lettura di gara. La vedrei molto bene. Sapevo da tempo che Sangalli sarebbe andato via, si poteva immaginare, la voce era già nell’aria da un po’ di mesi. Forse voleva stimoli diversi, non so fino in fondo perché abbia fatto questa scelta».

La Bella, il bicchiere mezzo pieno di un 2024 difficile

13.11.2024
7 min
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In una stagione più difficile del previsto, ci vuole ben altro per scoraggiare una filosofa. Eleonora La Bella dal suo 2024 è riuscita ad estrarre le luci in mezzo a tante ombre dando fondo alla sua materia preferita. Adesso è già proiettata al salto nelle elite con l’Aromitalia 3T Vaiano.

In questi giorni sta sfruttando il sole che splende attorno alla sua Anagni per i primi lavori di preparazione dopo le vacanze e sentiamo Eleonora particolarmente motivata, grazie ad alcune novità. Sicuramente questa annata le è servita per capire qualcosa in più di sé e dello stesso ciclismo. La Bella mette in archivio il periodo juniores, dove è stata una delle migliori interpreti del panorama nazionale (in apertura foto Franz Piva). Ha preso il bello e il brutto, ma soprattutto traendo il massimo insegnamento. Le idee sono chiare, come sempre.

Eleonora passa elite nell’Aromitalia 3T Vaiano, ma resta sotto osservazione dai team WorldTour (foto Ossola)
Eleonora passa elite nell’Aromitalia 3T Vaiano, ma resta sotto osservazione dai team WorldTour (foto Ossola)

Il mancato WorldTour

Qualcuno si aspettava un passaggio della 18enne laziale nel WorldTour come si era vociferato e a tale riguardo va fatto un briciolo di chiarezza. Avevamo già trattato l‘accordo tra la BFT Burzoni e la DSM Firmenich PostNL, nel quale la formazione juniores piacentina era diventata un devo team di quella olandese, tuttavia senza vincoli od obblighi di passaggi di atlete.

Lo scorso febbraio La Bella è stata una delle tre ragazze italiane a salire nel quartier generale della DSM per una serie di test. Sembrava destinata alla squadra olandese, ma è presumibile che non sia stato trovato il giusto accordo. Anche in questo caso si può parlare di operazione rimandata, anche se Eleonora non è affatto scontenta della sistemazione trovata. Anzi, lo reputa decisamente più formativo.

«La proposta del Vaiano – racconta La Bella – è arrivata dopo il mondiale di Zurigo. Si sono fatti avanti dicendomi che gli interessavo da tempo e che avevano apprezzato la mia prova in Svizzera. Dopo aver accettato e fatto qualche video-chiamata, mi sono vista con Paolo Baldi (il team manager, ndr) e il resto della squadra al Giro dell’Emilia.

«Anche dal vivo – prosegue Eleonora – ho avuto la stessa buona impressione delle settimane prima. A dire il vero mi ha proprio colpita il suo discorso: “Eleonora, visto che il 2024 è andato così così, l’anno prossimo partiamo subito forte per recuperare il terreno perso e far vedere le tue potenzialità”. Mi sono sentita subito ben stimolata e considerata. Ho già visto una bozza del programma gare e mi piace tanto, con diverse trasferte all’estero. Poi troverò Virginia Iaccarino, amica e compagna di nazionale, oltre a Valentina Zanzi, mia ex compagna alla BFT. Sono molto contenta».

Hai un po’ di rammarico per non essere andata alla DSM o in un altro team WorldTour?

Inizialmente, devo essere sincera, ci sono un po’ rimasta male. Poi però riflettendo sulla mia stagione ho capito che devo fare step by step. Faccio un esempio pratico. Se quest’anno avessi vinto o fatto ancora meglio dell’anno scorso, probabilmente non avrei compreso appieno come comportarmi davanti ai problemi. Nel ciclismo e in generale nella vita di tutti i giorni, moltissime persone sottovalutano la crescita graduale che dobbiamo avere noi giovani. Quindi, se devo contestualizzare il tutto, meglio aver preso delle mazzate morali quest’anno ed aver imparato come affrontarle, anziché andare avanti vincendo e non saper come fare.

Ti conosciamo come una ragazza sensibile, cos’hai sofferto di questa stagione?

Venivo da un 2023 molto buono, forse oltre alle mie aspettative e che per forza aveva creato ulteriori aspettative in tanta gente attorno a me. So che quando non vedevano il mio nome in un ordine d’arrivo e tra le prime cinque, si chiedevano che fine avessi fatto, cosa avessi o cosa mi stava succedendo. Ho ricevuto molte critiche soprattutto per la prima parte dell’annata, anche su gare non adatte a me. Questa situazione l’ho subita particolarmente. Poi ho realizzato, forse un po’ tardi, che non ero io che dovevo rincorrere, ma io che dovevo dettarmi i tempi per ritrovarmi.

Cos’era che ti turbava?

Mi rendevo conto che non ero al top, infatti non sono mai veramente entrata in forma. Avevo troppe preoccupazioni per una serie di impegni a cui tenevo tanto e che volevo fare bene. A scuola avevo la maturità e non volevo restare indietro con lo studio. Naturalmente avevo il calendario delle gare con la squadra. Ed infine avevo anche scuola guida per la patente. Nessuno mi ha mai messo pressioni, però volevo far conciliare tutto al meglio. Devo ringraziare la mia famiglia che ha fatto molti sacrifici per aiutarmi, specie in questi frangenti.

Il sorriso però non l’hai mai perso e i bei momenti sono arrivati.

Sì, è vero, ho sempre cercato di trovare i lati positivi nelle situazioni più complicate. Quest’anno ho fatto un buon finale di stagione. A parte il secondo posto al campionato italiano cronosquadre, avevo vissuto una esperienza pazzesca al Tour de l’Avenir Femmes. In quella corsa ho capito il ciclismo del piano superiore, dove nessuna molla mai. Ha vinto un’atleta come Bunel che ha fatto dei numeri incredibili. Anche tante altre giovani sono andate fortissime ed io ero lì a vederle da vicino, cercando di aiutare le mie compagne. Ero l’unica junior e mi ha fatto enormemente piacere essere stata chiamata dal cittì Sangalli. Lo ringrazio perché mi ha dato fiducia non nel mio momento migliore. E questo mi è servito per ritrovare morale.

La BFT Burzoni per La Bella ha rappresentato una seconda famiglia nel biennio juniores (foto Franz Piva)
La BFT Burzoni per La Bella ha rappresentato una seconda famiglia nel biennio juniores (foto Franz Piva)
Come sono stati i due anni con la BFT Burzoni?

Sono davvero triste di lasciare questa squadra. Per me la BFT Burzoni ha rappresentato moltissimo. L’ho scritto anche in un post social per ringraziarli, compagne e staff. Mi hanno fatto crescere tantissimo sia come persona che come atleta. Loro mi hanno aperto ad un mondo nuovo. Se io fossi rimasta a correre nelle formazioni della mia zona, avrei corso quasi sempre qua attorno e non avrei scoperto tante cose di me oppure non avrei viaggiato così tanto. L’anno scorso è andata bene perché ho sempre corso prendendo tutto ciò che veniva come di guadagnato. Quest’anno ve l’ho già descritto e ripeto che ne esco molto maturata. I due anni con la BFT me li sono goduti totalmente.

Nel mentre come hai impiegato il tempo nella off-season?

Ho fatto circa un mese di stacco, come mi hanno consigliato i tecnici del Vaiano. Siccome quest’anno sono stata molto in giro tra Italia ed estero per le gare, non avevo una grande voglia di andare lontano. Mi sono concessa una piccola vacanza tra Roma e Napoli con la mia compagna di squadra Linda Ferrari. Però non so stare ferma del tutto, quindi occupavo le giornate con qualche corsa a piedi, seguendo delle lezioni di inglese visto che sono un po’ carente e seguendo anche le faccende di casa. Poi, con l’iscrizione alla facoltà di Filosofia all’Università di Roma Tor Vergata, ho iniziato a studiare e leggere alcuni testi.

Cosa si aspetta Eleonora La Bella dalla nuova avventura da elite?

Voglio andare per gradi. Ho ricominciato la preparazione da qualche giorno col mio nuovo allenatore Matteo Azzolini. Ho iniziato a lavorare con lui da poco e il 22 novembre avrò un primo test. Sto facendo queste settimane di adattamento. Gli serve avere informazioni su di me, deve avere dei punti di riferimento per impostare il piano di lavoro. Obiettivi ce ne sono, ma non saprei dire quali privilegiare. Sicuramente cercherò di migliorare l’esplosività, lo spunto veloce nelle volate ristrette e l’atteggiamento mentale con cui mi sono presentata quest’anno alle corse. Questi possono essere già degli ottimi punti di partenza, poi vedremo strada facendo. Sono motivata.

Per le donne un Tour diverso, senza crono e Alpi decisive

30.10.2024
5 min
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Il Tour Femmes con il tecnico della nazionale, finché il ruolo sarà di Paolo Sangalli. Fino al 31 dicembre infatti, il milanese sarà ancora il cittì delle elite e le juniores, poi passerà alla Lidl-Trek. Per questo negli ultimi giorni ha preparato i programmi per la prossima stagione affinché chiunque subentri abbia una linea tracciata. Che sia in quanto responsabile azzurro o perché interessato a causa del ruolo futuro, a Sangalli non è sfuggito il percorso presentato ieri a Parigi. E così, se nell’articolo precedente è stato Christian Prudhomme a illustrare il Tour degli uomini, quello delle ragazze lo vediamo con lui ( in apertura c’è Marion Rousse con il presidente Lappartient, foto ASO/Maxime DELOBEL).

Una breve premessa. Le Tour Femmes avec Zwift parte il 26 luglio da Vannes e si conclude il 3 agosto a Chatel. Chilometraggio totale di 1.165 metri e dislivello positivo di 17.240 metri, per quella che sembra una diagonale della Francia dalla Bretagna alle Alpi. Rispetto allo scorso anno sembra meno duro e soprattutto manca la crono che nel 2024 lanciò Demi Vollering verso la vittoria di tappa e la conquista provvisoria della maglia di leader. Il gran finale sulla Madeleine è sicuramente affascinante ma, numeri alla mano, meno severo del Tourmalet del 2023 e l’Alpe d’Huez di quest’anno.

Nove tappe per un totale di 1.165 chilometri, per 17.240 metri di dislivello
Nove tappe per un totale di 1.165 chilometri, per 17.240 metri di dislivello
Allora Paolo, che cosa ti sembra di questo percorso?

Quello che balza all’occhio è che non c’è neanche una cronometro. Per una gara a tappe così importante, secondo me, una cronometro poteva anche starci. Per il resto partono dalla Bretagna, da Plumenec dove avevamo fatto gli europei nel 2016 e poi faranno il Massiccio Centrale. Le tappe vere di montagna secondo me ci saranno proprio nel finale, sulle Alpi, anche se il Massiccio Centrale si rivelerà comunque impegnativo.

Belle le Alpi, ma l’arrivo sulla Madeleine è certo meno incisivo di quello 2024 sull’Alpe d’Huez…

Sì, sembra che abbiano rimodellato il Tour a livello femminile, però quello che salta all’occhio è proprio l’assenza della crono. Forse in compenso hanno allungato un po’ le tappe. La terza è di 162 chilometri, la quinta di 166 e la settima di 160. Quelle di montagna sono più corte, però è vero che sono distanze importanti, diciamo così…

Volendo fare un po’ di nomi, questo arrivo lungo e non durissimo della Madeleine potrebbe favorire una Longo Borghini contro gli scalatori puri?

Vero, anche se quest’anno al Giro ha dimostrato di competitiva anche sulle salite dure. Però probabilmente la Madeleine, che è molto lunga e non certo tanto ripida, è più per gente potente, che fa watt. Mi viene in mente la Kopecky, che se la porti su a 300 watt costanti, non la stacchi. Lei è una che se la porti in giro così, poi ti punisce. Teniamo conto che senza le Olimpiadi di mezzo, ci saranno proprio tutte. Sarà proprio un bello scontro, speriamo che rientri anche la Cavalli.

La SD WORX perde Vollering che passa alla FDJ, ma ritrova Anna Van der Breggen: è credibile che torni dopo due anni e sia già competitiva?

A me risulta che si sia sempre allenata e facesse già dei valori ottimi in allenamento, quindi credo che torni già competitiva. Vero è che è perdere due anni in questo ciclismo non è poco, però lei era ai vertici. E con la Vollering di là, ci sarà un bello scontro. La SD Worx ha perso anche Fisher Black che secondo me sarebbe stata molto utile nelle corsa tappe, però…

La presentazione del Tour Femmes è stata condotta da Marion Rousse e Christian Prudhomme
La presentazione del Tour Femmes è stata condotta da Marion Rousse e Christian Prudhomme
Secondo te Realini è troppo leggera per questo Tour 2025?

E’ sempre una salita, magari non estrema, ma è lunga. Può dipendere dal modo di prenderla e dalle tattiche delle squadre, per cui credo che adesso tutti aspettino anche il percorso del Giro per capire anche come andare al Tour.

Barale, tra motivazioni e paragoni sul mondiale mancato

04.10.2024
4 min
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L’eco del mondiale sta ormai per esaurirsi, anche per quello che concerne la gara femminile in casa azzurra. Sono fuori discussione il bis iridato di Kopecky e la splendida prestazione di Longo Borghini, che meritava sicuramente di più di un pur ottimo bronzo. Tuttavia la mancata convocazione di Francesca Barale tra le U23 da parte del cittì Paolo Sangalli aveva lasciato qualche piccolo strascico alla vigilia della trasferta a Zurigo.

«A quell’età quando hai un’opportunità di confrontarti con i pari età, dovresti coglierla. Anche perché chi ha vinto il Tour de l’Avenir aveva fatto anche il Tour de France, arrivando molto avanti e dimostrando di aver trovato una grande condizione». Riassumendo, il tecnico italiano avrebbe voluto che la giovane del Team DSM-Firmenich PostNL avesse seguito l’esempio di Marion Bunel. Per la verità poi la 19enne francese ha chiuso ottava tra le U23 a 8′ da Pieterse (tredicesima assoluta e vincitrice della categoria), ma alla base della decisione di Sangalli c’erano determinate e valide motivazioni. Abbiamo cercato di capire se nel frattempo sia cambiato il punto di vista di Barale.

Il cittì Paolo Sangalli concluderà il suo incarico a fine stagione. Dal 2025 sarà uno dei tecnici della Lidl-Trek (foto Il Ciclista Fotografo)
Il cittì Paolo Sangalli concluderà il suo incarico a fine stagione. Dal 2025 sarà uno dei tecnici della Lidl-Trek (foto Il Ciclista Fotografo)

Nessun dramma

Il botta e risposta a distanza che è nato tra Sangalli e Barale affonda radici profonde nei rispettivi ruoli. Fin da subito il cittì – che lascerà l’incarico a fine stagione per accasarsi in Lidl-Trek a partire dal 2025 – aveva individuato in Barale la U23 da portare in Svizzera e magari giocarsi una medaglia. Per contro Barale sapeva che doveva rispettare i compiti di luogotenente in DSM nelle gare più importanti, sperando di trovare la condizione migliore possibile per arrivare in forma al mondiale.

«Ho letto quello che ha detto Paolo nella vostra intervista – analizza Francesca – ma io per natura sono una persona che non vuole mai fare dei drammi in generale. Onestamente mi verrebbe da dire che forse se ne sta facendo una questione più grande di quello che è. Non mi piace mai rispondere in circostanze simili, anche perché sono opinioni personali. Io sono contenta della mia decisione di non aver corso l’Avenir Femmes. Faceva parte di un calendario e di un programma di preparazione già stabilito».

Marion Bunel ha corso Tour Femmes, Avenir (vincendolo) e poi il mondiale. E’ stata presa ad esempio da Sangalli per Barale
Marion Bunel ha corso Tour Femmes, Avenir (vincendolo) e poi il mondiale. E’ stata presa ad esempio da Sangalli per Barale

Paragoni e consapevolezze

Ciò che ha fatto la Bunel ha posto una sorta di traguardo immaginario da tagliare e replicare. Per Sangalli anche Barale aveva tutte le carte in regola per fare altrettanto, che equivale ad un grande attestato di stima. Nelle speranze del cittì azzurro c’era quella anche di poter andare all’Avenir Femmes con la piemontese e competere con la francese più di quello che ha fatto comunque una buonissima nazionale capitanata da Ciabocco, compagna di club di Barale e sesta nella generale. Il piccolo Tour de France femminile sarebbe stato quindi il miglior viatico per presentarsi al mondiale.

«Ho rispettato la scelta di Paolo – prosegue Francesca – e bisogna sempre prenderne atto. Non sono pentita di come sono andate le cose. O meglio, il mio unico rammarico è di non aver partecipato al mondiale in quanto tale, indipendentemente da quello che sarebbe stato il mio compito. E’ vero, era un obiettivo stagionale, ma non ho mai pensato di andare a Zurigo per puntare a fare risultato nella mia categoria. Sapevo come stavo andando e quello che stavo facendo. Tuttavia sarei stata prontissima a lavorare per Elisa (Longo Borghini, ndr), visto che oltretutto è una cara amica. Sarebbe stato bello esserci per condividere il suo bel bronzo, però è andata così.

Barale ha corso l’europeo U23 in Limburgo, ma Sangalli l’avrebbe voluta portare anche al mondiale se gli avesse dato qualche risposta in più
Barale ha corso l’europeo U23 in Limburgo, ma Sangalli l’avrebbe voluta portare anche al mondiale

«Mi spiace – conclude Barale – che tutto si riduca ad un semplice paragone tra me e Bunel senza magari approfondire un po’ meglio. E non lo dico per rispondere a Paolo, con lui ci siamo già confrontati. Lo faccio più in generale, perché poi ne esce un quadro non veritiero. Bunel ed io siamo due atlete diverse, per caratteristiche e programmi. Se io avessi corso come e quanto ha fatto lei, probabilmente sarei arrivata prima all’Avenir e poi al mondiale non in forma come ci si sarebbe aspettati. Ripeto, è andata così e per me è tempo di chiudere al meglio la stagione. Correrò il Giro dell’Emilia in appoggio di Labous, visto che l’arrivo sul San Luca è proprio per lei. Poi finirò il 2024 alla Tre Valli Varesine, una gara aperta a più soluzioni. L’anno scorso avevo fatto quarta e su quel percorso posso avere più libertà».

Al netto di questa situazione, in cui è emerso il ruolo importante ma non ancora primario di una giovane italiana in un team WorldTour, siamo certi (e ce lo auguriamo) che Barale nel 2025 guadagnerà gradi nella propria squadra e che sarà una delle punte del futuro nuovo cittì e della nazionale U23 ai mondiali in Rwanda.

Il riscatto di Elisa con Sangalli e Slongo: «La risposta giusta»

28.09.2024
4 min
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ZURIGO (Svizzera) – Piove senza sosta dal mattino. Le strade sporche hanno ridotto le biciclette un accumulo di tubi e fango, le ragazze che le cavalcano attraverso la zona mista hanno facce nere e le labbra che tremano. Oggi la Svizzera ha mostrato un assaggio della sua durezza e per questo sul traguardo alla fine si sono presentate solo 81 delle atlete partite. Paolo Sangalli arriva dopo aver parlato ai microfoni della televisione, con l’aspetto soddisfatto, come chi si è appena alzato da tavola e se ne va con un buon sapore in bocca. Non il migliore, probabilmente, ma comunque un bel ricordo. Il bronzo di Elisa Longo Borghini ha dato un senso a tanta fatica.

«Avevamo in testa l’oro – dice – ma è andata così. Abbiamo portato a casa una medaglia e ricordiamoci che Elisa ha battuto in volata una come la Lippert che è veloce. Dopo un certo chilometraggio, le velociste soffrono, mentre Elisa ha un gran motore. Ha vinto Kopecky, ma Elisa l’ha staccata. Da sola non poteva tirare dritto, chiaramente. Oggi Vollering non era performante e in macchina ci siamo accorti di questa cosa, come pure di Kopecky. Però lei è un corridore di classe…».

Il cittì Sangalli in zona mi sta si è detto molto soddisfatto della gara di Longo Borghini
Il cittì Sangalli in zona mi sta si è detto molto soddisfatto della gara di Longo Borghini

Un tarlo da scacciare

C’era da riequilibrare la delusione di Parigi. Da fare pace con il ruolo di leader della squadra, come anche Elisa ci aveva confidato in un video girato nell’hotel degli azzurri martedì sera, alla vigilia del Team Relay in cui ugualmente è venuto il bronzo. C’era da proseguire il filotto meraviglioso di questo 2024 che ha portato il Fiandre e il Giro d’Italia a un’atleta di 32 anni, che solo adesso sembra aver capito a fondo le sue potenzialità.

«Avevamo entrambi questo tarlo dall’Olimpiade per una giornata storta – dice ancora Sangalli – altrimenti l’Olimpiade sarebbe finita in questo modo. Oggi Elisa ha dimostrato tutto il suo valore sotto un diluvio universale e fino all’ultimo ha fatto vedere che poteva vincere. Chiaramente una come lei non la fanno andare via, ma sarebbe bastato che si fossero guardate un attimo e lei avrebbe tirato dritto. Avevamo individuato quello strappo per attaccare all’ultimo giro e per poco non riusciva il colpo. Però va bene così, una medaglia di assoluto valore in un livello di ciclismo femminile davvero alto. Mentre le altre ragazze hanno pagato questo tempo. Loro sono delle scalatrici e hanno avuto freddo, però devo ringraziare la Federazione per i mezzi che ci ha dato. La Gabba R è stata veramente fantastica. Elisa l’ha tolta prima dell’ultimo strappo ed è servita a tenerla calda e asciutta sino in fondo».

A Parigi una giornata storta, oggi Elisa ha mostrato tutto il suo valore
A Parigi una giornata storta, oggi Elisa ha mostrato tutto il suo valore

Una carriera ancora lunga

Questi 32 anni, che sembrano non essere un limite ma un grande valore aggiunto, tornano anche nei ragionamenti di Paolo Slongo. Dal prossimo anno, l’allenatore trevigiano seguirà Elisa Longo Borghini in una nuova avventura professionale e che oggi potesse essere un bel giorno lo aveva immaginato da tempo. Si potrebbe dire che lo avesse progettato, ma in un così alto livello dello sport suonerebbe come una dichiarazione impudente

«Sapevo che aveva una buona condizione – dice Slongo davanti al pullman dell’Italia – e che aveva preparato bene il mondiale. Purtroppo per un problema di salute ha dovuto saltare il Romandia che magari le avrebbe dato tre giorni di corsa in più. Però siamo arrivati comunque in buona condizione. Elisa secondo me ha corso benissimo. Non è stata come sempre troppo generosa, quindi le va dato merito di una corsa perfetta. Ha provato nel momento giusto, peccato che Vollering abbia dato tutto per prenderla e poi arrivare qui senza neanche prendere una medaglia. Questo è il ciclismo. Pensavo che il podio fosse possibile, soprattutto su un percorso così e la corsa con la pioggia. Penso che da quest’anno sia una nuova Elisa e che possa stare per altri anni a questo livello. Poi nelle donne, se guardate, le carriere si allungano rispetto agli uomini, quindi mi auguro e sono certo che sarà competitiva anche in futuro».

Il mondiale di Silo: orgoglio, forza e tanto carattere

26.09.2024
5 min
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ZURIGO (Svizzera) – La gara di Giada Silo termina dopo il traguardo, nonostante i crampi che le hanno bloccato entrambe le gambe a 100 metri dalla linea d’arrivo e l’hanno fatta cadere rovinosamente. E’ testarda la ragazzina della Breganze Millenium, al primo anno nella categoria juniores e protagonista di una corsa da prima della classe. Dopo qualche minuto si rialza, parla con lo staff a bordo strada e lentamente riparte. Alla fine l’ordine di arrivo recita un 58° posto a 7 minuti e 25 secondi dalla vincitrice Cat Ferguson. Ma la prestazione di Giada Silo non si racchiude nei numeri, bensì nella forza e nella volontà di dare quel qualcosa in più.

Il podio di Zurigo: oro per Cat Ferguson, argento e bronzo a Paula Ostiz e Viktória Chladonová
Il podio di Zurigo: oro per Cat Ferguson, argento e bronzo a Paula Ostiz e Viktória Chladonová

Il dispiacere del cittì

Il podio iridato si delinea a una ventina di chilometri dal traguardo, a pochi metri dallo scollinamento della salita di Witikon, sul circuito finale. Giada Silo era in coda a Cat Ferguson, Paula Ostiz e Viktória Chladonová. Uno sforzo enorme, iniziato quando la corsa era ancora lontana dal prendere una forma. Le inglesi hanno iniziato a modellare il gruppo a loro piacimento, con attacchi e contrattacchi. L’azzurra ha seguito, sempre, in ogni istante. Paolo Sangalli ne aveva parlato proprio con Giada al bus durante il riscaldamento. 

«Le ragazze – racconta dopo l’arrivo – hanno fatto quello che ci eravamo detti prima di partire, la gara è uscita esattamente come avevamo programmato. Noi c’eravamo, Giada Silo è primo anno, ha fatto una gara eccezionale, le sono mancati quei 30 secondi sulla salita. Però ci sta per una ragazza alle prime esperienze, quindi sono davvero contento. Quello che più mi spiace è il mancato piazzamento, avrebbe fatto come minimo sesta. Era lì e si stava giocando tutto il volata, lo avrebbe meritato. Ma la cosa importante è che non si sia fatta male».

Un soffio

Racchiudere questa corsa nei numeri sarebbe un peccato e una mancanza di rispetto per la fatica e l’impegno messo dalle ragazze di Sangalli. Tutte hanno fatto la loro parte, si sono prese carico dell’andamento della gara facendosi trovare nel posto giusto al momento giusto. 

«Non solo Silo meritava il piazzamento – continua – ma tutta la squadra. Hanno corso davvero bene, sono state dei colossi. La Ferguson la conosciamo, ha già vinto con le elite, sono state brave a non aver timore. Dico che se lo sarebbero meritate tutte perché l’impegno è stato impareggiabile, ma le corse sono così. E’ successa una cosa che a memoria non ricordo, quindi prendiamo davvero il positivo perché hanno fatto una gran gara, muovendosi da squadra. L’obiettivo è quello di correre come le grandi, come le nostre elite e loro l’hanno fatto. Queste ragazze sono qua chiaramente per cercare il risultato massimo, ma anche per crescere. Il ciclismo non finisce nella categoria juniores ma inizia. E’ un’esperienza che servirà quando passeranno prima under e poi elite».

L’orgoglio della Silo

Giada Silo scende dal pullman azzurro ancora con le lacrime che le rigano il viso e le riempiono gli occhi. Non è facile digerire una delusione del genere, ma appena si siede per parlare con noi ritrova il respiro e la forza di raccontare quanto fatto. I complimenti si sprecano, d’altronde la prestazione ha davvero lasciato un piacevole ricordo. 

«Partiamo dal bello – ci dice – per me è stata una bellissima esperienza. Non pensavo di prendere le ruote di una ragazza più forte (il riferimento è a Cat Ferguson, ndr) e sono abbastanza sorpresa su me stessa. Però purtroppo è successo quello che è successo ed è andata così. Negli ultimi due chilometri c’eravamo io e la francese Gery che continuavamo a controllarci per la quinta posizione. Appena è partita mi sono alzata sui pedali, ma in quel momento mi sono venuti dei crampi a tutte le gambe che si sono bloccate. E’ per quello che sono caduta».

La delusione e le lacrime continuano anche al bus
La delusione e le lacrime continuano anche al bus

La conferma

Quello che esce poi è l’orgoglio e la consapevolezza di avere le qualità giuste per indirizzare la crescita verso grandi obiettivi. Oggi si è persa una corsa, per quanto dolorosa, ma come detto dal cittì Sangalli il cammino inizia ora. Quei trenta secondi mancanti sono il punto da cui partire.

«La gara era sulla Ferguson – conclude Silo – all’inizio sono riuscita a starle dietro. Verso l’ultima salita, quella più lunga, ho cominciato ad accusare dei crampi e non sono riuscita a tenere il suo ritmo fino in cima. In quei pochi metri ho capito che la Ferguson comunque non è un passo oltre, ma tre in più di me. Devo farne strada per arrivare ai suoi livelli, però sono soddisfatta, ho capito che il mio nome c’è e posso fare bene».

Giada Silo sale sul van della nazionale, direzione casa. In valigia metterà la delusione e il rammarico, ma sappiamo che li lascerà in fondo, sopra c’è spazio per l’orgoglio e la voglia di rifarsi.

Masetti e Maestri: l’oro di chi ci crede (sempre)

19.09.2024
6 min
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La medaglia d’oro del team relay ai campionati europei è legata con un doppio filo a due storie personali, quelle di Gaia Masetti e Mirco Maestri. Entrambi arrivano dalla stessa regione: l’Emilia Romagna e per tutti e due questa è stata la prima medaglia con la nazionale. Anzi, per il corridore della Polti-Kometa il campionato europeo è corrisposto alla prima presenza in azzurro. Al contrario, Gaia Masetti la medaglia l’aveva sfiorata nel 2023 in Olanda con un quarto posto nella gara su strada riservata alle under 23. 

Due strade che si incrociano e riscrivono la carriera di entrambi, perché in una medaglia sono racchiusi sogni e ambizioni ma anche rivalsa e una volontà di non mollare mai, nemmeno di un metro. 

Cecchini, Guazzini, Cattaneo, Affini, Maestri e Masetti: ecco i sei azzurri d’oro (foto Maurizio Borserini)
Cecchini, Guazzini, Cattaneo, Affini, Maestri e Masetti: ecco i sei azzurri d’oro (foto Maurizio Borserini)

Una spinta in più

Gaia Masetti ha avuto il tempo di una toccata e fuga a casa, giusto per appoggiare la valigia e riprenderla in mano pochi giorni dopo. Oggi, infatti, è impegnata con la sua AG Insurance – Soudal Team al Grand Prix de Wallonie. L’abbiamo intercettata nelle poche ore che è rimasta in Italia, facendoci travolgere dal tanto entusiasmo. L’oro belga le è valso la convocazione al mondiale di Zurigo, il primo della sua giovane carriera.

«Dopo la prova in linea il cittì della crono (Velo, ndr) – dice Masetti – mi ha detto che sarei andata a fare i mondiali. E’ bello perché un anno fa nemmeno ci volevo salire sulla bici da cronometro. Da junior andavo bene, poi passata under 23 ho avuto qualche problema e avevo deciso di accantonarla. Il cittì della nazionale femminile, Sangalli, non si è arreso e l’anno scorso mi ha detto che avrei corso l’europeo a cronometro in Olanda. Io non volevo ma ha prevalso lui e mi sono presentata al via. Ho colto un decimo posto, per tutti un risultato normale, per me è stata una scintilla che ha riacceso la passione per questa disciplina. Da quel momento in poi (era il 22 settembre 2023, ndr) ho ripreso ad allenarmi con la bici da crono anche a casa. Ora sono io che insisto con il preparatore per inserirla nei programmi di lavoro».

La forza del gruppo

Il team relay si corre in sei: tre uomini e tre donne che si dividono la fatica. Una prova dove conta la sinergia tra i compagni di squadra, serve fiducia nei mezzi di tutti, sia di chi parte per primo che di chi prende in mano il testimone a metà prova. 

«E’ una prova faticosissima – spiega Masetti – perché in tre è come fare una crono individuale ma con i meccanismi di una prova a squadre. Il tempo di recupero tra un cambio e l’altro è di 40 secondi, poi rifiati un attimo e ritorni a tirare. Ho la fortuna e la bravura di essere una atleta che riesce a stare su sforzi alti per molto tempo.

«La nostra forza l’abbiamo trovata soprattutto nel gruppo – riprende – non pensavo di legare così tanto con tutti e cinque i miei compagni. E’ capitato spesso di fare tardi per un allenamento perché rimanevamo a tavola a parlare dopo colazione, senza accorgerci del tempo che scorreva. Anche sul podio scherzavamo tra di noi, facevamo gli stupidi commentando il pubblico e la premiazione.

«Non conoscevo nessuno bene, giusto Cattaneo che avevo incrociato in qualche ritiro con la squadra. Affini era quello che mi metteva più timore, per la stazza, invece è simpaticissimo ed estremamente tranquillo. Le ragazze, Guazzini e Cecchini, le incrocio spesso in corsa da avversarie, ma non ci avevo mai parlato molto. Elena (Cecchini, ndr) in questo europeo mi ha fatto da “mamma”. Nelle uscite insieme mi spiegava il funzionamento del team relay, come comportarsi dopo le curve e tutto il resto. Il team relay mi ha affascinato, anche se è faticoso da morire e questa medaglia è solo uno slancio per continuare in questa direzione».

“Paperino” re d’Europa

La carriera di Mirco Maestri è più avanti rispetto a quella della compagna di squadra nel team relay. A 32 anni “Paperino” Maestri, così si è soprannominato per la sua tenacia, si è conquistato la prima convocazione in azzurro.

«L’ho detto alla squadra e allo staff – attacca con un sorriso – se vogliono portarmi come talismano alle prossime prove. Scherzi a parte questa medaglia d’oro non me l’aspettavo, in un attimo tutto cambia e una serie di buone prestazioni mi hanno aperto le porte della nazionale. A luglio mi sono sentito dire da Bennati che sarei stato nella rosa dell’europeo e nella mia testa è cambiato tutto. Mi sono detto: «Ce la posso fare». Sono convinto che se un corridore non ha obiettivi e sogni lentamento “muore” e io nel mio essere testardo come Paperino, non mi sono mai arreso. Ho costruito una carriera mattoncino dopo mattoncino e a 32 anni, quasi 33, posso dire che mi sento ancora tanto da dare. Devo molto a Basso e alla Polti, senza di loro non sarei dove sono. Non mi pongo limiti, non l’ho mai fatto e non inizierò a farlo ora».

A ruota di due medaglie

Il terzetto maschile del team relay era composto da Maestri, Affini e Cattaneo, gli ultimi due erano reduci dalla prova a cronometro individuale che è valsa due medaglie: oro e bronzo. Sapere di correre insieme a due campioni della disciplina può mettere tranquillità, ma anche pressione. Il giusto mix da trovare ce lo racconta proprio Maestri.

«In generale – racconta – sapevamo di avere una bella responsabilità. Come Italia eravamo i favoriti e siamo stati bravi a gestire la pressione, tutti. Sapevo sarebbe stato difficile correre al fianco di Affini e Cattaneo ma volevo farmi trovare pronto e ci sono riuscito. Ho gestito bene lo sforzo, anche se non sapevo come sarebbe stato, era il mio primo team relay.

«E’ impattante – conclude – sono 28 chilometri a tutta. Nelle cronometro individuali controlli lo sforzo, lì invece si sta al ritmo degli altri. Dopo una curva mi sono trovato a chiudere e mi è partito un male alle gambe incredibile. Ma ero talmente concentrato che ho guardato il tempo dopo un po’ ed erano passati già 16 minuti, mi sono rincuorato. Una volta finita la nostra staffetta siamo andati sul bus a lavarci e poi davanti alla televisione per seguire le ragazze. I miei battiti erano al medio, anche da seduto, ero troppo teso. Il tempo correva e quando il riquadro che mostrava il distacco della Germania è diventato rosso ci siamo sciolti in un urlo. Siamo andati incontro alle ragazze ed è iniziata la festa. Lo ripeto: è stata la vittoria di Paperino e di chi ha creduto in lui, a partire da Basso e Zanatta».