Juniores, chi gli insegna il ciclismo? Punto dal cuore della corsa

03.09.2021
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Questi ragazzi vanno forte. La salita di Fosdinovo ha fatto differenze, ma l’hanno affrontata ad un passo importante. E stamattina la semitappa di Marinella di Sarzana di 48,3 chilometri, pur piatta, l’hanno volata in un’ora. Il Giro della Lunigiana juniores decolla. E qualcuno in aggiunta dice che il livello quest’anno non sia particolarmente elevato…

Ai tempi del Polar

Oioli a Fosdinovo è seduto per terra e respira a pieni polmoni la vittoria e guardandolo non sembra neppure uno di quelli tiratissimi e già pronti per i pro’. Nessuno di loro lo sarebbe ancora, ma qualcuno farà il grande salto.

«Ci vorrebbe un po’ di pazienza – diceva alla partenza Marcello Massini, tecnico pur vecchio dei dilettanti, ma di realismo fin troppo moderno – perché se gli si impedisce di finire il processo di crescita con carichi di lavoro eccessivi, andranno pur forte, ma durano poco. E quando arriva più un altro Nibali?».

Nella semitappa del mattino, vittoria di Alberto Bruttomesso del Veneto (foto Roberto Fruzzetti)
Nella semitappa del mattino, vittoria di Alberto Bruttomesso del Veneto

Accanto a lui annuiva Carlo Franceschi, che Nibali accolse in casa sua all’arrivo dalla Sicilia e ricorda esattamente la gradualità di ogni fase.

«Quando eravamo juniores Vincenzo ed io – diceva alla partenza Valerio Agnoli, al Lunigiana con il Comitato Regionale del Lazio – si andava alle corse a dir tanto con il Polar. Oggi hanno tutti il misuratore di potenza, mangiano da professionisti e sono così tirati che fai fatica a vederne i margini».

Oioli con Basso

Oioli s’è rialzato e ha smesso di ingurgitare aria. Il cuore ha ripreso un battito decente e ad ogni arrivo di un compagno di squadra, ha dispensato abbracci e grida. E’ piemontese come Ganna e Sobrero, Elisa Longo Borghini, Elisa Balsamo e anche come Francesca Barale…

Carlo Sciortino, talendo siciliano, all’arrivo con 1’16”
Carlo Sciortino, talendo siciliano, all’arrivo con 1’16”

«E’ stato un anno difficile – dice – e questa vittoria me la merito. Nelle gare junior ho imparato che non vince chi attende. Non sono gare pro’. Ho visto un’occasione e mi sono buttato. Avevo tanta fame ed è andata bene. Non sapevo che dietro fosse partito il francese, pensavo solo a spingere a tutta. Nell’ultimo chilometro mi sono girato davvero tante volte. Sono venuto qua puntando ad andare forte. Avevo un occhio per la classifica, oggi ho recuperato bene. Farò l’europeo probabilmente e, visto che la gamba c’è, spero di fare bene. Aiuterò la squadra se servirà o correrò per me, l’importante è andare forte. E poi spero nella convocazione per i mondiali».

Il prossimo anno correrà con la Eolo-Kometa degli under 23, mentre il cittì De Candido se lo coccola con lo sguardo e fa notare però che ieri lui è uno di quelli che ha dormito. Ma che ha imparato la lezione.

Oioli felicissimo e stremato sull’asfalto dopo il traguardo: «Nelle gare juniores non si aspetta: ho visto il varco e sono partito»
Oioli felicissimo e stremato sull’asfalto dopo il traguardo: «Nelle gare juniores non si aspetta: ho visto il varco e sono partito»

Bruttomesso con Faresin

Al mattino ha vinto Alberto Bruttomesso, vecchia conoscenza di bici.PRO, che nella volata a capo della velocissima… tappetta del mattino, si è lasciato dietro tutte le ruote veloci.

«Vincere una tappa al Lunigiana – dice – è molto prestigioso. Prima dell’inizio della corsa, sapevo che questa era adatta a me. Ho una condizione ottima. Per noi juniores italiani, questo Giro è come quello d’Italia per un professionista. Già partecipare è bello, ma vincere è meglio».

Bruttomesso è un altro di quelli che potremmo vedere al mondiale del Belgio, meno velocista del compagno Ursella, capace di reggere su salite di due chilometri: un corridore su cui costruire. Che il prossimo anno passerà under 23 con la Zalf, mentre il compagno Pinarello, anche lui junior si secondo anno, passerà professionista con la Bardiani.

La proposta di Geremia

Questi ragazzi vanno forte, ma forse gli manca qualcosa. Gianluca Geremia, ex Zalf e poi professionista per due anni alla Ceramica Flaminia, guida da quest’anno gli juniores del Veneto.

«Li vedi che vanno forte – dice – ma gli mancano le basi. Stamattina abbiamo fatto il treno, ma solo perché lo abbiamo provato. Non sanno cosa sia. Non sanno cosa sia una doppia fila e a volte anche prendere le borracce al rifornimento è un problema. Sanno allenarsi con tutte le accortezze tecniche, ma gli mancano le basi. Il saper leggere e scrivere che ti insegnano alle elementari. Qui ci sono ragazzi forti che andranno all’università del ciclismo senza avere i fondamentali. Per questo come tecnico regionale non mi dispiacerebbe organizzare dei ritiri in cui fare formazione. Certo, servirà avere l’autorizzazione dall’alto e anche l’appoggio delle società, ma credo non ci voglia tanto per capire che alla fine ne avranno tutti vantaggio».

Titanic? No, grazie

Questi ragazzi vanno forte, ma tutto poggia su idee, strutture e concezioni vecchie di anni. Si punta tutto sul motore e zero sul cervello. E va anche bene che i tempi sono cambiati e ci si deve rassegnare al fatto che passino sempre più giovani, la diciamoci la verità. Per paura che glieli soffino le WorldTour, i signori dei pro’ si affrettano a puntare sui più giovani con l’appoggio dei procuratori, che vanno a intercettarli sempre più piccoli. Ma se lo scopo è formare talenti che durino nel tempo e trovare in gruppo il rimpiazzo per Nibali, allora forse c’è bisogno di dare una frenata. Sennò si potrebbe consigliare a tutti l’ascolto di una vecchia canzone di Francesco De Gregori. Parla di una grande nave in viaggio dalla Gran Bretagna verso New York: «C’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole – dice l’ultima strofa – andiamo avanti tranquillamente…».

Permetti Unzue? Ci facciamo un po’ i fatti della Movistar

03.09.2021
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Il giorno dopo la vittoria di Lopez al Altu d’El Gamoniteiru in casa Movistar si respira un’atmosfera più rilassata. La squadra in blu era partita per vincere una tappa e mettere un corridore sul podio e almeno per ora l’obiettivo è raggiunto, con Mas secondo e Lopez terzo alle spalle di Roglic. Unzue si muove come un gran signore, con tutte le movenze del padrone di casa, consapevole che almeno per ora si sta ottenendo il massimo. Al netto di tutte le critiche per le tattiche di giornata, che piovono ormai spesso per partito preso.

«La vittoria è stata una bella luce – ammette con eleganza – in una stagione che finora era stata un po’ arida. Al Giro abbiamo perso Soler per caduta. Al Tour sono caduti Valverde e lo stesso Lopez e lo abbiamo finito con cinque corridori. E qui è caduto Alejandro stesso, che stava bene e poteva essere un uomo importante, e ieri si è ritirato Verona. Diciamo che la vittoria è stata utile per il morale e brillante, per il piglio di Miguel Angel e per averla colta davanti a grandi corridori come Bernal e Roglic».

Unzue, intervistato dal celebre giornalista colombiano Urrego
Unzue, intervistato dal celebre giornalista colombiano Urrego
Soprattutto dice che Lopez sta tornando grande…

Esattamente questo. La parte iniziale della stagione è servita per renderci conto che la frattura dello scorso anno al Giro è stata completamente recuperata. Ma è stato un anno stressante per lui. Ha avuto il Covid e abbiamo dovuto affrettare i tempi e la preparazione. Al Tour non era lui, tanto che abbiamo preferito fermarlo sui Pirenei per farlo recuperare e preparare bene la Vuelta. E qui ha confermato di essere tornato al livello degli ultimi 4 anni.

Ti aspettavi che Marc Soler avrebbe lasciato la squadra per andare al UAE Team Emirates?

E’ stato una pena sapere che andrà via, ma è anche un cambio fisiologico. Ha sempre voluto poter correre da leader, non sopportava tanto di lavorare. Avrà voluto liberarsi da questo peso, anche se è andato in una squadra in cui c’è un leader davvero enorme, che ha bisogno di compagni forte e pronti per aiutarlo. Soler è certamente un grande corridore e di esperienza, dovrà convertirsi a essere un uomo squadra.

Adesso Unzue parliamo di Valverde, come sta?

Si sta già allenando su strada, gli piacerebbe correre un po’ di classiche italiane di fine stagione. Come sempre il suo recupero è stato molto buono e poi, lo conoscete bene, ha bisogno di gare per stabilizzare la testa e il corpo.

Mas sempre con Roglic, ha ceduto soltanto ai Lagos de Covadonga
Mas sempre con Roglic, ha ceduto soltanto ai Lagos de Covadonga
Classiche italiane di fine stagioni oppure l’europeo?

Per l’europeo è presto, i medici lo sconsigliano. E può permettersi di non avere fretta, dato che già al Tour abbiamo concordato che correrà per un anno ancora. Ha recuperato il livello dei 3-4 anni precedenti il Covid. Penso che dopo il 2022 chiuderà, anche se con lui non si può mai dire, e credo che gli piacerebbe farlo alla Vuelta.

Nella sua ombra sta crescendo Mas, un po’ ogni anno…

Analisi giusta, migliora regolarmente. Si sta guadagnando lentamente il suo spazio, diventando sempre più solido. E’ l’obiettivo per cui stiamo lavorando e perché è arrivato in squadra.

Chi dei due, fra Lopez e Mas, potrebbe arrivare prima a vincere un grande Giro?

Una bella lotta. Lopez è già a un grande livello. Ha dimostrato di saper vincere tappe impegnative, è stato terzo alla Vuelta scorsa e non dimentichiamo che nel Tour di Pogarac e Roglic, lo scorso anno, era terzo fino a quell’ultima crono. Mas è stato secondo alla Vuelta del 2018 e l’anno scorso è stato quinto al Tour e alla Vuelta. Il primo potrebbe vincere grazie alla sua imprevedibilità, il secondo se continua a crescere con regolarità. In questa Vuelta è sempre stato con Roglic, tranne l’altro ieri. In tutti gli arrivi selettivi era davanti. Sono due leader che si devono consolidare.

Dopo l’intervento alla clavicola, Valverde si sta già allenando su strada
Dopo l’intervento alla clavicola, Valverde si sta già allenando su strada
Che tipo è Mas?

Forse non è un guerriero, ma è un grande combattente. Un uomo sensibile e meticoloso. E’ sempre molto attento, studia tanto i dettagli.

Quest’anno i due italiani (Cataldo e Villella) purtroppo non sono andati come in passato…

Per alcuni, l’anno trascorso e la pandemia sono stati difficili da superare. Davide (Villella, ndr) ha vissuto bei momenti, ma obiettivamente non era questo l’anno più adatto per valorizzarsi. Credo che difficilmente rimarranno in squadra.

Farete un grande mercato?

Niente di particolare, ci saranno 6-7 innesti, ma di classe media. Aspettando che i leader si consolidino e che i giovani come Rubio, Jacobs e Jorgenson vengano fuori.

Jorgenson e Rubio sono attesi da Unzue a una crescita importante
Jorgenson e Rubio sono attesi da Unzue a una crescita importante
Cosa pensi del ritiro di Aru?

E’ sempre duro quando un corridore brillante, abituato a grandi risultati, si trova a correre in zone cui non è abituato. Fra il 2015 e il 2017 Fabio è stato tra i migliori, facendo numeri bellissimi. Non guardiamo Valverde, che è al top da 20 anni. I cicli dei corridori durano 3-4 anni, oppure 6-7. Credo che Fabio debba essere orgoglioso di essere stato uno dei più forti del suo periodo. Forse davvero continuare come negli ultimi tempi non aveva più senso…

Vuelta amara, nel giorno di Storer la resa di Valverde in lacrime

20.08.2021
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Una caduta che più sciocca non si poteva a 42 chilometri dall’arrivo. Curva a destra, la fanno tutti. Valverde è nella scia e probabilmente non ha la miglior presa sul manubrio. L’asfalto è perfetto, ma in quel punto c’è una buchetta, un piccolo avvallamento. Gli va giù la mano, accade tutto così in fretta che non riesce neanche a capire e di conseguenza a reagire. Scivola. Prende la via del dirupo, con la bici che si ferma sul guard rail e lui che vola di sotto. Storer davanti viaggia con la vittoria addosso.

La tappa va a Storer, vecchia conoscenza in Italia quando era U23, che batte Verona
La tappa va a Storer, vecchia conoscenza in Italia quando era U23, che batte Verona

Morire combattendo

Il pendio è scosceso e pieno di pietre, qualche albero. Ma l’inquadratura per fortuna mostra Alejandro in piedi che cerca di capire e tornare sopra. Non si capisce quale delle due cose voglia fare per primo, ma arrivano Rojas e un addetto del percorso e lo aiutano a risalire sulla strada. Arriva anche l’ammiraglia con la bici di scorta pronta, ma Valverde cammina intorno e si tocca la spalla.

Possibile che sia finito tutto così, che l’ultima Vuelta (se sarà davvero l’ultima) debba finire in questo modo?

A vent’anni, cadi e te ne fai una ragione. Ci saranno altre occasioni. A 40 anni cadi, le paure esplodono e alla fine senti che quel divertimento tanto sbandierato di colpo non c’è più. Come Nibali, caduto prima del Giro in un modo ugualmente e apparentemente insignificante.

Ma Valverde non capisce. Sembra solo. Sembra sul punto di mollare, poi i compagni lo convincono. Morire combattendo, pensa. E Alejandro riparte, ma non è convinto.

Subito dopo la caduta, il medico di corsa cerca di capire se sia frattura della clavicola
Subito dopo la caduta, il medico di corsa cerca di capire se sia frattura della clavicola

L’abbraccio di Chente

La discesa lo inghiotte curva dopo curva. Rientrano su un primo gruppo di corridori staccati, ma la bicicletta è un affare serio, soprattutto se di mezzo ci sono il dolore e la paura. E Alejandro questa volta ha un male cane alla spalla. Quei chilometri sono il tempo che gli serve per alzare bandiera bianca, proprio mentre in testa Lopez accelera e porta via Roglic e Yates, lasciando dietro sofferente la storia della Movistar. Il nuovo che abbandona il vecchio. E mentre la corsa come la vita va avanti, Alejandro si ferma e affonda nell’abbraccio gigantesco di Chente Garcia.

«E’ l’abbraccio di tutti i tifosi di ciclismo al Bala – dice – che duro vederti così».

Come sul Chiunzi

La tappa di oggi passerà alla storia più per la caduta di Alejandro, soprattutto se il murciano dovesse decidere che non ci sarà un altro anno. L’ha vinta Michael Stores su Carlos Verona, compagno di Valverde. Gli uomini di classifica sono arrivati tutti insieme, tirati da Adam Yates. Tredici secondi dopo arriva Vlasov, dopo trenta Ciccone e Aru.

Il pensiero va indietro al 1997, al giorno di Cava dei Tirreni, quando il velocista Mario Manzoni vinse a capo di una lunga fuga e staccando tutti i compagni di fuga. Per sua sfortuna e per quella di Storer, se ne ricordano in pochi. I suoi tifosi, la sua famiglia e chi ogni tanto ne scrive. Alle sue spalle infatti per un dannato gatto nella discesa del Chiunzi, Marco Pantani visse una tappa simile a quella di Valverde verso questo Balcon de Alicante. La differenza è che Marco tagliò il traguardo, Valverde è sparito a bordo dell’ammiraglia e del suo cuore ferito.

P.S. Le radiografie hanno evidenziato lo spostamento di una placca preesistente e una frattura della clavicola. Domattina l’intervento per ridurre la frattura stessa.

Vento Powerstrap R2, il senso di Fi’zi:k per la leggerezza

18.08.2021
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Fi’zi:k, azienda vicentina leader nel mercato degli accessori per il ciclismo, lancia il suo nuovo paio di scarpe dedicate alla strada: le Vento Powerstrap R2. Il marchio, che fornisce anche il Team Movistar, non abbandona la sua iconica allacciatura a strappo.

E’ la scarpa più leggera e traspirante della gamma Fi’zi:k, è realizzata con una innovativa rete molto resistente, alla quale è abbinata una suola in carbonio rigida che permette un miglior trasporto di potenza.

Il tessuto Aeroweave è composto da filamenti di nylon e polimero termoplastico
Il tessuto Aeroweave è composto da filamenti di nylon e polimero termoplastico

Il Nuovo Aeroweave

Tutti i marchi produttori di scarpe sono alla ricerca della leggerezza e della traspirazione, Fi’zi:k, in questo senso ha progettato un nuovo materiale, l’Aeroweave. Utilizzato nella tomaia questo nuovo prodotto è composto da filamenti di nylon e polimero termoplastico.

L’innovazione sta nell’avere molta elasticità nella tomaia, dovuta all’utilizzo dell’Aeroweave: essa segue il movimento del piede in modo tale da essere confortevole, ma allo stesso tempo torna subito alla sua formazione originale.

La suola delle nuove Vento Powerstrap R2, completamente in carbonio, consente un maggior risparmio di peso
La suola delle nuove Vento Powerstrap R2, completamente in carbonio, consente un maggior risparmio di peso

Velcro, scelta non banale

Come detto Fi’zi:k non abbandona la chiusura con il velcro, il nuovo Vento Powerstrap permette di stringere a piacimento la scarpa. L’area mediale è separata e regolata per una vestibilità personalizzata, lo studio e l’innovazione hanno creato un velcro ancora più resistente e leggero.

«Una delle possibili soluzioni alternative, i rotori BOA – ci dice Marco Toselli responsabile marketing Fi’zi:k – li utilizziamo su altre scarpe, abbiamo un ottimo rapporto con l’azienda. Quello del velcro è un sistema di chiusura alternativo che permette di avvolgere completamente tutto il metatarso. Il risultato è quello di una compressione graduabile, molto simile a quella ottenuta utilizzando il sistema di chiusura tradizionale.

«Tutti i nostri atleti (Movistar ndr) sono forniti di scarpe Fi’zi:k e possono tranquillamente scegliere di utilizzare calzature con sistema di chiusura classico, come la Infinito, oppure con sistema di chiusura a velcro. Per esempio, Van Vleuten ha vinto la cronometro olimpica e le corse successive utilizzando queste scarpe, a testimonianza che sono un prodotto molto valido».

La Vento Powerstrap R2 è una scarpa molto leggera, realizzata con una rete abbinata alla suola in carbonio
La Vento Powerstrap R2 è una scarpa molto leggera, realizzata con una rete abbinata alla suola in carbonio

La nuova suola R2

Fi’zi:k ha rinnovato anche la suola, la nuova R2, completamente in carbonio consente un maggior risparmio di peso garantendo una rigidità fuori dal comune. Inoltre, la tacchetta è stata spostata leggermente in avanti, ciò è possibile solamente grazie alla suola più rigida, la combinazione di questi due elementi permette un trasferimento della forza sempre più alto e performante.

«Si tratta di una scarpa prevalentemente estiva – continua Toselli – quindi è dotata di prese d’aria sotto la suola che garantiscono il raffreddamento del piede. Che sia una scarpa per le stagioni calde lo si evince anche dalla tomaia, a maglie molto larghe che la rendono estremamente traspirante».

La nuova Vento Powerstrap R2 Aeroweave è disponibile in tutte le misure, a partire dal 36 fino al 48, con la possibilità del mezzo punto. Sono in vendita al prezzo di 350 euro.

www.fizik.com

Da Parigi a Tokyo, la prossima sfida del Bala

15.07.2021
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Sorride così, tra il malizioso e il divertito, Alejandro Valverde quando gli chiedono se tornerà al Tour de France. Sorride divertito, perché lo stuzzica molto questo fatto di continuare a spremersi, allenarsi, correre, soffrire e vincere o mettere in difficoltà i ragazzi che ora dominano il gruppo, ma potrebbero essere benissimo suoi figli. La domanda è se tornerà al Tour. Lo aveva già escluso l’anno scorso, ma poi si è fatto coraggio e ormai finirà per raggiungere Parigi. Ma quella domanda ne porta dietro un’altra, quella sul continuare a correre. Aveva già fissato una scadenza: dicembre 2021. Ma adesso, visto come stanno andando le cose, quanto si stia divertendo e quanto riesca ancora a far soffrire i suoi giovani rivali, forse quel termine non è più così chiaro. «Non so ancora cosa farò, devo ancora parlare con Eusebio e poi vedremo».

Nel freddo de Le Grand Bornand ha pensato al ritiro
Nel freddo de Le Grand Bornand ha pensato al ritiro

Un anno di più

Una cosa è certa ed è che «mi sto godendo questo Tour, il fatto di correre senza pressioni, di potermi staccare per provarci in altri giorni».

E questo, unito al suo ottimo livello e alle due vittorie già conquistate in questa stagione, al fatto di essersi visto nuovamente insieme ai migliori nelle classiche delle Ardenne la scorsa primavera con gambe che continuano a chiedergli la guerra, lo avvicinano alla decisione di restare un anno in più.

Un’altra cosa rispetto a gennaio. Stanco e vecchio come si sentiva, aveva iniziato quella che pensava sarebbe stata la sua ultima stagione, con i segni attraverso cui la precedente, soprattutto il Tour e la Vuelta del 2020, gli aveva detto che il suo tempo era ormai passato e che non aveva più il ritmo dei migliori.

Assieme a Mattia Cattaneo, nella discesa dal Ventoux su Malaucene
Assieme a Mattia Cattaneo, nella discesa dal Ventoux su Malaucene

Il “Bala” c’è ancora

Ma Valverde è tornato ad essere il “Bala”. Quello del talento eterno e la classe maiuscola. Per questo si è fatto coraggio e, finita la Liegi, si è convinto di venire a questo Tour e poi di continuare fino a Parigi. Fino alla fine, mettendo la sua esperienza al servizio di Enric Mas nella sua lotta per salire sul podio e dopo aver tentato per due volte di vincere una tappa entrando in fuga.

La prima volta a Le Grand Bornand, che lo ha lasciato tremante e congelato sul col de Romme, tanto che ha dovuto fermarsi per prendere un giubbino. Aveva quasi deciso, confessa solo ora, di salire in ammiraglia e abbandonare la gara. Che certe cose non fanno più per lui. «Poi però ho pensato ai miei compagni e ho deciso di andare avanti».

A La Vella secondo dietro Kuss: all’arrivo è andato ad abracciarlo
A La Vella secondo dietro Kuss: all’arrivo è andato ad abracciarlo

A un passo da Kuss

La seconda, domenica scorsa a La Vella, passando da quel gelo a fermare quasi i cuori per l’emozione quando, scalando la Collada de Beixalis, è riuscito a tenere lo scatto di Sepp Kuss a mezzo minuto ed è arrivato a 12 secondi dal prenderlo e giocarsi la tappa con l’americano, nove anni dopo l’ultima vittoria a Peyragudes. Sarebbe stata la quinta in carriera: la prima nel 2005, contro Armstrong a Courchevel, seguita dalle due nel 2008 a Plumelec e Super Besse. Adesso che ha vinto quasi tutto ed è salito su quasi tutti i podi, dai grandi Giri alle classiche fino alle gare di una settimana, arrendersi a uno scalatore del livello di Kuss è stato molto diverso.

«Se fossi arrivato secondo nel 2008, tanto per fare un esempio, non ci sarebbe persona più arrabbiata di me – dice – ma a 41 anni la rabbia passa in fretta. E all’arrivo ero felice perché so che ha vinto il migliore e mi è venuto dal cuore congratularmi con lui. Sono arrivato secondo, ma felice come se avessi vinto».

Parlano i suoi 41 anni e due mesi. Una vita intera facendo quello che sa fare meglio. Divertirsi in bici.

Da Parigi a Tokyo

Con questo spirito lunedì prossimo partirà direttamente da Parigi per Tokyo, verso la sua quarta Olimpiade. Perché, dice, «non avrebbe senso ritirarsi dal Tour adesso. Avremmo viaggiato comunque lo stesso giorno. Sappiamo già che in sei giorni non si possono preparare i Giochi – spiega – ma il programma di viaggio sarebbe stato lo stesso anche se mi fossi ritirato prima».

Terzo alla Freccia, dietro Alaphilippe e Roglic: il Bala c’è ancora
Terzo alla Freccia, dietro Alaphilippe e Roglic: il Bala c’è ancora

Motivado y con ilusión

La medaglia olimpica è l’ultima frontiera da conquistare per il ciclista che somma più di 120 vittorie e un talento eterno. Ma non vuole pressioni o fardelli. Non a questo punto, non avendo più nulla da dimostrare.

«Darò tutto per riuscirsi, ma non voglio più pressione del necessario».

Lo ripete: «Daremo tutto, ma dobbiamo essere consapevoli che ci sono rivali che si stanno preparando al cento per cento e che non è una corsa di paese. Ma vado ugualmente con morale e tanta motivazione».

Questo è il segreto di tutto per il Bala, anche per decidere di continuare o meno il prossimo anno.

«E’ più importante della condizione fisica – dice senza esitazione – non serve che le tue gambe siano sempre buone, ma che tu sia determinato. Si può andare al massimo solo essendo motivati e con un sogno». Per continuare a sorridere così, tra il malizioso e il divertito.

Bennati: «Fermi tutti, vi dico io chi è davvero Carapaz»

21.06.2021
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«Parliamoci chiaro, Carapaz può vincere il Tour de France». Si apre con il colpo di scena la chiacchierata con Daniele Bennati su Richard Carapaz. I due hanno corso per tre stagioni insieme nel team Movistar. Il “Benna” conosce bene il talento ecuadoriano.

Il sudamericano viaggia spedito verso il Tour. Ha vinto il Giro del 2019, è fresco re dello Svizzera, è salito sul podio della Vuelta l’anno scorso, ha vinto tappe qua e là e sa è essere uomo squadra. Ma noi vogliamo saperne di più di questo ventottenne delle Ande.

Bennati (al centro nella fila in alto) e Carapaz (secondo da sinistra nella fila centrale) insieme nella Movistar del 2017
Bennati (il quarto da sinistra nella fila in alto) e Carapaz (il secondo da sinistra nella fila centrale) insieme nella Movistar del 2017

“Cattivo” in bici

«Anche se da fuori non sembra – racconta con piacere Bennati – posso garantirvi che in corsa Carapaz ne guarda in faccia ben pochi. Ha la giusta dose di cattiveria agonistica. Si fa rispettare. Quando attacca il numero sulla schiena cambia. Mentre al di fuori dalle corse è un ragazzo super tranquillo, molto educato e rispettoso.
«Una volta eravamo alla Vuelta, c’era il giorno di riposo e alloggiavamo sulla costa Cantabrica. Quel giorno uscimmo insieme per la sgambata… Io e lui da soli. Facemmo un’oretta e mezza, ci fermammo a prendere una Coca Cola e poi passando su un tratto di costa bellissimo a picco sul mare ci fermammo a fare le foto. Lui le faceva a me, io le facevo a lui. Per dire che tipo di ragazzo sia: tranquillo, disponibile e generoso».

Bennati ricorda una delle prime gare che corse proprio con Richard. Erano al Tour de l’Occitaine del 2017 (ex Route du Sud), Silvan Dillier, che giusto ieri ha vinto il titolo nazionale svizzero, era in testa alla generale.

«Dillier – racconta Bennati – aveva preso la maglia con una fuga da lontano. Carapaz era secondo e noi tiravamo per lui. L’ho visto subito molto determinato, forse anche troppo, per quel che riguarda qualche alzata di voce in gruppo, “entrate” dure… Ma ha dimostrato subito il suo talento e il suo carattere battagliero, che poi è quello che fa la differenza tra un campione e un corridore normale. Questa sua determinazione mi impressionò».

Carapaz è un ottimo scalatore, ma ha anche caratteristiche da finisseur
Carapaz è un ottimo scalatore, ma ha anche caratteristiche da finisseur

Il Giro non è stato una sorpresa

«Io non sono rimasto stupito quando Richard ha vinto il Giro d’Italia. Hai voglia a dire che Nibali e Roglic si sono controllati, ma lui nei giorni successivi ha continuato a guadagnare. In salita dimostrò di essere molto forte. Io quel Giro dovevo farlo, ma ero messo male…

«Lo incontrai all’aeroporto di Madrid. Io andavo in Spagna dopo l’infortunio per farmi vedere. Avevo le vertebre rotte. Lui invece stava venendo in Italia. Mi disse che avrebbe voluto fare bene, che avrebbe voluto vincere delle tappe. Poi invece si è portato a casa la maglia rosa!

«Quando è arrivato in Movistar, i tecnici dicevano che aveva dei valori addirittura migliori rispetto a Quintana. Per me in confronto a Nairo lui è un po’ meno scalatore ma è certamente più completo. Richard è un corridore in grado di partire anche agli ultimi due o tre chilometri. Ricordo quando vinse la tappa sotto la pioggia a Frascati e batté gente tipo Ewan».

E il fatto che sia esplosivo è un grande vantaggio anche per gli uomini di classifica nel ciclismo moderno. Essere veloci nei finali vuol dire accumulare secondi, poter prendere abbuoni. E alla fine tutto conta.

Sorridente ed educato fuori dalle gare, l’ecuadoriano in corsa… “morde”
Sorridente ed educato fuori dalle gare, l’ecuadoriano in corsa… “morde”

Quali margini?

Ma dove può arrivare Carapaz? L’anno scorso, dopo il passaggio alla Ineos Grenadiers, sembrava destinato ad una vita da gregario, di lusso, ma sempre gregario. Sembrava si fosse adagiato. Adesso invece sembra essere addirittura il capitano dello squadrone inglese per la Grande Boucle.

«Prima – riprende Bennati – ho detto che Richard può vincere un Tour, magari non è quello di quest’anno, potrà essere il prossimo, ma è un qualcosa che comunque è nelle sue corde. Corre in una squadra fortissima e potrà attaccare. Thomas potrà essere più attendista. Ma tanto sarà la strada a dire chi dei due sarà il leader.

«Margini? Sul piano mentale credo che come un po’ tutti sudamericani sia già maturo. Loro a 22 anni spesso hanno già messo su famiglia. Ricordo Bernal, che anche se non è sposato, a 21 anni al suo primo Tour sembrava un trentenne. Sul piano fisico invece non so che margini possa avere Carapaz. In questo ciclismo si è visto che si può sempre migliorare un po’, ma una cosa è certa: lui handicap della cronometro. E morfologicamente più di tanto non potrà fare. Non potrà arrivare ai livelli di Thomas o Roglic. Però, è nella squadra giusta per poter migliorare in questa specialità… E di certo già avrà iniziato a lavorarci su».

Con Cataldo dietro le quinte della 2ª serie Netflix sulla Movistar

12.06.2021
5 min
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Sudore, strategie, segreti di corsa. Per il secondo anno consecutivo, gli appassionati di ciclismo hanno potuto dare una sbirciata dietro le quinte di ciò che accade in casa Movistar grazie alla nuova stagione de El día menos pensado (letteralmente “Il giorno meno atteso”, anche se il titolo che troverete in italiano è “Dietro la prossima curva”), il documentario in 6 puntate che si è confermato una delle mini-serie sportive più riuscite sulla piattaforma Netflix.

La seconda serie sulla Movistar è in onda su Netflix
La seconda serie sulla Movistar è in onda su Netflix

Dietro le quinte

Se nella prima stagione, riferita all’anno 2019, ci avevano raccontato del trionfo rosa di Richard Carapaz, ma anche degli addii al team di Eusebio Unzue dello stesso ecuadoriano e di Nairo Quintana, anche stavolta, ripercorrendo i tre grandi Giri del pazzo 2020 sconquassato dal Covid, non sono mancati i momenti davvero caldi come il Tour de France che ha visto la squadra spagnola conquistare la classifica a squadre o la Vuelta di Spagna con la polemica finale, quando sono arrivate le accuse di aver tirato per Roglic per penalizzare l’ex Carapaz.

Cataldo è alla Movistar dal 2020, ci ha raccontato il backstage
Cataldo è alla Movistar dal 2020, ci ha raccontato il backstage

In presa diretta

Senza svelarvi troppo, ma per incuriosirvi nel caso vogliate vederla dopo aver letto questo articolo, siamo andati a chiederne di più a Dario Cataldo, per capire come ci si sente a essere parte di un progetto del genere.

«Quando fai sport – comincia a raccontare il trentaseienne abruzzese, arrivato in Movistar nel 2020 – avere telecamere e macchine fotografiche puntate addosso fa parte della routine, ti ci abitui. In realtà, in quei momenti non percepisci quello che poi verrà prodotto, perché ormai il cameraman diventa uno di noi e ciò fa sì che tutti possano muoversi in libertà, soprattutto nei momenti sul bus prima e dopo di una corsa. Non ho mai l’impressione che la telecamera sia una presenza invasiva, anzi, a volte serve a raccontare le cose come realmente stanno. Ci sono tanti episodi che possono venir letti male nel ciclismo perché le interpretazioni dall’esterno delle tattiche non sono semplici ed è difficile capire cosa capita realmente in corsa: la polemica della Vuelta è uno di questi episodi travisati».

Vuelta 2020, La Covatilla: la Movistar tira dietro Carapaz: un momento di grande tensione
Vuelta 2020, La Covatilla: la Movistar tira dietro Carapaz: un momento di grande tensione

Sul podio a Parigi

La naturalezza delle azioni dei protagonisti viene raccontata senza filtri in una serie che piace perché non nasconde anche gli attimi di contrasto e confronto dopo una sconfitta che, talvolta, portano poi alla vittoria successiva. Tra i momenti speciali per Cataldo c’è stato sicuramente l’ultimo giorno della Grande Boucle.

«Per un motivo o per l’altro – dice – non riuscivo mai a fare il Tour e l’unica volta che l’avevo disputato (nel 2017, ndr) non l’avevo terminato. E’ stato davvero emozionante pensare che la prima volta che sono arrivato a Parigi e sono entrato nel circuito degli Champs Elysées, poi mi sono ritrovato sul podio con i miei compagni di squadra grazie al primo posto nella classifica per i team».

Eterno Valverde

Uno dei più ricercati dall’occhio delle telecamere nel corso di tutta la stagione è stato l’eterno Alejandro Valverde, che nel 2020 non è riuscito ad alzare le braccia come abitudine. Uno sfizio che l’Embatido si è tolto qualche giorno fa al Delfinato ed ecco il ritratto che ci fa Dario.

Una camera in ammiraglia racconta le decisioni: qui Unzue con Arrieta
Una camera in ammiraglia racconta le decisioni: qui Unzue con Arrieta

«Alejandro è un ragazzino di 40 anni – sorride – corre con la stessa voglia di un giovane appassionato per la bici. Adora fare il corridore e tutto quello che fa, lo fa perché gli piace. Non è un sacrificio, gli viene proprio naturale. L’anno scorso è stato difficilissimo per lui e per tutte le persone che gli sono state attorno, soffriva questa situazione perché per lui era inusuale. Vederlo ritrovare il suo colpo di pedale e vincere al Delfinato, oltre a essere bello perché siamo felici per lui, è un’ispirazione per tutti gli altri. Ha una classe infinita, ma dimostra anche che quello che si fa con il massimo impegno dà risultati. Con noi compagni è un leader, ma al tempo stesso un giocherellone, che scherza con tutti. E’ uno spasso pedalare al suo fianco».

I due capitani

Nel 2020, Valverde ha fatto da chioccia a Enric Mas (i due sono insieme nella foto di apertura), atteso quest’anno alla prova del nove alla Grande Boucle, dove però dividerà i gradi di capitano con il neo arrivato Miguel Angel Lopez, trionfatore martedì sul Ventoux.

« Valverde si è trovato in questo ruolo – prosegue Cataldo – che gli ha fatto piacere e che è servito a Enric. Quest’ultimo, pur essendo molto sveglio, è giovanissimo e non ha l’esperienza di un corridore come Alejandro. Avere lui accanto gli è stato molto utile. Nei grandi Giri è sempre meglio avere una seconda opzione, altrimenti può capitare quello che è successo a noi all’ultimo Giro d’Italia con Marc Soler e per un imprevisto al capitano, la squadra resta spiazzata».

Nella serie su Netflix, i calcoli e le strategie per conquistare la classifica a squadre del Tour
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Il giorno di Cortina

Vedremo anche una terza stagione su Netflix? Cataldo intanto ci racconta qualcosa della sua 12ª avventura rosa terminata qualche settimana fa: «C’era sempre lo stesso cameraman che faceva i contenuti della squadra – dice – ma non sappiamo come e se li useranno. Per quanto riguarda il Giro, si è corso in modo intenso, quasi come se non ci fosse un domani. Il percorso era abbastanza duro e ha fatto sì che arrivassimo molto stanchi. Si è parlato tanto della tappa “tagliata” di Cortina, ma quel giorno non si è quasi vista nemmeno la corsa dei primi, figurarsi cosa è successo dietro ai gregari che stavano soffrendo. Se l’avessimo fatta per intero, ci sarebbero ancora corridori che scollinano il Fedaia adesso».

Eterno Valverde, punta su Giochi e Vuelta e rimanda il ritiro

08.06.2021
4 min
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Gli ha reso omaggio persino una scorza dura come Laurent Jalabert, commentandone la vittoria a La Sappey en Chartreuse, annotando che nessuno aveva mai vinto una tappa al Delfinato dopo i 40 anni. Ma Valverde sembra nato per smontare i luoghi comuni. Così quando ai 330 metri ha visto che Tao Geoghegan Hart aveva il colpo in canna e Geraint Thomas gli reggeva il gioco, si è messo prontamente in caccia. Ha tenuto il corridore della Ineos nel mirino fino agli ultimi 50 metri e poi lo ha saltato con un rapporto lungo quanto le sue 41 primavere.

Terzo alla Vuelta dietro Alaphilippe: il conto delle vittorie fa 5-3 per Valverde
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Tao nel mirino

Succedeva il 4 giugno, nella sesta tappa del Delfinato, sulla strada di avvicinamento al Tour de France, con alcune clamorose trenate di Miguel Angel Lopez nel finale, a tenere chiusa la corsa fino al momento giusto.

«Sono super felice – ha detto l’Embatido – tutto quello che riesco a fare ora è speciale. Essere davanti ai migliori, competere per queste vittorie. E’ tutto bello. Ma al di là della vittoria personale, è un successo cui abbiamo lavorato a livello di squadra. Miguel Angel ha controllato tutto in finale e io ho solo dovuto finire il lavoro. Abbiamo usato la tattica perfetta. Tao ha piazzato un grande attacco cui ho deciso di rispondere subito, dato che Geraint Thomas si è rialzato per fare il buco. Non volevo dare subito il massimo perché il traguardo era ancora lontano. Ho davvero aspettato fino all’ultimo momento…».

Di nuovo al top

Fra i corridori un po’ più… esperti, Alejandro è in proporzione quello che ha pagato di più il lockdown: non gli era mai successo di uscire da una stagione senza vittorie, cosa che è invece accaduta nel 2020. 

«Mi sono reso conto dell’età – dice – l’anno scorso è stato molto difficile per me e i due mesi a casa sono stati la parte più dura. Non sono un fan dei rulli. Ho iniziato a pensare che stavo invecchiando a causa di quell’inerzia. Ma quest’anno ho ricaricato le batterie e mi sono concentrato sulla preparazione e sull’alimentazione. E finalmente sento di essere nuovamente al livello dei migliori».

Un pezzo di storia

Non sarà come quando parli con Rebellin, però da qualche tempo è lui per primo a parlare di se stesso come di un… vecchietto, mettendosi spesso in contrapposizione con i più giovani.

«Sono orgoglioso di far ancora parte di questo gruppo – dice – con il piacere di insegnare e anche di imparare. Non mi pesa dormire fuori, mangiare in luoghi sempre diversi. Se il corpo sta bene e c’è passione, questa è la vita più bella del mondo. I ragazzi qua fuori sono giovani, ma anche dei grandi professionisti. E anche se io sono ormai un pezzo della storia del ciclismo, credo di poter imparare da loro anche tante cose del mondo al di fuori della bici».

Al Delfinato, Valverde ha aiutato Lopez e lo scorterà anche al Tour, allenandosi
Al Delfinato ha aiutato Lopez e lo scorterà anche al Tour, allenandosi

Tokyo e Vuelta

La vittoria ha messo i puntini sulle giuste lettere. E anche se in Spagna nessuno si sognava di lasciarlo fuori dalle Olimpiadi, per palmares e rispetto, la volata del Delfinato – che si somma alla vittoria nel Gp Indurain, il podio alla Freccia e il quarto posto della Liegi – ha fatto scrivere il suo nome sulla maglia in partenza per il Giappone.

«Olimpiadi e Vuelta – dice strizzando l’occhio, con le guance scavate e la barbetta che lo invecchia – mentre al Tour andrò per aiutare i compagni e allenarmi. Il rinvio dello scorso anno ha cambiato tutto. Avrei puntato sulle Olimpiadi e sui mondiali di Martigny. Invece le Olimpiadi ci saranno quest’anno e Martigny è diventata Imola. Però se l’anno scorso ero abbastanza giù e per un secondo ho valutato di fermarmi – ghigna – se questi sono i risultati e le sensazioni, finirà che dovrete sopportarmi per un anno ancora».

Soler a casa. E Cataldo torna ad essere un battitore libero

21.05.2021
4 min
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«Dobbiamo difenderci in attesa delle grandi montagne», ci aveva detto Dario Cataldo, pensando al leader della Movistar, Marc Soler, prima della frazione di Montalcino. Ci aveva visto lungo. E infatti nell’ultima frazione tra gli Appennini lo spagnolo è caduto e si è ritirato.

Così da ieri sera nell’hotel che dava proprio sulla linea di arrivo di Bagno di Romagna, Dario è andato a dormire con la consapevolezza che il suo ruolo cambierà in questo Giro d’Italia. Anzi, è già cambiato. Non dovrà più correre con un occhio davanti e uno dietro, ma focalizzarsi sulle fughe. Su sé stesso. Dovrà risparmiare quando potrà farlo e affondare il colpo quando ce ne sarà l’occasione. Ma non è facile quando si è partiti con altri obiettivi.

Cataldo al traguardo di Bagno di Romagna, il massaggiatore gli indica l’hotel
Cataldo al traguardo di Bagno di Romagna, il massaggiatore gli indica l’hotel

Movistar in controllo

Cataldo è il capitano della Movistar, il diesse in corsa, e sino a ieri aveva controllato bene la gara di Soler. Non solo, aveva anche trovato un po’ di spazio per lui andando in fuga nella tappa dei Sibillini e in quella di Campo Felice.

«Stavamo mantenendo la situazione sotto controllo – dice Cataldo – per arrivare nelle migliori posizioni all’inizio delle grandi montagne. Poi ieri Marc è caduto. Non ho visto la sua scivolata, ma mi hanno detto che non è stata pericolosa. Lo hanno preso forte da dietro ed è in quel momento che si è fatto male – poi sconsolato aggiunge – Mi è dispiaciuto tantissimo».

I Movistar, proprio grazie alla sapiente guida di Cataldo, si erano mossi bene. Avevano corso sempre coperti, presenti ma senza farsi vedere. Insomma minima spesa, massima resa. Dario aveva tenuto davanti il giovane spagnolo nei momenti più difficili e lo consigliava costantemente.

«Cercavo sempre di fargli anticipare un po’ i tempi – spiega – per esempio quando stare davanti, mettersi una mantellina prima di un determinato punto. Ma comunque Marc si sa muovere bene».

Per Cataldo e i suoi compagni da oggi inizia “un altro” Giro
Non solo per Cataldo, anche per Villella (alla sua ruota) inizia “un altro” Giro

Cataldo in fuga 

E adesso? Adesso è tempo di cambiare, di rimboccarsi le maniche, come tante volte ha fatto durante la sua carriera l’abruzzese. E le maniche Dario ha iniziato a rimboccarsele sin da subito, cercando di risparmiare energie. E’ arrivato a Bagno di Romagna con il gruppetto ad oltre 26 minuti. Dopo l’arrivo non era affaticato. Certo, era stanco, scavato, ma come tutti del resto dopo 12 tappe, 212 chilometri, tanta salita e tanta pioggia.

«Abbiamo cercato anche la vittoria con qualche fuga in questo Giro – sottolinea l’abruzzese – purtroppo non è arrivata ma non è sempre così semplice e scontato. Ci riproveremo ancora sicuramente. Sin qui ero sempre stato in appoggio al capitano, Soler, ma a questo punto il mio Giro cambia tutto. E non solo per me, anche per la mia squadra. Dovremmo inventarci qualcosa. Io però sto bene».

E su questo “Io sto bene” detto con decisione c’è da ripartire, c’è da sfruttare quel che resta da qui a Milano.

Cataldo in fuga verso San Giacomo con Mader e Mollema
Cataldo in fuga verso San Giacomo con Mader e Mollema

Parola a Sciandri

«Soler lo hanno preso da dietro – spiega Sciandri, diesse della Movistar – e subito ha accusato dolori alle costole. Non respirava bene. Era un momento caotico. Ho fermato Torres. Il dottore in corsa gli ha dato l’ibuprofène. Abbiamo insistito fino al chilometro 45-47 ma poi proprio non ce la faceva. Si è anche gustato il bus. E’ stata una giornata difficile da gestire.

«Mi ha chiamato Eusebio Unzue mentre eravamo in corsa e mi ha detto: teniamo duro, andiamo avanti. Ma non è facile. Le tappe sono sempre meno e quelle da fuga non sono molte. Il Giro è duro. E quando perdi il leader devi fare il punto della situazione.

«Quanto è importante Cataldo? Molto, ma sono tutti importanti. Tutti avranno la possibilità di andare in fuga. E già da oggi (ieri per chi legge, ndr) per lui era determinante iniziare a risparmiare energie». E Dario lo ha fatto sin da subito…