Modolo: la nuova vita e i ricordi di una carriera

05.02.2023
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Quando qualcosa finisce, lascia un senso di vuoto dentro di noi. Ci si ritrova un po’ spaesati davanti a situazioni che prima non avremmo immaginato. Se la tua vita è sempre ruotata intorno alla bici e due pedali, quando te li tolgono fai fatica a ricalibrare il tempo. Sacha Modolo si è trovato in questa situazione: l’ultima gara è stato il Giro del Veneto e poi da lì è iniziata una nuova vita. 

«Devo ancora abituarmi ai nuovi ritmi – ci racconta – sono cambiati e parecchio. La vita dello sportivo aveva un obiettivo, ti alzavi per allenarti e tutte le mattine andavi a guardare il meteo fuori dalla finestra per capire se potevi uscire in bici o meno. Avevo una spinta motivazionale, ora ne sto cercando una nuova. La mattina non ho più la bici, ma porto la bambina all’asilo. Poi torno e do una mano a mia moglie in casa».

Il trevigiano ha chiuso la sua carriera a fine 2022 in maglia Bardiani dopo 13 stagioni tra i professionisti
Il trevigiano ha chiuso la sua carriera a fine 2022 in maglia Bardiani dopo 13 stagioni tra i professionisti

Hobby e passioni

In questi primi giorni di febbraio, dove la primavera ha fatto incursione riscaldando le giornate, si respira un clima diverso, quasi investiti da un’inaspettata vitalità. Nel frattempo Modolo cerca di ritagliarsi il suo spazio in questo mondo senza bici. 

«Ho un piccolo garage, dove tengo delle Lambrette e delle Vespe d’epoca – mentre Modolo parla sua figlia sotto si fa sentire – ogni tanto mi metto al lavoro su qualche motore. Il mio migliore amico, che è anche il mio testimone di nozze, ha già un’attività avviata e pensavamo di fare qualcosa insieme con le moto e le auto d’epoca. E’ un mercato che ha tanta richiesta, soprattutto all’estero. Per il momento, però, collaboro con Marco Piccioli e Massimiliano Mori, i miei due procuratori. Mi hanno fatto una proposta e ho deciso di provare. Mi sono dato un anno di tempo per capire se questo mondo mi interessa, anche se, devo ammettere che mi piacerebbe fare qualcosa legato ai giovani ciclisti della mia zona (Conegliano, ndr). 

«Nel ciclismo moderno ci sono poche squadre italiane e i giovani fanno fatica a entrare nel mondo dei professionisti. Le WorldTour sono tutte straniere e tendono a premiare i corridori locali, come da noi ai tempi facevano Lampre e Liquigas. Pensate che nel 2010 nella sola zona di Treviso eravamo 15 professionisti, tra i quali Ballan, ultimo campione del mondo. Ora sono tre: Vendrame, Cimolai e Gandin, arrivato quest’anno in Corratec».

Nuova vita

Il ciclismo per Modolo ha rappresentato gran parte della sua vita e ora che non c’è più il trevigiano ha più tempo per dedicarsi ad altro. La passione per le due ruote rimane, anche se motorizzate.

«L’ultima uscita in bici – ci confida – l’ho fatta alla vigilia di Natale, dopo un mese che non la toccavo. E’ stata dura mentalmente, dopo una vita dedicata al professionismo mi mancava la motivazione. Si è trattata di una passeggiata praticamente. Sono uscito anche sabato scorso, ma ho fatto due orette con dei amici amatori. Siamo andati a prendere un caffè al bar. Continuo a coltivare, anche con maggiore impegno, la passione per le moto. Se ho qualche ora libera preferisco passarla così, questa passione mi ha aiutato a staccare la spina appena smesso con il ciclismo.

«Avevo una mia visione del ciclismo, quasi non vedevo l’ora di smettere, ma quando arriva il momento pensi che uno o due anni in più li avresti fatti volentieri. Sono parte di un gruppo di enduristi e mi diverto molto, dopo una vita a spingere due ruote ora sono loro che spingono me. Abbiamo in mente anche qualche gita, magari in Umbria, vedremo. L’enduro è bello, mi ritrovo a percorrere parte dei sentieri che facevo in mtb, fare qualche salita sterrata senza fars è divertente». 

Il podio della Coppa Agostoni del 2011: al centro Modolo, a sinistra Ponzi e a destra Gatto
Il podio della Coppa Agostoni del 2011: al centro Modolo, a sinistra Ponzi e a destra Gatto

Un viaggio nei ricordi

Sacha ultimamente sta rivivendo tramite foto alcune delle sue vittorie, il trevigiano è passato professionista nel 2010. Di acqua sotto i ponti ne è passata ed in tredici anni di carriera di cose ne sono successe, così Modolo ci guida nei suoi ricordi. 

«La prima vittoria me la ricordo benissimo – dice – ero in Cina, è quella che mi ha sbloccato ed è arrivata al secondo anno di professionismo. Da lì in poi in quella stagione ho vinto altre nove corse. Nel mio primo anno da corridore ero arrivato quarto alla Milano-Sanremo ed ero finito sotto i riflettori. Non ero abituato ed ho fatto un anno senza vincere, quel successo in Cina è stato davvero molto importante.

«In quella stagione (2011, ndr) ho vinto la Coppa Agostoni – continua – forse la corsa più importante che ho portato a casa quell’anno. Il percorso era molto duro con il Ghisallo e tenere su quelle rampe è stato difficile. La volata nel gruppetto me la ricordo bene: non riuscivo a trovare spazio così mi sono appoggiato ad Oscar Gatto. Secondo arrivò Simone Ponzi con il quale ho corso due anni alla Zalf. E’ bello quando cresci insieme tra i dilettanti e poi ti ritrovi a battagliare in una corsa professionistica».

Le battaglie con i big

Sacha Modolo ha avuto tra i suoi rivali grandi corridori del calibro di Cavendish e Sagan e qualche volta è riuscito a mettergli le ruote davanti. Un motivo di grande orgoglio e soddisfazione per lui che è sempre rimasto con i piedi per terra. 

«La corsa era il Tour de San Luis – ricorda Sacha – e la prima tappa arrivai secondo alle spalle di Cavendish, alla seconda volata sono riuscito ad impormi. Era uno dei primi anni che lavoravo con Rossato, mi sono trovato subito bene con lui. Quell’inverno, ricordo che andavamo due volte a settimana in pista e avevo sentito subito la differenza. La vittoria in Argentina ne è una grande testimonianza, perché mettersi dietro Cavendish ai quei tempi era difficile. Lui a fine anno era sempre in doppia cifra abbondante con le vittorie.

«La stagione successiva (il 2014, ndr) iniziai di nuovo forte con due primi posti in Spagna e una tappa alla Volta Ao Algarve. Uno dei successi più belli della stagione è arrivato alla Tre Giorni di De Panne, alla seconda tappa riuscì a battere in volata Demare e Kristoff. Mentre la vittoria più bella di quell’anno è arrivata al Giro di Svizzera, nella quinta tappa, che finiva in cima ad uno strappetto, ad esterno curva ho passato Sagan. Mi sentivo molto bene e uno degli obiettivi della stagione era provare a prendere la maglia gialla al Tour. La prima tappa, ad Harrogate, era prevista una volata. Purtroppo arrivai in Inghilterra, si partiva da lì quell’anno, con la febbre. Feci di tutto per recuperare ma al secondo giorno dovetti andare a casa».

Tra i risultati di rilievo anche un sesto posto al Giro delle Fiandre del 2017
Tra i risultati di rilievo anche un sesto posto al Giro delle Fiandre del 2017

La vittoria di “casa”

Nel palmares di Modolo si contano anche due tappe al Giro d’Italia, entrambe raccolte nel 2015. La prima al Lido di Jesolo e la seconda a Lugano. 

«L’emozione più bella – dice con una lieve flessione della voce – è quella del Lido di Jesolo (in foto di apertura, ndr). Correvo in casa e volevo fare bene, solo che la mattina mi sveglio e piove, per di più le temperature non erano nemmeno troppo bonarie. Mi ricordo che ero parecchio infastidito, io con freddo e pioggia facevo prima a rimanere in pullman – ride – però quel giorno pescai una grande prestazione. Avevo la fortuna di trovarmi nel treno due uomini come Ferrari e Richeze che mi hanno pilotato benissimo. E’ la vittoria che tutti da queste parti si ricordano. Ogni tanto quando sono in giro, qualcuno la menziona ancora».

Modolo Vuelta Espana 2021
Il cambio di mentalità e di lavoro nel mondo del ciclismo lo ha percepito nei due anni in Alpecin
Modolo Vuelta Espana 2021
Il cambio di mentalità e di lavoro nel mondo del ciclismo lo ha percepito nei due anni in Alpecin

Il grande cambiamento

Non è un caso che le vittorie raccontate dallo stesso Modolo siano arrivate tutte nello stesso periodo. Il ciclismo era molto diverso, nelle ultime stagioni c’è stato un bel cambiamento ed anche il trevigiano dice la sua

«Era un ciclismo più abbordabile – replica – avevamo molto meno stress, lo ha detto anche lo stesso Sagan pochi giorni fa quando ha annunciato il ritiro. La stagione finiva ad ottobre e per un paio di mesi potevi rimanere tranquillo. Quando sentivamo che alcune squadre facevano già i ritiri a dicembre si rimaneva un po’ perplessi. Ora è la normalità. Ricordo che nell’inverno nel quale sono passato professionista era caduta una grande nevicata e per una settimana non ero riuscito ad allenarmi. Andavo a passeggiare lungo il Piave con altri corridori, ma vivevamo la cosa senza tensione. Adesso appena fa due giorni di pioggia, i corridori prenotano per le Canarie e ci rimangono due mesi tra ritiri individuali e di squadra. Il ciclismo è cambiato, ma è anche giusto che sia così. Solo che è successo tutto quando ero già over 30 ed è difficile poi adattarsi. Noi della generazione nata tra il 1987 e il 1990 abbiamo subito tanto questa cosa.

«Personalmente mi sono accorto di questo cambiamento quando ero in Alpecin, non ero abituato ad essere monitorato tutto il giorno. I risultati arrivano perché è un metodo più efficace, ma anche molto stressante. Non mi va di fare la parte del vecchio – ride – ma qualche anno fa se ti ritiravi in corsa non lo veniva a sapere nessuno. Adesso si ha una lente puntata addosso, costantemente, e i social non aiutano. I giovani sono abituati e, a mio modo di vedere, anche per questo sono avvantaggiati. E’ un ciclismo più veloce».

Simmons fa piangere Richeze: una botta secca e via

25.01.2023
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Avevano pensato lo stesso attacco, ma Simmons l’ha fatto prima e ha vinto. Richeze è passato dietro con la testa bassa. E quando lo abbiamo visto venirci incontro, piangeva. Sarebbe stata la vittoria in casa nella corsa di fine carriera, avrebbe avuto un gran sapore.

La terza tappa della Vuelta a San Juan si è conclusa all’interno del Circuito Villicum, con pubblico sugli spalti e un finale thrilling. Stava tutto a entrare in testa nell’ultima curva e da lì fiondarsi sul traguardo, anticipando i velocisti e i loro treni.

Il piano di Baffi

«Abbiamo realizzato quello che avevamo pensato ieri sera e ribadito stamattina. A volte si fanno mille piani, ma quando riescono c’è grande soddisfazione».

Adriano Baffi parla con motivato orgoglio, mentre Simmons dal palco saluta e alle spalle del tecnico della Trek-Segafredo Cataldo, Vacek e Aberasturi ripassano la tattica messa perfettamente in atto.

«E’ caduto nella prima tappa – ricorda Baffi – ma gli ho detto di far finta che non ci fosse mai stata. E’ come se ieri avessimo ricominciato ed è venuto il terzo posto. Oggi abbiamo vinto. Il ragazzo aveva qualità quando è arrivato, sapevamo che le avesse ancora e adesso sta imparando il modo giusto di correre, meno impulsivo. Oggi doveva stare a ruota dei compagni fino al momento giusto e così è andata».

Baffi ha spiegato che quel tipo di attacco era stato studiato dalla sera prima
Baffi ha spiegato che quel tipo di attacco era stato studiato dalla sera prima

L’ultima curva

Venerdì si arriva sul Colorado, che gli ricorderà casa sua. Lui alla battuta sorride e incassa l’ennesima salva di complimenti. Quando lo incontrammo a Calpe disse che il fuoco per quest’anno sarebbe stato vincere, non importava come. C’è riuscito al terzo giorno.

«Avevamo parlato di questo finale – racconta l’americano dai capelli e la barba rossi – era la mia sola chance per vincere, non essendo un velocista. Mathias (Vacek, ndr) mi ha guidato alla perfezione a quell’ultima curva. La squadra oggi ha lavorato tutto il giorno per me, è persino facile fare un minuto di sforzo quando gli altri ti aiutano a questo modo. Baffi me l’ha detto di scordarmi del primo giorno e di tenere fede al piano. Mi ha infuso grande energia».

Richeze anticipato

Anche Richeze l’aveva cerchiata di rosso, sapendo di non avere il ritmo né le gambe per contrastare corridori più avanti di lui nella condizione.

«Non correvo da giugno – dice – e nonostante tutto, questo secondo posto ha un sapore amaro. Non sono in grado di fare uno sprint di gruppo con tutti gli altri, io uso il 54 e mi pare duro, loro usano il 56. Volevo attaccare, ne avevo parlato con Fernando (Gaviria, ndr). Sapevo che chi fosse partito per primo in quella curva, avrebbe preso il giusto vantaggio. Solo che mentre ero lì per partire, Simmons mi ha anticipato. Ha avuto più resistenza di me. Ho provato a uscire, ma non ho avuto le gambe per chiudere».

A Calpe, Simmons ci aveva confessato la sua voglia di vincere e ora è al settimo cielo
A Calpe, Simmons ci aveva confessato la sua voglia di vincere e ora è al settimo cielo

Colorado, casa sua

Baffi ha anche detto che con Simmons sono venuti guardando più lontano della singola tappa. E che uno come lui, che lo scorso anno alla Tirreno si fece in fuga il Carpegna, sull’Alto del Colorado potrebbe anche tenere duro.

«E’ una grande salita – sorride – e io peso 72 chili. Difficile per me tenere il passo dei colombiani, che sono più leggeri. In squadra c’è Vacek che potrebbe pensare alla classifica, ma è chiaro che arriveremo a quell’ultima salita molto vicini e io non mi farò indietro. Se arriveremo in cima in un gruppo ristretto, farò certamente lo sprint. Arrivo a casa mia, arriverò fino in cima (ridendo, ndr)».

Il messaggio di Cavendish

Mentre Richeze se ne va, la domanda un po’ perfida gliela facciamo. Avresti dedicato l’eventuale vittoria a Mark Cavendish?

«No – dice – per me è una cosa superata. Comunque mi ha scritto. Ha detto che non avrei dovuto parlare in giro e avrei dovuto prima sentire lui o il suo procuratore. Gli ho risposto che l’ho cercato per giorni e non ha mai risposto e che ho detto semplicemente la verità. Allora ha detto che dovrei avercela anche con Gaviria e Viviani che non mi hanno aiutato. Gli ho risposto che loro sono stati chiari dall’inizio, hanno detto che non riuscivano e comunque non sono stati loro a promettermi un posto in squadra. Lui non chiede scusa, ma va bene così. Se avessi vinto, non sarebbe stata per lui. Adesso faccio un giretto in bici, perché ho le gambe di legno. Domani potrebbe essere buona, se riesco a passare le salite. Potrei andare in fuga o pensare all’ultima tappa, vincendola come nel 2017. Sarebbe il modo migliore per concludere la carriera».

Il volta spalle di Cavendish e Richeze dimenticato

20.01.2023
5 min
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«Come corridore, Mark è un campione. Però come persona mi ha deluso». Maxi Richeze parla in modo netto, con lo sguardo dritto di chi non ha cose da nascondere. Il garage dell’Hotel Del Bono di San Juan è in penombra e umido da morire, fuori c’è un vento che ti porta via. Ieri c’erano 38 gradi, oggi va un po’ meglio. Le squadre della Vuelta a San Juan sono tutte in Argentina, ieri siamo arrivati anche noi giornalisti e da oggi in avanti ogni incontro diventa lo spunto per una storia da raccontare.

Il disastro B&B Hotels

Richeze lo avevamo intercettato a metà ottobre, quando avevamo saputo che Mark Cavendish gli aveva chiesto di accompagnarlo al Tour per la sfida finale al record di Merckx. La B&B Hotels aveva fatto l’offerta giusta e attorno al campione dell’Isola di Man stava nascendo un treno per la Grande Boucle. Richeze sarebbe stato il suo ultimo uomo, Mozzato sarebbe stato uno degli uomini interessati.

Poi di colpo si è fermato tutto. La squadra si è persa nelle sue vicende finanziarie e il manager Pineau a un certo punto ha alzato le armi e liberato tutti i corridori. Un bel disastro in terra di Francia, da cui Cavendish e il suo manager Martijn Berkhout si sono messi in cerca d’altro.

Acqua prima dell’allenamento: ci sono 36 gradi, il sole picchia sodo
Acqua prima dell’allenamento: ci sono 36 gradi, il sole picchia sodo
Ci siamo lasciati che stavi andando alla B&B, mancava solo di firmare…

In realtà abbiamo firmato e fatto un primo ritiro a ottobre. Quando hanno rinviato la presentazione per la prima volta e hanno smesso di arrivare messaggi, ho pensato che forse c’era qualcosa di strano. Poi però hanno mandato l’email per fare il ritiro di dicembre e ho detto: «Vabbè, si sta sistemando». Invece è saltato tutto.

Come erano a quel punto i rapporti con Cavendish?

Erano buoni. Non ci parlavo troppo spesso, perché sapevo che era un po’ sotto stress. Gli dicevo che io c’ero e di chiamarmi quando avesse notizie. Lui mi ha sempre tenuto al corrente delle varie squadre che sentiva. Io ero ancora in Europa, sono arrivato qua prima di Natale, dopo aver visto la finale del mondiale di calcio in Qatar.

Quindi eri in Europa quando è venuta fuori la pista Astana?

Esatto. Mark mi aveva parlato dell’Astana e di una professional americana. Il giovedì ho parlato con gli americani, il venerdì sera invece mi hanno scritto sia lui sia il suo procuratore, dicendo che l’Astana tornava in prima posizione e che il giorno dopo si sarebbero messi a posto. Da lì non ho avuto più notizie, era il 16 dicembre. Mi ha scritto che mi avrebbe fatto sapere il giorno dopo, ma più niente. Lui neanche vede più i miei messaggi, il suo procuratore li vede, ma non risponde.

L’Hotel Del Bono pullula di campioni e tifosi. Evenepoel è arrivato il 12 gennaio
L’Hotel Del Bono pullula di campioni e tifosi. Evenepoel è arrivato il 12 gennaio
Erano i giorni in cui l’Astana era a Calpe. C’eravamo anche noi…

Esatto. Venerdì sera abbiamo parlato e loro domenica avevano già firmato. Erano lì e hanno smesso di darmi risposte.

Come te lo spieghi?

Non lo so. Alla fine se lui doveva andare e non riusciva a portarmi, si poteva anche capire. Me lo dici, mi dispiace, ma non sono un bambino. Avrei capito. Eravamo già a dicembre, un periodo un po’ tirato e ci stava anche che fosse preso con le sue cose, però almeno avrei voluto una chiamata. E se non aveva il coraggio per una chiamata, almeno un messaggio. Non che non mi rispondi più al telefono e neanche ai messaggi. Sono deluso…

Anche perché per questa opportunità, avevi ricominciato ad allenarti…

Sì, io avevo già deciso di smettere. E’ stato lui a motivarmi perché facessi un altro anno e per quello ho continuato ad allenarmi. 

Alla presentazione della Vuelta San Juan 2019, Richeze fra Sagan e Cavendish
Alla presentazione della Vuelta San Juan 2019, Richeze fra Sagan e Cavendish
A questo punto hai deciso che San Juan sarà la tua ultima corsa?

Visto che praticamente non rispondevano più al telefono, ho capito e sinceramente non sono neanche andato in cerca di altre squadre. Come avevo detto anche a Mark, avevo bisogno di motivazioni forti per fare un altro anno. Quella di andare con lui al Tour de France era una bella sfida, una cosa buona. Quando è sfumata, ho deciso di smettere, non volevo forzare il destino. Già era saltato il discorso con B&B. Dopo è successo questo problema con lui. Io credo nel destino, vuol dire che il Signore non voleva che continuassi a correre. Quindi, cuore in pace.

Come sei rimasto quando hai visto che l’Astana ha preso Cees Bol?

Ripeto, io non discuto la scelta tecnica. Bol è un corridore dello stesso procuratore di Mark, ma capisco Vino che magari ha voluto un velocista più giovane che può fargli risultato. La scelta ci sta, il silenzio mi è dispiaciuto.

Riuscirai a vivere questa ultima corsa serenamente?

Sereno, un po’ contento, un po’ malinconico. Perché, sai, ti passano tante cose per la testa. Tutta la vita in bicicletta, 17 anni da professionista, quindi è dura. Dici che smetti, ma quando arriva il momento… Però cercheremo di goderci questo momento con tanti amici. Ho parlato anche con il Governatore e con il Ministro dello Sport, qui dove ho iniziato la mia carriera di ciclista e dove la voglio finire. L’ho sempre detto che ci tenevo che fosse qui. C’è gente mi ha dato tanto, sia a livello affettivo come anche sportivo. Per me era importante arrivare fin qui.

Richeze ha 39 anni, è passato nel 2006 con la Bardiani. Ha vinto 38 corse ed è stato ultimo uomo dei velocisti più forti
Richeze ha 39 anni, è passato nel 2006 con la Bardiani. Ha vinto 38 corse ed è stato ultimo uomo dei velocisti più forti
Il futuro sarà qui o in Europa?

Non lo so, ancora non ho deciso. Io ho un’azienda qui, poi abbiamo anche l’azienda di famiglia, quindi voglio lavorare un po’ su quello. Mi piacerebbe molto lavorare qui, con i ragazzini in Argentina o anche qui a San Juan, visto che c’è anche il velodromo nuovo. Quello aiuterà tanto. Quindi il futuro è ancora da decidere. Per ora la bimba è in Italia con mia moglie. L’ultima volta che sono venute con me, a scuola l’hanno caricata di compiti e mia moglie ha sclerato…

Ti alleni da solo oggi?

Oggi sì. Ho un terreno a 40 chilometri da qui e vado a controllare come vanno le cose, poi mi sposto all’hotel dell’Argentina, sennò mi ammazzano (ride, ndr). Ho fatto qualche giorno in questo delle WorldTour perché mi hanno invitato, ma ora torno dai miei.

Richeze riparte. Dove va? Non si può dire…

18.10.2022
5 min
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Maxi Richeze non farà il prossimo Giro d’Italia, ma molto probabilmente lo vedremo al Tour. E così l’argentino, che pareva avviato al ritiro, torna in gruppo per rispondere alla richiesta di un amico velocista, che in Francia vuole andarci a tutti i costi. Per orgoglio e per battere un record uguagliato l’anno scorso. E visto che a Richeze non è consentito parlare della nuova squadra fino alla prossima settimana, resteremo nel vago. Anche il post su Instagram del suo futuro capitano è stato rimosso alla svelta.

Ripescato grazie all’intervento di Matxin, al Tour of Oman 2022 aiuta Gaviria a vincere due tappe
Ripescato grazie all’intervento di Matxin, al Tour of Oman 2022 aiuta Gaviria a vincere due tappe

Pensione anticipata

A giugno la UAE Emirates lo ha mandato in pensione. A dire il vero, se non fosse stato per l’insistenza di Matxin, il contratto di Richeze non sarebbe stato rinnovato neppure per quei pochi mesi. Di fatto l’ultima corsa porta la data del 12 giugno: Elfstedenronde Brugge (in apertura il saluto di Keisse). Nel team degli Emirati, Maxi faceva l’ultimo uomo di Fernando Gaviria.

«Avrei smesso per una decisione non mia – dice – e questo un po’ mi scocciava. A metà 2021, Mauro (Gianetti, ndr) mi disse che non mi avrebbe tenuto, anche se Matxin diceva che sarei servito. Per questo non sono andato al primo ritiro. A novembre la conferma: decisione presa. Dove vado? Ho pensato che la mia carriera l’avevo già fatta e sono andato in Argentina, restando però in contatto con Matxin, con cui c’è una bella amicizia. E lui a un certo punto del nuovo anno, mi chiese se mi stessi allenando ancora, perché c’era bisogno di me». 

E’ stato Gaviria a volerlo con sé quando ha lasciato la Deceuninck-Quick Step nel 2020
E’ stato Gaviria a volerlo con sé quando ha lasciato la Deceuninck-Quick Step nel 2020

Ultimo uomo deluxe

Richeze ha 39 anni compiuti a marzo ed è professionista dal 2006, pistard lanciato da Reverberi nella allora Ceramiche Panaria. Ha vinto una decina di corse, fra cui due tappe al Giro e una allo Svizzera, ma la sua vera rivelazione è stata nei panni di ultimo uomo di velocisti come Viviani, Kittel, il giovane Jakobsen e Gaviria, che lo volle con sé quando lasciò la Quick Step per passare alla UAE.

«Così a inizio 2022 – riprende – ho firmato un contratto fino al Giro. Fernando ha vinto in Oman. Ho lavorato per Pogacar quando è servito. C’era tutto per continuare sino a fine anno. Invece a due tappe dalla fine del Giro mi hanno fatto una proposta che non ho trovato giusta. Avevano i loro motivi, non discuto, ma ho deciso di non accettare».

Alla Vuelta del 2019 ha lanciato Jakobsen alla prima vittoria di tappa a El Puig
Alla Vuelta del 2019 ha lanciato Jakobsen alla prima vittoria di tappa a El Puig
E così a giugno ti sei ritrovato a piedi. Cosa hai fatto?

Sono andato in Argentina e ho continuato ad allenarmi, facendo però anche altri sport che mi piacciono come la corsa a piedi e il nuoto. Anche perché non sapevo cosa rispondere a tutti gli amici che mi chiedevano. A luglio ho fatto un po’ di vacanze, finché è arrivata la chiamata di questo amico corridore. Sono stato contento. Per avere la possibilità di chiudere a modo mio e perché, messo tutto sulla bilancia, so di poter andare ancora forte. E così ho preso la decisione.

Come mai ha chiamato te?

Era un bel po’ che parlavamo. Abbiamo sempre corso contro, ma vedeva il mio lavoro. E finalmente adesso correremo insieme. Comunque l’anno l’ho finito con 56 corse in 5 mesi, che non sono poche. Ero un po’ stanco e questo periodo di stacco ci stava bene.

Alla presentazione della Vuelta San Juan 2019, fra Sagan e Cavendish
Alla presentazione della Vuelta San Juan 2019, fra Sagan e Cavendish
Questo corridore misterioso ha a sua volta una grande voglia di riscatto, che inverno ti aspetta per essere all’altezza?

Un inverno più intenso. Ho già iniziato da due settimane. Palestra e poca bici. La preparazione fisica va fatta bene e non voglio esagerare pedalando per trovare poi il giusto entusiasmo. Anche se devo dire che quelle settimane a pedalare senza stress in Argentina me le sono proprio godute. Non escludo di tornare a fare qualcosa in pista, per trovare il colpo di pedale e la condizione senza spremermi troppo.

Motivazioni?

Tante. Ho voglia di riscatto. Questo obiettivo mi carica molto e alla mia età ho bisogno di motivazioni forti. Far parte di questo progetto con l’obiettivo del Tour mi motiva molto.

Nella squadra in cui il corridore misterioso ha già detto di andare corre un giovane velocista italiano, che ha fatto un ottimo 2022…

Lui è forte davvero e qualche volta farà parte del nostro gruppo. Ma stanno costruendo un treno. E’ stato il mio amico a scegliere i corridori, il personale e gli allenatori. In un’intervista, il team manager ha detto che la trattativa è stata come quella per prendere un calciatore. Lui ha tanta voglia di tornare in Francia. Non gli è andato giù non esserci andato quest’anno. Abbiamo entrambi qualcosa da dimostrare.

Alla Tirreno, tirando per Pogacar. L’apporto di Richeze alla squadra non è mai venuto meno
Alla Tirreno, tirando per Pogacar. L’apporto di Richeze alla squadra non è mai venuto meno
Hai pensato a cosa farai quando dovrai appendere la bici al chiodo?

Resterò sicuramente in Europa. Ho dei progetti per lavorare con i giovani in Argentina, per poi portarli qua. Sono arrivato tanti anni fa, il vero ciclismo è in Europa. Ho faticato tanto, perché non sapevo niente. Sembrava quasi che non avessi mai corso. Abbiamo grande potenziale, serve qualcuno che apra la strada. E sono coinvolto anche nel progetto per l’inaugurazione del nuovo velodromo a San Juan, dove si faranno i mondiali del 2025. Non ci arriverò come corridore, ma sono contento di poter aiutare a organizzarli.

Richeze al bivio, lascia Gaviria ma continua a correre

20.08.2021
4 min
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L’appuntamento delle 15 è slittato alle 17,30, perché nel frattempo l’allenamento di Richeze e Gaviria è andato per le lunghe. A Monaco è un po’ meno caldo che da noi, ma il sole si fa rispettare ugualmente. I due sono entrambi reduci dal Tour de Pologne, dove il colombiano ha centrato la prima vittoria di stagione e da cui conta di ripartire per una seconda metà in cui riempire le bisacce di risultati. Ma in ogni caso, alla fine dell’anno la coppia si separerà. Una coppia rinata dopo che Gaviria lasciò la Quick Step nel 2019 e convinse l’amico a fare altrettanto nel 2020. I risultati non hanno tenuto troppa fede alle attese, ma la separazione è dovuta alla volontà di ringiovanire il gruppo e Richeze ha ormai 38 anni.

Nel 2018 vince a Konya in Turchia: con la Quick Step ottime stagioni
Nel 2018 vince a Konya in Turchia: con la Quick Step ottime stagioni

«Ma correrò ancora – sorride – e non so chi abbia messo in giro la voce che smetterò. Certo il piano era di continuare con Fernando, ma non è stato possibile. Perciò sono in cerca di una squadra per la prossima stagione, ugualmente come ultimo uomo. Stiamo parlando, ho dei contatti. Sono molto amico di Lombardi, che mi gira le informazioni che potrebbero interessarmi».

Richeze come Morkov

Quando lasciò la Quick Step, si divideva con Morkov la palma di miglior ultimo uomo, al punto che Gaviria lo volle fortemente con sé al UAE Team Emirates. E anche se non basta avere un ottimo “leadout” per vincere le volate (il bottino di Fernando sarebbe altrimenti più ricco), di certo si tratta di un ruolo molto importante, che però negli anni è cambiato radicalmente.

Il 2019 è stato l’ultimo anno da separati fra Gaviria e Richeze, ancora alla Deceuninck
Il 2019 è stato l’ultimo anno da separati fra Gaviria e Richeze, ancora alla Deceuninck
Che cosa è cambiato, soprattutto?

Il fatto che una volta ci fossero al massimo due treni, quello di Cipollini e quello di Petacchi. Adesso invece ogni squadra ha il suo e riuscire a portare fuori il tuo velocista diventa più complicato. Per uscire davanti da certe mischie, devi quasi essere al livello dei velocisti più forti.

Qualche giorno fa Malori ci ha detto che non ci sono più in giro velocisti puri e che anche per questo le volate sono cambiate.

Malori ha visto giusto. Lo stesso Gaviria ormai è forte anche in salita, ma non per scelta. E’ una necessità. Le corse facili non esistono più e per passare i 2.000 metri di dislivello dopo i quali ci si aspetta la volata, devi comunque tenere in salita. In questo modo il velocista deve rinunciare a una parte della sua potenza e di conseguenza le volate sono diverse.

TI sei mai pentito di aver lasciato la Quick Step?

No, mi trovo bene qui. Quella è la squadra con la migliore scuola per velocisti, di sicuro. C’è la cultura del treno, mentre alla UAE c’è la cultura dello scalatore. Più Pogacar ovviamente che Gaviria. Quindi è comprensibile che sia più difficile fare risultati. Non sono pentito perché ho scelto di seguire Fernando.

Può essere che le sue poche vittorie siano state decisive per il fatto di non confermarti?

Oddio, spero di no. Non credo. Mi hanno parlato di ringiovanimento. E poi non siamo mai andati nelle grandi corse con un treno di quattro uomini per tirare le volate e questo fa la differenza. La stessa cosa che è successa a Viviani. Vieni da una scuola di velocisti e ti ritrovi con meno uomini, che cambiano spesso e non sono abituati a fare un certo lavoro.

A quando la prossima corsa?

Il 26 e il 28 in Belgio, poi il Benelux Tour e poi chiuderò con il calendario italiano.

Quinta tappa del Polonia, all’arrivo con Gaviria e Sobrero: tappa dura
Quinta tappa del Polonia, all’arrivo con Gaviria e Sobrero: tappa dura
Sei soddisfatto della tua stagione?

Sinceramente non tanto. Oltre alle mie prestazioni, la mia soddisfazione è legata alle vittorie di Fernando e purtroppo finora ne è arrivata solo una, per cui devo pensare di aver fatto bene il mio lavoro poche volte. Se poi da qui a fine stagione facciamo il pieno, il bilancio cambia.

E se ti proponessero di fare il velocista?

Non sarei in grado. Il livello si è alzato tantissimo. Le ultime volte che ho corso per vincere fu con la Quick Step in Argentina o Turchia, dove il livello era inferiore. Adesso non saprei davvero da dove cominciare. Invece da ultimo uomo credo di poter ancora dire la mia.

Richeze ci spiega qualcosa su Molano e la sella di Gaviria

23.05.2021
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Sereno e rilassato prima della tappa dello Zoncolan: solo un velocista può esserlo. E Maximiliano Richeze lo è. Sembra assurdo ma se l’altimetria non fa temere per il tempo massimo è così per gli sprinter. Di solito è la salita in partenza ad alimentare queste paure. E non a caso le ruote veloci del gruppo erano ben più tese a Castel di Sangro, con il Passo Godi in avvio.

Il campione argentino in carica si gode l’abbraccio di amici, moglie e figlia. E intanto con noi fa il bilancio sul Giro d’Italia di Fernando Gaviria e dei velocisti.

Prima volata del Giro a Novara: Richeze guida Gaviria e Molano è in terza ruota
Prima volata del Giro a Novara: Richeze guida Gaviria e Molano è in terza ruota

Il caos di Verona

Si parte dall’ultima volata disputata, cioè quella di Verona. Che in qualche modo ha visto protagonista la sua Uae.

«E’ stata una volata abbastanza veloce – dice Richeze – sapevamo che c’era un arrivo molto lineare. Eravamo ben posizionati e tutto stava andando bene. Poi Fernando ha avuto un po’ di problemi all’ultimo chilometro e in quel momento ci siamo un po’ persi. E niente… Abbiamo sprecato una grandissima opportunità perché eravamo in ottima posizione e lui stava molto bene. Con “Seba”  (Molano, ndr) e con il resto della squadra avevamo fatto un bel lavoro per tutta la tappa».

A Foligno Molano (che si è appena spostato sulla sinistra) ha tirato lo sprint anche a Sagan
A Foligno Molano (che si è appena spostato sulla sinistra) ha tirato lo sprint anche a Sagan

Cambio ruolo

Molano. Criticatissimo nel primo sprint vinto da Merlier, autore di qualche imprecisione nel finale, il colombiano è oggetto di analisi. E ci si chiede perché quest’anno l’ultimo uomo sia stato lui e non lo stesso Richeze.

«Bueno, praticamente Molano si è inserito ora nel treno – dice Richeze – e spesso faceva fatica a trovare gli spazi giusti, a capire certe dinamiche sul prendere le posizioni. E siccome io ho più esperienza abbiamo deciso di cambiare: io penultimo e lui ultimo uomo». 

Le parole di Richeze ci dicono come sia più complicata la preparazione della volata vera e propria. Se tutto fila liscio infatti l’ultimo uomo del treno in teoria deve “solo” (le virgolette sono d’obbligo) tirare forte e lanciare il velocista che si presuppone sia stato fatto uscire dal penultimo uomo. Un po’ quello che è successo a Foligno proprio con Molano, solo che alla sua ruota dovrebbe esserci il suo velocista e non un avversario, nello specifico Gaviria e non Sagan.

«Esattamente per questo motivo abbiamo deciso di cambiare un po’ i ruoli, per spendere meno energie per trovare la posizione giusta. Molano è molto forte, ma sta imparando adesso il mestiere. E non è facile. Con un velocista come Fernando poi, che è tra i migliori al mondo, bisogna essere perfetti. In più siamo al Giro».

Al via di Cittadella Gaviria viene a richiamare Richeze: «E’ ora di andare».
Al via di Cittadella Gaviria viene a richiamare Richeze: «E’ ora di andare».

La sella di Gaviria

Con Richeze si parla poi degli altri velocisti.

«Li ho visti un po’ tutti in palla – dice Richeze – sono andati forte e quasi tutti hanno vinto. A volte è anche questione di fortuna. Anche Viviani non va piano, è in grandissima posizione ma come Fernando non è riuscito a vincere. Il livello era molto alto. 

«Per esempio a Verona Elia si è toccato con qualcuno. Io ero indietro ma ho rivisto lo sprint solo la sera e ho notato che si è toccato, ma è normale. Le volate sono così, si va sempre a limite e per questo dico che tutto deve filare liscio».

Infine la domanda più curiosa: ma dove ha perso la sella Gaviria verso Verona?

«Eh – ride Richeze – l’ha persa all’ultimo chilometro. Quando prima ho detto che aveva avuto un problemino mi riferivo a questo. Per questo ha perso le ruote. Era in punta di sella, all’improvviso gli è scappata e si è ritrovato sul telaio della bici. Ha fatto tutto il finale in piedi. Per questo dispiace. Una grande gamba se pensate che ha fatto uno sprint di 800 metri. Speriamo nella tappa di oggi verso Gorizia».