Europei in vista, ma prima torniamo con Zurlo al mondiale gravel

08.10.2024
6 min
Salva

Alle spalle di Van der Poel e secondo miglior italiano ai mondiali gravel di Leuven, Matteo Zurlo è tornato a casa nella notte di domenica pieno di sonno e acciacchi (in apertura, nella foto Sportograf, Vakoc, il vincitore uscente Mohoric e Van der Poel). Prima di lui, nella gara degli azzurri, è finito Mattia De Marchi, uno dei migliori specialisti italiani della specialità. Ma i valori sono così simili e i confini così labili che nel 2023 al campionato italiano, il corridore della Trevigiani-Energia Pura fece meglio del friulano e conquistò la maglia tricolore. Dovendo selezionare la squadra per Leuven e avendo capito che i team della strada non avrebbero mai lasciato i loro atleti, il cittì Pontoni ha così puntato anche su un drappello di specialisti e fra loro anche Zurlo.

Leuven è stato per Zurlo il secondo mondiale gravel, dopo quello del 2023 a Treviso
Leuven è stato per Zurlo il secondo mondiale gravel, dopo quello del 2023 a Treviso

Da Leuven ad Asiago

Lo abbiamo sentito in pieno recupero dalle botte e con l’obiettivo di doppiare la convocazione azzurra sui sentieri di Asiago, teatro nel fine settimana dei campionati europei. Poi la sua stagione potrebbe essere finita. Ci sarebbe ancora in ballo la Serenissima Gravel, che lo scorso anno chiuse al 13° posto, ma quella è legata agli inviti e alla Trevigiani-Energia Pura non ne sono ancora arrivati.

«Il gravel mi piace – racconta – l’anno scorso ho vinto l’italiano e poi ho partecipato agli europei e ai mondiali, dove feci ventesimo, quindi anche benino. E’ una specialità che mi ha preso fin da subito. Domenica il percorso era molto veloce, però impegnativo.  Pieno di strappi con pavé, la solita campagna del Belgio. La gara è stata molto tirata, perché siamo partiti in 300 e c’era una qualità piuttosto alta fra professionisti del gravel e stradisti. Poi c’erano anche quelli che di solito fanno ciclocross. Insomma, c’era parecchia concorrenza. Io sono partito con il numero 75, quindi una posizione non ottimale, ma neanche brutta, tutto sommato. Però ho avuto qualche inconveniente nella partenza. Ho preso male una curva e mi sono quasi fermato».

La partenza da Halle, l’arrivo a Leuven: quasi 300 al via. Zurlo partiva dalla 75ª posizione (foto Sportograf)
La partenza da Halle, l’arrivo a Leuven: quasi 300 al via. Zurlo partiva dalla 75ª posizione (foto Sportograf)
Quindi sei partito con la necessità di risalire sin da subito?

Purtroppo, ma non è finita lì. Dopo otto chilometri sono caduto e ho perso un bel po’ di posizioni che a quel punto erano fondamentali. Si stavano creando i gruppetti e in quelli bisognava esserci. Per cui se già in partenza ero un po’ indietro, dopo la caduta sono sprofondato.

E’ stata da subito una gara veloce?

Van der Poel ha vinto a 38,5 di media, noi abbiamo fatto 37. In un percorso così, di strappi e sterrato, sono tanti, quindi era bello veloce. Non c’era una vera salita e non c’era solo pianura. Alla fine sono venuti fuori 1.600 metri di dislivello in 181 chilometri. Non sono tantissimi, ma fatta tutta a strappi si fa sentire anche nelle gambe. Si parla tanto dei percorsi del gravel, ma la sensazione è che vada come per la strada. Ci sono anni che fanno mondiali per velocisti e altri per scalatori. Si prende quel che viene, insomma. Per fortuna sono riuscito a recuperare qualcosa e alla fine siamo arrivati in un gruppetto di una ventina e ho fatto 39°. I primi sedici erano a 14 minuti, inavvicinabili. Ma ad esempio il diciassettesimo era a due minuti da noi, quindi non è che fossimo tanto distanti.

Per Van der Poel anche l’iride nel gravel, dopo cross e strada. Manca solo la MTB (foto Sportograf)
Per Van der Poel anche l’iride nel gravel, dopo cross e strada. Manca solo la MTB (foto Sportograf)
Visto il percorso, hai dovuto fare qualche scelta tecnica particolare?

Mi sono regolato. La bici è la Guerciotti Escape da gravel che mi fornisce la squadra. Come coperture ho scelto di andare su una gomma un po’ più scorrevole per l’asciutto, perché comunque non era fangoso. Ho gonfiato basso, perché a gonfiare troppo nel gravel si rimbalza. Ho messo a 2,5 atmosfere davanti e anche dietro. E poi ho nastrato sul telaio due gonfia e ripara, perché almeno avrei potuto fronteggiare due forature.

Sei stato il secondo migliore dei nostri, c’era un piano tattico oppure è stata da subito una lotta per restare a galla?

Nel gravel è difficile trovare delle tattiche, perché sono gare tirate dall’inizio alla fine. Non è come su strada, che va via la fuga e puoi decidere di lasciarla andare. Nel gravel bisogna stare davanti dal primo colpo di pedale, a meno che non sei una nazionale come quella del Belgio che ha gli uomini e i numeri per organizzare qualcosa. Per il resto, siamo grandi e anche vaccinati, quindi sappiamo gestire i momenti. Magari se ci troviamo in due davanti, ci gestiamo. Ma fondamentalmente bisogna avere tante gambe, che è l’unico modo per fare qualcosa. E noi ci abbiamo provato. Abbiamo cercato di difenderci con le unghie e coi denti e dove possibile abbiamo cercato di stare davanti.

Sei mai riuscito a vedere i primi?

Per come è andata la partenza, non li ho mai visti. Forse, se non avessi sbagliato quella curva, se avessi fatto una buona partenza e non fossi caduto, magari li avrei potuti avvicinare. Invece dopo pochi chilometri ero veramente dietro. Ho recuperato, recuperato e recuperato ancora, ma loro erano già andati. Non ho grossi rimpianti perché ho dato tutto e il fatto di cadere nel gravel è all’ordine del giorno. Come il salto di catena e altri inconvenienti che bisogna mettere in conto.

Continuerai a fare gravel?

Sicuramente è una bella esperienza. Partecipare a questo genere di questi eventi è sempre gratificante, per cui se ci saranno altre possibilità, risponderò presente. E’ una disciplina nuova, questo si sa, quindi magari non c’è ancora un grandissimo interesse generale. Però se mai si comincia, mai si può arrivare, giusto? Le potenzialità ci sono tutte, soprattutto vedendo il parterre dei corridori presenti. Non è che fossero lì a caso…

Zurlo è stato tricolore gravel nel 2023. Qui in azione alla Serenissima Gravel, chiusa in 12ª posizione
Zurlo è stato tricolore gravel nel 2023. Qui in azione alla Serenissima Gravel, chiusa in 12ª posizione
Come va con gli acciacchi?

Serviranno di sicuro 2-3 giorni. Ieri mi sono svegliato che avevo male ovunque, le braccia, le gambe, la schiena… Sono state cinque ore tirate dall’inizio alla fine e anche se stai a ruota, sugli sterrati fai fatica. Farò un massaggio domani, ma quello è soggettivo. Se uno si trova bene a farli tutti i giorni, se li può fare tutti i giorni, allora fa bene. Intanto bisogna recuperare bene e poi si farà un bel massaggio in vista del fine settimana. Correrò gli europei di Asiago e poi vediamo per la Serenissima Gravel. In ogni caso mi aspetta un bell’inverno di lavoro. Ho qualche trattativa, sicuramente andrò avanti. Adesso l’obiettivo è che mi passi in tempo questo mal di tutto…

Il tricolore gravel Matteo Zurlo ha scelto Repente Artax 

24.05.2024
3 min
Salva

Matteo Zurlo, campione italiano della gravel, ha recentemente scelto Repente unendosi di conseguenza agli ambasciatori del marchio veneto produttore di selle 100% prodotte nel nostro paese. Zurlo ha optato per il modello Artax di Repente, utilizzando questa linea di selle sia durante le competizioni con la nazionale italiana gravel quanto nel corso delle sue attività su strada con il team Trevigiani Energiapura Marchiol.

La scelta di Zurlo per la sella Artax è stata motivata per le sue specifiche caratteristiche di ergonomicità, leggerezza e resistenza alle deformazioni, qualità che la rendono ideale per i ciclisti agonisti, incluso il team belga Bingoal WB. Matteo Zurlo ha già testato con successo la sella Artax durante la prova di Gravel World Series in Sardegna, dove nonostante un problema al cambio è riuscito a conquistare il terzo gradino del podio.

«Un amore a prima vista – ha dichiarato il corridore – per una sella eccezionale per quanto riguarda comfort e la leggerezza. Ho notato un miglioramento significativo sempre per quanto si riferisce al comfort durante le lunghe pedalate, con l’eliminazione di fastidi tipici di noi che trascorriamo molte ore in sella».

Matteo Zurlo e Massimo Farronato, CEO di Repente
Matteo Zurlo e Massimo Farronato, CEO di Repente

Testimonial… ma anche tester

Il campione italiano di gravel prevede di utilizzare la sella Artax nelle prossime competizioni, comprese alcune prove di coppa del mondo, che correrà con la maglia azzurra, il campionato italiano, l’europeo e il mondiale. Nonostante un ventesimo posto colto l’anno scorso in occasione del mondiale a Pieve di Soligo, Zurlo è molto determinato a migliorare le sue prestazioni complice anche il supporto tecnico Repente.

Massimo Farronato, CEO di Repente, ha commentato positivamente la collaborazione con Matteo Zurlo e quella che Repente ha attiva con molti altri ciclisti professionisti, sottolineando l’importanza dei loro feedback nel migliorare i prodotti dell’azienda. Farronato ha poi elogiato Zurlo non solo come atleta di talento, ma anche come tecnico con il quale è estremamente piacevole collaborare.

Tecnologia e affidabilità

La sella Artax è considerata la più versatile nella gamma di Repente in quanto adatta a diverse tipologie di ciclisti, sia professionisti che amatori. Caratterizzata da un “rail” in fibra di carbonio UD, e da una doppia scocca rinforzata con la tecnologia LCF (fibre lunghe di carbonio), la Artax offre un supporto rigido e durevole nel tempo. Il suo design Ergo Shape favorisce la libertà di movimento durante la pedalata, assicurando un comfort ottimale anche nelle posizioni più avanzate.

Disponibile nelle larghezze 132 e 142 mm, Artax è diventata una fedele ed affidabile compagna di viaggio per numerosi ciclisti su strada, inclusi i professionisti del team Bingoal WB e del Team Efapel. La sua popolarità tra gli atleti di alto livello conferma la reputazione di Repente come produttore italiano di selle funzionali ed estremamente performanti.

Repente

Vecchi a 25 anni? Baseggio vuol dimostrare di no

25.04.2023
5 min
Salva

Nel numeroso affollarsi di eventi giovanili del ciclismo italiano che ogni fine settimana riempiono le cronache, quando ti accorgi che un corridore riesce a vincere due volte a distanza di 24 ore è sempre qualcosa che colpisce. A maggior ragione se accade in due regioni diverse e soprattutto in due specialità diverse, se poi a farlo è un atleta di 25 anni, che si ritrova a correre con ciclisti più giovani e vive su di sé il dubbio se quelle agognate porte del professionismo potranno ancora aprirsi a dispetto della carta d’identità, c’è abbastanza materiale per raccontare una storia. Quella di Matteo Baseggio.

Al venerdì primo nella cronocoppie di Porto Sant’Elpidio insieme al compagno di colori (e di esperienze… anagrafiche) Matteo Zurlo, al sabato trionfatore a Pontedera. Il portacolori dell’Uc Trevigiani non è nuovo a simili imprese, ma guarda a questi risultati fra il disincanto e la consapevolezza che è l’unica strada per ambire ancora a quel sogno coltivato fin da quand’era G2, bimbo che correva per seguire le orme del papà.

«Io affronto la mia attività in maniera tranquilla – afferma dopo la doppietta – quel che per me conta è non avere rimpianti e non ne ho. La mia caratteristica è essere sempre stato costante nei risultati, non so se questo sia sufficiente, ma questo sono io, il mio modo di interpretare questo mestiere. Parlo con i risultati, non avendo un procuratore e so che non sono il solo, anche Zurlo e Onesti vivono questa situazione, ma lo facciamo senza angoscia, prendendo quel che viene».

Il successo di Baseggio a Pontedera, con 36″ su Cordioli e 38″ sul gruppo
Il successo di Baseggio a Pontedera, con 36″ su Cordioli e 38″ sul gruppo
La speranza ce l’hai sempre?

Certamente e l’esempio di Lucca, passato proprio quest’anno è lì davanti a noi a dirci che bisogna crederci sempre. Noi dobbiamo esprimerci sui pedali, producendo risultati, poi se sarà destino, qualcosa succederà.

Riscontri comunque interesse intorno a te?

Offerte non me ne sono arrivate, ma so che comunque nell’ambiente si parla, le squadre di livello superiore mi seguono, per questo è importante quello che faccio. Spero che prima o poi qualcuno si avvicini. Il fatto di non avere un procuratore è sicuramente un handicap, ma quando sono passato io under 23 era una figura quasi sconosciuta, ora anche gli junior ce l’hanno e anzi già da allievi vanno in cerca. Ma d’altronde è cambiato tutto.

Il veneto è uno dei più esperti nel team, punta per le volate ma anche uomo da fughe da lontano
Il veneto è uno dei più esperti nel team, punta per le volate ma anche uomo da fughe da lontano
Si ha la sensazione che la vostra generazione sia quella che ha patito di più un cambiamento così improvviso e repentino…

E’ vero, ormai già dopo massimo un anno in questa categoria sai chi passerà professionista e chi resterà al palo, ma questo seppur vero non chiude ogni porta. C’è anche chi è passato dopo e noi ci affidiamo a questo pensiero.

Veniamo alle vittorie che hai ottenuto, completamente diverse seppur così ravvicinate.

Nella cronocoppie l’importante è essere costanti, io mi sono trovato con Matteo Zurlo che ha le mie stesse caratteristiche, quindi abbiamo potuto lavorare bene insieme. Non l’abbiamo neanche preparata, ma sapevamo di essere bei passisti, dovevamo solo impostare un buon ritmo e darci cambi regolari. Il giorno dopo a Pontedera era una gara vallonata, sono andato in fuga con Gianluca Cordioli che a 6 chilometri dal traguardo ha preso una buca sull’asfalto e rotto la ruota anteriore. Così sono arrivato da solo.

Zurlo e Baseggio primi nella cronocoppie di Porto S.Elpidio, con 33″ su Cao e Di Bernardo, loro compagni di team
Zurlo e Baseggio primi nella cronocoppie di Porto S.Elpidio, con 33″ su Cao e Di Bernardo, loro compagni di team
Due vittorie simili dimostrano anche buone doti di recupero…

Effettivamente è una mia caratteristica. Io non sono uno scalatore, mi reputo un passista veloce che anche in volata se la gioca. Nelle corse a tappe non posso competere per la classifica perché non ho le doti adatte, ma sono un cacciatore di tappe dall’inizio alla fine, quando capita l’occasione ci sono.

Ciclismo a parte?

Ho preso il diploma di perito meccanico, poi non sono andato avanti con gli studi, dedico la mia vita al ciclismo perché se non ci provi con tutto te stesso non vai lontano. A me quello del ciclismo è un mondo che piace da matti, se proprio le cose dovessero andar male non mi dispiacerebbe trovare comunque in quest’ambiente una strada per il mio futuro.

Baseggio è nato il 18 giugno ’98 a Bassano del Grappa. E’ alla Trevigiani dallo scorso anno
Baseggio è nato il 18 giugno ’98 a Bassano del Grappa. E’ alla Trevigiani dallo scorso anno
Quali gare ti attendono?

Quando sei oltre gli under 23, il calendario non è che offra poi molto. Io punto alle gare dove potermi mettere in luce, dove ci sia gente dell’ambiente a guardare. Ogni volta che parto so che devo fare qualcosa di più di chi è più giovane.

Nel team come ti trovi?

Davvero bene, sono contento che lo scorso anno l’Uc Trevigiani sia ripartita in pieno. E’ una società molto seria, tante cose sono andate migliorando giorno dopo giorno, mi danno il giusto supporto. Se vinco c’è molto anche del loro. So che, se si aprisse uno spiraglio, sarebbero i primi a festeggiare con me.

Eclipse S Disc: la Guerciotti della Trevigiani che sa vincere

15.04.2023
4 min
Salva

Il bianco e il blu dell’Eclipse S Disc brilla sotto al sole della Valpolicella, per il team U.C. Trevigiani e Guerciotti si tratta del secondo anno di collaborazione. Se il primo è servito per prendere le misure, si può dire che il 2023 abbia già portato buone novità.

D’Aniello ha vinto a Fucecchio con un colpo da finisseur anticipando lo sprint di Milan (foto Pagni)
D’Aniello ha vinto a Fucecchio con un colpo da finisseur anticipando lo sprint di Milan (foto Pagni)

La famiglia Eclipse

La S Disc fa parte della ben nota famiglia Eclipse. Il telaio è stampato con un composito di fibre di carbonio e resine epossidiche, alla stregua di quanto accade per le tecnologie aerospaziali. Il monoscocca che ne deriva è estremamente compatto e resistente, ma soprattutto con i suoi 900 grammi è uno dei telai più leggeri fra quelli predisposti per freni a disco e cavi integrati.

Il suo design è asimmetrico e, come si diceva, il passaggio dei cavi è totalmente interno al telaio e al manubrio. Sul fronte dei freni, siamo di fronte a pinze flat mount e mozzi con perno passante, che danno rigidità alla bici nelle diverse fasi di guida, ma soprattutto in fase di frenata. Nell’avantreno, in particolare, i freni a disco abbinati al perno passante e alla forcella monoscocca danno una sensazione di grande solidità.

Per ogni terreno

I ragazzi hanno già portato al successo la Eclipse S Disc, a farlo è stato Immanuel D’Aniello, e proprio da lui ci facciamo descrivere la bici. 

«Il telaio è molto rigido – ci spiega – si vede dalla geometria, ha una buona aerodinamica e un peso contenuto, siamo nell’ordine dei 7,4 chilogrammi. In discesa, come ci è capitato di usarla spesso in queste ultime gare, è molto maneggevole e reattiva. Grazie al peso ridotto possiamo dire che si tratta di una bici con delle ottime prestazioni sia in salita che in pianura.

«Anche nelle volate – prosegue D’Aniello – ha una grande trasmissione di potenza, questo perché la rigidità del telaio consente di perdere pochissimi watt. Il design del carro posteriore, ribassato, garantisce un’ottima reattività del mezzo, in qualsiasi situazione».

Le selle sono Selle Italia, in questo caso il modello è la SLR
Le selle sono Selle Italia, in questo caso il modello è la SLR

I dettagli

Le scelte tecniche sulle quali i ragazzi del team U.C. Trevigiani possono fare affidamento sono di alto livello, quello che serve per emergere in competizioni sempre più elevate. 

«Abbiamo una doppia scelta per quanto riguarda le ruote – racconta D’Aniello – nelle gare più impegnative usiamo delle Vision 30 con dei copertoni continental tubeless ready. Mentre per le corse più veloci usiamo ruote Vision con profilo da 55 millimetri. Il manubrio è integrato, come gruppo utilizziamo lo Shimano Ultegra elettronico a 11 velocità. Le corone anteriori sono 54-40, la cassetta posteriore va dall’11 al 28».

Parola a Guerciotti

Alessandro Guerciotti ci spiega quella che è l’idea e l’obiettivo di questa collaborazione che è appena iniziata ma già procede nella direzione giusta. 

«Siamo contenti ed orgogliosi di poter collaborare con il team Trevigiani – racconta – si tratta di una squadra storica per il movimento del ciclismo giovanile. Per questa seconda stagione insieme il team ha investito su corridori di alto profilo, come Zurlo (recentemente convocato dalla nazionale al Circuit des Ardennes, ndr). Noi di Guerciotti ci siamo quindi impegnati a fornire un mezzo che fosse all’altezza di queste sfide».

«Il modello Eclipse S Disc è il nostro top di gamma – continua Alessandro Guerciotti – e rispetta i canoni che il mercato richiede. L’upgrade più grande che abbiamo fatto per i ragazzi della Trevigiani è stato il manubrio integrato in carbonio del nostro marchio QTC. In carbonio sono anche le ruote Vision».

Zurlo ci crede: «Nel 2023 mi giocherò il tutto per tutto»

03.03.2023
4 min
Salva

Matteo Zurlo, a pochi minuti dalla partenza della Coppa San Geo, si aggira tra i pullman con la sicurezza di uno che questo ambiente lo conosce bene. Si ferma a salutare tutti: ex compagni, sponsor venuti a godersi la prima corsa dell’anno e diesse. Lo sguardo è sicuro, il casco sulla testa e gli occhiali calati sul viso, come se non volesse farsi guardare attraverso. 

Nel 2023 Zurlo è passato dalla Zalf alla UC Trevigiani, un cambio di squadra sì, ma non è quello che si aspettava lui che sognava, ed ancora sogna, il professionismo. 

Zurlo alla partenza della Coppa San Geo, la sua prima gara di stagione (foto Sonia Castelli)
Zurlo alla partenza della Coppa San Geo, la sua prima gara di stagione (foto Sonia Castelli)

Nuovi stimoli

A pochi metri dal pullman della sua squadra c’è una piccola attività, ci spostiamo vicino alla vetrata e l’intervista inizia. 

«Sto bene dai – ci dice – tutto a posto. Iniziamo con la Coppa San Geo, prima gara della stagione, si iniziano a scoprire un po’ le carte e vediamo chi ne ha. Il cambio di team è dovuto a diversi motivi: il primo è perché la mia ex squadra (la Zalf, ndr) non teneva più tanti corridori elite. In più sentivo il bisogno di cambiare aria e di trovare nuovi stimoli, fino ad adesso li sto avendo. Con l’inizio delle gare spero di continuare con queste sensazioni che devo proprio ammettere, sono positive».

Il veneto si ferma a parlare con tutti, il suo nome è uno di quelli più importanti in gruppo
Il veneto si ferma a parlare con tutti, il suo nome è uno di quelli più importanti in gruppo

Il salto mancato

In sottofondo lo speaker chiama a rapporto le ultime squadre per la presentazione e le foto di rito. Zurlo continua a parlare, il suo palmares parla chiaro, i risultati sono arrivati: Giro del Veneto nel 2021 più dei bei piazzamenti al Giro del Friuli tra 2021 e 2022 e tanti altri. Tuttavia la chiamata dal mondo dei grandi non è arrivata. 

«In questi ultimi anni – dice con voce convinta – ho fatto molti risultati, anche nelle gare con i professionisti sono andato spesso in fuga e mi sono fatto vedere. Non sono mancate nemmeno le vittorie a dire il vero. D’altro canto ho avuto anche tanta sfortuna in queste ultime stagioni, ho combattuto con problemi al cuore, all’inizio del 2022 ho rotto due vertebre e lo scafoide. Posso dire che avrei gradito un po’ di fortuna in più, questo sicuramente, il mio però in questi anni l’ho sempre dato. Spero in questa stagione di poter cogliere l’obiettivo del professionismo, che sarebbe anche ora, dai. Ho gareggiato poco con loro, sicuramente vanno forte, però correndoci un po’ di più insieme ti adegui ed alzi il livello. Bisogna provarlo per capirlo».

Zurlo, a destra, insieme a Baseggio, i due sono tra i corridori più esperti della UC Trevigiani (foto Sonia Castelli)
Zurlo, a destra, insieme a Baseggio, i due sono tra i corridori più esperti della UC Trevigiani (foto Sonia Castelli)

Inverno senza freni

Il 2023, però, è partito bene, senza intoppi fisici e dalla San Geo in poi Zurlo ha già messo nelle gambe altri giorni di corsa. 

«Non posso lamentarmi – ammette – è filato tutto liscio e non ho mai avuto intoppi. Si comincia nel migliore dei modi, siamo belli motivati e vedremo gara per gara. Avere un anno in più in questa categoria dà un po’ di sicurezza. Ma bisogna guardare anche l’altra faccia della medaglia, ovvero che si è un po’ in là con l’età per i professionisti. Poi la speranza è l’ultima a morire, ci si prova ancora per quest’anno e speriamo di dimostrare quel che valgo. Ci sono degli esempi positivi, alla fine Lucca, che è del ‘97 (ha un anno in più di Zurlo, ndr) è passato alla Green Project quest’anno. Sono sicuro che anche lui fosse un pochino rassegnato, ma insistere gli ha dato ragione e speriamo che anche la mia tenacia venga ripagata».

L’esperienza di Zurlo è stata fondamentale per la vittoria di D’Aniello al Gran Premio La Torre (foto UC Trevigiani)
L’esperienza di Zurlo è stata fondamentale per la vittoria di D’Aniello al Gran Premio La Torre (foto UC Trevigiani)

La voce esperta

Zurlo ha quell’esperienza che serve, l’audacia di chi conosce la categoria e sa come affrontarla. Il veneto può essere un punto di riferimento della UC Trevigiani.

«Sicuramente qualche consiglio – afferma – potrò darlo ai miei compagni. Che sia in gara o in allenamento, è una cosa in più pure per loro avere dei compagni che hanno qualche anno alle spalle. Siamo in tre: Rocchetta, che correva con me alla Zalf, Baseggio ed io».

L’esperienza di Zurlo la si è subito vista anche in corsa alla San Geo, sempre al coperto, nella pancia del gruppo e pronto a mettersi davanti nei momenti giusti. Anche al Gran Premio La Torre, chiuso in quinta posizione, ha giocato un ruolo chiave nella vittoria del suo compagno Immanuel D’Aniello.

U.C. Trevigiani, il ritorno a casa è un nuovo inizio

17.01.2023
6 min
Salva

Un nome che ha segnato pagine di storia di ciclismo, portando decine di ciclisti al palcoscenico del professionismo. Con 110 anni di storia l’U.C. Trevigiani Energiapura Marchiol torna a Treviso con un progetto nato da poco e l’obiettivo di tornare un esempio fra gli U23 e gli elite, vincendo e formando nuovi campioni. 

A dire la verità, la formazione veneta aveva già mosso i primi passi, ma come ci ha segnalato il team manager Franco Lampugnani: «Il 2022 è stato l’anno di semina, perché la società è tornata a fare attività agonistica in proprio. Il nome U.C. Trevigiani era stato dato in gestione a team esterni, senza però avere un’anima vera e propria come quella che vogliamo dargli oggi». 

Ad accompagnare questo viaggio oltre a nomi nuovi e uno staff rinnovato, si riconosce il nome di Mirco Lorenzetto, ex pro’ e attuale diesse della neo-formazione: «Quest’anno vogliamo vincere. Abbiamo bisogno di dare fiducia alla gente di Treviso, agli appassionati e alla società. Abbiamo puntato su un organico di spessore».

Da sinistra: il project manager Luciano Marton, Mirco Lorenzetto, Franco Lampugnani e Francesco Benedet
Il diesse Mirco Lorenzetto e a destra il manager tecnico Franco Lampugnani

Di nuovo a casa

Il nome U.C. Trevigiani non ha mai abbandonato gli ordini d’arrivo in questi ultimi anni. Il legame indissolubile che lega il ciclismo giovanile alla città di Treviso però richiedeva più importanza e presenza. Così è nata l’idea di riportare la squadra tra le mura della città veneta e ripartire da zero. 

«Fino al 2021 – spiega Franco Lampugnani – il marchio depositato U.C.Trevigiani è stato, come detto, gestito da terzi. Da quest’anno inoltre è cambiata la ragione sociale, non è più una ASD, ma è diventata una SRL sportiva a tutti gli effetti. Perché vogliamo fare le cose con un’altra impronta. Tutto è partito con la volontà condivisa da me, il Project Manager Luciano Marton e il Presidente Ettore Renato Barzi. Ci siamo accorti che dando il nome in prestito, era diventata una cosa al di fuori del nostro potere decisionale con tutti gli nessi e connessi. Nel 2023 vogliamo che la Trevigiani torni ai fasti di un tempo riportandola in auge anche con i risultati. Quindi abbiamo improntato uno staff completo e un parco atleti importante. 

«Alcuni partner e sponsor sono rimasti legati a Trevigiani, come Energiapura e Marchiol che hanno sposato il progetto, facendo sì che tutto ripartisse dalla nostra casa di Treviso. Io ho riportato alcuni sponsor all’interno del pacchetto come quelli tecnici».

Cristian Rocchetta e Matteo Zurlo, con la divisa di allenamento, sono le due punte della Trevigiani
Cristian Rocchetta e Matteo Zurlo, con la divisa di allenamento, sono le due punte della Trevigiani

Organico rinforzato

L’obiettivo è sempre quello ed è condiviso da tutti: vincere. Per farlo, dopo un primo anno di crescita, lo staff tecnico ha deciso di investire su un organico più solido e vincente.

«Abbiamo fatto una squadra – dice Lampugnani – con ben sei elite. Chiaramente puntiamo sui due acquisti, Zurlo e Rocchetta che vengono dalla Zalf e vedremo cosa saranno in grado di fare. Dai primi ritiri abbiamo visto fin da subito che sono molto motivati e hanno sposato in pieno quello che è il nostro progetto. Senza dimenticare che è rimasto Baseggio, l’atleta che ci ha fatto un po’ da copertina nel 2022. Poi ci sono De Totto, Di Bernardo e Pozza. De Totto è un ragazzo che proviene dal calcio, sono solo tre stagioni che corre in bici. Abbiamo visto insieme ai preparatori che ha dei margini interessanti. 

«Abbiamo alzato un po’ – prosegue il team manager – quello che era il livello dei nostri under 23. Veniamo da una stagione dove i giovani ci hanno deluso e quindi abbiamo deciso di rinforzarci ulteriormente. Sono stati presi Palomba della General Store, Di Bernardo, il danese Mortensen e confidiamo nella crescita di Cetto. Anche dal punto di vista dello staff ci sentiamo forti. Con Mirco Lorenzetto ci saranno Francesco Benedet e Leonardo Sari come diesse. Mirco è un tecnico di grande esperienza. Mentre come preparatori abbiamo lasciato libertà ai ragazzi di essere seguiti da figure non centralizzate. Zurlo, Rocchetta e Baseggio saranno seguiti da Paolo Slongo, un amico che in questi anni ci ha sempre affiancato e quindi abbiamo deciso di proseguire la collaborazione».

La vittoria di Matteo Baseggio a Osio Sotto (Foto Rodella)
La vittoria di Matteo Baseggio a Osio Sotto (Foto Rodella)

Porto sicuro

Trevigiani vuole dire anche crescita e ha sempre rappresentato un’ambizione per chi volesse approdare ad un porto sicuro con i mezzi per poi abbordare alle corazzate del professionismo.

«Immanuel D’Aniello – racconta Lampugnani – viene da Salerno, ciclisticamente dalla Palazzago. Lo abbiamo inserito nel ranking a fine campagna acquisti, però diciamo che abbiamo visto un ragazzo forte in grado di darci delle buone soddisfazioni in salita.

«Poi c’è Ignazio Cireddu che viene dalla Sardegna, frutto della collaborazione che abbiamo con il Team Crazy Wheels. Una collaborazione amichevole perché il Presidente della società Luca Massa è un amico personale, che abita qui a Treviso per motivi lavorativi. Lui sta lavorando per creare nella sua regione una realtà di juniores e under 23 con l’inserimento di due ragazzi tesserati per farli correre qua a Treviso. In Sardegna non sono previste gare under 23 e quindi sarebbero stati costretti a correre con gli amatori, rendendo il loro percorso di crescita più difficoltoso. Al contrario della Sicilia che vanta un calendario importante, da cui invece proviene La Terrà Pirré che ci ha già dato qualche segnale positivo l’anno scorso. Possiamo vantare atleti dalle isole e non solo, a cui daremo possibilità per farsi vedere»

Giacomo Cazzola, Maurizio Cetto e Immanuel D’Aniello: dopo la presentazione, si lavora per il debutto
Giacomo Cazzola, Maurizio Cetto e Immanuel D’Aniello: dopo la presentazione, si lavora per il debutto

Lorenzetto in ammiraglia

Avere un diesse ex pro’, rappresenta sempre un valore aggiunto sia per i ragazzi che per la dirigenza. Così abbiamo chiesto a Mirco Lorenzetto cosa lo abbia spinto ad abbracciare questo progetto e che visione si è fatto di questo grande ritorno.

«Fondamentalmente Trevigiani non ha mai chiuso – spiega il veneto, che nella Trevigiani corse il primo anno da U23 nel 2000 – però è il primo anno che ritorna con base fissa qui. E’ un motivo di orgoglio e appartenenza.  Era il momento di guidare una squadra. Ho trovato il legame con questa squadra e ho deciso di portare avanti un’idea. Il 2022 è stato un anno in cui sono rimasto un po’ più defilato. Non c’erano ambizioni di risultati.

«Quest’anno la squadra mi rappresenta di più a partire dagli acquisti. Quella del 2022 era acerba e messa su senza troppo tempo di scegliere. Per questa stagione puntiamo a vincere. Tra under ed elite quest’anno possiamo dire di essere pronti a dire la nostra, avendo alle spalle un progetto in cui crediamo molto».

La Trevigiani correrà con le bici di Paolo e Alessandro Guerciotti, qui con il presidente Barzi
La Trevigiani correrà con le bici di Paolo e Alessandro Guerciotti, qui con il presidente Barzi

Le tre punte

Tra i 18 atleti che compongono la formazione UC Trevigiani Energiapura Marchiol 2023 ci sono tre nomi su tutti che svettano per quanto già fatto vedere, risultati alla mano.

«Indubbiamente – dice Lorenzetto – le nostre punte sono Zurlo, Rocchetta e Baseggio, impossibile negarlo. Zurlo dal punto di vista del motore e delle motivazioni non riesco a capire come possa essere ancora dilettante. Visto dalla mia esperienza sportiva, uno come lui potrebbe fare comodo a qualunque squadra professionistica. Ha una mentalità solida ed è convinto di quello che fa.

«Il paradosso sta nel fatto che lui non ci crede quasi più nel passare. E’ brutto perché un ragazzo con queste potenzialità non dovrebbe mai perdere le speranze. Non è colpa sua, ma dell’ambiente. Gli ho detto che quando correvo, era mio compagno di stanza un corridore che è passato da ultimo anno elite quasi per caso. Si chiama Alessandro Ballan ed è l’ultimo italiano ad aver vinto un mondiale tra i pro’».

Tra vittorie e speranze, Zurlo aspetta una chiamata

09.10.2022
4 min
Salva

Quella di Matteo Zurlo è una stagione a due facce: la prima metà quasi nell’anonimato, senza squilli e anche con poche manifestazioni al suo attivo. La seconda più brillante, con anche qualche spunto degno di nota come al Giro del Friuli dove ha potuto anche “assaggiare” la leadership di classifica. Chi non conosce la storia del 24enne di Bassano del Grappa potrebbe rimanere interdetto da questo cambio di prospettiva, ma ci sono ragioni precise, drammatiche.

«A inizio gennaio sono stato investito da un’auto mentre mi allenavo – racconta il veneto – sono stato uno dei tanti vittime della disattenzione di chi guida. Mi sono fratturato due vertebre, neanche il tempo di rimettermi ed ecco che a marzo un altro automobilista mi viene addosso… Questa volta me la sono cavata “solo” con la rottura dello scafoide. Nelle prime gare non potevo non risentire di quanto avvenuto, per fortuna la ripresa fisica è stata completa e senza strascichi».

All’ultimo Giro del Friuli Zurlo ha vestito la maglia di leader, finendo 4° a 57″ da Vestringe (BEL)
All’ultimo Giro del Friuli Zurlo ha vestito la maglia di leader, finendo 4° a 57″ da Vestringe (BEL)
Nelle ultime settimane le cose sono andate in crescendo…

Sì, anche perché ho trovato percorsi più adatti a me. Mi reputo un passista-scalatore, sulle salite non troppo lunghe riesco a dare il meglio di me procedendo sul passo.

C’è stato un momento nel quale hai percepito il cambio di tendenza?

Al Giro delle Due Province di Marciana di Cascina a inizio luglio. Avevo vinto tanto nel 2021 ma quest’anno, per quello che è successo, il rendimento era inferiore. In Toscana sono tornato me stesso, andando via con altri 22 uomini dopo 30 chilometri e tentando l’azione di forza a 20 chilometri dal traguardo. Lì ho capito che tutto quel che avevo passato era definitivamente alle spalle.

La vittoria a Marciana (PI) ha ridato vigore a Zurlo dopo il doppio incidente d’inizio anno
La vittoria a Marciana (PI) ha ridato vigore a Zurlo dopo il doppio incidente d’inizio anno
La vittoria del Gran Premio di Conegliano ha fatto scalpore per com’è arrivata…

E’ stata una gara più combattuta di quanto si pensi. Sono partito a 85 chilometri dal traguardo pensando che qualcuno mi sarebbe venuto dietro, invece mi sono ritrovato solo e ho deciso di proseguire. Ho guadagnato rapidamente una quarantina di secondi e da lì ho continuato a spingere, a un certo punto avevo anche più di 3 minuti. Poi il gruppo si è riavvicinato, ma devo dire grazie ai compagni di squadra della Zalf che hanno fatto un grande gioco di squadra stoppando ogni attacco.

I tuoi risultati, considerando anche quanto fatto al Giro del Friuli (due volte terzo e alla fine ai piedi del podio nella classifica generale) sono anche un messaggio ai responsabili del team: Matteo Zurlo c’è ancora…

Non so che cosa succederà alla fine della stagione, io non ho un procuratore che curi i miei interessi, preferisco affidarmi a quello che so fare perché resto convinto che alla fine siano i risultati a smuovere gli interessi, sia quello che uno fa ad attirare le squadre e far capire che potresti essere utile.

Passista-scalatore, il veneto vanta una tappa al Giro del Friuli 2021 oltre alla classifica dei GPM
Passista-scalatore, il veneto vanta una tappa al Giro del Friuli 2021 oltre alla classifica dei GPM
Tu hai 24 anni, non hai paura che in questo ciclismo che consuma tutto così in fretta sia sempre più difficile trovare spazi?

Sicuramente lo è, ma se un corridore è sempre lì che lotta, che si fa vedere, che garantisce un impegno al 100 per cento io credo che sia giusto dargli una possibilità. Il ciclismo non è fatto solo degli Evenepoel o Pogacar, servono anche coloro che le corse le costruiscono. Per un giovane sicuramente farsi vedere è più facile al giorno d’oggi, ma io non smetto di lottare.

Che cosa ti aspetta ora?

Dopo le ultime gare di categoria punto alle prove venete allestite da Pozzato, vorrei far bene lì e mettermi in luce, far vedere che a quei livelli ci posso essere tranquillamente, poi vedremo il da farsi. Io comunque resto ottimista, in fin dei conti a 24 anni ho davanti a me ancora un bel po’ di stagioni.

Giochi del Mediterraneo: Amadori vede un’Italia d’attacco

25.06.2022
5 min
Salva

I Giochi del Mediterraneo sono sempre stati forieri di grandi soddisfazioni per il ciclismo italiano: nelle ultime tre edizioni la vittoria nella gara maschile è sempre arrisa alla nostra nazionale. Alla sua guida, in tutte queste occasioni, c’era Marino Amadori che sa bene come si affronta una gara del genere ma soprattutto qual è la sua importanza.

«Molti pensano che essendo riservata a poche Nazioni – afferma il tecnico della nazionale under 23 – sia una gara semplice, ma non è così. Squadre come Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia arrivano sempre con il coltello fra i denti e riuscire a gestire la gara con pochi uomini portando a casa il massimo risultato non è semplice. Oltretutto dopo tre successi consecutivi è chiaro che tutti guardano a noi, saremo additati come quelli da battere a ogni costo e questo va tenuto nel dovuto conto».

Mediterranei Duranti 2018
Lo sprint vincente di Jalel Duranti all’ultima edizione dei Mediterranei, disputata a Tarragona (ESP) nel 2018
Mediterranei Duranti 2018
Lo sprint vincente di Jalel Duranti all’ultima edizione dei Mediterranei, disputata a Tarragona (ESP) nel 2018
E’ in base a questo che hai scelto la tua squadra?

Sì, ma anche in base al percorso. Sono 154 chilometri senza importanti asperità, ma rispetto al passato le novità ci sono. Ero abituato a percorsi in circuito, qui invece si tratta di un tracciato in linea verso Ain Témouchent e ritorno, con solo negli ultimi 2 chilometri un po’ di ondulazione più pronunciata, ma niente di che.

Che cosa hai chiesto ai tuoi al momento della selezione?

Di comporre una squadra aggressiva perché solo così si può portare a casa il risultato. Tutti guarderanno noi, lo ripeto e dovremo essere pronti ma soprattutto capaci di prendere in mano la corsa, di esserne parte attiva e non seguire semplicemente gli eventi. So ad esempio che la Francia ha in squadra un velocista molto forte e questo dobbiamo tenerlo presente. Anche noi abbiamo un velocista che è capace di far male come Davide Persico, ma non dovremo correre pensando alla volata di gruppo, sarebbe un errore.

Come sono scaturiti i nomi che hai chiamato?

Il regolamento dei Giochi è chiaro: possono correre under 23 ed Elite appartenenti esclusivamente a squadre continental. Puppio e Manlio Moro saranno chiamati al doppio impegno considerando anche la prova a cronometro. Di Persico ho già detto, poi ci saranno Belleri, Pinazzi, lo stesso Puppio e Zurlo che saranno gli uomini chiamati a tenere le redini della corsa e impostare la tattica più valida al bisogno, mentre Coati, Giordani e Zambelli potranno entrare nelle fughe e magari essere proprio loro a dare vita a qualche azione. Non mi stupirebbe che la gara si concludesse con un’azione solitaria o con uno sprint molto ristretto.

Che valore ha una gara del genere?

Rispondo con una semplice annotazione: nell’ultima edizione disputata a Tarragona in Spagna e che vincemmo con Duranti, al 14° posto giunse un certo Tadej Pogacar… E’ una manifestazione che conta davvero, che va interpretata con grande rispetto per la maglia che si indossa, inoltre sappiamo bene che è una vetrina per tutto il ciclismo in un consesso multisportivo e questo ai ragazzi lo ripeto sempre.

Tu come detto hai una certa esperienza, anche al di fuori della gara che cosa sono i Giochi del Mediterraneo?

Un’Olimpiade in piccolo e già questo dice che si tratta di una bella esperienza da vivere. Chi partecipa è ancora molto giovane, affronta un’esperienza diversa dal solito, ti trovi a vivere giornate con campioni di tutti gli sport perché ogni disciplina porta il meglio disponibile. Anche noi abbiamo sempre onorato la prova con gente importante: quattro anni fa nella nostra nazionale c’era gente come Battistella, Sobrero, Covi, Affini che vinse la crono (con Amadori nella foto di apertura, ndr)… Io dico sempre che è una manifestazione che insegna molto, che ti fa vivere lo sport a 360 gradi. Usciamo dal nostro guscio e ci confrontiamo con un pezzo di mondo importante per una medaglia che vale molto. Non è un mondiale o un europeo, questo è chiaro, ma ci teniamo molto, e poi dopo aver vinto le ultime tre edizioni non vedo perché non dobbiamo continuare sulla stessa strada…

Simone Raccani: «La Zalf un sogno, ora voglio riconfermarmi»

16.12.2021
4 min
Salva

Con il 2020 da buttare a causa del covid, così lo aveva definito lui, Simone Raccani (al centro nella foto di apertura) ha sfruttato la stagione appena conclusa per mettere fieno in cascina. Il suo primo anno alla Zalf Euromobil Desirée Fior gli ha portato subito un successo prestigioso come quello di Capodarco ed era uscito in crescita dal Giro d’Italia under 23. Lo aveva dimostrato subito conquistando il gradino più basso del podio al Giro del Medio Brenta a metà luglio. Simone è nato a Thiene e da buon veneto preferisce i fatti alle parole, che come si dice: se le porta via il vento.

«Sono un ragazzo piuttosto introverso – ci dice Simone Raccani – inizialmente faccio fatica a legare con le persone.  Appena si entra in confidenza però non ho problemi a parlare e confrontarmi con nessuno».

Il 16 agosto Simone Raccani ha vinto il Gp Capodarco imponendosi in uno sprint a due contro Andrea Piccolo della Viris Vigevano
Il 16 agosto Simone Raccani ha vinto il Gp Capodarco
Dopo Capodarco che stagione è stata?

Positiva, ho ottenuto dei buoni piazzamenti nei primi dieci in tutte le gare disputate. Ho cavalcato il picco di forma che è arrivato dopo il Giro d’Italia under 23 al quale non ero arrivato in ottima condizione.

Come mai?

E’ stata una questione dovuta anche al cambio di squadra. Non sono uno molto espansivo e questo inconsciamente mi frena. Al Giro sono andato bene nel complesso, mi sono messo in mostra ma non ho mai avuto la gamba per lasciare il segno.

Come giudichi il tuo primo anno in Zalf?

Sono contento, intanto, di essere arrivato qui. E’ una squadra che ammiravo molto fin da bambino, nelle mie zone se corri nei dilettanti è normale sognare questa maglia. Vivo molto alla giornata, corsa dopo corsa, non mi piace fare programmi a lungo termine.

Simone Raccani al Giro U23 non è riuscito a cogliere la vittoria ma ha gettato le basi per una seconda parte di stagione importante
Al Giro U23, nella Fanano-Sestola, mettendo chilometri ed esperienza nelle gambe
Sei passato dalla Beltrami alla Zalf, perché?

Il covid ha complicato tutto, la squadra era lontana da casa, facevo fatica a sentirmi parte di un gruppo. Mentre con la Zalf siamo tutti vicini e ci alleniamo spesso insieme. Noi ragazzi della zona vicino a Marostica siamo 6-7 in totale.

Introverso ma tieni molto al gruppo…

Mi piace sentirmi parte di un qualcosa di grande, far parte di un meccanismo che funziona. Poi in gruppo gli allenamenti passano più velocemente e ci si conosce meglio tra compagni. Ci si sprona a vicenda ed aumenta anche la motivazione e riesci a dare il 100 per cento. In una squadra è fondamentale conoscersi per dedicarsi con tutte le proprie forze ad un unico obiettivo.

Hai già avuto modo di incontrarli in vista della prossima stagione?

Abbiamo fatto una riunione nei giorni scorsi, invece le prime pedalate insieme le faremo al ritiro all’hotel Fior.

Ad inizio luglio Simone Raccani è arrivato terzo al Giro del Medio Brenta dietro a Merchant Didier e Mulubrhan Henok (foto Scanferla)
Ad inizio luglio Simone Raccani è arrivato terzo al Giro del Medio Brenta (foto Scanferla)

Imparare dai più esperti

La Zalf è una squadra che tiene molto alla propria identità di gruppo. Questo lo dimostra con la grande qualità dei corridori che corrono nelle sue fila. Allo stesso tempo credono nella maturazione dei ragazzi, sono quattro i corridori elite che correranno la prossima stagione.

Gianni Faresin ci aveva spiegato l’importanza che hanno per loro i corridori più esperti, le sue parole sono state supportate anche da quelle di Zurlo. Ma per fare una prova occorrono tre indizi e Simone Raccani è la persona giusta cui chiedere.

Quanto sono importanti per un corridore giovane i consigli dei più esperti in gruppo?

Molto, sembra una banalità ma non è così. Non abbiamo le radioline in corsa ed avere un compagno che prende le redini della gara e ci dice come muoverci ci aiuta. Un esempio è proprio la mia vittoria a Capodarco.

Raccontaci.

Prima della gara ho parlato con Edoardo Faresin e mi ha spiegato il percorso dicendomi quando mi sarei dovuto portare davanti. Il finale era particolare, con il rettilineo in leggera salita. Così lui mi ha detto quando sarebbe stato meglio partire con la volata, in questo modo ho vinto agilmente lo sprint.

In allenamento come vi aiutano?

Guidano loro il gruppetto, conoscono meglio le strade e sanno che giri fare. I consigli più utili sono sull’alimentazione, cosa che poi si riflette anche in gara, ci ricordano di mangiare o impariamo da loro a fare le giuste dosi per le borracce.