Nel Giro del Veneto U23 che ha confermato lo straordinario stato di forma di Riccardo Lucca, fino all’ultima tappa al comando della classifica c’era un figlio d’arte del quale si è già spesso parlato, Edoardo Faresin, alla fine terzo a 1’23” dal vincitore. E’ un risultato importante, ancor di più conoscendo la storia del corridore della Zalf Euromobil, che ha sempre vissuto il ciclismo in parallelo con la sua vita studentesca fino ad arrivare alla laurea. Poi aveva deciso di dedicare questa stagione privilegiando le due ruote e i risultati cominciano ad arrivare, anche se la strada parallela è sempre lì.
Per Faresin il Giro del Veneto era la gara di casa, da affrontare con la massima concentrazione. Una sorta di crocevia per capire anche dove quelle due ruote avrebbero potuto portarlo e qualche risposta è arrivata: «Intanto ho dimostrato che quando programmo un evento, mi pongo un obiettivo, lo raggiungo. Ci tenevo a fare bene sulle strade conosco. Avevo detto che questo 2022 doveva essere un anno speciale, ma la prima parte lo è stata non come volevo io…»
Che cosa è successo?
Un po’ di tutto a dir la verità. Covid, problemi fisici, non riuscivo mai a sbloccarmi, a essere quel che volevo, ma sapevo di poter far bene. In gara sono andato in crescendo, ho conquistato la maglia grazie alla costanza e l’ho difesa fino all’ultima tappa, poi nell’ultima frazione le salite erano troppo lunghe per le mie caratteristiche, ma sono riuscito a salvare il podio.
Hai dimostrato soprattutto grande resistenza e una certa propensione per le corse a tappe, la cosa ti ha stupito?
Non più di tanto. Anche lo scorso anno al Giro U23 ero stato maglia verde, mi ero accorto di andare meglio ogni giorno che passava. Diciamo che correndo in una squadra continental ho notato quest’anno decisi miglioramenti, grazie soprattutto al calendario molto più importante. Quest’anno ho corso Coppi e Bartali, Giro di Sicilia e Adriatica Ionica Race e, soprattutto in quest’ultima, sono stato sempre a ridosso dei primi. Ho capito alla fine che non andavo poi così piano come credevo…
Alla vittoria finale ci avevi fatto un pensierino?
Non posso negarlo, ma era una situazione nuova, anche la gestione della squadra per me non era cosa usuale. Ho pagato l’inesperienza, che è emersa tutta nella gestione dell’ultima salita.
A inizio anno avevi detto di voler mettere da parte gli studi per vivere una stagione completamente ciclistica: sei sempre di quell’avviso?
In verità mi ero detto di vedere come andava la prima parte di stagione e magari nel secondo semestre rivedere la situazione, ma se fai il ciclista a tempo pieno, non ci sono grandi possibilità per studiare. L’idea di tenermi una strada aperta extrasportiva c’è sempre, ma perdere un anno non cambia nulla. Io ho intanto preso la laurea triennale, servono altri due anni per quella magistrale oppure preparare l’esame di Stato per entrare nell’albo ingegneri e cercare una ditta. Ho tempo per pensarci.
Avevi anche detto che il sogno di passare pro’ era rimasto tale vista anche l’età, i tuoi 24 anni, ma i tuoi risultati e soprattutto la tua condotta matura in corsa potrebbero ancora aprirti qualche porta?
Che dire, l’età non è dalla mia parte, ma è anche vero che la mia evoluzione fisica è stata più lenta di quella di tanti miei coetanei. Ognuno ha i suoi tempi, io ci credo ancora ma servirebbe che si guardasse al di là dei semplici numeri. Sicuramente i risultati ottenuti hanno riacceso la speranza, questo non lo posso negare. Io non sono un fenomeno – sottolinea Faresin – ma la grinta compensa il talento e soprattutto so lavorare bene in un team, potrei essere molto utile anche e soprattutto a chi è più giovane di me.
Il tuo cognome ha certamente un peso nell’ambiente: rispetto a tuo padre che cosa hai di simile e che cosa di diverso?
Lui era sicuramente più forte, più alto, più pesante, alla mia età era pro’ già da un anno, ma non va dimenticato che quello era un ciclismo molto diverso. Era uno scalatore puro, io sono più veloce e scattista e mi ritrovo bene in arrivi ristretti. La differenza principale però penso sia data dal fatto che lui era più portato ad attaccare ed io in questo spero di migliorare e seguire il suo esempio.