Koppenberg a piedi e il ciclismo moderno va ko per qualche istante

02.04.2024
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OUDENAARDE (Belgio) – Biciclette di traverso. Piedi a terra. Corridori che spingono la bici camminando. Un grande groviglio. Il Koppenberg ha regalato quest’immagine di altri tempi. E la cosa ha colpito non poco. Nel ciclismo super moderno, vedere certe immagini è parso quanto mai insolito. E’ stato tutto molto inaspettato.

«E’ vero – spiega Vincenzo Albanesesembrava un’immagine di altri tempi. Ci ho pensato anche io mentre ero lì nel mezzo e camminavo a piedi. Credo sia stato bello da vedere. Se ci si arrabbia? No, quale arrabbiati. Alla fine eravamo tutti nella stessa barca. Ma salire con quel fango era difficile, in quanto era davvero scivoloso».

Tip tap sul Koppenberg

Il Koppenberg è stato inserito nel 1976 e a transitarvi per primo, manco a dirlo fu Eddy Merckx, poi per alcuni anni fu depennato dalla lista della Ronde. Dai primi degli anni 2000 è stato reintrodotto. I suoi dati: 600 metri di lunghezza, 77 metri di dislivello, 11,2 per cento di pendenza media e 22 di massima. Il suo pavè è marcato, quindi non filante. In più nel tratto più ripido è stretto da tra due cunette ripide che aumentano l’umidità e la scivolosità del fondo.

Di solito si sentono le bici che “risuonano” sul pavè e il fiatone degli atleti, stavolta invece era tutto un ticchettio di tacchette. Sembrava quasi un palco di ballerini di tip tap.

In effetti ad un certo punto del pomeriggio sul Giro delle Fiandre si è abbattuto dapprima un grande scroscio di acqua, seguito da una lunga, fitta e costante pioggerellina finissima. Tutto era diventato scivoloso, una vera patina. E dei rigagnoli di fango colavano sul suo pavè.

Giorgia Bronzini, ci aveva avvertito prima del via delle donne, quando ancora splendeva il sole: «Il percorso è già scivoloso di suo (era piovuto anche nei giorni precedenti, ndr) ed è prevista acqua nel pomeriggio». La sua previsione era azzeccata.

Solo in tre 

E così quando al chilometro 226 di gara il gruppo si presenta sul più ripido dei muri, succede il “fattaccio”. Van der Poel e gli altri big iniziano a sbandare. In particolare si è visto l’iridato svirgolare più di qualche volta con la posteriore. A quel punto da buon crossista, Mathieu si siede. Sembra quasi rallentare, addolcire la pedalata per favorire la trazione. E intanto va a alla ricerca di una traiettoria tutta sua.

Qualcosa di simile fanno anche Matteo Jorgenson e Mads Pedersen. Loro tre sono gli unici a non scendere mai di dalla bici.

La scalata di Pedersen è la più interessante da analizzare e vi spieghiamo perché.

A fine gara, il danese ha dichiarato di sentirsi potente, ma al tempo stesso di non avere grande feeling con la salita. E proprio su quelle pendenze ha sfruttato la sua potenza, nonostante fosse stato ripreso poco prima. Altra considerazione: Mads aveva il 43 come corona anteriore più piccola, contro il 41 di VdP e Jorgenson.

La “coppia” di potenza erogata da Pedersen era dunque più bassa e pertanto migliore in quel frangente. E infatti nonostante sia stato uno dei tre a scalare il Koppenberg in bici, poi si è andato spegnenfo.

«Sul Koppenberg – ha detto VdP – abbiamo visto le immagini del passato e del caos che si crea quando è bagnato. Anche grazie alla gara di ciclocross che si corre lì, sapevo quanto è fangoso quel tratto. Sapevo anche come comportarmi quando la ruota posteriore ha iniziato slittare. E anche per questo immaginavo che sarebbe stato un punto cruciale».

Insomma, scene che si vedevano una volta sul mitico Grammont. 

Van der Poel, Jorgenson e, mentre fa zig zag, Pedersen. Sono stati gli unici del gruppo di testa a scalare l’intero Koppenberg in sella. Dietro erano appena rimontati
Van der Poel, Jorgenson e Pedersen. Sono stati gli unici del gruppo di testa a scalare l’intero Koppenberg in sella. Dietro erano appena rimontati

Tra antico e moderno

Scene da Grammont dunque e il pubblico impazzisce. Si è parlato molto sui social di questo Koppenberg a piedi, esaltandone lo spirito pionieristico, ma con i campioni di oggi.

Gomme e cerchi larghi, telai più performanti contro le vibrazioni, pressioni più basse… Tutto ciò non è stato sufficiente per non scendere di sella. «Eh ma – chiosa Trentin – con quel fango e quella pioggia anche con le gomme più larghe ci si faceva poco. Servivano le chiodate per salire!».

«Quanti corridori sono saliti in bici?», ci chiede Matteo. Noi gli rispondiamo che solo in tre ci sono riusciti. «Solo in tre – replica lui stupito – vedete… era difficilissimo. Senza contare che eravamo tutti parecchio al limite già».

La percezione è che i corridori non fossero arrabbiati di quanto accaduto. Forse perché sapevano che non avrebbero comunque vinto la corsa e che Van der Poel di lì a poco avrebbe spiccato il volo. O forse perché in un ciclismo così programmato un tocco imprevisto ci sta bene. Chissà…

«E’ stato un po’ frustrante – ha detto per esempio Lazkano – ma mi è davvero piaciuta questa corsa e questo tratto, i suoi tifosi e il suo pubblico. Voglio tornare l’anno prossimo».

Insomma eroi d’altri tempi. A mente fredda forse gli stessi corridori hanno provato un pizzico di compiacenza. Adesso avranno una storia in più da raccontare. 

Dall’Algarve al Nord, si accende la primavera di Trentin

14.02.2024
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Con l’Algarve appena iniziata, entra nel vivo anche la primavera di Trentin. Probabilmente se l’aspettava diversa, perché in questi giorni avrebbe affinato l’intesa con Alberto Dainese, lottando nelle due volate in programma. Invece il padovano è fuori gioco per la caduta in allenamento e di conseguenza Matteo si ritrova a fare a sua volta gli sprint in cui si sente maggiormente a suo agio e intanto a lavorare con lo sguardo al Nord. Domenica infatti la corsa portoghese si concluderà e sarà tempo di spostarsi in Belgio per l’opening weekend, con Omloop Het Nieuwsblad e la Kuurne-Bruxelles-Kuurne.

Lo avevamo incontrato a Calpe nei giorni del primo ritiro e per lui la dimensione Tudor Pro Cycling era solo un’idea. Ora che la stagione ha preso il largo, tornare per un doppio punto della situazione, è un buon modo per avvicinarci alle prossime sfide.

GP La Marseillaise: Trentin, classe 1989, è pro’ dal 2012. In Francia è molto noto anche per le 3 tappe vinte al Tour
GP La Marseillaise: Trentin, classe 1989, è pro’ dal 2012. In Francia è molto noto anche per le 3 tappe vinte al Tour
Come va l’adattamento in questa nuova squadra?

Bene, tutto a posto, tutto bene. Sono contento. Certo sarebbe stato meglio se “Daino” non fosse finito per terra, perché credo che avremmo fatto delle belle cose. Saremmo venuti qua per iniziare il lavoro del treno anche in corsa, che rispetto all’allenamento è una roba un po’ diversa. Gli imprevisti però sono dietro l’angolo, l’importante è che non si sia fatto male in maniera troppo seria. Intendiamoci, è abbastanza seria, però non è niente che lo terrà via dalle corse per lungo tempo. Devo dire che quando l’ho visto per terra pensavo fosse molto peggio, invece alla fine è andata anche bene.

Cambia qualcosa a questo punto nel tuo programma personale?

No, il programma resta sempre lo stesso, andrò avanti con quello che devo fare. A questo punto con Alberto ci si rivedrà al Giro.

Come sarà fatta la trasferta al Nord?

Ora subito l’opening weekend, poi ci hanno invitato al Fiandre e anche alla Gand e altre che non si possono ancora annunciare. Credo che li abbiano già annunciati, non vorrei averli anticipati. Sono tutte cose che ho scoperto quest’anno, non avendo mai avuto il discorso degli inviti. Ti chiamano, però vogliono essere loro a dirlo per primi.

Dainese ha avuto il tempo per correre le prime due gare, poi è caduto alla vigilia della Clasica de Almeria
Dainese ha avuto il tempo per correre le prime due gare, poi è caduto alla vigilia della Clasica de Almeria
Com’è psicologicamente vivere questa dipendenza dall’invito?

Onestamente non me ne sono fatto un problema. Sapevamo che era così e dall’altra parte sanno che c’è un progetto solido alle spalle. Comunque, visto il bene che hanno fatto già l’anno scorso, devo dire che tanti inviti sono più che meritati.

Invece con quale spirito Trentin andrà al Nord con la nuova squadra?

Sempre lo stesso, sempre il solito modo di fare. E’ ovvio che bisognerà andare con il coltello tra i denti, come sempre. Ci arriviamo con una squadra molto meno esperta rispetto a tutti gli altri anni. Tantissimi di questi ragazzi non hanno mai fatto corse al Nord, quindi ci sarà tanto da imparare, tanto da insegnare e tanto da fare. Siamo qui per questo.

Pensi che andrete a fare qualche sopralluogo di percorso?

Penso che faremo la classica ricognizione un paio di giorni prima, perché non c’è tanto tempo per organizzare chissà cosa. Abbiamo già fatto un giretto lassù all’inizio di dicembre, andando a provare i materiali. La settimana prima della Het Nieuwsblad faremo una prova percorso, come pure prima del Fiandre e di Harelbeke. Adesso come adesso, non c’è tanto tempo: se devi fare qualcosa, devi farlo prima.

Che cosa era venuto fuori dal sopralluogo di dicembre?

La bici è quella. DT Swiss però ha fatto delle ruote pensate per le classiche. Avremo dei copertoni da 28 un pochino più resistenti alle forature. Ci sarà da lavorare più che altro sulle pressioni delle gomme. Magari per la Gand si può usare anche la ruota normale, visto che presenta pochissimo pavé. Questa è la base, poi dipenderà anche dal meteo.

Sul podio di Almeria, Trentin e Kooij, il vincitore che ha 12 anni meno di Matteo
Sul podio di Almeria, Trentin e Kooij, il vincitore che ha 12 anni meno di Matteo
Gomme da 28 perché sul telaio della Teammachine non entrano misure più grandi?

In parte anche per questo. Però per quelle gare mi sento di dire che gli pneumatici da 30 li ho usati l’anno scorso perché le ruote che avevamo in UAE avevano il canale interno molto più grande e quindi con il 30 mi trovavo comodo a livello di utilizzo. Invece col canale interno di una grandezza normale, alla fine lo pneumatico da 28 è più che sufficiente e non è necessario fare tanto di più.

A cosa serve l’Algarve: preparazione o per non far rimpiangere Dainese?

Certo, non è che se siamo davanti, tiriamo i freni. Ad Almeria mi ci sono trovato e ho fatto la volata, arrivando terzo. Non me lo aspettavo, ma è vero che quest’inverno mi sono allenato molto di più per fare le volate, avendo il discorso del treno. Quindi l’allenamento è stato fatto bene e funziona. Ma qui le tappe sono sempre uguali: due volate, due salite a una cronometro. Diciamo che in queste corse uno come me viene più che altro a rifinire la condizione e non a puntare una vittoria. Però chi può dirlo? Vediamo cosa può venire fuori, ma senza pressione.

E con Dainese ti senti ogni tanto?

Sì, via messaggio. Gli girano molto le scatole, perché eravamo al momento di dare un’accelerata alla stagione, invece si ritrova fermo ai box. Insomma, speriamo sia una cosa che riesce a risolvere in tempi brevi o relativamente brevi, per poi ricominciare. Lui sa che io lo aspetto.

Ulissi, 46 vittorie e una vita con gli stessi colori

26.12.2023
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LA NUCIA (Spagna) – Nel giorno in cui Pogacar annunciava il suo piano e Matxin lo descriveva, Ulissi osservava la scena con il pizzico di ironia tipica dei livornesi (in apertura, foto Fizza/UAE Emirates). Far parte della squadra numero uno al mondo è coinvolgente, aver concorso al primato con vittorie e punti è motivo di orgoglio, resta da capire come sia ritrovarsi ai margini delle grandi manovre.

Forse quello che aiuta Ulissi è il realismo che lo ha sempre accompagnato e lo ha tenuto lontano da scelte affrettate, come quella di cambiare squadra all’indomani di un bel risultato, attratto dalle proposte che spesso si fanno sotto come sirene. Un corridore come lui, che ha vinto per due anni di seguito il mondiale juniores, oggi sarebbe stato al centro di un mercato serrato. Quel che traspare conoscendolo è che il suo centro sia la famiglia (abbiamo parlato giusto ieri del terzo figlio in arrivo) e che il ciclismo sia il modo di conquistarsi un posto migliore nel mondo. Il suo punto di vista è venuto fuori parlando di Matteo Trentin, che ha la stessa età.

«Devi capire in che squadra sei – dice – devi anche capire che gli anni passano e in che squadra sei. Diventa sempre più difficile, però anche la scelta di Matteo la posso capire. Negli ultimi anni ha dimostrato di essere ancora un corridore molto forte e ritrovarsi in una squadra di giovani, potendo anche levarsi delle belle soddisfazioni, è una bella motivazione».

Diego Ulissi, classe, 1989, è pro’ dal 2010. Un metro e 75 per 63 chili, ha vinto 46 corse
Diego Ulissi, classe, 1989, è pro’ dal 2010. Un metro e 75 per 63 chili, ha vinto 46 corse
Tu sei rimasto sempre nella stessa squadra, come mai?

Semplicemente perché alla UAE Emirates ho trovato il mio ambiente ideale. Ho sempre fatto bene, non mi hanno fatto mancare niente e mi hanno sempre premiato. Sono rimasto sempre volentieri. Nel mio percorso ho trovato persone veramente speciali a cui sarò sempre grato. Prima Saronni, poi Gianetti e Matxin. 

Prima era Lampre, poi è diventata UAE Emirates.

Quando c’è stato il passaggio, chiaramente ho dovuto prendere delle decisioni. Però ci conoscevamo e con Matxin avevo già lavorato quando era direttore sportivo alla Lampre. Insomma, non ho avuto alcun dubbio e la scelta mi ha premiato.

Ci sono state offerte che ti hanno fatto vacillare?

Certo che ci sono state, soprattutto quando ero più giovane. Però non ho mai vacillato, anche se venivano dalle squadre più forti che c’erano in quel momento. Però in questo ambiente ci stavo benissimo e a quel punto il mio sogno è diventato arrivare a fine carriera con gli stessi colori. Mi sono messo nelle condizioni di riuscirci. Ho sempre fatto tutto bene, sono venute vittorie e punti e la squadra me lo ha riconosciuto.

Nei primi anni da pro’, Ulissi ha avuto la fortuna di avere accanto un tecnico come Maini
Nei primi anni da pro’, Ulissi ha avuto la fortuna di avere accanto un tecnico come Maini
Nel frattempo la squadra si è riempita di giovanissimi: l’età media è molto bassa.

E’ vero. Majka, Laengen ed io siamo del 1989 e siamo i più vecchi. Però è un valore, è importante mettere la mia esperienza al servizio di questi giovani. Ci parlo molto durante gli allenamenti e nei momenti di riposo. Sono anche io a loro disposizione.

I corridori più maturi dicevano che più passa il tempo, più ci si deve allenare. E’ ancora vero?

Per fortuna un po’ è cambiato, perché con i nuovi allenamenti non c’è più l’esigenza di fare tante ore: si punta sulla qualità, ma è normale che devi stare più attento. Dallo stretching alla palestra, facendo tutti i lavori che ti mantengono vivo. Piuttosto è vero che non conviene fermarsi troppo a lungo a fine stagione, perché ritrovare il ritmo diventa più difficile. Ai primi anni da professionista, stavo anche un mese e mezzo senza bici, adesso non stacco mai per più di tre settimane. E ho la fortuna che non ingrasso più di tanto.

Quest’anno nel tuo calendario non ci sarà il Giro d’Italia.

Farò un calendario differente rispetto alle scorse stagioni. Nessun grande Giro, perché mi concentrerò sulle classiche Monumento a partire dalla Sanremo, poi la campagna delle Ardenne. E farò altre gare, alla ricerca di punteggi che dal prossimo anno tornano decisivi.

Con Pugacar al Giro, il programma di Ulissi è cambiato, spostandosi sulle grandi classiche
Con Pugacar al Giro, il programma di Ulissi è cambiato, spostandosi sulle grandi classiche
Quindi l’assenza dal Giro non dipende dalla presenza di Pogacar?

Il discorso non è questo, anche perché negli ultimi anni c’era Almeida e ho lavorato bene per lui. Matxin ha pensato a questo programma, dicendo che posso fare risultato e non avrebbe senso portarmi alle corse per tirare. Per me va benissimo, non ho alcun problema.

Quanto conta il discorso dei punti? 

Tantissimo, è molto importante, sia per le squadre di alta classifica sia per quelle di bassa. E’ un aspetto che nel corso degli anni è cambiato. Prima si puntava molto di più a determinate gare. Chi preparava i grandi Giri, chi le classiche e cercava di arrivare all’obiettivo al 100 per cento. Adesso invece devi cercare una condizione più continua, per essere ad alto livello tutto l’anno

Avete festeggiato la vittoria del ranking?

Abbiamo cominciato nel ritiro di Abu Dhabi e abbiamo proseguito qua. Abbiamo ripercorso la stagione. Siamo i primi al mondo ed è una grande soddisfazione per noi e per i nostri capi.

Nel 2023 per Ulissi è venuta la vittoria di tappa al Tour of Oman, sul traguardo di Yitti Hills. Ha chiuso il 2023 con 719 punti UCI
Nel 2023 per Ulissi è venuta la vittoria di tappa al Tour of Oman, sul traguardo di Yitti Hills. Ha chiuso il 2023 con 719 punti UCI
Per come lo conosci, che cosa c’è da aspettarsi da Pogacar al Giro?

Tadej è un corridore sempre alla ricerca di nuove sfide e di nuovi stimoli. Negli ultimi anni correre in Italia gli è sempre piaciuto. L’ambiente italiano gli va a genio, ha vinto due volte la Tirreno, è stato protagonista alla Sanremo, ha vinto per tre volte il Lombardia. Penso che per come è disegnato il Giro d’Italia, proverà certamente a vincerlo.

E poi il Tour?

Intanto il Giro, poi si vede. Insomma, come si dice? L’appetito vien mangiando…

Trentin sposa lo stile Tudor e parla chiaro sui giovani

25.12.2023
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L’ALBIR (Spagna) – Quando nei giorni scorsi ci siamo trovati a parlare di Trentin con Diego Ulissi, l’osservazione del toscano sul trentino è stata di grande apprezzamento. «Dato che Matteo ha dimostrato di essere ancora vincente – ha detto – è comprensibile che abbia cercato spazio in un’altra squadra come la Tudor Pro Cycling, dove nel suo ruolo avrà più occasioni». Quando lo abbiamo riferito al diretto interessato, che peraltro è appena rientrato proprio dall’hotel della UAE Emirates, il sorriso è stato istantaneo: «Grazie Diego!», ha detto. «Grazie Diego!».

Con il principe Alberto di Monaco, in occasione di Beking, l’evento organizzato da sua moglie Claudia (foto Instagram)
Con il principe Alberto di Monaco, in occasione di Beking, l’evento organizzato da sua moglie Claudia (foto Instagram)

Un calcio alla iella

E’ comprensibile che nel momento in cui lasci uno squadrone come il UAE Team Emirates un po’ di inquietudine venga fuori. Si tratta di lasciare una comfort zone ben pagata, per rimettersi in gioco in prima persona e al servizio di un gruppo giovane che sta crescendo (a pensarci, queste dinamiche non ci sono poi del tutto sconosciute!). Per cui avere conferme di un certo tipo avvalora la scelta.

«Penso che negli ultimi anni – dice Trentin, in apertura durante l’intervista con Stefano Rizzato della RAI – diciamo dal 2021, per svariati motivi non ho raccolto per quello che avrei potuto e che i numeri suggerivano. Un po’ ho avuto sfiga, altre volte me la sono cercata. Quindi è vero che mi serviva una svolta, una nuova avventura e sono qua. Questa squadra non vuole crescere dall’oggi al domani, per diventare i numeri uno al mondo serve tempo. E quando ci arrivi, serve la struttura giusta per restarci a lungo. Non me ne sono andato dalla UAE perché stavo male. Però nello sport capita che a volte vedi la squadra con un obiettivo diverso dal tuo, oppure trovi qualcuno che non asseconda più le tue visioni, le tue idee. A quel punto è giusto cercare delle nuove avventure, se le cose si combinano bene».

Solo una caduta ha impedito a Trentin di giocarsi il mondiale di Glasgow, cui era arrivato con grande condizione
Solo una caduta ha impedito a Trentin di giocarsi il mondiale di Glasgow, cui era arrivato con grande condizione

A immagine di Cancellara

La posizione di Trentin sulla nuova squadra è simile a quella di altri che ne hanno accettato l’offerta, come ci ha recentemente detto Dainese. C’è stato un primo contatto, poi un anno di tempo per vedere come si muovevano corridori e staff. E adesso che ci sono dentro, c’è la conferma che la scelta sia stata giusta.

«Con Ricardo Scheidecker – spiega Trentin – mi sento e mi sentivo anche prima, perché siamo rimasti sempre in contatto dopo il periodo in Quick Step. Ora ho l’impressione che quello che si intuiva da fuori corrisponda a realtà. Si vede soprattutto che Cancellara e Raphael Meyer, l’amministratore della squadra, hanno scelto della gente che viene dal WorldTour, che ci ha lavorato per anni ed è disposta a dare il 110 per cento per far crescere questa squadra nella giusta direzione. Si vede l’impronta del campione, il fatto che il proprietario sia stato un corridore. E soprattutto un corridore che ha assorbito e imparato nelle varie situazioni dove è stato. Perché Fabian è passato alla Mapei, quindi alla Fassa Bortolo, per poi andare a correre con Riis e in Trek. Ogni volta che cambi squadra, impari qualcosa. E se sei in grado di tenere il buono che hai visto e farlo tuo, puoi davvero fare la differenza».

Trentin in fuga al Fiandre 2023 per tenere Pogacar al coperto: cambierà qualcosa l’anno prossimo?
Trentin in fuga al Fiandre 2023 per tenere Pogacar al coperto: cambierà qualcosa l’anno prossimo?

La questione degli inviti

Così adesso non resta che allenarsi e gettare le basi per la stagione, sperando che gli inviti promessi siano confermati. 

«Mi sto allenando più o meno come gli anni scorsi – dice Trentin – ho fatto una gran gran base e poi da gennaio si andrà a costruirci sopra tutto quello che serve. Il programma in linea di massima c’è, ma essendo una squadra professional, sei dipendente dagli inviti. Alcuni stanno ancora arrivando e nel frattempo la dirigenza, giustamente, non ti dà l’illusione di poter fare una corsa se non sono sicuri. Di base credo che le gare di Flanders Classics ci siano, mentre i francesi fanno ancora resistenza. Ma tanto ormai il livello è così alto, che non è facile vincere da nessuna parte e anche le corse 1.Pro sono bellissime. Ovvio che sia meglio vincere quella WorldTour, perché sono più importanti, ma se non fai l’Australia, l’inizio del calendario è uguale per tutti . Quindi io dovrei cominciare a Marsiglia e poi… E poi mi sa che non posso ancora dirlo!».

Trentin è pro’ dal 2012. E’ stato per 6 anni alla Quick Step, 2 alla Mitchelton, uno alla CCC, 3 alla UAE
Trentin è pro’ dal 2012. E’ stato per 6 anni alla Quick Step, 2 alla Mitchelton, uno alla CCC, 3 alla UAE

Il ciclismo va veloce

Fra una risata e l’altra, ti accorgi che gli anni sono passati. E se da un lato, per goliardia e convinzione, si sofferma a dire che sulla sua bici preferirebbe i tubolari e i freni tradizionali, una riflessione sull’età sempre più bassa dei corridori nel WorldTour scatta quasi spontanea.

«Mi ritrovo qua con Tosatto come direttore sportivo – dice Trentin – dopo averci corso contro. Lavoriamo insieme solamente da qualche giorno, però vedo che tutti quanti alla Ineos sono stati molto bene con lui e sono scontenti che sia andato via. Quando il feedback è questo, sicuramente hai lasciato un bel segno. Probabilmente, essendo sceso da poco dalla bici, è consapevole di quello che viene fatto in gruppo. Poi, ovvio, le cose si evolvono e magari si perde la sensibilità che potevi avere nei primi due anni e devi supplire con l’esperienza.

«E’ un ciclismo che corre veloce, a volte secondo me anche troppo. Nella mia ex squadra c’è il pienone di ragazzini. Ho sentito che a qualcuno del Devo Team hanno fatto il contratto per sette anni, forse si sta correndo un po’ troppo in questa direzione. Cosa ne sai di quel che può accadere fra così tanto tempo? Io credo che questi ragazzi fra non molti anni avranno bisogno di supporto psicologico, perché tante pressioni non le reggi se non sei un po’ adulto e magari rischi di cadere in brutte abitudini per farti forza. Si continua a sovraccaricarli di attese. Avete visto le gambe di chi vince le corse da allievo? Li allenano come professionisti, ma come pretendi che reggano certe pressioni e che abbiano ancora dei margini?».

Dainese alla Tudor, in cerca di un treno, fiducia e vittorie

20.12.2023
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L’ALBIR (Spagna) – Il quartier generale della Tudor Pro Cycling sta in un hotel che ribolle di riunioni. Prima i direttori sportivi, con Tosatto e Cozzi che hanno appena il tempo di salutare. Ricardo Scheidecker fa avanti e indietro fisso al telefono. Cattai e Toccafondi sono qui in rappresentanza di BMC. Poi tocca ai corridori, che alle 19 si dirigono verso il salone.

Dainese ci ha raggiunto prima, in tempo per raccontare della nuova avventura nella squadra svizzera. Nello stesso giorno in cui il Team DSM-Firmenich ha dato via libera al passaggio di Lorenzo Milesi ad altra squadra, è singolare rendersi conto che nello stesso anno la squadra olandese ha perso due italiani. Le storie sono chiaramente diverse. Dainese è partito per trovare più continuità e maggiore fiducia, come ci spiega senza peli sulla lingua (in apertura si scambia goliardicamente doni con Matteo Trentin).

Il Team DSM ha utilizzato Dainese in tanti ruoli. Qui il test della Roubaix, chiusa in 77ª posizione
Il Team DSM ha utilizzato Dainese in tanti ruoli. Qui il test della Roubaix, chiusa in 77ª posizione
Quando è nato il contatto con la Tudor?

Kurt Bergin-Taylor era mio preparatore alla DSM ed era già venuto qui. Lo scorso gennaio venni a trovarlo per un caffè proprio davanti a questo hotel. E dopo il caffè con il preparatore, sono venuti fuori anche Fabian, “Raphi” e Ricardo (rispettivamente Cancellara, Raphael Meyer e Scheidecker, ndr) e mi hanno fatto una proposta. Dopo i primi mesi di gare, ho cominciato a farmi un’idea della squadra e sembrava un bel progetto. Poteva essere una valida alternativa ad altre WorldTour che sulla carta sono più grandi. Vedevo il potenziale della Tudor, ho creduto nel progetto e adesso sono contento di averlo fatto.

Che cosa hai trovato?

Sicuramente il gruppo e un’atmosfera in cui mi trovo davvero bene. Lavoriamo in modo professionale e il lato umano prevale su tutto il resto. Si è anche invogliati a dare il massimo, proprio per questa bella atmosfera.

Hai vinto due tappe al Giro e una alla Vuelta, ma la sensazione è che ti sia mancata la continuità.

E’ vero e sicuramente voglio ritagliarmi un ruolo prettamente da velocista. In questi anni ho fatto l’ultimo, il penultimo e anche il terzultimo uomo, però preferisco fare le volate e non tirarle. Quindi vengo qua con questa ambizione. Per cui cercheremo di vincere più gare degli anni scorsi e poi tireremo le somme.

Dopo la tappa di Caorle al Giro, quest’anno Dainese ha esultato anche alla Vuelta, sul traguardo di Iscar
Dopo la tappa di Caorle al Giro, quest’anno Dainese ha esultato anche alla Vuelta, sul traguardo di Iscar
Quanto conta sentirsi addosso la fiducia della squadra?

Mentalmente è diverso, perché approcci la stagione, sapendo che devi portare risultati. Ti dà anche molto morale avere la fiducia delle persone che lavorano con te. Invece, se vieni messo in un angolo, non rendi allo stesso modo.

Come è fatta la tua volata idea?

Trentin che mi lancia ai 200 e riesco a non farmi rimontare. Sinceramente (sorride, ndr), non so neanche se mi piacciono le volate veloci contro vento oppure con il vento a favore. Prendo quello che viene. Normalmente è meglio quando il gruppo è tutto in fila e gli altri sono già un pelo stanchi, magari con qualche curva prima del rettilineo finale così non si è proprio appallottolati… 

Meglio lanciarla o meglio farla di rimonta?

Dipende. Adesso la velocità è talmente alta, che partire troppo presto a volte significa rimbalzare. Per questo a volte la rimonta è vincente, semplicemente perché quelli che sono all’aria già ai 200 metri non riescono sempre a tenere la velocità fino alla fine. Per adesso ho vinto sempre di rimonta, perché non ero mai nella posizione per partire in testa. Speriamo l’anno prossimo di avere la possibilità di fare le volate anche dalla testa.

Per il neo acquisto della Tudor, vittoria al fotofinish nella tappa di Caorle del Giro, nonostante il ritorno di Milan
Per il neo acquisto della Tudor, vittoria al fotofinish nella tappa di Caorle del Giro, nonostante il ritorno di Milan
Ci sono velocisti giganteschi come Milan e altri più aerodinamici come te e Cavendish. Quanto conta l’aerodinamica nelle volate?

Sicuramente tanto, devi spingere meno aria, quindi devi usare meno potenza. E a parità di potenza, se sei più aerodinamico, vai più forte. Abbiamo anche visto quanto conta. Siamo andati in galleria del vento, abbiamo provato diverse cose.

Come ti trovi con i nuovi materiali?

Molto bene per quello che sono riuscito a provare. La bici è valida, l’abbigliamento è fra i migliori, se non il migliore. Il pacchetto è veramente performante, anche se per onestà devo dire che la Scott della DSM è molto valida.

Invece sul fronte della preparazione è cambiato qualcosa?

Sì, soprattutto l’avere già un programma. Lo scorso anno, con gare che saltavano fuori all’ultimo momento, non ho sempre potuto arrivarci come avrei voluto. Quest’anno invece so già le gare che farò, ho un’idea di quando andrò in condizione, porterò gli uomini per la volata sempre con me, quindi troveremo la condizione nello stesso momento. E’ cambiato anche l’approccio alla volata, nel senso che faccio grossi carichi in palestra per innalzare il picco, magari un po’ a scapito della resistenza, che comunque dopo aver fatto tanti Giri, ti rimane. Sto lavorando più sulla volata vera e propria che sulla resistenza.

Nessuna volontà da parte di Dainese e della Tudor di inseguire un miglioramento in salita a scapito della velocità. Alberto è alto 1,76 e pesa 70 chili
Nessuna volontà da parte di Dainese di inseguire un miglioramento in salita a scapito della velocità. Alberto è alto 1,76 e pesa 70 chili
Anche le tappe veloci ormai hanno dislivelli importanti, quindi qualche salita va comunque superata.

Vero, però non si può neanche esagerare nel cercare il miglioramento in salita. Un velocista non può perdere la sua caratteristica principale, perché se poi diventa più resistente ma non vince le volate, c’è un problema. La parte più difficile è trovare l’equilibrio.

Hai parlato di treno in costruzione: quali saranno i vagoni?

A parte Matteo (Trentin, ndr) che mi seguirà nelle gare più importanti, abbiamo Krieger e Froidevaux, che è un giovane svizzero, e Marius Mayrhofer che era con me alla DSM. Più o meno questo è il cuore del treno, magari con qualche variazione in alcune gare.

Hai una bestia nera in volata?

In realtà si va talmente forte, che non stai molto a guardare chi hai attorno. Quello che rispetto di più è Cavendish, quindi cerco di non disturbarlo più di tanto. Non mi piace fare a spallate con lui per il rispetto che ho nei suoi confronti. Poi c’è Johnny (Milan, ndr) che sicuramente è un talento in crescita. Quello che sinceramente mi fa più paura per aggressività è Groenewegen, ma alla fine non si guarda in faccia nessuno. Si fa a spallate un po’ con tutti.

Tour de Langkawi 2023, Tudor sugli scudi con De Kleijn. La squadra ha un bel pacchetto di uomini per le volate
Tour de Langkawi 2023, Tudor sugli scudi con De Kleijn. La squadra ha un bel pacchetto di uomini per le volate
Quanta follia c’è nel fare il velocista?

Abbastanza, perché devi dimenticare che ti puoi far male. O meglio, non devi dimenticare, ma cercare di isolare la paura. Essere consapevole del pericolo e comunque accettarlo, altrimenti tiri i freni e non sei più in posizione. Quindi è un rischio abbastanza calcolato, ma è sempre un rischio.

Angelo Furlan ha descritto gli ultimi 200 metri come una sorta di “matrix” in cui tutto è velocissimo, ma nella testa del velocista è lentissimo.

Vero ed è molto bello. Già dall’ultimo chilometro mi ricordo praticamente tutte le volate. Dov’ero, chi c’era attorno. Penso che sei super attivato a livello cerebrale. Ti ricordi ogni singolo movimento del gruppo e ogni singola sensazione. Degli ultimi 200 metri, concordo con Angelo, ti ricordi veramente tutto. E anche se si svolgono alla velocità della luce, sembra che durino un’infinità.

Tosatto alla Tudor Pro Cycling: ecco perché lo hanno voluto

07.11.2023
6 min
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Otto mesi dopo la prima intervista, siamo di nuovo con Ricardo Scheidecker, head of sports al Tudor Pro Cycling Team. A marzo fu per capire il suo percorso dalla Quick Step alla neonata squadra di Cancellara. Il manager portoghese ci raccontò parecchie cose, alcune ancora in divenire, e fra queste il possibile arrivo di Matteo Tosatto parve una suggestione piuttosto stuzzicante. Ora che il passaggio si è compiuto e che lo stesso tecnico trevigiano ce ne ha raccontato le fasi, sta nuovamente a Ricardo spiegare il perché della scelta.

Quando lo intercettiamo, Scheidecker si trova a Lisbona, appena rientrato da un viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Avrà appena il tempo di tirare un po’ il fiato e poi sarà tempo del primo vero meeting che in qualche modo lancerà la stagione 2024.

Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Perché Tosatto?

Toso e io abbiamo lavorato insieme quando lui era corridore alla Saxo Bank (il trevigiano ha corso nel gruppo di Riis dal 2011 al 2016, ndr) e io sono arrivato là come responsabile tecnico. Ci conosciamo da una vita, era il 2012, cioè il mio secondo anno in questo lavoro dopo la Leopard. Col tempo si è creato un rapporto di amicizia e ho scoperto in lui una persona super seria. Professionista, veramente un professionista come pochi. Mi ricordo quando si è ritirato. Ho idea che volesse fare ancora un anno seguendo Contador, ma la cosa non è andata in porto. Amen. Ha smesso e la Ineos lo ha contattato subito, perché sapevano che lui è una buona persona.

Prima l’uomo e poi il tecnico?

Esatto, è una buona persona: nessuno lo sa meglio di me. Poi è diventato un direttore sportivo e i risultati sono evidenti, lo specchio della sua qualità. Penso a lui da un pezzo. Per darvi un’idea, volevo già portarlo in Quick Step. Ho sempre suggerito il suo nome, ma decideva Patrick (Lefevere, ndr) e non lo ha preso. Nel momento in cui sono arrivato qua e ho avuto la possibilità di decidere o comunque di avere un’influenza molto più importante, logicamente accanto a Fabian (Cancellara, ndr), ho pensato subito a lui.

Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Matteo ci ha raccontato che il contatto c’è stato già a marzo, giusto?

La prima volta ci siamo visti in Algarve e abbiamo chiacchierato. Poi siamo sempre rimasti in contatto. Gli abbiamo presentato il progetto in modo serio, come abbiamo fatto con tutti quelli che alla fine sono arrivati. E il progetto gli è piaciuto, credo sia contento. Perché Tosatto? Per la competenza e la sua personalità. Per me è una persona squisita, che con la sua esperienza di alto livello ci porterà al prossimo step importante: il WorldTour.

Vedi differenze fra Matteo corridore e Matteo direttore sportivo?

Era già una persona molto matura, adesso ha più esperienza. L’ho sempre visto coi piedi per terra, molto razionale e responsabile. Però la sua esperienza professionale è cresciuta. Ha dovuto imparare cose nuove, tutti impariamo qualcosa ogni giorno. Se invece abbiamo l’arroganza di pensare di sapere tutto, allora non sapremo mai niente. Toso è così, sa di dover imparare tutti i giorni, ma nel frattempo il suo bagaglio è diventato più grande. Per cui l’ho trovato migliorato nella capacità, sempre lo stesso per la personalità.

Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Un tecnico con questa esperienza e questa personalità verrà coinvolto anche nella scelta degli atleti e nella programmazione?

Avrà un ruolo centrale. Da noi non esiste la figura del capo dei direttori sportivi, puntiamo sul gruppo e i tecnici fanno riferimento a me. E’ vero però che il Toso verrà coinvolto nel gruppo di discussione per l’acquisto dei corridori e in quello che definisce il programma delle corse. Abbiamo una riunione già venerdì e sarà la prima dal suo arrivo. Inizialmente ho dato un po’ di giorni a tutti per respirare, anche se il telefono brucia. Siamo al 7 di novembre, abbiamo già il programma fatto e il calendario stilato, però lui è appena arrivato e non è stato ancora coinvolto. Per cui venerdì cominceremo a lavorare. Non sono dittatore (sorride, ndr), mi piace confrontarmi con i miei colleghi e poi decidiamo insieme.

Oltre a Tosatto arriva Bart Leysen dalla Alpecin e anche corridori come Trentin e Dainese: la campagna acquisti è salita di livello…

L’anno scorso si è capito che Fabian e “Raphi” (Raphael Meyer, CEO del team, ndr) hanno investito molto nella struttura attorno ai corridoi. Gli atleti sono stati scelti molto bene, ma quello è stato un processo in cui io non sono stato coinvolto perché non c’ero, quindi va dato merito a loro. Hanno fatto una campagna acquisti molto interessante, logicamente non costosa, e credo che con questi 20 ragazzi non troppo conosciuti abbiamo ottenuto dei buoni risultati (in apertura Arvid De Kleijn centra a Langkawi la sesta vittoria stagionale ndr). Però sappiamo che se vogliamo essere WorldTour, bisogna rinforzarsi in modo importante e anche intelligente. Non portare dei nomi tanto per portarli, ma ragionare a fondo in base alla conoscenza del gruppo. Così abbiamo scelto elementi in cui crediamo. Hanno talento, hanno capacità e magari nel team precedente erano anche sottovalutati. Noi crediamo di potergli creare le condizioni per dimostrare il loro valore. Ad esempio Trentin…

Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Cosa avete visto in Matteo?

Come Toso per i direttori sportivi, Matteo è stato la mia prima scelta come nome da prendere. La squadra ha bisogno anche del capitano affermato e sperimentato. Forte, ma molto esperto anche dal punto di vista dell’esperienza, dell’intelligenza in corsa e fuori dalle corse. Uno che sappia fare gruppo e aiuti a unire i corridori che avremo il prossimo anno. I nuovi acquisti sono stati importanti, ma io credo anche individuati in maniera razionale ed efficiente. Si lavora al 2024, ma siamo già con la testa al 2025. Non ci fermiamo e cerchiamo di pianificare in anticipo per arrivare a quell’obiettivo a medio termine, che è diventare una squadra WorldTour.

Tosatto è rimasto moto colpito da questa lunga prospettiva.

Nel 2023 si è pensato molto al 2024, perché bisogna creare le basi e ti devi concentrare anche in quello che stai facendo nel presente. Alla fine i risultati sono stati buoni, ma non riflettono la qualità della squadra. Non voglio sembrare assolutamente arrogante, però abbiamo avuto tanti corridori malati e bisogna fare meglio anche in questo. Bisogna crescere. Per cui abbiamo preso non solo corridori, ma anche più staff. Non c’è solo il Toso, c’è un altro nutrizionista, medici, c’è un altro allenatore. L’investimento è importante, ma non ci stiamo gonfiando, cresciamo in modo progressivo. Un mattone sopra l’altro, solo così potremo costruire un muro davvero solido. 

Europei, una caduta di troppo ferma Ganna e Trentin

24.09.2023
4 min
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C’è amarezza nella voce di Daniele Bennati, che probabilmente sperava di festeggiare diversamente il compleanno. Il campionato europeo si è concluso davvero da poco e proprio quando sembrava che l’Italia fosse pronta per l’attacco decisivo, un’altra caduta ha tagliato fuori Ganna e Trentin. I due leader si sono ritrovati fuori e poi a inseguire, uno davanti e uno dietro, senza essere consapevoli di lavorare al reciproco sfinimento. L’assenza di radio porta anche a questo. Così se anche ci fosse stata una possibilità di rientrare sul gruppetto che davanti si è giocato la corsa, il destino ci ha impedito di farlo. Ma l’Italia questa volta c’era e ha fatto tutto quel che doveva per vincere il titolo continentale. Ha tenuto testa a Belgio e Danimarca, ma nulla ha potuto contro una banale caduta altrui.

Gli azzurri sono rimasti coperti nelle fasi iniziali, ma nel finale hanno rotto il gruppo: forcing feroce, il gruppo c’era
Gli azzurri sono rimasti coperti nelle fasi iniziali, ma nel finale hanno rotto il gruppo: forcing feroce, il gruppo c’era

Una gara (quasi) perfetta

Torniamo a casa con le pive nel sacco, come era già successo ai mondiali, solo che questa volta la componente della casualità è stata più incisiva della capacità di prestazione, che è parsa all’altezza delle squadre più forti. L’ennesima grande azione di Cattaneo che ha rotto il gruppo e poi la menata di Ganna hanno fatto vedere che i nostri sarebbero stati all’altezza del gran finale.

«Sarebbe stata una gara perfetta – dice con amarezza il toscano – se fossimo restati davanti senza incappare in troppi incidenti, troppe cadute. Purtroppo ancora una volta devo dire che per quello che abbiamo dato, per quello che i ragazzi hanno costruito, abbiamo raccolto veramente poco. Questa volta non abbiamo raccolto davvero nulla. E’ vero che il Belgio e la Danimarca hanno fatto la corsa nella prima parte, ma poi una volta che abbiamo deciso di rompere gli indugi, abbiamo fatto noi l’azione, come eravamo d’accordo sin da ieri sera con i ragazzi».

Troppe due cadute

Strade strette, gara nervosa. I nostri sono abituati alle corse del Nord, ma quando si è entrati nel circuito, gli angoli delle curve erano da piega col ginocchio a terra. E proprio all’uscita di una di queste, è avvenuto il fattaccio che ha tagliato fuori i nostri leader. La caduta maldestra del tedesco Heiduk ha spaccato il gruppo di testa. E se già Ganna era… sopravvissuto alla prima caduta, questa volta la ripartenza non è stata così immediata.

«La prima aduta di Pippo e quella di Pasqualon – riprende Bennati con lucidità – ci hanno un po’ destabilizzato. Però Pippo non ha non ha subito grosse conseguenze, sembrava stare molto bene. La seconda caduta invece ha determinato l’attacco dei dieci che si sono giocati il campionato europeo. L’attacco non è avvenuto di forza, ma proprio perché quando erano rimasti in 20-25, la caduta ha rotto il gruppo e nella seconda parte si sono ritrovati sia Pippo sia Trentin. Ed è svanito tutto.

«Dietro abbiamo cercato di inseguire. Chiaramente senza radioline a un certo punto davanti tiravano, mentre Pippo stava cercando di rientrare, ma non è facile comunicare con i ragazzi quand’è così. E la corsa è andata. Purtroppo è normale che ci siano cadute in un circuito così, soprattutto quando ti giochi una maglia di campione europeo. I ragazzi sono abituati a correre con il famoso coltello tra i denti. E quando poi quel ragazzo è andato fuoristrada, ha tirato giù anche i nostri. Ci si può fare poco…».

Dopo l’arrivo, Ganna con il massaggiatore Santerini: il piemontese porta sulla schiena i segni della caduta
Dopo l’arrivo, Ganna con il massaggiatore Santerini: il piemontese porta sulla schiena i segni della caduta

Ganna rassegnato

Le parole di Ganna dopo l’arrivo sono concilianti, come di chi ha avuto il tempo prima di rendersi conto di avere davvero delle grandi gambe e poi di rassegnarsi chilometro dopo chilometro quando, aiutato prima da Mattia Cattaneo e poi da Arnaud Demare, ha capito che non sarebbe mai riuscito a rientrare.

«Abbiamo avuto un po’ di sfortuna nella prima caduta – dice il piemontese – in cui siamo rimasti coinvolti più corridori. Abbiamo avuto i compagni di squadra per rientrare e abbiamo preso bene il circuito. Eravamo pronti per fare una bella prova, quando purtroppo c’è stata la sfortuna della seconda caduta, quando eravamo usciti a portar via il gruppo giusto. Però ci possiamo rifare al più presto, adesso cerchiamo di recuperare…».

Arriva Baroncini, caro Baldato sarà alter ego di Trentin?

29.08.2023
4 min
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Un campione che va. Un campione che viene. In UAE Team Emirates il bilancio è apparentemente in pareggio, perché se Matteo Trentin saluta la squadra di Mauro Gianetti, vi approda Filippo Baroncini. Un campione di esperienza al posto di un campione giovane.

Non che l’iridato U23 di Leuven 2021 sia arrivato per rimpiazzare il campione europeo 2018, ma certo questa staffetta ha delle suggestioni. E allora con Fabio Baldato, uno dei diesse della UAE, vorremmo capire quanto queste suggestioni possano avere dei risvolti tecnici.

Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Fabio, arriva Baroncini…

Eh – sospira Baldato – Baroncini è un gran bel corridore. L’ho seguito soprattutto durante quel mondiale tra gli under 23 e fu entusiasmante, lo vinse alla grande. Tra i pro’ deve ancora far vedere il suo valore. Sappiamo con certezza che ha grandi qualità e potenzialità enormi. Starà anche a noi fargliele esprimere.

E parte Trentin. Filippo è il suo sostituto? Ci sono delle analogie fra i due?

Matteo ha una cosa che non puoi comprare oltre alle qualità atletiche e fisiche ed è l’esperienza. L’occhio che ha della corsa. Specie nelle corse adatte a lui dove anche Filippo può fare bene, penso alle classiche del Belgio. Matteo ha accumulato questa esperienza negli anni, Baroncini ci può arrivare. Il modo in cui ha vinto il mondiale ha mostrato che sa muoversi.

Che spazi avrà? Abbiamo parlato di classiche indirettamente, ma dovrà aiutare Pogacar?

Mi aspettavo questa domanda! Vedremo… Prima di tutto non sono io che prendo certe decisioni, poi bisognerà vedere tante cose: le intenzioni della squadra, quelle di Tadej, la condizione dei singoli corridori… Certo, mi sento di dire che se Pogacar vuol puntare al Fiandre, per esempio, è chiaro che che anche un Baroncini eventualmente sarebbe chiamato in causa per aiutarlo. Alla fine parliamo di un atleta che, in due Fiandre che ha fatto, uno lo ha vinto e nell’altro ci è andato vicino.

Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
In effetti…

Ma ciò non toglie che Baroncini non possa correre alla Trentin. Essere cioè l’ago della bilancia, un aiuto fondamentale per Tadej. E correre comunque da protagonista.

Che corridore ti aspetti di guidare?

Non lo conosco così bene, lo conoscete più voi! Non posso che rifarmi a quanto visto da quel che ha fatto tra gli under 23. E oltre ad aver vinto e ad andare forte, so che ha aiutato tanto e bene Ayuso nel Giro Under 23. Lo scoprirò nel corso dei mesi, anche dal punto di vista umano.

Trentin e Baroncini per te si somigliano?

Un po’ sì. Col tempo, come detto, Matteo è diventato un punto di riferimento, ma questo paragone va preso con le pinze. Lui è gli occhi del direttore sportivo in corsa. E’ uno di quei corridori che non ha bisogno di fare “uno più uno per dire due”. Lui va direttamente al due. Anche al Renewi Tour nella tappa vinta da Mohoric si è gestito alla grande nel finale. Un corridore così ci mancherà. 

L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
E con Baroncini?

Possiamo costruire delle belle cose. I programmi sono ancora tutti da fare. E’ un corridore che mi stimola, che non vedo l’ora di guidare e spero di riuscire a fare qualcosa di bello con lui.

Per quali corse lo vedi più adatto?

Come detto il Fiandre. Ma anche un’Amstel Gold Race… Tutte quelle corse in Belgio che ormai non sono più solo per velocisti. Ci metterei anche una Gand. Ma perché no, anche una Sanremo. Sarà tutto scoprire, da capire anno per anno, in base alla sua crescita, alla sua condizione. Che poi è il bello e il difficile del nostro mestiere, tanto più in una squadra ricca di campioni come la UAE Emirates.

Trentin lascia Pogacar: 3 anni con Cancellara, ecco perché

25.08.2023
6 min
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Qualcuno ha detto che quando Pogacar ha saputo che il prossimo anno Trentin cambierà squadra sia andato su tutte le furie. Matteo non ne sa nulla. Lui ha preso la sua decisione e dal 2024 al 2026 correrà con la maglia del Tudor Pro Cycling Team in cui molto probabilmente approderà anche un altro Matteo come diesse. Professionista dal 2012, la carriera di Trentin è stata finora tutt’altro che banale e con pochi cambi di maglia. La Quick Step nei suoi vari cambi di nome, poi la Mitchelton-Scott, un anno con la CCC che poi ha chiuso e ancora adesso il UAE Team Emirates. Perché cambiare a 34 anni? Lo abbiamo chiesto a lui, nei giorni del Renewi Tour, il vecchio Benelux Tour, che fu prima BinckBank Tour e prima ancora Eneco Tour.

Glasgow, caduta, ritiro e dolore alla mano: le radiografie hanno escluso la frattura
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Prima cosa: come sta la mano del mondiale? Alla fine niente di rotto…

No, non era rotto niente, ma c’è un ematoma su una delle ossa della mano, non chiedetemi il nome, non lo ricordo più. Quello c’è e ci vorrà del tempo prima che si riassorba. Se avessi preso una botta su una coscia, dopo una settimana o due al massimo si sarebbe riassorbita. Questo durerà almeno un altro mesetto.

Ti provoca qualche fastidio?

Meno di una settimana fa e molto meno di due settimane fa, però dà ancora fastidio. Un fastidio diverso dall’essere caduto nuovamente al mondiale, ma questa volta me la sono anche andata a cercare, non posso recriminare più di tanto su qualcuno o qualcosa. Ho fatto una mossa che semmai andava fatta negli ultimi giri. Se proprio devo andare a infilarmi da qualche parte, magari si poteva fare quando ne fosse valsa la pena. Però ormai è fatta, quindi…

Il Tour non è stato fortunato per Matteo: troppe cadute. Qui lo spinge Matxin
Il Tour non è stato fortunato per Matteo: troppe cadute. Qui lo spinge Matxin
Come è maturata, al di là dell’offerta, questa idea di cambiare squadra?

In realtà mi hanno cercato molto presto, poi il tempo passa, ci sono cose da fare, però mi era piaciuto molto il progetto. Non è che fossi alla ricerca di un cambio o qualcosa del genere, però mi è piaciuto molto il fatto che cercassero uno della mia età, rispetto magari ad altre realtà dove un corridore di 34 anni viene messo in discussione, perché non si sa quanto durerà. Loro invece sono venuti proprio per la mia esperienza, per quello che posso dare alla squadra e anche con un intervallo di tempo importante. Insomma, un contratto di tre anni a questa età non lo trovi sotto i sassi.

Che cosa cercano da uno della tua esperienza: che aiuti i giovani o che dimostri di saper ancora vincere?

Tutte e due le cose, ma potete chiederlo a loro. Penso che quest’anno per me non sia stato un granché, sia al Tour che al mondiale. In Francia non ho potuto avere le mie chance, ovviamente, perché eravamo tutti per Tadej e lo sapevo dal principio. Quindi non sono andato neanche a cercarmele. Però ugualmente ho visto che nonostante abbia 34 anni, riesco a stare davanti quelle due volte in croce che posso giocarmi le mie carte. E al mondiale stessa storia. Sono caduto, ma sono sicuro che avrei fatto una gran corsa. Non so tradurlo in termini di piazzamento, ma stavo bene davvero.

Nella 19ª tappa del Tour, Trentin coglie il nono posto. La fuga è quella giusta, ma contro Mohoric c’è poco da fare
Nella 19ª tappa del Tour, Trentin coglie il nono posto. La fuga è quella giusta, ma contro Mohoric c’è poco da fare
Cosa ti piace del progetto Tudor?

E’ una squadra giovane, con un grande sponsor e una grande società alle spalle. Nomi molto importanti e il fatto che entrino aziende così altisonanti è una bella cosa per il ciclismo in generale. E poi mi piace la visione a lunghissimo termine, basta vedere che con Bmc hanno firmato per sei anni. Quindi contratti lunghi e un progetto a lunga gittata. Non guardano al prossimo anno o quello dopo, guardano già parecchio avanti.

Hai avuto contatti anche con Cancellara?

Ho parlato anche con Fabian, ma ho notato che ogni persona con cui ho avuto a che fare si è attenuta sempre al suo ruolo. Tutti sanno tutto ovviamente, ma nessuno sconfina nel ruolo altrui. Si parla di una cosa con uno e di una cosa con un altro, ognuno ha la sua responsabilità. C’è una settorialità comunicativa, non a camere stagne.

Qui con Froidevaux, Fabian Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Qui con Froidevaux, Fabian Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Nella tua carriera hai cambiato poche squadre, resti parecchio: perché di volta di volta hai deciso di cambiare?

Quella in cui sono stato meno è la Mitchelton, ma non perché non mi trovassi bene nella squadra, anzi. E’ la squadra in cui a livello di ambiente mi sono trovato meglio, era un bellissimo gruppo in cui ho ottenuto i risultati migliori della mia carriera. Ho cambiato perché in quel momento non c’erano più le condizioni per lavorare serenamente. Ma non abbiamo litigato, ci salutiamo ancora. Diciamo che dove vado, cerco sempre di integrarmi nel gruppo e dare il mio contributo per quello che posso. Vedo che ha sempre funzionato. Tutti sanno che cambierò squadra, ma continuo a fare il mio lavoro al 100 per cento della mia professionalità. A me non è mai capitato, ma trovo che sarebbe poco furbo pagare uno e non farlo correre solo perché a fine anno andrà via.

Fra i tuoi obiettivi ci saranno ancora le classiche?

Diciamo di sì, anche se passando in una professional, molto sarà legato agli inviti ed è abbastanza presto per averne a determinate corse. Sinceramente voglio tornare a vincere e vincere bene: più due corse all’anno e questo sarebbe già il segnale che le cose funzionano. Tanto ormai si fa fatica in tutte le corse. Bello se vinci la prova monumento, ma non è che se vinci l’Omloop Het Nieuwsblad o Kuurne fatichi di meno.

Al mondiale, Trentin aveva una gran gamba. Qui scatta davanti a Pogacar, ma si ritirerà per caduta
Al mondiale, Trentin aveva una gran gamba. Qui scatta davanti a Pogacar, ma si ritirerà per caduta
Quanto è pesante per uno che ha velleità da vincente stare in una squadra in cui c’è un leader forte come Pogacar?

In realtà non tanto, perché quanti ne trovi di corridori così? Tadej è al di sopra di tutti, non puoi dire di essere più bravo di lui.

La decisione di cambiare è stata presa anche con tua moglie?

Abbiamo parlato un bel po’ anche a casa e poi mi sono orientato verso questa scelta. Cambiare dà nuovi stimoli, è una scelta di vita.

Come procede adesso la tua stagione?

Adesso il Benelux, forse Plouay e poi tutte le gare in Belgio e il finale in Veneto, a casa di Pippo Pozzato.