Dal primo anno nel WorldTour, Dainese è uscito con qualche riccio di più, tante sono state le volte che si è grattato i capelli, cercando il varco giusto. Velocista, 22 anni, il padovano aveva iniziato il 2020 vincendo all’Herald Sun Tour. Poi il lockdown ha interrotto il flusso di sensazioni e alla ripresa, Alberto si è reso conto di cosa significhi correre in mezzo a 200 campioni feroci che hanno appena tre mesi per riaffermare il loro dominio.
«Si è detto tanto che la ripresa dopo il lockdown ha favorito i giovani – dice ridendo – io sono la prova che non è vero. Quelli che hanno vinto sono fenomeni. Hindley, per esempio. Si vedeva che sarebbe venuto fuori».
Dainese corre nel Team Sunweb, che dal 2021 si chiamerà Team Dsm, nel segno di un colosso con 23 mila dipendenti e un fatturato di 10 miliardi di euro, trasversale dalla chimica alla nutrizione. Per la prossima stagione e volendo sintetizzare, la squadra avrà in Bardet e Hindley gli uomini per i grandi Giri, Hirschi e Tjesi Benoot per le classiche, Bol e il nostro Alberto per gli sprint.
Sei pronto?
Pronto è un parolone – sorride – c’è da migliorare, senza lasciare nulla al caso. Ero partito bene, ma in corse di livello più basso. Il 2020 è stato un anno difficile, soprattutto nel finale. Mi sono fermato dopo il Fiandre, ma le ultime quattro non le ho proprio finite. Se uno pensasse che sia sufficiente quello che ha fatto nelle categorie giovanili, quando bastava davvero poco, sarebbe spacciato.
Le volate sono sempre volate, no?
Non ci ho capito molto – ride – perché arrivavo così sfinito, dopo gli ultimi 10 chilometri a fiamma, che era tutto opaco. La velocità è superiore e c’è più tatticismo nel prendere la posizione. La sera prima analizziamo come è disegnato il finale. Cerchiamo di capire in ogni passaggio come si muoveranno le altre squadre. Se non hai questo approccio, fai solo brutte figure.
Di recente si è parlato dell’evoluzione del velocista…
Il nostro mondo è cambiato rispetto a 10 anni fa. Andare in salita, visto come disegnano i percorsi, è una necessità. Non ci si chiede di attaccare o scollinare davanti, solo di essere meno duri, per mantenere un po’ di freschezza in volata. Devi trovare la quadra fra resistenza ed esplosività. Nel 2020 ho fatto fatica sia in salita sia in volata, spero che un anno di esperienza servirà a gestirsi meglio.
Come si trova l’equilibrio giusto?
Faccio tante ore per aumentare il fondo, poi lavori di forza in salita, ma soprattutto tanta più palestra. Abbiamo i preparatori interni alla squadra, io poi sono con quello di Hindley e dei più forti. Scherzando gli dico che gli hanno dato me per abbassargli la media…
A proposito di Hindley, come hai vissuto i giorni del Giro?
Ero a casa ed è stato bellissimo vedere due ragazzi, due amici lottare per la vittoria. Avevo i brividi quando lui e Kelderman hanno messo la maglia rosa. Non so dire se se la siano giocata male, ma alla fine sono saliti sul podio vincendo tappe. Tanto male non è andata. E anche al Tour abbiamo vinto con Hirschi e Kragh Andersen.
Si capiva che Hindley fosse in rampa di lancio?
Che fosse un fenomeno si era visto negli under 23 e l’anno scorso non ha vinto il Polonia per 2″. E’ molto simpatico, abbiamo fatto insieme l’Herald Sun Tour e ridiamo sempre del suo italiano, imparato quando correva in Abruzzo.
Perché c’è stato questo fiorire di talenti?
Credo perché sono stati gestiti bene da U23, con il misuratore di potenza e il preparatore. Magari una volta ci mettevi qualche anno in più per capire come allenarti.
L’altro giorno, parlando con Faresin, è venuto fuori il fastidio di averti cresciuto alla Zalf e averti poi visto vincere l’europeo con la maglia della Seg Academy in Olanda…
Posso capirlo – sorride – immagino il dispiacere. Anche il periodo alla Zalf è stato utile, sono grato a Gianni. Con il passaggio a continental anche loro hanno fatto un passettino in avanti.
Pensi mai agli europei vinti nel 2019?
Solo nei momenti difficili. Correre da U23 e poi nel WorldTour sono due sport diversi. Se anche vinci una bella corsa, devi subito pensare alla prossima.
Quali momenti difficili?
Ho avuto un bel picco di forma fino al Polonia. Al campionato italiano sono andato bene. Invece alla Tirreno-Adriatico sono caduto, non ho fatto neanche una volata ed è cominciata ad andar male. Momenti bruttissimi, che adesso sono alle spalle.
Ci sarà da sgomitare per trovare posto?
La squadra è piena di gente forte, per cui se vai bene, hai il tuo spazio. Con Bardet, Hindley e Hirschi saremo molto votati alle classifiche generali, ma ci sarà da vedere se avremo a disposizione un treno. Se hai il velocista che vince, ci pensano. Altrimenti buttano dentro uno scalatore in più. Bol al Tour in un paio di occasioni ha avuto il treno e si è visto quando è arrivato secondo battuto da Van Aert al fotofinish (5ª tappa, a Privas, ndr). Il treno ti aiuta ad arrivare meno spremuto allo sprint. Magari nel 2021 lo faranno anche per me…