La velocità vola. E ora “Bomber” Quaranta vuole battere i grandi

11.03.2025
5 min
Salva

«Oggi anche un giovane italiano – dice con orgoglio e una punta di malizia Ivan Quaranta – può dire che da grande vuole fare il velocista. Può dirlo perché esiste un settore con dei tecnici dedicati e i Corpi di Stato che ci danno una mano. Gli atleti più meritevoli vengono assunti, la Federazione ci crede e noi andiamo avanti. A me non basta più vincere il campionato europeo da junior o under 23. Mi piacerebbe arrivare a Los Angeles con qualche velleità in più».

Dopo tre anni da collaboratore di Marco Villa, Ivan Quaranta è stato nominato commissario tecnico della velocità azzurra. Oggi è partito per la Turchia verso la prova di Nations’ Cup. Se fosse il naturale corso nella carriera di un tecnico che tecnico è sempre stato, ci sarebbe poco di cui stupirsi. Ma se l’uomo si fa chiamare Bomber, ha nel palmares un mondiale juniores nella velocità, poi una carriera su strada in cui vinse volate e rifilò cazzotti a Cipollini, quindi si è messo a organizzare eventi prima di diventare tecnico juniores e poi U23, allora la storia ha i tratti del romanzo. Ivan Quaranta cittì azzurro della pista è il capitolo di un romanzo che nel 2028 a Los Angeles potrebbe arricchirsi di qualche pagina indimenticabile.

«E’ il riconoscimento del lavoro che ho fatto – dice Ivan “Bomber” Quaranta – ho affiancato Villa e anche Marco era d’accordo. E’ il coronamento di un sogno, essere commissario tecnico del settore velocità è un grande onore, essendo nato nella velocità. La prima gara di valore che ho vinto fu il campionato del mondo in pista nel torneo della velocità».

Nella serata di Zolder agli ultimi europei, l’oro di Bianchi (qui con Ivan Quaranta) nel km da fermo
Nella serata di Zolder agli ultimi europei, l’oro di Bianchi (qui con Ivan Quaranta) nel km da fermo
Rispetto agli anni in cui vincevi quel mondiale, il mondo è cambiato…

Sono stato tecnico su strada, prima con gli allievi della Cremasca e poi con la Colpack. Sapevo già leggere un test, ero aggiornato. Però era tutto legato alla strada, quindi ricominciare con la velocità ha significato rendersi conto che il mondo era cambiato radicalmente. Anche se la velocità l’ho sempre guardata, mi è sempre piaciuta. Da Theo Bos a Chris Hoy, sono sempre stato appassionato. Capivo che i rapporti erano cambiati, i materiali, le velocità, anche il tipo di volata.

Il tipo di volata?

Da quando hanno tolto la possibilità di fare surplace, è cambiato anche il modello prestativo della specialità. Adesso si mettono in testa e bisogna avere nelle gambe 40-45 secondi di sforzo massimale, con rapportoni molto più lunghi. Mi sono dovuto applicare, inizialmente mi è servito molto l’aiuto di Villa. Poi mi sono appoggiato al nostro Team Performance, a partire da Diego Bragato, che ne è responsabile, e tutti gli altri. Mi sono applicato, ho studiato, ho cercato di rubare il mestiere andando a vedere.

Andando a vedere cosa?

Mi è capitato di andare in pista con i meccanici la mattina molto presto. Il velodromo era vuoto e io andavo a rubare un po’ di foto per vedere i rapporti che usavano, le pedivelle. Se il tecnico è preparato, capisce che tipo di prestazione serve per poter essere competitivi. Inizialmente abbiamo sperimentato, a volte anche sbagliando. A volte, purtroppo è brutto da dire, ho usato questi ragazzi come cavie. Mi sono rimesso anche sui libri di testo, qualcosa mi ha passato Dino Salvoldi. Ho lavorato tre anni cercando di capire che tipo di sforzo servisse.

Mattia Predomo si è affacciato da giovanissimo sulla velocità mondiale
Mattia Predomo si è affacciato da giovanissimo sulla velocità mondiale
E che cosa avete capito?

Che la grande differenza oggi è il lavoro che il velocista fa in palestra. La forza la migliori in palestra. In bicicletta la puoi completare, puoi fare tutti i lavori che vuoi. La partenza da fermo piuttosto che le SFR. Fai tutti i lavori che vuoi, ma la vera forza l’aumenti in palestra. Un buon 65-70% del nostro allenamento si fa con i pesi e lo completiamo in bicicletta, perché comunque il gesto tecnico ci deve essere. Oltre al modello prestativo, c’è anche la componente tecnica. Penso al cambio in un team sprint piuttosto che la tecnica della partenza da fermo o le traiettorie da utilizzare in un lancio su 200 metri. C’è ancora tanta componente tecnica e molta più fisicità rispetto a quando correvo io.

Nel 2020 la velocità italiana quasi non esisteva, oggi è un settore in rampa di lancio…

Abbiamo creato un metodo di lavoro che sta dando i suoi buoni frutti. Sicuramente sbaglieremo ancora, sicuramente non saremo i migliori, però in tre anni abbiamo vinto tre campionati del mondo e 14 titoli europei, battendo anche tedeschi, inglesi e francesi. Nei giovani siamo una delle Nazioni più forti. La cosa importante è sottolineare Il supporto dei corpi di Stato, che per noi è stato fondamentale. Perché grazie a loro e al nostro metodo di lavoro siamo riusciti a raggiungere dei buoni risultati. La qualifica olimpica della Miriam (Vece, ndr). Abbiamo abbassato tutti i record italiani. Abbiamo vinto i campionati europei, i campionati del mondo juniores, ancora l’anno scorso con Del Medico. Questo ha permesso di creare un bel gruppo, perché adesso saremo una ventina.

Parlavi dei corpi militari…

Siamo una ventina e ce l’hanno permesso Fiamme Oro, Fiamme Azzure e l’Esercito, che hanno praticamente assunto quasi tutti i velocisti. La cosa più bella è che una volta li dovevi andare a cercare per convincerli. Speravi che venissero in pista a girare per diventare velocisti. Nessuno voleva avvicinarsi al mondo dello sprint, perché significava abbandonare la strada. Arrivi al punto che fino agli juniores, qualche garetta puoi ancora farla. Ma poi devi abbandonare la strada, perché il lavoro è prettamente palestra-pista a oltranza. La cosa più bella adesso è che ci sono gli allievi e anche gli juniores che ti chiamano e vogliono provare. Un allievo può dire di voler fare il velocista. Questa è la cosa più importante che abbiamo creato in questi anni.

Per Ivan Quaranta, qui con Miriam Vece, gli ultimi tre sono stati anni di studio e lavoro
Per Ivan Quaranta, qui con Miriam Vece, gli ultimi tre sono stati anni di studio e lavoro
Abbiamo un bel gruppo di giovani in rotta su Los Angeles, quindi?

Fra quattro anni, i nostri dovrebbero essere pronti. Poi c’è così tanto divario tra elite, under 23 e juniores, che servono degli anni per imporsi. Per arrivare a tirare certi rapporti, per sollevare certi pesi in palestra e andare a certa velocità, servono anni di lavoro. Predomo è un secondo anno under 23. Bianchi è già un primo anno elite. Moro è già un po’ più grande. E io fra quattro anni voglio cominciare a rompere le scatole anche gli elite. Con questi ragazzi, che ho trovato quando sono arrivato. E con quelli che si stanno inserendo, che oggi sono juniores di primo e secondo anno. Matilde Cenci, che era al primo anno da junior, l’anno scorso è stata terza nel keirin. Quindi se non è Los Angeles, saranno le Olimpiadi successive. Comunque stiamo creando un bel gruppo, prima o poi un Lavreysen lo troveremo anche in italia.

L’oro di Bianchi, stavolta vissuto da campione consumato

15.02.2025
5 min
Salva

Come un anno fa. Gli europei di Zolder, che tante positive indicazioni in chiave italiana hanno dato agli albori del nuovo quadriennio olimpico, hanno riproposto all’attenzione generale il nome di Matteo Bianchi, assoluto dominatore della gara del chilometro da fermo. E’ vero, non è gara olimpica (non ancora?) ma la sua vittoria, soprattutto per com’è venuta, per la superiorità dimostrata nei confronti di tutti gli avversari è il miglior segnale che si potesse avere.

Il giorno dopo Bianchi è già in viaggio verso casa e la cosa che emerge subito è la sua estrema tranquillità, ben diversa da quella della sua prima vittoria continentale ad Apeldoorn: «Dopo aver visto la startlist sapevo di avere buone possibilità, poi è chiaro che la gara è un’altra cosa, per vincere tutti i tasselli devono andare al posto giusto. Questa volta però ho gestito la gara in maniera diversa: nella qualificazione, pur essendo l’unico a scendere sotto il minuto ho cercato di gestirmi, di non dare tutto pensando alla finale».

La partenza di Bianchi nel chilometro. L’azzurro ha dominato la gara sin dalle qualificazioni
La partenza di Bianchi nel chilometro. L’azzurro ha dominato la gara sin dalle qualificazioni
Significa che hai una maggiore consapevolezza delle tue qualità…

Sì, comincio a conoscermi meglio, ma anche se può sembrare freddezza la mia, le emozioni le sento profondamente e vincere un evento del genere ne dà tante, ci vuole tempo per assimilarle.

Rispetto agli avversari, riferendosi al comparto generale della velocità, hai la sensazione che le cose stiano cambiando?

La distanza dai grandi dello sprint si va riducendo, lavorando giorno per giorno ci stiamo avvicinando e risultati come il mio sono il carburante giusto per continuare su questa strada. Siamo sempre più competitivi, si è visto nel torneo della velocità a squadre ma anche nella prova di Predomo in quella individuale, dove solo i maestri olandesi ci hanno fermato.

Per il bolzanino è la seconda medaglia d’oro nel chilometro da fermo, dopo Apeldoorn 2024
Per il bolzanino è la seconda medaglia d’oro nel chilometro da fermo, dopo Apeldoorn 2024
Parli sempre al plurale…

Siamo un gruppo molto affiatato, i risultati dell’uno sono i risultati di tutti. Stiamo sempre insieme e questo favorisce lo sviluppo delle dinamiche di squadra. Noi dobbiamo migliorare insieme per poter avere delle reali chance, questo è chiaro a tutti.

Poi c’è sempre il fattore età dalla vostra parte…

Sì, sappiamo di essere i più giovani e di avere maggiori margini rispetto ad altre realtà che sono sulla breccia da più tempo. Questo ci dà fiducia perché sappiamo che dobbiamo esprimere ancora il nostro maggior potenziale. Poi si vedrà, nelle nostre discipline concorrono tanti fattori, soprattutto è importante che insieme a noi, insieme alla nostra crescita fisica e tecnica vadano avanti anche la ricerca sui mezzi e sui materiali, perché le prestazioni scaturiscono da un insieme di componenti.

Il gruppo è l’arma in più del settore, ogni risultato è vissuto come frutto comune
Il gruppo è l’arma in più del settore, ogni risultato è vissuto come frutto comune
Tu sei tra i maggiori specialisti di una specialità gloriosa come il chilometro che però attualmente non fa parte del programma olimpico: questo non è un rammarico?

Dipende da quello che uno vuole, io voglio investire fortemente sul team sprint perché è la specialità che può permetterci di andare ai Giochi Olimpici. E’ uno sforzo molto simile a quello del chilometro, soprattutto per me che sono chiamato alla chiusura, quel giro finale racchiude molte delle prerogative del chilometro da fermo, il fatto di poter dare un importante contributo è un grande stimolo per me.

Il vostro team ha una formazione ormai stabile?

Abbastanza, anche a Zolder abbiamo avuto Minuta al lancio che è fra noi quello più esplosivo, poi Predomo per il secondo giro e io in chiusura. Ma abbiamo anche altre opzioni, come l’impiego di Napolitano al posto di Minuta oppure lo stesso Napolitano al lancio e Minuta al secondo giro. Avere varie possibilità è un vantaggio, anche io sono sempre disponibile a cambiare se serve.

Predomo insieme a Lavreysen. La sfida quest’anno ha visto l’azzurro più vicino al campione del mondo
Predomo insieme a Lavreysen. La sfida quest’anno ha visto l’azzurro più vicino al campione del mondo
Un dato che ha colpito è il fatto che da Zolder, dove pure si diceva che la pista fosse velocissima, non sono arrivati record, anche voi siete rimasti sopra il primato italiano pur entrando a vele spiegate fra i primi 8, cosa mai scontata…

In questo incide molto il tipo di pista, ma anche le condizioni climatiche: la temperatura, la pressione. L’impianto ci è sembrato veloce, in fin dei conti siamo rimasti intorno a un decimo di secondo dal record, quindi la prestazione è stata all’altezza e anche nel chilometro i tempi sono stati buoni.

Ora che cosa ti attende?

E’ una stagione abbastanza strana, ma lo sarà anche la prossima. Ci prepareremo per la prova di Nations Cup in Turchia ad aprile, l’unica di questa stagione, poi durante l’estate si procederà fra allenamenti e gare nazionali, con qualche puntata all’estero per le prove S1, il tutto pensando ai mondiali di ottobre.

Bianchi insieme a Quaranta, che a Zolder ha presentato un gruppo in evidente evoluzione
Bianchi insieme a Quaranta, che a Zolder ha presentato un gruppo in evidente evoluzione
Non si rischia la monotonia?

La nostra è una disciplina che si fonda sull’allenamento, sia in pista che in palestra, se il calendario è scarno non possiamo che prenderne atto. Noi d’altronde abbiamo Quaranta che è uno straordinario motivatore, è una parte importantissima di tutto il nostro progetto, ci dà i riferimenti, organizza gli allenamenti proprio per darci continuamente stimoli. Mi chiedono spesso se inseriamo anche prove su strada, ma nel nostro caso non avrebbero senso. Su strada andiamo, per fare allenamenti sul fondo e la resistenza, ma basta quello.

Tutti dicono che a Los Angeles la velocità italiana sarà chiamata a fare il salto di qualità, anche verso le medaglie. Questo non vi dà pressione?

No, non ci vogliamo pensare, almeno in questo biennio dove le Olimpiadi sono lontane, non si parla ancora di qualificazioni. Siamo concentrati sul lavoro, su responsabilità che sono positive, tanto è vero che gli europei sono stati solo una tappa, anche se a me ha portato molta fortuna…

La crescita, le ambizioni e la tecnica di Matteo Bianchi

25.01.2024
6 min
Salva

Un anno e mezzo dopo quel 59.661 e l’argento europeo di Monaco nel chilometro da fermo, Matteo Bianchi ha conquistato il primo titolo europeo di sempre di un corridore italiano in questa specialità. Le sue qualità tecniche hanno già riempito articoli e interviste e abbiamo imparato a conoscerle apprendendone la portata. Abbiamo però deciso di mettere sotto la lente d’ingrandimento questa sua crescita che è culminata con un successo storico per il movimento della velocità italiano. Con lui abbiamo analizzato le differenze e gli ambiti su cui ha lavorato insieme al team della nazionale per arrivare al titolo europeo. 

Da quel risultato sfiorato all’europeo di Monaco 2022 è nata la consapevolezza che potevi aspirare anche all’oro?

Sicuramente sì. Quell’anno lì mi ha aiutato a crescere, a capire il mio livello internazionale. In realtà non è che avessi preparato più di tanto il chilometro, perché lavoriamo più che altro sul team sprint e quindi di conseguenza anche sul chilometro. Sono tornato a essere terzo frazionista e quindi è un tipo di sforzo molto simile al chilometro.

L’anno scorso invece hai fatto quinto Grenchen…

Sì, l’anno scorso ero arrivato fuori forma, nel senso che la gara collocata così presto nel calendario mi aveva colto un po’ impreparato e quindi non ero al top della mia condizione e si è visto. 

Da lì è cambiato qualcosa o è sempre la stessa preparazione, stessa alimentazione?

No, sapevo come prepararmi a un appuntamento così presto nell’anno, perché ovviamente avere delle gare d’estate o in inverno cambia, soprattutto a livello di preparazione. Allenarmi su strada mi dà una grossa mano quindi ovviamente è diverso in certi periodi. Però sento di avere avuto una crescita generale con il team sprint. Anche grazie al mio preparatore che mi segue su strada da ormai un po’ di anni e collabora con Ivan Quaranta. Loro si organizzano e pensano a quello che è meglio per me. 

Hai trovato una tua dimensione e stai notando una crescita costante?

Sì, è la conseguenza di lavori costanti. Per stare dietro al team sprint bisogna migliorare per forza, quindi questo porta ad avere tempi migliori anche nel chilometro probabilmente.

Lato tecnico, cura delle traiettorie, posizione, stai imparando sempre di più una specialità così tecnica come il chilometro e anche la velocità a squadre?

Ogni giorno si cerca di limare qualcosa, che siano le traiettorie durante la prova oppure l’uscita dal blocco. Ce ne sono di cose da migliorare anche a livello aerodinamico. Rispetto al 2022 ho cambiato sia bicicletta che posizione. Se si guardano due foto a confronto tra europeo 2022 e quello 2024 le posizioni sono abbastanza diverse. In più sto usando un casco diverso. Questo è frutto del lavoro che fanno gli atleti endurance. Perché abbiamo la fortuna di avere uno dei settori top a livello internazionale, dove si investe molto e si fanno studi su posizioni, materiali e preparazione. Io sto utilizzando la loro stessa bicicletta e posso bene o male adattare un po’ quello che fanno loro.

Quaranta insieme a Bianchi dopo il successo
Quaranta insieme a Bianchi dopo il successo
Tu infatti utilizzi la Bolide con una forcella differente. Sai se ci sono nuovi modelli in arrivo?

E’ già uscito un altro modello nel senso che c’è il telaio, diciamo quello da corsa a punti classico, quindi non da inseguimento che l’anno scorso è stato riadattato sulle nostre esigenze per il team sprint. Sono venuti gli ingegneri di Pinarello per sviluppare questo telaio che ci sta dando dei vantaggi rispetto al materiale di prima. Invece la nuova Bolide ha delle misure un po’ particolari che stiamo cercando di adattare.

Hai parlato di un nuovo casco…

Kask ha visto che in galleria del vento, per chi ha le spalle un po’ più larghe come me, conviene utilizzare il modello Mistral LW. E’ un casco leggermente più grande, dentro è imbottito per avere lo stesso comfort a livello di calotta. La sua peculiarità è appunto quella di essere visibilmente più grande e questa cosa a livello aerodinamico, abbinata alla mia posizione, dà dei vantaggi. In più si aggiunge la lente, che ne aumenta la rendita. 

A livello di posizione cosa hai cambiato rispetto al 2022?

Ho il telaio di una taglia più grande. Le protesi non sono più dritte, ma le punte sono più verso l’alto, quindi ho le mani più alte così come i gomiti, per coprire meglio il busto. Tutto qui, so che può sembrare poco, ma fa già molta differenza.

Come sei arrivato a questi miglioramenti? Sei mai andato in galleria del vento?

Non sono ancora andato, però diciamo che è in previsione. Tutti i consigli sono basati su aspetti che i tecnici hanno analizzato e che funzionano a livello generale, anche guardando la concorrenza.

In una precedente intervista ci raccontasti che non senti la pressione pre-gara. E’ ancora così?

Sì, è una mia caratteristica. Negli appuntamenti importanti riesco sempre a mettermi nella situazione mentale non proprio di comfort, però riesco ad entrare in uno stato di tranquillità e consapevolezza di cosa devo fare.

Quaranta dopo il tuo successo ci ha detto che l’abilità più importante per fare quei risultati è il “peggiorare di meno“, visto che adesso ci sono molte prove in poco tempo, è così?

Sì, se prendiamo come esempio questo europeo, io in realtà pensavo di fare un tempo migliore nella seconda prova. Poi ho visto che un po’ tutti sono peggiorati o comunque non c’è stato nessuno che ha migliorato in maniera particolare. Se devo analizzare la mia seconda prestazione, direi che non è stata al top. Sono riuscito a portare a casa un buon risultato però non mi ha del tutto soddisfatto. Probabilmente ho sbagliato qualcosa sul recupero dopo la prima prova. Si poteva fare meglio.

Bianchi terzo frazionista sarà determinante per la qualificazione alle Olimpiadi di Parigi
Bianchi terzo frazionista sarà determinante per la qualificazione alle Olimpiadi di Parigi
Cosa pensi di avere sbagliato?

Sono sceso di pista che non stavo così male, quindi non ho fatto troppi rulli. Quando in realtà solitamente facevo esercizi 3-5 minuti sotto il medio intorno ai 200 watt, solo per smaltire più velocemente l’acido lattico. Diciamo che forse è stata questa la mancanza. 

Obiettivi imminenti in Coppa del mondo?

Adesso abbiamo la prima di tre prove. Partiamo domenica prossima e vediamo cosa riusciamo a portare a casa. Il nostro obiettivo sarà quello di ottenere la qualifica olimpica nel team sprint, visto che il chilometro non rientra tra le specialità olimpiche. Al momento siamo fuori dagli otto che vanno a Parigi. 

La velocità a squadre è sempre quella più trainante per tutto il reparto velocità…

Sì, nel senso che stiamo preparando prevalentemente quello e poi tutto quello che viene è frutto della preparazione che facciamo lì.

Bilancio e riflessioni sulla pista con Marco Cannone

23.01.2024
6 min
Salva

Una voce colorata, autorevole, esperta in grado di emozionare i più, in pochi minuti e a volte secondi. Marco Cannone ai microfoni di Eurosport ha impreziosito con il suo commento tecnico le telecronache della pista (e non solo) in alcuni dei momenti più belli che il nostro movimento ha vissuto negli ultimi anni. Ci siamo fatti raccontare dalla cabina di commento il suo punto di vista sullo stato della pista attuale. Siamo partiti da una retrospettiva su quello che era, passando per il passato più vicino a noi fino all’europeo appena concluso, per poi azzardare qualche aspettativa sulle Olimpiadi di Parigi

Cannone ha militato una stagione nel 2000 alla Lampre-Daikin
Cannone ha militato una stagione nel 2000 alla Lampre-Daikin
Permettici una piccola introduzione per chi non ti conosce. Chi è Marco Cannone?

Nel 1980 ho iniziato a correre in bicicletta, quando avevo sei anni. Sono stato probabilmente uno dei primissimi a fare la multi-disciplina, che in realtà si direbbe multi-specialità perché la disciplina è il ciclismo. Ho iniziato a fare il ciclocross, poi mi sono buttato sulla strada e poi pista. Da dilettante ho vinto una trentina di corse, tra cui una decina di internazionali, con due tappe al Giro d’Italia. Sono arrivato fino al professionismo e ci sono rimasto per sei anni. Ho corso per l’Amore & Vita, la Lampre e la CCC . Ho sempre avuto un rapporto stretto con la pista, fin dalle categorie giovanili.

Hai vissuto la pista italiana dai suoi anni migliori passando per momenti difficili e infine i giorni nostri sempre più promettenti…

Ho vissuto il periodo delle Sei Giorni che si correvano in tutta Italia dove eravamo protagonisti in patria e all’estero. Poi siamo arrivati a un periodo dove si ottenevano pochissimi risultati che si può racchiudere in un decennio. Io correvo con Marco Villa e con Silvio Martinello, in un periodo dove secondo me si era un po’ meno specializzati rispetto ad oggi, nel senso che ce n’erano forse 3-4 che erano proprio pistard puri. Da dopo Rio 2016 quello che posso vedere è che c’è stata una rifrequentazione della pista. Questo pur non avendo un velodromo al coperto.

Difficile da credere, ma abbiamo solo Montichiari al chiuso…

Io l’ho detto anche in televisione, l’altro giorno. Abbiamo tante strutture, che però sono un po’ obsolete, ci manca il vero grande impianto al coperto come quelli che vediamo durante le nostre telecronache. Manca proprio la palestra. Oggi Montichiari è accessibile solo alla nazionale. In primavera e in estate abbiamo tanti velodromi che funzionano molto bene: per fortuna ci sono e ci danno tante opportunità. Manca la vera e propria attività invernale, non a caso si è visto anche negli ultimi campionati europei.

Che cosa?

Nelle prove di prestazione dove comunque è tutto fondato sull’allenamento, siamo andati fortissimo. Intendo quartetti velocità eccetera. Nelle specialità di gruppo e nelle gare di situazione, la verità è che c’è una mancanza di abitudine alla competizione. Si nota la differenza con gli altri Paesi che invece hanno un calendario fitto di gare con corsa a punti, madison ed eliminazione.

Viviani Rio 2016
Viviani oro nell’omnium di Rio 2016
Viviani Rio 2016
Viviani oro nell’omnium di Rio 2016
Torniamo al discorso generazionale. Che periodo stiamo vivendo?

Viviani ha fatto scattare la scintilla a Londra 2012. Credo che sia stato il punto di svolta perché alle Olimpiadi ha partecipato soltanto Elia che, insieme a Marco Villa, ha fondato la nuova nazionale su pista. Da loro è partito l’input chiaramente condiviso con la dirigenza federale e quant’altro di investire sulla pista. Infatti da Rio 2016 abbiamo potuto ambire sempre a dei grandissimi risultati. Arrivando poi chiaramente all’apoteosi con l’Olimpiade di Tokyo e il relativo mondiale a un paio di mesi di distanza. 

Dividiamo il discorso per specialità. Partiamo dal settore velocità…

Abbiamo una grandissima storicità dagli anni ’60/’70, siamo sempre stati protagonisti. Roberto Chiappa ha solcato le piste di tutto il mondo raccogliendo risultati ovunque. Purtroppo era da solo in quel momento lì. Quindi non c’è stato uno sviluppo a livello nazionale. Con l’input di Villa e l’arrivo di Ivan Quaranta, si è dato il via alla vera e propria rinascita del movimento velocità in Italia. I risultati iniziano a vedersi. Non a caso, ripeto, siamo riusciti a creare un bellissimo terzetto nella velocità a squadre. In questo momento credo siamo decimi nel ranking. Però ci sono tre prove di Coppa del mondo in cui sono abbastanza fiducioso che entreremo fra i primi 8 e faremo le Olimpiadi. Per quanto riguarda la velocità, abbiamo Stefano Moro che ha fatto terzo all’europeo del Kerin. 

Bianchi ha vinto il primo titolo europeo nel chilometro da fermo. Un risultato che ripaga?

Lui è un po’ l’emblema di questo nuovo movimento italiano e diciamo che un grande risultato è arrivato agli europei. Ora è un riferimento anche per quanto riguarda la velocità olimpica. Miriam Vece è migliorata davvero in maniera pazzesca. Ivan Quaranta è stato determinante in questo settore. L’anno scorso Predomo ha vinto il mondiale della categoria juniores, più di trent’anni dopo che c’era riuscito proprio Ivan. In più, Quaranta ha avuto anche l’idea di andare a prendere un ragazzo di talento della BMX come Matteo Tugnolo. C’è stato davvero un grande lavoro e di questo sicuramente Matteo Bianchi ne è l’esempio

Ivan Quaranta con Matteo Bianchi dopo il successo europeo
Ivan Quaranta con Matteo Bianchi dopo il successo europeo
Per quanto riguarda il settore dell’inseguimento?

A proposito dell’inseguimento siamo campioni olimpici in carica. Siamo detentori del record del mondo, abbiamo fatto terzi all’europeo con una buona prestazione, pur mancando un personaggio forte come Filippo Ganna. Tutto questo al 10 di gennaio, quindi senza una grandissima preparazione specifica. Per l’Olimpiade, sono molto fiducioso e molto ottimista. Chiaramente deve andare tutto bene nel corso della della stagione. A questo europeo abbiamo visto dei buoni risultati da parte di Gran Bretagna e Danimarca, ci manca la Nuova Zelanda e l’Australia che sono sempre un’incognita. 

Il quartetto femminile invece?

All’europeo hanno fatto una bellissima prestazione conquistando il titolo. Chiaramente ci sono stati degli sconvolgimenti, ma questo lo sapevamo. Quando abbiamo fatto le Olimpiadi nel 2021, le quattro ragazze erano le più giovani in gara, con una media di vent’anni. Poi l’anno dopo a ottobre abbiamo vinto il campionato del mondo. C’è un ricambio generazionale nelle altre nazionali che noi abbiamo già fatto e ci stiamo godendo. Sono molto affiatate tra di loro e abbiamo ritrovato Letizia Paternoster che purtroppo ha avuto due anni di grandissimi problemi. Stesso discorso per Elisa Balsamo e la Guazzini. Da qui alle Olimpiadi bisogna sempre capire quali sono i margini di miglioramento che ci possono essere. Anche per le ragazze vale lo stesso discorso che per i ragazzi, non hanno fatto attività invernale, quindi il bicchiere è veramente per me molto pieno.

Qui Cannone insieme a Federica Venturelli
Qui Cannone insieme a Federica Venturelli
Gli inseguimenti individuali invece?

L’ingresso di Federica Venturelli è stato pazzesco al suo primo anno, anzi, alla sua prima gara tra le elite, lei che ha vinto negli juniores tutto quello che c’era da vincere. Poi vabbè, inseguimento maschile se scende Ganna in pista non ci sono avversari, diciamo la verità. E lo stesso vale per Milan. Bisogna capire quali possono essere i loro programmi. 

Per quanto riguarda omnium e discipline di gruppo, cosa ci dobbiamo aspettare?

Credo che Elia Viviani attualmente sia il nostro faro oggi e per le Olimpiadi di Parigi. A Tokyo è andato a prendersi una medaglia che forse lui si aspettava perché è sempre molto ottimista, però magari qualcun altro no. So che sta lavorando tanto, sta andando forte anche adesso in Australia, quindi è molto indicizzato su questo obiettivo. Bisogna pensare anche alla madison dove Simone Consonni potrà essere fondamentale così come per il quartetto. I posti sono pochi e per Villa non sarà facile. Però ora siamo a gennaio ed è ancora presto per fare questi discorsi. Per quanto riguarda il discorso al femminile c’è più scelta, anche qui Marco sarà chiamato a prendere delle decisioni, che verranno dettate anche da come andrà la stagione e l’avvicinamento. 

La Bolide di Bianchi all’europeo? La vediamo con Guardini

17.01.2024
4 min
Salva

Matteo Bianchi è nella storia e così anche la sua Bolide. Il primo italiano nella storia a vincere il titolo Europeo nel chilometro da fermo e anche Pinarello si fregia del titolo continentale.

Con Andrea Guardini entriamo nel dettaglio della bici del neo campione Europeo e cerchiamo di analizzare scelte e dettagli.

Vedremo Guardini anche con la casacca dell’Assistenza Tecnica Neutrale Shimano
Vedremo Guardini anche con la casacca dell’Assistenza Tecnica Neutrale Shimano
Come hai vissuto la trasferta europea?

Non ero la con la nazionale, ma è stato bello vedere vincere Matteo. Anche il podio di Moro mi ha emozionato parecchio. Io davanti alla tv a fremere, ma come se fossi stato là nel parterre… Che bello.

Eri a casa da spettatore?

In questa occasione sì. Dicembre e i primi giorni di gennaio mi hanno permesso di organizzare al meglio l’entrata ufficiale nel Servizio di Assistenza Tecnica Neutrale Shimano.

Sei in rampa di lancio, la tua passione per la bici e la meccanica vengono fuori!

Sì, è la mia passione. Una bella avventura, stimolante, motivante, mi voglio mettere in gioco e questa è una grande occasione. Ma la nazionale, inclusa la compagine paralimpica non le voglio sacrificare, per me vuol dire molto anche a livello umano.

Le protesi “orizzontali” non esistono più (foto UEC)
Le protesi “orizzontali” non esistono più (foto UEC)
Torniamo alla vittoria di Bianchi all’Europeo. La sua Pinarello Bolide ha qualcosa di particolare?

Nulla di particolare, diciamo pure che la bicicletta di Matteo fa parte del progetto Tokyo 2021.

Come era stata montata?

Il kit telaio è Pinarello Bolide, una taglia large. Il movimento centrale ha le calotte esterne. Le ruote sono le due lenticolari Campagnolo per i tubolari. Gli pneumatici sono i tubolari Vittoria Pista Oro con sezione da 23. Il manubrio è un progetto Aerocoach con le misure adatte per Bianchi. Ormai è una delle poche sezioni della bici che si possono modificare, ovviamente per rendere il mezzo adatto alle specifiche fisiche del corridore.

Rapporti?

Bianchi ha usato una combinazione 59×14. Le corone sono Miche in alluminio, così come le pedivelle. Il perno passante della guarnitura è di 24 millimetri. E’ stato montato il misuratore di potenza, SRM.

Bianchi ha un setting aggressivo, ma non estremo (foto UEC)
Bianchi ha un setting aggressivo, ma non estremo (foto UEC)
A quale pressione vengono gonfiati i tubolari?

Si utilizza un range di pressione compreso tra le 15 e 17 atmosfere, con l’ultimo controllo effettuato circa 20 minuti prima dello start.

Anche in pista c’è la tendenza di scaricare la sella tutta in avanti?

Sì, anche in pista come su strada la tendenza è quella di caricare il peso del corridore in avanti e molto sul piantone. Questo porta ad un avanzamento importante della sella. Con Matteo siamo al limite UCI, previsto a 5. Anche in pista ritroviamo gli attacchi più lunghi, soprattutto se facciamo un confronto con il passato.

Quanto pesa una bici come questa?

Circa 7,5/7,8 chilogrammi. Una grande variabile è legata all’utilizzo delle appendici.

La Bolide di Ganna datata 2021
La Bolide di Ganna datata 2021
E’ lecito dire che le Pinarello Bolide della Nazionale di oggi ruotano attorno attorno al progetto della bici di Ganna?

Sicuramente sì, un progetto evoluto che arriva dalle Bolide di Ganna, con le dovute personalizzazioni. Ma è necessaria una precisazione. La Pinarello Bolide di Bianchi è quella con la forcella grande e gli steli più voluminosi a differenza di quella usata dagli inseguitori che hanno la versione con i foderi più sottili.

Quanto tempo serve per mettere un coriddore su una bici da pista?

Non c’è una sola risposta, nel senso che oltre agli studi, l’ultima parola l’ha il corridore. E’ lui che deve stare sulla bici e fare la prestazione. Le sensazioni che trasmette agli staff e il suo feeling giocano un ruolo fondamentale ancora oggi, dove la tecnologia è entrata ovunque.

Pacchetto Miche e power meter SRM, la catena è specifica per la pista e rinforzata
Pacchetto Miche e power meter SRM, la catena è specifica per la pista e rinforzata
Il picco di watt di Bianchi?

Intorno ai 1.800 watt, 1.850 in partenza, ma per un atleta come lui è importante il wattaggio medio sul chilometro, che si attesta intorno agli 850 watt.

Atleti del genere mettono a dura prova bici e componenti in genere?

Eccome, ma i materiali usati oggi sono molto differenti da quelli usati anni addietro, direi migliori per efficienza e capacità di sostenere le performance. I corridori esprimono potenze da fenomeni. Poi ci siamo noi meccanici che dobbiamo utilizzare delle accortezze e attenzioni particolari. Tutto deve funzionare alla perfezione, non ci devono essere margini di errore e la cura al dettaglio è diventata maniacale.

L’oro di Bianchi, gigante buono, lancia la rincorsa a Parigi

12.01.2024
6 min
Salva

Matteo Bianchi è stato il primo italiano nella storia del ciclismo a vincere il titolo europeo nel Chilometro da fermo. Considerando che il settore velocità azzurro era da anni sott’acqua e che solo di recente, con l’intuizione di Villa di coinvolgere Quaranta, ha ripreso vigore, il segnale è notevole a prescindere dalla medaglia che da ieri sera risplende al collo dell’atleta bolzanino. La rincorsa è nel pieno, i progressi sono tangibili e, andando ad approfondire, anche nelle prove veloci ormai è tutto un fatto di tattica e tecnica, calcoli e proiezioni. Lo è sempre stato, ma dominare la materia fa sì che anche l’Italia sia ormai degna di un posto al tavolo dei grandi.

Quaranta ha la voce delle feste più belle, come quando batteva Cipollini al Giro d’Italia. Come quando, poco più giovane di Bianchi, vinse il mondiale juniores della velocità.

«Intendiamoci – dice – si è parlato tanto, quando questi ragazzi avevano solo bisogno di riferimenti. Il DNA dell’uomo italiano è ancora veloce, io vengo dalla velocità, certe cose non cambiano. Bisognava solo rimboccarsi le maniche. I complimenti vanno fatti agli atleti, io al massimo li ho ispirati, ma la fatica sulla bici la fanno loro».

Alle spalle di Bianchi sul podio, l’olandese Kool e il francese Landerneau
Alle spalle di Bianchi sul podio, l’olandese Kool e il francese Landerneau
Andiamo con ordine: che differenza c’è fra sapere di meritare una medaglia e vincerla?

Una grossa differenza. A volte i sogni si avverano. Abbiamo messo insieme un bel gruppo, in cui ognuno sta diventando forte per le sue caratteristiche. Bianchi, certo, ma anche Napolitano, Predomo e gli altri. Già prima della qualifica, sapevamo di poter prendere una medaglia, Matteo era già arrivato secondo a Monaco. L’assenza di Hoogland aveva liberato un posto sul podio. Poi è venuto il miglior tempo in qualifica, ma quello è indicativo fino a un certo punto.

In che senso?

Nel senso che si usano rapporti diversi, non si spinge a tutta. Da quando il Chilometro si disputa su due prove, vince chi recupera meglio. Se fai subito un tempone e poi te lo trovi nelle gambe, non ti serve a niente. Sanno tutti che la prima prova viene meglio, anche se sei più agile. Forse se Mattia avesse usato un dente in meno, avrebbe potuto fare il record italiano, però magari l’avrebbe pagata nella seconda prova. La medaglia la vince chi peggiora meno: sembra strano da dirsi, ma funziona così.

Come ha passato il tempo fra la prima e la seconda prova?

L’ho visto tranquillo, sapeva di essere fra quelli che se la giocavano, ma non credevamo di vincere. Era già arrivato secondo dietro Landerneau, il francese che ha preso il bronzo. E poi c’èra Kool, l’olandese che correva in casa. Cosa ne sai se mette sotto il padellone e spara un tempo mondiale? Noi sapevamo che Bianchi è migliorato molto. In questo mondo di numeri, sapevamo che ce la saremmo giocata. Per cui non è voluto tornare in hotel e ha messo in atto il protocollo di defaticamento e recupero che abbiamo studiato. E’ stato anche dall’osteopata, poi ha atteso sul pullman.

Adesso si deve ragionare sulla velocità olimpica, che non è solo la somma di tre velocisti…

No, è molto più complessa. Per un tecnico è la specialità più difficile. Ci sono tre corridori diversi con tre rapporti diversi. Se il primo è troppo agile, mette in crisi il secondo, che a sua volta mette in crisi il terzo. Siamo arrivati a meno di 30 centesimi dai tedeschi, che girano da due anni su questi tempi, mentre noi gli abbiamo guadagnato terreno in continuazione. Peccato che non abbia funzionato bene il cambio fra Bianchi e Predomo, perché avremmo potuto limare 10 centesimi. Ma sono giovani, gli altri girano così forte da anni…

Cosa si può fare per puntare alla qualifica olimpica?

Io voglio sempre vincere, ma va bene così. Dobbiamo lavorare sul nostro tempo, sapendo che il gap non è più altissimo come tre anni fa. Fra qualche anno con questi ragazzi parleremo di medaglie fra gli elite, ma teniamo conto che abbiamo cominciato il ciclo olimpico con Predomo che era ancora junior. C’è una cosa che mi scoccia, che tutti i più forti sono in Europa e quindi col nostro tempo rischiamo di stare fuori. Mentre per la Cina basta a vincere nel circuito Asiatico e al Canada per qualificarsi in quello americano. Ma la nostra rincorsa resta entusiasmante.

Come si fa per qualificarsi?

Con i ragazzi restano le quattro prove di Coppa, mentre Miriam Vece è qualificata al 99 per cento. Le prime due prove di Coppa, sin dalla prossima in Australia, avranno un livello pazzesco. Nelle ultime due, soprattutto a Milton, andranno a giocarsela quelli che devono qualificarsi. E con loro non ci sono storie: dobbiamo vincere. Bisognerà fare 43.200-43.300. Ci stiamo avvicinando, lavorando sulla preparazione e sui materiali. Non so come finirà per Parigi, ma se devo essere eliminato, spero di non finire 15°, ma di essere il primo fra gli esclusi. Almeno ci darebbe una motivazione in più per puntare alla prossima volta. Ora si festeggia, domenica si parte per l’Australia: questo sarà un anno ad altissima tensione.

In finale con Bianchi, poi tutti a casa: come sta la velocità?

08.08.2023
6 min
Salva

GLASGOW – «Settimo a 21 anni – dice Matteo Bianchi dopo la finale del chilometro da fermo – è un buon risultato. L’anno scorso i partecipanti erano di un livello inferiore e sono riuscito a portare a casa un secondo posto in qualifica e il quinto in finale. Quest’anno ci sono tutti i migliori: la differenza di esperienza e di maturità si è vista, però centrare la finale era un buon obiettivo e l’ho raggiunta. Siamo tutti molto giovani, io sono il più vecchio e non ho ancora 22 anni. Intorno vedo atleti di 27-28 anni al top della carriera, è normale vederli davanti. Si prende spunto. Che tipo di riscaldamento fanno o che tipo di approccio, anche se poi ci si affida ai preparatori e si seguono le loro indicazioni. Sono soddisfatto anche per aver abbattuto il muro del minuto su una pista non velocissima come Parigi l’anno scorso. Va bene, è la strada giusta».

Bianchi è entrato nella finale del chilometro, abbattendo il muro del minuto in qualifica
Bianchi è entrato nella finale del chilometro, abbattendo il muro del minuto in qualifica

Il bilancio azzurro

Il settimo tempo di Matteo Bianchi nel chilometro da fermo è l’emblema della situazione della velocità azzurra ai mondiali di Glasgow. E anche se da casa qualcuno potrà storcere il naso davanti a risultati non certo da prima pagina, chiederne ragione al responsabile di settore Ivan Quaranta è un modo onesto di inquadrare la scena.

«Questa – dice – è una categoria superiore alla nostra. Siamo partiti da un gruppo di giovani che hanno ben figurato ai campionati europei, vincendo tutto quello che si poteva vincere. Il kerin e il chilometro con Bianchi, abbiamo vinto il team sprint che è l’equivalente dell’inseguimento a squadre e quindi era la specialità più importante perché ci permette di qualificare un atleta per le Olimpiadi. Ogni gara che facciamo, miglioriamo. Qui abbiamo fatto il record italiano proprio nel team sprint e ci siamo classificati all’undicesimo posto a meno di un decimo dall’ottava e arrivare ottavi significava essere qualificati per le Olimpiadi, dato che vanno i primi 8 terzetti. Insomma, il nostro atleta più vecchio è Bianchi che ha 21 anni…».

Quaranta con Miriam Vece: poteva prendere il bronzo nei 500 metri, ma ha avuto un’esitazione in partenza
Quaranta con Miriam Vece: poteva prendere il bronzo nei 500 metri, ma ha avuto un’esitazione in partenza
Ti aspettavi di più o siamo in linea con le attese?

Forse Miriam Vece poteva fare qualcosa di più nei 500 metri, ma ha avuto un attimo di deconcentrazione alla partenza e ha perso 3 decimi sul blocco di partenza. Altrimenti avrebbe fatto più o meno il suo tempo e poteva ambire a una medaglia di bronzo. E poi ha fatto il Keirin, che però non è la disciplina più adatta a lei, perché ha un po’ paura nelle volate e ha fatto un tempo che secondo me non è nelle sue corde, perché a Montichiari in allenamento fa di meglio.

Nel maschile?

Bianchi settimo può essere un buon punto di partenza. Predomo si è già qualificato per la velocità e calcolate che qua si qualificavano 30 corridori in tutto il mondo. Quindi già essere nei top 30 mondiali a 19 anni è una bella cosa. Questo mondiale serviva per fargli fare un po’ di esperienza. Sicuramente sarà di buon auspicio per i prossimi anni. E comunque, non siamo tanto lontani. I tempi dei migliori in questo mondiale pre-olimpico sono gli stessi che fanno da 3-4 anni. Quindi loro sono fermi sugli stessi tempi di eccellenza, mentre noi pian piano ci stiamo avvicinando. Anche questa è una valutazione da fare.

Predomo non è riuscito a superare le qualificazioni dei 200 metri, ma ha solo 19 anni
Predomo non è riuscito a superare le qualificazioni dei 200 metri, ma ha solo 19 anni
La sintesi è che bisogna avere pazienza?

Esattamente. Dopo questa ondata, a livello mondiale dietro ci siamo noi. Siamo noi i campioni europei e del mondo juniores in tutte le discipline. Quindi se la storia dello sport è fatta di cicli, presto verrà il nostro momento.

Cosa si può dire a chi vorrebbe bruciare le tappe?

Si sa che ormai la velocità è diventata una specialità in cui progredisci di pari passo con i pesi che sollevi in palestra. I ragazzi fanno palestra e pista, poi palestra e ancora pista. Qualche volta si allenano anche su strada, ma soprattutto in palestra. Per arrivare ad alzare certi carichi, anche nel sollevamento pesi stesso, servono gli anni. Così pure per arrivare a spingere certi rapporti e andare a certe velocità. Servono gli anni di lavoro, che purtroppo se ne hai 18-19 non puoi aver messo insieme. Serve accumulare tanto volume di lavoro e il tempo in cui riesci a farlo è soggettivo, ma va previsto.

Predomo è passato in un anno da 100 a 190 chili di squat: ha 19 anni, siamo solo agli inizi
Predomo è passato in un anno da 100 a 190 chili di squat: ha 19 anni, siamo solo agli inizi
Ognuno quindi ha i suoi tempi e non vale la pena spingere per arrivarci prima?

Forse possono anche arrivare prima a certi carichi, ma li danneggi. Per esempio, Predomo l’ho conosciuto che sollevava 100 chili di squat, adesso ne solleva 190. Okay che Lavreysen a 26 anni ne solleva 250, ma da 100 a 190 già è un bel salto. Rischi che si fanno male, perché sono giovani e spingono. Più carichi e più spingono, però c’è da fare dei lavori progressivi per tutelare l’atleta.

Stasera Francesco Ceci è in gara nella finale per l’oro nel tandem paralimpico, perché è stato escluso dal giro della nazionale? Non farebbe comodo un atleta di esperienza vicino ai nostri atleti così giovani?

Non so cosa sia successo prima di me. Quando sono arrivato, lui purtroppo non c’era già più. Non so cosa ci sia stato con le Fiamme Azzurre, prima di essere inserito all’interno della Federazione, seguivo anche poco il settore. Ero direttore sportivo della Colpack, seguivo come un appassionato, però non ero dentro e non conoscevo le dinamiche del gruppo. Sicuramente uno che ha fatto tanti anni a livello mondiale, quantomeno avrebbe da trasmettere esperienza e tattica, però non sta a me giudicare quello che è stato fatto prima.

Per Napolitano, Bianchi e Predomo, nuovo record italiano del team sprint: 43″749, 2 decimi meglio del precedente
Per Napolitano, Bianchi e Predomo, nuovo record italiano del team sprint: 43″749, 2 decimi meglio del precedente
Fosse per te lo convocheresti?

Credo che ormai Francesco sia fuori da questo giro. Il regolamento impone di scegliere fra paralimpico o normodotato. Però mai dire mai. Quest’anno si è presentato vincendo l’italiano del chilometro, non è fermo e ha fatto dei tempi che difficilmente faceva prima quando era in attività. Si è presentato in forma, di questo bisogna dargli atto. Adesso ha fatto questa scelta, vedo che si sta anche divertendo. Ho visto che dà consigli a tutti, sono contento per lui.

L’Italia della velocità se ne va da Glasgow con Bianchi entrato nella finale del chilometro da fermo e il settimo posto finale. Predomo uscito subito dai 200 metri. Con Miriam Vece al di sotto delle sue possibilità nei 500 e il record italiano nella velocità olimpica. La strada per Parigi è ancora lunga, ma abbiamo ripreso da poco. Hoogland e Lavreysen sono due divinità gigantesche, noi li abbiamo sfidati con degli under 23. Come andare al Tour contro Vingegaard e Pogacar con gli azzurrini di Amadori. Tutto sommato, pensiamo che sia andata anche bene.

La velocità azzurra vola, ora Quaranta pensa a Glasgow

28.07.2023
5 min
Salva

Nello straricco bilancio degli europei juniores e under 23 di Anadia il settore velocità ha dato un contributo davvero di prim’ordine, basti pensare che nella categoria più grande i ragazzi di Ivan Quaranta hanno fatto bottino pieno, con l’aggiunta dell’oro di Davide Stella nel chilometro da fermo junior e, ciliegina sulla torta, un oro e un bronzo con le pari età.

La partenza del keirin: Beatrice Bertolini andrà a cogliere un oro storico
La partenza del keirin: Beatrice Bertolini andrà a cogliere un oro storico

E’ proprio da questo dato che l’analisi di Quaranta, proiettata anche sui prossimi mondiali, parte perché è qualcosa che solo un anno fa era impensabile.

«In campo femminile il problema del reclutamento è atavico e ben lungi dall’essere risolto – dice – ma proprio per questo risultati del genere non potevano neanche essere sognati quando ho preso in mano il settore. Ho notato però che i risultati conseguiti dai ragazzi lo scorso anno hanno favorito una sorta di passaparola, un po’ di ragazze si sono interessate, si sono avvicinate e cominciamo ad avere un pochino di quantità e anche, come si è visto di qualità».

Come si possono accrescere questi numeri?

E’ difficile, sappiamo bene ad esempio che, se in campo maschile la bmx può essere uno strumento di affiancamento, questa possibilità fra le ragazze non c’è: i numeri in quella specialità sono troppo esigui. Continuiamo a coinvolgere giovanissime stradiste, ma non è semplice perché la rapidissima evoluzione del WorldTour sta portando le ragazze a guardare con interesse alla strada sapendo che può garantire stipendi importanti. Una volta il ciclismo femminile era quasi amatoriale, l’unico modo per guadagnarci era entrare in un corpo militare e la pista era la via per riuscirci. Ora ci sono altre sirene…

Per il team sprint junior donne un bronzo significativo, ma c’è ancora molto da fare
Per il team sprint junior donne un bronzo significativo, ma c’è ancora molto da fare
I risultati di Anadia sono davvero sorprendenti…

C’è uno spirito di emulazione e quei podi serviranno. Abbiamo ad esempio Carola Ratti che ha sposato il progetto, allo stesso modo la Bertolini che ha vinto il keirin e non ricordo sinceramente un’italiana vincere una prova simile da junior, poi la Grassi che ancora è combattuta fra la pista e la strada, ma intanto ci siamo e già a buon livello.

A tal proposito, verrebbe da pensare che tanti risultati così importanti siano frutto anche della concorrenza.

Non è così. Qualitativamente sono stati europei superiori a quelli dello scorso anno e lo dicono i tempi: nella velocità a squadra il tempo dei ragazzi (43”990, nuovo primato italiano assoluto, ndr) è ben 3 decimi inferiore a quello valso l’oro nel 2022. Nella velocità femminile dove siamo arrivate terze, c’erano 5 squadre, lo scorso anno erano 4. Poi ogni anno dipende da chi si presenta, ma il livello era molto buono.

Matteo Bianchi ha dominato sulla pista di Anadia, con 3 titoli fra gli Under 23
Matteo Bianchi ha dominato sulla pista di Anadia, con 3 titoli fra gli Under 23
Venendo ai maschi, la sensazione è che si stia sviluppando anche una certa rivalità fra i nostri ragazzi.

Sì e questo non può fare che bene al movimento. Io ho un gruppo di 6 titolari fra i quali devo scegliere ogni volta 3 o 4 convocati, quindi anche gli allenamenti diventano un terreno di confronto. E da questo derivano i progressi: Minuta ad esempio che pur non era nel terzetto di Anadia ha fatto passi da gigante, ha tolto 3 decimi in un anno che è tantissimo. Predomo nei 200 lanciati viaggia ormai a 9”8, Bianchi ha portato a casa ben 3 medaglie d’oro. Ma più che le medaglie, sono i tempi a dirmi che il nostro gruppo è progredito tantissimo. I ragazzi non erano mai scesi sotto i 44 secondi e lo hanno fatto su una pista che non è di per sé velocissima.

Ora vi aspettano i mondiali…

E’ come andare con una squadra di under 23 a fare il Tour de France dei grandi… Noi partiamo con due obiettivi di base: il primo è far fare ai ragazzi un’esperienza fondamentale, contro i migliori del mondo che hanno anche dieci anni in più. Il secondo è migliorare i nostri tempi, puntare ad esempio nello sprint a squadra a fare il record italiano che potrebbe anche portarci nella top 10 e considerando che a Parigi andranno 8 squadre, significherebbe che non siamo poi così lontani.

Continua imperiosa la crescita di Predomo: nella velocità battuto il forte olandese Van Loon
Continua imperiosa la crescita di Predomo: nella velocità battuto il forte olandese Van Loon
Hai toccato un argomento delicato: le Olimpiadi…

Abbiamo sempre detto che il progetto deve essere orientato verso Los Angeles 2028, queste sono tutte tappe di passaggio, ma ad esempio a Glasgow avremo Predomo nel torneo della velocità ed era dai tempi di Chiappa che non partecipavamo. Ai mondiali saranno in 30, a Parigi in 32, se tanto mi dà tanto… Poi c’è Miriam Vece che al 90% sarà qualificata per i Giochi e da lei mi aspetto anche risultati di qualità. Noi andiamo in Scozia per imparare e dimostrare che ora ci siamo anche noi…

Tra pista e strada, riparte la Campana Geo&Tex Trentino

30.12.2022
5 min
Salva

Siamo alla vigilia del 2023 e questo anno passato tra pista e strada ha alimentato entusiasmo e tanti risultati arrivati da ambo i fronti. La Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino si trova in ritiro a Riva del Garda per la precisione a Ceniga, ospite della famiglia Zambanini presso l’Hotel Garnì delle Rose. Questa stagione ha regalato maglie iridate e titoli europei su pista con i due velocisti Bianchi e Predomo. Mentre su strada la crescita costante non ha trovato un vero e proprio exploit, ma con Minali, Elipanni e Corrocher è pronta a mettere i puntini sulle i. 

La formazione trentina che ha sede a Lavis vanta un bacino di juniores proprio, da cui per il 2023 ha attinto, senza rinunciare a qualche innesto proveniente dal panorama giovanile esterno. Mentre a rinforzare l’impegno dedicato alla pista è arrivato Mattia Harracher, direttamente dalla nazionale BMX. Il trentino è pronto a giocarsi le proprie carte per un posto nella velocità azzurra. Con il team manager Alessandro Coden, sulle rive del Garda andiamo alla scoperta della nuova rosa tra ambizioni e nuovi volti. 

Il ritiro dalla famiglia Zambanini è un appuntamento ricorrente di inizio stagione
Il ritiro dalla famiglia Zambanini è un appuntamento ricorrente di inizio stagione
Primo ritiro con la formazione 2023, dove vi trovate?

Siamo ospiti dell’Hotel Garnì Delle Rose a Ceniga di Dro dalla famiglia di Edoardo Zambanini, professionista con la Bahrain-Victorious ed ex nostro junior.

Un luogo ricorrente nei vostri ritiri…

E’ una vita che andiamo ospiti della famiglia Zamabanini. Edoardo è cresciuto con me e ancora oggi esce in bici con noi. 

Siete tutti presenti al ritiro?

In questi giorni mancano Bianchi e Predomo che si trovano in ritiro con la nazionale visto che la Coppa del mondo su pista è in corso. 

A livello di organico il roster è deciso?

Siamo al completo. C’era in ballo uno straniero, ma siamo in alto mare. Come organico siamo definiti. I tre della pista e i dodici elite/U23. 

Dalla vostra formazione juniores quali ragazzi sono saliti?

Dagli juniores sono saliti i due gemelli Gallio, Filippo e Alessandro ed Edoardo Bolzan. Mentre dalla Montecorona juniores ho preso un ragazzo che non ha vinto, ma si è sempre piazzato nei dieci, si chiama Mirko Sartori

A novembre presso la sede Geo&Tex 2000 è stato presentato il roster elite/U23 e juniores
A novembre presso la sede Geo&Tex 2000 è stato presentato il roster elite/U23 e juniores
Altre new entry?

Yuri Lunardelli dalla Team Gaiaplast Bibanese che ha fatto una buona stagione e infine Samuele Disconzi dalla General Store. 

Chi sono i capitani della squadra?

Capitani nella nostra formazione non ce ne sono. Ci sono dei ragazzi che sono un po’ più responsabili degli altri che sono Elipanni, Minali e Corrocher. 

Tra i vostri U23 c’è anche Cassol che pratica ciclocross…

E’ sempre stato con noi, Cassol fa ciclocross in preparazione alla strada. Per essere competitivi bisognerebbe dedicarcisi di più come per la pista. 

Per quanto riguarda la vostra sezione velocità chi è arrivato?

Ho preso Mattia Happacher che viene dalla BMX. E’ venuto con noi per fare la pista con la nazionale e fare il primo uomo con la velocità a squadre

La formazione trentina conta dodici atleti per la strada e tre per la pista
La formazione trentina conta dodici atleti per la strada e tre per la pista
I tre della pista faranno anche strada?

Esclusivamente pista, è impossibile con questi ragazzi qua. O si fa strada o si fa pista. 

Per le gare più dure su chi ti affiderai?

Per le corse un po’ più dure abbiamo Bolzan che arriva dagli juniores dove ha dimostrato di essere forte. Con Disconzi, Lunardelli e Sperandio penso che essendo al secondo o terzo anno di U23 siano pronti per fare dei risultati nelle gare più impegnative. 

Che obiettivi hai prefissato per il 2023?

Intanto cominciamo come abbiamo deciso con il preparatore passo per passo, con calma. Poi decideremo il da farsi. Alle gare arriviamo sempre tranquilli. In tanti non sanno che la stagione è lunga per la categoria, si corre fino alla fine ottobre. Se si parte con calma si va lontano. Al contrario se si da tutto subito con il primo caldo si viene rimbalzati. 

C’è chi dice che correre troppo negli U23 non sia d’aiuto. Che 2022 avete disputato?

Nel 2022 non abbiamo corso poco. Con tutte le corse a tappe, gare in Italia e all’estero siamo arrivati a 65 giornate di gara. Abbiamo fatto il nostro e sarà così anche per il 2023.

Sullo sfondo per la vostra formazione c’era la prospettiva di diventare continental. Come progetto è stato rimandato o è un obiettivo?

Considerando i regolamenti che ci sono adesso non conviene più fare una continental. Nelle regionali se facessi una continental con i corridori giovani attuali potrei correre solo con cinque di loro. Si va poco lontano così. E’ più un argomento che interessa agli sponsor. Se fossimo in Austria sarebbe un discorso differente ma siccome siamo in Italia non conviene.