55”433. E’ il nuovo record del mondo nel chilometro da fermo, stabilito sfruttando appieno i benefici dell’altura di Aguascalientes (Messico) da parte di Jeffrey Hoogland– Il trentenne olandese da tempo cercava questo primato, ma non aveva mai trovato il tempo per curare tutta la lunga preparazione e la gestione della trasferta. Hoogland ha abbassato il precedente primato di quasi 9 decimi. Non contento di ciò, due giorni dopo si è preso anche quello sui 500 metri, in 24”564 con due decimi di margine sul tempo siglato dal britannico Hoy a La Paz nel 2007, mancando però dopo ben 3 tentativi quello sui 200 metri, 9”100 che resta a Nicholas Paul di Trinidad per appena 3 millesimi.
Di tutti questi numeri abbiamo voluto parlare con il tecnico della nazionale Ivan Quaranta, per capire quali significati ci sono dietro di loro perché le imprese di Hoogland oltreAtlantico sono già oggetto di studio: «Abbiamo raccolto una gran massa di dati e di immagini – sottolinea Quaranta – sui quali il Gruppo Performance sta già lavorando ed elaborando grafici e studi che saranno utilissimi anche a noi nel lavoro sui nostri ragazzi».
Che impressione hai tratto dal tempo di Hoogland sui 1.000 metri?
Intanto va sottolineato che il vecchio primato il francese Pervis lo aveva stabilito 10 anni fa e da allora c’è stato un enorme progresso tecnico, in termini di materiali, di preparazione dell’uomo ma anche delle condizioni ideali della pista, che è stata scaldata prima del tentativo. Si tratta comunque di una pista magica, dove è quasi garantito che si ottenga il record, anche Vittoria Bussi ha stabilito lì il suo primato sull’ora. Questo però non toglie che si tratti di tempi enormi, soprattutto se raffrontati a quelli sul livello del mare (dove il record è sempre di Hoogland, 57”813 stabilito a Grenchen in Svizzera, ndr). Il suo primato mi ha fatto molto pensare…
Perché?
Quando l’ho saputo, mi sono chiesto se Hoogland abbia voluto puntare al record come a un lascito di fine carriera oppure sia la maggior dimostrazione della sua caratura. L’olandese veniva dal mondiale di agosto, ha tirato dritto con la preparazione per il record ed ora lo aspetta quella per gli europei di gennaio. Senza mai mollare, devi essere un fenomeno per farlo.
Non pensi che potrebbe anche sorvolare sugli europei? In fin dei conti l’Olanda non ha certo problemi di qualificazione olimpica e soprattutto ha un bacino di talenti enorme, può tranquillamente sostituirlo…
L’ho pensato, oltretutto anche non al 100 per cento potrebbe comunque vincere considerando il margine enorme che ha su tutti gli altri. E’ chiaro però che una tale forma tenuta così a lungo è un caso anomalo, noi siamo abituati a cicli che al massimo possono prevedere due picchi di condizione, ma bisogna anche saperli programmare e raggiungere. Lui invece ha mostrato una continuità strabiliante.
A fine gara il recupero è stato molto difficoltoso: non riusciva a scendere dalla bici e ha impiegato oltre mezz’ora per riprendersi completamente.
E’ normale vista la rarefazione dell’aria. In quelle condizioni si rischia l’embolia, lo svenimento. Aveva infatti la maschera dell’ossigeno sia prima che dopo. Il fisico viene praticamente inquinato dall’acido lattico che senza l’adeguato contributo di ossigeno si fatica a smaltire. Io ho corso in altura, so quanto ci si mette a recuperare.
Hoogland ha migliorato anche il record sui 500 metri mancando però quello sui 200. Come lo spieghi?
Ne abbiamo parlato anche con altri tecnici e questo conferma una tesi che abbiamo sviluppato: si è ormai vicini al limite massimo di velocità massima in curva. Mi spiego meglio: Hoogland ha avuto una velocità media in curva di 79 chilometri orari. Non si può andare molto oltre, perché a quel punto prevale la forza centrifuga che porta via l’atleta dalla linea di corsa. Bisogna anche tenere conto della massa corporea – Jeffrey sarà almeno tra i 100 e i 110 chili – e della resistenza dell’aria non direttamente proporzionale alla velocità. Sono tutti termini sui quali col gruppo performance stiamo lavorando analizzando minuziosamente i filmati provenienti da Aguascalientes.
Questi record sono anche una risposta a Lavreysen, per uscire un po’ dalla sua ombra?
Io li conosco bene, la pista è un ambiente ristretto e ci si frequenta un po’ tutti. Loro si rispettano molto, ma sono fieri rivali. Inoltre sono molto diversi, fisicamente e come caratteristiche. Non è un caso se Lavreysen sia più forte in certe discipline e Hoogland in altre, quelle contro il tempo, poi nella velocità a squadre si completano. Penso che Lavreysen non riuscirebbe e raggiungere questi livelli nel chilometro, neanche in altura.
Queste prestazioni sono un buon esempio per i ragazzi italiani?
Sicuramente, vanno studiate con attenzione, anche nella posizione in sella, nelle traiettorie. Noi guardiamo al nostro, abbiamo già iniziato la preparazione per gli europei di gennaio, sarà una stagione subito intensissima con 4 grandi eventi da gennaio ad aprile (comprese 3 prove di Nations Cup, ndr) per giocarci la qualificazione olimpica. Siamo decimi ma poco distanti dall’ottava squadra, ultima ad accedere a Parigi 2024. Ci proviamo, ma non dimentichiamo che i nostri sono di gran lunga i più giovani del lotto. Noi siamo i più forti al mondo fra gli U23, ma per arrivare a quei livelli serve una preparazione di anni perché certi pesi in palestra non li sollevi da un anno all’altro. Dateci tempo…