Tre performance che abbiano colpito tre preparatori nella stagione appena archiviata. Molti hanno in mente i duelli fra Pogacar o Vingegaard sulle vette del Tour de France. Chi c’è stato ricorda il giorno memorabile del trionfo al Giro d’Italia di Roglic sul Lussari davanti alla sua gente, ma i coach guardano altro. Guardano i numeri, è vero, ma non si fermano alle emozioni di determinate azioni.
A Paolo Slongo, Giacomo Notari e Pino Toni abbiamo chiesto quale performance li avesse più colpiti. Sul piatto abbiamo anche messo diversi momenti clou dell’anno. Per esempio, la crono di Vingegaard al Tour, esaltata per valori e preparazione al dettaglio. La Liegi di Remco o le sue cavalcate in Spagna. Le volate in rimonta di Milan. La Roubaix di Van der Poel… Ma loro avevano già le idee chiare.
Ai mondiali di Glasgow, Mathieu Van der Poel scatta a 23 chilometri dal traguardo e distrugge dei super campioniAi mondiali di Glasgow, Mathieu Van der Poel scatta a 23 chilometri dal traguardo e distrugge dei super campioni
«Al di là che c’erano tutti e tutti erano al top e volevano vincere – spiega Toni – l’olandese ci è arrivato benissimo. In una corsa di un giorno tutti sono al massimo. Questo vale anche per i grandi Giri, ma è diverso. Mathieu mi ha stupito soprattutto per la facilità con cui ha fatto quei 5′ “a blocco” in cui ha staccato tutti. Ed era lontano dal traguardo, 23 chilometri se ben ricordo. E dietro aveva quattro corridori fortissimi, tutti con caratteristiche diverse: chi era più esplosivo, chi per le salite lunghe, chi velocista… segno che si trattava di un mondiale duro. Per quel calibro di motori mancava solo Ganna, ma lui forse ha una mentalità diversa».
Per Toni quei 23 chilometri sono stati un mix di tattica, potenza e preparazione azzeccata. Ha rifilato oltre un minuto e mezzo a Van Aert, Pogacar e Pedersen, il più veloce in teoria, ma poi il più stanco nel finale. E quasi 4′ al quinto, Kung.
«Non conosco di preciso i suoi numeri. Uno sguardo gliel’ho dato, ma il file reale è un’altra cosa e sarebbe bello averlo! Ma di certo sono stati valori fuori dal comune».
Sembra una volata di gruppo, in realtà Ganna (a sinistra) e Groves (al centro) erano i “reduci” della fuga a Madrid, finale della VueltaSembra una volata di gruppo, in realtà Ganna (a sinistra) e Groves (a destra) erano i “reduci” della fuga a Madrid, finale della Vuelta
Notari: Groves a Madrid
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana Qazaqstan ci stupisce, ma poi ripensandoci, neanche troppo, e la sua perla è la vittoria di Kaden Groves a Madrid, nell’ultima tappa della Vuelta. Vale la pena ricordare che di solito la frazione finale di un grande Giro è una passerella, quel giorno invece per “colpa” di Evenepoel le cose non sono andate così.
«Vedere un velocistaandare in fuga con dei campioni, dei cronoman come Ganna ed Evenepoel è stato particolarissimo. E sì che stando in gruppo – spiega Notari – lui avrebbe vinto al 99 per cento, perché non era “un velocista”… Era il velocista più forte della Vuelta».
Groves aveva già dimostrato in altre occasioni di essere più di un velocista, ma con altri andamenti tattici. E infatti anche sul Montjuic aveva fatto secondo, ma stando coperto in gruppo. Uscire allo scoperto è stato davvero insolito per uno come lui.
«Io quel giorno ero in ammiraglia. Sono andati talmente forte che la gente si staccava dal gruppo. Il circuito di Madrid poi non è piattissimo, anzi…. Groves in volata ha numeri importantissimi, sta sui 1.600-1.700 watt e tutto sommato visto che in fuga erano in sei, quei 10”-15” di trenata riusciva a digerirli bene, fisicamente. Ma se si pensa che hanno fatto oltre 50 di media e nel finale è riuscito ugualmente a sprintare, per me è la performance dell’anno».
Van der Poel ha attaccato nella seconda parte del Poggio, gli altri (si notano sullo sfondo) erano in riserva lui noVan der Poel ha attaccato nella seconda parte del Poggio, gli altri (si notano sullo sfondo) erano in riserva lui no
Slongo: Vdp sul Poggio
Chiudiamo quindi con coach Paolo Slongo, in forza alla Lidl-Trek. Paolo “torna in Italia” e lo fa con Van der Poel anche lui, ma alla Sanremo.
«Di episodi interessanti ce ne sono stati tanti in questa stagione – dice Slongo – ma le performance che più mi sono piaciute sono state quelle di Van der Poel, perché quel che ha dichiarato è poi riuscito a vincere. Dai mondiali di cross a quelli su strada».
In ballo con il mondiale anche lui, alla fine Slongo ci ha parlato della Sanremo. E del Poggio in particolare. Ci è arrivato con una preparazione al millimetro.
«Era qualche anno che non si vedeva un numero del genere sul Poggio. E’ stato un numero di forza: Mathieu è riuscito a fare la differenza quando tutti erano stanchi, ha avuto una sparata in più. Ed questa la prestazione. Vero, c’era vento e Pogacar ha tirato molto, ma Pedersen, Van Aert… non sono riusciti a dare la botta ulteriore.
«Per fare quell’azione sul Poggio significa che ci arriva spendendo meno degli altri. Oltre ad avere un’enorme soglia aerobica, questo implica che ha anche una grande efficienza: il suo motore consuma poco. Se è frutto di un allenamento sui 20”-40”? Non lo alleno io e questo non lo so, ma di certo VdP tiene bene i 40”, anche 45” di attacco a tutta… anche dopo tantissime ore».
Con i protagonisti della strada a riposo e in giro per il mondo per le vacanze, l’attenzione è tutta incentrata sul ciclocross. L’attività sui prati è già entrata a pieno regime, con tappe di Coppa del Mondo ogni fine settimana abbinate a prove degli altri principali circuiti. Non ci sono naturalmente i grandi protagonisti. Van der Poel ha già annunciato che tornerà sui prati solo nella seconda metà di dicembre per la serie di gare del periodo natalizio. Probabilmente sia Van Aert che Pidcock, gli altri “tenori” seguiranno la stessa impostazione.
Per Van Aert e VDP un inverno con poche gare, come ormai prassi vista l’attività su stradaPer Van Aert e VDP un inverno con poche gare, come ormai prassi vista l’attività su strada
E’ chiaro quindi che fino ad allora seguiremo “un altro sport”, con altri protagonisti ma con la consapevolezza che i valori espressi non sono quelli assoluti. Un trend che si sta allargando. Fra le donne, dove continua il netto dominio olandese, c’è chi come la Van Anrooij comincia a selezionare le sue apparizioni. In Italia poi è ormai chiaro come il panorama di praticanti di vertice si sia ulteriormente ristretto. Il ciclocross continua ad essere visto come un fastidioso intermezzo per i nostri ciclisti.
Su questo e tanto altro abbiamo ragionato con Fausto Scotti, organizzatore del Giro d’Italia ma per anni commissario tecnico azzurro e profondo conoscitore del movimento da tutta una vita. Partendo proprio dalle considerazioni internazionali: «I tre campioni li vedremo sempre meno spesso. La loro stagione su strada è troppo intensa, ma non lasceranno l’attività sui prati e questo non solo per una questione di passione. Ogni gara vale per loro un ingaggio dai 15 ai 25 mila euro, è un’attrattiva di non poco conto, ma che sta anche creando squilibri».
Fausto Scotti, ex cittì azzurro, oggi organizzatore del Giro d’Italia di ciclocrossFausto Scotti, ex cittì azzurro, oggi organizzatore del Giro d’Italia di ciclocross
In che senso?
Agli altri, a quelli che tirano la carretta per tutta la stagione resta poco, ma da parte loro c’è anche una certa rassegnazione sapendo del loro strapotere, anche se sono convinto che col tempo anche Thibau Nys salirà a quel livello, d’altro canto anche lui fa strada. I team dal canto loro hanno tutto l’interesse a lasciarli lavorare in pace e favorire le loro uscite nel ciclocross perché hanno ritorni d’immagine anche fuori stagione, con gli sponsor che vengono così gratificati nei loro investimenti. Gli organizzatori? Loro con gli introiti per ogni gara vedono i loro investimenti negli ingaggi ampiamente coperti. Hanno d’altronde protagonisti che ad ogni gara se le danno di santa ragione ma sempre nel reciproco rispetto. Ti garantiscono lo spettacolo.
Perché allora non seguire questa strada anche in Italia?
Intanto perché è un paragone improponibile considerando i nomi, ma anche a livello internazionale non tutto funziona. Questa continua volontà di portare la Coppa in America ad esempio non va. I team, piuttosto che programmare una trasferta simile preferiscono investire su un ritiro prestagionale in più che gli costa meno e coinvolge più gente. Guardate quanti sono andati a Waterloo, anche tra belgi e olandesi non erano così tanti.
Thibau Nys, vincitore della prima di Coppa negli Usa. Scotti è pronto a scommettere su di luiThibau Nys, vincitore della prima di Coppa negli Usa. Scotti è pronto a scommettere su di lui
Torniamo in Italia: spesso si sono criticati i diesse perché negano i permessi ai loro atleti per l’attività invernale, Si diceva che con l’avvento della multidisciplinarietà stava cambiando questa cultura, ma oggi senti i ragazzi più giovani che dicono che non vogliono più fare ciclocross per curare la preparazione per la strada. Allora di chi è la colpa?
E’ un discorso che coinvolge tanti attori e tante responsabilità. Iniziamo dai procuratori, che prendono i ragazzi da quando sono allievi, li lasciano correre nelle varie discipline ma appena possono li indirizzano verso quelle più remunerative. Faccio l’esempio di Fiorin che da ragazzo faceva un po’ tutto e che viene da una tradizione familiare dove il ciclocross era molto apprezzato, il padre l’ha quasi svezzato sui prati. Ora che è junior però viene spinto a fare solo strada e pista perché lì può emergere e soprattutto ha maggiori obiettivi, anche olimpici.
E i team che voce hanno?
I team guardano ai soldi, chi ha i campioni li coccola e chi non li ha cerca altre strade. In Italia come si diceva si dà molta colpa alle squadre ma io con loro ho lavorato per anni. Guardate Reverberi: a Paletti non ha messo limitazioni, ma qui è la famiglia che comincia ad avere perplessità, perché il ragazzo d’inverno rischia di avere un’attività ancor più stressante, fra allenamenti per la strada e le trasferte del fine settimana.
Luca Paletti sta gareggiando con regolarità, una rarità fra i pro’ italiani (foto Lisa Paletti)Luca Paletti sta gareggiando con regolarità, una rarità fra i pro’ italiani (foto Lisa Paletti)
Che cosa servirebbe allora per dare un’inversione di tendenza?
Semplice: una vagonata di denaro. Per fare un team di primo piano che agisca su tutto, come l’Alpecin, servono decine di milioni di euro e dove sono gli sponsor italiani che possono investire tanto? Che cosa si garantisce loro?
Torniamo però al punto di prima, gli stessi ragazzi che sono contrari anche a fare qualche semplice gara per allentare la preparazione. Toneatti ad esempio vuole concentrarsi sulla strada…
Qui entriamo in un altro campo: la consapevolezza di sé dell’atleta. Davide era nato come ciclocrossista, i suoi risultati li ha ottenuti lì, è con quelli che l’Astana l’ha preso. Ora rinuncia alla disciplina dove aveva più chance di emergere per puntare alla strada dove le porte sono obiettivamente chiuse.
Per la Realini il ciclocross è ormai un bel ricordo. Ma siamo sicuri che qualche gara senza assilli non sia utile?Per la Realini il ciclocross è ormai un bel ricordo. Ma siamo sicuri che qualche gara senza assilli non sia utile?
E in campo femminile?
Avviene un po’ lo stesso. La Realini ormai non fa più ciclocross, con lei ho parlato a lungo, non è per pressioni esterne ma più per delusioni avute in questo ambiente, ad esempio la mancata convocazione per i mondiali americani. La Persico ha staccato la spina e forse farà qualche gara fra dicembre e gennaio, ma il 2024 è anno olimpico e lei può ambire non solo a partecipare a Parigi. Sono tutte cose che devi mettere nel conto: Silvia ha pagato l’attività nel ciclocross in questa stagione faticando a trovare la miglior forma perché non si era fermata mai. Lei al mondiale potrebbe anche far bene, ma le servono almeno 5-6 gare per trovare la forma.
Poi però ci sono casi come la Venturelli che reclama addirittura la possibilità di competere anche d’inverno perché le dà la carica per affrontare la preparazione…
Ma lei è junior, siamo sicuri che le cose non cambieranno passando di categoria? Io credo che la vedremo sempre meno nel ciclocross per privilegiare strada e pista, perché i suoi orizzonti sono già proiettati verso Los Angeles 2028, lì potrà davvero scrivere pagine storiche per tutto lo sport italiano. Intanto però non credo che quest’anno la vedremo spesso sui prati…
In Italia l’attività è aumentata, i praticanti anche, ma mancano reali investimenti (foto Lisa Paletti)In Italia l’attività è aumentata, i praticanti anche, ma mancano reali investimenti (foto Lisa Paletti)
Fa bene Pontoni a lavorare quasi esclusivamente sui giovani?
Che altro dovrebbe fare? Talenti veri non ce ne sono, quelli che abbiamo come Bertolini si sono persi inseguendo fantasmi come una convocazione olimpica nella mtb penalizzando quella che era la sua via preferenziale. Puoi lavorare sulle categorie giovanili, far crescere i ragazzi, poi loro prenderanno la direzione più redditizia e certamente non è il ciclocross perché chi ci investe sopra?
Wout Van Aert piega Colbrelli alla Omloop Het Nieuwsblad. Ma prima di stupire per il racconto della corsa, dice parole chiare contro la guerra. Chapeau!
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Qualche giorno fa è stato assegnato il prestigioso Velo d’Or, che premia il migliore e la migliore ciclista dell’anno. Lo hanno vinto Jonas Vingegaard e Demi Vollering. Certamente due protagonisti assoluti della stagione 2023. Il danese ha rivinto il Tour e dominato moltissime altre corse. Vollering ha vinto praticamente tutto!
Anche noi di bici.PRO abbiamo stilato una nostra lista di favoriti e favorite. Da questa sono usciti tre nomifra gli uomini e tre fra le donne. Ecco chi abbiamo scelto e perché…
L’azione splendida di Vollering sul Tourmalet, il Tour Femmes è suoQuanta sostanza per Kopecky, che è anche campionessa belgaRealini ha iniziato con un ottimo UAE Tour e proseguito fino al podio del Tour de l’Avenir FemmesL’azione splendida di Vollering sul Tourmalet, il Tour Femmes è suoQuanta sostanza per Kopecky, che è anche campionessa belgaRealini ha iniziato con un ottimo UAE Tour e proseguito fino al podio del Tour de l’Avenir Femmes
Le tre donne
Partiamo dalle donne. Le più votate, quasi un plebiscito, sono state Lotte Kopecky e Demi Vollering. L’altra prescelta è una piccola ma tostissima giovane, per di più italiana, Gaia Realini.
VOLLERING – Per l’olandese parla il suo bottino: Strade Bianche, Amstel Gold Race, Freccia Vallone, Liegi, Tour de France, Vuelta Burgos, Romandia. Un filotto pazzesco che dice della solidità di questa atleta. Una solidità che non è figlia di un’annata di fuoco e fiamme, o di un exploit estemporaneo, ma di una crescita costante. Se l’exploit c’è stato è perché lei è migliorata ancora e alcune senatrici hanno iniziato a pagare dazio o sono state sfortunate: Van Vleuten, Vos, Longo Borghini.
KOPECKY – Anche per Lotte a parlare è il suo bottino, ma forse quel che ha stupito di più è la sua prestazione sul Tourmalet al Tour de France Femmes. Una “quasi velocista pura” che riesce a difendere il podio di un GT in cima ai Pirenei: pazzesco. Così come pazzesca è stata la sua squadra. Questo rendimento è dovuto, come più volte ci ha detto Elena Cecchini, anche ad un grande clima di amicizia e competizione che si respira nella Sd Worx (ricordiamo che anche Vollering ne fa parte, ndr). In più, come ha sottolineato il nostro Gabriele Gentili, lei è una che comanda anche su pista…
REALINI – L’Italia è in nomination con Gaia! La piccola e grintosa abruzzese della Lidl-Trek è stata colei che più è cresciuta. Si è ritrovata a lottare con le giganti nelle gare elite e ha sfiorato il colpaccio al Tour Femmes U23. Classiche o gare a tappe, Realini è sempre stata presente. In salita vanta numeri importanti. Chissà che un giorno il Velo d’Or, quello vero, non possa essere suo.
Mondiale cross, Sanremo, Roubaix e mondiale strada: il 2023 di Van der Poel è stellareSepp Kuss vince la Vuelta. Il sogno è realtàTadej Pogacar al Giro Lombardia: una grinta pazzescaMondiale cross, Sanremo, Roubaix e mondiale strada: il 2023 di Van der Poel è stellareSepp Kuss vince la Vuelta. Il sogno è realtàTadej Pogacar al Giro Lombardia: una grinta pazzesca
I tre uomini
Passiamo poi agli uomini. Vi anticipiamo che d’Italia qui non ce n’è… e probabilmente non ne siete sorpresi. I tre più votati dalla redazione di bici.PRO sono Mathieu Van der Poel, Tadej Pogacar e Sepp Kuss.
VAN DER POEL – La prima nomination è quasi scontata: Mathieu il campione del mondo su strada e del cross. Il re di Sanremo e Roubaix. L’apripista perfetto per Philipsen. Il giudizio? Vi proponiamo quello del nostro direttore, Enzo Vicennati, che tra l’altro fa parte della giuria del Velo d’Or.
«Van der Poel – sostiene Vicennati – si è trasformato in cecchino, aggiustando in una sola stagione gli errori di generosità che in passato lo hanno portato a sprecare occasioni su occasioni. Probabilmente il VdP di due anni fa sarebbe arrivato sfinito al mondiale. In questo ciclismo che non perdona il minimo errore, l’olandese ha messo a frutto le proprie esperienze (ha disputato “solo” 46 giorni di gara, di cui 21 al Tour de France, ndr) e i consigli di chi ha accanto, mettendo la sua capacità di fare spettacolo nelle occasioni più grandi».
POGACAR – Vince o non vince, anzi… vince, Tadej c’è sempre. E come non potrebbe essere così? Diverte, si fa voler bene come pochi, accetta sfide e sconfitte e quando non ci arriva con le gambe ci mette astuzia e una fame da novellino, vedasi l’ultimo Giro di Lombardia. Nel ciclismo da F1, lui è una F1, ma d’altri tempi, unico sin qui (nell’era moderna) in grado di vincere classiche Monumento come il Fiandre e i grandi Giri.
KUSS – Sapete quante corse ha disputato quest’anno Sepp Kuss? Appena cinque. Solo che tre di queste erano i grandi Giri, le altre due il UAE Tour e il Catalunya. Cinque corse nelle quali ha inanellato ben 77 giorni di gara. Il suo premio? La simpatia, la forza, la ribalta della storia del gregario che vince… la Vuelta. Chi non ha tifato per lui in Spagna? Pochi, molto pochi. Sepp è stato presente in tutte le vittorie dei grandi Giri della Jumbo-Visma. Al Giro d’Italia ha lottato come un leone e gioito come un bambino per Roglic. Al Tour è stato mostruoso in salita. E alla Vuelta il premio del via libera per una tappa si è trasformato nella vittoria. Una storia che non potevamo non nominare.
Tra i più votati, Roglic: la sua vittoria al Giro non era affatto scontata visto com’era messo in inverno con la spalla. Qui lo spettacolo del Lussari Tra i più votati, Roglic: la sua vittoria al Giro non era affatto scontata visto com’era messo in inverno con la spalla. Qui lo spettacolo del Lussari
Tocca a voi
Noi vi abbiamo dunque proposto i nostri candidati. Ognuno di noi doveva dare tre preferenze. Sono emersi anche i nomi di Vingegaard (in ballo fino all’ultimo), Roglic, Ganna, De Lie, Mohoric… e persino quello di un “debuttante” quale Marco Frigo. E non sono mancate la tenacia di Silvia Persico o la classe di Marlene Reusser. Giusto per citarne alcuni.
Un po’ come al Festival di Sanremo siamo stati la “giuria tecnica”, diciamo così, ora c’è il “televoto”! Da VdP a Vollering, la palla passa a voi…
Sulle pagine social, troverete le indicazioni per scegliere il vostro favorito tra questi sei nomi. Una sola preferenza per assegnare il “nostro” campione e la “nostra” campionessa dell’anno.
Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel con Bartoli un anno dopo. Il grande ex toscano, oggi preparatore, aveva stilato un bilancio e un’analisi tra i due. Dopo una stagione tanto diversa per l’olandese e il belga non possiamo non riprendere il discorso.
Ma prima un rapidissimo sunto di cosa è stato il loro 2023. Van der Poel vince il mondiale di cross a gennaio in volata sul rivale, ma perdendo quasi tutti i duelli di avvicinamento con Van Aert. Segue un periodo di stacco molto simile, poi una primavera che si chiude per entrambi con la Roubaix. Il Tour, il mondiale (Van Aert ha fatto anche la crono, Van der Poel no) e poi un finale leggermente differente.
In totale 46 giorni di gara su strada per Van der Poel, 54 per Van Aert. I due quest’anno hanno gareggiato insieme 31 volte: in 17 occasioni è arrivato prima Van Aert, in 14 Van der Poel. Solo che il corridore della l’Alpecin-Deceuninck ha vinto alla Roubaix, alla Sanremo e al mondiale.
Michele, partiamo appunto dal quadro d’insieme della loro stagione. Che idea ti sei fatto?
Il rendimento è stato super per entrambi, il risultato super per uno solo, Van der Poel chiaramente. Io pendo per Van Aert, ma in quanto all’essere vincenti, se VdP continua così gli dà un bel distacco.
Mondiale di cross, VdP batte Van Aert e da quel momento l’annata prende la direzione in favore dell’olandeseMondiale di cross, VdP batte Van Aert e da quel momento l’annata prende la direzione in favore dell’olandese
Come mai questa differenza?
Perché Van Aert è troppo generoso, è sempre preso anche nelle dinamiche di squadra. Lui è sempre protagonista anche nelle corse a tappe, grandi o piccole che siano. Mentre Van der Poel si stacca, recupera, non fa la stessa fatica e questo oltre che dargli un risparmio fisico, gli porta anche un risparmio di energie mentali. Lo fa essere più “cattivo”, più pronto nelle tappe in cui punta. Il che è fisiologico.
Chiaro…
Accumuli voglia, desiderio, puoi fare un picco più marcato. Su 60 gare, Van Aert ne fa 55 a tutta, Van der Poel ne fa 20, ma quelle 20 le centra.
Ci avevi detto che prima o poi avrebbero dovuto scegliere se continuare con il ciclocross. Inizieranno a pensarci davvero? Van Aert ha detto che vorrebbe fare qualcosa di meno in tal senso…
Quella era ed è la mia idea. Anno dopo anno il non staccare diventa pesante sul piano psicologico. Poi magari loro hanno una grande convinzione e mentalmente sono ben predisposti, ma con l’andare avanti dell’età le cose cambiano. A me per esempio se a 27-28 anni avessero detto che a 33 non avrei più avuto la stessa voglia, li avrei presi per matti. Gli avrei risposto che avrei corso fino a 40 anni. Ma poi a un certo punto inizi ad avere più bisogno di recupero. E’ anche vero che loro di super hanno tanto e di umano poco!
Van der Poel al lavoro per Philipsen, l’olandese quest’anno è stato anche gregarioVan der Poel al lavoro per Philipsen, l’olandese quest’anno è stato anche gregario
Michele, quanto conta anche l’aspetto economico riguardo al cross? Oppure lo fanno per solo passione? O magari per abitudine?
Io dico passione. Chiaro che la parte economica ha importanza ma credo che loro non abbiano bisogno di quello.
E facendo un discorso di preparazione, se lo ritrovano o è un boomerang?
Gli serve, è un beneficio. Sono sforzi intensi che da giovane allenarli ha poca importanza, da grandicelli ne ha di più, da “vecchi” si dovrebbe fare solo quel tipo di sforzo, perché i fuorigiri si perdono più facilmente.
Ma questo non cozza un po’ col discorso che il cross li logora?
Ma conta anche la mente. Quel tipo di allenamento lo si può ricreare anche senza cross. Se lo fanno non è un danno. Non dico che gli faccia bene, ma dico che non gli fa male. Poi c’è un aspetto da valutare: la percezione della fatica non è sempre uguale. Ad una certa età ti sembra stare al 100 per cento, a tutta, e invece sei al 90 ed è lì che cala la prestazione. Tu magari potresti ancora rendere in quel modo, ma non sopporti più fatica allo stesso livello.
All’europeo Van Aert è 2°: pochi “millimetri” che secondo Bartoli sono dovuti ad un maggior dispendio energeticoAll’europeo Van Aert è 2°: pochi “millimetri” dovuti forse ad un maggior dispendio energetico
Nelle “non vittorie” di Van Aert, incidono gli ordini di scuderia? L’altro invece ha carta bianca…
Non so come siano organizzati in Jumbo-Visma e come gestiscano certe dinamiche, ma Van Aert ha più responsabilità e spesso le prende da solo… proprio perché è un generoso. Però devo dire che anche VdP si è messo nei panni dell’aiutante. E anche bene, ma solo per Philipsen. L’altro aveva Vingegaard, Roglic, Kooij, Kuss… VdP doveva lavorare nei finali in pianura, l’altro in salita.
Dopo questa stagione Van Aert lo patisce psicologicamente?
Un po’ credo di sì. Col carattere che avevo io, sapendo che in volata mi avrebbe battuto o che già era davanti, avrei dato una frenatina per fare quarto. Non sarei salito sul podio con quel tipo di rivale. Mi avrebbe dato fastidio.
Van Aert ha anche le crono, VdP la Mtb, ma l’ha gestita col contagocce…
Io infatti non sono sorpreso per i risultati, ma proprio per la sua gestione. VdP è stato bravo. Così come approvo che la sera finale del Tour se ne sia stato tranquillo e non sia andato alla cena con gli sponsor. In certi momenti, al termine di una gara di tre settimane e con un mondiale in testa, stare fuori anche solo due ore in più equivale ad un mese
All’epilogo del 2023 su strada manca pochissimo, col calendario che prevede gli ultimi impegni di classe 1.Pro e World Tour. In questi giorni si sta correndo ancora in Turchia, in Veneto, in Cina e in altri angoli più isolati del mondo. Tutte gare che per qualche corridore potrebbero riequilibrare (parzialmente o meno) l’annata ma che non andrebbero a stravolgere la graduatoria di chi ha convinto o di chi è stato al di sotto delle aspettative.
Abbiamo voluto interpellare Luca Gregorio (che ci ha anticipato ciò che ha detto nel suo podcast) e Francesco Pancani, rispettivamente le prime voci delle telecronache Eurosport e Rai Sport, per conoscere i loro personalissimi “top&flop” della stagione. Un compito forse meno scontato del previsto.
Il rischio di trovarsi di fronte all’imbarazzo della scelta, sia in positivo che negativo, nell’esprimere i propri verdetti c’era eccome.
Sia per Gregorio che per Pancani, Pogacar e Vingegaard sono stati indubbiamente due top del 2023Sia per Gregorio che per Pancani, Pogacar e Vingegaard sono stati indubbiamente due top del 2023
I promossi
Sentiamo che nomi ci hanno dato, motivandoli con il loro stile e non necessariamente in ordine di importanza. E partiamo dai promossi.
GREGORIO: «Inizio da Tadej Pogacar. E’ semplicemente il migliore. Numero uno della classifica mondiale, sempre sul pezzo da febbraio a ottobre. Protagonista nelle classiche e nelle corse a tappe. Vogliamo dirgli qualcosa? Fiandre e Lombardia (il terzo di fila come Coppi e Binda) nello stesso anno. Pazzesco».
PANCANI: «Filippo Zana. Parto con i cosiddetti top sotto un’ottica diversa, inserendo due nomi italiani. Il primo è il veneto della Jayco-AlUla. Personalmente ero molto curioso di vederlo in un team WorldTour e penso che abbia dimostrato grande personalità. La vittoria a Val di Zoldo al Giro d’Italia è la ciliegina sulla torta della sua stagione, oltre alla generale allo Slovenia. Però più che questi successi, mi è piaciuta la regolarità con cui ha lavorato alla grande per i suoi capitani».
GREGORIO: «Il secondo nome che faccio è Mathieu Van der Poel, un cecchino infallibile. Anno magico per lui e per questo merita il premio, per me, di migliore del 2023. Sanremo, Roubaix e un Mondiale da leggenda nel giro di sei mesi. Fenomenale».
Senza dubbio Filippo Zana è stata una delle belle conferme (o sorprese?) della stagione, specie per PancaniSenza dubbio Filippo Zana è stata una delle belle conferme (o sorprese?) della stagione, specie per Pancani
PANCANI: «Dico Filippo Ganna perché secondo me anche il giorno che non correrà più sarà sempre un top. Ha fatto un grande inizio di stagione con un bellissimo secondo posto alla Sanremo e pure durante la stagione, specie nel finale alla Vuelta, si è riscoperto anche velocista. Poi, anche se non parliamo di strada, non posso dimenticare quello che ha fatto in pista ai mondiali di Glasgow nell’inseguimento individuale».
GREGORIO: «Proseguo con Jonas Vingegaard, a mio parere il più forte corridore attuale nei grandi giri a tappe. Dominante in salita, efficace a crono, sempre sul pezzo e con attorno una squadra super. Ha vinto anche Baschi e Delfinato e avrebbe potuto prendersi pure la Vuelta. Ice-man».
PANCANI: «Ovviamente Tadej Pogacar. E’ un corridore che vince da febbraio ad ottobre e non si tira mai indietro. Ha vissuto una primavera fantastica vincendo Parigi-Nizza, Fiandre, Amstel e Freccia. Solo una caduta alla Liegi lo ha messo fuori gioco compromettendogli la preparazione al Tour. Nonostante tutto in Francia ha ottenuto il suo quarto podio finale. Ha fatto secondo, un piazzamento che pesa. Ha chiuso poi alla grande col Lombardia».
GREGORIO: «Aggiungo Primoz Roglic. Ha vissuto la stagione dei sogni. Il suo peggior risultato è un quarto posto, ovviamente non considerando i piazzamenti nelle tappe parziali di un grande giro. Può piacere o meno come stile e modo di correre, ma è quasi infallibile. Giro d’Italia, Tirreno, Catalunya, Emilia, terzo alla Vuelta. Il modo migliore per salutare i calabroni. Garanzia».
Uno splendido Roglic sfila in rosa sulle strade di Roma. E questo non è stato il suo unico grande risultato, ha ricordato GregorioUno splendido Roglic sfila in rosa sulle strade di Roma. E questo non è stato il suo unico grande risultato, ha ricordato Gregorio
PANCANI: «Un altro che non può mancare è Mathieu Van der Poel. Credo che sia veramente l’unico corridore che riesca ad entusiasmare il pubblico col suo modo sfrontato anche più dello stesso Pogacar. VdP quest’anno ha centrato tutti gli obiettivi che si era prefissato. Sanremo, Roubaix e mondiale. Già queste valgono una carriera, figuratevi una stagione. E come le ha vinte. Caro Mathieu, per me sei il top del 2023».
GREGORIO: «Infine dico Wout Van Aert. Questa quinta menzione dovrebbe essere per Evenepoel (cifre alla mano), ma scelgo Van Aert perchè è una benedizione per questo ciclismo. C’è sempre. Comunque e dovunque. E’ vero, ha vinto poco e non corse di primo piano, ma nello stesso anno ha fatto secondo al Mondiale e all’Europeo, terzo alla Sanremo e alla Roubaix, quarto al Fiandre e ha regalato una Gand a Laporte. Commovente».
PANCANI: «Il mio ultimo nome è Jonas Vingegaard. Forse è il meno personaggio fra tutti i suoi rivali e personalmente mi piace moltissimo questo suo essere naturale, con atteggiamenti apparentemente distaccati. E’ andato forte da inizio stagione. Al Tour ha cotto a fuoco lento Pogacar e gli altri. La crono di Combloux è stata qualcosa di incredibile. Si è meritato una menzione anche perché è andato alla Vuelta, correndola da protagonista e finendola col secondo posto. Per me ha preso ulteriore consapevolezza dei suoi mezzi».
Tanto impegno non è bastato a Carapaz, a dire il vero anche sfortunato. Richard è tra i bocciati di peso di PancaniTanto impegno non è bastato a Carapaz, a dire il vero anche sfortunato. Richard è tra i bocciati di peso di Pancani
I bocciati (o rimandati)
Si passa poi alle note dolenti. E qui non mancano le sorprese, come Vlasov per esempio, ma anche i giudizi concordi. Scopriamoli…
GREGORIO: «Enric Mas. il primo anno del post-Valverde sarebbe dovuto essere quello della consacrazione per il maiorchino. Zero vittorie e un sesto posto (anonimo) alla Vuelta ci hanno raccontato il contrario. Eterno incompiuto».
Tra i bocciati di Gregorio figura il russo Vlasov. Un potenziale non espresso del tutto, come MasTra i bocciati di Gregorio figura il russo Vlasov. Un potenziale non espresso del tutto, come Mas
PANCANI: «Wout Van Aert. Inizio andando controcorrente. Sembrerà quasi un’offesa perché parlo di un grandissimo atleta ed uno dei fenomeni di questi anni. Il belga della Jumbo-Visma però sta allungando la sua lista di secondi e terzi posti che lo rendono sempre più una sorta di “Paperino” del ciclismo. E onestamente mi fa molto male vederlo così. Diciamo che lo definirei un flop di stimolo».
GREGORIO: «Alexander Vlasov. La Bora lo aveva preso nel 2022 per puntare almeno al podio in un GT. Quest’anno, come sempre, ha chiuso in crescendo. Ma non basta. Stesso discorso di Mas. Buon potenziale, ma resa non all’altezza. Vorrei ma non posso».
PANCANI: «Voglio esagerare in modo un po’ provocatorio e dico Remco Evenepoel. E’ vero che ha vinto la Liegi, pur con la fuoriuscita di Pogacar qualcuno potrebbe dire, ed il mondiale a crono ma in altri appuntamenti ha steccato. Al Giro, per tanti motivi. Alla Vuelta è andato fuori classifica subito e al Lombardia, sempre complice anche una caduta, non ha fatto risultato. E’ uno dei tanti talenti attuali e forse quest’anno sui piatti della bilancia pesano più gli obiettivi mancati che i successi».
GREGORIO: «Fabio Jakobsen. Sette vittorie all’attivo (solo la tappa alla Tirreno, però, pesa), ma da uno dei primi 2-3 velocisti al mondo era lecito attendersi molto di più. Cambierà aria (Dsm) e speriamo gli faccia bene».
PANCANI: «Fabio Jakobsen. Sono completamente d’accordo con Luca. Anch’io da un velocista come lui mi aspettavo tanto ma tanto di più».
Chiudiamo con un bocciato in comune: Jakobsen. Nonostante tutto ha messo nel sacco 7 corseChiudiamo con un bocciato in comune: Jakobsen. Nonostante tutto ha messo nel sacco 7 corse
GREGORIO: «Julian Alaphilippe. Mi piange il cuore perché è il mio idolo indiscusso, ma vedere Loulou confinato a gregario di lusso a 31 anni mi fa sanguinare. Due vittorie appena e ormai nemmeno mai in gara per un buon piazzamento nelle classiche. Fine della storia?».
PANCANI: «Richard Carapaz. Diciamo che è stato bravo a nascondersi fino a luglio cogliendo solo una vittoria a fine maggio. Al Tour è stato sfortunato con una brutta caduta alla prima tappa ma forse aveva sbagliato ad improntare la sua stagione solo con la gara francese. E’ stato buono il recupero di condizione nel finale di stagione con alcuni bei piazzamenti ma potevamo aspettarci qualcosa di più».
GREGORIO: «Hugh Carthy. Il terzo posto alla Vuelta del 2020 ci aveva fatto pensare a un corridore potenzialmente in crescita. Ma il britannico ha bucato anche questo 2023. Mi viene da pensare solo a una cosa. Meteora».
PANCANI: «David Gaudu. Dopo il secondo posto alla Parigi-Nizza era lecito aspettarsi qualcosa in più da un corridore che è una promessa da un po’. Di fatto ha costretto Demare a lasciare la Groupama-Fdj per avere la squadra al suo servizio al Tour, dove ha chiuso nono nella generale. E anche nelle classiche non ha inciso. Al momento non sembra essere lui il primo francese che potrebbe rivincere il Tour. In ogni caso, nel 2024 deve fare il definitivo salto di qualità».
Mathieu Van der Poel si laurea campione del mondo di ciclocross. Attacca dall'inizio e mette Van Aert alle corde. Un vero show. Anche Van Aert applaude
La bicicletta detentrice del titolo di campione del mondo di ciclocross, la Canyon Inflite CFR, si rifà il look. Si tratta di un modello iconico per la disciplina, con cinque titoli iridati alle spalle, ma il processo di innovazione non si ferma mai. Così Canyon ha portato degli importanti aggiornamenti: il più importante è il passaggio interno dei cavi. Una scelta che porta a un design estremamente pulito.
Canyon ha vinto cinque titoli mondiali nel ciclocross, l’ultimo con Van Der Poel a inizio 2023Canyon ha vinto cinque titoli mondiali nel ciclocross, l’ultimo con Van Der Poel a inizio 2023
Tante migliorie
Il segreto del successo è non fermarsi mai, Canyon non si è accontentata delle vittorie ottenute con la Inflite CFR. La forcella è stata revisionata, così come l’Aerocockpit CP0018, reso regolabile in larghezza e altezza. Queste migliorie aiutano a instradare tutti i cavi, consentendo di trasportare la bicicletta senza problemi per ottenere un chiaro vantaggio competitivo sul percorso da cross. I ciclisti possono quindi allargare o stringere l’aerocockpit a seconda del percorso: più stretto per guadagnare in aerodinamica, più largo per ottenere una maggiore leva.
Nelle competizioni di massimo livello, dove sono i dettagli a fare la differenza, tutto dev’essere perfetto. Per questo Canyon per le Inflite CFR ha scelto i movimenti centrali Ceramic Speed, per prestazioni resistenti e veloci che durano nel tempo.
Canyon e Van Der Poel hanno portato il loro dominio anche su strada nel 2023Canyon e Van Der Poel hanno portato il loro dominio anche su strada nel 2023
Ispirazione mondiale
La collezione 2024 delle Inflite CFR di Canyon ha a disposizione una nuova gamma di colori tra cui scegliere. Tutte scelte ispirate al mondo dei professionisti, tra cui un’esclusiva colorazione Team Alpecin-Deceuninck sull’Inflite CFR Di2 Team.
La guidabilità della Canyon Inflite CFR è senza eguali, rapida e scattante nello stretto, ma anche capace di grandi velocità quando il percorso lo richiede, come la lunghissima volata con cui Van Der Poel si è aggiudicato il mondiale a Hoogerheide. «La maneggevolezza della Inflite – ha detto il campione del mondo in carica – è estremamente prevedibile. Una cosa che apprezzo molto in una bici da corsa».
Le opzioni per Canyon sono cinque, tra cui la Inflite CFR Team LTD con gruppo monocorona SRAMLe opzioni per Canyon sono cinque, tra cui la Inflite CFR Team LTD con gruppo monocorona SRAM
Diversi equipaggiamenti
Canyon offre per la Inflite CFR cinque scelte diverse di equipaggiamento: due di alta gamma e altre tre di media gamma.
Il primo modello di alta gamma è la Inflite CGR Di2 Team. La scelta è ricaduta sulla trasmissione Shimano Dura Ace Di2 a 12 velocità con doppia corona 36-46 e cassetta 11-34. Le ruote, in carbonio, sono le CRC 1100 Spline della linea top di DT Swiss, con misuratore di potenza Rotor Aldhu 24 Inspider integrato nella pedivella. Prezzo 7.449 euro.
Il secondo modello di alta gamma è la Inflite Team LTD che utilizza un gruppo SRAM Red one-by, quindi monocorona da 40 denti e cassetta 10-36. Misuratore di potenza Quarq integrato nella pedivella e le stesse ruote DT Swiss CRC 1100 del modello sopra. Prezzo 7.449 euro.
I modelli di riferimento per chi si affaccia per la prima volta a questa disciplina sono tre: CF SLX8 equipaggiato con gruppo SRAM Force, con misuratore di potenza Quarq e la CF SLX 8 Di2, che monta il gruppo Shimano Ultegra Di2, con misuratore di potenza Rotor. Entrambe montano ruote a sezione profonda CRC 1400 Spline di DT Swiss. I prezzi sono rispettivamente 4.999 e 5.499 euro.
L’ultima proposta di Canyon è la Inflite CF SL 7 eTap da 3.999 euro, dotata di una configurazione SRAM Rival eTap AXS, di un misuratore di potenza Quarq, di un veloce sistema di scanalatura DT Swiss CRC 1600.
Dopo il 2° posto a Vermiglio e la vittoria di Namur, abbiamo chiesto a Lorenzo Masciarelli di descriverci Vanthourenhout, con cui si allena e da cui impara
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L’idea che quella di Glasgow potesse essere l’ultima corsa della stagione è stata presto abbandonata, per cui Mathieu Van der Poel tornerà in gara su strada domani a Plouay. Il suo calendario è stato ridisegnato per gratificare la maglia di campione del mondo e permettere all’olandese di avvicinarsi meglio ai prossimi obiettivi.
«Il divario tra Glasgow e l’inizio della stagione del cross sarebbe troppo grande – ha spiegato Christoph Roodhooft, l’artefice dei successi sportivi del campione del mondo a Het Nieuwsblad – quindi al suo calendario sono state aggiunte alcune prove. Con quale scopo? Fa poca differenza per il suo palmares se vince a Plouay o Fourmies, anche se sono grandi gare. Essere presenti da campione del mondo è il motivo principale. Mathieu vuole assolutamente partecipare anche al test event di mountain bike prima dei Giochi Olimpici (23 settembre, ndr), quindi ha dovuto tenersi in allenamento. Non ci sono obiettivi specifici, ma si spera che da qualche parte si riesca anche a fare risultato».
La prima uscita in maglia iridata, al criterium Profronde Van Etter-LeurLa prima uscita in maglia iridata, al criterium Profronde Van Etter-Leur
Vacanze finite
Il programma prevede dunque Plouay, il GP Fourmies (10 settembre), GP Wallonie (12 settembre), Super8 Classic (16 settembre) e Circuit Franco-Belge (28 settembre): ad eccezione del Super8 sono tutte classiche a cui Van der Poel non ha ancora mai partecipato.
«Era tutto un fatto di pianificazione – ha approfondito Roodhooft – per cui capitava che non si adattassero alla sua preparazione per il campionato del mondo, oppure alla preparazione per la stagione di ciclocross. Non era certo un fatto di volerle o non volerle fare. Il percorso di Plouay gli si addice, ma naturalmente c’è stata una certa… decompressione dopo i mondiali. Dopo la delusione nella mountain bike (Van der Poel è caduto in partenza e ha dovuto ritirarsi, ndr) Mathieu è andato in vacanza per qualche giorno. Poi però ha iniziato ad allenarsi bene e ho l’impressione che stia andando abbastanza bene. E non dimentichiamo che è settembre per tutti. La maglia iridata gli rende impossibile pedalare in modo anonimo. Ma anche senza averla indosso, per Mathieu era quasi impossibile».
Mathieu insieme al campione europeo Jakobsen. VDP non sarà in gara a Drenthe il 24 settembreMathieu insieme al campione europeo Jakobsen. VDP non sarà in gara a Drenthe il 24 settembre
Continuare al top
Van der Poel ha vinto solo cinque corse in questa stagione, ma fra queste ci sono la Milano-Sanremo, la Parigi-Roubaix e il campionato del mondo.
«E quelle sono le corse in base alle quali viene giudicato – ha proseguito il suo tecnico – per me può vincere 25 gare, ma ci aspettiamo tutti che vinca gare come Sanremo, Fiandre o Roubaix. La quantità non è importante, conta la qualità. Nel team ci occupiamo anche del suo benessere mentale. Oggi ha 28 anni: questa è una fase cruciale della sua carriera. Se la supera bene, può continuare a correre ad alto livello per qualche altro anno. Spesso si vedono i migliori talenti svanire dopo questa fase della loro carriera, intorno ai trent’anni. Facciamo tutto il possibile per impedirlo, perché semplicemente andare avanti in modo anonimo non è nel suo carattere. O continua nel modo giusto, oppure non continua».
Per il campione olandese sempre tanta passione da parte dei fans, ancor più dopo il titolo mondialePer il campione olandese sempre tanta passione da parte dei fans, ancor più dopo il titolo mondiale
Pressione e salute
E qui Roodhoft ha spalancato la porta su uno dei problemi che sta determinando da qualche anno il nuovo corso del ciclismo e aumentando la pressione sugli atleti, soprattutto sui più forti, arrivando a ritiri clamorosi come quello di Tom Dumoulin.
«Corrono molto meno, ma sono sempre in bicicletta. All’interno di questo approccio completamente nuovo, fatto di allenamento in quota e controllo rigoroso del cibo, spetta a noi garantire il benessere mentale. Ormai correre significa lavorare per obiettivi, cercare di essere forti al momento giusto e in modo sano».
La recente rassegna iridata di Glasgow è sicuramente destinata a lasciare un segno importante nella storia del ciclismo. Si è infatti trattato dei primi campionati del mondo multidisciplinari che hanno visto Glasgow e la Scozia per dieci giorni come centro del mondo a pedali.
I mondiali scozzesi saranno ricordati anche per le tante vittorie ottenute da atleti in sella a biciclette Canyon, a cominciare da Mathieu Van der Poel (foto di apertura Kramon), vincitore della gara regina con la sua Aeroad CFR.
Mathieu Van Der Poel è il primo atleta della storia ad essere campione del mondo sia su strada che nel ciclocross (foto Kramon)Mathieu Van Der Poel è il primo atleta della storia ad essere campione del mondo sia su strada che nel ciclocross (foto Kramon)
Dalla strada alla pista
Anche se in Scozia non era prevista una competizione ufficiale fra i diversi costruttori di bici, Canyon può tranquillamente fregiarsi di una simbolica maglia di campione del mondo. Partendo dalla strada, passando per la mountain bike e terminando con la pista, gli atleti che hanno gareggiato su biciclette Canyon hanno vinto ben 12 medaglie d’oro e per ben 23 volte sono saliti sul podio.
Questi risultati sono la conferma di come il brand tedesco sia da sempre altamente innovativo ma soprattutto vincente. Nel favorire lo sviluppo di modelli sempre più efficienti e innovativi un ruolo di primo piano l’ha svolto l’Innovation Lab presente all’interno della nuova sede Canyon di Coblenza.
Non solo VdP
Come detto, la vittoria che ha fatto maggiormente parlare è stata quella di Mathieu Van der Poel, che in un solo anno ha saputo conquistare il titolo di campione del mondo su strada e nel ciclocross. Accanto a lui ha brillato la giovane stella danese Albert Philipsen, capace in pochi giorni di conquistare nella categoria juniores il titolo di campione del mondo su strada e in mountain bike nel cross-country.
Al fianco degli atleti che hanno gareggiato su pista c’era la nuova Speedmax CFR Track
Una storia a parte la merita sicuramente l’americana Chloe Dygert in grado di trionfare sia nella prova a cronometro che in pista nell’inseguimento individuale. Al suo fianco la nuova Speedmax CFR Track, l’ultima novità di casa Canyon per le prove a cronometro e su pista.
Obiettivi raggiunti
La rassegna mondiale di Glasgow ha permesso a Canyon di raggiungere diversi obiettivi, e non solo da un punto di vista prettamente sportivo. A confermarlo è Nicolas de Ros Wallace, amministratore delegato dell’azienda tedesca.
«Il nostro obiettivo per gli investimenti nello sport professionistico – ha dichiarato de Ros Wallace – è supportare gli atleti nel loro viaggio verso il successo. Il prezioso contributo che forniscono ci consente di innovare e perfezionare continuamente la nostra serie CFR. Questo a sua volta ci aiuta a realizzare le migliori biciclette per i nostri clienti. I risultati ottenuti dagli atleti Canyon confermano il nostro impegno nel creare le bici migliori al mondo. Inoltre, i loro risultati rafforzano la nostra dedizione nel supportare imprese eccezionali e prestazioni di livello mondiale, aprendo la strada a innovazioni rivoluzionarie e ispirando nelle persone la passione per il ciclismo».
Quello di Etten-Leur lo chiamano “il campionato del mondo dei criterium”, forse anche per la ricchezza che viene messa ogni anno sul piatto e che permette di attirare anche i campioni più ritrosi. L’anno scorso ad esempio, nessuno riuscì ad attirare il vincitore del Tour Jonas Vingegaard, tranne loro. Tutto grazie a una serie di generosi sponsor olandesi e ai 280 euro con cui migliaia di vip pagano il loro posto nell’area riservata.
La Canyon Aeroad di Van der Poel s’è vestita dell’iride, come la sua “sorellina” nel ciclocrossLa Canyon Aeroad di Van der Poel s’è vestita dell’iride, come la sua “sorellina” nel ciclocross
Il jet per Van der Poel
Per il Criterium di Etten-Leur, cittadina del Brabante Settentrionale al confine con il Belgio, si fanno delle vere e proprie follie, come ad esempio andare in Spagna con un volo privato per prelevare il campione del mondo Mathieu Van der Poel e portarlo a correre. Sono partiti sabato sera, sono riusciti ad atterrare all’aeroporto di Malaga e da lì, con il prezioso passeggero iridato a bordo, sono atterrati a Breda. Dall’aeroporto, sono bastati quindici minuti per arrivare nel centro della festa.
«Avevano già insistito dopo il Tour – ha ammesso Van der Poel, stupito – ma io avevo declinato l’invito. Però dopo il mondiale ho pensato che avrei dovuto mostrare la maglia da qualche parte e tutto sommato Etten-Leur non è molto lontano da dove vivo. Così ho potuto indossare per la prima volta la maglia iridata. Avevo già la valigia pronta, si è trattato solo di tornare a casa un giorno prima del previsto».
Van der Poel ha anticipato di un giorno il rientro dalle vacanze a bordo di un jet privatoVan der Poel ha anticipato di un giorno il rientro dalle vacanze a bordo di un jet privato
Tre giorni a Marbella
Chi magari pensava che l’olandese fosse in Spagna per il solito ritiro, prenderebbe una cantonata. Van der Poel infatti si è concesso una meritatissima vacanza dopo il Tour, il mondiale strada di Glasgow e quello finito troppo presto sulla mountain bike.
«Dopo quella caduta – ha raccontato a Het Nieuwsblad – ero così rigido che ho passato comunque due giorni sulla bici per recuperare un po’ di elasticità. Poi ho trascorso tre giorni a Marbella con un gruppo di amici e diciamo solo che ci sono state delle belle serate molto intense. Avevo bisogno di decompressione. Il mondiale è stato l’ultimo grande obiettivo della stagione, anche se forse non mi rendo ancora bene conto di quello che ho fatto. Forse ci riuscirò una volta che la stagione sarà davvero finita».
L’intrusa iridata: la belga Kopecky in Olanda fra le olandesi Vollering e Wiebes. Tutte di casa SD WorxL’intrusa iridata: la belga Kopecky in Olanda fra le olandesi Vollering e Wiebes. Tutte di casa SD Worx
Un salto a Parigi
Però quella caduta brucia, soprattutto considerando il suo orgoglio sconfinato. Per cui la sua vacanza e la successiva partecipazione al criterium olandese sono serviti per sentirgli ammettere qualcosa di più.
«Sto accarezzando l’idea – ha detto – di partecipare al test event di mountain bike a Parigi a fine settembre. Quindi dovrei continuare ad allenarmi e nel frattempo voglio anche correre qualche gara su strada. Non so ancora quale sarà il programma, molto dipenderà da come mi sentirò in allenamento. La voglia di mostrare la maglia c’è, ma se potessi scegliere, mi piacerebbe davvero tanto vincere il Fiandre con questo simbolo addosso».
Vollering a braccia alzate, come sul Tourmalet, come alla fine del Tour che ha vintoVollering a braccia alzate, come sul Tourmalet, come alla fine del Tour che ha vinto
Kopecky e il surf
A Etten-Leur c’era anche una ricca partecipazione femminile. Lotte Kopecky, chiaramente, ma anche Demi Vollering, con la sua maglia gialla del Tour e anche Annemiek Van Vleuten, olandese che a fine anno si ritirerà ma per i tifosi olandesi è ormai una leggenda.
Raccontano gli organizzatori (che per l’iridata della SD Worx non hanno dovuto mandare un aereo), che quando si è sparsa la voce della sua partecipazione, il sito internet del criterium è andato in crash, tanta è la sua popolarità anche in Olanda.
Anche Kopecky ha raccontato qualcosa di sé e dell’emozione iridata, ma anche lei forse non è ancora pienamente consapevole della portata del trionfo.
«E’ la prima volta che indosso questa maglia su una bicicletta – ha ammesso – non ho pedalato molto negli ultimi giorni. Una volta l’ho messa sulla tavola da surf (ridendo, ndr). L’ho trovato divertente, ma ho ancora bisogno di qualche lezione. Finalmente ho avuto una vacanza, cosa che non accade spesso. Mi sono davvero goduta quella settimana senza obblighi, ma per capire se adesso nella mia carriera cambierà qualcosa, dovremo aspettare le prossime settimane».
Anche per Kopecky una bici iridata, ma pantaloncino nero che incontra di più il suo gustoAnche per Kopecky una bici iridata, ma pantaloncino nero che incontra di più il suo gusto
Domenica Kopecky correrà la Schaal Sels a Merksem e forse sarà alla partenza della Classic Lorient a Plouay: «Ma soprattutto voglio divertirmi – ha detto a Het Nieuwsblad prima di lasciare Etten-Leur – senza alcun obiettivo. Voglio capire se c’è ancora grinta, voglio rilassarmi e quando posso, voglio dormire un’oretta di più. Diciamo che negli ultimi giorni non sono mancate le feste».