Pranzo Carrera Jeans, 25 ottobre 2025, Guido Bontempi, Massimo Ghirotto, Bruno Leali, Giancarlo Perini, Davide Boifava, fratelli Tacchella

Un pranzo fra amici e si riaccende la storia della Carrera

05.11.2025
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La squadra debuttò nel 1979 come Inoxpran e dal 1984 divenne Carrera. Andò avanti fino al 1996, vincendo tre Giri, un Tour e una Vuelta. Una Liegi, due Sanremo e un mondiale. Campioni come Visentini, Bontempi, Roche, Battaglin, Chiappucci e Pantani. Gregari come Ghirotto, Perini, Leali, Roscioli, Podenzana, Chiesa e Zaina, guidati da Boifava, Quintarelli e il giovane Martinelli.

E proprio quattro di loro il 25 ottobre si sono incontrati a Stallavena per un pranzo con Boifava e Quintarelli, a casa dei fratelli Tacchella, titolari di Carrera Jeans. Rivedere la foto di apertura ha risvegliato i ricordi dei primi anni (da sinistra, si riconoscono Boifava, in piedi c’è Eliseo Tacchella, poi Sandro Quintarelli, Imerio e Tito Tacchella, Perini, Leali e Bontempi). E così quel pranzo ce lo siamo fatto raccontare da Massimo Ghirotto, che dopo essere stato corridore è salito in ammiraglia, ha rivestito un incarico federale nel fuoristrada ed è ancora una delle voci più apprezzate di Radio Rai al Giro d’Italia.

Di chi è stata l’idea?

L’idea è venuta a Bontempi, Perini, Leali e a me. Poi è venuto fuori che anche i Tacchella avevano voglia di rivederci ed è saltata fuori quasi una riunione di famiglia, tanto che hanno già fissato la data della prossima volta. Ci sono sempre rimasti vicini, trattandoci come persone di famiglia. Oltre a essere grandi imprenditori, dimostrano qualcosa di particolare anche dal punto di vista umano, questo bisogna dirlo.

Chi c’era attorno a quel tavolo?

Boifava e Quintarelli. Quindi i tre fratelli Tacchella – Tito, Imerio e padre Eliseo, che è un missionario – e un loro amico. E ovviamente noi quattro. Ci frequentiamo ancora, siamo sempre stati amici, abbiamo condiviso tanti momenti oltre all’avventura ciclistica. Boifava è intervenuto successivamente. Avremmo potuto chiamare anche altri, ma abbiamo voluto farla con i più vicini.

Anche vicini di età…

Leali è un ’58 ed è stato il primo a entrare nella squadra di Boifava. Perini è un ’59, Bontempi è un ’60 e io sono del 1961. Sono rimasto con loro per otto anni. I primi due li ho fatti con Vannucci e Moser alla Gis Gelati, poi sono passato con Boifava e alla fine sono andato alla ZG Mobili. Ho voluto monetizzare il più possibile, perché sapevo che ormai ero in dirittura d’arrivo. Fu un discorso puramente economico.

Da sinistra, nella sede Carrera, Bontempi, Ghirotto, Boifava, Tacchella, Perini e Leali, con il libro per i 60 anni di Carrera
Da sinistra, nella sede Carrera, Bontempi, Ghirotto, Boifava, Tito Tacchella, Perini e Leali, con il libro per i 60 anni dell’azienda
Da sinistra, nella sede Carrera, Bontempi, Ghirotto, Boifava, Tacchella, Perini e Leali, con il libro per i 60 anni di Carrera
Da sinistra, nella sede Carrera, Bontempi, Ghirotto, Boifava, Tito Tacchella, Perini e Leali, con il libro per i 60 anni dell’azienda
Dove vi siete visti?

Prima in azienda a Villa Zenobio, a Caldiero, vicino Verona. Lì abbiamo trovato Tito Tacchella che ci ha regalato un libro molto bello che ha scritto sulla storia dell’azienda, la cui parte finale è dedicata all’avventura ciclistica (Il Bello del Jeans, La nostra Storia, ndr). Dopo aver scritto una dedica per ciascuno di noi, ci siamo trasferiti nella cascina di Imerio e lì abbiamo mangiato. Un podere bellissimo. Chiaramente abbiamo rivissuto i momenti più intensi del nostro passato, ma abbiamo parlato anche di come ci vada la vita, tanto che siamo venuti via quasi alle sei di sera. S’è parlato di Leali e la sua squadra di dilettanti, Perini e il negozio e le corse che organizza, Bontempi che guida la moto al Giro e io che adesso finalmente mi riposo. I Tacchella sono gente di spirito, abbiamo riso parecchio.

Non hai la sensazione che la Carrera sia stata una squadra in anticipo sui tempi?

Questo argomento l’hanno tirato fuori soprattutto i Tacchella e poi Boifava, perché Davide è stato il costruttore di quella squadra. La Carrera fu la prima a investire su corridori di tante nazioni. I Tacchella ce lo hanno confermato: volevano rendere il marchio più internazionale, quindi presero corridori nei Paesi in cui volevano espandersi. Francia, Belgio, Slovenia, Austria, Germania, Russia. Boifava prese anche Acacio Da Silva, che era portoghese. O Zimmermann, svizzero, che arrivò terzo al Giro e anche al Tour. La Carrera ha anticipato il ciclismo globale che è arrivato qualche anno dopo. Ed eravamo avanti anche per l’attività che facevamo.

In che senso?

Eravamo una squadra di 17-18 elementi, ma facevamo la Vuelta, il Giro e poi il Tour. Battaglin ha vinto Vuelta e Giro in 40 giorni, perché fino al 1994 in Spagna si andava ad aprile. Poi andavamo a tutte le classiche, si copriva tutto il calendario. Le altre italiane come l’Ariostea e la Del Tongo si adeguarono solo in un secondo momento. Fummo i primi a fare il ritiro a Denia o Albacete e nella zona di Valencia, in Spagna, dopo gli anni in Toscana. Adesso vanno tutti lì.

Che cosa fa Quintarelli?

“Quinta” ha 80 anni e fa il pensionato (Sandro Quintarelli, originario di Negrar, è stato il braccio destro di Boifava in ammiraglia, dopo essere stato a sua volta professionista dal 1969 al 1977, ndr). E’ in splendida forma, sempre il solito schiacciacciassi veneto con le sue battute in dialetto: ci ha fatto sganassare dal ridere. E’ venuto fuori un aneddoto del Tour de France 1992.

Che cosa accadde?

Si arrivava all’Alpe d’Huez e all’epoca non c’erano tante ammiraglie: la prima, la seconda e la terza che faceva rifornimento sul percorso. Al via facciamo la riunione. Boifava dispensa i compiti e dice a Perini e a me di stare vicini a Bontempi perché bisogna portarlo all’arrivo, dato che fino a Parigi ci saranno diverse volate. Partiamo e si forma il gruppetto.

Tutto nei piani?

No, perché Guido va in crisi di fame, una di quelle potenti che non perdonano, ma quando chiediamo aiuto, l’ammiraglia non c’è. Dato che davanti c’era Chiappucci ed era secondo in classifica, Quintarelli ci ha lasciati da soli per andare in testa. Quindi non avevamo più acqua e nessun tipo di rifornimento. Morale della favola: arriviamo all’Alpe d’Huez, raggiungiamo l’albergo e saliamo in camera, quando sentiamo bussare. Io apro e mi trovo davanti Quintarelli. Guidone aveva un’arancia o una mela sul comodino e l’ha tirata così forte che se Quintarelli non chiudeva la porta, lo avrebbe centrato in pieno. Sandro non l’abbiamo più visto per tre giorni. Guai far arrabbiare Guido! Quando è venuta fuori questa storia, ci siamo messi a ridere, mentre Quintarelli ripeteva che non era vero. E’ in forma. Ha ancora il bar che gestisce con sua moglie. Mi ha stupito una battuta…

Ecco un'immagine dell'episodio narrato da Ghirotto su Bontempi e l'Alpe d'Huez nel 1992
Ecco un’immagine dell’episodio narrato da Ghirotto su Bontempi e l’Alpe d’Huez nel 1992
Ecco un'immagine dell'episodio narrato da Ghirotto su Bontempi e l'Alpe d'Huez nel 1992
Ecco un’immagine dell’episodio narrato da Ghirotto su Bontempi e l’Alpe d’Huez nel 1992
Quale?

Boifava gli ha fatto i complimenti, dicendo che avesse una visione di gara superiore alla sua. E Davide è stato il miglior direttore sportivo che abbia mai avuto. Anche Martinelli aveva dei numeri, lo vedemmo subito, ma io da Boifava ho imparato davvero tanto.

Quindi è già tutto organizzato per la prossima volta?

Il giorno prima della Sanremo. Ci hanno detto di non portare niente, che pensano a tutto i Tacchella. Sono in grandissima forma. Credo che Tito abbia 83 anni e Imerio 78, ma è ancora una macchina da guerra. Poi c’è Gianluca, il figlio di Tito, che è l’amministratore delegato. Hanno la produzione e 1.500 dipendenti in Tagikistan. Coltivano il cotone e hanno tutta la filiera sino ai capi finiti. E’ stata una giornata emozionante. Ritornare indietro a quegli anni ti rinfresca la mente e il cuore. Abbiamo vissuto cose belle e anche altre meno belle, che magari ci hanno segnato, perché la vita di un corridore non è tutta rose e fiori. Però anche quello è stata una parte della nostra carriera e ritrovarci così ogni volta ci fa capire che ne siamo ugualmente fieri.

La “bomba” di Lappartient. Ora Ghirotto vuol dire la sua…

18.11.2023
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La contrapposizione fra Uci e team professionistici di ciclocross fa sempre più discutere. E’ innegabile che le parole di Lappartient abbiano non solo aperto il dibattito, ma anche creato una crisi non solo di rapporti, che potrebbe avere anche clamorosi effetti. E’ sbagliato pensare che la questione riguardi soltanto il Belgio e i principali team (tutti del Nord Europa), visto che nell’ultimo fine settimana, ad esempio, di italiani non c’era nessuno a parte Francesca Baroni che corre per un team locale. L’accusa di Lappartient coinvolge tutti.

Proprio la quasi totale assenza di italiani al via dell’ultima prova di Coppa del mondo ha fatto passare inizialmente sotto silenzio le dichiarazioni del numero uno dell’organismo internazionale. Tuttavia la loro portata è esplosa e anche alla Federazione Italiana si valuta il da farsi. Massimo Ghirotto, responsabile di tutto il settore fuoristrada, è rimasto decisamente sorpreso dalla presa di posizione dell’Uci.

Ghirotto è presidente della commissione fuoristrada della Fci
Massimo Ghirotto, presidente della commissione fuoristrada della Fci

«Iniziamo col dire che 14 prove di Coppa del Mondo – spiega il padovano – sparse per vari Paesi partendo addirittura da oltre Atlantico, sono qualcosa di anomalo. In questo modo il calendario diventa difficile da gestire, non solo per la presenza delle altre challenge internazionali, ma anche e soprattutto per il calendario parallelo. Noi abbiamo fatto tanti sforzi per allestire un programma di gare importante, denso di prove internazionali e i team onorano le prove di casa e al contempo cercano di essere presenti all’estero, ma così diventa difficile. Bisogna rendersi conto che il ciclocross è cambiato…».

In che senso?

Non è più una disciplina specifica, come poteva essere una ventina di anni fa. Ora è il tempo della multidisciplina, anche gli specialisti della strada o della mtb vogliono farne parte e non si può pensare che possano onorare d’inverno un calendario così ricco.

Il presidente dell’Uci David Lappartient ha prospettato scenari complicati per la disciplina
Il presidente dell’Uci David Lappartient ha prospettato scenari complicati per la disciplina
Lappartient si è lamentato delle scelte dei team, che privilegiano a suo dire challenge che hanno una disponibilità economica maggiore…

Ma questa è una legge di mercato. Teniamo presente che i team fanno business, devono anche rispondere a certi equilibri economici di fronte agli sponsor. Seguire la strada dell’intransigenza è difficile e sbagliato, bisogna invece mettersi a dialogare per trovare una soluzione che accontenti tutti.

Il presidente dell’Uci ha parlato senza mezzi termini di divieto di partecipazione anche ai mondiali per chi salta una prova di Coppa. Come uomo di federazione, come vedi questa presa di posizione?

Sono parole forti, forse anche oltre le sue reali intenzioni, dette per scuotere l’ambiente. Io comunque non posso certo condividerle. Abbiamo a che fare con professionisti a cui deve essere garantita la libertà di scegliere se e dove correre. La mia impressione – e in questo metto sia l’Uci sia i team principali – è che si voglia seguire la strada del WorldTour anche per il ciclocross, con prove di serie A e le altre meno importanti, quasi trascurabili. Questo andazzo non mi piace. L’Uci dovrebbe tutelare tutti, in particolare le Federazioni affiliate e non pensare solo al vertice.

Le parole di Lappartient hanno destato grande malumore fra i team più importanti
Le parole di Lappartient hanno destato grande malumore fra i team più importanti
Un’eventuale scelta del genere vi metterebbe sotto pressione?

Certamente, in maniera pressoché insostenibile – ammette Ghirotto – Se gli stessi team privati non possono seguire il dispiegarsi della Coppa, non possiamo neanche noi come nazionale. Negli scorsi anni avevamo iscritto la nazionale alle prove americane: un atto utile sportivamente, ma che aveva inciso moltissimo sul budget complessivo per il settore. Abbiamo risorse limitate e questo è già un problema perché è impossibile pensare che possiamo seguire tutto lo sviluppo della challenge, ma c’è anche altro…

Ossia?

Poniamo che queste non siano minacce, ma una vera scelta dell’Uci e che la Federazione decida di schierare comunque una nazionale per tutto lo sviluppo della Coppa. Cosa facciamo, decidiamo a ottobre chi saranno gli azzurri che potranno gareggiare ai mondiali di fine gennaio? Trovo che sia qualcosa privo di senso e che non faccia gli interessi della specialità. Bisogna seguire altre strade.

Van Aert e Van Der Poel, come Pidcock, hanno selezionato poche gare nel ciclocross, senza abbandonarlo
Van Aert e Van Der Poel, come Pidcock, hanno selezionato poche gare nel ciclocross, senza abbandonarlo
Quali ti troverebbero d’accordo?

Innanzitutto bisogna rivedere il calendario di Coppa del mondo: il giusto equilibrio si avrebbe con 8-10 gare – sentenzia Ghirotto – credo che anche Flanders Classics che cura il circuito avrebbe i giusti spazi economici. Il sistema attuale non funziona, ne ho parlato spesso con il cittì Pontoni. Anche lui dice che è un sistema esagerato, è impossibile pretendere che si gareggi ogni fine settimana. Bisogna anche prevedere periodi di riposo, sia per chi unisce il ciclocross ad altre specialità (infatti i tre tenori hanno scremato notevolmente il loro programma ed è un peccato che Van Aert e Pidcock non faranno neanche i mondiali) sia per chi è specialista puro.

E ora da questa empasse come se ne esce?

Staremo a vedere, chiaramente terremo d’occhio tutti gli sviluppi e ne parleremo con atleti e team. Ribadisco, spero che sia stata una provocazione per destare il dibattito, non voglio credere che si giunga a posizioni estreme.

Il nuovo Roglic? Più calcolatore e meno spavaldo

28.05.2023
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L’occhio dell’ex corridore in gruppo. Massimo Ghirotto ci porta nel cuore della corsa rosa che ieri ha incoronato Primoz Roglic. Il veneto, da oltre dieci anni commenta il Giro d’Italia per Rai Radio 1 Sport, e ha un posto da privilegiato in corsa. 

Con lui abbiamo fatto il punto su quanto accaduto in questo Giro e più precisamente in gruppo. Tattiche, corridori, squadre… e i grandi temi che ha proposto questa edizione, la numero 106 della corsa.

Da oltre dieci anni Massimo Ghirotto segue il Giro d’Italia per Radio Rai1. Da ex corridore sapeva come muoversi in gruppo
Da oltre dieci anni Massimo Ghirotto segue il Giro d’Italia per Radio Rai1

Massimo, si è parlato spesso di noia, di pochi attacchi, almeno nella prima fase del Giro. Tu  hai vissuto un’epoca in cui tante volte si partiva piano e poi vi accendevate quando vedevate l’elicottero…

La corsa ai miei tempi cominciava quando sentivamo gli elicotteri, è vero. Te lo dicevano i direttori sportivi stessi alla riunione: «Ragazzi, state attenti, se c’è qualche fuga buttatevi dentro soprattutto quando c’è la telecamera». Tante volte capitava che si andava anche troppo piano e venivamo richiamati dagli organizzatori. Ci dicevano che saremmo andati fuori dalle dirette tv e in qualche modo ci obbligavano ad andare più veloci per stare nei tempi.

Quel modo di correre è paragonabile con le tappe meno combattute di quest’anno?

No, non si possono paragonare le due cose. Poi c’erano anche delle gerarchie. Ho corso con gente come Hinault, Moser, Saronni, Baronchelli… campioni che davvero comandavano. E se loro dicevano di stare fermi si stava fermi. Quindi escludo ogni similitudine. Adesso non dico che non ci siano certi leader, ma ci sono altri metodi, altre strategie, altri strumenti… Bisogna capire che questi ragazzi dal primo all’ultimo giorno della stagione vanno sempre a tutta: corse, allenamenti, ritiri.

Spesso il gruppo è avanzato lentamente, specie nelle prime tappe. La prima battaglia fra Roglic e gli altri c’è stata all’8ª tappa
Spesso il gruppo è avanzato lentamente, specie nelle prime tappe. La prima battaglia fra Roglic e gli altri c’è stata all’8ª tappa
Perché secondo te?

Perché il ciclismo è cambiato… e in bene dico io. Allenamenti, alimentazione, strumenti, materiali… Io resto meravigliato della continuità dell’aumento della tecnologia e di tutto lo studio che c’è a monte in ogni cosa. Mi sarebbe piaciuto correre in questo ciclismo.

Che movimenti hai visto in gruppo? Per esempio, Marco Frigo qualche giorno fa ci ha detto che già dalle prime tappe vedeva la Ienos-Grenadiers muoversi compatta…

Anche la mia Carrera era una squadra compatta… a parte il “caso Sappada”! Ma c’è una differenza. Noi correvamo e andavamo a casa quasi per riposare. Adesso, invece, gli atleti hanno i propri obiettivi: chi per le grandi corse, chi per le classiche e quando non corrono o sono in altura, o in ritiro… e la squadra diventa quasi una seconda famiglia. Poi nel caso specifico della Ineos-Grenadiers, mettiamoci che corrono compatti già quando erano Sky e hanno corso in modo perfetto questo Giro.

Ti piace Thomas?

Ha 11 anni in meno rispetto ad un Almeida vuol dire che non è una meteora. Ha vinto un Tour ed è un corridore che sta andando forte, lo ha dimostrato sul campo. L’unico dubbio che avevo su Thomas erano le pendenze, che sono più dure qui al Giro rispetto al Tour.

Jonathan Milan: per Ghirotto il friulano è uno dei più carismatici. Può, e potrà, essere un senatore del gruppo
Jonathan Milan: per Ghirotto il friulano è uno dei più carismatici. Può, e potrà, essere un senatore del gruppo
Con De Marchi parlavamo dei “senatori”, Thomas è un senatore, ma chi altri hai visto con una certa personalità in gruppo, pur non essendo un corridore più anziano?

Jonathan Milan. Nella sua gioventù, nella sua inesperienza, vedo che è molto seguito.  I corridori capiscono quando c’è un talento di questo taglio. Tra l’altro è anche campione olimpico su pista… Ma su strada è quasi “sconosciuto”. Tornando alla mia epoca, alla sua età quando vedevi i Moser o gli Hinault avevi quasi paura di avvicinarli. Invece Jonathan li avvicina e si fa avvicinare da tutti e ci parla.

Tecnicamente c’è qualcosa che ti ha colpito?

Mi hanno incuriosito i rapporti. Noi avevamo il 53-39 e dietro il 23, al massimo il 25 per le tappe più dure. Ora montano ogni tipo di rapporto, anche il 34 dietro. Anche i manubri mi hanno colpito. Sono diventati più stretti. A noi dicevano che il manubrio doveva essere largo quanto le spalle, perché dovevi tenere aperta la cassa toracica, ma mi pare di capire che così non era. Così come l’essere buttati tutti in avanti. Per noi era l’opposto. Ma non era buona la nostra posizione, questa è quella buona. Questa è scientifica. L’unica cosa che dico: queste bici super tecnologiche e con queste posizioni, poi bisogna saperle guidare.

Hai toccato un un discorso affatto banale. Oggi passano presto, spesso da juniores, ma forse poi gli manca qualche fondamentale… posto che le velocità sono più alte.

E’ difficile rispondere a questa domanda. Una cosa è certa: quando esasperi qualcosa, vai sempre più al limite e aumentano i rischi. Questi nuovi materiali, queste nuove bici hanno gomme più larghe, pressioni più basse… Noi quando facevamo una discesa lunga a forza di frenare scaldavamo il cerchio e il tubolare scoppiava. Quindi avevamo anche questo pensiero, per dire. Oggi non hanno limiti. La domanda è: dove potremmo arrivare? Questa maggior efficienza, queste maggiori velocità non dico che ti mettono in difficoltà ma ti obbligano ad essere più bravo a guidare.

Bici sempre più veloci ed efficienti, ma i corridori sono al passo con la guida? Qui il gruppo giù dal Giau
Bici sempre più veloci ed efficienti, ma i corridori sono al passo con la guida?
Sembra lontanissimo, ma in gruppo hai visto anche Evenepoel: cosa ci dici di lui?

Indubbiamente è un corridore di grande carisma e di grande classe, perché uno non vince una Vuelta, un mondiale e due Liegi per caso. Quando resta da solo, poi non lo prendono più… Allora facciamoci questa domanda: possibile che gli altri che sono dietro siano così carenti? No, è lui che è un fenomeno. Quello che mi ha colpito di Remco è che abbia già vinto una Vuelta. Non credevo fosse già pronto per un grande Giro.

E dietro, tra le ammiraglie, hai visto qualche movimento particolare?

A volte avvicino i diesse e gli faccio qualche domanda e noto che le loro auto sono delle centrali. Televisore, radio per parlare con i corridoi, radio per parlare con lo staff, i Gps, radiocorsa, i frigo, le ruote di scorta… Alla mia epoca avevi l’elenco dei partenti sul manubrio e quando dovevi parlare con il tuo diesse alzavi la mano, ti sfilavi, ti infilavi tra le auto – con il rischio di rimanere al vento – per poi rientrare e dire al tuo capitano cosa bisognava fare. In termini tattici e di sicurezza oggi non c’è paragone.

Però non sempre è tutto rosa e fiori, anche Sagan ha detto che a volte ci sono troppe informazioni, che quasi si perde la concentrazione…

In effetti a volte sono un po’ troppo guidati. L’altro giorno ero in un albergo e c’era un direttore che stava preparando la tappa del giorno successivo: ho notato slide, video, registrazioni… In corsa li vedo sempre con la radio alla bocca. Gimondi, parlando delle radioline, mi disse: “Io una radio fissa nelle orecchie con un direttore sportivo che mi parla continuamente non l’avrei mai voluta”.

Infine un giudizio sui tre mattatori del Giro e padroni del podio: Roglic, Almeida e Thomas…
Infine un giudizio sui tre mattatori del Giro e padroni del podio: Roglic, Almeida e Thomas…
Un giudizio telegrafico sui tre ragazzi saliti sul podio di questo Giro… Partiamo da Thomas.

Non era la prima volta che Thomas veniva in Italia, ma per un verso o per l’altro era sempre andato a casa. Si è preparato bene. E’ andato in crescendo… fino a ieri. Nulla da dire: a 37 anni ha lottato come un gladiatore ma è arrivato secondo dietro un grande Roglic. Credo che non si possa far altro che ammirare un corridore di questa generosità.

Almeida…

E’ un Joao Almeida nuovo. L’averlo visto all’attacco sul Bondone in salita, che non è il suo terreno, mi ha un po’ sorpreso. In positivo ovviamente. Ripeto, abbiamo conosciuto un Almeida nuovo. Sicuramente ha qualità, ha dalla sua parte l’età e ne sentiremo parlare in futuro.

E poi c’è Roglic.

Ha vissuto un Giro senza pressione. Non ha mai fatto un protocollo di cerimonia, non si è mai dovuto dilungare in interviste varie ed ha sempre recuperato più energie degli altri arrivando prima in hotel. Che dire: Roglic non è più il corridore spavaldo che abbiamo conosciuto fino all’anno scorso. E’ diventato un calcolatore. Programma gli eventi e li vince tutti… esattamente come ha fatto in questo Giro. Ha sprecato il meno possibile puntando tutto su quella che era la tappa veramente a lui più congeniale, quella di ieri sul Lussari chiaramente.

Calendario e il progetto sul cross: parla Ghirotto

14.01.2023
5 min
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Con i campionati italiani scattati oggi a Castel Fusano, la stagione nazionale del cross giunge al suo culmine, anche se ci sono in programma ancora appuntamenti come quello tricolore giovanile di San Fior. E’ stata una stagione lunga, la prima completamente libera dai legacci imposti dalla pandemia. In essa sono emersi anche temi importanti sul futuro della specialità.

E’ innegabile che nell’ambiente serpeggino alcune perplessità sullo stato di salute del movimento e sulle sue prospettive. La sensazione da parte di molti addetti ai lavori è che la specialità non sia abbastanza considerata. Forse per il fatto di non avere sbocchi olimpici (le medaglie a cinque cerchi sono il primo fattore che sblocca il flusso di contributi da parte del Coni).

Ghirotto è in FCI dal 2021: eccolo alla prima Serenissima Gravel dello stesso anno con il cittì della MTB Celestino
Ghirotto è in FCI dal 2021: eccolo alla prima Serenissima Gravel dello stesso anno con il cittì della MTB Celestino

Un calendario troppo ricco?

La principale obiezione che viene mossa riguarda il calendario: nel periodo della pandemia si era deciso di aprirlo il più possibile, promuovendo una gran quantità di prove regionali al rango nazionale. Si pensava che dopo la pandemia, si sarebbe tornati indietro, ma non è stato così e questo ha generato malumore. Queste perplessità le abbiamo girate a Massimo Ghirotto, responsabile della commissione offroad della Fci. L’ex pro’ ci tiene però a sottolineare come il tema vada guardato dalla giusta prospettiva.

«E’ vero che nel tempo del Covid – spiega Ghirotto – erano state cancellate le tasse di autorizzazione per l’ingresso nel calendario nazionale e questo aveva portato a un grande allargamento. Ci aspettavamo che, tornando alla situazione pregressa, molti avrebbero ripristinato lo status regionale della propria gara, invece non è stato così. Quasi tutti hanno pagato la tassa e fatto la richiesta.

«Noi le abbiamo esaminate tutte. Se rispondevano a criteri ben precisi, riguardanti la storia dell’evento, l’organizzazione, la fornitura dei servizi, dovevamo dire di sì. Sottolineo “dovevamo”: in base alle norme che abbiamo. Abbiamo cercato di tenere conto anche delle concomitanze e della distanza. Solo in un paio di casi ci sono state gare nella stessa giornata, ma con 400 chilometri fra un posto e l’altro».

Il calendario 2022-23 comprende 32 gare fra nazionali e internazionali. Qui il Giro delle Regioni a Capannelle (foto Bit&Led)
Il calendario 2022-23 comprende 32 gare fra nazionali e internazionali. Qui il Giro delle Regioni a Capannelle (foto Bit&Led)

Una scalata progressiva

L’obiezione che a tal riguardo viene portata da molte società è che in questo modo la qualità degli eventi, dal punto di vista della partecipazione, viene sminuita diluendo la partecipazione e questo va a scapito della crescita dei giovani.

«Su questo – prosegue Ghirotto – mi permetto di dissentire. Sento anch’io dire che le gare sono impoverite. Ma intanto, se parliamo dal punto di vista quantitativo è difficile raccogliere i 500-700 iscritti considerando la portata del movimento. L’offerta maggiore consente anche alle società di poter contenere le spese, scegliendo eventi più vicini e questo è un altro fattore da considerare.

«Per quanto riguarda la qualità di partecipazione, mettiamoci in testa che il confronto fra tutti non serve tutte le settimane. Se parliamo di giovani dobbiamo anche dare loro la possibilità di emergere, di confrontarsi progressivamente con un livello adeguato. Lo sport è come una piramide dove i più talentuosi scalano fino alla cima, piano piano. Anch’io ai miei tempi ho fatto così, arrivando fino ai professionisti. Ci vuole tempo e soprattutto pazienza, le occasioni di confronto ci sono».

Luca Paletti ha disputato finora solo gare in Italia. Il cross resta però nel suo programma (foto Billiani)
Luca Paletti ha disputato finora solo gare in Italia. Il cross resta però nel suo programma (foto Billiani)

«Il progetto cross c’è già…»

Un altro tema importante che emerge dall’ambiente riguarda il sempre difficile rapporto fra cross e strada. Negli ultimi tempi due elementi hanno acceso la discussione.

Il primo riguarda la clausola che Luca Paletti avrebbe fatto inserire nel suo contratto con la Green Project Bardiani, che gli consente di fare attività ciclocrossistica d’inverno.

Il secondo è il profondo investimento, non solo economico, che la Fci sta facendo nei confronti del settore velocita su pista, anche a supporto delle società che tesserano gli specialisti. Molti si domandano se non si possa fare lo stesso per i ciclocrossisti: perché non fare un progetto che consenta ai vari De Pretto o Toneatti solo per fare due nomi di continuare a praticare il cross? Ghirotto in questo senso è molto drastico.

«Un progetto legato al cross già c’è – spiega – ma se ne occupano Amadio e Pontoni, com’è giusto che sia. E’ stato fatto un investimento, il cittì porta avanti le sue idee, lavora con le società. Dicono che ciò andrebbe stabilito con norme specifiche, ma le norme già ci sono. Pontoni si sta muovendo nel quadro dell’impostazione del Team Performance di Bragato, sta facendo le valutazioni funzionali su tutte le nuove forze del ciclismo italiano, ha un database enorme di nomi, ma sono lavori che avranno la loro finalizzazione solo a lungo termine».

Toneatti in azione a Torino: per lui come per altri servirebbe un progetto ad hoc? (foto Billiani)
Toneatti in azione a Torino: per lui come per altri servirebbe un progetto ad hoc? (foto Billiani)

Geloso dei ragazzi offroad…

L’idea di multidisciplina è ormai diventata comune anche nella cultura ciclistica italiana: «Guardate il caso di Tugnolo passato dalla bmx alla velocità: è solo l’ultimo. Io però devo ammettere una cosa: sono un po’ geloso dei ragazzi del fuoristrada. Se guardiamo bene, portare i talenti della mtb e del cross alla strada è facile, ma quanti fanno il percorso contrario?

«Solo corridori ormai maturi, che su strada hanno ottenuto tutto, da Casagrande e Celestino in poi e sempre per le Marathon, perché il cross country e il cross hanno inerenze tecniche che non impari da grande… La multidisciplina è bella e auspicabile, ma è complicata da mettere in pratica.

«Due parole volevo dirle anche su Paletti. Quest’anno nel ciclocross in totale ha fatto poche gare, è un coinvolgimento minimo. Io tra l’altro ho parlato con Reverberi, trovando disponibilità, la consapevolezza che è un talento che ha bisogno di tempo per crescere, anche attraverso il ciclocross. Vorrei trovarne tanti altri che la pensano così…».

Calendario del cross: abbondanza e discussioni

19.10.2022
4 min
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Come nasce il calendario nazionale del ciclocross? E perché si permettono sovrapposizioni che in qualche modo danneggiano un organizzatore rispetto a un altro? Girando su campi di gara (in apertura la prova di Osoppo del GIC 2022-23, foto Billiani), nelle discussioni sui social e leggendo i messaggi che ultimamente ci sono arrivati, il tenore delle domande è più o meno questo.

Dato però che il modo migliore per avere delle risposte è fare le domande ai diretti interessati, siamo approdati ancora una volta da Massimo Ghirotto, Presidente della Commissione Fuoristrada. E vedendo il numero delle volte in cui di recente lo abbiamo tirato in ballo, viene da chiedersi (col sorriso) se al momento di accettare l’incarico il padovano si aspettasse tutto quello in cui ha dovuto metter mano. Dal cross ai regolamenti del gravel, passando ovviamente per la mountain bike e la Bmx.

Ghirotto è in FCI dal 2021: eccolo alla prima Serenissima Gravel dello scorso anno con Celestino
Ghirotto è in FCI dal 2021: eccolo alla prima Serenissima Gravel dello scorso anno con Celestino

Ripresa generale

Prima di cominciare ci permettiamo però una considerazione. Grazie al lavoro certosino degli anni scorsi di Fausto Scotti, il cross è tornato a occupare ogni weekend da ottobre a gennaio. E se nel 2020 e 2021 l’unico circuito ripartito dopo il Covid e durante il Covid è stato proprio il Giro d’Italia organizzato dall’ex cittì (che si serviva di quelle tappe per osservare i corridori in odore di azzurro), oggi è ripartito anche tutto il resto. Per questo probabilmente in alcune occasioni capiterà ancora di pestarsi i piedi.

Buongiorno Massimo, spiegaci: come nasce il calendario del cross?

Niente di troppo diverso dagli altri calendari. Ogni società propone la sua data, sapendo che su indicazione dell’UCI le internazionali hanno la precedenza. Per questa stagione ne abbiamo 8, compresa la Coppa del mondo di Vermiglio. Poi ci sono circuiti storici, come il Giro d’Italia, il Master e il MediterraneoCross. Vista tanta abbondanza, abbiamo pensato di mettere un tetto alle prove dei circuiti, valutando che in tre mesi di attività non si possa andare oltre le 6 prove. Penso sia anche nel loro interesse.

Anche quest’anno a dicembre torna la Coppa del mondo a Vermiglio
Anche quest’anno a dicembre torna la Coppa del mondo a Vermiglio
Da quale punto di vista?

Possono concentrarsi sulla qualità delle prove, sapendo che chi punta alla classifica del circuito avrà meno problemi a farle tutte.

Qualche sovrapposizione ugualmente si è creata. Ad esempio il 30 ottobre, il 6 e il 13 novembre…

Questo calendario c’è da mesi e abbiamo discusso a lungo delle concomitanze. Parlando del 13 novembre, ad esempio, si parla di una gara a Ovindoli e una a Bisceglie. Si fa spesso il discorso che il Sud è penalizzato dalle tante trasferte. Sono gare in cui si va anche per fare punti per il ranking Top Class. Così abbiamo valutato che la prova di Ovindoli, che in un primo momento doveva essere a Ferentino, sia più facilmente raggiungibile dalle società del Nord. Mentre in Puglia avranno occasione di correre le altre. A me sembra il modo di non costringere tutti a trasferte troppo costose.

Stesso discorso per Brugherio e Follonica?

In quel weekend ci sono l’internazionale di Brugherio il 29, la nazionale di Brugherio, la tappa di Follonica del Giro d’Italia il 30 e la gara nazionale di Firenze il primo novembre. Le società organizzate potrebbero fare l’internazionale e poi spostarsi in Toscana, non ci sono distanze proibitive. Non vedo grossi problemi se anche qualcuna si fermasse per due giorni a Brugherio, partendo dal presupposto che è un calendario molto concentrato di eventi. La soluzione per evitare sovrapposizioni sarebbe non autorizzare qualche gara, ma sarebbe ingiusto verso le società. E del resto non si può ampliare il periodo, perché a ottobre si corre ancora su strada e a febbraio parte la stagione della mountain bike. Per cui è tutta una questione di incastri, mentre c’è chi non si fa problemi, una volta completato il calendario, a chiedere di cambiare località o data…

Il DP66, team creato da Daniele Pontoni, si è subito messo in luce nella stagione (foto Lisa Paletti)
Il DP66, team creato da Daniele Pontoni, si è subito messo in luce nella stagione (foto Lisa Paletti)
Accade spesso?

Accade. Passi giorni a contattare gli organizzatori. E poi quando i termini sono scaduti, arrivano richieste di spostamento. Come quella del Giro d’Italia, che nella stessa domenica sposta la gara da Ferentino a Ovindoli. Poco male, perché la distanza è la stessa.

Nessun problema quindi…

Ci terrei però che si tutelasse il metodo. Ci sono i tempi per pianificare il calendario. Ma se autorizziamo uno spostamento a termini chiusi, come facciamo a negarne un altro? Il cross è ripartito alla grande e Scotti ha avuto grande merito. Ma proprio perché i numeri sono così importanti e l’attività ricca, credo che possiamo tutti sopportare qualche sovrapposizione di data.

Il gravel è realtà, ma l’Uci deve lavorare sul regolamento

17.10.2022
5 min
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Bici da strada o gravel? Che tipo di percorsi? Quali partenze? Se il primo campionato del mondo gravel è stato un successo è anche vero che c’è ancora molto da mettere a punto dal punto di vista del regolamento. E il grosso della torta spetta all’Uci.

Dopo il tricolore di Argenta ne parlammo con Massimo Ghirotto. Adesso sempre con lui, presidente della commissione fuoristrada della Federazione ciclistica italiana, ritorniamo sull’argomento.

Da sinistra: Ghirotto, Celestino e Amadio lo scorso anno alla Serenissima Gravel
Da sinistra: Ghirotto, Celestino e Amadio lo scorso anno alla Serenissima Gravel

Giudici in fermento

Oltre al loro solito lavoro di controllo, a Cittadella i giudici UCI hanno anche preso appunti, studiato la situazione e incamerato osservazioni. Più di altre volte hanno fatto delle foto da usare, immaginiamo, nel report. Un report più importante di altre occasioni. La base parte da qui.

«Diciamo che da adesso in poi – spiega Ghirotto – ci penseranno i responsabili UCI. Qualcosa va studiato. Come ad Argenta, più che una prima edizione è stata un’edizione zero per capire come andranno davvero le gare gravel.

«L’organizzazione e Filippo Pozzato hanno fatto dei miracoli, specie per mettere in sicurezza il percorso: 140 chilometri linea, più il circuito finale. Per me quella è stata la cosa più difficile. La domenica sera, a mondiale concluso, ho visto un Pippo più disteso. Sono stati coinvolti 40 Comuni, si è spaziato da strade su ghiaia e asfalto, strade private e nazionali… Anche per questo credo che per il futuro l’UCI, come stiamo già facendo noi della FCI, potrà prendere in considerazione l’idea di correre in circuito. Circuiti anche grandi, di 40-50 chilometri, sicuramente più facili da controllare».

Il format c’è. I corridori sono rimasti positivamente colpiti: ora va messo a punto il tutto. Va portato a regime.

«Una delle problematiche da risolvere – continua Ghirotto – è senza dubbio quella della partenza femminile e delle partenze maschili amatoriali. E’ inevitabile che ad un certo punto alcuni degli uomini vadano a riprendere le donne (magari non le primissime, ndr). Si mescolano e in qualche modo la gara femminile non è più perfettamente lineare».

Al mondiale Zoccarato ha utilizzato una bici gravel… Oss e VdP una da strada adattata. Alla Serenissima (in foto) la gravel era obbligatoria
Al mondiale Zoccarato ha utilizzato una bici gravel… Oss e VdP una da strada adattata. Alla Serenissima (in foto) la gravel era obbligatoria

Quali bici?

Altro tema: bici libere o bici gravel obbligatorie? Qui, a nostro avviso conterà molto anche la presa di posizione dei marchi, un po’ come avvenne per l’avvento del freno a disco. Al netto del percorso più o meno tecnico, è ipotizzabile che i costruttori vogliano imporre la bici gravel. Specie se questa specialità dovesse arrivare alle Olimpiadi, come già si vocifera.

L’esempio di Canyon è stato emblematico. La casa tedesca ha un po’ giocato con l’utilizzo della Grizl (il modello gravel) da parte di Van der Poel, quando poi in extremis l’olandese ha scelto la bici da strada adattata. E VdP lo sapeva… Ma intanto per tre giorni in tutto il mondo si è parlato della Grizl.

«Bici gravel o meno – commenta Ghirotto – si torna sempre lì: partire dalle norme. Noi come Federazione dobbiamo seguire l’UCI, già l’ho detto la volta scorsa. Aspettiamo. Credo che ci siano allo studio già delle precisazioni importanti.

«Personalmente la vedo difficile che il campionato del mondo sarà ristretto alle sole bici gravel. Perché si va a limitare il panorama mondiale, la presenza di certi atleti. Una bici da strada che consente il montaggio di gomme larghe la vedo più facile».

Argenta, Serenissima, mondiale… per ora sempre percorsi filanti nel gravel race
Argenta, Serenissima, mondiale… per ora sempre percorsi filanti nel gravel race

Percorsi filanti

Oss e molti altri pro’ hanno detto che alla fine sono stati sufficienti tre cambi di direzione e due ponticelli per fare la differenza. La tipologia dei tracciati quindi può andare bene per una gara. Poi ci può essere qualche tratto tecnico in più o in meno, o qualche salita in più, ma non si vedranno i tracciati da 300-400 chilometri super wild.

«Direi di no – dice Ghirotto – mi sembra che l’UCI abbia già messo un paletto in tal senso, specie se si vuol coinvolgere gli atleti dei team importanti. Se il gravel diventa una cosa eroica a quel punto non è più race. 

«A Cittadella c’era un piattone okay, ma se ci dovesse essere un po’ di dislivello in più di certo ci sarebbe qualche chilometro in meno. Altrimenti la gara diventerebbe troppo dura. In generale dico che mi aspetto che l’UCI prenda in mano questa specialità».

Il cittì Pontoni con le sue ragazze
Il cittì Pontoni con le sue ragazze

Atmosfera azzurra

Infine a Ghirotto, che ha sempre sentito molto la maglia della nazionale, chiediamo che atmosfera si respirasse nel clan dell’Italia. Un clan misto di crossisti, stradisti e biker.

«Bellissimo – conclude Ghirotto – ho avuto l’onore di assistere alla riunione tecnica sia delle donne che degli uomini e ho visto corridori come Daniel Oss, che hanno vissuto il ciclismo più importante al mondo, ascoltare con interesse i consigli di Pontoni e Celestino. I ragazzi e le ragazze erano attenti, umili, sinceri. E poi li ho visti divertirsi. Un gruppo differente dal solito.

«Mi sono un po’ rivisto io corridore che ascoltavo i consigli di Boifava e sempre io che davo i consigli da team manager ai miei ragazzi e alle mie ragazze della mtb».

Post italiano gravel. Con Ghirotto regolamenti, filosofia e tecnica

20.09.2022
5 min
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«Questa non è la prima edizione. Questa è l’edizione zero». Massimo Ghirotto, presidente della commissione fuoristrada della Federazione ciclistica italiana, come sempre usa parole sagge, mentre sul traguardo di Argenta attendeva con noi l’arrivo di Samuele Zoccarato. Al termine delle premiazioni, lui, i giudici e l’organizzatore si sono riuniti per un debriefing, con il quale mettere subito a fuoco cosa avesse funzionato e cosa no (in apertura foto @mario.pierguidi).

Quel confronto contribuisce (e contribuirà) a redigere nel tempo un regolamento sempre più preciso per questa disciplina, almeno nella sua accezione agonistica. Sarà inserito nel “calderone” dei regolamenti. Il gravel nasce come avventura, ma avventura e gara e non possono essere messi sullo stesso piano. 

La via, dunque, va tracciata.

Massimo Ghirotto, presidente della commissione fuoristrada della Fci, ad Argenta
Massimo Ghirotto, presidente della commissione fuoristrada della Fci, ad Argenta
Massimo, ad Argenta abbiamo assistito ad una gara molto veloce, poco tecnica, ma con molto sterrato. Proprio parlando di tecnica e percorsi state valutando anche altro?

Già stiamo valutando altro, magari percorsi con più dislivello, come abbiamo visto a Quattrodio, per la Monsterrato. E chiaramente è aperta anche la questione del regolamento. Magari la prossima volta avremo un tricolore con più salita, o una gara a circuito. Un anello di 25 chilometri, così da mettere un solo punto di ristoro. Oppure un anello da 40 chilometri: si presidia più facilmente e con due punti di ristoro sei a posto. Perché poi bisogna valutare anche queste cose.

Anche Furlan ci parlava che per sicurezza e presidio occorre molto personale…

Tantissimo. E l’ipotesi di un percorso a circuito può agevolare non poco. Non solo, ma con una logistica più snella si potrebbe ipotizzare di fare due gare separate tra uomini e donne. Fare magari il sabato le donne e la domenica gli uomini.

Certo, in questo modo la gara femminile non risentirebbe della presenza degli amatori uomini…

Esatto, ma come ripeto, e come è stato detto nel debriefing, è qualcosa che stiamo imparando. Abbiamo parlato di sicurezza, logistica, service in partenza e arrivo. La presidente di giuria ha redatto una relazione favorevole. Lei stessa ha parlato di edizione zero e di una disciplina da capire.

Autonomia e gioco di squadra al minimo: nel gravel è un po’ come tornare agli albori (foto @mario.pierguidi)
Autonomia e gioco di squadra al minimo: nel gravel è un po’ come tornare agli albori (foto @mario.pierguidi)
Voci fondate ci dicono che i pro’ su strada interessati a queste gare gravel vorrebbero l’assistenza al seguito: è qualcosa che è nel calderone delle vostre discussioni?

Per il momento assolutamente no. La nostra linea guida è il regolamento UCI. Se l’UCI andrà a rifare questo regolamento anche noi vedremo cosa fare. Non vogliamo ingerenze fra il regolamento nazionale e quello internazionale. Ad ora nell’offroad non è ammessa l’assistenza in corsa. E’ anche una questione di sicurezza. Un conto sono i tratti della Strade Bianche e un conto è un percorso che per oltre l’80% è su sterrato. 

Tu stesso ad Argenta ci hai detto di quanto fosse bello che il corridore dovesse fare da solo. Essere autonomo. Pensi che il gravel si evolverà su questa filosofia?

C’è da capire come interpretare la questione, perché un conto è il “gravel adventure” e un conto è il “gravel race”. E mi riallaccio proprio a quanto successo a Zoccarato. Ad un certo punto lui ha avuto i crampi. Ha smesso di pedalare, ha staccato la gamba dal pedale e se l’è dovuta cavare da solo. Non aveva l’ammiraglia pronta a dargli acqua, supporto morale e quant’altro. No, si è dovuto ascoltare, ha superato da solo anche quel momento di “crisi psicologica”. A me piace perché è un ritorno alle origini. Poi credo che il gravel già adesso stia avendo uno sviluppo molto veloce. E sono sicuro che dopo il mondiale qualche pro’ ci penserà di più a provare. 

Chiara Teocchi e altre donne sono state riprese dagli amatori uomini, questione sollevata anche da Ghirotto (foto @mario.pierguidi)
Chiara Teocchi e altre donne sono state riprese dagli amatori uomini, questione sollevata anche da Ghirotto (foto @mario.pierguidi)
In questa evoluzione quanto incideranno gli sviluppi delle bici? Per esempio in Mtb, nel cross country si è visto un radicale cambio di percorsi: sono diventati più tecnici e così le bici…

Ritorno al discorso dell’UCI, che in questo caso ha dichiarato il gravel come “ciclismo per tutti”. E infatti alla Monsterrato, per esempio, si è vista gente con la bici da strada e altra con la Mtb. Ma chi vuol vivere l’evento con uno spirito competitivo ha una gravel. Oggi queste bici sono già ad altissimo livello. Rispetto ad una bici da strada hanno la forcella e il carro più larghi perché ci possa stare una copertura più grande, geometrie più inclinate… ma di base sono molto simili alla bici da corsa. Io ho preso in mano quella della Guarischi, per esempio, ed era leggerissima. 

Quindi in che direzione potrebbero evolvere?

Più che nelle geometrie, adesso mi sentirei di dire che potrebbero evolvere in termini di meccanica: penso ai monocorona specifici, al discorso delle forature con gomme più robuste e performanti, ma non vedo stravolgimenti.

A proposito di forature, ma secondo te i pro’ le avrebbero sapute riparare le gomme? Perché, non ce ne vogliano, ma con il fatto che hanno i meccanici nei ritiri e in corsa, d’interventi ne fanno davvero pochi…

Eh – ride Ghirotto – do una risposta diplomatica! Dico loro che è meglio che facciano delle prove: potrebbero ritrovarsi a dover sostituire un copertone al volo.

Radio Rai ci apre le porte. Come lavora la squadra del Giro?

24.05.2022
6 min
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Anche nell’era dei social e della tv in 4K il fascino della radio resta unico. Senti le voci e puoi immaginare ciò che accade, come quando leggi un libro. E se i commentatori (tecnici e giornalisti) sanno il fatto loro, tutto assume un altro sapore.

Il ciclismo alla radio è un ping pong di collegamenti. Microfoni, moto, caschi, cabine, furgoncini mobili… è la “piccola” ma super tecnica squadra di Radio Rai 1 Sport. E’ grazie a loro che ascoltiamo in diretta il Giro d’Italia, mentre magari ci spostiamo di fretta per lavoro o per andare a prendere i figli a scuola. O proprio perché ci piace seguirlo così.

E allora come lavora questa squadra? A guidare le fila della truppa è Cristiano Piccinelli. Toscano, il ciclismo era una passione di famiglia.

«Da bambino – racconta Piccinelli – lo seguivo in tv e ogni volta che passava, poche a dire il vero, scendevo in strada per assistere al Giro».

Silvio Martinello e Cristiano Piccinelli (a destra) nella cabina di commento sulla linea d’arrivo. Alle loro spalle Roberto Speranza
Silvio Martinello e Cristiano Piccinelli (a destra) nella cabina di commento sulla linea d’arrivo. Alle loro spalle Roberto Speranza
Cristiano, innanzi tutto quanti siete al Giro?

In tutto siamo nove. Due giornalisti, Manuel Codignoni ed io, e due commentatori tecnici, Silvio Martinello e Massimo Ghirotto. Io e Silvio siamo nella postazione sulla linea d’arrivo, mentre Manuel e Massimo sono in moto. Ci sono poi cinque tecnici suddivisi in due gruppi. Uno, prettamente tecnico, composto da tre persone che curano la postazione per la diretta. Questo team va diretto all’arrivo. E un altro, composto da altri due tecnici, a più stretto contatto con noi, che segue il coordinamento e la parte social.

Come avviene la scelta dei giornalisti per il Giro?

La scelta è del caporedattore generale Filippo Corsini. E a dire il vero non è una scelta così vasta, visto che oltre a me a seguire il ciclismo c’è Giovanni Scaramuzzino, il quale però fa anche il primo campo di Tutto il Calcio Minuto per Minuto e spesso è in studio.

Tu come sei arrivato al ciclismo?

Da buon toscano seguivo più il ciclismo che il calcio. Ma lo seguivo in tv, non ho mai corso. In bici ci andavo per piacere. All’inizio in Rai Sport in redazione seguivo il calcio e lì è un compartimento più stagno, nel senso che se sei su quello fai solo calcio. Con il passaggio alla radio c’è stata sin da subito una certa richiesta di “multidisciplinarietà”, in più con Manuele Dotto che è andato in pensione si è aperto uno spiraglio nel ciclismo. Ho fatto delle prove per arrivare sin qui.

Massimo Ghirotto, è sulla moto 1, solitamente quindi segue la fuga. Altimetria e lista dei partenza sono sempre a portata di mano
Massimo Ghirotto, è sulla moto 1, solitamente quindi segue la fuga. Altimetria e lista dei partenza sono sempre a portata di mano
Prove, nel senso che hai fatto dei test in studio?

Più che altro ho fatto delle prove a casa. Prendevo dei filmati e commentavo. Ho inviato i file audio a chi di dovere e poi sono stato buttato nella mischia, allo sbaraglio se vogliamo. E sono anche stato fortunato: la prima corsa che ho commentato è stato il Giro delle Fiandre vinto da Bettiol!

Come vi muovete, Cristiano?

Allora, il gruppo dei tre tecnici va direttamente all’arrivo e non è quasi mai con noi: loro dormono anche nei pressi dell’arrivo. Uno di loro come detto conduce il mezzo con attrezzature e strumentazioni necessari per i servizi e la diretta e gli altri due si spostano con un altro mezzo e curano la postazione per la diretta. Poi ci siamo noi sei: Codignoni, Ghirotto, Martinello, io e gli altri due tecnici: Roberto Speranza e Mauro Lorenzo. Anche noi abbiamo due macchine e dormiamo però in prossimità della partenza.

Una logistica diversa dunque per l’intero gruppo…

Esatto. Soprattutto perché Manuel Codignoni e Massimo Ghirotto devono prendere le moto. E ci regoliamo affinché possano entrare in corsa nel momento in cui la cronotabella dice che i corridori passeranno in quel punto per le 14 circa. I due tecnici che sono con noi li lasciano in quel punto e poi vengono all’arrivo. Martinello ed io, che abbiamo un’altra macchina, andiamo all’arrivo di tappa. Il sabato e la domenica iniziamo già alle 13:30, mentre durante la settimana alle 15.

Manuel Codignoni, è sulla moto 2, solitamente sul gruppo, ma chiaramente tutte le posizioni sono relative all’andamento della corsa
Manuel Codignoni, è sulla moto 2, solitamente sul gruppo, ma chiaramente tutte le posizioni sono relative all’andamento della corsa
Tutto è ben cadenzato.

Colazione tutti insieme e poi ognuno nel suo mezzo. Durante la colazione dalla sede centrale di Radio Rai ci arrivano gli spazi per gli spot e la scaletta. Da lì come detto ci regoliamo per essere in zona traguardo in abbondante anticipo così quando arriviamo abbiamo il tempo per verificare che tutto funzioni perfettamente. Pranzo veloce, che a volte si salta, e via in diretta.

E qui come funziona?

All’inizio, ogni 30′ abbiamo dai 5′ ai 7′ di spazio, dipende dal palinsesto, mentre dalle 16:30 con Scaramuzzino che è in sede, c’è la diretta. Coinvolgiamo sempre degli ospiti, solitamente ex corridori, tecnici, atleti che magari non sono in corsa e chiaramente commentiamo la tappa. La diretta va avanti fino alle 18. Nel week end finiamo un po’ prima, in quanto ci sono altri eventi sportivi, inoltre nella diretta del fine settimana si “palleggia” anche con il calcio, la Formula 1, la MotoGp…

La diretta dunque va avanti anche dopo il termine della tappa…

Sì, soprattutto con Manuel Codignoni che sceso di moto va in mix zone e intervista i protagonisti. Di solito vincitore e maglia rosa non mancano mai.

A fine tappa giornalisti e tecnici si radunano nel furgoncino con le strumentazioni per realizzare i servizi per i radiogiornali
A fine tappa giornalisti e tecnici si radunano nel furgoncino con le strumentazioni per realizzare i servizi per i radiogiornali
E dopo?

Chiusa la diretta ci mettiamo sui servizi da mandare in onda la sera. Abbiamo uno spazio interno nei radiogiornali delle 19, di mezzanotte e in quello delle 8 del mattino successivo. Mentre per il fine settimana abbiamo un po’ di spazio in più: 6′-7′ in cui fare dei riassunti, degli approfondimenti…

Quanto durano questi servizi e quanto tempo vi impiegano?

Durano un minuto, un minuto e dieci secondi, sono i tempi della radio. Per realizzarli cerchiamo di essere molto veloci, non perché si vuol essere sbrigativi, ma perché poi ci sono sempre dei lunghi trasferimenti da affrontare. Comunque ci vuole circa un’ora e mezza per quel minuto e poco più di servizio. E anche noi, come voi giornalisti, scriviamo quel che poi diciamo a voce. Solitamente mi preparo il testo a mente, mentre dalla postazione di commento sull’arrivo mi sposto al camioncino tecnico. Ogni tanto, se ci sono delle emergenze e tempi super stretti invece si va a braccio. Ma devo dire che i nostri tecnici sono bravissimi e se impieghiamo poco il merito è anche loro. Oltre ai servizi se c’è qualcosa di particolare inviamo anche un’intervista più lunga che poi in redazione utilizzano come meglio credono.

E quindi vi rispostate verso la partenza successiva…

Esatto e la sera stiamo a cena tutti e sei. Siamo un bel gruppo, affiatato. E a tavola ci rilassiamo scherzando e ridendo.

Mezzo Giro alle spalle, i giudizi del “professor Ghirotto”

17.05.2022
6 min
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Si è conclusa la prima parte del Giro d’Italia ed è già tempo di bilanci. Tra Montesilvano e Pescara i corridori si sono goduti il primo giorno di riposo. C’è chi ha fatto un tuffo in mare come Cavendish e i suoi fidati compagni. C’è chi ha fatto conferenze stampa e chi si è goduto il riposo lontano dai riflettori. E tra poco si riparte per Jesi.

Chi invece non si è riposato, anzi non abbiamo lasciato riposare, è stato Massimo Ghirotto. L’ex corridore è oggi una delle voci di RadioRai. Segue la corsa dalla moto, viaggia in gruppo con i corridori e ha una percezione ben precisa di valori e situazioni. Insomma è quel che si potrebbe definire un professore… che adesso sale in cattedra!

Massimo Ghirotto oggi è commentatore dalla moto per Radio Rai e prima è stato pro’ per 13 anni
Massimo Ghirotto oggi è commentatore dalla moto per Radio Rai e prima è stato pro’ per 13 anni
Massimo, che Giro è stato sin qui?

Partiamo dalla tappa di domenica, la prima vera tappa dura. Una tappa dalla quale non siamo venuti fuori con le idee ben chiare. E lo conferma il fatto che sono arrivati in cinque a giocarsi lo sprint. Carapaz ci ha provato ma Bardet e tutti gli altri big lo hanno rintuzzato. Il che va bene per lo spettacolo, perché vuol dire che il Giro non ha un padrone definito. Ci ha detto però una cosa ben chiara.

Quale?

Che la Ineos-Grenadiers è qui per vincere. Sa bene che al Tour non avrà molto spazio tra Roglic e Pogacar e hanno portato il cavallo buono al Giro. In salita hanno dettato legge.

Quindi Carapaz per te resta il favorito, anche se non ha fatto la differenza?

Sì, ed è il favorito anche per la squadra che ha. Non può perderlo… ci conta molto. Gli altri cercheranno di approfittare di qualche passaggio a vuoto, di qualche situazione incerta. Per esempio, non so Porte quante azioni come quella di domenica potrà ancora fare. Ha la sua età, anche se poi abbiamo visto come sono andati Valverde, Nibali e Pozzovivo.

Chi sono quindi i promossi oltre a Carapaz?

Bardet sicuramente. E’ arrivato a questo punto della corsa senza spendere più di tanto. Stephen Roche, con cui ho corso, diceva sempre: “Oggi spendiamo il meno possibile”. Ed è così che si vincono i grandi Giri. Domenica attaccare era rischioso. Lui è rimasto a ruota, ma è stato il primo a rispondere a Carapaz. Un altro promosso, per ora, è Landa

Per Ghirotto, la Bora Hansgrohe è la squadra più forte insieme alla Ineos Grenadiers
Per Ghirotto, la Bora Hansgrohe è la squadra più forte insieme alla Ineos Grenadiers
“Per ora”: hai detto bene. Anche ieri ha “cercato” di mettersi nei guai con quella caduta…

Esatto, dovrà riuscire a restare indenne da se stesso. Ogni tanto gli capitano questi guai, queste situazioni. Ma il percorso è dalla sua. Non ci sono cronometro, lui è uno scalatore, ha un buon compagno come Pello Bilbao. E poi ci prova da un bel po’, è esperto.

Qualche altro promosso?

Jay Hindley. Non possiamo non considerarlo. Ricordiamoci che lui arrivò in rosa al via dell’ultima tappa al Giro 2020 e con lo squadrone che ha può far bene. Ragazzi, la Bora Hansgrohe è una corazzata. Kamna non è crollato, Kelderman per un imprevisto è uscito di classifica ma si metterà al suo servizio e Buchmann non è lontano. Piuttosto aggiungerei un nome, che mi incuriosisce ed è Almeida

L’altro ieri ha fatto un piccolo capolavoro verso il Blockhaus, si è gestito (e lo hanno gestito) alla perfezione…

Almeida per me è un punto di domanda. Si vede poco ma è lì. Fatte le debite proporzioni, mi ricorda molto Miguel Indurain, anche se fisicamente sono diversi. A lui manca quel supporto psicologico che avrebbe potuto dargli una bella crono a metà Giro. Quella che gli avrebbe consentito di dire: qui guadagno e poi inizio a correre in difesa o a gestirmi in un certo modo.

Yates (scortato dal compagno Hamilton) sul Blockhaus ha incassato oltre 11′ da Hindley
Yates sul Blockhaus ha incassato oltre 11′ da Hindley
Prima li hai nominati: tra i promossi mettiamo anche i “vecchietti”?

Non si può non dire che noi italiani stiamo soffrendo. Poi per carità, “Pozzo” che arriva davanti ci riempie il cuore. Ce lo riempie per lui, per l’uomo che è, per il corridore sempre disponibile. E lo stesso discorso vale per Nibali. L’altro ieri ha corso da Dio. Onestamente mi aspettavo che crollasse ma, come ho detto anche in radio, con il fatto di aver annunciato l’addio si è liberato. 

In effetti visto come era andato sull’Etna credevamo patisse di più su una salita dura come il Blockhaus…

Si è gestito bene, come ha sentito che non poteva tenere si è messo di passo ed è andato benone. Vi assicuro che nella prima parte di salita soprattutto sono andati fortissimo. Ecco, l’altro giorno mi sono reso conto una volta per tutte quanto sia cambiato il ciclismo dai miei tempi. Okay, noi avevamo bici da 10 chili e loro 6,8, tutta velocità in più, ma andavano su fortissimo, tutti sul ciglio della strada perché c’era vento, tutti con grande intensità. E sono andati così forte, così al limite, che infatti non ci sono state grande differenze fra i migliori.

E invece i bocciati?

Parto da Ciccone. Parto da Giulio non per criticarlo, ma perché avevamo fiducia e speranza in lui, tanto più dopo che aveva detto che stava meglio giorno dopo giorno. Speriamo che adesso che è fuori classifica possa fare un bel colpaccio. Boccio anche Simon Yates. Si è parlato di questo ginocchio, ma lui manca di continuità. E non nell’arco delle tre settimane, perché questo ragazzo quando sta bene va forte, ha vinto una Vuelta ed è salito sul podio, solo che trova sempre degli ostacoli. A volte è sfortuna… ma non sempre.

Lo spettacolo della tappa di Napoli, col suo circuito tecnico e suggestivo
Lo spettacolo della tappa di Napoli, col suo circuito tecnico e suggestivo
E Miguel Angel Lopez?

Bocciato? Che dire, ufficialmente aveva un problema ad un muscolo… E poi c’è il capitolo italiani. Nei primi cinquanta della generale ce ne sono solo otto e, a parte Nibali e Pozzo, sono tutti nelle retrovie. Nizzolo però non ha fatto male, visto il parterre tra gli sprinter. Fortunato non è andato male. E speriamo che gente come De Marchi, Ulissi, Villella e Formolo possano fare qualcosa.

E invece di questo Giro cosa ti ha colpito: tattiche, pubblico, situazioni particolari…

Dico la tappa di Napoli. E’ stato un vero spettacolo. Una tappa fuori dagli schemi con questo circuito da ripetere quattro volte. E poi mi è piaciuto rivedere la libertà della gente. Si spera che con questo Covid sia finita. Si sta liberi a bordo strada e c’è tanta gente. E ancora mi sta piacendo l’atteggiamento dei corridori. Non si stanno risparmiando, sempre a tutta, sempre pronti a lottare e lo si vede anche dal fatto che alle fughe non hanno mai lasciato troppo spazio.

Infine, Massimo, una curiosità: come giudichi l’atteggiamento della Bardiani Csf Faizanè? Nessuna “fuga promozionale” per ora. Gaburro e Zana erano inseriti in drappelli importanti…

Stanno correndo in modo un po’ diverso. Mi sembra che i Reverberi abbiano portato un po’ di più di qualità. Anche Covili, mi sembra un buon ragazzo. Questo modo di correre può servire anche per dare una svolta al team, per far crescere i ragazzi, per dargli valore e, chissà, anche per parlare in altro modo con Rcs e non con le “fughe spot”.