Adesso Svrcek è pronto a raccogliere l’eredità di Sagan

29.01.2024
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CALPE (Spagna) – C’è un po’ d’Italia quando si parla con e di Martin Svrcek. Il giovane slovacco della Soudal-Quick Step è infatti passato da “casa nostra”. Fu il direttore sportivo della Franco Ballerini, Andrea Bardelli, a portarlo in toscana negli anni da juniores.

Martin è uno di quei corridori che si potrebbero etichettare come “baby fenomeni”. E non è un caso che dopo l’esperienza in Italia sia passato direttamente nel WorldTour. Un formale, ma necessario passaggio alla Biesse-Carrera, ma il contratto già in tasca con la squadra belga. E poi via alla corte di Lefevere.

Martin Svrcek (classe 2003) durante l’incontro a Calpe
Martin Svrcek (classe 2003) durante l’incontro a Calpe

Più maturo

Rispetto ad altri però il suo approccio al professionismo non è stato proprio roseo. Le difficoltà ci sono state e anche una certa dose di sfortuna dovuta a qualche acciacco di troppo ci ha messo lo zampino. Di fatto la prima vera stagione da pro’ completa è stata quella passata: 44 giorni di gara, tre top 10 ma anche le prime grandi gare. E tutto sommato va bene così per un classe 2003.

L’impressione però è che vedendolo dopo un paio di anni, Svrcek sia cresciuto moltissimo. Più personalità, più scioltezza nel muoversi anche con i compagni, una buona padronanza dell’inglese. Stare coi campioni ti cambia.

«Ora sono più maturo – racconta Svrcek, mentre si prepara un caffè – due anni fa in effetti ero ancora un bambino. Forse non ero proprio pronto per il WorldTour e avevo bisogno di più tempo per il mio sviluppo. Ora però spero, e credo, di essere più pronto, credo più in me stesso e va bene così questo mi fa guardare con fiducia al futuro».

Lo sloveno è alla terza stagione da pro’. Per quest’anno punta molto sulle corse di un giorno, in futuro chissà (foto Wout Beel)
Lo sloveno è alla terza stagione da pro’. Per quest’anno punta molto sulle corse di un giorno, in futuro chissà (foto Wout Beel)

Voglia di gare

«Non vedo l’ora d’iniziare la nuova stagione – dice Svrcek – penso di aver avuto un finale di stagione davvero bello. Agosto è stato un gran bel mese per me. Anche a Glasgow ero andato bene (terzo nel mondiale U23). Peccato che dopo abbia avuto un problema al ginocchio. Sentivo dolore, il che non era eccezionale e per tre mesi non ho fatto quasi nulla. Ma credo di aver avuto la mia condizione migliore di tutti i tempi, almeno sin qui. Quindi non vedo l’ora di riprendere. Non so cosa aspettarmi. Voglio solo fare un ottimo lavoro per il team e per me».

Svrcek inizierà il suo percorso agonistico 2024 dall’AlUla Tour, unica corsa a tappe in programma, almeno per ora. Poi lo aspetta un lungo filotto di classiche: dall’Omloop Het Nieuwsblad fino all’Amstel Gold Race, passando per la Milano-Sanremo, unico monumento in programma per lui.

«Dopo il Saudi Tour però farò un training camp in altura. Andrò con il team a Sierra Nevada e poi da lì ritornerò alle corse con la Kuurne-Bruxelles-Kuurne e la Milano-Sanremo. Successivamente dovrei fare altre classiche ma non sono del tutto sicuro ancora del mio programma. Vedremo strada facendo.

«Dove veramente voglio fare bene è alla Sanremo e per questa serve sia tanta resistenza che tanta esplosività, ma penso anche alle Olimpiadi».

Svrcek è un riferimento in Slovacchia, tanto è vero che è anche un ambassador per Citroen (foto Instagram)
Svrcek è un riferimento in Slovacchia, tanto è vero che è anche un ambassador per Citroen (foto Instagram)

Erede di Sagan

E con il discorso delle Olimpiadi si apre un capitolo interessante. Con l’addio di Peter Sagan, di fatto Martin Svrcek diventa il leader ciclistico di questa Nazione. Per carità non parliamo di un movimento super, ma è pur sempre motivo di responsabilità e di orgoglio al tempo stesso.

«Vivo ancora in Slovacchia – racconta Svrcek – e anche per questo voglio fare bene ai Giochi. Sì, senza più Sagan sono il ciclista più importante del mio Paese – l’espressione tradisce un certo orgoglio – ma non sento la pressione su di me. Anzi, credo che la stessa pressione sia sempre qualcosa di buono. In più sono in una squadra che mi sta dando il tempo di crescere e non mi mette stress».

Come caratteristiche fisiche Svrcek potrebbe essere, in parte, l’erede di Sagan. E’ certamente meno veloce di Peter, ma tiene un po’ meglio in salita. Nelle classiche potrebbe fare bene anche lui. In più è in una squadra che proprio con le classiche ha un certo feeling. Ma è talmente giovane che neanche lui sa se magari un giorno potrà essere ideale anche per le corse a tappe. C’è solo da attendere.

Prima di congedarci, Martin ci parla dell’Italia. La Toscana non l’ha dimenticata: «Sento ancora Bardelli e la famiglia Iacchi, che mi ha accolto. Fare lo junior in Italia è stata un’esperienza molto bella e lo ricorderò sempre, anche perché è stato il mio primo passo nel grande ciclismo. Se ora sono qui è grazie a quell’esperienza».

Leonard e Svrcek, due talenti stranieri passati dall’Italia

11.03.2023
4 min
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Ci sono due ragazzini che hanno fatto gli juniores in Italia e quest’anno si ritrovano nel WorldTour. Due giovanissimi attratti dal Belpaese, due stranieri passati per le fila del Team Franco Ballerini. Parliamo di Michael Leonard e Martin Svrcek, rispettivamente alla Ineos-Grendiers e alla Soudal-Quick Step.

Ebbene come stanno andando tra i grandi? Fin qui non li abbiamo visti nelle top ten delle classifiche e a dire il vero neanche ce lo aspettavamo (giustamente). Ma il “grande salto” merita attenzione. Se non altro suscita curiosità.

La foto dei due

Leonard, canadese classe 2004, è passato direttamente con lo squadrone inglese, saltando a pie’ pari la categoria degli under 23. E questo segue un po’ il progetto della Ineos-Grendiers che vuol formarsi i suoi campioni in casa, visto che non ha un vivaio diretto. Per esempio una delle prime cose che hanno fatto in Ineos è stata quella di dargli la bici da crono, già prima del suo arrivo.

Svrcek, slovacco, ha un anno in più, è un 2003. Prima di passare direttamente alla corte di Lefevere, è stato “parcheggiato” alla Biesse-Carrera. In questo modo ha potuto affrontare alcune gare e sfruttare come “cuscinetto” intermedio la stagione primaverile. Dal 1° luglio 2022 infatti ha vestito la maglia della corazzata belga.

Martin Svrcek si è aggregato al gruppo di Lefevere dalla scorsa estate. Ha un contratto fino al 2024
Martin Svrcek si è aggregato al gruppo di Lefevere dalla scorsa estate. Ha un contratto fino al 2024

Peteers su Svrcek

Ascoltando i direttori sportivi che li dirigono, partiamo dal più “vecchio”: Martin Svrcek. A parlarci di lui è Wilfried Peeters. 

«Martin è un ragazzo molto giovane – dice il diesse belga – bisogna stare un po’ attenti perché tutti sono già con gli occhi su di lui. Tutto sommato ha passato un buon inverno, ma dopo la trasferta australiana (che ha segnato il debutto nel WT dello slovacco, ndr) ha avuto qualche problema e abbiamo deciso di cambiare un po’ il suo programma.

«A Le Samyn anche non è andata bene in quanto è caduto. Ma vediamo come si comporterà in Belgio. Lì ci sono corse adatte a lui e potrà imparare parecchio».

Peteers parla di pressione. I primi approcci di Martin non sono stati super a dire il vero, forse la prima gara del 2023 è stata la migliore: 25° alla Schwalbe Classic.

«Pressione? Non gliela vogliamo mettere. E’ un ragazzo che ha 20 anni. Le sue qualità non si discutono. Vedremo se riusciremo a fargli fare qualche corsa a tappe. Dopo lo scorso anno in cui ha corso pochissimo, Martin deve trovare il suo ritmo e per questo gli servirà continuità. Le qualità, ripeto, ce le ha, ma le deve tirare fuori».

Michael Leonard è arrivato questo inverno alla Ineos. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram)
Michael Leonard è arrivato questo inverno alla Ineos. Ha un contratto fino al 2025 (foto Instagram)

Tosatto su Leonard

Pazienza è invece la parola chiave che Matteo Tosatto usa nei confronti di Michael Leonard. Per ora il suo adattamento alla Ineos-Greandiers sembra essere iniziato con il piede giusto.

Leonard lo scorso anno lo vedemmo in azione anche dal vivo. Era il memorial dedicato a Franco Ballerini (correva giusto in quel team, ndr): leggerezza di pedalata unita ad una grande potenza, specie in salita.

«Michael – dice Tosatto – quest’anno ha già preso parte ad alcune gare, tra cui il Trofeo Laigueglia… Che dire: è giovane. Parliamo di un 2004. Da parte nostra cerchiamo di farlo crescere e di non mettergli pressione. Deve solo capire cos’è il ciclismo. A noi non interessa che vinca o che sia competitivo… almeno sin da subito. Che è quello che abbiamo fatto con Carlos Rodriguez.

«Si sta adattando bene, intelligente e pensiamo anche che si è ritrovato dal fare lo juniores al passare in una squadra WorldTour, tra l’altro non una squadra banale. Nelle riunioni sul bus fa domande sensate. Per esempio: quando dico che bisogna stare attenti ai gruppi numerosi, lui mi chiede: “Cosa significa un grande gruppo? Sono 40 persone?”. Io gli rispondono che già 15 corridori lo sono.

«Bisogna solo avere pazienza. Fino allo scorso anno era uno juniores e non aveva mai fatto un rifornimento. Bisogna insegnarli anche queste cose. Cose che magari si danno per scontate. Vedo che cresce di giorno in giorno e migliora la sua forza di gara in gara».

Svrcek ai box. La sfortuna rallenta il passaggio alla Quick Step

07.06.2022
5 min
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Nella ormai annosa diatriba di vedere passare professionisti troppo presto tanti giovani, a metà del guado c’è anche Martin Svrcek (in apertura, foto facebook Biesse-Carrera) che l’anno scorso ha dominato la categoria juniores in Italia col Team Franco Ballerini. Per lui si erano spalancate subito le porte dei big con un rapido passaggio intermedio tra gli U23.

Lo slovacco classe 2003 ha già in tasca un contratto con la Quick Step-Alpha Vinyl fino al 2024 e dal prossimo 1° luglio dovrebbe passare con la formazione belga e finora ha corso con la Biesse-Carrera, la squadra in cui è stato “parcheggiato”. Non un’operazione però come quella del Team UAE Emirates con Ayuso alla Colpack-Ballan l’anno scorso. A differenza dello spagnolo, per Svrcek oltretutto non è stato un periodo semplice, specie se di mezzo ci si mette anche la malasorte.

Caduta e clavicola rotta

Nemmeno il tempo di festeggiare l’unico squillo messo a segno lo scorso 14 maggio a Cerreto Guidi – un incoraggiante terzo posto ne “La Medicea” dietro Parisini del Team Qhubeka e Busatto della General Store – che una settimana dopo, al termine della prima prova della Due Giorni Marchigiana (vinta dal suo compagno Belleri), si rompe la clavicola cadendo mentre stava raggiungendo l’hotel.

Infortunio a parte, sulla prima parte di stagione del talento nativo di Neslusa c’erano diverse aspettative e noi abbiamo voluto sentire Marco Milesi, il suo diesse ed uno che ha le idee ben chiare sul come far crescere i giovani.

Marco, partiamo dalla fine. Come sta Martin?

E’ stato operato, aveva una frattura scomposta. Tutto l’intervento è stato seguito dallo staff medico della Quick Step, che ha portato il ragazzo in Belgio. Ora dovrà fare 4 settimane di recupero anche se si sta già allenando sui rulli. E’ stata una caduta stupida, a traffico ancora chiuso, dovuta ad una sua distrazione. Peccato perché stava iniziando a far intravedere le sue qualità.

Com’era andato fino ad ora?

Ha risentito del salto di categoria. Anche lui aveva la maturità però con qualche difficoltà in più perché è iscritto in un liceo in Slovacchia e praticamente sosteneva corsi e verifiche on line, attraverso le piattaforme attuali. Sin dai primi nostri ritiri in Spagna a gennaio, doveva studiare e collegarsi. Dal punto di vista mentale non era libero completamente, ma ci sta. Ne ho visti tanti, i primi anni vanno aspettati anche se arrivano con l’etichetta del campione.

In cosa deve migliorare e in cosa è già pronto?

Martin è un corridore forte, dotato di una grande fisicità ed esplosività. Ha caratteristiche da uomo da classiche perché è decisamente veloce e tiene bene su strappi e salite corte. E’ ancora ben strutturato, ma sono certo che con lo sviluppo fra qualche anno perderà qualche chilo e si definirà, magari puntando a gare più dure. Gli manca l’esperienza, chiaramente, in questi 5 mesi non siamo riusciti a capire pregi e difetti. Non lo abbiamo inquadrato del tutto…

Come mai?

Perché a dire il vero è stato prevalentemente seguito dai tecnici della Quick Step. Con noi ha fatto periodi corti e in pratica veniva solo a correre, mettendosi a disposizione dei compagni.

Certo che così diventa difficile far crescere un ragazzo…

Un po’ sì. Infatti anche a Bramati, che mi chiede sempre un parere su di lui, rispondo che posso dargli pochi riscontri. Anzi, forse sono loro che ne devono dare a noi (sorride, ndr). A parte questo, ci piacerebbe se potesse rimanere alla Biesse Carrera fino alla fine della stagione. Però so che ci sono equilibri contrattuali e non che devono essere rispettati. Vedremo quando rientrerà dall’infortunio.

Martin Svrcek impegnato al Giro di Sicilia, corsa a tappe in cui si è confrontato con i professionisti (foto instagram)
Martin Svrcek impegnato al Giro di Sicilia, corsa a tappe in cui si è confrontato con i professionisti (foto instagram)
Secondo te è una forzatura voler far passare tutti questi giovani?

Onestamente sì. Ritengo che ogni ragazzo abbia la sua crescita graduale, come ha detto Alfio Locatelli, che ho avuto come corridore alla Trevigiani, nella sua intervista di qualche giorno fa. Per me almeno tre anni nei dilettanti vanno fatti e poi puoi vedere cosa si ha in mano. Gente come Sagan, Pogacar ed Evenepoel sono eccezioni. Ci vuole un passaggio progressivo, come è stato per Colleoni, Cattaneo, Ballerini o Almeida. Tutti ragazzi che ho allenato, che avevano grande talento ma ciascuno con la sua maturazione. Ed ora sono grandi corridori.

C’è il rischio che queste generazioni corrano poco e in modo troppo intenso?

Per me sì. Dico da un po’ che i ragazzi di adesso difficilmente avranno carriere da 15 anni nei professionisti come ho fatto io o i miei ex compagni. Io avevo fatto 4 anni da dilettante passando a 24, con un bagaglio di esperienza piuttosto completo. Invece ora sono sotto stress da allievi, corrono troppo. Figuriamoci poi da junior e U23. Arrivano pro’ che sono già sfiniti o quasi. Questa è una tendenza pericolosa anche sotto il punto di vista psicologico. D’accordo volere il campione, ma saremmo contenti di avere tanti corridori che magari smettono a 28 anni? Non so, spero di sbagliarmi ma dobbiamo fare attenzione.

Svrcek, il Giro e poi la Quick Step. Milesi, sei d’accordo?

02.03.2022
4 min
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Ne ha parlato Sagan l’altro giorno e della sua storia abbiamo raccontato parecchio nei mesi scorsi con Andrea Bardelli che l’ha cresciuto fra gli juniores. Martin Svrcek oggi avrebbe dovuto correre a Laigueglia, ma da un paio di giorni ha problemi di stomaco e la Biesse-Carrera ha preferito tenerlo fermo. Lo slovacco di 19 anni, che ha già firmato un contratto da pro’ con la Quick Step-Alpha Vinyl, è in Italia per farsi le ossa e sembra destinato a diventare un altro prodigio alla corte di Lefevere. Già, ma come si cresce un prodigio?

Marco Milesi ha corso tra i professionisti dal 1994 al 2006. Ha visto campioni. Ha visto giovani promesse arrivare in cima e altre sgonfiarsi sotto il peso delle attese. Perciò è stato ben lieto di accogliere nella sua squadra il giovane Svrcek . Ha ascoltato le ultime raccomandazioni di Bardelli, lo ha salutato e si è messo a lavorarci, osservandolo.

Marco Milesi è del 1970, è stato professionista dal 1994 al 2006 (foto Scanferla)
Marco Milesi è del 1970, è stato professionista dal 1994 al 2006 (foto Scanferla)

«Fisicamente è forte – dice – ben strutturato. Non gli manca niente. Ho visto come ha lavorato durante il ritiro in Spagna. Rispetta i programmi alla lettera. Alla San Geo ha pilotato Foldager fino all’arrivo (il danese è arrivato al 6° posto, ndr), ma sono convinto che se fosse stato più convinto avrebbe potuto fare la sua volata. E’ determinato e tanto sul pezzo. Poi ora comincia a parlare l’italiano e questo gli permetterà di fare un passo in più».

Bardelli ci ha raccontato che essendo un perfezionista, non parla italiano perché non si sente sicuro.

Ma adesso sta migliorando e comunque fa sempre quello che gli viene detto.

In che modo vi interfacciate con la Quick Step?

Ho un contatto diretto con Bramati, ci sentiamo spesso. Martin è seguito dal loro preparatore, che ha calibrato il suo lavoro in base al nostro calendario. Questo ha senso, perché quando passerà non dovrà cambiare mano. Anche se in ritiro, ad esempio, faceva i lavori che gli davo io.

La squadra è composta da 12 corridori. Oltre a Milesi, sull’ammiraglia c’è Dario Nicoletti (foto Biesse-Carrera)
La squadra è composta da 12 corridori. Oltre a Milesi, sull’ammiraglia c’è Dario Nicoletti (foto Biesse-Carrera)
Peccato non corra a Laigueglia…

Lui è dispiaciutissimo, ma è stato davvero male. L’ho iscritto al Memorial Polese del 5 marzo, sperando che per allora si sia rimesso. Poi farà il calendario italiano. San Vendemiano e il Liberazione, percorsi adatti a lui. Ma correrà anche al Giro di Sicilia, qualche assaggio di professionismo è giusto che lo faccia. Ma c’è da dire una cosa: cerco comunque di considerarlo un ragazzo di primo anno.

Non bisogna dimenticare che ha 19 anni?

La sua crescita deve essere graduale, poi verrà quel che verrà. Potrebbe essere come Ayuso, per cui saranno le corse a mostrare che effettivamente è superiore agli altri. Di sicuro farà il Giro d’Italia, anche se devo capire bene le tappe.

E poi come Ayuso diventerà subito professionista?

Questo è un passaggio complicato, da valutare. Bisognerà vederne la crescita…

Martin Svrcek ha 19 anni ed è stato junior alla Franco Ballerini. Ha firmato con la Quick Step-Alpha Vinyl (foto Biesse-Carrera)
Martin Svrcek ha 19 anni ed è stato junior alla Franco Ballerini. Ha firmato con la Quick Step-Alpha Vinyl (foto Biesse-Carrera)
Non sei convinto?

La mia idea, quello che ho proposto è che vada con loro a fare lo stagista e finisca comunque la stagione con noi.

Bramati cosa dice?

Davide la pensa come me.

Svrcek cosa dice?

Lui vorrebbe passare subito, ha fretta (ride, ndr).

Sai se è in contatto con Sagan?

Non lo so, ma non mi pare. Adesso vive in zona Bergamo, si è preso una casa da solo a Sarnico, sul lago, dove a volte vengono a trovarlo i genitori. Nella zona ci sono anche altri corridori e comunque è comodo perché quando ci alleniamo con la squadra è subito con noi.

Nel ritiro in Spagna, la Biesse-Carrera ha lavorato bene: Milesi è soddisfatto (foto Biesse-Carrera)
Nel ritiro in Spagna, la Biesse-Carrera ha lavorato bene: Milesi è soddisfatto (foto Biesse-Carrera)
Cosa sperate di fare oggi a Laigueglia?

Un po’ di esperienza. I ragazzi stanno bene, abbiamo fatto un bell’inverno. L’obiettivo chiaramente è prendere la fuga giusta. Garosio non sta andando male e soprattutto è bravo con i più giovani. In Spagna è stato con noi solo per dieci giorni, ma l’ho visto spiegare e raccontare molto. Ci sono quelli che non parlano, mentre lui mi sembra bendisposto. Non è taciturno, si è ricavato un ruolo. E ha capito che così si fa voler bene e lo aiuteranno meglio.

La storia di Svrcek, nato in Slovacchia, cresciuto in Toscana

13.11.2021
7 min
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Questa è la favola di Martin Svrcek e del Team Franco Ballerini (di cui vi avevamo già accennato), iniziata il 10 novembre 2020 anno quando Andrea Bardelli, direttore sportivo, si mise a curiosare sul web fra i risultati del 2019. Si era accorto di lui agli europei di Plouay del 2020, dove era andato con Ponomar. La squadra non voleva uno straniero per il 2021, ma da allievo il piccolo slovacco aveva ottenuto dei buoni risultati nella corsa della Pace che si corre in Austria. Perciò Bardelli si mise a cercarlo su Facebook e scoprì che viveva a Zilina. Così contattò un ragazzo di lì che aveva avuto due anni prima all’Hopplà. I due erano amici. Perciò il… gancio fece da tramite e il giorno dopo ci fu il primo contatto. Davvero nessuno poteva immaginare come sarebbe andata a finire.

«Probabilmente avrebbe smesso di correre – sorride il tecnico toscano – perché in Slovacchia ci sono poche gare. Venne fuori che abita a 10 chilometri da Zilina e che conosceva Juray Sagan, il fratello di Peter che si occupa delle squadre giovanili. Devo dire che al momento di prendere le decisioni, la famiglia Sagan è stata molto presente. Ed è stato utile, perché ci siamo ritrovati in un mondo di squadre WorldTour e procuratori, in cui non avremmo saputo come muoverci».

Da che famiglia viene Martin Svrcek?

Sono cinque fratelli, tutti fenomeni dello sport. Un fratellino di 14 anni è un talento dell’hockey e presto andrà in America. Sono cinque ragazzi splendidi e autonomi. Il padre è un manager ed è venuto con lo zio per conoscerci. Sono rimasti per due giorni a Montecatini. Hanno fatto mille domande, visto dove avrebbe alloggiato Martin, poi sono risaliti in macchina e via. Del padre non ho neppure il numero di telefono, ma si è fidato. Martin è arrivato a gennaio. E noi ci siamo ritrovati in casa un ragazzo umile, con voglia di lavorare e la maturità per stare sette mesi via da casa.

E’ stato semplice?

L’ho trattato come un figlio, ma devo tutto alla famiglia Iacchi. Hanno due figli corridori, Alessandro e Lorenzo, ma già si prendevano cura di Stojnic. Poi lui si è rotto il femore e Martin si è ritrovato da solo. La mossa vincente è stato far venire giù la sua ragazza, che corre in bici. In quel momento Martin si è sentito a casa sua e ha capito che ci fidavamo di lui.

Quando ti sei accorto che fosse uno buono?

Al primo allenamento a Barberino del Mugello, di gennaio. Aveva viaggiato tutta la notte in macchina col padre. C’era un nebbione che metteva paura. Aveva 5-6 chili più del giusto. Facemmo un allenamento e i due ragazzi che erano con lui, mi dissero che quello lì avrebbe vinto 25 corse. C’era da scoprirne il carattere e se si sarebbe inserito, ma il corridore lo vedi subito. 

Svrcek e Alessandro Iacchi, come fratelli, hanno vissuto e si sono allenati insieme per un anno
Svrcek e Alessandro Iacchi, come fratelli, hanno vissuto e si sono allenati insieme per un anno
Cinque o sei chili di troppo?

Quando è arrivato (Bardelli ride, ndr) aveva l’abitudine slovacca di bere qualche birretta. Ma non siamo andati dal dietista o dal dottore, gli è bastato stare accanto ai ragazzi e mangiare in casa da corridore. Poi, siccome è molto sveglio, ha capito che la giusta alimentazione iniziava a fare la differenza. E’ veramente partito da zero.

Parlava italiano?

Il primo mese, in appartamento con Stojnic, cominciava a parlarlo. Quando poi Veliko si è infortunato ed è arrivata la sua ragazza, ha un po’ smesso. Lo studiava e lo studia ancora, ma è timido ed esigente, per cui con me in ammiraglia ci prova, ma nelle interviste non si fida. Alle prime corse, noi dicevamo le cose alla ragazza in inglese e lei da bordo strada traduceva in slovacco. Diciamo che alla fine (dice sorridendo, ndr) s’è messo a punto un dialetto tosco-anglo-slovacco.

Sedici vittorie, un bel bottino…

Negli ultimi tre anni abbiamo fatto tanta attività internazionale. Ci siamo fatti un nome e correre da noi è una bella vetrina, soprattutto se poi finisci nel WorldTour. Portare questo nome (Franco Ballerini, ndr) è un orgoglio, abbiamo tutti gli occhi addosso.

Svrecek ha chiuso i mondiali al quarto posto. Eccolo nello sprint accanto all’azzurro Oioli
Svrecek ha chiuso i mondiali al quarto posto. Eccolo nello sprint accanto all’azzurro Oioli
Sì però un ragazzino che parte da zero e dopo un anno passa nel WorldTour non ti suona un po’ strano?

I primi contatti sono iniziati a maggio, aveva vinto sette corse fra cui l’Eroica Juniores. Io non sono d’accordo, ma il ciclismo è cambiato. Sono contento perché abbiamo preso il manager belga che segue anche Alaphilippe e concordato un avvicinamento graduale. Martin farà prima sei mesi nella Biesse-Carrera di Milesi e Nicoletti.

Non è presto?

E’ pronto di testa. Qui lavoriamo in modo diverso, ho cambiato dopo aver lavorato nei dilettanti. Durante la settimana, i nostri si allenano da soli. Gli diamo il supporto di un allenatore come Pino Toni e poi sta a loro imparare a gestirsi le giornate. Anche se abitiamo a un chilometro di distanza, non ho mai seguito Martin in allenamento. Non mi piace coccolarli come si fa in Italia.

Perché è pronto di testa?

Dopo aver firmato il contratto a luglio, temevo che mollasse. Invece ha tenuto duro fino al mondiale. E a quel punto, invece di fare festa, sapeva quanto io tenessi alla Roubaix per il ventennale dalla morte di Franco (Ballerini, ndr) e ha tenuto duro fino lì. Ha la capacità di restare concentrato e grande correttezza.

Cosa sa di Franco Ballerini?

Il 7 febbraio scorso venne alla commemorazione e si accorse di quanta gente ci fosse a Casalguidi. Poi ha visto i video e ha capito il perché di tanta attenzione all’estero. Un giorno mi ha chiesto: «Come avete fatto a prendere uno sconosciuto come me?». Davvero non gli tornava che la squadra di Tiberi e Ponomar lo avesse cercato. Non si sentiva all’altezza di correre in Italia

Un bell’esempio di umiltà…

Al di là delle 16 vittorie, ha insegnato tanto a quelli di primo anno. Erano abituati a mille attenzioni e ad uscire solo con il direttore sportivo dietro. All’inizio è stato duro, poi però sono arrivati i risultati. Noi direttori dobbiamo farli crescere, non pensare solo ai risultati. Perché quando poi arrivano nei dilettanti, sono da soli e non sanno come gestirsi.

Parigi-Roubaix juniores, l’ultima corsa 2021 di Martin Svrcek, in onore di Ballerini
Parigi-Roubaix juniores, l’ultima corsa 2021 di Martin Svrcek, in onore di Ballerini
Cosa farete nel 2022 senza Svrcek?

Avremo 16-17 juniores e 7 allievi. Senza un’individualità così forte, ma una delle squadre più forti che ho mai avuto. C’è un canadese che sarà la rivelazione e fra gli allievi, un secondo anno ligure che sarà il nuovo Tiberi. Con gli junior dovremmo cominciare il 27 febbraio alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne e abbiamo già l’invito per il Giro delle Fiandre. Mi piacerebbe portare fuori anche gli allievi, ma è tutto in fase di programmazione. Eppure la vittoria più bella…

Qual è stata?

La cena di fine anno. Martin non c’era, ma ha mandato un video. Lorenzo Iacchi ha fatto un discorso sulla stagione e su Franco che ha commosso tutti. Si è messo a piangere e ha pianto anche la Sabrina (moglie di Ballerini, ndr). Lui è il nostro asso nella manica. A 18 anni ha già tutti i tesserini da direttore sportivo, tutti i contatti con i nuovi corridori li ha presi lui. Ora va negli under 23, ma per il futuro credo di aver già trovato il mio successore.

A Roubaix col Ballero nel cuore, la commozione di Bardelli

03.10.2021
5 min
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«Ci siamo svegliati alle sei e mezza – dice Bardelli con le lacrime agli occhi – c’era il diluvio universale. E ho visto questi ragazzini mettersi il taping come faceva Franco e prepararsi per la Roubaix. Mi viene da piangere perché so che stanno cercando di finirla a tutti i costi, mentre qua davanti Martin s’è giocato la corsa. E andava così forte, da pensare che da lassù lo guidasse qualcuno…».

Davide Buconi del quartetto era uno di quelli con la miglior condizione
Davide Buconi del quartetto era uno di quelli con la miglior condizione

Vittoria a Fredheim

Stiam Fredheim ha vinto la Roubaix juniores, alle sue spalle al fotofinish Alec Segaert campione europeo della crono, terzo Hagenes campione del mondo. Il quarto non s’è ancora capito. Quinto il campione d’Europa Gregoire e sesto Martin Svrcek, corridore slovacco del Team Franco Ballerini (foto di apertura). C’era lui dall’alto a guidarlo, il nostro amico Franco. Che qui vent’anni fa concluse la carriera con quella maglietta bianca con su scritto Merci Roubaix.

Bardelli piange, ma grazie alla pioggia battente se ne accorgono in pochi. La squadra toscana è arrivata a Roubaix all’ultimo momento, grazie all’invito ricevuto. Dopo il mondiale, avevano deciso di chiudere bottega e dare appuntamento al 2022. Svrcek aveva già firmato per la Deceuninck-Quick Step, gli altri erano già a scuola.

«Ma quando è arrivato l’invito – prosegue il tecnico del team – Martin mi ha detto di venire a correre. E io sapevo che se lui dice di partire, lo fa per vincere. Avevo paura del pavé, ma si è mosso benissimo. Si è staccato per un errore, ma era con i migliori».

Il Ballero nel cuore

I francesi per i campioni hanno cuore. E quando ieri alla presentazione delle squadre hanno visto le maglie del Team Ballerini con quella stessa scritta, li hanno adottati. Franco quassù era un dio, come lo sono tutti coloro che su queste pietre hanno lottato, perso e poi vinto.

Sesto posto finale per Martin Svrcek, al primo assaggio di pavé
Sesto posto finale per Martin Svrcek, al primo assaggio di pavé

«Quassù Franco è Franco – dice Bardelli e ancora si commuove – e quando ci hanno visto hanno iniziato a fotografarci. Io ho seguito tutte le sue Roubaix ed essere qui vent’anni dopo è un sogno. Per Martin è il primo anno che corre sul serio, ma ci tenevamo per la Sabrina (mogie di Franco Ballerini, ndr) a onorare questo invito. Martin ha il suo futuro alla Deceuninck-Quick Step, agli altri resterà per la vita. Chi sia Ballerini ci penso io a dirglielo e credo che Martin abbia fatto questa corsa per restituirci qualcosa. Lo abbiamo cresciuto passo dopo passo e anche per questo la giornata si concluderà con un magone. Perché con la stagione finirà anche la nostra collaborazione. Anche se continueremo a essere in contatto».

Il lavoro e la passione

Nel programma dei ragazzi di Bardelli c’era anche assistere all’arrivo dei professionisti, poi la notte al solito hotel col tucano a Charleroi e domattina il volo per l’Italia. Segnate i loro nomi. Alcuni diventeranno corridori, altri porteranno questa giornata per sempre nei ricordi.

Lorenzo Iacchi era fra i primo trenta, ma ha bucato a 20 chilometri dall’arrivo e si è fermato. Comunque il miglior italiano

«E’ un’emozione indescrivibile – ripete Bardelli – ho portato tre corridori di secondo anno, Gianmarco Coppini, Lorenzo Iacchi e Martin Svrcek, e ho aggiunto Davide Buconi che nelle ultime gare si è dimostrato in crescita. A tutti loro e a chi vorrà leggere questa storia porto l’esempio di Franco Ballerini. Un uomo che con il lavoro e la passione ha raggiunto dei risultati bellissimi. Poi ha raccolto il testimone di Alfredo Martini e dopo di lui è stato il commissario tecnico migliore che l’Italia abbia mai avuto. Il lavoro e la passione, basta chiacchiere. Con gli juniores serve fare così. I miei ragazzi non lo dimenticheranno mai».

Correre all’estero serve e si può fare. La Ballerini insegna

30.07.2021
5 min
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Fatti, non parole. La Franco Ballerini, squadra juniores diretta dal diesse Andrea Bardelli, è una delle “mosche bianche” che va a correre anche all’estero. E così facendo mette in pratica quello che in tanti declamano: cioè fare attività internazionale.

Proprio qualche giorno fa il cittì degli U23, Marino Amadori ci aveva detto della necessità che le nostre continetal andassero di più oltre confine. «E’ anche da lì che passa la crescita», ci aveva detto Amadori. Ed è lo stesso concetto che sostiene Bardelli.

Martin Svrcek (a destra) ha vinto la 3ª tappa. Sfortunato nella crono iniziale: tra i pochissimi a correre sotto la pioggia
Martin Svrcek (a destra) ha vinto la 3ª tappa. Sfortunato nella crono iniziale: tra i pochissimi a correre sotto la pioggia

In Slovacchia…

Qualche settimana fa la Franco Ballerini ha caricato nel furgone quattro ragazzi, tra cui lo slovacco Martin Svrcek, e li ha portati proprio in Slovacchia per la Medzinárodné Dni Cyklistiky. Sei giorni di trasferta, tre di gara: emozioni per i ragazzi, esperienza per il corridore che c’è in loro.

«Sono 20 anni che faccio il tecnico tra gli juniores – spiega Bardelli – ed è dal 2008 che andiamo all’estero. Fu proprio Franco Ballerini a darci questo imput, a trasmetterci l’esigenza di aprirci. Pensate, quell’anno in Slovenia vidi un giovanissimo Sagan, correva con delle scarpe che sembravano ciabatte. Questo nostro fare è la famosa crescita di cui tanti parlano, ma pochi fanno. E non lo si fa per i risultati, ma per accumulare esperienza, per saggiare nuovi terreni e altri modi di correre. E’ la nostra politica, ma posso dire che così facendo ho 15 ragazzi che sono passati da noi e che sono arrivati fino alle WorldTour».

La Medzinárodné Dni Cyklistiky si correva quasi al confine con la Repubblica Ceca
La Medzinárodné Dni Cyklistiky si correva quasi al confine con la Repubblica Ceca

Sognando la Roubaix

«Quest’anno – continua Bardelli – chiuderemo la stagione con quattro gare all’estero: che poi in realtà saranno ufficialmente tre perché in Austria ci si è andati con la Nazionale. Dovevamo fare la Kuurne-Bruxelles-Kuurne in Belgio in primavera, ma è stata annullata. Siamo stati in Slovacchia e poi andremo in Svizzera ad Aigle. Il regolamento della nostra Federazione ci limita a quattro giorni di gara oltre confine per ragazzo. Facendoli girare li ho portati quasi tutti. Ma è una regola che vale solo da noi. Le chiamano corse a tappe, ma di fatto sono delle due, tre giorni.

«Dovrebbero venire anche i tecnici a vedere cosa c’è oltre le nostre gare. Il ciclismo va avanti. E’ cambiato. Abbiamo visto un livello organizzativo elevato. Il ciclismo non è più solo da noi. Anzi, forse siamo rimasti anche un po’ indietro. Che poi è bello, perché andando fuori, conosci gente, fai amicizie e ti arriva anche qualche invito».

Bardelli inoltre ci confida che le trasferte 2021 potrebbero non essere finite qui. La Parigi-Roubaix infatti ha annunciato la gara juniores per il 3 ottobre e loro hanno fatto richiesta. Si spera che con questo nome gli organizzatori della corsa del pavé non restino insensibili.

Grande impegno e passione da parte dello staff nel seguire gli atleti
Grande impegno e passione da parte dello staff nel seguire gli atleti

Costi non elevati

«A me – riprende Bardelli – criticano perché ogni anno prendo un corridore straniero. Mi dicono che lo faccio per i risultati, ma non è per quello. All’estero, soprattutto le squadre che sono legate alle WorldTour, ne hanno tanti di atleti stranieri. L’Ag2R per esempio ha corridori juniores di 8 nazionalità differenti.

«E anche sui costi si deve fare qualcosa. Per andare a fare il Liberazione, un giorno di gara, dalla Toscana a Roma, tra viaggio, vitto e alloggio abbiamo speso 1.000 euro. Per andare a correre a Pisa, un’ora di macchina dalla nostra sede, si spenderanno domenica prossima 100 euro solo di pranzo (12 euro a pasto, tra corridori e tecnici, ndr). Per andare in Slovacchia ho speso meno. Vitto e alloggio erano compresi e ci hanno dato anche un piccolo rimborso. Non è possibile che all’estero una tessera juniores costi 5 euro e da noi ne servano 80. Oltre ai 700 euro per l’affiliazione e ai 120 euro per la tessera di un tecnico. Le federazioni straniere danno degli incentivi perché le squadre juniores facciano attività internazionale».

La Ballerini non era l’unico team straniero presente in Slovacchia. Ecco per esempio la Lux Specialized, una U19 statunitense
La Ballerini non era l’unico team straniero presente in Slovacchia. Ecco per esempio la Lux Specialized, una U19 statunitense

E i ragazzi?

E in tutto ciò a guadagnarci una volta tanto sono i ragazzi. Quando superano i confini italiani sono emozionati e gasati.

«Sono eccitati quando li porti fuori – conclude Bardelli – Per loro sono le prime esperienze lontani da casa. Sembrano partano per il Tour! Sono tesi, ci tengono a fare bene. E poi è un modo per confrontarsi con altri ragazzi. Se corri costantemente in Italia o nelle regioni limitrofe gli iscritti sono sempre quelli.

«Io invece voglio che imparino a stare in giro, ad avere dimestichezza con gli hotel, con gli orari da rispettare, sul cosa portarsi dietro, a prepararsi la borsa del freddo… Senza contare i benefici che ne traggono sul piano fisico. Un ragazzo in Slovacchia non è andato benissimo, anche se ha lavorato molto per la squadra, ma quando è tornato in Italia nella corsa successiva è andato molto forte».

Eroica Juniores, indovinate un po’? Ha vinto Svrcek

16.05.2021
3 min
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Chissà se per un sentore o una premonizione, sta di fatto che di Martin Svrcek vi avevamo parlato ieri subito dopo aver presentato l’Eroica Juniores. Il ragazzo di Zilina, la stessa città di Peter Sagan, era rientrato da poco da un test sul percorso della nuova classica toscana e ci aveva raccontato che il percorso gli piaceva, perché era duro al punto giusto. E oggi, a distanza di 24 ore, come il miglior Sagan, lo slovacco si è preso la corsa in volata (in apertura premiato da Franceschelli, sindaco di Montalcino). 

Martin Svrcek in testa al gruppo sulla strada bianca
Martin Svrcek in testa al gruppo sulla strada bianca

Tempismo perfetto

Ha vinto battendo in volata Giulio Pellizzari dell’UC Foligno con il quale aveva preso il largo negli ultimi 30 chilometri di percorso.

«Sono molto felice – ha detto dopo l’arrivo – abbiamo messo nel mirino questa corsa da un mese ed è una vittoria da sogno. Appena è uscita la notizia, ho pensato di volerla vincere perché mi è subito sembrata una corsa importantissima. Ma non è stato facile vincere il duello con Pellizzari. Avevo notato la sua forza nelle corse precedenti e sapevo che mi avrebbe dato filo da torcere fino agli ultimi metri. A 3 chilometri dall’arrivo, ci siamo stretti la mano, perché ci siamo affrontati con grande lealtà. Sapevo di essere un po’ più veloce, dunque ho aspettato fin quasi al traguardo. Questa è la mia sesta vittoria stagionale, sto bene, avevo vinto anche ieri una cronometro di 18 chilometri a Cotignola. Dedico la vittoria a tutto il team e alla mia famiglia che è venuta qua a vedere la corsa».

Nicolò Severa della A.S. Roma-Coratti, sesto all’arrivo
Nicolò Severa della A.S. Roma-Coratti, sesto all’arrivo

L’onore delle armi

Pellizzari in effetti ci ha provato, ma alla fine c’è stato poco da reclamare, essendo stato battuto da uno dei corridori più in forma del gruppo.

«In effetti – ha detto – sono comunque soddisfatto per il secondo posto in una corsa che nasce già classica. Sapevo di essere battuto allo sprint, così ho provato a staccarlo lungo la salita finale, ma non sono riuscito».

La fuga a due si è sviluppata lungo il terzo settore di strada bianca, quello di Sesta, con i primi due che hanno respinto definitivamente gli inseguitori nel quarto ed ultimo settore di Argiano. Infine lo sprint lungo il basolato che porta all’arrivo di piazza del Popolo, il salotto più bello di Montalcino, ha premiato lo slovacco del Team Franco Ballerini.

Sul podio con il vincitore Martin Svrcek, il secondo Pellizzari e il terzo Romele
Sul podio con il vincitore Martin Svrcek, il secondo Pellizzari

In 73 al traguardo

I corridori al via sono stati 176, appena 73 quelli arrivati, come maschere di fango, nel cuore di Montalcino.

«Oggi abbiamo visto una gara di grande ciclismo – ha detto a caldo Giancarlo Brocci – interpretato da giovani bellissimi. Ma direi che tutti sono stati straordinari nell’impegno che hanno messo sin dalla partenza da Siena. Ecco la più bella gioventù».

Adesso a Montalcino è finalmente tutto pronto per accogliere il Giro d’Italia, ma la gara juniores è già entrata nel cuore e probabilmente diventerà una classica nel calendario degli juniores. Il primo assaggio non ha fatto che stuzzicare l’appetito di tutti. 

Ecco Svrcek, junior volante dal paese di Sagan

15.05.2021
5 min
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Dovremmo imparare a pronunciare il suo nome e non è facile! Il ragazzo di cui parliamo si chiama Martin Svrcek, è uno juniores e corre nella fila della Franco Ballerini, diretta da Andrea Bardelli. E’ arrivato in Italia quest’anno e ha praticamente sbaragliato la concorrenza con otto podi in nove gare. Con Alberto Bruttomesso e Dario Igor Belletta si sta spartendo il bottino della categoria.

La squadra si è messa volentieri al suo servizio (Martin ha la mantellina in bocca)
La squadra si è messa volentieri al suo servizio (Martin ha la mantellina in bocca)

Alla Strade Bianche

L’altroieri il giovane corridore era a provare la Strade Bianche. Domani andrà in scena la prima edizione per gli juniores, da Siena a Montalcino, e potrebbe quasi essere una micro anticipazione di quel che succederà pochi giorni dopo con i pro’ del Giro d’Italia.

«E’ un percorso che mi piace e mi sembra molto duro – ci dice Svrcek di ritorno dal sopralluogo –  è davvero un bel tracciato con panorami bellissimi ma penso che sia il più difficile su cui abbia mai corso. Ci sono molte salite su strade sterrate, ma credo che anche che il vento giocherà un ruolo importante.

«A me piacciono le salite, ma se mi chiedete se sono uno scalatore rispondo che non sono sicuro di cosa sia. Credo che nella categoria junior devi essere tutto».

Poche parole ma sicure quelle dello slovacco, che sembra già sapere cosa vuole.

Svrcek è nato il 17 febbraio del 2003
Svrcek è nato il 17 febbraio del 2003

Dall’hockey alla bici 

La sua storia con il ciclismo inizia per caso. Durante un’estate la bici è piombata nella sua vita in quanto mezzo di preparazione a quello che all’epoca era il suo sport, l’hockey. 

«Giocavo ad hockey sul ghiaccio, durante un’estate stavo andando in bicicletta per allenarmi, ma ho capito che forse mi piaceva anche più dell’hockey. Per due anni ho conciliato tutte e due gli sport e quando avevo 13 anni ho ha deciso di praticare solo ciclismo».

Hockey su ghiaccio, quindi pattinaggio, quindi grande equilibrio. Di sicuro Martin ha sviluppato grandi doti propriocettive, un po’ come se fosse andato in Mtb e si potrebbe quasi azzardare un paragone con il passato di Roglic.

Il connazionale Peter Sagan è l’idolo di Svrcek
Peter Sagan è l’idolo di Svrcek

Sulle tracce di Sagan

Martin viene da Zilina, il paese di un certo Peter Sagan. E quando ha iniziato a correre lo ha fatto proprio con l’Academy del tre volte campione del mondo.

«Chiaramente Peter è il mio idolo, è slovacco come me ed è il miglior ciclista del mondo! L’ho conosciuto quando ero nella sua Academy. Non ho una foto qui sullo smarthopne, ma ce l’ho a casa».

Tutto sembra facile per Martin. Una grande potenza, facilità d’azione e risultati che arrivano. Anche se nella prima gara qualche difficoltà l’ha avuta. Secondo Bardelli perché il nostro modo di correre era un po’ diverso. «Un po’ troppo da professionisti e forse non è un bene – commenta il diesse toscano – ma è così. Svrcek invece era abituato a correre in modo più garibaldino». 

«Vero – replica lui – ma niente di importante. Solo che tutti mi stavano guardando e quando attaccavo, mi hanno inseguito. Quando invece attaccavano gli altri, non li seguiva nessuno. Poi però ho capito meglio». E infatti dalle gare successive la squadra si è messa a lavorare per lui.

I compagni lo apprezzano, anche perché Martin nonostante parli ancora poco italiano cerca di sforzarsi, di stare insieme, di condividere. E’ conviviale. Per esempio spartisce i premi che si conquistano alle corse anche se il finalizzatore è lui.

«Mi sento davvero alla grande in Italia, tutto è perfetto. Mi piace anche la pizza, ma per me la cosa migliore sono il caffè e il gelato, soprattutto quello al pistacchio».

La Franco Ballerini a Roma prima del Gp Liberazione
La Franco Ballerini a Roma prima del Gp Liberazione

Parola al ds Bardelli

Già ma come ci è arrivato Martin in Italia? Ce lo spiega Bardelli.

«Ero su internet a curiosare tra gli ordini d’arrivo all’estero – dice il tecnico – una cosa che faccio spesso. E avevo notato questo ragazzo che già da allievo andava bene. Da quelle parti le gare di allievi sono già di buon livello e così tramite Stojnic (il pro’ della Vini Zabù, team vicino alla Ballerini, ndr), slovacco anche lui, abbiamo avviato i contatti. Era intorno al 10 di novembre e praticamente in 5-6 ore abbiamo fatto tutto. Aveva trovato un accordo con un’altra squadra ma quando gli si è proposto di venire in Italia, ha cambiato subito idea».

Adesso Svrcek vive a Rufina, in un appartamento che gli ha preso la squadra, sta con Alessandro Iacchi altro pro’ alla corte di Luca Scinto. I due escono praticamente sempre insieme e si aiutano anche per fare il dietro motore: una volta guida uno e una volta tocca all’altro.

«E’ un bello sforzo per noi della Franco Ballerini – spiega Bardelli – ma anche il Comune di Rufina ci dà una mano. Ne vale la pena però. Oltre che molto forte – io uno così non l’ho mai avuto – è anche un ragazzo d’oro. Non si lamenta mai, sa adeguarsi, s’impegna molto. Se qualche procuratore non gli girerà troppo intorno e non si brucia, potrà fare molto bene. Guardate come è andata con il nostro Ponomar che adesso è al Giro».