Le quindici fatiche di Marcellusi al suo primo Giro

24.05.2023
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Martin Marcellusi affronta il suo primo Giro d’Italia con sensazioni differenti: ha tolto dalla valigia le emozioni ed ha messo la fatica. Sulle teste dei corridori è caduta spesso tanta acqua, si è salvata quasi esclusivamente la tappa di Bergamo. Marcellusi si è ritrovato ad affrontare delle condizioni atmosferiche che hanno reso ancora più tosto questo debutto alla corsa rosa.

Il maltempo ha accompagnato i corridori per gran parte del Giro, spegnendo un po’ l’anima della corsa rosa: Marcellusi è con Fiorelli
Il maltempo ha accompagnato i corridori per gran parte del Giro: qui Marcellusi con Fiorelli

Giorno di riposo

Il corridore romano risponde durante i massaggi, nel secondo giorno di riposo del Giro d’Italia. La Green Project Bardiani CSF Faizanè ha scelto la provincia di Mantova per abbassare i ritmi e respirare

«Il giorno di riposo – attacca Marcellusi – va sempre bene, ci vuole. Oggi abbiamo fatto una sgambata di un’oretta, pranzo, massaggi e nient’altro. Durante queste ore ammazzo il tempo rimanendo a letto e guardando un po’ TikTok. Non dormo perché ho paura di non avere tanto sonno la sera».

Una delle tappe più belle è stata quella di Napoli con il sole che ha illuminato la costiera amalfitana
Una delle tappe più belle è stata quella di Napoli con il sole che ha illuminato la costiera amalfitana
Riannodiamo il filo rosa, che atmosfera hai trovato al Giro?

Per essere il primo speravo meglio, non ho sentito molto l’atmosfera del Giro d’Italia, complice anche il meteo. Sulle strade spesso abbiamo trovato meno tifosi di quanti ce ne sarebbero stati solitamente.

E la corsa come la vivi?

Va a momenti, un giorno sto male, un altro invece sono davanti a lottare per entrare in fuga. Non tutti i giorni sono uguali, ogni tappa ti lascia qualcosa di diverso, complice anche il fatto che recuperare è difficile. La pioggia ed il freddo aumentano lo stress e la fatica.

Raccontaci la tua routine

Mi trovo spesso a scherzare con i miei compagni a proposito di questo. Siamo sempre lì a fare le stesse cose: finita la tappa scendi dalla bici e fai la doccia, poi arrivano i massaggi che bisogna farli di corsa perché altrimenti rischi di arrivare a cena ad orari improponibili. Si ha il tempo di un caffè tutti insieme e poi si sale in stanza a dormire.

E la mattina suona la sveglia, qual è stata quella più difficile?

Direi la mattina della tappa di Crans Montana. La sveglia è suonata alle 6,30, la tappa doveva partire alle 11. Io non sono uno che riesce ad andare a letto alle 22, di solito vado a dormire verso le 23-23,30. 

I massaggi, anche se di fretta, aiutano?

Sono tanta roba! Farli tutti i giorni non fa miracoli, ma di certo aiuta molto. Ho la fortuna che il mio massaggiatore è anche l’osteopata della squadra, quindi faccio tutto con lui. Gli racconto le mie sensazioni e lui cerca di risolverle. 

Il pubblico ha risposto presente nella tappa di Bergamo, qui Marcellusi nel passaggio che porta a Città Alta
Il pubblico ha risposto presente nella tappa di Bergamo, qui Marcellusi nel passaggio che porta a Città Alta
Che sensazioni hai?

Si tratta del mio primo Giro d’Italia, quindi non ho un grande recupero. Di certo faccio più fatica rispetto a chi ha già fatto questa gara tre o quattro volte. 

Poi piove da due settimane…

La pioggia non piace a nessuno e se per quindici giorni corri con l’acqua che ti cade sul casco, e tutto il corpo, il morale ne risente. Prendere acqua è un lavoro in più: devi stare sempre attento in gruppo e poi una volta in hotel devi asciugare casco, occhiali e scarpe. Poi anche a livello fisico ti gonfi. Insomma, è dura.

Con chi condividi la stanza?

Tonelli. E’ un mese che viviamo in simbiosi, sono stato fortunato ad averlo accanto, è uno dei più esperti, se non il più esperto, della squadra. Mi riesce a dare consigli praticamente 24 ore su 24. Più che qui al Giro mi ha dato una grande mano in altura, con l’alimentazione e anche con la gestione mentale degli allenamenti. Allo stesso modo in gara è fantastico, mi dice quando attaccare o riposare. Anche nella tappa di Bergamo…

Raccontaci.

Non ero uno dei designati ad andare in fuga, non era una frazione adatta alle mie caratteristiche. Però in partenza parlavo con Tonelli e gli dicevo che la mia idea era comunque di infilarmi nel gruppo dei fuggitivi. Sapevo di non poter restare fuori tutto il giorno, ma l’obiettivo era farsi riprendere sull’ultima salita così da avere il tempo di andare all’arrivo. 

Anche nella tappa del Bondone Marcellusi è andato in fuga, il giorno di riposo ha fatto meno danni rispetto a settimana scorsa
Anche nella tappa del Bondone Marcellusi è andato in fuga, il giorno di riposo ha fatto meno danni rispetto a settimana scorsa
Invece hai inseguito…

Eh sì, non vorrei dire che ho fatto un errore (aspetta qualche secondo, ndr), ma ho fatto un errore. L’idea era giusta, ma sono partito con la mantellina della pioggia, quando sono andato a posarla in ammiraglia la fuga era già uscita. Io e Rubio abbiamo inseguito per un po’ e siamo rientrati, ma con tanta fatica.

Ad un certo punto dell’inseguimento Rubio ti ha lasciato indietro. 

Ha una gamba esagerata e su uno strappetto è andato via. Non posso rimproverargli nulla perché quando sei in mezzo come noi, cerchi di rientrare il prima possibile. Con il senno di poi avrebbe potuto comunque aspettarmi perché alla fine sono andato sui fuggitivi anche io, dopo 40 chilometri però. Sono andato così forte che ho fatto il record di giornata sulla salita di Passo Valcava. Lo stesso Rubio si è scusato con me, alla fine siamo amici e ripeto: quando sei in mezzo vuoi rientrare il prima possibile. 

I giorni di riposo come sono andati?

Sono stati a due facce. Direi bene perché ne avevo bisogno, soprattutto del primo, che è arrivato dopo nove tappe. Sto soffrendo tanto le lunghe distanze ravvicinate, non sono abituato. Questa mattina (lunedì, ndr) ero cotto e riposare fa bene, una volta in bici per la sgambata mi sentivo un pochino meglio.

Tonelli (a sinistra) è uno dei suoi punti di riferimento, i due vivono in simbiosi da un mese a questa parte
Tonelli (a sinistra) è uno dei suoi punti di riferimento, i due vivono in simbiosi da un mese a questa parte
Il lato negativo del giorno di riposo?

Non sapevo se mi facesse bene o male, non avevo mai fatto questa cosa prima. Ho scoperto che mi fa male, la tappa di Viareggio è stata un calvario. Mi sono staccato sulla prima salita dopo il via, eravamo Vlasov, Benedetti ed io. Il primo ha abbandonato la gara, noi due invece siamo rientrati. Fatto sta che mi sono fatto 80 chilometri da solo ad inseguire il gruppo. 

L’incentivo a finire il Giro però c’è, si arriva nella tua Roma. 

Sì! Non vedo l’ora, un sacco di gente mi ha scritto che verrà a salutarmi, non ho idea di quello che potrà succedere. Come si dice dalle mie parti, mi aspetto una bella caciara (dice sorridendo, ndr) una grande festa dopo la tappa. Però prima bisogna arrivare alla fine.

Marcellusi, valigia pronta, il sogno rosa può iniziare

03.05.2023
8 min
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CORCOLLE – Martin Marcellusi ci apre le porte di casa. Siamo nella periferia Est di Roma. Da una parte la città, dall’altra i primi Appennini, nel mezzo colline dolci e verdeggianti puntinate di paesini più o meno moderni. Dietro il portone c’è uno dei tanti trofei conquistati da Martin. E’ la coppa della Firenze-Empoli, quella a cui forse tiene di più.

«E’ stata la mia prima vittoria da under 23, anzi la mia prima corsa da under 23. Io non amo tenere troppi cimeli, maglie o ricordi. Alla fine i ricordi quelli veri restano. Le Coppe invecchiano, vanno spolverate».

Dopo essere stati a casa di Luca Covili, eccoci a bussare dal laziale. Il corridore della  Green Project-Bardiani è pronto per affrontare il suo primo Giro d’Italia. Martin è rientrato da poche ore dal Gp Francoforte che lo ha visto protagonista il primo maggio e sta rivedendo la corsa assieme a mamma Nunzia e papà Giulio.

Anche loro sono emozionati per la corsa rosa. «Una bella responsabilità», dice il papà. «Un’emozione grande», aggiunge la mamma.

Martin Marcellusi (classe 2000) ci mostra con orgoglio il trofeo della Firenze-Empoli, uno dei pochi ha tenuto
Martin Marcellusi (classe 2000) ci mostra con orgoglio il trofeo della Firenze-Empoli, uno dei pochi ha tenuto
Martin, partiamo da Francoforte. Una grande prestazione tanto più che scendevi dall’altura…

Eravamo rimasti in venti sulla salita lunga e mancavano ancora 100 chilometri più o meno. Dietro c’erano i velocisti e le loro squadre ci hanno chiuso. Però ci hanno messo parecchio perché noi avevamo un minuto. In quell’istante ho capito che era il momento giusto per fare un’azione. Io però pensavo di portar via un gruppetto di 3-4 corridori.

Invece sei andato via da solo.

A quel punto mi sono detto: «Anticipo lo strappo, perché comunque c’è gente come Hirschi che è difficile da tenere. Ho pensato: «Di schiaffi in faccia ne ho presi tanti, ne prenderò uno anche oggi». Però è andata bene. Quando ho visto che sotto lo strappo avevo 1’20” di vantaggio sapevo che avrei scollinato davanti. Così ho fatto a tutta il tratto più duro e poi ho rallentato un po’. Giusto quel tanto per mantenere un pizzico di gamba per quando fossero arrivati. E infatti mi hanno ripreso giusto dieci metri dopo il Gpm. 

Perfetto!

A quel punto ho detto: «Ora mi metto a ruota e non do più un cambio». Anche se ad un certo punto volevo tirare, però dall’ammiraglia mi hanno detto di restare a ruota e di fare la volata. Ma nel finale ero stanco, stanco.

Martin tra mamma Nunzia e papà Giulio
Martin tra mamma Nunzia e papà Giulio
Ora siamo qui. Tra poche ore partirai per il Giro d’Italia, ma ripercorriamo la tua storia. Come ti sei avvicinato al ciclismo? O meglio, perché il ciclismo e non il calcio, visto che siamo a Roma e regna il “Dio pallone”?

Beh, io dovevo cominciare col calcio in realtà. Ma ero troppo piccolo per fare l’iscrizione nella squadra locale, il Ponte di Nona. Mio fratello Daniel, più grande di me, fece una gara di mtb e portò a casa una coppa. Io ne rimasi affascinato. Ero anche un po’ geloso, se vogliamo. Allora ho detto: «Vabbè dai, corro anch’io». Alla prima gara ho fatto terzo. Ero G1 e da lì in poi non mi sono più fermato.

Ciclismo in tutto e per tutto. Eri di quelli che a scuola scriveva sul diario “Oggi comincia il Giro”?

In realtà no. Io il ciclismo in televisione ho cominciato a seguirlo tardi, da under 23. Prima semmai vedevo gli ultimi chilometri. Adesso invece le seguo tutte!

Cosa hai imparato, secondo te, nelle nelle categorie giovanili?

Una cosa importante: saper andare in bici. E’ da piccolo che impari a stare in gruppo, a stare davvero in sella. Se cominci tardi, ti mancherà sempre un minimo di dimestichezza.

Martin stava vedendo la replica del Gp Francoforte. Da notare la consolle per i videogiochi, sua altra passione
Martin stava vedendo la replica del Gp Francoforte. Da notare la consolle per i videogiochi, sua altra passione
E da quel bambino G1 ne è passata di acqua sotto i ponti. Sei appena rientrato da una gara WorldTour e sei pronto a ripartire…

E’ tanta roba! Un po’ me lo aspettavo e un po’ no. Quest’anno ho avuto un po’ di sfortuna ad inizio stagione (Martin si è rotto la clavicola nelle primissime gare, ndr). Ma ho avuto la fiducia della squadra e anche io non sono andato piano. Vengo da questo decimo posto a Francoforte, e ora vado al Giro… con qualche aspettativa, ma senza pressione da parte della squadra. Anche loro sanno che è difficile.

Cosa metti in questa valigia per il Giro?

L’entusiasmo, l’emozione. Se me l’avessero detto qualche anno fa, non so se ci avrei creduto. Ma finché non sono lì, secondo me non mi renderò conto veramente di quanto grande sia. Un po’ come l’anno scorso ai mondiali. Ma in questa valigia ci metto anche un po’ di preoccupazione perché è vero che è una bella esperienza, però è dura. Saranno 21 giorni e chi ha mai fatto questi sforzi? Mi dicono che alla fine è una gara come le altre. Vedremo…

Insomma ci pensi prima di andare a dormire?

Per adesso no, almeno fino a due giorni prima della gara non ci penso. Ma la notte prima della corsa mi tormento! Non dormo, è impressionante.

Quando quando te l’hanno detto del Giro? E cosa hai provato in quel momento?

Già dallo scorso dicembre mi avevano accennato che facevo parte dei papabili del “gruppo Giro”, mentre la conferma è arrivata poche settimane fa. Mi avevano fatto intendere che se al rientro dall’infortunio avessi fatto qualcosa di buono, mi avrebbero portato.

Al Giro Marcellusi aspetterà le tappe mosse
Al Giro Marcellusi aspetterà le tappe mosse
In una squadra come la vostra c’è una sorta di qualificazione…

Un po’ sì. Magari è brutto dirlo, però c’è una sorta di competizione interna per partecipare al Giro. Non abbiamo i campioni che ha una Jumbo-Visma, per esempio. Da noi chi va più forte in quel momento parte per il Giro. Ma chi resta fuori prende molto serenamente l’esclusione. Per dire, fino a ieri siamo stati con Colnaghi e lui di quella trasferta era l’unico che non faceva il Giro. Ci scherzavamo su e gli dicevamo: «Ohi ci vediamo in Abruzzo. Ah no, tu non ci sei». I classici sfottò.

Da una parte c’è la città, dall’altra le montagne: dove ti alleni? Che salite fai?

Faccio un mix, ma preferisco frequentare zone più trafficate. Sì, sembra strano, ma è così! Anche sul Maniva cercavo sempre di andare nei paesini. Forse è l’abitudine: è da quando sono piccolo che pedalo nel traffico. E infatti quando vado di là (e indica in direzione delle montagne, ndr) un po’ mi annoio. Ci vado quando devo fare salita vera.

E che salite fai?

Nella zona dei Castelli il Tuscolo, Rocca Priora, Rocca di Papa. Se invece vado verso gli Appennini Saracinesco, ma poco perché mi mette sempre in crisi! E lo stesso Monteflavio. Non mi vanno proprio giù! Da qualche anno ho “scoperto” Scalambra che è veramente dura e somiglia parecchio alle salite di un Giro o di un’importante corsa a tappe. Ma se devo fare dei lavori di forza vado a San Polo che è più pedalabile.

Come hai strutturato la preparazione? E’ cambiato qualcosa dopo che hai saputo della convocazione per la corsa rosa?

Ho chiamato Donati, il mio diesse di riferimento, e gli ho detto: «Io non so se mi porterete al Giro, però faccio una preparazione come se dovessi farlo». Anche per questo ho deciso di andare sul Maniva con Tonelli e Magli. Tonelli era sicuro di farlo, Magli invece l’ha saputo poche settimane fa come me.

Giusto ieri Martin aveva ricevuto la sua nuova auto. E ne stava “scoprendo” funzioni e plancia
Giusto ieri Martin aveva ricevuto la sua nuova auto. E ne stava “scoprendo” funzioni e plancia
Quali lavori hai fatto?

In altura ho fatto parecchio fondo. Lavori meno adatti alle mie caratteristiche, ma servivano quelli. Ho fatto salite più lunghe. Mentre prima magari le facevo da 15′, adesso lavoravo sui 24′-25′. Meno esplosività. Ma un po’ ho fatto anche quella perché nel momento in cui vai in fuga e magari c’è una tappa con l’arrivo su uno strappo, te la devi giocare. L’anno prossimo vorrei specializzarmi su questo tipo di terreni.

Parlando di tappe ce n’è qualcuna che pensi possa essere adatta a te? Che ti piace?

Quella di Napoli mi piace. Secondo me lì arriva la fuga e sarebbe bello esserci. Poi però non è facile. Magari quello è il giorno in cui il direttore ti dice: «Tu oggi stai tranquillo, provi domani». Ti ci devi anche un po’ trovare: sperare che il giorno in cui tocca a te, le gambe siano buone e che la tappa sia quella giusta. Lo scorso anno per esempio al Giro under 23 mi sono ritrovato in fuga nella tappa del Fauniera. Sapevo che non era adatta a me, ma a quel punto ci ho provato lo stesso.

Il Giro Under 23 è la corsa a tappe più lunga che hai fatto?

Sì e a fine Giro mi sono sentito bene. Ne parlavo coi compagni proprio in questi giorni e gli dicevo che avevo questa speranza. E cioè che più passavano le tappe e più la condizione migliorava. Speriamo sia così anche coi grandi! Anche perché io non devo far classifica e in qualche occasione potrò fare gruppetto e risparmiare qualche energia.

In Germania il corridore della Green Project ha mostrato grande grinta, senso tattico e una buona gamba
In Germania il corridore della Green Project ha mostrato grande grinta, senso tattico e una buona gamba
Sei un millennial, cosa sai del Giro d’Italia?

Della storia qualcosa so, tipo qualche vincitore. Ma all’interno del gruppo non ho idea proprio. Ricordo che andammo a vedere una tappa a Civitavecchia. Feci la foto con con Bettini, in maglia di campione del mondo, e con Cassani.

Parlando della gara di ieri hai ragionato con lucidità. Tempo fa Roberto Reverberi ci ha detto che Marcellusi è uno sveglio, uno agonisticamente cattivo. E’ così?

Quello della grinta è l’unico pregio che mi sono sempre dato. E’ vero, in gara riesco a capire il momento buono. Lo azzecco. Poi bisogna avere la gamba e quella non c’è sempre… Anche a Francoforte sapevo che avrei rischiato. Sapevo che se il gruppo si fosse messo subito a tirare, sarebbe stata un’azione suicida. A volte serve fortuna, ma bisogna anche rischiare. Però è vero: quel momento l’ho valutato bene prima di scattare. Anche da junior o esordiente facevo così. Magari sbagliavo tattica, ne ero consapevole, ma a me piace attaccare. Nelle categorie giovanili puoi farlo. Non hai degli obblighi nei confronti della squadra.

E tutto questo s’impara da piccoli?

Non proprio, secondo me è qualcosa che hai dentro oppure no.

E riguardo alla grinta invece? C’è una gara, anche da ragazzino, che ti ricordi per la grinta?

La Firenze-Empoli – replica secco Marcellusi – io avevo 19 anni. Sull’ultimo strappo eravamo in quattro: Bagioli, Battistella e Covi. In cima mi staccano e perdo 5”. Al Gpm non mollo mezzo centimetro: metto subito il 53 e continuo a pedalare a tutta. Rientro subito e in volata vinco. Io un mal di gambe così non l’ho più provato. Quella è stata la gara in cui ho avuto più grinta in assoluto.

Green Project: avvicinamento mirato al Giro d’Italia

24.04.2023
4 min
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La Green Project Bardiani CSF Faizanè sarà chiamata ad attaccare al prossimo Giro d’Italia, l’obiettivo è quello di mettersi in mostra. Il ritmo e la competizione si alzano sempre di più e per le formazioni professional diventa più complicato mettersi in mostra.

«L’anno scorso – racconta Roberto Reverberi – lo abbiamo approcciato in un modo e ci sono state rivolte un sacco di critiche, perché non andavamo in fuga nelle tappe di pianura. Ci eravamo ripromessi di non spendere energie per niente nelle tappe pianeggianti, dare tutto nelle frazioni più mosse, dove c’era la possibilità di andare all’arrivo».

Zoccarato è un corridore potente e di fondo. Lo scorso anno al Giro fu sfortunato. E’ chiamato al riscatto
Zoccarato è un corridore potente e di fondo. Lo scorso anno al Giro fu sfortunato. E’ chiamato al riscatto

Le difficoltà del 2022

Nel 2022 i ragazzi di Reverberi si erano ritrovati dimezzati fin dall’inizio, nonostante ciò i risultati non sono mancati. Dobbiamo anche ricordarci che vincere non è così semplice, soprattutto per chi parte con il ruolo di cacciatore di tappe.

«Avevamo perso Zoccarato fin da subito – ricorda il team manager – e lo stesso Fiorelli lo perdemmo presto. Il primo si ritirò alla settima tappa, il secondo, invece addirittura prima, alla quinta. Non è stato facile rimettere le cose a posto. Nonostante ciò siamo riusciti a portare a casa tanti buoni piazzamenti: il secondo posto di Gabburo a Napoli e il quarto a Treviso. Poi Tonelli si è piazzato terzo al Santuario di Castelmonte. Questo per dire che nelle tappe di nostro interesse ci siamo sempre mossi bene.

«Tra l’altro Covili nel finale di Giro è riuscito ad entrare tra i primi 25 nella classifica generale ed a Cogne si è messo in luce con un buon sesto posto».

Luca Covili (classe 1997) proverà a curare la classifica generale al Giro. Una piccola rivoluzione in casa Green Project. e uno stimolo in più
Covili proverà a curare la classifica generale al Giro. Una piccola rivoluzione in casa Green Project. e uno stimolo in più

Più forti nel 2023?

Lo stesso Roberto Reverberi, nel proseguire il suo discorso, ci tiene a dire che, a suo modo di vedere, la squadra è migliorata tanto.

«Quest’anno – continua – abbiamo una squadra più forte rispetto all’anno scorso. Il percorso ci potrebbe anche dare una mano, non ci saranno molti arrivi in volata. Fiorelli, che è il nostro uomo veloce, non è tuttavia un velocista puro. Frazioni più miste e nervose danno una mano a squadre come le nostre. Ormai la tecnologia fornisce dati in tempo reale per tutto e si fa fatica a prendere di sorpresa il gruppo. E’ più semplice mirare a qualche tappa e cercare di massimizzare gli sforzi.

«L’idea è anche quella di provare a fare un po’ di classifica con Covili, cercando di entrare nei quindici, senza troppe pressioni. L’anno scorso in questo periodo non andava così forte, eppure fece un Giro discreto. Ora sta bene, quindi mi aspetto che possa fare qualcosa in più, poi lui è un diesel, migliora chilometro dopo chilometro».

Martin Marcellusi (classe 2000) ha buone opportunità che Reverberi lo porti al Giro. Il laziale è un vero combattente
Martin Marcellusi (classe 2000) ha buone opportunità che Reverberi lo porti al Giro. Il laziale è un vero combattente

Tutti all’attacco

Gli altri corridori in maglia Green Project non dovranno perdere lo spirito battagliero che li ha sempre contraddistinti. E’ vero che bisogna programmare bene gli sforzi, ma allo stesso tempo, quando si decide che bisogna andare in fuga ci devono provare tutti

«I restanti sette – spiega Reverberi – saranno votati all’attacco. Ho guardato in generale le frazioni, ma non sappiamo ancora quali scegliere. Vedremo di volta in volta in base alle caratteristiche dei ragazzi. La cosa certa è che non sarà uno solo a cercare la fuga, ma tre o quattro, è difficile rispondere a dieci, venti attacchi. Nella tappa che ha portato da Diamante a Potenza, ci furono tantissimi tentativi prima di che andasse via la fuga.

«Non dimentichiamoci anche che ci sono i giovani – aggiunge – Magli, che è arrivato sesto al Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria, e Marcellusi. Quest’ultimo potrebbe essere uno dei nomi che vedrete al Giro d’Italia. E’ stato un po’ sfortunato a inizio stagione, perché a Majorca stava bene, ma è caduto e si è rotto la clavicola. Ha ripreso e ha avuto altri problemi, al Giro di Sicilia è andato bene. Marcellusi è uno che combatte bene ed in più è in grado di interpretare la corsa, potrebbe essere molto utile».

Marcellusi è già in fuga verso il 2023

15.12.2022
5 min
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Martin Marcellusi è diventato grande. Il corridore laziale, che vive alle porte di Roma, è passato dal gruppo dei giovani a quello dei grandi. E’ al secondo anno di professionismo, ma per certi aspetti potrebbe essere il primo. E questo è un motivo di carica per lui.

Il suo 2022 è stato costellato da parecchi alti e qualche basso. Ha vinto il Piva, ha sfiorato il Gp Liberazione. E al Giro U23 non è andato lontano dalla vittoria nel giorno in cui Leo Hayter ha preso la maglia rosa e non l’ha più mollata. Ma per vincere quel giorno serviva la squadra e in questo senso la Bardiani non è stata fortunata al Giro U23. Anche verso Pinzolo ha subito delle cadute.

Martin Marcellusi (classe 2000) durante il ritiro al Cicalino, in Toscana
Martin Marcellusi (classe 2000) durante il ritiro al Cicalino, in Toscana
Stagione alle porte, Martin, sei diventato grande! Non sei più under 23… Come arrivi al primo ritiro dopo il primo anno da pro’? 

Sicuramente con qualche conferma in più. Più sicurezza nei miei mezzi. In più dai test che ci fanno, ho capito che un saltino di qualità l’ho fatto. E quindi la mentalità è quella giusta. Ora sono con il gruppo dei grandi e lavoriamo per… essere grandi, in tutti i sensi. 

Se dovessi dire tre cose che ti sono mancate in questa stagione quali sarebbero?

Per prima direi l’esperienza, alcune cose le ho pagate sia in corsa che in allenamento e anche con l’alimentazione. Un altro punto a sfavore: le difese immunitarie basse. Ho avuto molti raffreddori, più volte la febbre e per questo ho anche saltato gli europei con la nazionale e altre gare con la squadra. Un terzo punto – ci pensa un po’ Marcellusi –  forse ho lavorato un po’ poco sulle volate. Ho perso dei watt che magari in alcuni momenti, vedi il Liberazione, potevano tornarmi utili.

E tre punti di forza?

Mi verrebbe da dire la determinazione. Anche quando succedono cose negative poi riesco sempre a ritornare su facilmente. La grinta, ma quella l’ho sempre avuta e spero che continuerò ad averla. E poi il gruppo. Mi sono accorto che anche quello è un fattore importante per un corridore. Riesco a fare gruppo tranquillamente. Sto bene sia con gli under 23, che coi pro’. Con gli scalatori e con i velocisti.

Fai le valigie, vieni qui al Cicalino: che differenza c’è stata rispetto all’anno scorso? Insomma, Il Cicalino un anno dopo….

E’ completamente diverso, sicuramente vengo con la mentalità giusta e con il cervello più rilassato. In questo anno sono stato ben accettato dal gruppo, i direttori hanno fiducia in me. Sono molto più sereno. Sono più preparato in allenamento. Dopo una stagione con 6-7 corse a tappe la gamba è migliore.

Prima hai detto che hai perso qualche watt. Ci stai lavorando?

Sì, quest’anno ho ricominciato a fare più volate. Ho cambiato preparatore, adesso mi segue Daniele Pascucci. E’ un ragazzo di Roma, è giovane. Mi trovo molto bene. Ne ho parlato con lui di questa cosa. Abbiamo visto i dati e mi ha dato ragione. Per questo stiamo lavorando molto in palestra e anche su strada. Abbiamo inserito partenze da fermo e sprint. 

Avete fatto il test e hai detto di aver notato valori migliori. Cosa significa un test che va bene? Immaginiamo più morale, ma anche più responsabilità?

Un test che va bene è tanta roba. Ti liberi da un po’ di pesi, insicurezze, dubbi. Sai che stai lavorando nella direzione giusta. Ho parlato anche con il preparatore supervisore della squadra, Andrea Giorgi. Mi ha confermato che il test è buono. C’è da lavorare un pochino sul peso, ma niente di che.

Martin all’esame impedenzometrico che si faceva al risveglio durante il ritiro
Martin all’esame impedenzometrico che si faceva al risveglio durante il ritiro
Gabburo ha detto a Reverberi che siete contenti. Vi piace questo nuovo metodo di lavoro?

Si percepisce che c’è stato un cambio di mentalità. Si vede anche dai direttori sportivi, come parlano e come si muovono. Il ritiro stesso è gestito in modo differente. Certo, è solo l’inizio, i risultati maggiori si vedranno più là e li dovremmo mostrare durante la stagione. Però per adesso il salto di qualità della squadra c’è stato. E’ palese. Per esempio è la prima volta che uso il Supersapiens. Sono ancora in fase di rodaggio! Ma sarà utile. A fine ritiro i preparatori ci daranno un report, così come un report lo avremmo sul sonno. Siamo controllati veramente 24 ore su 24. E anche i materiali sono buoni. 

Che gare farai più o meno? 

Partirò in Spagna con le corse di Majorca, ma non farò la prima il 22 gennaio. Io dovrei fare alcune delle gare dal 25 al 29. Poi andrò ad Antalya in Turchia e da lì vedremo. 

C’è una corsa che ti piacerebbe moltissimo fare?

Beh sì, mi piacerebbe fare il Giro d’Italia. Anche perché con l’arrivo a Roma è qualcosa che non saprei descrivere. Soprattutto dopo aver visto l’anno scorso cosa è stato per me il Liberazione. Gli amici, i familiari, il tifo… immagino che al Giro d’Italia sia tutto triplicato. 

Urlo, tappa e maglia. Impresa di Leo Hayter a Pinzolo

12.06.2022
5 min
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Come nelle migliori storie del ciclismo: fuga a lunga gittata, attacco nel finale, arrivo in solitaria, tappa e maglia. Pinzolo, incastonato tra l’Adamello da una parte e il Gruppo del Brenta dall’altra, sorride a Leo Hayter.

L’inglese della Hagens Berman Axeon, nonché fratello di Ethan in forza alla Ineos-Grenadiers, è la nuova maglia rosa del Giro d’Italia U23. La sfila ad Alberto Bruttomesso.

Caldo bestiale

La Rossano Veneto-Pinzolo fila via velocissima. Il caldo del mattino è opprimente. In casa Israel Academy, dove è passato Marco Frigo, a dare un saluto ai suoi compagni, si prepara persino il ghiaccio. E molti altri si spalmano di crema protettiva, tanto più con i body ultraleggeri. Che sono areati sì, ma coprono anche ben poco. Ieri più di qualcuno si è cotto le spalle. 

Gianluca Valoti, e in parte anche Andrea Fusaz, si aspettavano delle fughe. Ma più corpose.

E invece in fuga vogliono andarci tutti e, merito anche del vento a favore all’ingresso della Valsugana, la media della prima sfiora i 48 all’ora. Prima del Gpm, finalmente escono in tre: Piotr Kelemen (Tudor) Kyrylo Tsarenko (Gallina Ecotek Lucchini) e appunto Hayter. Prendono un margine subito molto ampio.

Nel finale il gruppo rimonta, ma non basta. I tre sentono il fiato sul collo e iniziano gli scatti. Hanno tenuto parecchio, molto più del previsto. L’ucraino si stacca “subito”, Kelemen sembra avere la meglio, ma Hayter contrattacca di rapportone. Pancia a terra e va via.

Man mano che arrivano, i compagni vanno ad abbracciare Hayter, super commosso
Man mano che arrivano, i compagni vanno ad abbracciare Hayter, super commosso

Urlo e pianto

Quando taglia il traguardo l’urlo di Leo è arrivato fin sulla vetta dell’Adamello, ancora timidamente imbiancata.

Hayter continua a pedalare dribblando i massaggiatori. Mentre gli organizzatori di ExtraGiro gli corrono dietro e lo chiamano per portarlo alle premiazioni.

Lui ad un certo punto si ferma. Monta sul marciapiede, sale tre gradini e si siede sulla soglia di un negozio di abbigliamento per bambini. Lì, mette la testa fra le mani e inizia a singhiozzare…

E’ un pianto di gioia, che solo l’arrivo alla spicciolata dei suoi compagni, che invece se la ridono, riesce ad interrompere.

«Non credevo di vincere – racconta Leo – non era questa la tattica del mattino. Dovevamo stare più “buoni”. Invece nel bailamme degli scatti mi sono trovato davanti. Il gap è stato subito grande. Quindi era un’opportunità e l’ho colta».

«Non conoscevo la tappa. Sì, l’avevo vista su carta come i miei compagni. Poteva essere adatta alle fughe, ma anche ad uno sprint non proprio di gruppo, ma a ranghi ridotti. Non credevamo andasse così insomma».

 

«Nel finale quando sono scattato, sono partito forte, ma all’inizio avevo paura perché sentivo un dolore qui – si tocca il fianco destro – come se mi avesse punto qualcosa. In più l’altro ragazzo (Kelemen, ndr) mi seguiva da vicino, strada saliva e le gambe mi facevano male. Poi è iniziato un tratto di discesa e sono riuscito a spingere forte. Da lì tutto è stato più facile».

«E’ andata così… e il resto è storia!».

Ma prima di salire sul podio, il britannico (classe 2001) ritrova il sorriso
Ma prima di salire sul podio, il britannico (classe 2001) ritrova il sorriso

Tutto da scoprire

Il resto è storia. Leo, come suo fratello Ethan l’hanno appena iniziata la loro storia con il ciclismo. E lo hanno fatto a colpi di pedale vincenti un po’ ovunque. Ethan vince in pista e in salita. Magari non sull’Alpe d’Huez (non ancora almeno), ma ti porta a casa il Giro di Norvegia. Oppure le volate di gruppo. 

Leo all’apparenza sembra più scalatore. Rispetto al fratello è più longilineo: stessa statura (178 centimetri) ma tre chili di differenza (69 Ethan, 66 Leo). Ciò nonostante nel finale, ha dato una “botta” da pistard.

«Non so – dice Hayter – cosa aspettarmi sono tutto da scoprire. Il Mortirolo non lo conosco: lo scoprirò domani. L’ho visto solo in tv. So che è duro e normalmente le salite dure e la salita in generale mi piacciono. Ho l’opportunità di dimostrare che sono bravo anche in salita. Adesso però voglio godermi questo momento… e la maglia rosa».

Marcellusi bravo

La fuga di oggi non è servita solo ad Hayter per conquistare la rosa, ma anche per far scoprire le carte del gruppo. Correre quando si è troppo favoriti implica delle responsabilità indirette e il gruppo di fatto, con Bruttomesso staccato, ha lasciato fare alla Groupama-Fdj. Li hanno fatto correre come se fossero già in maglia.

«Erano solo loro che tiravano – ci ha detto Martin Marcellusi, buon quarto – sono i più forti e nessuno gli ha dato una mano. Neanche i Dsm. Quindi siamo andati forte, ma non fortissimo. Infatti non abbiamo chiuso».

«Loro davanti sono stati bravi. Peccato che io non abbia potuto mettere nessun uomo a darmi una mano. Abbiamo tre ragazzi di primo anno al via ed erano dietro. L’unico che poteva aiutarmi era Nieri, ma è caduto.

«Peccato, perché questa era la tappa migliore per me. Ma non è finita. Domani, faccio gruppetto per risparmiare il più possibile e più in là ci riproveremo».

Bardiani a Livigno per preparare il Giro under: vediamo come

23.05.2022
5 min
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Mentre i professionisti si preparano per affrontare l’ultima settimana del Giro e oggi si godranno il secondo giorno di riposo, gli under 23 si preparano al Giro d’Italia di categoria. Quest’anno la corsa partirà l’11 giugno da Riccione e si concluderà il 18 a Pinerolo. Abbiamo così voluto andare a spiare il lavoro di una delle squadre che parteciperanno al Giro Under 23. Bussiamo in casa Bardiani-CSF-Faizanè, ad aprire la porta c’è Pino Toni, coach che sta lavorando con il team di Rossato.

Toni 2022
Pino Toni sta seguendo i corridori della Bardiani under 23 verso il Giro d’Italia di categoria
Toni 2022
Pino Toni sta seguendo i corridori della Bardiani under 23 verso il Giro d’Italia di categoria

Parola d’ordine: programmazione

«I nostri under sono in altura a Livigno ormai da qualche giorno – dice Pino – alcuni in precedenza sono stati anche sull’Etna. Con il fatto che gli under in Bardiani possono fare solamente gare internazionali abbiamo preferito optare per fare dei carichi di lavoro. La differenza con i pro’ è che correndo meno, possono essere gestiti meglio e quindi programmare i lavori. Questo ci permette di poter far crescere i ragazzi con calma ma soprattutto di averli sempre sotto osservazione».

I corridori della Bardiani hanno corso molte più gare a tappe per migliorare il rendimento, in foto Marcellusi al Tour of Antalya
I corridori della Bardiani hanno corso molte più gare a tappe per migliorare il rendimento. Qui Marcellusi al Tour of Antalya

Un calendario differente

Una domanda che potrebbe sorgere spontanea è quanto differisca l’attività che gli under fanno in Bardiani rispetto a quella di una squadra under 23…

«Non serve correre tutte le domeniche per crescere e migliorare di condizione – riprende il coach – anzi. Quello che fa davvero la differenza è il calendario che siamo riusciti a costruire per questi ragazzi: tante corse a tappe e periodi di due settimane senza corse per avere il tempo giusto per lavorare in allenamento. Se si corre tutte le domeniche non si lavora mai in settimana e questo non permette di fare tutto quel che c’è da fare. 

«Vi faccio l’esempio di Marcellusi: lui la differenza l’ha fatta quest’anno perché ha avuto un salto di qualità anche nelle corse che è andato a fare. Ha gareggiato all’Antalya, all’Istrian Trophy ed alla Carpathian Race, tutte corse a tappe all’estero. Fare tanti giorni di corse a tappe ti permette di creare la condizione, di adattarsi allo sforzo. In gara i corridori trovano motivazione, hanno condizioni psicologiche differenti rispetto all’allenamento. L’adrenalina è il più grande antidolorifico che esista, ti permette di spingere oltre i tuoi limiti, cosa che non riesci a fare in allenamento. Tra correre una volta a settimana o fare 4 giorni di corsa cambia anche il valore del TSS (Training Stress Score) perché tiene conto anche della vicinanza degli sforzi».

La squadra di Reverberi ha corso anche nel Nord, qui Martinelli alla Freccia del Brabante
La squadra di Reverberi ha corso anche nel Nord, qui Martinelli alla Freccia del Brabante

L’allenamento specifico

Come detto i corridori della Bardiani, guidati da Rossato, sono a Livigno per prepararsi al Giro Under 23. Alla luce di queste considerazioni cosa cambia nell’allenamento e nell’avvicinamento alla gara?

«In questi giorni – racconta Pino – si sta lavorando in altura, i ragazzi fanno allenamenti specifici sulla forza, parametro che in gara tendono a perdere leggermente. Si fanno dei lavori sulla resistenza ma con meno ore, si fanno dei volumi un po’ inferiori di allenamento. In una giornata tranquilla si fanno al massimo 5 ore, in una più dura con dislivello sui 3.000 metri se ne fanno 3 di ore. La media di dislivello sui 10 giorni è 22.000 metri, si fanno pochi fuorigiri, quelli si fanno in corsa. Fondamentalmente in questi giorni si tratta di fare un richiamo di preparazione. Questi giorni servono principalmente ai ragazzi per capire a che livello sono rispetto ai propri compagni così da vedere da soli quali potranno essere le priorità all’interno della squadra durante il Giro».

«Una volta scesi – riprende – faranno qualche gara per mettere il ritmo corsa nelle gambe, se si lavora bene ne bastano un paio. Andranno al De Gasperi e alle Strade Bianche di Romagna».

L’ultima gara disputata dal gruppo giovani della Bardiani è stato il “Gran Premio Industrie del Marmo” vinto da Martinelli
L’ultima gara disputata dal gruppo giovani della Bardiani è stato il “Gran Premio Industrie del Marmo” vinto da Martinelli

Un Giro bello tosto

La scelta di andare a prepararsi a Livigno da parte della Bardiani non è casuale, infatti i ragazzi guidati da Rossato hanno approfittato per visionare la tappa numero 3, e le considerazioni non sono mancate.

«Rossato mi ha chiamato, è andato a vedere la tappa con partenza da Pinzolo e arrivo a Santa Caterina Valfurva». Il tono del coach si fa più serio. «Non mi sembra normale fare una tappa così dura. Si parla di fare corse rapportate alla preparazione del ragazzo e con la loro maturazione e poi metti una tappa da quasi 5.000 metri di dislivello? E’ un Giro molto duro, nel fare la squadra siamo un po’ “impiccati” perché i corridori da schierare sono 5 e noi ne abbiamo 6. Uno dei due primi anni, probabilmente Pinarello, lo farà. Sinceramente, se avessimo avuto ancora Trainini, Pinarello lo avremmo lasciato a casa.

«Una volta – racconta – quando si chiamava Giro Bio i primi anni non lo facevano nemmeno. Abbiamo corso tanto all’estero, ma una tappa con tanto dislivello non l’avevamo ancora trovata. E’ anche una questione di rispetto verso tutte le squadre che partecipano, tanto chi vince una tappa del genere la vince anche con 1.000 metri di meno…».

Alessandro Pinarello qui al Trofeo Piva potrebbe essere l’unico “primo anno” della Bardiani a partecipare al Giro Under 23
Alessandro Pinarello qui al Trofeo Piva potrebbe essere l’unico “primo anno” della Bardiani a partecipare al Giro Under 23

La squadra c’è

«Andremo al Giro con le migliori intenzioni, i corridori li abbiamo e punteremo a fare bene, Marcellusi potrà puntare a qualche tappa. Abbiamo ambizioni di classifica: c’è Martinelli, Nieri sta crescendo, avremo il velocista spagnolo. Ci sarà anche uno dei primi anni, come detto più Pinarello che Pellizzari. Sarà comunque una buona esperienza per loro. I due stanno crescendo bene, hanno corso con i pro’ e nelle gare 1.2. Il ritmo in corsa non sarà tanto differente rispetto a quando ci sono le squadre continental straniere o le development dei vari team WT. Sarà un bel banco di prova, vedremo poi chi ci sarà. Le convocazioni spettano a Rossato e Bruno Reverberi».

Un tedesco per il Liberazione. E la rabbia di Marcellusi

26.04.2022
4 min
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Prima passa Uhlig, gridando come Hulk. Poi sfreccia Marcellusi, le mani basse e qualche imprecazione che fa sorridere amaramente i tifosi romani sul traguardo. Un tedesco che sbanca Roma nel giorno della Liberazione offrirebbe spunti satirici infiniti, ma intanto il corridore della Alpecin Fenix Development, che ha corso con la maglia della nazionale, ha resistito agli attacchi in salita del corridore della Bardiani-CSF-Faizané e ha fatto volata di testa con grande potenza.

«Ho saputo solo alla fine che sarei venuto qui – dirà sorridendo, prima di salire sul podio – perché ero a Benicasim in ritiro con la squadra. Quando il tecnico della nazionale mi ha chiamato, ho chiesto il permesso al mio allenatore e lui mi ha concesso di partire, ma mi ha chiesto di portargli i fiori della vittoria. Bisognava che rispettassi la promessa».

Il momento della delusione più cocente per Marcellusi, secondo nella sua città
Il momento della delusione più cocente per Marcellusi, secondo nella sua città

Volata di rimonta

Marcellusi si è disteso nel prato di fronte alle Terme di Caracalla, come abbiamo visto fare la settimana scorsa ai corridori della Roubaix. Poi quando la delusione si è fatta più digeribile, si è messo a sedere e si è prestato al racconto. Pensava al Liberazione da inizio stagione, il boccone gli resterà di traverso a lungo.

«Purtroppo ho trovato l’avversario più forte – ammette – e ho cominciato a capirlo quando ho visto che io provavo ad attaccarlo e lui riusciva a tenermi la ruota molto facilmente. Una sconfitta amara, però il ciclismo è anche questo. Non ho rammarichi, ho impostato la volata in modo perfetto. Sono uscito dall’ultima curva in seconda posizione con un rapporto più agile, perché è una curva stretta e si riparte da fermi. Poi ho indurito durante la volata e fino agli ultimi 50 metri ci credevo ancora. Speravo che si piantasse, però purtroppo mi sono piantato io».

Dopo la pioggia della sera prima, Roma ha accolto il Liberazione con una splendida giornata
Dopo la pioggia della sera prima, Roma ha accolto il Liberazione con una splendida giornata

Volata di testa

Henri Uhlig ha 20 anni, è alto un metro e 80 (69 chili) e ispira forza e simpatia. Pensare che sia venuto fino a Roma per centrare la prima vittoria accresce il rammarico, ma da qualche parte si deve pur cominciare. E il GP Liberazione è davvero il posto migliore. Il tedesco sapeva che Marcellusi fosse uno degli avversari da guardare con più attenzione. Lo ricordava dal Trofeo Piva. Quel giorno Marcellusi vinse e Uhlig, visto il percorso più selettivo, si limitò al 26° posto.

«Ho pensato di avere una chance – racconta – quando non mi ha staccato e l’ho seguito. Ci aspettavamo una corsa dura e veloce e così è stata. Quando è partita la fuga più importante, avevamo un compagno dentro. Il gruppo però ha lavorato bene ed ero sicuro che potevamo riprenderli. Mi sono accorto subito che con Marcellusi eravamo i due più forti. Ho parlato con lui in corsa, gli ho detto che ci conveniva collaborare. Così ho attaccato in discesa quando ho visto che lui era così brillante, perché sapevo che potevamo arrivare insieme. Ho preso la volata in testa, c’era vento contrario, ma ero sicuro. E ho vinto».

Henri Uhlig è nato a Regensburg il primo agosto 2001. Corre con l’Alpecin-Fenix Development Team
Henri Uhlig è nato a Regensburg il primo agosto 2001. Corre con l’Alpecin-Fenix Development Team

Come detto, è arrivato da Benicasim alle otto di sabato sera: non sapeva come sarebbe potuto andare dopo una settimana in ritiro: «Ma in testa mia – sorride – mi sentivo di poter fare una buona corsa. Ho visto il circuito solo stamattina, ma la sera prima ho guardato su YouTube la gara dello scorso anno e ho capito che poteva fare per me. Chissà che da qui non inizi a prendere forma il progetto di passare professionista, prima o poi…».

La grande bellezza

E mentre si riordinano gli appunti della giornata ed è tempo di fare con Claudio Terenzi il bilancio di questa seconda edizione che porta la sua firma, i rumori dei palchi da smontare riportano Caracalla alle solite forme, mentre sulla ciclabile riprende lo scorrere dei cicloturisti in una splendida giornata della primavera romana.

Uhlig, davanti a Marcellusi e Favretto della General Store: il podio del Liberazione 2022
Uhlig, davanti a Marcellusi e Favretto della General Store: il podio del Liberazione 2022

Marcellusi intanto ha ritrovato il sorriso ed è lì che racconta agli amici venuti a vederlo. Uhlig sta spiegando a un tifoso come faccia a conciliare scuola e sport. E lentamente c’è Roma – splendida e possente, nonostante chi ci viva le manchi quotidianamente di rispetto – che come in un’inquadratura dall’alto che si allontana lentamente, torna protagonista della scena. Con la sensazione che l’esperienza Terenzi stia proprio prendendo velocità.

Pinarello: come va in Bardiani? Ce lo racconta lui

06.04.2022
4 min
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Riusciamo a parlare con Alessandro Pinarello poco prima del via del Trofeo Piva. Accalcati sotto il tendone che riparava gran parte del gruppo dal maltempo che ci ha colti all’improvviso. Alessandro è giovanissimo, è del 2003, ed è già al suo primo anno tra i professionisti in maglia Bardiani

Il salto di categoria tra juniores e under 23 è già complicato di suo, se poi si aggiunge anche il gradino dei pro’ qualche dubbio è lecito averlo. In più l’attenzione sulla vicenda di Alessandro è stata enfatizzata dallo spostamento della residenza all’estero per permettergli di correre con la Bardiani. Ne avevamo già parlato in un nostro articolo con Cristian Pavanello, diesse della Borgo Molino che lo ha accompagnato fino allo scorso anno. Ora è giunto il momento di parlarne anche con il diretto interessato.

Alessandro Pinarello, classe 2003 è passato alla Bardiani all’inizio di questa stagione
Alessandro Pinarello, classe 2003 è passato alla Bardiani all’inizio di questa stagione
Ciao Alessandro, innanzitutto come stai?

Bene, è stato un periodo un po’ concitato, ma ora ho trovato l’equilibrio giusto per lavorare bene. Sapete, i primi mesi in una squadra nuova sono sempre un po’ di assestamento.

Anche causa del cambio di residenza?

Sì. Ora ho la residenza slovena e questo mi ha permesso di correre subito con la Bardiani. La scuola, invece, continuo a farla in Italia, a Conegliano. Ci tengo molto a finire bene quindi per il momento mi sto concentrando più sulla scuola e sull’esame di maturità che dovrò affrontare a giugno.

Alessandro Pinarello, a destra, durante il tratto di trasferimento prima della partenza al Piva
Alessandro Pinarello durante il tratto di trasferimento prima della partenza al Piva
E come ti sei trovato in questi primi mesi in Bardiani, hai sentito il salto di categoria?

Mi sono trovato molto bene, siamo un gruppo molto unito (questo ce lo ha sottolineato anche Marcellusi nell’intervista post gara, ndr). Il salto di categoria non è stato troppo traumatico. Ci si deve adattare però ai chilometraggi diversi e ad allenamenti più specifici.

Per il momento stai disputando solamente gare under 23.

Sì, siamo un gruppetto di 6-7 corridori che fa lo stesso blocco di gare. Purtroppo per un motivo o per l’altro non siamo mai riusciti a lavorare tutti insieme. E’ parte del percorso di crescita, devo prendere le misure e fare tutto con calma: passo dopo passo.

Con i compagni che rapporto hai? Molti sono tanto più grandi di te

In ritiro quest’inverno ho avuto modo di conoscere e pedalare un po’ con tutti. In particolare pedalo spesso con Sasha Modolo, abbiamo fatto tanti “lunghi” insieme e mi è capitato spesso di parlarci e di chiedergli qualcosa. Spesso mi capita di allenarmi anche con Vendrame, visto che abitiamo abbastanza vicini.

Di cosa parlate?

Mah, gli chiedo della sua carriera, lui mi racconta cosa ha fatto dandomi tanti consigli, a partire dall’alimentazione o dalla gestione dei momenti di gara. Alla fine penso sia una fortuna avere accanto compagni di livello con un bagaglio di esperienza così ampio.

Alessandro Pinarello da junior ha corso nella Borgo Molino Rinascita Ormelle
Alessandro Pinarello da junior ha corso nella Borgo Molino Rinascita Ormelle
C’erano altre squadre continental, di primo piano, che ti avrebbero fatto fare un’esperienza simile.

Vero, ma quando mi hanno presentato il nuovo progetto Bardiani l’ho ritenuto estremamente adatto a me. L’idea della squadra è di avere dei tempi di maturazione corretti permettendomi però di lavorare allo stesso tempo con staff e compagni di un livello superiore. La cosa fondamentale è il fatto di poterlo fare con costanza, giorno dopo giorno.

E dopo il Piva dove ti vedremo?

Sicuramente al Belvedere il 18, per il resto non so. Con la squadra abbiamo qualche gara in mente ma decidiamo poco alla volta, in base anche alla preparazione che riesco a fare.

Dopo un inverno in cui si era parlato molto del nuovo progetto under 23, queste prime gare sono servite per tirare delle somme. Dalle parole di Pinarello e da quelle di Marcellusi dopo la vittoria, emerge come la squadra di Rossato e dei Reverberi stia lavorando con i corridori più giovani permettendo loro di crescere e maturare senza pressioni. Che quella intrapresa dalla Bardiani sia la strada giusta?

Al Piva freddo e ghiaccio: vince Marcellusi davanti a Frigo

04.04.2022
5 min
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La mattinata al Trofeo Piva inizia con il sole che accoglie i corridori e le ammiraglie al seguito. Anche se, in lontananza, sopra le colline di Valdobbiadene si avvistano le prime nuvole grigie. ­La frazione di Col San Martino si colora delle maglie delle 35 squadre che hanno preso parte alla corsa. All’improvviso il meteo cambia e inizia a soffiare un vento freddo accompagnato da una pioggia ghiacciata.

«Avevamo guardato il meteo prima di partire e dava sole – ci dicono Bortoluzzi e Ginestra della Work Service alla partenza – non abbiamo portato neanche l’abbigliamento invernale». Non sono gli unici atleti ad essere stati sorpresi dal meteo che effettivamente dava una gara per lo più soleggiata. 

Una corsa dura

La gara, a pochi minuti dal via, viste le condizioni meteo proibitive, viene accorciata di due giri. Qualche corridore tira un respiro di sollievo mentre altri si lamentano. Ad alzare le braccia al cielo è Martin Marcellusi, il giovane corridore romano, classe 2000, è al primo anno in maglia Bardiani. Secondo è Marco Frigo davanti a German Dario Gomez del team Colombia Tierra de Atletas.

«Sono molto contento di questa vittoria – inizia Marcellusi – è la prima in una gara internazionale, prima di oggi avevo ottenuto tanti secondi posti e piazzamenti. Uscivo da San Vendemiano (chiuso in ottava posizione, ndr) con qualche dubbio sulla mia condizione ed oggi ho avuto le risposte che cercavo. Il meteo non è stato per nulla clemente anche se con il passare dei chilometri sentivo di avere la gamba giusta e così è stato».

Per Marcellusi una gioia incontenibile dopo il traguardo, il Piva è la sua prima vittoria internazionale
Per Marcellusi una gioia incontenibile dopo il traguardo, il Piva è la sua prima vittoria internazionale

A lezione dai pro’

Martin, nonostante la giovane età, ha già avuto modo di correre gare importanti come Tour of Antalya e Milano-Torino. Mettendosi così alla prova con i professionisti e con percorsi molto esigenti, come quello del Piva.

«Correre con i pro’ aiuta a crescere e ad imparare – ci racconta Martin – facendo gare di alto livello arrivi a questi appuntamenti con la gamba più pronta. Merito di questo va alla Bardiani, ho già avuto modo di mettermi alla prova con i pro’ in maglia azzurra l’anno scorso, ma poterlo fare con costanza fa davvero la differenza.

«Il salto di categoria – riprende il vincitore – mi ha dato lo stimolo di fare quello che gli anni passati non riuscivo a fare: tante ore di allenamento, curare l’alimentazione, ed anche questo è un bel passo in avanti. Ho un contatto diretto con lo staff, mi confronto con loro tutti i giorni ed imparo molto dai compagni più grandi, siamo un gruppo davvero unito al contrario di quanto si possa pensare».

Qualche rimpianto

Secondo, ma con un sorriso che non lo abbandona neanche dopo la premiazione, si è piazzato Marco Frigo. Il corridore della Israel Cycling Academy oggi sulle strade di Col San Martino aveva un tifo dedicato visto che è venuto a trovarlo il suo fan club.

«Sono molto contento – dice Frigo in conferenza stampa – questa è un po’ la gara di casa, era l’ultima occasione che avevo di farla ed è stato molto bello partecipare. Avevo il mio fanclub sulla salita del Combai. Mi hanno accolto con un tifo da stadio dandomi una scarica di adrenalina incredibile che mi ha spinto a pedalare con maggiore grinta e coraggio».

Per Gomez oltre al terzo posto anche il trofeo per la classifica GPM
Per Gomez oltre al terzo posto anche il trofeo per la classifica GPM

«Era un percorso che conoscevo davvero molto bene, giovedì sono venuto a provarlo, in più il Combai l’ho fatto tante volte anche in allenamento».

Ai 10 chilometri dall’arrivo ho allungato e dopo poco mi ha raggiunto Marcellusi. Con il senno di poi – conclude Frigo – avrei dovuto essere un po’ più calcolatore. Per vincere la gara avrei dovuto fregarmene e chiedergli qualche cambio in più. Sono stato troppo generoso, è una caratteristica che devo imparare a gestire. Una gara del genere bisogna rischiare di perderla per poi vincerla. A mio avviso la corsa non andava accorciata, freddo e pioggia fanno parte del ciclismo, poi io sui percorsi lunghi vado bene, avrei avuto qualche possibilità in più».

Al Trofeo Piva era presente anche il cittì della nazionale under 23 Marino Amadori
Al Trofeo Piva era presente anche il cittì della nazionale under 23 Marino Amadori

Parla Amadori

Sotto il palco della premiazione era presente anche il cittì della nazionale Under 23 Marino Amadori. Approfittiamo per chiedere qual è il vantaggio per questi ragazzi di poter correre con i professionisti e con squadre WorldTour.

«E’ un bell’ordine di arrivo – incalza il cittì – ed è anche un bel segnale che il nostro movimento sta andando nella direzione giusta. Quello che portiamo a casa oggi, oltre al risultato, è la conferma che correre con i professionisti è molto importante per la crescita dei nostri ragazzi. E’ percorso di sviluppo e maturazione fondamentale se poi vogliono affermarsi anche in corse internazionali come il Tour de l’Avenir o europei e mondiali».