Martinez: il WorldTour è un esempio, non un modello

13.03.2024
4 min
Salva

Dall’intervista di Marcellusi è emerso un passaggio importante: «I diesse e i preparatori – ci aveva detto – in accordo tra di loro hanno deciso di cambiare il metodo di lavoro… Lo staff ha preso come modello quello dei team WorldTour».

Una frase che ha aperto alcune domande, una delle quali è stata affrontata anche nell’editoriale di questo lunedì: «Marcellusi è in grado di fronteggiare una programmazione così simile a quella di Pogacar e Van der Poel?». 

Marcellusi è tornato in corsa oggi alla Milano-Torino dopo un mese e mezzo (terminata in 8ª posizione)
Marcellusi è tornato in corsa oggi alla Milano-Torino dopo un mese e mezzo (terminata in 8ª posizione)

Approccio scientifico

Lo staff performance della Vf Group-BardianiCSF-Faizanè, guidato da Andrea Giorgi e Borja Martinez. è entrato in punta di piedi nel team di Reverberi, portando però tante novità. Una di queste ha riguardato il metodo di allenamento dei ragazzi, in particolar modo di quelli seguiti direttamente da loro. Conforti, che abbiamo sentito di recente ne è una prova. Allora in quale modo Marcellusi è stato indirizzato nel suo nuovo modo di lavorare?

«Il discorso di Marcellusi – ci spiega Borja Martinez – secondo me è diverso. Lui ha cambiato preparatore da tre settimane, passando da quello che aveva prima a me. E’ da poco che lavoriamo insieme quindi. Il concetto che deve passare è che noi non imitiamo il WorldTour, crediamo in quella mentalità. Si cerca l’ultima evidenza scientifica, questo non vuol dire fare copia e incolla, ma studiare e sviluppare. E’ giusto guardare in quella direzione, perché ci confrontiamo tutti i giorni con corridori e staff che vengono da quel mondo. E’ da tanto tempo che Giorgi e io cerchiamo un modo per alzare il livello».

«La mentalità all’estero è diversa – continua Borja – se andiamo a vedere Ineos o la UAE sono tutti team che hanno come capo dello staff performance un dottore di ricerca. In alcuni casi queste persone sono professori universitari. Nel WorldTour c’è un livello accademico alto e professionale, sono sempre stato interessato a portarlo nel mondo delle professional».

L’atleta romano è passato da tre settimane sotto la preparazione di Martinez
L’atleta romano è passato da tre settimane sotto la preparazione di Martinez
Cosa ha portato Marcellusi a lavorare con te?

Nel 2023 ci siamo resi conto che Martin ha un bel motore, ma secondo il nostro concetto di squadra gli mancava qualcosa. Abbiamo parlato con lui e abbiamo visto come non sfruttasse il suo talento, a me è arrivato un messaggio e da tre settimane lavoro con lui. 

Una mentalità WorldTour, per un ragazzo che ancora sta crescendo potrebbe essere la chiave giusta?

Non deve copiare il metodo di lavoro di Pogacar e di Van Der Poel, non gli si chiede questo. Ma l’evidenza scientifica che emerge è che l’allenamento ad alta intensità che riesce a preparare come una gara. Chiaro che lo stimolo, soprattutto mentale, non è uguale, in corsa è più semplice andare al massimo. 

Allora quale sarebbe questa mentalità?

Nel WorldTour è passato il concetto che allenarsi in fatica, quindi ad alta intensità, funziona. E’ un passaggio utile per arrivare pronti alle gare, perché in allenamento si simula la fatica. Ora non posso dire che per Martin questo funzionerà al 100 per cento. Sapete cosa fa davvero la differenza?

Non si vuole imitare il WorldTour ma avere lo stesso approccio scientifico
Non si vuole imitare il WorldTour ma avere lo stesso approccio scientifico
Cosa?

Che quando ti alleni in fatica una volta in gara sei pronto. Alle corse vince chi dopo aver fatto tanti sforzi è in grado di andare avanti. Questo risulta più semplice quando hai lavorato bene in precedenza. Molte volte bisogna andare oltre certi limiti. Alla fine si deve allenare la durata per l’intensità. 

Come lavorate quindi?

Con i ragazzi della squadra mi sento ogni giorno. Con quelli che seguo direttamente io il passaggio è più semplice perché mi trovo un contatto diretto. Se uno è stanco me lo dice e si cambia allenamento oppure si riduce l’intensità. La cosa difficile è avere a che fare con ragazzi che hanno preparatori diversi, perché poi ognuno ha la sua esperienza e il suo metodo.

Sarebbe meglio avere tutti sotto il vostro controllo?

Per comodità di lavoro sì. Ma in squadra ci siamo solamente Giorgi ed io non potremmo seguire 22 atleti. Con i ragazzi che seguiamo noi possiamo programmare, abbiamo più potere. Il modello ideale sarebbe quello di avere tutti i preparatori della squadra. 

Il nuovo metodo di allenamento ha rivoluzionato anche la preparazione di Conforti (foto Vf Group-Bardiani)
Il nuovo metodo di allenamento ha rivoluzionato anche la preparazione di Conforti (foto Vf Group-Bardiani)
E’ ancora presto per capire se questo metodo per Marcellusi risulta funzionale?

Lo si vedrà dai dati e dalle prestazioni, potrebbe essere che andrà benissimo oppure meno del previsto. Il focus di Martin non sono le gare di inizio stagione, ma da primavera inoltrata in poi (Marcellusi è nella selezione del Giro, ndr). Allora possiamo dire che ci sentiremo a metà stagione o a fine anno, per trarre le conclusioni insieme. 

Prendiamo già appuntamento.

Vi aspetto con piacere!

Marcellusi cambia metodo: più allenamenti, meno gare

08.03.2024
4 min
Salva

Mentre i suoi compagni di squadra corrono nel freddo della Tirreno-Adriatico, Martin Marcellusi si allena con le stesse temperature, ma a casa. Il corridore romano della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha corso le gare di inizio stagione a Mallorca e poi più nulla. 

«Dopo le prime corse in Spagna – ci dice – mi sono fermato un po’ e ho fatto dei ritiri, anche in altura, insieme alla squadra. Si è deciso così, insieme ai preparatori, per consentirmi di arrivare più fresco ad un eventuale Giro d’Italia. Infatti, insieme alla squadra, siamo stati in ritiro sull’Etna per un paio di settimane, dopo l’altura però ho sofferto un po’ il fatto di non correre».

Solamente tre giorni di corsa per Marcellusi fino ad ora, tutti accumulati a Mallorca a fine gennaio
Solamente tre giorni di corsa per Marcellusi fino ad ora, tutti accumulati a Mallorca a fine gennaio
Cosa vuol dire?

Che se avessi fatto la Tirreno, mi sarei fermato per una settimana, facendo scarico. Invece, senza correre, ho fatto scarico per due o tre giorni e poi ho ripreso a caricare. 

Quando sarà il ritorno in gara?

Il 13 marzo alla Milano-Torino, poi farò la Sanremo e la Coppi e Bartali. Da lì ci sarà da capire quale sarà la scelta della squadra e come vorranno gestirmi. Forse torneremo sull’Etna oppure correrò.

La scelta di fare questo lungo periodo di allenamento è insolita per te?

I diesse e i preparatori, in accordo tra di loro hanno deciso di cambiare il metodo di lavoro. Nel caso dovessi fare il Giro, arriverei più riposato. Non ho modo di paragonare i periodi, anche perché nel 2023 in Spagna mi ero rotto la clavicola, ed ero rimasto fermo per un po’. Lo staff ha preso come modello quello dei team WorldTour

Com’è stato allenarti e non correre?

Mentalmente un po’ più difficile, mi è mancato il periodo di stacco. Però devo dire che una volta ripresi gli allenamenti, le sensazioni erano buone. Lo sono ancora, fino ad ora la squadra ha ragione (fa una risata, ndr), vedremo come prosegue il tutto. C’è da dire anche che…

Cosa?

Allenarmi non è stato così difficile mentalmente, anche perché la squadra mi è stata vicina. Non mi hanno lasciato a casa allo sbando, ma siamo stati in ritiro. Sull’Etna abbiamo fatto anche tanti allenamenti duri, quasi più di una corsa. 

In mezzo anche un ritiro sull’Etna, sempre con il team
In mezzo anche un ritiro sull’Etna, sempre con il team
Rispetto allo scorso anno quante ore in più hai fatto di allenamento?

Di ore non so, ma nello stesso periodo, da novembre a inizio marzo, ho fatto 2.800 chilometri in più. Mi ero fermato 18 giorni per l’infortunio alla clavicola, ma il numero di chilometri è comunque molto elevato. 

Ma tu cosa preferisci fare, allenarti o correre?

Mi alleno bene, perché sono uno che se sta bene si allena all’infinito. Però è vero che sono un corridore che in gara riesce a tirare fuori qualcosa in più. Riesco a sorpassare i miei limiti, il che è un fattore positivo. Non nascondo che mi piacerebbe fare qualche gara ad aprile, ad esempio il Giro d’Abruzzo, che è anche vicino a casa. Ma deciderà la squadra. Meglio aspettare e arrivare ai prossimi appuntamenti al massimo livello che correre e perdere qualcosa.

Marcellusi al lavoro per un 2024 da leader. Col sogno tricolore

26.12.2023
6 min
Salva

BENIDORM (Spagna) – Quando ormai anche i massaggi erano stati fatti e si aspettava la cena, Martin Marcellusi scendeva dalla sua stanza e faceva un salto dai meccanici. Voleva dare un’occhiata alla sua bici. Quest’anno c’è qualche materiale nuovo, a partire dal telaio De Rosa, e quel pizzico di curiosità non manca.

E poi era anche un’occasione per scambiare due parole con “Mister Tony”, al secolo Antonio Tarducci, meccanico storico della Green Project-Bardiani che fra qualche giorno si chiamerà VF Group-Bardiani-Faizanè.

«Sono già tre anni che vengo in ritiro con loro. Il primo lo feci nel dicembre 2021», attacca Marcellusi.

Marcellusi (classe 2000) parla con il meccanico Tarducci
Marcellusi (classe 2000) parla con il meccanico Tarducci
E come ci sei venuto questa volta?

Più allenato del solito. I dirigenti ci hanno chiesto di venire un minimo preparati. Io sin qui avevo seguito il mio preparatore e avevamo impostato un programma generale, non troppo specifico per il ritiro chiaramente, ma che mi facesse essere pronto per lavorare bene. E credo di esserci riuscito.

Martin, ne parlammo già dopo il Giro di Lombardia: tu hai fatto una scelta importante, quella di restare qui per tre anni. Questo comporta anche delle responsabilità: cominci a sentirti leader di questo gruppo?

Sì, e mi ci sento già da quest’anno, da quando ho percepito la fiducia del team. Spero di aver fatto un salto di qualità per far sì che di fiducia ce ne sia ancora di più. E di aver fatto un salto anche da un punto di vista tecnico, che mi consenta di lavorare di più e quindi aumentare i carichi.

Roberto Reverberi ci ha detto che si aspettano molto da te…

Mi fa piacere. In generale credo di essere un corridore che ha tanti margini: sull’allenamento, sull’alimentazione. Lo scorso anno per esempio credo di aver fatto uno step sugli allenamenti, quest’anno mi sto concentrando sull’alimentazione. Anche con il peso non sono super, ma sono meglio dell’anno scorso nello stesso periodo. E piano piano riuscirò ad arrivare al top.

Essere leader significa anche prendersi delle responsabilità. C’è qualche corsa che inizi a guardare in ottica diversa?

A me piace molto il campionato italiano, poi ovviamente dipende anche dal percorso che l’organizzatore propone, però è una gara che se ci arrivi bene può darti molto. Magari non ancora per vincerla, ma… Quindi il tricolore può essere un obiettivo. Per il resto, di gare ce ne sono molte. Quest’anno sono andato bene al Gran Piemonte e al Pantani, perciò direi che le corse italiane sicuramente sono un obiettivo, sia mio che della squadra. 

Sulle strade della Spagna per Martin e compagni un ottimo volume di lavoro (foto Gabriele Reverberi)
Sulle strade della Spagna per Martin e compagni un ottimo volume di lavoro (foto Gabriele Reverberi)
Si dice sempre che in gruppo ci sono le gerarchie: le WorldTour davanti e voi dietro. Però Visconti, tuo ex compagno, diceva anche che quando vedevano che era lui gli dicevano: “Tu puoi stare”. Per Marcellusi comincia a cambiare qualcosa? Oppure stai davanti perché sgomiti?

Ci sto perché sgomito! Nessun favoritismo nei miei confronti ancora. Nei confronti di Giovanni era completamente diverso. La carriera che ha fatto lui l’hanno fatta in pochi. Era normale dunque che fosse un po’ avvantaggiato. Noi dobbiamo ancora sgomitare e di certo nell’economia della corsa questo è ancora un punto a nostro sfavore. Però dico anche che negli ultimi anni non ci facciamo problemi a sgomitare.

Quasi tutti avete un coach personale, tu hai Daniele Pascucci per esempio, ma in ritiro avete seguito il programma del team. Come ti sei trovato?

Bene, anche se in qualche giorno abbiamo fatto un bel po’ di fatica, che di questi periodi non è cosa comune. Però magari è giusto così.

Per conto tuo invece lo scorso anno hai lavorato parecchio sulle salite, anche se dicevi: “Io non sarò mai uno scalatore”. Quest’anno su cosa stai insistendo?

Fino allo scorso anno Pascucci non aveva un background dei miei dati, quindi non mi conosceva come atleta. In questa stagione abbiamo raccolto molti dati, specie durante il Giro. Abbiamo notato che su alcuni aspetti sono carente e stiamo cercando di migliorarli. In questo periodo, sto insistendo parecchio sulla palestra per quel che riguarda la forza esplosiva.

Quali sono le carenze di cui hai parlato?

Una carenza è sicuramente la continuità. Soprattutto fino ad un anno fa non riuscivo allenarmi troppo. Facevo un giorno di carico e poi il giorno dopo stavo malissimo. Abbiamo lavorato su questo aspetto, importantissimo per crescere, e sembra che stia andando meglio.

Il laziale è cresciuto molto nel 2023. Al Tour du Limousin ha vinto la classifica dei Gpm
Il laziale è cresciuto molto nel 2023. Al Tour du Limousin ha vinto la classifica dei Gpm
E un punto di forza?

Come dissi già una volta, la grinta: ci metto un bel po’ a mollare. Ma quando mollo, vuol dire che è proprio finita, che non ce n’è più!

In ritiro vi abbiamo visto mangiare in certo modo in allenamento, partire con dei sacchetti specifici per assumere un tot di carboidrati ogni ora. Ma davvero ci si allena a mangiare?

In effetti non è così semplice, specie con i cibi solidi. Oggi si usa molto l’alimentazione liquida. Ormai anche in uscite lunghe abbiamo dietro una barretta o due, non di più. Io almeno preferisco i carboidrati in polvere disciolti nella borraccia o dei gel ad alto contenuto di carbo. Comunque è vero: ogni ora dovevamo stare sui 90 grammi di carboidrati, almeno.

E questo allenamento alimentare, chiamiamolo così, lo fai anche a casa? Perché assumere 100 o passa grammi di carbo alla fine può portare a problemi di stomaco…

Questa cosa va curata anche a casa. All’inizio sicuramente non sarei riuscito a mandare giù 120 grammi di carboidrati l’ora, anche perché non c’erano prodotti adatti. Di sicuro andavi in bagno o saresti stato male, minimo con un gonfiore addominale. I prodotti di nuova generazione aiutano perché sono studiati in ogni particolare e non danno di questi problemi. Ma comunque è vero: bisogna esserci abituati, anche solo per il gesto di bere o mangiare così frequentemente.

Transitando in testa sul Ghisallo, Marcellusi è salito sul palco dell’ultimo Lombardia. Questa salita metteva in palio un premio
Transitando in testa sul Ghisallo, Marcellusi è salito sul palco dell’ultimo Lombardia. Questa salita metteva in palio un premio
Eri con il meccanico, sulla tua bici è cambiato qualcosa? Anche dei piccoli dettagli?

La posizione è sempre quella. Ho rivisto giusto le tacchette: le ho spostate di qualche millimetro indietro, perché il nuovo telaio – siamo passati dalla Merak alla 70 – cambia un pochino. Da quest’anno abbiamo tutti i manubri integrati, anche in allenamento. E questi sono un po’ più larghi.

Quanto più larghi?

Sono passato da una piega manubrio da 38 centimetri a una di 40.

E ti piace questa cosa?

Preferivo quello più stretto a dire il vero, anche per il discorso dello sgomitare, però alla fine è questione di abitudine. Quello da 40 ha il vantaggio che in discesa si guida meglio ed è anche molto più bello esteticamente!

Marcellusi re del Ghisallo e progetti da leader

09.10.2023
5 min
Salva

BERGAMO – «Non lo so neanche io dove prende la grinta questo ragazzo», così commenta un soddisfatto Alessandro Donati la prestazione di Martin Marcellusi. Il direttore sportivo della Green Project-Bardiani è contento visto che anche Tolio se l’è cavata. Per la squadra dei Reverberi una prestazione così in una gara WorldTour, per di più classica Monumento, vuol dire molto.

Marcellusi è stato protagonista della fuga di giornata al Lombardia, tra l’altro presa in seconda battuta, e non sul nascere. Ha scollinato davanti su un paio di salite tra cui il Ghisallo e fino alla fine ha resistito ad un contrattaccante doc quale Ben Healy, uscito in avanscoperta 150 chilometri dopo di lui. 

Marcellusi transita in testa sul Ghisallo, precedendo Battistella, e porta a casa il prestigioso premio
Marcellusi transita in testa sul Ghisallo, precedendo Battistella, e porta a casa il prestigioso premio
Martin, ti aspettavi un Lombardia così? Come doveva andare?

Dal Gran Piemonte sono uscito con una grande gamba. Lì ho visto che potevo stare davanti, ma ovviamente il Lombardia era un’altra gara e non pensavo andasse così! La fuga era era l’obiettivo della squadra. In effetti pensavo di prenderla, di fare le mie 2-3 salite con i primi e poi ciao. Invece più andavo avanti e più stavo bene. Tanto che nella discesa in cui siamo andati via io e Healy ho deciso di fare il forcing.

Perché?

Per provare ad arrivare ancora più lontano. A quel punto l’obiettivo era di restare davanti il più possibile… Non certo provare a vincere il Lombardia!

L’obiettivo del Premio Ghisallo è venuto strada facendo o te l’hanno detto dall’ammiraglia?

Me l’hanno detto in corsa. “Se sei ancora davanti, Martin, fai la volata”. E io così ho fatto.

Ci racconti invece della fuga? All’inizio voi della Green Project-Bardiani non c’eravate…

In realtà noi c’eravamo. C’era Filippo Magli, ma probabilmente ha calcolato male le energie. Ha chiesto un cambio e l’hanno lasciato al vento. Eravamo preoccupati perché poi il gruppo aveva cominciato a fare il barrage ed eravamo tagliati fuori. Ad un certo punto io e Tolio abbiamo trovato un varco. Lui è partito prima di me e io a ruota.

E vi hanno lasciato andare?

Il gruppo non era così intenzionato a lasciarci. Dal mio conto, eravamo fuori dalla fuga. Ovviamente avrei provato fino all’ultimo ad andare via. Poi c’è stata una caduta di gruppo (quella innescata da Remco, ndr), per fortuna senza grandi conseguenze e ne abbiamo approfittato. Non è bello da dire, me ne rendo conto, ma è così. Una parte di me non voleva continuare ad attaccare con un gruppo che era per terra. Poi altri hanno tirato dritto e io li ho seguiti.

Il laziale (classe 2000) tra i più attivi della fuga, eccolo davanti con Healy
Il laziale (classe 2000) tra i più attivi della fuga, eccolo davanti con Healy
C’è stato un momento di difficoltà? Un momento in cui veramente hai dovuto tirare fuori la tua proverbiale grinta?

Sulla salita verso Crocetta: lì ho attraversato un momento di crisi. Però è durato poco. Ho tenuto duro. Stavo per per mandare tutto a quel paese! Invece è rientrato forte Healy e sono riuscito a tenerlo. Siamo rimasti davanti in quattro. Magari è stato un momento di crisi psicologico.

Però alla fine ti giri e in una fuga corposa e con gente importante, vedi sempre meno corridori: immaginiamo che emerga anche un po’ di orgoglio…

Più che orgoglio ti sale il morale alle stelle. Sai, quando vai in fuga in venti e ti stacchi per decimo è un conto, quando invece sei l’ultimo a rimanere davanti ti viene un’altra gamba. Ho iniziato a vedere i primi corridori che si staccavano ed io ancora non ero affaticato più di tanto. In effetti è stata una bella spinta morale e da lì è iniziato un’altro Lombardia per me.

Fino a ritrovarti nel gabbiotto dei campioni, il gazebo dietro al palco di Bergamo dove si cambiavano tutti i “giganti”…

Sì, in effetti è stato figo! Pogacar mi ha dato due volte la mano. Non so perché, magari era contento così! Bello comunque.

Analizzando la tua corsa, ma sarebbe meglio dire questa seconda parte di stagione post Giro d’Italia, sei andato molto forte in salita. Hai vinto la maglia dei Gpm al Tour du Limousin, al Gran Piemonte, il cui finale era tosto, sei arrivato settimo e con gente molto importante, al Lombardia ancora una prestazione di livello in salita: ma ci hai lavorato? Stai intraprendendo un cambiamento?

Sì, ci abbiamo lavorato anche se io non ero molto d’accordo. Io volevo rimanere un po’ meno scalatore e un po’ più “velocista”. Perché automaticamente quando fai queste scelte poi vai un pelo più forte in salita, ma in volata cali. Per quest’anno abbiamo fatto così anche perché c’era di mezzo il Giro d’Italia. E il Giro, vuoi o non vuoi, in 21 giorni ti fa diventare “più scalatore”. Se non stai male, che ne esci bene, ti dà qualcosa in più in salita… Automaticamente ti porta a diventare più scalatore, però scalatore io non lo sarò mai.

Martin esce dal “gazebo dei campioni” e si accinge a salire sul podio
Martin esce dal “gazebo dei campioni” e si accinge a salire sul podio
Hai altre doti: non diciamo un passista veloce, un corridore più completo, che faceva e che fa dello spunto veloce la sua arma vincente. Era così anche tra gli under 23…

Esatto, posso difendermi in salita, ma se poi arrivo allo sprint e in volata non vado, serve a poco. Io quella possibilità di sprint a ranghi ridotti me la voglio giocare invece.

Hai firmato anche per il prossimo anno con la Green Project-Bardiani. Una scelta importante: diventerai un leader?

In realtà ho firmato per tre anni. Loro credono in me tanto e già in queste gare mi fanno correre da leader. Sono rimasto anche per questo motivo. E poi io in questo team sto bene, non mi manca nulla, sento la fiducia. Magari quando avrò 26 anni, che scadrà il contratto, allora penserò al futuro in modo diverso.

E’ un investimento sul tuo futuro. Non sono poi molti i corridori italiani, WorldTour incluse, che possono fare i leader…

Anche perché sto andando forte, ma non è che abbia fatto chissà quali grandi risultati per poter dire: “Vado in una WorldTour e mi fanno fare il capitano”. Se ci andassi oggi dovrei mettermi davanti al gruppo a tirare. Mentre, come ripeto, qui ho i miei spazi e c’è un bell’ambiente.

Che corse farai adesso?

Mi spetta ancora una settimana di gare, chiuderò alla Veneto Classic. Ma ammetto che sono un po’ al limite. Però finché tiro fuori queste prestazioni va bene così!

Le quindici fatiche di Marcellusi al suo primo Giro

24.05.2023
6 min
Salva

Martin Marcellusi affronta il suo primo Giro d’Italia con sensazioni differenti: ha tolto dalla valigia le emozioni ed ha messo la fatica. Sulle teste dei corridori è caduta spesso tanta acqua, si è salvata quasi esclusivamente la tappa di Bergamo. Marcellusi si è ritrovato ad affrontare delle condizioni atmosferiche che hanno reso ancora più tosto questo debutto alla corsa rosa.

Il maltempo ha accompagnato i corridori per gran parte del Giro, spegnendo un po’ l’anima della corsa rosa: Marcellusi è con Fiorelli
Il maltempo ha accompagnato i corridori per gran parte del Giro: qui Marcellusi con Fiorelli

Giorno di riposo

Il corridore romano risponde durante i massaggi, nel secondo giorno di riposo del Giro d’Italia. La Green Project Bardiani CSF Faizanè ha scelto la provincia di Mantova per abbassare i ritmi e respirare

«Il giorno di riposo – attacca Marcellusi – va sempre bene, ci vuole. Oggi abbiamo fatto una sgambata di un’oretta, pranzo, massaggi e nient’altro. Durante queste ore ammazzo il tempo rimanendo a letto e guardando un po’ TikTok. Non dormo perché ho paura di non avere tanto sonno la sera».

Una delle tappe più belle è stata quella di Napoli con il sole che ha illuminato la costiera amalfitana
Una delle tappe più belle è stata quella di Napoli con il sole che ha illuminato la costiera amalfitana
Riannodiamo il filo rosa, che atmosfera hai trovato al Giro?

Per essere il primo speravo meglio, non ho sentito molto l’atmosfera del Giro d’Italia, complice anche il meteo. Sulle strade spesso abbiamo trovato meno tifosi di quanti ce ne sarebbero stati solitamente.

E la corsa come la vivi?

Va a momenti, un giorno sto male, un altro invece sono davanti a lottare per entrare in fuga. Non tutti i giorni sono uguali, ogni tappa ti lascia qualcosa di diverso, complice anche il fatto che recuperare è difficile. La pioggia ed il freddo aumentano lo stress e la fatica.

Raccontaci la tua routine

Mi trovo spesso a scherzare con i miei compagni a proposito di questo. Siamo sempre lì a fare le stesse cose: finita la tappa scendi dalla bici e fai la doccia, poi arrivano i massaggi che bisogna farli di corsa perché altrimenti rischi di arrivare a cena ad orari improponibili. Si ha il tempo di un caffè tutti insieme e poi si sale in stanza a dormire.

E la mattina suona la sveglia, qual è stata quella più difficile?

Direi la mattina della tappa di Crans Montana. La sveglia è suonata alle 6,30, la tappa doveva partire alle 11. Io non sono uno che riesce ad andare a letto alle 22, di solito vado a dormire verso le 23-23,30. 

I massaggi, anche se di fretta, aiutano?

Sono tanta roba! Farli tutti i giorni non fa miracoli, ma di certo aiuta molto. Ho la fortuna che il mio massaggiatore è anche l’osteopata della squadra, quindi faccio tutto con lui. Gli racconto le mie sensazioni e lui cerca di risolverle. 

Il pubblico ha risposto presente nella tappa di Bergamo, qui Marcellusi nel passaggio che porta a Città Alta
Il pubblico ha risposto presente nella tappa di Bergamo, qui Marcellusi nel passaggio che porta a Città Alta
Che sensazioni hai?

Si tratta del mio primo Giro d’Italia, quindi non ho un grande recupero. Di certo faccio più fatica rispetto a chi ha già fatto questa gara tre o quattro volte. 

Poi piove da due settimane…

La pioggia non piace a nessuno e se per quindici giorni corri con l’acqua che ti cade sul casco, e tutto il corpo, il morale ne risente. Prendere acqua è un lavoro in più: devi stare sempre attento in gruppo e poi una volta in hotel devi asciugare casco, occhiali e scarpe. Poi anche a livello fisico ti gonfi. Insomma, è dura.

Con chi condividi la stanza?

Tonelli. E’ un mese che viviamo in simbiosi, sono stato fortunato ad averlo accanto, è uno dei più esperti, se non il più esperto, della squadra. Mi riesce a dare consigli praticamente 24 ore su 24. Più che qui al Giro mi ha dato una grande mano in altura, con l’alimentazione e anche con la gestione mentale degli allenamenti. Allo stesso modo in gara è fantastico, mi dice quando attaccare o riposare. Anche nella tappa di Bergamo…

Raccontaci.

Non ero uno dei designati ad andare in fuga, non era una frazione adatta alle mie caratteristiche. Però in partenza parlavo con Tonelli e gli dicevo che la mia idea era comunque di infilarmi nel gruppo dei fuggitivi. Sapevo di non poter restare fuori tutto il giorno, ma l’obiettivo era farsi riprendere sull’ultima salita così da avere il tempo di andare all’arrivo. 

Anche nella tappa del Bondone Marcellusi è andato in fuga, il giorno di riposo ha fatto meno danni rispetto a settimana scorsa
Anche nella tappa del Bondone Marcellusi è andato in fuga, il giorno di riposo ha fatto meno danni rispetto a settimana scorsa
Invece hai inseguito…

Eh sì, non vorrei dire che ho fatto un errore (aspetta qualche secondo, ndr), ma ho fatto un errore. L’idea era giusta, ma sono partito con la mantellina della pioggia, quando sono andato a posarla in ammiraglia la fuga era già uscita. Io e Rubio abbiamo inseguito per un po’ e siamo rientrati, ma con tanta fatica.

Ad un certo punto dell’inseguimento Rubio ti ha lasciato indietro. 

Ha una gamba esagerata e su uno strappetto è andato via. Non posso rimproverargli nulla perché quando sei in mezzo come noi, cerchi di rientrare il prima possibile. Con il senno di poi avrebbe potuto comunque aspettarmi perché alla fine sono andato sui fuggitivi anche io, dopo 40 chilometri però. Sono andato così forte che ho fatto il record di giornata sulla salita di Passo Valcava. Lo stesso Rubio si è scusato con me, alla fine siamo amici e ripeto: quando sei in mezzo vuoi rientrare il prima possibile. 

I giorni di riposo come sono andati?

Sono stati a due facce. Direi bene perché ne avevo bisogno, soprattutto del primo, che è arrivato dopo nove tappe. Sto soffrendo tanto le lunghe distanze ravvicinate, non sono abituato. Questa mattina (lunedì, ndr) ero cotto e riposare fa bene, una volta in bici per la sgambata mi sentivo un pochino meglio.

Tonelli (a sinistra) è uno dei suoi punti di riferimento, i due vivono in simbiosi da un mese a questa parte
Tonelli (a sinistra) è uno dei suoi punti di riferimento, i due vivono in simbiosi da un mese a questa parte
Il lato negativo del giorno di riposo?

Non sapevo se mi facesse bene o male, non avevo mai fatto questa cosa prima. Ho scoperto che mi fa male, la tappa di Viareggio è stata un calvario. Mi sono staccato sulla prima salita dopo il via, eravamo Vlasov, Benedetti ed io. Il primo ha abbandonato la gara, noi due invece siamo rientrati. Fatto sta che mi sono fatto 80 chilometri da solo ad inseguire il gruppo. 

L’incentivo a finire il Giro però c’è, si arriva nella tua Roma. 

Sì! Non vedo l’ora, un sacco di gente mi ha scritto che verrà a salutarmi, non ho idea di quello che potrà succedere. Come si dice dalle mie parti, mi aspetto una bella caciara (dice sorridendo, ndr) una grande festa dopo la tappa. Però prima bisogna arrivare alla fine.

Marcellusi, valigia pronta, il sogno rosa può iniziare

03.05.2023
8 min
Salva

CORCOLLE – Martin Marcellusi ci apre le porte di casa. Siamo nella periferia Est di Roma. Da una parte la città, dall’altra i primi Appennini, nel mezzo colline dolci e verdeggianti puntinate di paesini più o meno moderni. Dietro il portone c’è uno dei tanti trofei conquistati da Martin. E’ la coppa della Firenze-Empoli, quella a cui forse tiene di più.

«E’ stata la mia prima vittoria da under 23, anzi la mia prima corsa da under 23. Io non amo tenere troppi cimeli, maglie o ricordi. Alla fine i ricordi quelli veri restano. Le Coppe invecchiano, vanno spolverate».

Dopo essere stati a casa di Luca Covili, eccoci a bussare dal laziale. Il corridore della  Green Project-Bardiani è pronto per affrontare il suo primo Giro d’Italia. Martin è rientrato da poche ore dal Gp Francoforte che lo ha visto protagonista il primo maggio e sta rivedendo la corsa assieme a mamma Nunzia e papà Giulio.

Anche loro sono emozionati per la corsa rosa. «Una bella responsabilità», dice il papà. «Un’emozione grande», aggiunge la mamma.

Martin Marcellusi (classe 2000) ci mostra con orgoglio il trofeo della Firenze-Empoli, uno dei pochi ha tenuto
Martin Marcellusi (classe 2000) ci mostra con orgoglio il trofeo della Firenze-Empoli, uno dei pochi ha tenuto
Martin, partiamo da Francoforte. Una grande prestazione tanto più che scendevi dall’altura…

Eravamo rimasti in venti sulla salita lunga e mancavano ancora 100 chilometri più o meno. Dietro c’erano i velocisti e le loro squadre ci hanno chiuso. Però ci hanno messo parecchio perché noi avevamo un minuto. In quell’istante ho capito che era il momento giusto per fare un’azione. Io però pensavo di portar via un gruppetto di 3-4 corridori.

Invece sei andato via da solo.

A quel punto mi sono detto: «Anticipo lo strappo, perché comunque c’è gente come Hirschi che è difficile da tenere. Ho pensato: «Di schiaffi in faccia ne ho presi tanti, ne prenderò uno anche oggi». Però è andata bene. Quando ho visto che sotto lo strappo avevo 1’20” di vantaggio sapevo che avrei scollinato davanti. Così ho fatto a tutta il tratto più duro e poi ho rallentato un po’. Giusto quel tanto per mantenere un pizzico di gamba per quando fossero arrivati. E infatti mi hanno ripreso giusto dieci metri dopo il Gpm. 

Perfetto!

A quel punto ho detto: «Ora mi metto a ruota e non do più un cambio». Anche se ad un certo punto volevo tirare, però dall’ammiraglia mi hanno detto di restare a ruota e di fare la volata. Ma nel finale ero stanco, stanco.

Martin tra mamma Nunzia e papà Giulio
Martin tra mamma Nunzia e papà Giulio
Ora siamo qui. Tra poche ore partirai per il Giro d’Italia, ma ripercorriamo la tua storia. Come ti sei avvicinato al ciclismo? O meglio, perché il ciclismo e non il calcio, visto che siamo a Roma e regna il “Dio pallone”?

Beh, io dovevo cominciare col calcio in realtà. Ma ero troppo piccolo per fare l’iscrizione nella squadra locale, il Ponte di Nona. Mio fratello Daniel, più grande di me, fece una gara di mtb e portò a casa una coppa. Io ne rimasi affascinato. Ero anche un po’ geloso, se vogliamo. Allora ho detto: «Vabbè dai, corro anch’io». Alla prima gara ho fatto terzo. Ero G1 e da lì in poi non mi sono più fermato.

Ciclismo in tutto e per tutto. Eri di quelli che a scuola scriveva sul diario “Oggi comincia il Giro”?

In realtà no. Io il ciclismo in televisione ho cominciato a seguirlo tardi, da under 23. Prima semmai vedevo gli ultimi chilometri. Adesso invece le seguo tutte!

Cosa hai imparato, secondo te, nelle nelle categorie giovanili?

Una cosa importante: saper andare in bici. E’ da piccolo che impari a stare in gruppo, a stare davvero in sella. Se cominci tardi, ti mancherà sempre un minimo di dimestichezza.

Martin stava vedendo la replica del Gp Francoforte. Da notare la consolle per i videogiochi, sua altra passione
Martin stava vedendo la replica del Gp Francoforte. Da notare la consolle per i videogiochi, sua altra passione
E da quel bambino G1 ne è passata di acqua sotto i ponti. Sei appena rientrato da una gara WorldTour e sei pronto a ripartire…

E’ tanta roba! Un po’ me lo aspettavo e un po’ no. Quest’anno ho avuto un po’ di sfortuna ad inizio stagione (Martin si è rotto la clavicola nelle primissime gare, ndr). Ma ho avuto la fiducia della squadra e anche io non sono andato piano. Vengo da questo decimo posto a Francoforte, e ora vado al Giro… con qualche aspettativa, ma senza pressione da parte della squadra. Anche loro sanno che è difficile.

Cosa metti in questa valigia per il Giro?

L’entusiasmo, l’emozione. Se me l’avessero detto qualche anno fa, non so se ci avrei creduto. Ma finché non sono lì, secondo me non mi renderò conto veramente di quanto grande sia. Un po’ come l’anno scorso ai mondiali. Ma in questa valigia ci metto anche un po’ di preoccupazione perché è vero che è una bella esperienza, però è dura. Saranno 21 giorni e chi ha mai fatto questi sforzi? Mi dicono che alla fine è una gara come le altre. Vedremo…

Insomma ci pensi prima di andare a dormire?

Per adesso no, almeno fino a due giorni prima della gara non ci penso. Ma la notte prima della corsa mi tormento! Non dormo, è impressionante.

Quando quando te l’hanno detto del Giro? E cosa hai provato in quel momento?

Già dallo scorso dicembre mi avevano accennato che facevo parte dei papabili del “gruppo Giro”, mentre la conferma è arrivata poche settimane fa. Mi avevano fatto intendere che se al rientro dall’infortunio avessi fatto qualcosa di buono, mi avrebbero portato.

Al Giro Marcellusi aspetterà le tappe mosse
Al Giro Marcellusi aspetterà le tappe mosse
In una squadra come la vostra c’è una sorta di qualificazione…

Un po’ sì. Magari è brutto dirlo, però c’è una sorta di competizione interna per partecipare al Giro. Non abbiamo i campioni che ha una Jumbo-Visma, per esempio. Da noi chi va più forte in quel momento parte per il Giro. Ma chi resta fuori prende molto serenamente l’esclusione. Per dire, fino a ieri siamo stati con Colnaghi e lui di quella trasferta era l’unico che non faceva il Giro. Ci scherzavamo su e gli dicevamo: «Ohi ci vediamo in Abruzzo. Ah no, tu non ci sei». I classici sfottò.

Da una parte c’è la città, dall’altra le montagne: dove ti alleni? Che salite fai?

Faccio un mix, ma preferisco frequentare zone più trafficate. Sì, sembra strano, ma è così! Anche sul Maniva cercavo sempre di andare nei paesini. Forse è l’abitudine: è da quando sono piccolo che pedalo nel traffico. E infatti quando vado di là (e indica in direzione delle montagne, ndr) un po’ mi annoio. Ci vado quando devo fare salita vera.

E che salite fai?

Nella zona dei Castelli il Tuscolo, Rocca Priora, Rocca di Papa. Se invece vado verso gli Appennini Saracinesco, ma poco perché mi mette sempre in crisi! E lo stesso Monteflavio. Non mi vanno proprio giù! Da qualche anno ho “scoperto” Scalambra che è veramente dura e somiglia parecchio alle salite di un Giro o di un’importante corsa a tappe. Ma se devo fare dei lavori di forza vado a San Polo che è più pedalabile.

Come hai strutturato la preparazione? E’ cambiato qualcosa dopo che hai saputo della convocazione per la corsa rosa?

Ho chiamato Donati, il mio diesse di riferimento, e gli ho detto: «Io non so se mi porterete al Giro, però faccio una preparazione come se dovessi farlo». Anche per questo ho deciso di andare sul Maniva con Tonelli e Magli. Tonelli era sicuro di farlo, Magli invece l’ha saputo poche settimane fa come me.

Giusto ieri Martin aveva ricevuto la sua nuova auto. E ne stava “scoprendo” funzioni e plancia
Giusto ieri Martin aveva ricevuto la sua nuova auto. E ne stava “scoprendo” funzioni e plancia
Quali lavori hai fatto?

In altura ho fatto parecchio fondo. Lavori meno adatti alle mie caratteristiche, ma servivano quelli. Ho fatto salite più lunghe. Mentre prima magari le facevo da 15′, adesso lavoravo sui 24′-25′. Meno esplosività. Ma un po’ ho fatto anche quella perché nel momento in cui vai in fuga e magari c’è una tappa con l’arrivo su uno strappo, te la devi giocare. L’anno prossimo vorrei specializzarmi su questo tipo di terreni.

Parlando di tappe ce n’è qualcuna che pensi possa essere adatta a te? Che ti piace?

Quella di Napoli mi piace. Secondo me lì arriva la fuga e sarebbe bello esserci. Poi però non è facile. Magari quello è il giorno in cui il direttore ti dice: «Tu oggi stai tranquillo, provi domani». Ti ci devi anche un po’ trovare: sperare che il giorno in cui tocca a te, le gambe siano buone e che la tappa sia quella giusta. Lo scorso anno per esempio al Giro under 23 mi sono ritrovato in fuga nella tappa del Fauniera. Sapevo che non era adatta a me, ma a quel punto ci ho provato lo stesso.

Il Giro Under 23 è la corsa a tappe più lunga che hai fatto?

Sì e a fine Giro mi sono sentito bene. Ne parlavo coi compagni proprio in questi giorni e gli dicevo che avevo questa speranza. E cioè che più passavano le tappe e più la condizione migliorava. Speriamo sia così anche coi grandi! Anche perché io non devo far classifica e in qualche occasione potrò fare gruppetto e risparmiare qualche energia.

In Germania il corridore della Green Project ha mostrato grande grinta, senso tattico e una buona gamba
In Germania il corridore della Green Project ha mostrato grande grinta, senso tattico e una buona gamba
Sei un millennial, cosa sai del Giro d’Italia?

Della storia qualcosa so, tipo qualche vincitore. Ma all’interno del gruppo non ho idea proprio. Ricordo che andammo a vedere una tappa a Civitavecchia. Feci la foto con con Bettini, in maglia di campione del mondo, e con Cassani.

Parlando della gara di ieri hai ragionato con lucidità. Tempo fa Roberto Reverberi ci ha detto che Marcellusi è uno sveglio, uno agonisticamente cattivo. E’ così?

Quello della grinta è l’unico pregio che mi sono sempre dato. E’ vero, in gara riesco a capire il momento buono. Lo azzecco. Poi bisogna avere la gamba e quella non c’è sempre… Anche a Francoforte sapevo che avrei rischiato. Sapevo che se il gruppo si fosse messo subito a tirare, sarebbe stata un’azione suicida. A volte serve fortuna, ma bisogna anche rischiare. Però è vero: quel momento l’ho valutato bene prima di scattare. Anche da junior o esordiente facevo così. Magari sbagliavo tattica, ne ero consapevole, ma a me piace attaccare. Nelle categorie giovanili puoi farlo. Non hai degli obblighi nei confronti della squadra.

E tutto questo s’impara da piccoli?

Non proprio, secondo me è qualcosa che hai dentro oppure no.

E riguardo alla grinta invece? C’è una gara, anche da ragazzino, che ti ricordi per la grinta?

La Firenze-Empoli – replica secco Marcellusi – io avevo 19 anni. Sull’ultimo strappo eravamo in quattro: Bagioli, Battistella e Covi. In cima mi staccano e perdo 5”. Al Gpm non mollo mezzo centimetro: metto subito il 53 e continuo a pedalare a tutta. Rientro subito e in volata vinco. Io un mal di gambe così non l’ho più provato. Quella è stata la gara in cui ho avuto più grinta in assoluto.

Green Project: avvicinamento mirato al Giro d’Italia

24.04.2023
4 min
Salva

La Green Project Bardiani CSF Faizanè sarà chiamata ad attaccare al prossimo Giro d’Italia, l’obiettivo è quello di mettersi in mostra. Il ritmo e la competizione si alzano sempre di più e per le formazioni professional diventa più complicato mettersi in mostra.

«L’anno scorso – racconta Roberto Reverberi – lo abbiamo approcciato in un modo e ci sono state rivolte un sacco di critiche, perché non andavamo in fuga nelle tappe di pianura. Ci eravamo ripromessi di non spendere energie per niente nelle tappe pianeggianti, dare tutto nelle frazioni più mosse, dove c’era la possibilità di andare all’arrivo».

Zoccarato è un corridore potente e di fondo. Lo scorso anno al Giro fu sfortunato. E’ chiamato al riscatto
Zoccarato è un corridore potente e di fondo. Lo scorso anno al Giro fu sfortunato. E’ chiamato al riscatto

Le difficoltà del 2022

Nel 2022 i ragazzi di Reverberi si erano ritrovati dimezzati fin dall’inizio, nonostante ciò i risultati non sono mancati. Dobbiamo anche ricordarci che vincere non è così semplice, soprattutto per chi parte con il ruolo di cacciatore di tappe.

«Avevamo perso Zoccarato fin da subito – ricorda il team manager – e lo stesso Fiorelli lo perdemmo presto. Il primo si ritirò alla settima tappa, il secondo, invece addirittura prima, alla quinta. Non è stato facile rimettere le cose a posto. Nonostante ciò siamo riusciti a portare a casa tanti buoni piazzamenti: il secondo posto di Gabburo a Napoli e il quarto a Treviso. Poi Tonelli si è piazzato terzo al Santuario di Castelmonte. Questo per dire che nelle tappe di nostro interesse ci siamo sempre mossi bene.

«Tra l’altro Covili nel finale di Giro è riuscito ad entrare tra i primi 25 nella classifica generale ed a Cogne si è messo in luce con un buon sesto posto».

Luca Covili (classe 1997) proverà a curare la classifica generale al Giro. Una piccola rivoluzione in casa Green Project. e uno stimolo in più
Covili proverà a curare la classifica generale al Giro. Una piccola rivoluzione in casa Green Project. e uno stimolo in più

Più forti nel 2023?

Lo stesso Roberto Reverberi, nel proseguire il suo discorso, ci tiene a dire che, a suo modo di vedere, la squadra è migliorata tanto.

«Quest’anno – continua – abbiamo una squadra più forte rispetto all’anno scorso. Il percorso ci potrebbe anche dare una mano, non ci saranno molti arrivi in volata. Fiorelli, che è il nostro uomo veloce, non è tuttavia un velocista puro. Frazioni più miste e nervose danno una mano a squadre come le nostre. Ormai la tecnologia fornisce dati in tempo reale per tutto e si fa fatica a prendere di sorpresa il gruppo. E’ più semplice mirare a qualche tappa e cercare di massimizzare gli sforzi.

«L’idea è anche quella di provare a fare un po’ di classifica con Covili, cercando di entrare nei quindici, senza troppe pressioni. L’anno scorso in questo periodo non andava così forte, eppure fece un Giro discreto. Ora sta bene, quindi mi aspetto che possa fare qualcosa in più, poi lui è un diesel, migliora chilometro dopo chilometro».

Martin Marcellusi (classe 2000) ha buone opportunità che Reverberi lo porti al Giro. Il laziale è un vero combattente
Martin Marcellusi (classe 2000) ha buone opportunità che Reverberi lo porti al Giro. Il laziale è un vero combattente

Tutti all’attacco

Gli altri corridori in maglia Green Project non dovranno perdere lo spirito battagliero che li ha sempre contraddistinti. E’ vero che bisogna programmare bene gli sforzi, ma allo stesso tempo, quando si decide che bisogna andare in fuga ci devono provare tutti

«I restanti sette – spiega Reverberi – saranno votati all’attacco. Ho guardato in generale le frazioni, ma non sappiamo ancora quali scegliere. Vedremo di volta in volta in base alle caratteristiche dei ragazzi. La cosa certa è che non sarà uno solo a cercare la fuga, ma tre o quattro, è difficile rispondere a dieci, venti attacchi. Nella tappa che ha portato da Diamante a Potenza, ci furono tantissimi tentativi prima di che andasse via la fuga.

«Non dimentichiamoci anche che ci sono i giovani – aggiunge – Magli, che è arrivato sesto al Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria, e Marcellusi. Quest’ultimo potrebbe essere uno dei nomi che vedrete al Giro d’Italia. E’ stato un po’ sfortunato a inizio stagione, perché a Majorca stava bene, ma è caduto e si è rotto la clavicola. Ha ripreso e ha avuto altri problemi, al Giro di Sicilia è andato bene. Marcellusi è uno che combatte bene ed in più è in grado di interpretare la corsa, potrebbe essere molto utile».

Marcellusi è già in fuga verso il 2023

15.12.2022
5 min
Salva

Martin Marcellusi è diventato grande. Il corridore laziale, che vive alle porte di Roma, è passato dal gruppo dei giovani a quello dei grandi. E’ al secondo anno di professionismo, ma per certi aspetti potrebbe essere il primo. E questo è un motivo di carica per lui.

Il suo 2022 è stato costellato da parecchi alti e qualche basso. Ha vinto il Piva, ha sfiorato il Gp Liberazione. E al Giro U23 non è andato lontano dalla vittoria nel giorno in cui Leo Hayter ha preso la maglia rosa e non l’ha più mollata. Ma per vincere quel giorno serviva la squadra e in questo senso la Bardiani non è stata fortunata al Giro U23. Anche verso Pinzolo ha subito delle cadute.

Martin Marcellusi (classe 2000) durante il ritiro al Cicalino, in Toscana
Martin Marcellusi (classe 2000) durante il ritiro al Cicalino, in Toscana
Stagione alle porte, Martin, sei diventato grande! Non sei più under 23… Come arrivi al primo ritiro dopo il primo anno da pro’? 

Sicuramente con qualche conferma in più. Più sicurezza nei miei mezzi. In più dai test che ci fanno, ho capito che un saltino di qualità l’ho fatto. E quindi la mentalità è quella giusta. Ora sono con il gruppo dei grandi e lavoriamo per… essere grandi, in tutti i sensi. 

Se dovessi dire tre cose che ti sono mancate in questa stagione quali sarebbero?

Per prima direi l’esperienza, alcune cose le ho pagate sia in corsa che in allenamento e anche con l’alimentazione. Un altro punto a sfavore: le difese immunitarie basse. Ho avuto molti raffreddori, più volte la febbre e per questo ho anche saltato gli europei con la nazionale e altre gare con la squadra. Un terzo punto – ci pensa un po’ Marcellusi –  forse ho lavorato un po’ poco sulle volate. Ho perso dei watt che magari in alcuni momenti, vedi il Liberazione, potevano tornarmi utili.

E tre punti di forza?

Mi verrebbe da dire la determinazione. Anche quando succedono cose negative poi riesco sempre a ritornare su facilmente. La grinta, ma quella l’ho sempre avuta e spero che continuerò ad averla. E poi il gruppo. Mi sono accorto che anche quello è un fattore importante per un corridore. Riesco a fare gruppo tranquillamente. Sto bene sia con gli under 23, che coi pro’. Con gli scalatori e con i velocisti.

Fai le valigie, vieni qui al Cicalino: che differenza c’è stata rispetto all’anno scorso? Insomma, Il Cicalino un anno dopo….

E’ completamente diverso, sicuramente vengo con la mentalità giusta e con il cervello più rilassato. In questo anno sono stato ben accettato dal gruppo, i direttori hanno fiducia in me. Sono molto più sereno. Sono più preparato in allenamento. Dopo una stagione con 6-7 corse a tappe la gamba è migliore.

Prima hai detto che hai perso qualche watt. Ci stai lavorando?

Sì, quest’anno ho ricominciato a fare più volate. Ho cambiato preparatore, adesso mi segue Daniele Pascucci. E’ un ragazzo di Roma, è giovane. Mi trovo molto bene. Ne ho parlato con lui di questa cosa. Abbiamo visto i dati e mi ha dato ragione. Per questo stiamo lavorando molto in palestra e anche su strada. Abbiamo inserito partenze da fermo e sprint. 

Avete fatto il test e hai detto di aver notato valori migliori. Cosa significa un test che va bene? Immaginiamo più morale, ma anche più responsabilità?

Un test che va bene è tanta roba. Ti liberi da un po’ di pesi, insicurezze, dubbi. Sai che stai lavorando nella direzione giusta. Ho parlato anche con il preparatore supervisore della squadra, Andrea Giorgi. Mi ha confermato che il test è buono. C’è da lavorare un pochino sul peso, ma niente di che.

Martin all’esame impedenzometrico che si faceva al risveglio durante il ritiro
Martin all’esame impedenzometrico che si faceva al risveglio durante il ritiro
Gabburo ha detto a Reverberi che siete contenti. Vi piace questo nuovo metodo di lavoro?

Si percepisce che c’è stato un cambio di mentalità. Si vede anche dai direttori sportivi, come parlano e come si muovono. Il ritiro stesso è gestito in modo differente. Certo, è solo l’inizio, i risultati maggiori si vedranno più là e li dovremmo mostrare durante la stagione. Però per adesso il salto di qualità della squadra c’è stato. E’ palese. Per esempio è la prima volta che uso il Supersapiens. Sono ancora in fase di rodaggio! Ma sarà utile. A fine ritiro i preparatori ci daranno un report, così come un report lo avremmo sul sonno. Siamo controllati veramente 24 ore su 24. E anche i materiali sono buoni. 

Che gare farai più o meno? 

Partirò in Spagna con le corse di Majorca, ma non farò la prima il 22 gennaio. Io dovrei fare alcune delle gare dal 25 al 29. Poi andrò ad Antalya in Turchia e da lì vedremo. 

C’è una corsa che ti piacerebbe moltissimo fare?

Beh sì, mi piacerebbe fare il Giro d’Italia. Anche perché con l’arrivo a Roma è qualcosa che non saprei descrivere. Soprattutto dopo aver visto l’anno scorso cosa è stato per me il Liberazione. Gli amici, i familiari, il tifo… immagino che al Giro d’Italia sia tutto triplicato. 

Urlo, tappa e maglia. Impresa di Leo Hayter a Pinzolo

12.06.2022
5 min
Salva

Come nelle migliori storie del ciclismo: fuga a lunga gittata, attacco nel finale, arrivo in solitaria, tappa e maglia. Pinzolo, incastonato tra l’Adamello da una parte e il Gruppo del Brenta dall’altra, sorride a Leo Hayter.

L’inglese della Hagens Berman Axeon, nonché fratello di Ethan in forza alla Ineos-Grenadiers, è la nuova maglia rosa del Giro d’Italia U23. La sfila ad Alberto Bruttomesso.

Caldo bestiale

La Rossano Veneto-Pinzolo fila via velocissima. Il caldo del mattino è opprimente. In casa Israel Academy, dove è passato Marco Frigo, a dare un saluto ai suoi compagni, si prepara persino il ghiaccio. E molti altri si spalmano di crema protettiva, tanto più con i body ultraleggeri. Che sono areati sì, ma coprono anche ben poco. Ieri più di qualcuno si è cotto le spalle. 

Gianluca Valoti, e in parte anche Andrea Fusaz, si aspettavano delle fughe. Ma più corpose.

E invece in fuga vogliono andarci tutti e, merito anche del vento a favore all’ingresso della Valsugana, la media della prima sfiora i 48 all’ora. Prima del Gpm, finalmente escono in tre: Piotr Kelemen (Tudor) Kyrylo Tsarenko (Gallina Ecotek Lucchini) e appunto Hayter. Prendono un margine subito molto ampio.

Nel finale il gruppo rimonta, ma non basta. I tre sentono il fiato sul collo e iniziano gli scatti. Hanno tenuto parecchio, molto più del previsto. L’ucraino si stacca “subito”, Kelemen sembra avere la meglio, ma Hayter contrattacca di rapportone. Pancia a terra e va via.

Man mano che arrivano, i compagni vanno ad abbracciare Hayter, super commosso
Man mano che arrivano, i compagni vanno ad abbracciare Hayter, super commosso

Urlo e pianto

Quando taglia il traguardo l’urlo di Leo è arrivato fin sulla vetta dell’Adamello, ancora timidamente imbiancata.

Hayter continua a pedalare dribblando i massaggiatori. Mentre gli organizzatori di ExtraGiro gli corrono dietro e lo chiamano per portarlo alle premiazioni.

Lui ad un certo punto si ferma. Monta sul marciapiede, sale tre gradini e si siede sulla soglia di un negozio di abbigliamento per bambini. Lì, mette la testa fra le mani e inizia a singhiozzare…

E’ un pianto di gioia, che solo l’arrivo alla spicciolata dei suoi compagni, che invece se la ridono, riesce ad interrompere.

«Non credevo di vincere – racconta Leo – non era questa la tattica del mattino. Dovevamo stare più “buoni”. Invece nel bailamme degli scatti mi sono trovato davanti. Il gap è stato subito grande. Quindi era un’opportunità e l’ho colta».

«Non conoscevo la tappa. Sì, l’avevo vista su carta come i miei compagni. Poteva essere adatta alle fughe, ma anche ad uno sprint non proprio di gruppo, ma a ranghi ridotti. Non credevamo andasse così insomma».

 

«Nel finale quando sono scattato, sono partito forte, ma all’inizio avevo paura perché sentivo un dolore qui – si tocca il fianco destro – come se mi avesse punto qualcosa. In più l’altro ragazzo (Kelemen, ndr) mi seguiva da vicino, strada saliva e le gambe mi facevano male. Poi è iniziato un tratto di discesa e sono riuscito a spingere forte. Da lì tutto è stato più facile».

«E’ andata così… e il resto è storia!».

Ma prima di salire sul podio, il britannico (classe 2001) ritrova il sorriso
Ma prima di salire sul podio, il britannico (classe 2001) ritrova il sorriso

Tutto da scoprire

Il resto è storia. Leo, come suo fratello Ethan l’hanno appena iniziata la loro storia con il ciclismo. E lo hanno fatto a colpi di pedale vincenti un po’ ovunque. Ethan vince in pista e in salita. Magari non sull’Alpe d’Huez (non ancora almeno), ma ti porta a casa il Giro di Norvegia. Oppure le volate di gruppo. 

Leo all’apparenza sembra più scalatore. Rispetto al fratello è più longilineo: stessa statura (178 centimetri) ma tre chili di differenza (69 Ethan, 66 Leo). Ciò nonostante nel finale, ha dato una “botta” da pistard.

«Non so – dice Hayter – cosa aspettarmi sono tutto da scoprire. Il Mortirolo non lo conosco: lo scoprirò domani. L’ho visto solo in tv. So che è duro e normalmente le salite dure e la salita in generale mi piacciono. Ho l’opportunità di dimostrare che sono bravo anche in salita. Adesso però voglio godermi questo momento… e la maglia rosa».

Marcellusi bravo

La fuga di oggi non è servita solo ad Hayter per conquistare la rosa, ma anche per far scoprire le carte del gruppo. Correre quando si è troppo favoriti implica delle responsabilità indirette e il gruppo di fatto, con Bruttomesso staccato, ha lasciato fare alla Groupama-Fdj. Li hanno fatto correre come se fossero già in maglia.

«Erano solo loro che tiravano – ci ha detto Martin Marcellusi, buon quarto – sono i più forti e nessuno gli ha dato una mano. Neanche i Dsm. Quindi siamo andati forte, ma non fortissimo. Infatti non abbiamo chiuso».

«Loro davanti sono stati bravi. Peccato che io non abbia potuto mettere nessun uomo a darmi una mano. Abbiamo tre ragazzi di primo anno al via ed erano dietro. L’unico che poteva aiutarmi era Nieri, ma è caduto.

«Peccato, perché questa era la tappa migliore per me. Ma non è finita. Domani, faccio gruppetto per risparmiare il più possibile e più in là ci riproveremo».