Questa volta Van Vleuten le ha prese a ceffoni

24.04.2022
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Non è sempre Pasqua, deve aver pensato Elisa Longo Borghini, che nel giorno di Pasqua per giunta aveva vinto la Roubaix, vedendo la Van Vleuten allontanarsi sulla Roche aux Faucons. Più o meno gli stessi pensieri si sono addensati nella mente di Marta Cavalli, che mercoledì ha vinto la Freccia Vallone ed era tra le favorite della Liegi. Quando l’olandese della Movistar ha attaccato nel punto più duro dell’ultima salita, a dire il vero non è parsa irresistibile. Il gap infatti è rimasto a lungo intorno ai 10 secondi, poi le altre dietro sono inspiegabilmente sprofondate nella rassegnazione, raggiungendo il traguardo 43 secondi dopo Annemiek.

Per la Longo Borghini è arrivato il quinto posto. E adesso a casa a ricaricare le batterie
Per la Longo Borghini è arrivato i quinto posto. E adesso a casa a ricaricare le batterie

«Con due ragazze della Sd Worx e due della FDJ – dice Elisa, quinta all’arrivo – pensavo che saremmo riuscite a rientrare, ma evidentemente Annemiek ne aveva di più. E’ stata la più forte, ha preso da subito la corsa fra le mani, aveva il passo migliore di tutte. Io oggi mi sentivo recuperata rispetto alla Roubaix, molto meglio di mercoledì alla Freccia. Però è vero che, tranne alcune che iniziano a scegliere, tendiamo tutte a fare le corse principali. Perciò la Roubaix, spostata perché in Francia c’erano le elezioni, si è un po’ sovrapposta con le Ardenne. Se avessi fatto Amstel e Brabante, io ad esempio l’avrei saltata. E credo che se il calendario sarà ancora questo, si dovranno fare delle scelte».

Cavalli e la Redoute

Il tema, che avevamo già approfondito nelle scorse settimane, torna di attualità anche nelle parole di Marta Cavalli, arrivata sesta. Se Longo Borghini non avrebbe voluto fare la Roubaix e l’ha vinta, la cremonese non avrebbe dovuto fare Freccia e Liegi e ha vinto a sua volta la prima…

A Liegi anche il cittì azzurro Sangalli. Qui parla con Marta Cavalli e domani sarà a Roma al Liberazione
A Liegi anche il cittì azzurro Sangalli. Qui parla con Marta Cavalli e domani sarà a Roma al Liberazione

«Ho fatto la Roubaix – sorride sfinita – perché non avrei dovuto fare Freccia e Liegi. Ancora mercoledì sentivo di non aver ben recuperato il pavé che fisicamente è devastante. Oggi si sapeva che la Roche aux Faucons sarebbe stata il punto decisivo. Già ho sofferto per stare con la Van Vleuten sulla Redoute, credo di aver speso lì tutte le mie energie. Quando ha attaccato, siamo rimaste a 8-10 secondi, poi il gruppetto si è riformato e non c’è stato niente da fare. Ma che lei fosse forte si sapeva. Forse era bloccata un po’ mentalmente per non aver ancora vinto, ma questa volta ha dato tutto».

Il momento migliore

Annemiek è di ottimo umore. Al punto che quando il telefono di un giornalista, messo sul tavolo davanti a lei per registrare, inizia a vibrare, risponde lei alla chiamata. Parla in olandese, dice che si sta svolgendo una conferenza stampa e che gli ha risposto la vincitrice. Poi chiude, anzi no: la chiamata resta aperta ancora un po’.

Già sulla Redoute il suo forcing è stato ferreo. Qui le resiste Reusser
Già sulla Redoute il suo forcing è stato ferreo. Qui le resiste Reusser

«Se guardo i numeri – dice la leader del Movistar Teami miei test, i tempi su Strava, sono nel mio momento migliore. Ma ci sono tante ragazze che stanno crescendo, per cui vincere non è più così facile e quando ci riesco è più bello. Sapevo che non sarei riuscita ad andare via sulla Redoute come nel 2019, perché il livello del gruppo femminile adesso è più alto di qualche anno fa. Sapevo di avere una sola opzione sulla Roche aux Faucons, perciò l’ho iniziata e ho dato tutto. Ho ucciso me stessa, senza pensare se mi seguissero. Non potevo fare altro. Penso sia un complimento il fatto che mi stiano sempre a ruota, ma cerco di concentrarmi ogni volta su quello che posso cambiare e semmai le situazioni che posso girare a mio favore».

Il guanto di sfida

Parla con gusto. Fa battute. Dice che il Giro è una corsa troppo bella per non farla e che andrà a prepararlo a Livigno, il suo «happy place». Però aggiunge che ora tornerà per due settimane a casa, dove festeggerà con gli amici e il 27 aprile celebrerà il King’s Day.

«Vincere non è stato un sollievo – dice Van Vleuten – sarei potuta tornare a casa a mani vuote, ma con la consapevolezza di andare bene. E’ bello riuscire ancora ad avere questo livello, soprattutto dopo l’incidente alla Roubaix del 2021. Ho ancora fame di migliorare e ci sono piccole cose, dalla mia preparazione al lavoro di squadra, in cui posso migliorare. Credo in me stessa, vincere non è facile. Gli unici che aspettavano un passo falso sono certi giornalisti che si divertono a darmi il tormento.

«Credo che questa campagna di primavera abbia ridisegnato gli equilibri del gruppo. Marta Cavalli adesso sa di potermi staccare e proverà a rifarlo al Giro d’Italia e questo renderà il ciclismo più bello da seguire. Sul Muro di Huy mi ha battuto perché è stata più esplosiva di me, la Liegi si è dimostrata ancora una volta la corsa che più mi si addice. Ma non dite che sono stata la più forte, come se avessi passeggiato. Sulla Redoute ho distrutto me stessa. E sulla Roche aux Faucons ho dato tutto, facendomi del male…».

Alle radici di Marta Cavalli, parlando con il padre

24.04.2022
7 min
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Se non fosse stato chiaro dopo l’Amstel, la vittoria di Marta Cavalli alla Freccia Vallone ha acceso un riflettore potentissimo sulla ragazza di Cremona. Se infatti la prima volta ha vinto usando la testa, sul Muro d’Huy ha ragionato e atteso fino all’ultimo, poi ha riversato nei pedali la forza che ha piegato la rocciosa Van Vleuten. Non tante atlete possono dire di esserci riuscite.

In quarta elementare

Da dove viene Marta Cavalli? Sappiamo della trafila completa con la maglia della Valcar, ma cosa c’è prima? Sapevamo che suo padre Alberto per qualche anno avesse oragnizzato delle corse e da lui siamo partiti per andare all’origine della campionessa della FDJ Nouvelle Aquitaine Futuroscope. Appuntamento alle 9 del mattino, prima che il lavoro in azienda lo sommerga.

«D’accordo con Valentino Villa – racconta – avevamo messo insieme la Freccia Rosa, una challenge di tre corse in cui la maglia di classifica aveva i colori della Valcar. Villa ci metteva i premi, davanti al primo sbocciare del ciclismo femminile. Però Marta aveva cominciato prima. In terza, quarta elementare, cominciò a dire di voler correre, anche se io cercavo di scoraggiarla».

Arriva la bici

Alberto ha giocato a calcio, poi si è appassionato alla bici, correndo da amatore. Bici in casa non sono mai mancate, per cui era prevedibile che la figlia si innamorasse dello sport del padre. Che invece faceva di tutto per sconsigliarla.

«Le dicevo – sorride – che le soddisfazioni sono poche, che è più facile perdere che vincere. Ho cercato di indirizzarla altrove. Finché un giorno tornò a casa annunciando che il suo amico Cristian correva in bici e lei avrebbe voluto fare come lui. Faceva ormai la quinta e visto che conoscevo la Gloria Guarnieri di Cremona, la portai a provare. Cominciammo il martedì e giovedì, facendo piccoli passi. Quando un figlio comincia a correre, la famiglia viene tirata dentro, soprattutto nei primi anni. Sentivo direttori sportivi dire che i genitori dovessero starne fuori, ma da quando Marta ha cominciato, io ho smesso di correre e 3-4 volte a settimana mi dedicavo a lei. Avere la famiglia alle spalle è tanta roba. Nei momenti belli non lo capisci, in quelli storti fa la differenza».

Fra i giovanissimi, già ben determinata e vincente
Nei giovanissimi, già ben determinata e vincente

Se Marta pianta il chiodo

Marta è un tondino d’acciaio. La guardi negli occhi e riconosci una determinazione pazzesca. E’ orgogliosa. E la bicicletta non ha fatto altro che amplificarne le doti del carattere.

«Pedalare insieme – prosegue Alberto – non ha aggiunto molto alla mia conoscenza di Marta. La nostra famiglia è molto unita. Siamo insieme a colazione, pranzo e cena. Siamo sempre presenti, può capitare che il lavoro ci costringa a qualche assenza, ma i figli li abbiamo cresciuti noi per il 90 per cento del tempo. Mia moglie lavora part time proprio per questo.

«Uscendo con lei in bici, ho visto lo stesso carattere che ha sempre messo nelle sue passioni. La conosco molto bene. E’ una che, se pianta il chiodo, poi è quello! E’ consapevole di quel che può fare e questi risultati aumenteranno la convinzione. Non è semplice attaccare certe campionesse, ci vuole un bel coraggio…».

FDJ, un progetto di crescita

Da esordiente alla Valcar e con la Valcar è cresciuta. Poi quando è stato il momento ha spiccato il volo. Si può capire che certe partenze, come quella più recente di Elisa Balsamo, siano ferite per la squadra di Villa, ma al contempo se ne può essere fieri. Le parole di Marta su cosa significhi correre in una squadra estera fa riflettere sulla difficoltà di un trasferimento a 22 anni.

«Quando si è fatta avanti la FDJ – riflette papà Cavalli – abbiamo voluto capire se fossero davvero interessati. Bisognava decidere se fare il salto o rimanere. Con la Valcar-Travel&Service c’erano e ci sono ancora ottimi rapporti. Il secondo che mi ha scritto quando Marta ha vinto l’Amstel è stato Valentino Villa. Così prima abbiamo valutato il progetto. Poi abbiamo fatto un consulto di famiglia, dopo esserci sentiti con il suo procuratore (Fabio Perego, ndr). Si è fatto un ragionamento globale nell’ottica di un’evoluzione nella crescita di Marta. Abbiamo messo sul piatto il discorso economico, ma soprattutto il progetto. Non sarebbe partita per fare numero. Abbiamo deciso insieme e alla fine è andata in Francia».

La Coppa Rosa

Lo ha detto chiaro Cassani nei giorni scorsi: per arrivare in cima alla scalinata serve salire un gradino per volta. Perciò se tanti si sono meravigliati dei risultati di Marta, chi l’ha vissuta più da vicino era lì ad aspettarli, certo che sarebbero venuti.

«Ci sono stati passaggi importanti nella sua carriera – ricorda il padre – il primo di tutti la vittoria della Coppa Rosa a Borgo Valsugana. Lì ha capito di poter fare di più. Purtroppo ebbe quell’incidente nel 2016, cadendo a Montichiari. Rimase quasi per un mese in ospedale a Brescia e poi ferma per altri sei, con il rischio che le asportassero un rene. Però ripartì cocciuta come al solito e tornò a Montichiari per vincere il titolo italiano dell’inseguimento. Ve l’ho detto, aveva piantato il chiodo. E anche l’anno dopo, passando fra le elite e correndo contro i mostri, riuscì a centrare due vittorie. E nel 2018, con il campionato italiano, capì che era la sua strada. Adesso a certi passaggi non ci si pensa più, si guarda solo in avanti».

Dopo le vittorie di Amstel e Freccia e nel giorno in cui si corre la Liegi, andiamo alle origini di Marta Cavalli, parlando con suo padre Alberto
Eccola nel 2013 con Marianne Vos, iridata e all’apice della sua fama
Nel 2013 con Marianne Vos, iridata e all’apice della sua fama

In ginocchio sul pavimento

Il giorno in cui Marta ha vinto l’Amstel, in casa Cavalli c’erano solo tre persone. Alberto, sua moglie Romina e Irene la figlia più piccola.

«Non siamo gente da bar – sorride – anche perché durante le corse a volte do in escandescenze ed è meglio che rimanga tutto tra le mura di casa. Quando hanno iniziato il Cauberg, mi sono messo in ginocchio sul pavimento. Ero consapevole che avesse quella forza, tutto stava arrivare a quel punto per dare la stoccata. Appena ho visto che aveva preso 30-40 metri, ho detto: “Ci siamo!”. Ha vinto da finisseur, sapevo che avrebbe tenuto. La volata non sarebbe stata così sicura, anche se è cresciuta con il mito di Cavendish. Non perché fosse o volesse diventare una velocista, ma perché Cavendish era il fuoco sotto la paglia. Vedendo quelle volate, si esaltava. Quando faceva il quartetto era più veloce, aveva più massa e abitudine. Poi si è specializzata su strada. E adesso quando usciamo in bicicletta insieme, in pianura se lo scorda di staccarmi. Ma appena inizia la salita, le dico: “Figlia mia, aspettami in cima oppure tornami incontro”. E lei fa così. Arriva su e poi gira e la finiamo insieme…».

Vent’anni dopo, il Muro torna nostro con una grande Cavalli

20.04.2022
5 min
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«La sensazione più bella? Essere sul Muro d’Huy – sorride Marta Cavalli – e rendermi conto di avere ancora gambe per accelerare. Qualcosa che ha dato un senso a tanto lavorare. La convinzione che mi sono data in questi ultimi tempi è che quando io faccio fatica, la fanno anche le altre. Ho visto Vollering che si staccava e io non ero ancora al limite. E questo mi ha dato il coraggio per attaccare Annemiek (Van Vleuten, ndr). Era un rischio. Poteva accelerare a sua volta. Invece non ce l’ha fatta».

L’ha piegata. Dovendo descrivere quel che Marta Cavalli ha appena combinato alla rocciosa Van Vleuten, piegare è davvero il verbo giusto. E l’ha fatto con una freddezza da campionessa navigata. La stessa che ti viene giocandoti medaglie in pista, probabilmente.

Quando Cavalli ha accelerato, Van Vleuten si è piegata: strada libera!
Quando Cavalli ha accelerato, Van Vleuten si è piegata: strada libera!

A vent’anni dalla Lupa

E così dopo vent’anni esatti, ci siamo ripresi la Freccia Vallone. Ci ha pensato l’atleta della FDJ Nouvelle Aquitaine Futuroscope, già vincitrice dell’Amstel con cui nei giorni scorsi avevamo parlato dell’opportunità di correre la Roubaix prima di queste Ardenne.

Era dalla vittoria 2002 di Fabiana Luperini, quella per lei del tris, che il Muro ci respingeva. Al tempo, Marta aveva da poco compiuto 4 anni. E così la bella coincidenza ha voluto che a consegnarle il trofeo sia stata proprio la toscana di Buti (foto di apertura), invitata per la ricorrenza dai francesi di ASO, che quanto a simili attenzioni non perdono un colpo.

«Salire sul palco con Fabiana a 20 anni dalla sua vittoria – ha detto Marta – è stato come sentire accanto la mia grande famiglia italiana. Quando corri in una squadra straniera ti senti un po’ sempre fuori casa. Con le francesi mi trovo bene, abbiamo tanto in comune, ma manca sempre qualcosa. Per sfortuna non sono ancora riuscita a correre con Vittoria Guazzini. E’ stato bello sentire parole italiane sul podio…».

Ti aspettavi di vincere?

Neanche un po’. All’Amstel ho giocato sul fattore sorpresa, mentre qui è stata una prova di forza. La squadra ha lavorato tutto il giorno per me, ma non ero affatto sicura che sul Muro sarei riuscita a ripagarle del lavoro. Ho cercato di stare calma. So che in cima un po’ spiana e bisogna tenere energie per quel momento. Così sono stata a ruota. Ho aspettato e aspettato e sono uscita solo alla fine. Ieri abbiamo visto parecchi video di questa corsa e abbiamo visto che tutti quelli che hanno anticipato, in cima l’hanno pagata cara.

Avevi paura che Van Vleuten potesse staccarti?

Per mia fortuna, non è molto esplosiva. Lei fa il suo passo regolare e potente con cui ti stronca, ma queste sono le mie stesse caratteristiche.

Due italiane nella fuga del mattino: Anastasia Carbonari e Katia Ragusa. Con loro Waterreus
Due italiane nella fuga del mattino: Anastasia Carbonari e Katia Ragusa. Con loro Waterreus
Sempre convinta che correre la Roubaix sia stata la miglior preparazione per la Freccia?

Neanche un po’ (ride, ndr)! Fino a ieri e anche oggi ho avuto dolori in tutto il corpo. La schiena urla, stessa cosa per le caviglie. Non è facile recuperare la Roubaix.

Due giorni fa nella ricognizione del finale avresti mai immaginato una conclusione così?

Ho cercato di capire rapporti e ruote, ma non immaginavo che finisse così. Abbiamo corso bene e siamo arrivate fresche al finale, per come si può essere freschi dopo tre ore e mezza di corsa.

All’arrivo dimostrazione di forza a dieci giorni dalla vittoria “tattica” dell’Amstel
All’arrivo dimostrazione di forza a dieci giorni dalla vittoria “tattica” dell’Amstel
La Freccia aggiunge un’altra abilità al tuo curriculum…

Sono un’atleta all-ground, buona per tutti i terreni. Il punto debole è lo sprint perché mi manca la potenza, ma per il resto mi piace andare bene in tutti i tipi di corsa. Mi piacciono le classiche, ma penso di potermi difendere anche in un grande Giro sulle montagne.

E adesso arriva la Liegi.

Non ho aspettative, come non le avevo qui. Aspetterò senza pressione le ultime salite. La corsa è adatta a me, ma spesso si arriva in volata, per cui spero si selezioni un gruppo ristretto.

Quella sensazione di forza sul Muro?

Sono cresciuta molto l’anno scorso, trovando assieme al mio preparatore il giusto modo di lavorare. Ora possiamo concentrarci sulle mie abilità, cercando di crescere ancora per step. Quanto a queste corse, il segreto è farle e rifarle.

Balsamo a Cittiglio e alla Gand, la tua accoppiata Amstel-Freccia, Longo Borghini alla Roubaix…

Fra noi italiane c’è una sana rivalità che ci porta a crescere e spinge a migliorarci. C’è sicuramente una generazione di alto livello. Ho sempre corso con loro, mi sembra normale. Ma certo questi risultati sono proprio belli…

Domani riposo. Venerdì ricognizione sul percorso della Liegi. E domenica si corre ancora. Quando finalmente riguadagna la via per l’ammiraglia, Marta ha ancora in faccia lo stesso sorriso. Se c’è voluta una settimana per assorbire la vittoria dell’Amstel, ora ha appena tre giorni per digerire la Freccia e pensare alla prossima sfida.

Bronzini avverte: «Le ragazze non sono numeri»

20.04.2022
3 min
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Le ragazze più forti fanno tutte le grandi corse. Il tema lanciato da Villa, raccolto da Sangalli e poi in qualche modo confermato da Marta Cavalli, approda alla LIV Racing Xstra di Giorgia Bronzini, squadra fortemente penalizzata da vari problemi di salute (in apertura, Katia Ragusa alla Roubaix). 

«Purtroppo nell’ultimo periodo – aveva già detto Rachele Barbieri – siamo state decimate dal Covid. Ad esempio, dopo la Dwars door Vlaanderen sarei dovuta rientrare a casa ed invece sono rimasta in Belgio a correre il Fiandre che non era nei miei programmi proprio per sostituire una compagna ed avere il numero minimo per partire. L’ho fatto volentieri, anche se sono arrivata penultima».

Sofia Bertizzolo, Giorgia Bronzini
Giorgia Bronzini con Rachele Barbieri ai campionati italiani 2020: le due oggi lavorano insieme
Sofia Bertizzolo, Giorgia Bronzini
Giorgia Bronzini con Rachele Barbieri ai campionati italiani 2020: le due oggi lavorano insieme

Cavalli, no alla Roubaix

Gli organici delle WorldTour femminili sono ridotti rispetto a quelli maschili e basta quindi una congiuntura di influenze o ricadute nel Covid per costringere le squadre a poggiare più del dovuto sulle stesse spalle. A quasi tutte, almeno. Infatti Giorgia Bronzini non è d’accordo con questa lettura. Lei ad esempio, acciacchi o non acciacchi, non avrebbe portato una ragazza leggera come la Cavalli a correre sul pavé.

«Quella è stata una scelta della FDJ – spiega Giorgia – ma io alla Marta non avrei fatto fare la Roubaix. Anche perché il mercoledì c’era la Freccia Vallone e poi c’è la Liegi, quindi avrei puntato a farle fare quelle gare lì. E’ stata una scelta della squadra, io avrei fatto un’altra programmazione. Poi non so se lei, visto che la Roubaix è una corsa icona, voleva provare a farla per averla nel suo palmares».

Alison Jackson ha chiuso la Roubaix al 13° posto, migliore della LIV Racing Xstra
Alison Jackson ha chiuso la Roubaix al 13° posto, migliore della LIV Racing Xstra

Prima la salute

Il dubbio della piacentina è incentrato sulla consuetudine, che non apparterrebbe alla sua squadra, di schierare le ragazze a prescindere dalle loro attitudini e dallo stato di salute.

«Ci sono squadre – dice – che portano tutte in tutte le corse. Noi domenica siamo partite in cinque proprio per non portarne per forza sei. Così non abbiamo dovuto stressare delle ragazze che non erano ancora pronte, perché arrivavano magari da infortuni o da post Covid. Per salvaguardare la loro integrità, non le portiamo a correre. Anche alla Freccia siamo state costrette a partire in cinque. Purtroppo ci sono capitati questi intoppi, speriamo da metà stagione in poi di avere tutto il roster a disposizione. Per noi le ragazze non sono dei numeri e solo delle atlete, ma persone umane, che hanno bisogno di rispetto e di comprensione. Soprattutto se necessitano un po’ di riposo e di tornare al loro stato di salute».

Sul pavé con 54 chili, Cavalli dice la sua

18.04.2022
3 min
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Quinta all’arrivo, nel gruppetto a 23 secondi da Elisa Longo Borghini, Marta Cavalli tira le somme sulla sua partecipazione alla Roubaix, una settimana dopo la vittoria dell’Amstel e tre giorni prima della Freccia Vallone. Lo spunto già approfondito ieri con Paolo Sangalli trova un’altra voce: quella della diretta interessata, che con i suoi 54 chili si è ritrovata a danzare sui sassi e l’ha fatto molto bene. Aveva ragione il tecnico azzurro sulle sue abilità di passista, ma il tema merita altro spazio.

«Noi ragazze – dice – facciamo tutto, ne parlavamo a cena giusto la sera prima della Roubaix. Nel ciclismo femminile basta essere forti per riuscire a mettersi in mostra più o meno su tutti i terreni. Okay, il mio peso non sarà proprio adatto a una Roubaix, però abbiamo visto che non mi esclude dai giochi. Bisogna essere fortunati, fare i conti con tanti imprevisti. Alla fine ci arriva chi riesce a scamparne il più possibile. Se non ti arrendi mai, hai sempre la possibilità di rientrare. Ho sofferto tanto, ho fatto veramente tanta fatica, però entrare in quel velodromo è qualcosa di speciale. L’anno scorso ho messo piede a terra sei volte prima di arrivare a Roubaix, col bagnato. Con asciutto il pavé ha tenuto di più, però c’erano tanta sabbia e tanta sporcizia soprattutto in curva».

I settori di pavé sull’attacco manubrio: la Roubaix può iniziare…
I settori di pavé sull’attacco manubrio: la Roubaix può iniziare…

Caduta e imprevisto

Gli imprevisti non sono mancati neppure quest’anno, con il miracolo compiuto da un meccanico capace di prendere la bici danneggiata da una caduta, sostituire la leva del cambio e poi ridargliela.

«Sono caduta nel tratto in asfalto – ammette – e ho battuto le costole. Ho avuto un po’ male tutta la corsa. Devo ringraziare il mio meccanico che durante la corsa, non una corsa qualsiasi ma la Roubaix, ha cambiato la leva destra che avevo praticamente falciato. Veramente un grande grazie a tutto lo staff della squadra perché ci mettono in bici e ci danno dei materiali che ci permettono di esprimerci al meglio. Quindi credo che la performance non dipenda solo dalla mia condizione che è buona, ma da un’attenta scelta dei materiali».

Prima del via della Roubaix, un saluto a “Capo” Arzeni. Anche Marta Cavalli è una figlia della Valcar
Prima del via della Roubaix, un saluto a “Capo” Arzeni. Anche Marta Cavalli è una figlia della Valcar

Ardenne in extremis

E qui scatta la perplessità, perché con una condizione così buona, già palesata con la vittoria dell’Amstel, rischiare sul pavé avrebbe potuto compromettere la sua rincorsa alle classiche delle Ardenne. Ma qui arriva l’imprevisto.

«L’anno scorso – racconta – ci eravamo preparati per la Roubaix e non ci ho messo tanto per recuperare. Il classico riposo l’indomani, una sgambata il secondo giorno e dopo ero quasi pronta per ricominciare. E quest’anno il terzo giorno ci sarà la Freccia Vallone, che all’inizio non era nei programmi, come pure la Liegi. Avevamo deciso di chiudere il primo blocco della stagione dopo la Roubaix, ma dopo l’infortunio in Spagna abbiamo perso un paio di settimane e così abbiamo deciso di inserire le prossime due corse. Se le avessimo incluse subito, non avrei fatto la Roubaix. Ma ci piace anche testare come reagisce il corpo (sorride, ndr) e fare le cose un po’ diverse dagli altri. L’Amstel e ora la Roubaix mi hanno dato tanta fiducia. Ne avevo bisogno dopo un po’ di sfortuna. I programmi fra Giro e Tour non cambiano. Arriverò al Giro per fare classifica e al Tour di supporto e per andare in caccia di tappe. Meglio arrivarci con questo morale».

Cavalli chirurgica sul Cauberg. L’Amstel Gold Race è sua

10.04.2022
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Splendida, immensa, bravissima… aggiungete pure tutti gli aggettivi che volete. Marta Cavalli ha vinto l’Amstel Gold Race femminile con un’azione magistrale. Perfetta nei tempi e nella forza delle gambe.

Il volto della portacolori della Fdj – Nouvelle Aquitaine Futuroscope stamattina era il ritratto della serenità. Non che Marta non lo sia, ma conoscendola, a volte è più tesa. O quantomeno concentrata. Invece chi le era vicino ha esaltato questa sua serenità. Tranquilla e sorridente, si preparava al via.

Quei gambali…

Anche se stavolta siamo in Olanda, lassù il clima non è ancora primaverile. Non è freddo come al Fiandre di domenica scorsa, ma neanche fa caldo. E per questo Marta, quasi unica in gruppo, decide di correre con i gambali. Scelta che forse alla fine paga.

Forse, perché come diciamo sempre oggi spesso sono i dettagli a fare la differenza e per chi è super magra come lei il freddo si sente di più. E fa consumare di più. Magari anche per questo nel finale aveva un briciolo di energia in più.

Ma torniamo in corsa. L’Amstel è un budello: un saliscendi, un destra-sinistra continuo. Per assurdo è quasi peggio della Ronde. Bisogna stare davanti e la Cavalli con le sue compagne è sempre guardinga in testa al gruppo.

Si fa selezione, ma alla fine è il Cauberg il giudice supremo. Restano sempre in meno. Scappa una decina di atlete, forse anche meno. Proprio allo scollinamento il drappello rallenta e come una freccia esce Marta Cavalli. Un chilometro e mezzo da fare a tutta. Pancia e sguardo a terra. Non si vede il suo volto ma solo il suo casco. Spinge, vola. Guadagna un decina di secondi che in quel frangente sono oro.

Mani sul casco per la cremonese. A Valkenburg precede Vollering e Lippert
Mani sul casco per la cremonese. A Valkenburg precede Vollering e Lippert

Finale chirurgico

Solo ai 900 metri si volta e capisce che davvero può farcela. E ce la fa. Ha persino il tempo di godersi il finale e di capire che ha vinto l’Amstel.

«In settimana – ha spiegato dopo l’arrivo – avevamo provato il percorso e due cose erano importanti. Pendere bene la curva a sinistra che immetteva sul Cauberg e la possibilità di un rallentamento in cima. E così è stato. A quel punto, ho messo in pratica il nostro motto: o tutto o niente. E sono andata.

«Col nostro diesse ne avevamo parlato. Sapevamo che si sarebbero potute controllare e partire con velocità da dietro significava sprecare energie per inseguire e non per fare la volata».

Dalla radio il suo diesse Nicolas Maire, la incita e per quel che è possibile le dà i distacchi. Questo fa sì che Marta non si volti mai. Può pensare solo a spingere.

«E’ sicuramente il successo più importante della mia carriera. Devo ringraziare tutto lo staff. E’ un sogno. Da parte mia ho spinto fino alla fine. Fino agli ultimi 20 metri, mai mi sarei perdonata di perdere perché non avevo dato tutto.

«Quando mi sono voltata -spiega con passione la Cavalli – ho visto che avevo margine. In quel momento ho capito che il più era fatto, ma che anche bisognava spingere. La cosa bella è che di solito queste immagini le vedevo in Tv con altre protagoniste. Stavolta invece ero io, in prima persona. E’ stata una vera emozione. Le energie si sono moltiplicate».

Dopo l’arrivo scoppia la gioia. La FDJ – Nouvelle Aquitaine ha lavorato benissimo, soprattutto con la Borgli (qui l’abbraccio con Le Net)
Dopo l’arrivo scoppia la gioia. La FDJ – Nouvelle Aquitaine ha lavorato benissimo, soprattutto con la Borgli (qui l’abbraccio con Le Net)

Vittoria nata al Fiandre

Sul podio Marta dà un sorso al mega boccale di birra. Si gode il momento. Ha scritto una pagina di storia. E’ la prima italiana che vince questa classica. Tra l’altro infilando una delle favorite di casa, Demi Vollering.

E dire che le cose non si erano messe bene per lei, dopo le prime gare. Il problema con il lattosio l’aveva costretta allo stop. Tanto che al via della Strade Bianche la incontrammo, stupiti, in borghese.

Il suo successo, se vogliamo, è iniziato il giorno dopo il Fiandre. Era tornata in Italia visto che era al Nord già da un bel po’ e che poi sarebbe dovuta tornare per le Ardenne. E archiviata una Ronde nella quale sarebbe voluta andare meglio ad un certo punto aveva voltato pagina. Su Instagram aveva scritto: «Ronde alla spalle, tempo di guardare avanti, all’Amstel Gold Race». Oggi era la capitana.

La prova del percorso, la voglia di arrivare, il fatto che dai tempi della Valcar – Travel & Service abbia modificato il suo fisico e da velocista si sia trasformata quasi in una scalatrice: c’erano tutti gli ingredienti per fare bene. Alla fine è perfetta per corse così. 

La ricognizione è stata vitale. Marta sa osservare ed ascoltare come poche. Già lo scorso anno la osservammo da vicino durante quella della Liegi, che per un problema al ginocchio, fece in auto. Studiò ogni millimetro del tracciato con la massima attenzione. E con la squadra hanno messo in pratica tutto alla perfezione. Anche gli applausi, unite sotto al podio.

«Sono tornata su, in Olanda, venerdì – conclude la Cavalli diretta in aeroporto – all’ultimo ho deciso di fare qualche giorno a casa e adesso sto già ritornando. Dicevo: sono arrivata venerdì. Sabato ho fatto questa accurata sgambata con la squadra. Il colloquio con il diesse e oggi la corsa. Se me la sentivo? A dire il vero no. Non stavo male, ma neanche benissimo nel finale. E come spesso succede le corse si vincono anche così, con sensazioni non super, proprio perché essendo meno spavalda sprechi meno energie».

Intolleranza al lattosio: cos’è e perché è così diffusa?

07.04.2022
5 min
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Dopo le parole di Marta Cavalli a Rossella Ratto sulle ragioni del suo rapido perdere peso di fine 2019 e la soluzione rintracciata con il dottor Guardascione nell’intolleranza al lattosio, abbiamo interpellato il medico del Team Bike Exchange-Jayco per saperne di più. Di intolleranze alimentari si sente parlare ormai in modo massiccio. Alzi la mano chi non conosce qualcuno che ne sia interessato. E’ tuttavia curioso capire in che modo ciò colpisca un’atleta di vertice, in che modo abbia penalizzato le sue prestazioni e come ne sia uscita. Diciamo che il discorso riguarda Marta, ma potrebbe toccare ciascuno di noi.

«L’intolleranza al lattosio non è un’allergia – spiega Guardascione, varesino e Responsabile Medico del team australiano – sono due cose diverse. L’allergia al lattosio ce l’ha praticamente l’uno per cento della popolazione in età adulta, è una cosa seria ed è dovuta alla carenza di un enzima che degrada al lattosio e si chiama lattasi. L’intolleranza al lattosio è qualcosa cui arrivi per gradi e la individui facendo dei test in cui dosi la capacità dell’organismo di degradare il lattosio. Si fa con un test del respiro, si chiama breath test proprio per il lattosio. Non è invasivo e consiste nell’analisi dell’aria espirata del soggetto prima e dopo l’assunzione di lattosio (in apertura, foto My Personal Trainer, ndr). Il test va a misurare le quantità di idrogeno e metano presenti nell’espirato».

Marta Cavalli ha eliminato gli alimenti a base di lattosio, avendo subito grandi benefici
Marta Cavalli ha eliminato gli alimenti a base di lattosio, avendo subito grandi benefici
Ci saranno dei sintomi, giusto? Che cosa succedeva a Marta?

Succedeva che mangiava e andava in bagno. Aveva una forma di malassorbimento che, associata alla dieta che faceva per aiutarsi dal punto di vista organico generale, l’ha portata a un discreto dimagramento. Marta l’avevo in squadra quando era alla Valcar e ha perso 4-5 chili in qualche mese. Quando però abbiamo capito che qualcosa non quadrava, facendo dei test specifici per il lattosio, abbiamo scoperto che c’era alla base un’intolleranza abbastanza importante a questo alimento.

Si è risolta facilmente?

E’ stato sufficiente fare una dieta di eliminazione di tutti gli alimenti contenenti lattosio e i suoi derivati. Quindi latticini in primis e via dicendo, finché il problema si è magicamente risolto, tra virgolette ovviamente. Non ha più avuto quegli episodi, il fatto di mangiare e dopo mezz’ora dover andare in bagno, magari con scariche che le impedivano di assorbire anche tutto il resto.

Ha dovuto cambiare radicalmente alimentazione?

Nella sua dieta standard c’erano sempre comunque il latte alla mattina, anche se era un latte scremato, gli yogurt e qualche formaggio. Questo le aveva creato un’irritabilità all’intestino, per cui non aveva un assorbimento corretto neppure degli altri nutrienti. E’ stata sufficiente qualche settimana di training graduale, eliminando totalmente gli alimenti contenenti lattosio e piano piano si è arrivati all’equilibrio. Il lattosio è ovunque, anche nei banali integratori o negli aminoacidi ramificati che vengono confezionati in compresse che hanno dentro il lattosio, usato per compattare la compressa. Insomma, facendo le necessarie analisi, siamo arrivati alla soluzione. Nessuna magia…

Il lattosio è ovviamente negli alimenti a base di latte, ma si nasconde anche altrove
Il lattosio è ovviamente negli alimenti a base di latte, ma si nasconde anche altrove
Diceva che si tratta di un problema molto diffuso…

Faccio una premessa. Negli ultimi anni si è avuto un aumento enorme di questi problemi negli atleti, ma anche nelle persone normali. Avendo la fortuna di fare il medico di famiglia, ho l’occhio aperto anche sulla popolazione generale e ho tantissime persone intolleranti al lattosio, anche se non sono atleti. Il latte di adesso non è certo il latte di 20 o 30 anni fa, questo è scontato. Vuoi perché le mucche vengono allevate in un certo modo e vuoi perché vengono additivate come prima non si faceva. Questo latte in alcune persone può provocare disfunzioni di origine gastrointestinale. Si tratta sostanzialmente di problematiche di questo tipo. Solo alcuni hanno eruzioni cutanei, una piccola parte. Comunque negli atleti si verificano più casi, perché sono sottoposti a degli stress organici molto importanti.

Quando Marta Cavalli era alla Valcar non aveva sintomi del problema?

Diciamo che certe manifestazioni in quegli anni erano borderline. Marta era ed è ancora una ragazza molto sensibile, per cui ogni tanto aveva quegli episodi tipici che noi medici chiamiamo di colite o di colon irritabile. Però poi, scavando un po’, si è arrivati a scoprire tutto questo. Lei è comunque di costituzione magra e quei 4-5 chili che ha perso non li ha più ripresi.

Gli ordini di arrivo non hanno evidenziato un grosso calo di rendimento.

Nel 2019 infatti ha vinto la maglia tricolore ed era una delle italiane più forti. Poi è passata alla FDJ Nouvelle Aquitaine, una delle WorldTour più importanti e in mezzo a tante campionesse non sta certo sfigurando, anzi. Ora sta bene, il suo livello anche come atleta si è elevato rispetto agli anni della Valcar. Adesso è ancora una delle migliori atlete italiane anche nelle corse dure e quelle a tappe. Grazie anche a chi la segue dal punto di vista dell’allenamento e chi per la nutrizione, ha trovato il suo equilibrio.

Il dottor Carlo Guardascione è il Responsabile Medico del Team Bike Exchange-Jayco
Il dottor Carlo Guardascione è il Responsabile Medico del Team Bike Exchange-Jayco
Come si rintracciano (e si evitano) i cibi contenenti lattosio?

Ormai sugli alimenti, oltre a gluten free c’è scritto anche lactose free. E’ davvero ovunque, non certo nella bistecca e nel pollo, ma ad esempio c’è in alcune marche di prosciutto cotto. In base al cibo, ci sono vari gradi di concentrazione. Il consumo di latte incide di più di una barretta che contiene qualche traccia di lattosio. Ed è chiaro che un formaggio bianco disturbi più delle compresse di aminoacidi che ne sono rivestite. Una volta che abbiamo appurato che la causa fosse quella, Marta ha risolto gran parte dei suoi problemi. Ripeto, niente di troppo insolito. Il giusto percorso da fare per chiunque.

Troppo magra, ma non per scelta. Marta Cavalli si racconta

03.04.2022
5 min
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Siamo ormai abituati a vedere ciclisti sempre più magri, specialmente se scalatori. Tra le punte del ciclismo femminile italiano più longilinee c’è proprio Marta Cavalli che, nonostante la giovane età, ci ha raccontato di aver già avuto un’esperienza particolare con l’alimentazione (la foto @fdj in apertura la ritrae alla presentazione del team)..

Classe 1998, già campionessa italiana nella categoria donne elite nel 2018 e rappresentante del G.S. Fiamme Oro, negli ultimi due anni si è distinta più volte come scalatrice nelle gare internazionali vestendo i colori del team francese FDJ Nouvelle-Aquitaine Futuroscope.

Con il passaggio in Francia, Marta Cavalli ha cambiato caratteristiche tecniche. E’ alta 1,67 e pesa 53 chili
Con il passaggio in Francia, Marta Cavalli ha cambiato caratteristiche tecniche. E’ alta 1,67 e pesa 53 chili

Le prime tappe

«Ho sempre nutrito particolare interesse per l’alimentazione – racconta Marta – e mi piace anche mettere le mani in pasta. Sono cresciuta senza troppe pressioni fino da allieva, poi studiando da sola le linee guida della sana alimentazione, ho migliorato la mia dieta».

Marta, come la maggior parte dei ciclisti, purtroppo non ha mai avuto nessuna lezione di educazione alimentare, ma grazie agli approfondimenti fatti in materia, ha sviluppato uno spirito critico verso i falsi miti sul peso e la dieta, che ancora si raccontano nel ciclismo, specialmente quello italiano, e negli ultimi tre anni si è affidata a dei professionisti della nutrizione per migliorare ulteriormente la sua performance.

«In questi anni di ciclismo – conferma – ho imparato che è sempre importante avere una scorta di cibo in valigia, anche per le trasferte all’estero, quando fatichi a trovare gli alimenti che vuoi. Ed ho capito l’importanza di alimentarsi durante gli allenamenti così come si fa in gara, a differenza di quanto si tende a credere in Italia.»

Vittoriosa nel Team Relay agli europei di Trento, con Longo Borghini e Cecchini
Vittoriosa nel Team Relay agli europei di Trento, con Longo Borghini e Cecchini

L’estrema magrezza

«La prima dieta che ho ricevuto era fin troppo restrittiva per me – dice – non sopportavo l’idea di essere così limitata nella scelta degli alimenti e nelle porzioni. Così dopo qualche mese ne ho preferito una più flessibile ed ora, grazie al lavoro col nutrizionista, sto riacquisendo il benessere». 

Pochi forse sanno che Marta, proprio poco prima dell’inizio della pandemia ha sofferto di problemi intestinali che le impedivano di assorbire il cibo normalmente. Da lì un’estrema magrezza e lo sconforto psicologico nel vedere vanificare tutti gli sforzi e i sacrifici fatti in allenamento senza una ragione valida. 

«Avevo perso diversi chili – ammette – perché nonostante i problemi continuavo a gareggiare, ma non ero mai al 100%. Non capivo cosa causasse i miei disturbi intestinali e mi sentivo sempre vuota, debole e stanca. Ad inizio pandemia con l’aiuto del dottor Guardascione per esclusione, dato che non si potevano fare visite ed esami in ospedale, sono riuscita finalmente a capire che tutta la sofferenza era dovuta all’intolleranza al lattosio».

Dal 2017 al 2020, Cavalli ha corso alla Valcar, di cui è stata a lungo bandiera
Dal 2017 al 2020, Cavalli ha corso alla Valcar, di cui è stata a lungo bandiera

Riprendere peso

Marta ha iniziato così il percorso per recuperare il benessere intestinale e, cosa ancor più inusuale per un ciclista, per prendere peso.

«Inizialmente è stato difficile – riconosce – ho scoperto che il lattosio è praticamente ovunque, anche nel prosciutto per esempio. Ho dovuto sacrificare anche il mio sgarro preferito, il gelato, ma l’assenza dei sintomi, insieme alle sensazioni di nuovo positive mi hanno dato la forza per andare avanti».

Seguita da due professioniste della nutrizione, una personale e l’altra del team FDJ, Marta sta lavorando a tutt’oggi con impegno senza tralasciare il ben che minimo dettaglio per incrementare il suo peso e poter così raggiungere quello di forma, conforme alla sua struttura fisica e ideale per la performance. 

Ha chiuso la Gand-Wevelgem in 41ª posizione, subito a ridosso del primo gruppo
Ha chiuso la Gand-Wevelgem in 41ª posizione, subito a ridosso del primo gruppo

Un Fiandre così freddo

Alle 13,25 Marta prenderà il via al Giro delle Fiandre, con un clima freddo e invernale dal quale servirebbe un po’ di grasso per difendersi, così le abbiamo chiesto come si è preparata alla campagna del Nord.

«Visto il mio recente passato – spiega – non posso fare il classico carico di carboidrati la sera prima della competizione. Devo preservare l’integrità del mio intestino evitando grandi mangiate. Da due settimane ho incrementato la quantità giornaliera di carboidrati, ovviamente a basso indice glicemico, per garantire una buona riserva di glicogeno. A inizio stagione, invece, hanno monitorato i miei livelli di glucosio durante l’allenamento, così da potermi consigliare la giusta quantità di carboidrati all’ora sia per gli allenamenti che per le gare.

«E’ stato difficile adeguarmi a mangiare tanto durante gli allenamenti, ma è il modo migliore per prepararsi alla gara. Domani (oggi, ndr) farò una colazione normale, poi uno snack e in gara delle tartine di riso, preparate dalla nutrizionista del team, con miele, zucchero, cannella e Oreo, che sono senza lattosio».

Ringraziando Marta per aver condiviso la sua esperienza, non ci resta quindi, che seguire la diretta del Fiandre femminile, tifando lei e le altre italiane, che hanno dimostrato di essere in forma splendente.

Con Sangalli sul Giro Donne: sarà l’anno della Longo?

10.03.2022
4 min
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E’ stato presentato oggi, dal suo organizzatore Roberto Ruini, il percorso del Giro d’Italia Donne. Un evento che prenderà il via da Cagliari il 30 di giugno e si concluderà a Padova il 10 luglio. Saranno 5 le regioni toccate dalle atlete: Sardegna, Emilia-Romagna, Lombardia, Trentino Alto-Adige e Veneto. Una presentazione tardiva, considerando che mancano solamente 3 mesi e mezzo al via della corsa. Cosa che non ha certamente facilitato il lavoro delle 24 squadre partecipanti nella programmazione della stagione. 

Dal 30 giugno al 10 luglio si cercherà l’erede della Van der Breggen
Dal 30 giugno al 10 luglio si cercherà l’erede della Van der Breggen

Meno duro? Forse

Dieci tappe: le prime tre in Sardegna con la cronometro inaugurale di 4,7 chilometri che si svolge all’interno del comune di Cagliari. Le altre due tappe in territorio sardo dovrebbero essere facile preda delle velociste. Dopo il giorno di riposo, che sposterà la carovana del Giro sul “continente” (così chiamano i sardi la penisola, ndr), sarà la volta della tappa 4.

Ci saranno ben 3 Gpm, ma la strada smetterà di salire solamente a 8 chilometri dal traguardo, qui chi avrà la gamba giusta potrà tentare un attacco sognando anche di strappare la maglia rosa. La tappa numero cinque sarà ancora questione di muscoli e watt tutti da sprigionare sul traguardo di Reggio Emilia.

Secondo il cittì Sangalli è un percorso adatto alle caratteristiche di Marta Cavalli che si è già messa in mostra alla Comunitat Valenciana Femines
Secondo il cittì Sangalli è un percorso adatto alle caratteristiche di Marta Cavalli

Le montagne

Prima di salire di quota, ed accendere così definitivamente la miccia di questo Giro d’Italia Donne, si passa da Bergamo. Con una tappa che prevede un circuito iniziale da ripetere 5 volte prima di spostarsi verso la città dalle mura veneziane. L’arrivo ricalca in pieno quello del Giro di Lombardia vinto da Pogacar.

Ci si sposta poi in altura, tappa sette ed il primo arrivo in salita: a Passo Maniva, non ci si può più nascondere. Le tappe otto e nove si corrono in Trentino, 5 Gpm totali: due nella prima e tre nella seconda tappa. Nella frazione numero 9 si affronterà anche la cima Coppi di questa edizione: il passo Daone 1291 metri. La tappa finale di Padova sarà un arrivo ancora per velociste che avranno l’onore di chiudere così questo Giro d’Italia Donne 2022.

TAPPAGIORNOPARTENZA-ARRIVOCHILOMETRI
1ª tappa7 marzocronometro individuale: Cagliari-Cagliari4,7
2ª tappa1 luglioVillasimius Tortoli117
3ª tappa2 luglioCala Gonone-Olbia112,7
4ª tappa4 luglioCesena-Cesena120,9
5ª tappa5 luglioCarpi-Reggio Emilia123,4
6ª tappa6 luglioSarnico-Bergamo114,7
7ª tappa7 luglioPrevalle-Passo Maniva113,4
8ª tappa 8 luglio RoveretoAldeno92,2
9ª tappa 9 luglio San Michele all’AdigeSan Lorenzo Dorsino112,8
10ª tappa 10 luglioAbano TermePadova90,8

Parola al cittì

Parliamo con Paolo Sangalli, neo cittì della nazionale femminile, il quale ha contribuito a disegnare il percorso di questo Giro d’Italia Donne 2022. Corsa che da quest’anno farà parte del calendario WorldTour. 

«Secondo il mio punto di vista – ci dice Sangalli – è un Giro equilibrato, disegnato per essere aperto fino all’ultimo metro. Ci sono le tappe dure, come la settima e la nona, che sono aperte a più scenari, su tutte quella di Cesena e Bergamo. Essendo le tappe in Sardegna per ruote veloci le squadre avranno l’interesse nel tenere la corsa aperta in queste due frazioni, chissà che qualcuno non prenda la maglia già qui».

Erica Magnaldi, del UAE Team ADQ, potrà mettersi in mostra nella tappa numero 7, l’unica con arrivo in salita
Erica Magnaldi, del UAE Team ADQ, potrà mettersi in mostra nella tappa numero 7, l’unica con arrivo in salita

Le tappe di Cesena e Bergamo sembrano disegnate per la Longo Borghini, in particolare la seconda. Potrebbe essere lei una dei nomi di spicco per i colori azzurri?

«Sembra proprio disegnata per lei – ridacchia Sangalli – quel muro finale che porta in città alta potrebbe fare qualche vittima. E’ una che parte sempre per vincere e quindi non si sa mai cosa aspettarsi da lei. Ma non focalizziamoci solamente sul suo nome, sono molte le nostre ragazze che possono fare bene. E’ un tipo di percorso che si addice molto anche a Marta Cavalli, per non parlare della tappa con arrivo a Passo Maniva (unico arrivo in salita, ndr) lì una su cui scommettere è la Magnaldi».

«Per concludere – riprende il cittì – penso sia un Giro pensato bene e con un’ottica WorldTour. Se si considera che poi il 24 luglio parte il Tour de Femmes direi che si incastrano molto bene. Qualcuna potrebbe anche azzardarsi nel correrli tutti e due».