Ecco perché Marta tornerà quella del 2019. Parla l’allenatore

08.06.2021
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Il ragionamento di Pino Toni, allenatore di Marta Bastianelli, non fa una grinza. «Nel 2019 – dice – Marta era l’unica che poteva competere e che batteva le olandesi. Ha cominciato con la Vos e poi le ha messe in fila tutte. Se arriva in fondo alle Olimpiadi, per le altre è buio profondo, perché lei pesca energie dove in apparenza non ce ne sono. Ci sono dei motivi se finora non è andata forte come allora e ce ne sono altri per dire che tornerà a quel livello».

Dritto all’osso, senza voler per forza lanciare messaggi. Con chi andare a Tokyo, oltre che con Elisa Longo Borghini? Quale delle nostre ragazze ha già vinto grandi corse? Pino ragiona e anche se la sua è ovviamente una posizione di parte, proviamo a capire se ci siano effettivamente i margini per dire che Bastianelli (in apertura nella foto di Francesco Lasca) tornerà quella del 2019, quando vinse il Giro delle Fiandre.

Nel 2019 vince il Giro delle Fiandre, obiettivo sin da inizio stagione
Nel 2019 vince il Giro delle Fiandre, obiettivo sin da inizio stagione
Perché dopo quella stagione c’è stato il blackout?

Marta ha fatto un grande anno con la Virtu di Bjarne Riis, uno che sa motivarti. Ci ho lavorato per 10 anni, prima come uomo di Srm e poi in squadra. Alla fine di quella stagione, anzi durante, venne però fuori che la squadra si fermava e alla ripartenza con la Alé, è arrivato il lockdown che l’ha costretta a fermarsi. Zoppicava. Non si riusciva a fare due allenamenti di fila fatti bene. E a quel punto è saltato fuori il virus nella maniera più subdola.

Perché subdola?

Perché è difficile accorgersi che qualcosa non va, se l’unica attività puoi farla sui rulli. Si poteva pensare a stanchezza, la scarsa motivazione vista la situazione e il rinvio delle Olimpiadi… di fatto i sintomi non sono stati riconosciuti subito.

Le Olimpiadi sono una grande spinta come dice?

Le ha nella testa. Con il suo palmares, che comprende un mondiale, un europeo e decine di grandi corse, è incredibile che non vi abbia mai partecipato. Inoltre chiunque faccia parte di corpi militari, sa che le Olimpiadi sono il vero motivo di esistenza di quei gruppi sportivi. Te le inculcano. E per il bene ricevuto dalle Fiamme Azzurre e per sdebitarsi con chi l’ha sempre supportata, Marta vede nelle Olimpiadi un passaggio chiave per andare avanti.

Mononucleosi e citomegalovirus insieme sono stati un bel colpo.

A primavera era sotto schiaffo, una concomitanza come quella debilita.

Marta secondo il suo allenatore è fra le poche che può battere le olandesi. Agli europei del 2018, si è lasciata dietro Vos e Brennauer
Agli europei del 2018, Marta si è lasciata dietro Vos e Brennauer
Perché, da allenatore, pensi che possa tornare al livello del 2019?

Perché vedo i suoi numeri e credo che a 33 anni, ne abbia ancora 3 davanti in cui essere a livelli altissimi. Ma dipende da lei e da chi con lei lavora.

Che cosa significa?

Il ciclismo femminile sta andando nella direzione degli uomini. Si corre sempre di più all’estero e si sta tanti giorni via da casa. Per una mamma non è facile, servono motivazioni molto superiori. Non ci sei a un’età in cui tua figlia cresce un po’ ogni giorno. Va bene che hai accanto un marito come Roberto e le rispettive famiglie che ti aiutano, ma tu sei la mamma. E sai che se vuoi rimanere ad alto livello, devi adattarti, perché vanno tutte più forte. Il WorldTour sta cambiando le cose.

E’ così palpabile?

Stanno arrivando i riscontri pubblicitari, ci sono le dirette. Aumenta tutto. E vedrete che i team WorldTour che finora hanno gestito tutto appoggiando le donne allo staff degli uomini, fra poco saranno costretti a diversificare ulteriormente i gruppi, proprio per stare dietro alle ragazze. In questo contesto, Marta è ancora competitiva. Lo deve volere lei, deve essere super convinta che tanti sacrifici portino da qualche parte. Chi è intorno a lei deve darle stimoli alti.

Per chi corre nei corpi militari (da sinistra Paternoster, Cecchini, Frapporti, Bastianelli, Lamon e Guderzo) le Olimpiadi sono il vero focus
Per chi corre nei corpi militari le Olimpiadi sono il vero focus
Lo hai già detto: che cosa significa?

Ricordo che al primo raduno con la Virtu, senza che Bjarne neppure la conoscesse, ci ritrovammo a parlare di programmi. E lui cominciò a dirle che doveva puntare sul Fiandre. Andò avanti a dirglielo finché il Fiandre lo vinse davvero. Nell’Italia ci sono ragazze che possono lottare per un piazzamento e lo hanno dimostrato. Il percorso di Tokyo è meno duro di quello degli uomini, la salita si farà di rapporto. Marta se arriva in fondo lotta per vincere, non mi pare un aspetto trascurabile. Ma deve sentire che le persone che ha attorno credono in lei.

Bastianelli torna a vincere e spiega il blackout di primavera

07.06.2021
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Marta Bastianelli, tornata ieri alla vittoria in Svizzera dopo la Valenciana del 2020, parla di digiuno spezzato. Di un blackout significativo in cui la gente giudicava senza sapere quali fossero i problemi. Di una rinascita nella quale quasi non sperava più. Dell’aver rispolverato la grinta e tirato fuori gli attributi. Ma soprattutto parla del modo in cui sua figlia Clarissa, 7 anni compiuti il 24 maggio, l’ha salutata alla partenza per il Giro di Svizzera: «Vai mamma, alza il culo!».

Nona alla Nokere Koerse, uno dei migliori piazzamenti di primavera
Nona alla Nokere Koerse, uno dei migliori piazzamenti di primavera

Doppio virus

La risata è finalmente quella giusta per una ragazza che nei piani sarebbe stata e potrebbe ancora essere la seconda punta azzurra per Tokyo e ha vissuto invece una primavera troppo strana per essere vera. Ci sta il calo di rendimento, ma come si spiega il passaggio dalle 11 vittorie del 2019 all’unica del 2020 e a quello zero che la fissava nello score del 2021?

«Sono contenta – dice – pur sapendo che si tratta solo di una tappa al Giro di Svizzera e io sono abituata a ben altre vittorie. Ho i piedi per terra e spero che il periodo storto sia alle spalle. Tanti corridori hanno vissuto una fase strana l’anno scorso e quando hanno vinto, li ho visti piangere. Ora c’è più grinta dopo una fase senza morale, in cui ho anche pensato di smettere di correre, poi qualcosa di più forte nella mia testa mi ha spinto a reagire. Il blackout è passato. Ma non è stato facile rialzarsi dal lockdown e poi dalla mononucleosi e dal citomegalovirus. E io ci ho messo del mio. Sono ripartita subito a bomba, allenandomi sempre nel solito modo e non capivo come mai le prestazioni fossero così scarse. Servivano solo tempo e gradualità, invece per bruciare le tappe mi sono divorata di dubbi».

All’Amstel per l’italiana un 35° posto a confermare la condizione precaria, siamo in pieno blackout
All’Amstel per l’italiana un 35° posto a confermare la condizione precaria, siamo in pieno blackout

Fuga e vittoria

La vittoria di ieri è figlia di una corsa nervosa, in cui la Alé BTC Ljubljana voleva difendere il terzo posto in classifica di Marlen Reusser, mentre la Trek-Segafredo voleva fare la corsa agli abbuoni per schiodare Lizzie Deignan dal secondo posto.

«Quando si è capito che la giornata sarebbe passata così – racconta Marta – mi sono infilata in una fuga di otto, che non ha mai guadagnato più di 20 secondi. Siamo andate veramente forte, abbiamo preso acqua per tutto il giorno. Sapevo che in volata dovevo guardarmi dalla Barnes, la ragazza della Canyon, e alla fine sono riuscita a vincere. Ero andata in Svizzera tranquilla, con le sensazioni che miglioravano, ma non credevo che sarei riuscita a vincere, anche perché c’erano cinque squadre WorldTour».

Troppa fretta

La diagnosi giusta è venuta fuori finalmente ad agosto, quando Marta si è fermata per capire una volta per tutte che cosa non andasse.

«Continuavo a dare la colpa al lockdown – racconta – che comunque ho subito, perché tutte quelle ore sui rulli mi hanno destabilizzato. Addirittura, la mononucleosi potrebbe essere dipesa anche da quel tipo di stress. Facendo tutti gli accertamenti, si è visto anche l’altro virus. Tanti stop e ripartenze non fanno bene a un fisico di 34 anni, in più non avevo mai avuto problemi del genere, per cui non sapevo come affrontarli. Ho vissuto l’ultima primavera cercando più corse possibili, convinta che mi servisse fare fatica per andare in condizione, invece sarebbe servito fermarsi. Una cosa non facile da accettare per chi ha sempre vinto tanto, ma necessaria. Ho fatto impazzire Pino Toni, ho fatto impazzire la squadra, chiedendo di andare a correre e poi magari cancellando il biglietto perché stavo male».

Sul podio finale del 1° Giro di Svizzera femminile, Deignan davanti a Chabbey e Reusser
Sul podio finale del 1° Giro di Svizzera femminile, Deignan davanti a Chabbey e Reusser

Sogno olimpico

La rincorsa ai Giochi di Tokyo si è ovviamente complicata. Salvoldi l’ha detto abbastanza chiaramente che si aspettava dei segnali ad aprile, ma è chiaro che stando così le cose sarebbe stato impossibile darli e, anzi, la necessità di farlo potrebbe aver accresciuto la pressione e tolto lucidità.

«Quello che posso fare – dice – è darci dentro ora che tutto sembra a posto. Il prossimo weekend correrò in Belgio, poi ci sarà il campionato italiano e a seguire le prime tappe del Giro. L’obiettivo c’è ancora, ma se anche sfumasse, vedrò a cos’altro puntare. Sono guarita, è il momento di riprendermi quello che ho lasciato indietro».

Bastianelli quinta: «Non faccio salti di gioia!»

29.03.2021
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Come per la Gand degli uomini, anche la gara delle donne ha visto la vittoria di un’atleta Jumbo Visma (Marianne Vos) e due italiane fra le prime cinque: Balsamo e Bastianelli. In due frangenti a dire il vero s’è anche sognato in grande. Prima quando Longo Borghini e Paladin si sono ritrovate davanti a un soffio dall’arrivo e dietro sembravano non crederci. Poi quando Vittoria Guazzini s’è presa il gruppo sulle spalle e l’ha portato a giocarsi la volata, lasciando presagire l’assolo di Elisa Balsamo. La Vos ha messo tutte d’accordo, ma quei lampi d’azzurro non sono passati inosservati. E se di Elisa Balsamo abbiamo già detto nei giorni scorsi, approfondendo il discorso con il suo tecnico Arzeni, due parole con Marta Bastianelli serviranno a fare il punto su una delle due ragazze che il cittì Salvoldi ha individuato come leader per Tokyo.

La fuga di Paladin e Longo Borghini, a un soffio dal colpaccio
La fuga di Paladin e Longo Borghini, a un soffio dal colpaccio
Come è andata ieri?

Più di testa e cuore che del resto. Punto a entrare in condizione più avanti e mi serve far fatica. Nel 2020 ho partecipato solo a 9 corse. Già fatico di mio a trovare la condizione, ma così è stato come aver fermato un grande motore diesel. Tra il Covid e la mononucleosi, non è mancano niente.

Quindi ti aspettavi di fare fatica?

Lo avevo messo in conto, vedendo i dati degli allenamenti e delle corse. Quello che fai a casa non è mai come in gara. E quassù corriamo ogni tre giorni, proprio quello che mi serve. Sia chiaro, non posso accontentarmi di un quinto posto e per giunta in volata. Per il morale della squadra sarà pure un buon piazzamento, ma io preferisco alzare le braccia.

Nello sprint della Gand, Bastianelli quinta. Vince Marianne Vos
Nello sprint della Gand, Bastianelli quinta. Vince Marianne Vos
Si paga anche l’annullamento delle corse spagnole?

Ovvio. A casa ho fatto tanto dietro scooter, ma non sono mai arrivata alla fatica che si fa in corsa. Puoi pensare di aver lavorato bene, ma quando arrivi qui, vedi subito la differenza. E allora il fatto di restare fino alla Roubaix, anche se sulla Roubaix non ci sono ancora certezze, è utile per andare in forma.

Cosa sapete voi, si correrà?

Le ragazze della Fdj dicono di sì. Tra corridori francesi pare stiano raccogliendo firme per correrla. Non si capisce molto bene.

Solo 9 corse nel 2020 e poi cos’altro è mancato?

Ho patito non aver fatto il solito lavoro di forza in palestra. A casa abbiamo qualche attrezzo, ma non è la stessa cosa. E’ chiaro che una ragazza giovane faccia meno fatica, ma non mi preoccupo, perché a maggio sarò a posto e inizierà per me un’altra stagione.

Una lunga trasferta in Belgio per Bastianelli: qui alla Nokere Koerse
Una lunga trasferta in Belgio per Bastianelli: qui alla Nokere Koerse
Che corsa è stata la Gand?

Impegnativa perché il vento è stato pazzesco. Era difficile stare in gruppo, fra ventagli e le azioni sui muri. Poi non tutte le ragazze sono in grado di muoversi in certe circostanze e infatti ci sono state varie cadute.

Pensavi che Longo e Paladin sarebbero arrivate?

A un certo punto sì, perché dietro ci guardavamo. Poi in un secondo si sono organizzate e a quel punto erano troppo vicine per riuscire a sfuggirci.

Hai fatto nuovamente la volata da seduta, come mai?

E per fortuna almeno questa volta avevo le mani sotto, di solito le tengo sopra. Ho sbagliato treno, perché mi sono messa a sinistra, mentre la Vos è partita a destra. Dopo 140 chilometri non è tanto semplice avere questa lucidità, soprattutto se la condizione non è delle migliori. Ma se faccio quinta stando così, ho fiducia di poter migliorare presto.

Van der Breggen sugli scudi e tre azzurre in rampa

27.02.2021
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Bastianelli e Longo Borghini, le due azzurre che il cittì Salvoldi ha indicato come le due possibili leader per le Olimpiadi di Tokyo, non hanno perso l’occasione. E anche se non sono ancora al miglior livello, ciascuna delle due si è data da fare a suo modo. La prima, risultando la migliore delle italiane nella volata alle spalle di Anna Van der Breggen che ha vinto (foto di paertura). La seconda, facendo il diavolo a quattro sui muri, senza riuscire ad andar via. Niente male come debutto, con l’inserimento fra le due di un’altra Marta, la Cavalli che da quest’anno corre in Francia alla Francaise des Jeux e alle Olimpiadi ci pensa, eccome…

Marta Bastianelli è stata la migliore delle azzurre all’Omloop Het Nieuwsblad
Marta Bastianelli è stata la migliore delle azzurre

Volata scarica

Marta Bastianelli è passata nella zona mista infreddolita e livida. Consapevole di non essere al top, ha provato quello che fra gli uomini è riuscito a Ballerini: stare in gruppo fino all’ultimo e poi giocarsi la volata. La differenza l’ha fatta Anna Van der Breggen che, rispetto ad Alaphilippe e Moscon, non si è fatta riprendere.

«Per me è andata bene ma non benissimo – dice la leader della Ale BTC Ljubljana – perché sono abituata ad altri risultati qui in Belgio. Ci accontentiamo di un sesto posto, con la consapevolezza che se fosse valsa per la vittoria, la volata avrebbe avuto un senso diverso. Credo si debba guardare oltre, per cui la prossima gara sarà la Strade Bianche e poi torneremo qui in Belgio. Mi auguro di fare bene in Toscana».

Elisa Longo Borghini ha provato più attacchi, ma invano
Elisa Longo Borghini ha provato più attacchi

Viva il freddo

Elisa Longo Borghini e la sua maglia tricolore sapevano che dal momento in cui si fosse andati verso l’arrivo in volata, ci sarebbe rimasto ben poco da fare. Per questo prima ha attaccato e poi si sarebbe buttata nello sprint, anche per quello che ha concordato con Giorgia Bronzini, ma è arrivata al traguardo con 3 secondi di ritardo dal gruppetto impegnato nella volata.

«Ci ho provato come sempre – sorride con una mezza punta di rammarico – ma alla fine la svizzera della Ale Cipollini è andata dritta in una curva e mi ha portato un po’ fuori. Non che nello sprint avrei fatto chissà che cosa, però mi dispiace per il mio team. E’ una corsa che dice molto. Sostanzialmente si è visto che in questo momento la SD Works è la squadra più forte e ha tante carte da giocare. Ho provato ad anticipare, ma non è stato possibile, ero in inferiorità numerica. E’ tattica anche questa. Oggi il freddo si è sentito, un bel freddo da Nord. Nei giorni scorsi aveva fatto anche troppo caldo, ma è stato meglio così. Quassù deve anche essere freddo, sennò che Belgio è?».

Per due azzurre della pista, Chiara Consonni e Vittoria Guazzini, una giornata difficile
Consonni e Guazzini, due azzurre sfinite

La francesina

La terza incomoda, Marta Cavalli, ha cominciato la stagione con dichiarazioni modeste e caute. Solo da una frase nell’intervista di qualche tempo fa si poteva percepire che in realtà la cautela fosse più che altro scaramanzia: «Magari mi servirà un po’ di tempo per metabolizzare il cambiamento – aveva detto – io farò del mio meglio per stare vicino a Cecile, ma se starò bene avrò anche io carta bianca».

Oggi le cose sono andate esattamente all’opposto: Cecile ha tirato e lei ha fatto la volata

«La squadra negli ultimi chilometri ha lavorato per me – dice – e Cecile mi ha portato a sprintare nella miglior posizione. Purtroppo la concorrenza era elevata, ma sarebbe potuto andare meglio. La condizione è buona e questa è la cosa migliore. Col team mi devo amalgamare ancora un po’, ma siamo pronte e motivate per le Strade Bianche».

Il tempo per un’ultima annotazione e gli auguri di buon compleanno a Elisa Balsamo, che ha compiuto 23 anni. Il 19° posto dopo tanto girare in pista va letto in prospettiva: la condizione è in arrivo. Come lei si sono ritrovate un po’ in difficoltà anche Vittoria Guazzini e Chiara Consonni, ma diciamo pure che debuttare in una corsa come l’Omloop Het Nieuwsblad presenta dei rischi non indifferenti. Ora si va tutti alla Strade Bianche e vedremo cos’altro ci sarà da scrivere…

Nel castello di Marta, fra il Gran Sasso e il mare

12.01.2021
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Marta è un’atleta, una moglie e una mamma. Marta è una macchina da guerra. Oppure più semplicemente basterebbe dire che Marta è una donna, di quelle che mandano avanti famiglie e lavoro senza fare un fiato. Solo che nel mondo dello sport, in un contesto di ragazze ventenni, la cosa è piuttosto insolita. Nel regno di Marta ci sono sorrisi, ordine e rispetto. Questo sì, nel mondo che viviamo, potrebbe essere una cosa insolita.

Guardia Vomano è un borghetto di poche case. Alle spalle il Gran Sasso ti investe con la sua potenza di roccia e ghiaccio, dalla parte opposta l’Adriatico brilla al timido sole che oggi per la prima volta fa capolino dopo parecchio tempo. La casa è antica, con i muri in pietra e un bel tepore che invita a entrare.

Ti ricordi quando avevi vent’anni?

L’inizio della mia carriera. Ho vissuto i miei vent’anni in modo particolare. Ero fissata, attentissima al lavoro. Oggi è tutto diverso. Ci sono i social, alle ragazze piace vivere ed è giusto che sia così. Intanto stanno crescendo molto.

E’ cambiato anche il ciclismo?

Molto, ma non abbastanza. Ci sono in giro ancora tante persone di allora e questo significa che non si è fatto tutto il salto. Comunque la mia squadra è la prima WorldTour in Italia e finora anche l’unica. Abbiamo gli stessi diritti e doveri di un uomo. Anche se a livello di sponsor siamo lontane, la svolta permette alle più giovani di sostenersi senza dover fare un lavoretto pomeridiano. Noi abbiamo alle spalle il gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre che ci sostiene in tutto e per tutto, ma oggi è possibile fare soltanto l’atleta. Nel 2020 sono nate 8 squadre. E’ stato un grosso sforzo, come varare una nave piena di carburante e non farla navigare. Spero che altre seguano l’esempio.

Nella taverna della sua casa, Marta custodisce la bicicletta del mondiale di Stoccarda
Nella taverna, la bicicletta del mondiale di Stoccarda
La nazionale è l’apice dell’attività?

La differenza la fa l’importanza delle vittorie, a prescindere dalla maglia. Quella azzurra me la sono sempre sudata. Non lo dico con rancore, perché ogni convocazione mi ha reso orgogliosa. La nazionale è il coronamento, il posto in cui si focalizza tutto. Però mi piace vincere anche durante l’anno, mese dopo mese. Non ho una vita facile, non posso permettermi di perdere tempo. Per cui dal primo giorno che aggancio il pedale, io voglio vincere.

Che effetto ti fa essere presa a modello?

Tanto, molto più di essere ricordata per le vittorie, che dopo un po’ passano.

Hai solo 33 anni, ma un vissuto intenso. Il mondiale a 20. La squalifica. Il matrimonio e la bimba. Il ritorno ad alto livello. Credi che senza la squalifica saresti ancora qui a fare l’atleta?

Questa è una domanda che nessuno mi aveva mai fatto. Credo che la squalifica sia stata il punto di fine di un periodo eccessivo, in cui c’era solo la bici. Da quel momento capii che c’è anche altro: la vita. La squalifica mi ha insegnato a voltare pagina, pur restando una cicatrice che non andrà mai via.

Ti secca che ti venga chiesto?

No, mi va che se ne parli. Molti mi giudicano per quello che leggono su Wikipedia e lì non c’è scritto che fu una negligenza. E’ sempre utile dire le cose come sono davvero.

Come funziona la tua giornata?

Sveglia alle 6,30, per portare Clarissa al pulmino per l’asilo che passa alle 7,30. Bici dalle 9,30 oppure le 10 se è freddo. Poi torno a casa e mi organizzo fino alle 16, quando il pulmino torna indietro e cominciamo a fare i compiti e tutte le altre attività fino all’ora di cena. Tutto quello che riguarda lo sport arriva fino alle 16, poi c’è la famiglia.

Ti aiuta avere un marito che ha corso in bici?

Sono molto fortunata. Roberto (Roberto De Patre, classe 1988, pro’ dal 2010 al 2014, ndr) è attentissimo a ogni cosa che mi riguarda. Se non ci fosse lui, tutto questo sarebbe molto complicato.

Al matrimonio dicesti ridendo che saresti rientrata per i tricolori pista…

C’era l’ex segretario delle Fiamme Azzurre, che mi propose quella data. Dissi di sì ridendo, non ci pensavo, invece partimmo alla volta di Montichiari con Roberto e con Clarissa, che aveva cinque mesi. Lui era sugli spalti che le dava le poppate e io fra una gara e l’altra salivo per vedere se le avesse cambiato il pannolino. Le altre mamme, che erano lì per le figlie che correvano, mi dicevano quanto fossi fortunata ad avere un marito così. Se devo dire la verità, il ritorno lo volle più la sua famiglia. Ho avuto un’ottima ripresa sul piano atletico, la gravidanza in questo aiuta. Ho superato bene i due infortuni. Per contro mi sono goduta mia figlia molto poco, ci sono passaggi che ho perso completamente.

Quali sono i momenti della carriera che ricordi?

Il mondiale mi ha lasciato qualcosa di indelebile. Poi l’europeo, contro le malelingue che dicevano non sarei più tornata. C’è sempre qualcuno che parla a vanvera, ma sul mio carro accolgo tutti. E poi il campionato italiano, che significa famiglia: organizzato qui per me. Lo vinsi nonostante avessi avuto problemi al ginocchio. Clarissa ricorderà quella vittoria perché c’era e l’ha vista.

Voglia di ripartire ogni anno…

E’ sempre più faticoso e mi chiedo perché io riesca a stressare ancora il mio corpo. Una sola cosa mi porta avanti. Una gara che mi manca, che non nominerei anche solo per scaramanzia: le Olimpiadi. Lo stimolo anno dopo anno viene dall’individuare un obiettivo importante. E’ la testa che ti fa compiere i passi importanti. Il traguardo sarà partecipare, ma voglio andarci solo se lo merito.

Il tuo allenatore è Pino Toni.

Abbiamo un rapporto di famiglia. Si è preso questa croce da quando gli dissi che volevo ripartire. Avrei potuto lavorare con mio cognato, Alessandro Proni, ma fu lui il primo a dirmi che avevo bisogno di uno meno morbido. Pino è una persona molto precisa, mi fido al 100 per cento.

Quali altri tecnici sono stati importanti?

Da piccola direi Slongo, poi Amadori e Salvoldi. Di sicuro Gabriella Pregnolato, la prima donna. E certamente Lacquaniti, il mio attuale direttore sportivo. Con il tecnico deve esserci la giusta distanza, di fatto è il tuo capo.

La bici è lavoro o piacere?

Prima lavoro e poi piacere. Vivendola come un lavoro sono certa che la rispetterò sempre. Clarissa sa che quando mamma esce in bici, va a lavorare. Mi ha sempre dato fastidio che a livello femminile il ciclismo non sia percepito come un mestiere.

A un certo punto arrivò Roberto e tu lasciasti casa.

Non mi sarei mai immaginata di andare via, anche se ci fu un sogno premonitore di mia madre. Venne da me una mattina e mi disse di avermi vista fuori dalla chiesa ad aspettare lo sposo, un bellissimo ragazzo, che arrivava su una bicicletta e però non aveva il nostro accento. Ci aveva preso in pieno e sono stata molto fortunata ad aver trovato la famiglia De Patre. Mia suocera si gestiva i turni di lavoro in base agli allenamenti per stare con Clarissa. 

Dopo Tokyo cosa succede?

Il contratto è in scadenza, vivo di anno in anno. Roberto mi dice sempre che ogni anno è l’ultimo e io ogni anno trovo un nuovo stimolo. Poi verrà il momento di smettere. Le strade si separeranno. Qualche amico resterà, ci saranno bei ricordi. Non mi fa paura.

Le ragazze dicono che nonostante il tuo palmares, resti sempre alla mano.

Mi danno fastidio gli atteggiamenti di superiorità, anche se hai vinto tutto. Pensate che in gruppo chiedo scusa se devo passare. Ma se devo fare un nome, la regina della perfezione e dell’educazione è Marianne Vos. E’ difficile vederla fare azioni maligne, molto più facile che si fermi per aiutare una compagna in difficoltà. Se non vieni ricordata perché sei una brava persona, a cosa sarà servito tanto vincere?

Elisa Balsamo, Madrid, Ceratizit Challenge by La Vuelta, 2020

Balsamo, una freccia nel cuore di Madrid

08.11.2020
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Elisa Balsamo è al settimo cielo e ne ha ben donde. Per come si era messa la stagione, dopo la caduta della Gand-Wevelgem che le aveva portato 18 punti sul ginocchio sinistro, chiunque altro avrebbe accompagnato la bici mesta in garage, dandole appuntamento alla prossima stagione. Ma Elisa Balsamo non è chiunque altro. Si è rimboccata le maniche. E’ tornata in gruppo dieci giorni dopo a De Panne. E’ uscita in crescendo dal campionato italiano dopo aver lavorato sodo per Elisa Longo Borghini. Ed è partita per conquistare la Spagna. Ma prima, dovendo partecipare anche agli europei in Bulgaria, si è concessa le giuste sessioni di lavoro in pista, che magari le hanno messo nelle gambe la velocità giusta. E oggi, sul rettilineo di Madrid che un po’ sale, nella terza e ultima tappa della Ceratizit Challenge by La Vuelta, la sua volata (foto di apertura di Twila Muzzi) è stata un bel capolavoro di freddezza e istinto.

«Proprio istinto – sorride Balsamo – perché quando sei lì, non hai tanto tempo per pensarci. Il velocista lo vedi anche in queste situazioni. La squadra mi ha portato fino ai 200 metri con un lavoro eccezionale e a quel punto è partita la Wiebes. Ho capito che era troppo presto e ho aspettato, anche perché la strada saliva leggermente. Ed è stata la decisione giusta».

Elisa Balsamo, Chiara Consonni, Madrid, Ceratizit Challenge by La Vuelta, 2020
L’abbraccio di Chiara Consonni dopo la vittoria (foto Twila Muzzi)
Elisa Balsamo, Chiara Consonni, Madrid, Ceratizit Challenge by La Vuelta, 2020
L’abbraccio di Chiara Consonni (foto Twila Muzzi)

Valcar in caccia

La Valcar-Travel è arrivata in Spagna sapendo di incontrare terreno adatto per le sue ruote e così è stato.

La prima tappa a Escalona, con il secondo posto di Elisa dietro la Wiebes, più che un boccone di traverso è stata letta come un presagio.

La crono di Boadilla del Monte, in cui Elisa Longo Borghini è salita al secondo posto in classifica, è stata per la Valcar una giornata di… riflessione, con Cavalli e Guazzini meglio di Balsamo, ma comunque tutte ben lontane da Brennauer che ha vinto.

Infine a Madrid, la ciambella è riuscita col buco, grazie al lavoro eccezionale Vittoria Guazzini e Ilaria Sanguineti, che sono uscite a circa un chilometro dal traguardo per pilotare la compagna nello lo sprint. E questa volta Elisa non ha sbagliato una pedalata, lasciandosi dietro l’olandese, poi la ritrovata Bastianelli e una sfilza di italiane, a cominciare dalla compagna Consonni e via via con Zanardi e Guarischi

Volata all’insù

Il circuito di Madrid sembra piatto, ma non lo è. La Gran Via da un lato scende, ma dall’alto sale e proprio da quella parte viene messo per tradizione l’arrivo.

«E per me è stato un bene – spiega Balsamo – perché preferisco le volate più impegnative. E poi il treno è stato davvero impeccabile. Ho una buona condizione, anche se quest’anno la sfortuna non è mancata, Covid a parte. Venire in Spagna è stato giusto e devo dire che era tutto talmente transennato e sotto controllo, che in gruppo ci siamo sentite sempre molto tranquille e al sicuro. Piuttosto anche oggi in volata si è fatta sentire la mancanza del pubblico. E domattina abbiamo il volo per Sofia e da lì andremo subito in pista a Plovdiv. Speriamo di disputare un bell’europeo. Farò quartetto, madison e omnium. Abbiamo lavorato tanto in pista, speriamo vada tutto bene. Il covid ha decimato la spedizione italiana, ma sono dell’idea che quello che è successo a Pippo, Scartezzini e Bertazzo può capitare a tutti. E’ impossibile stare attenti a tutto, ti puoi contagiare anche in hotel con il pulsante dell’ascensore. Perciò prendiamo il buono che viene e poi ce ne andremo un po’ in vacanza fino a metà dicembre».

Selfie Marta Bastianelli, Ale BTC Ljubljana, Madrid, Ceratizit Challenge by La Vuelta
Un selfie per Marta Bastianelli e la Ale BTC Ljubljana a Madrid, prima del via
Selfie Marta Bastianelli, Ale BTC Ljubljana, Madrid, Ceratizit Challenge by La Vuelta
Bastianelli, un selfie prima del via

Sorrisi azzurri

A margine della vittoria di Elisa, meritano un applauso Elisa Longo Borghini e Marta Bastianelli.

La prima in Spagna nemmeno voleva andarci, ricordate le sue parole alla vigilia dei tricolori? Invece il nuovo approccio rilassato alle corse e lo spirito libero con cui quest’anno ha affrontato ogni sfida le hanno portato in dote il secondo posto finale. Sarebbe stato meglio per lei avere la crono, una tappa dura e poi la volata finale, ma gli spagnoli questa volta hanno disegnato con troppo garbo.

La seconda, partita per onore di firma dopo il periodo di quarantena forzata in Belgio, non è riuscita a fare la prima volata, ha sofferto nella crono, ma ha centrato il podio nell’ultimo giorno.

«Non sono sicuramente nelle condizioni fisiche migliori – ha detto Bastianelli –  sinceramente non pensavamo nemmeno al podio. Però l’esperienza insegna che la testa ti permette sempre di spingerti oltre i tuoi limiti e quindi sono comunque contenta, più che per me devo dire per tutta la squadra. Io devo rimettermi in forma e punterò tutto sul prossimo anno, ma sono felice per il team perché è sempre una bella vetrina conquistare un podio in una gara WorldTour importante come questa e dopo il brutto periodo che abbiamo passato ultimamente».

Anna Trevisi, Tatiana Guderzo, Tour Down Under 2020

Piccolo, il WorldTour e un’azienda da guidare

01.11.2020
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Alessia Piccolo è la titolare dell’unica squadra italiana di WorldTour. E’ appassionata di ciclismo. Partecipa alle Gran Fondo. Della sua Alè Btc Ljubljana segue la parte logistica e quella dell’immagine. Di ciclismo, insomma, ne sa parecchio. Ma le piace anche giocare con la moda. Il suo altro lavoro, infatti, quello che altrove si definirebbe “più serio”, è dirigere la Alè Cycling, l’azienda che ha portato le sue note di colore nel vestire del ciclismo.

Alessia Piccolo, Ale Cycling
Alessia Piccolo, manager d’azienda e della squadra WorldTour (foto Alè Cycling)
Alessia Piccolo, Ale Cycling
Alessia Piccolo, manager a 360° (foto Alè Cycling)

Fra bici e azienda

In questo momento di pandemia e le comprensibili difficoltà che essa porta con sé, il discorso è un andare e venire tra il ciclismo e la vita quotidiana.

«Fino a metà ottobre – dice – non avevamo particolari limitazioni, se non le attenzioni rimaste dopo il lockdown. In azienda diamo la mascherina ogni giorno, igienizzante da tutte le parti, prendiamo la temperatura, si va in bagno uno per volta. Cerchiamo di stare attenti. Il rientro dopo la chiusura è stato uno choc. Il mondo reclamava le sue forniture, tanto che un giorno ho detto ai ragazzi che se fosse successo ancora, sarei scappata a Tenerife per tornare quando fosse tutto finito. E mentre stai attenta a tutto questo, scopri che la squadra resta bloccata in Belgio per un tampone positivo. Ci credo che Tatiana (Guderzo, ndr) non sia contenta, sono rimaste su per 20 giorni. Ma alla fine, sono cose che possono succedere…».

Gaudu ha vinto alla Vuelta vestito Alè Cycling
Gaudu alla Vuelta, vestito Alè Cycling
Perché il ciclismo femminile?

Non solo perché mi piace pedalare, anche perché vedo una forte crescita. Siamo ancora ai primi passi, ma la soddisfazione di essere arrivate nel WorldTour è enorme. Prima le straniere non si avvicinavano, adesso vogliono venire a correre da noi. Prima eravamo poco credibili.

Anche l’immagine del ciclismo femminile è cambiata.

Vero, non sono più solo maschiacci, ma si vedono in giro delle belle ragazze che tengono al loro aspetto. Prima si puntava solo sul ciclismo come sport di fatica. Oggi la fatica è sempre quella, ma se prima metti un filo di trucco, perché dovrebbe essere un problema?

Facile produrre per le ragazze?

Facilissimo (si fa una risata, ndr). In azienda siamo un gruppo di donne e andiamo tutte in bici. Però ce la caviamo bene anche col maschile. Abbiamo la Movistar e anche la Groupama (nel giorno dei campionati italiani di Breganze, in cui si è svolta l’intervista, Gaudu ha vinto alla Vuelta e Kung ha vinto il campionato svizzero. Vestiti Alè Cycling, ndr). Disegno io i capi, sono molto esigente.

Ma la moda è un’altra cosa?

Ci si diverte di più a disegnarla e seguirla. Fai colori inusuali, puoi spaziare e osare di più.

In che modo le vostre atlete sono testimonial del brand?

A parte vestire Alè Cycling in gara e allenamento, spesso le coinvolgo come tester di prodotti, anche se qualche altro sponsor mugugna. Bastianelli, Trevisi e Guderzo a volte escono con capi nuovi da provare, perché è molto importante avere chi ti dà una mano e pareri obiettivi.

Tatiana correrà anche il prossimo anno.

Uno dei regali del Covid. Avrebbe voluto smettere quest’anno con le Olimpiadi, proverà a farlo nel 2021. Poi potrebbe anche pensare di diventare direttore sportivo, perché vede bene la corsa ed ha un’esperienza infinita. Affiancata agli altri tecnici, può far crescere la squadra e restare un riferimento per le più giovani.

Passerà la tempesta?

Passera quando troveranno un vaccino. E nel frattempo spero che il Governo capisca che la salute è importante, ma l’economia è alla base di tutto il resto.

Tatiana Guderzo, Sarcedo, tricolori 2020

Guderzo, i crampi e venti giorni in Belgio

31.10.2020
2 min
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Tatiana Guderzo arriva con gli occhi sbarrati. Si avvicina a Marta Bastianelli, che era la campionessa uscente, e facendo come al solito la clown inizia a parlare in dialetto. Ha i crampi. Ne ha così tanti che non ci vede. E aggiunge che andava piano, pianissimo, ma sempre con i battiti a 170.

«Io ho una certa età – ride – non posso fare certi sforzi».

Tatiana voleva correre il tricolore di casa a tutti i costi. E si era messa in testa di arrivarci anche bene, come si fa quando è da un po’ che corri e sai in che modo farti trovare pronta. Allo stesso modo centrò il podio di Innsbruck ai mondiali del 2018, nessuno lo ha dimenticato. Ma questa volta sulla sua strada si è piazzato il Covid, che l’ha costretta a rimanere in Belgio dopo la Liegi per una positività che ha bloccato tutta la squadra.

Tatiana Guderzo, Sarcedo, tricolori 2020
Una salita che conosce molto bene e che a Tatiana non ha fatto sconti
Tatiana Guderzo, Sarcedo, tricolori 2020
La salita di Sarcedo non le ha fatto sconti
Ed eccoci qua…

Le ho provate tutte, è stato il mio anno migliore (ride, ndr). Dopo la Liegi, che era il 4 di ottobre, è arrivato questo tampone positivo. Una bastonata abbastanza pesante. Sono rientrata a casa solamente quattro giorni fa. Venti giorni senza bici o comunque con dei rulli. Per il primo periodo dovevamo stare completamente ferme. Ho fatto un secondo lockdown gratuito, diciamo così. Non è stato un avvicinamento adatto.

Neanche dire che ti sei riposata.

Sono arrivata fresca, questo sì, perché lassù energie non ne ho sprecate. In questi anni però non puoi inventarti più nulla. Ho fatto di tutto per esserci. Ho dovuto fare determinate visite. Ci sono stata perché il campionato italiano era in casa e ci tenevo. Non mi aspettavo nulla, tutto quello che arrivava era in più. Sapevo di fare tanta fatica, ma non pensavo così tanta.

Che anno è stato?

Disastroso, grazie. Ero partita in Australia molto serena e con una buona condizione. Poi la caduta di certo non mi ha aiutato assolutamente. Dunque è stato un inizio difficile, a inseguire. Poi il lockdown che sicuramente sui fisici non più giovani (sorride, ndr) non ha aiutato di certo, un rientro decisamente non fortunato e un pessimo finale di stagione. Sono fiduciosa, se gira la ruota, sarà un 2021 da paura.

Quindi correrai ancora?

Quindi con la Ale Btc Lubiana ho il contratto anche per l’anno prossimo. Quella è l’idea. Vediamo con la mente fredda di scegliere bene. Perché adesso sono un po’ troppo emotiva, ma l’idea è quella. Ci sarò anche l’anno prossimo.