Filippo Zana: bici nuova, compagni nuovi… e un gallo

27.12.2022
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Il gallo canta in sottofondo, ma questo non ferma Filippo Zana dal raccontarci i suoi primi approcci con la nuova squadra, la BikeExchange-Jayco che presto sarà Jayco-AlUla. Il campione italiano è appassionato di animali e prima di uscire in bici li va a governare. E il gallo s’intromette spesso nell’intervista!

Il corridore veneto è uno dei gioielli italiani per i quali si sono aperte le porte del WorldTour. Sono bastati pochi giorni di ritiro per capire che tutto è cambiato, che tutto è diverso. Ma al netto della felicità, Filippo ha subito capito che c’è da rimboccarsi le maniche.

Filippo Zana (classe 1999) è il campione italiano. Passa dalla Bardiani alla Jayco-AlUla
Filippo Zana (classe 1999) è il campione italiano. Passa dalla Bardiani alla Jayco-AlUla
Filippo, primi momenti con la nuova squadra, cosa ci dici?

Dico che mi sono trovato veramente bene. Non pensavo di trovarmi così sin dall’inizio. Invece mi hanno accolto come se fossi sempre stato lì, nonostante il mio inglese non sia super. Però piano, piano ci sto prendendo confidenza. Anche loro mi hanno detto di non preoccuparmi: «Vedrai, in un mese o due impari in fretta». E infatti già al termine del primo ritiro, in dieci giorni, ero migliorato. No, no… sono tanto, tanto contento e motivato.

Perché non pensavi di trovarti così bene? Quali difficoltà ti aspettavi?

Beh, con il cambio di squadra stesso magari all’inizio era un po’ dura ambientarsi. E’ qualcosa di nuovo. Però mi sono sentito subito parte del team.

Il tuo tecnico di riferimento è Marco Pinotti

Abbiamo messo giù una parte di calendario. Marco mi ha aiutato all’inizio con la comprensione di alcune cose. A volte era lui che me le rispiegava meglio.

Com’era una giornata tipo durante il vostro ritiro? E che differenze hai notato rispetto all’anno passato?

Sveglia sempre verso le 8,30 perché in Spagna, si sa, è comoda! La colazione era pronta anche prima, visto che noi avevamo i nostri cuochi e già questa è una differenza rispetto al passato. Avere il cuoco in squadra è tutta un’altra cosa: si mangia sempre bene, sempre quello indicato dalla nutrizionista e tutto di ottima qualità. Poi verso le 10 si partiva in bici. Si tornava nel primo pomeriggio e trovavamo sempre pronto da mangiare. Sulla tavola c’era quello che indicava la nutrizionista. Sull’alimentazione mi sono trovato veramente bene e credo che questo farà una bella differenza. Poi massaggi e cena. Ma con gli altri ragazzi ci trovavamo un po’ prima: parlavamo, facevamo gruppo. E a proposito di gruppo, credo che per essere stato il primo ritiro, ci sia già un bell’ambiente. 

Una foto di un vecchio ritiro della squadra australiana. Zana ha parlato molto di gruppo (foto Instagram)
Una foto di un vecchio ritiro della squadra australiana. Zana ha parlato molto di gruppo (foto Instagram)
Cosa avete fatto in bici?

Un bel blocco di lavoro con molte ore di sella. Pochi lavori specifici, ma tanti chilometri. Ci avevano diviso per gruppi. Io ero con quello che andava un po’ meglio in salita, ma ogni tanto ci mescolavano, anche per farci conoscere meglio. E quando ci mescolavano c’erano anche i velocisti, visto che le intensità non erano altissime.

E invece, Filippo, a livello di bici, di questioni tecniche come è andata? Ti sei adattato subito alla nuova bici?

Mamma mia, sì! Anche sotto questo aspetto sono rimasto molto contento. Qualsiasi esigenza viene esaudita e avere questo colloquio continuo con meccanici o con i rappresentanti di Giant stessi che partecipano molto è stimolante. Loro ci chiedono sempre come possono migliorare la bici.

Parlare con i meccanici, esigenze… c’è stato dunque qualcosa sulla quale hai dovuto insistere per trovare la quadra?

Diciamo che con la bici nuova non ho trovato subito la posizione ideale, ci ho messo un mesetto. E una volta trovata ho cercato di migliorarla ancora. Alla fine era tutto nuovo. Ora va bene, anzi molto bene. Ho abbassato un po’ la sella e l’ho anche un po’ spostata in avanti, così da avere una spinta ancora più forte.

Rispetto alla passata stagione il vicentino ha implementato il lavoro con la bici da crono
Rispetto alla passata stagione il vicentino ha implementato il lavoro con la bici da crono
E la bici da crono?

Ci abbiamo lavorato sin da subito. E anche questa è stata una bella differenza rispetto all’anno scorso. Nel ritiro dell’anno passato l’avevo usata una volta. Adesso non ce l’ho a casa perché non aveva senso portarla via e poi fra dieci giorni riportarla in Spagna. In ritiro abbiamo fatto delle prove di cronosquadre e a gennaio è previsto un altro blocco di lavoro anche con la bici da crono. Ormai abbiamo visto che fa la differenza. 

Prima, Filippo, hai detto che avete tirato giù un po’ di programmi con Pinotti, cosa ci puoi dire?

Inizierò alla Ruta del Sol, poi farò due gare di un giorno in Francia, la Strade Bianche, forse la Milano-Torino e in teoria io sono in lista per il Catalunya. 

E il Giro d’Italia?

Ci spero! Stiamo ancora programmando bene il tutto.

In attesa di Simon Yates, c’è qualcuno che ti ha impressionato in ritiro? 

Posso dire che quando Stybar passava a tirare si faceva sentire! E’ davvero un grande professionista. Sarà importante il prossimo ritiro quando saremo tutti. Però è bello allenarsi con grandi campioni. E’ uno stimolo in più per andare forte.

Arianna Fidanza alla Ceratizit: «Voglio trovare più spazio»

07.11.2022
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Un cambio di casacca che in pochi avrebbero previsto. Arianna Fidanza nel 2023 correrà nel team Ceratizit lasciando il Team BikeExchange – Jayco dopo due anni insieme. Inutile dire che il riferimento al fatto che raggiunga la sorella Martina sia inevitabile. Dalle sue parole però si capisce che non sia stato così determinante. Dietro a questa reunion (sportiva) familiare si percepisce invece una rivalsa personale e l’intento di capire se possa ambire a qualche risultato importante. Dopo due anni di gregariato, forse condizionati dall’infortunio al ginocchio contratto a metà della stagione 2021, Arianna ora si vuole ritagliare il proprio spazio

Sullo sfondo rimangono come obiettivo le cronometro. Con Marco Pinotti quest’anno ha significato la ripresa della disciplina senza però raccogliere risultati importanti. Per la prossima stagione le prove contro il tempo rimangono centrali per ambire anche a qualche maglia, con il supporto dell’ex tecnico nonostante il cambio di squadra. 

Arianna Fidanza al mondiale ha conluso la crono al 23° posto
Arianna Fidanza al mondiale ha conluso la crono al 23° posto
Tornata dalle ferie sei già stata in Germania dalla tua nuova squadra…

Sì, tornata dalle Maldive, ho fatto toccata e fuga solo per prendere delle misure per la bici nuova. 

Stai già pedalando con i nuovi materiali?

La bici me la daranno al primo ritiro che faremo a dicembre. Ho iniziato a pedalare, a fare qualche uscita non troppo lunga. Ho staccato totalmente per due settimane e ammetto che non è troppo facile. Però pian piano si riprende.

Facciamo un passo indietro, che 2022 è stato?

Rispetto al 2021 è stata un’annata positiva. Non mi aspettavo di riprendermi così dall’infortunio che ho avuto al ginocchio. Sono partita subito bene e quest’anno mi sono messa tanto a disposizione della squadra. Le mie performance individuali sono sempre state buone e tirando le somme mi ritengo soddisfatta. 

Bentornate cronometro. Al mondiale ci hai racontato che è stata una tua volontà quella di tornare a lavorarci seriamente. Come sono andate?

E’ stata la mia prima esperienza al mondiale di crono. E’ il primo anno in cui ci ho lavorato concentrandomi di più con gli allenamenti. Ho iniziato uscendo una volta a settimana poi dopo il quinto posto all’italiano ho continuato a lavorarci. Ho fatto l’europeo a crono e non è andata come volevo perché venivo da una caduta in Norvegia. Non al top fisicamente, non sono riuscita ad esprimere le mie potenzialità. Poi per il mondiale non ambivo a nessun risultato sapevo che sarebbe stata dura. Personalmente è stata una buona esperienza e un primo passo. 

Si conclude dopo due anni l’esperienza di Arianna Fidanza alla BikeExchange – Jayco
Si conclude dopo due anni l’esperienza di Arianna Fidanza alla BikeExchange – Jayco
Come mai ti sei avvicinata a questa specialità?

Nelle categorie giovanili sono sempre andata bene a cronometro. Da juniores ho vinto l’italiano poi per un motivo per l’altro nelle categorie superiori non ho mai avuto la possibilità di continuare ad allenarmi o di lavorarci con costanza. E’ una specialità che mi piacerebbe portare avanti in cui posso crescere e può diventare un valore aggiunto anche in ottica crono a squadre. 

Pinotti è stato il tuo preparatore, proseguirai con lui anche anno prossimo?

Sì era il primo anno che ho lavorato con lui e mi sono trovata molto bene. Continueremo insieme anche l’anno prossimo nonostante il cambio di squadra.

Veniamo al 2023. Come mai questo cambio di team? 

E’ stata una scelta difficile perché avrei avuto la possibilità di rinnovare altri due anni nella BikeExchange. E devo dire che mi son sempre trovata molto bene. Quest’anno e l’anno scorso mi sono sempre messa a disposizione totale della squadra. Vorrei riuscire dal prossimo anno a trovare più spazio per me e vedere cosa posso fare. Sono arrivata ad un punto che voglio capire se posso essere solo una donna squadra oppure se posso anche io ambire ai miei risultati. Vedendo il livello che sono riuscita a mantenere quest’anno spero di mantenerlo anche il prossimo per poter dire la mia nelle gare adatte a me.

Le sorelle Fidanza tornano insieme dopo tre anni in team diversi foto Instagram)
Le sorelle Fidanza tornano insieme dopo tre anni in team diversi foto Instagram)
Il ritorno in squadra con tua sorella Martina ha un peso nella decisione?

Parlando con lei, mi ha detto che la squadra è un ambiente tranquillo. Sicuramente la sua presenza ha avuto una parte nella decisione. Ma io sono una persona obbiettiva, esigente e determinata di mia natura e l’ambiente che mi ha descritto è quello che mi serve. 

Stai già pensando a come impostare la prossima stagione?

Mi hanno inviato una bozza di calendario nei giorni scorsi e ho parlato un po’ con il mio preparatore e ho deciso di arrivare bene con una buona forma già alle classiche di inizio stagione. Poi avere uno stacco dopo prima di fine aprile e riprendere con delle gare a tappe a maggio. Dopodiché mi piacerebbe partecipare al Giro, che preparerò con un periodo in altura, e dopo si vedrà in base alla mia forma se andare al Tour o meno. Però è ancora una bozza e lo definiremo al primo ritiro di dicembre. 

Le cronometro rimangono un obiettivo?

Sicuramente ne faranno parte. Anche perché non lo appesantiranno visto che ce ne sono veramente poche. Negli appuntamenti più importanti a partire dall’italiano non mancherò di certo. 

Un podio per chiudere. Sobrero ha fatto tremare i grandi

22.10.2022
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Matteo Sobrero ha chiuso la sua stagione con un ultimo acuto. Importante soprattutto per il morale, ma anche per capire chi è e chi potrà essere. Il corridore di Alba ha chiuso al terzo posto la Chrono des Nations, diretta discendente di quel Trofeo delle Nazioni che, fino all’avvento del mondiale a cronometro, decretava ogni anno il miglior interprete delle prove contro il tempo.

A Les Herbiers Sobrero è stato autore di una prestazione magistrale, salendo sul podio dietro due massimi calibri della specialità, il vincitore svizzero Kung e l’iridato norvegese Foss e il distacco è stato minimo, appena 11” dal primo.

Sobrero impegnato nella crono francese. Ha coperto gli oltre 45 chilometri in 53’40” alla media di 50,791
Sobrero ha coperto gli oltre 45 chilometri in 53’40” alla media di 50,791

Sobrero, voglioso come tutti i suoi colleghi di mettere per un po’ da parte la bici e pensare alle meritate vacanze, è rimasto sorpreso dalla sua prestazione e soprattutto dal distacco minimo dai due avversari, i protagonisti del recente mondiale dove la distanza fra loro e il piemontese era stata ben più ampia.

«Effettivamente è stata una sorpresa – conferma – ma più che dal piazzamento sono rimasto colpito dal distacco così contenuto. Con Pinotti, che la gara l’aveva già corsa e la conosceva bene, avevamo parlato alla vigilia e mi aveva detto che se tutto andava bene, su quel percorso potevo dire la mia».

In fin dei conti fra il mondiale a cronometro e la gara in Francia è intercorso appena un mese: che cosa è cambiato nel frattempo?

Passando da 1’30” abbondante a pochissimi secondi qualcosa evidentemente è cambiato. Ragionandoci sono giunto alla conclusione che non è stato solo un aspetto legato alle sedi di gara o ai percorsi, forse in Australia non ero proprio al top della forma, soprattutto nella gara individuale, mentre in Francia mi sono sentito davvero bene.

Per Kung, in maglia di campione europeo, un bis che vale una piccola vendetta (foto Keystone/Ehrenzeller)
Per Kung, in maglia di campione europeo, un bis che vale una piccola vendetta (foto Keystone/Ehrenzeller)
Che differenze c’erano fra i due eventi dal punto di vista del percorso?

Per me quello australiano era più veloce. E’ vero che c’era una salita aspra da affrontare due volte, ma per il resto si filava parecchio. Quello francese era invece un tipico percorso di quelle parti, un continuo su e giù. Io mi esprimo meglio su questi tracciati dove può emergere l’agilità, quello iridato era un percorso tutto di potenza, io con i miei 60 chili potevo fare ben poco.

I tuoi avversari hanno dato il massimo in gara a tuo parere?

Credo proprio di sì. Ho parlato con loro prima del via: Foss sentiva molto il fatto che era la prima gara dove indossava la maglia iridata, Kung dal canto suo pregustava la possibilità di potersi prendere la rivincita confermando altresì la vittoria dello scorso anno. Lo svizzero ci teneva davvero tanto perché la sconfitta del mondiale gli bruciava ancora. E’ chiaro che sia dal punto di vista della forma sia soprattutto mentalmente, le forze sono quelle che sono, ma quando sei in lotta tiri fuori energie impensate.

Esordio da iridato per Foss, un secondo posto a soli 2″ da Kung (foto Jumbo Visma)
Esordio da iridato per Foss, un secondo posto a soli 2″ da Kung (foto Jumbo Visma)
Sai che la tradizione alla Chrono des Nations non è sempre stata favorevole agli italiani, un podio è cosa rara…

Me lo ha detto Pinotti, che aveva fatto quarto. So che Ganna un anno è giunto secondo, ora c’è il mio terzo posto e ne sono ancora più felice. Non potevo chiudere meglio la mia stagione.

Che cosa ti aspetta ora?

Una settimana al caldo, non so ancora dove e rigorosamente senza bici. Ho fatto la mia ultima gara il 16 ottobre e mi sono ripromesso di non riprenderla in mano almeno fino al 16 novembre. C’è bisogno di ricaricare le batterie a tutti i livelli e un mese di riposo è quantomai necessario.

Il podio della Chrono des Nations: nata nel 1982, solo Ganna finora era salito sul podio nel 2019
Il podio della Chrono des Nations: nata nel 1982, solo Ganna finora era salito sul podio nel 2019
Non pensi che la stagione sia stata troppo lunga?

A ben guardare non direi. L’anno prossimo si ricomincerà addirittura a gennaio, con le gare australiane che ritornano nel calendario. Quello della stagione lunga secondo me è un falso problema: ogni corridore ha tutto il tempo per scegliere i suoi obiettivi e regolarsi di conseguenza, prendersi le sue pause, in questo modo anzi tutti hanno il loro spazio. Io ad esempio con l’infortunio a inizio stagione ho avuto modo di recuperare e rifarmi. Certo questo sistema mentalmente è pesante, magari a 42 anni staremo tutti a guardare le gare in Tv e non potremo fare come Valverde

Sobrero+Affini: un tandem lungo appena 6 secondi

19.09.2022
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I due altri azzurri alle spalle di Ganna sono arrivati al traguardo a una manciata di secondi uno dall’altro. Prima Affini e poi Sobrero, distanza minima di 6 secondi. E così alla fine se ne sono andato entrambi sulla bici di Matteo, perché quella di Edoardo qualcuno l’aveva già portata verso il camper. Affini sulla sella, Sobrero come meglio poteva sui pedali. La crono dei due azzurri ha avuto storie e motivazioni diverse. Nel primo caso un adattamento precario al fuso orario e al vento nel secondo caso.

La speranza di Affini

Affini ha concluso 13° a 1’28” da Foss e dopo l’arrivo si è seduto sull’asfalto. Per tirarlo via, gli hanno detto che lo aspettavano nella zona della hot seat, perché il suo era ancora il secondo miglior tempo.

«Magari non è neanche andata proprio scandalosamente male – dice – ma ho la sensazione di aver pagato il cambio d’orario. Credo di essere riuscito a riprendermi col sonno abbastanza bene, però a livello diciamo più fisico e metabolico, mi sento un po’ sfasato. E questo si riflette un po’ anche sulle bici. Anche nei giorni scorsi sentivo che andavo, ma c’era qualcosina fuori posto. Alla fine sono qui solo da 5 notti, perché a differenza degli altri due ragazzi, sono arrivato con qualche giorno di ritardo. Insomma, non sono l’unico che è arrivato qua martedì sera, non voglio si pensi che cerco una scusante. Però cercando di analizzare un po’, penso che il fuso orario possa avere influito sulla mia prova.

«Però a questo punto spero che lo sforzo violento mi abbia un po’… aperto per le prossime gare. Cioè per il Team Relay di mercoledì e poi per la strada. Non è che ho guardato i numeri più di tanto, perché a un certo punto sono andato a sensazione, però magari a sensazione ti sembra di spingere, invece i numeri dicono altro. Puoi avere una strategia di pacing, ma alla fine ho tirato fuori quello che potevo. Magari non è molto, però spero di poter dare un po’ di più nei prossimi giorni».

Per Matteo Sobrero è arrivato il 15° posto, a 1’34” da Foss
Prova faticosa di Sobrero, che coglie il 15° posto, a 1’34” da Foss

Sobrero e il vento

Matteo arriva molto più scanzonato, ma non per questo meno determinato. Si è piazzato 15° a 1’34” da Foss e con Velo sta cercando una spiegazione plausibile.

«Come già detto da Evenepoel – spiega – i primi 10 chilometri sono quelli in cui ho cercato di difendermi al meglio. Con Marco Pinotti ieri abbiamo guardato un po’ la strategia. Dovevo partire senza dare tutto, cercando il massimo nella seconda parte. Invece è successo che negli ultimi 4-5 chilometri il vento era particolarmente contro e non sono riuscito a fare tanta velocità rispetto agli specialisti con qualche chilo in più.

«Affini ha pagato l’adattamento al fuso, io fortunatamente sono arrivato qua con Filippo (Ganna, ndr) già più di una settimana fa, siamo partiti il 9 e arrivati l’11. Quindi questo per me non è stato un problema. Diciamo che non ho controllato i watt, ma più o meno ho fatto quello che dovevo fare e sono tranquillo perché sono consapevole che le mie cronometro sono altre».

Poi prima di andarsene in giro con Affini sulla stessa bici, Sobrero ha risposto a un paio di domande di un collega sloveno, molto interessato alla vendemmia nella casa piemontese di Matteo. Ganna a quel punto doveva ancora partire e tutto sembrava possibile.

Lontana dalle prime, dando l’anima: cresce la nuova Fidanza

18.09.2022
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Arianna Fidanza è sul lato destro della strada che si asciuga il sudore. Ha il volto stravolto di chi ha dato tutto e, dopo un mondiale a cronometro, non potrebbe essere diversamente. Racconta che il vento le ha portato via per due volte la ruota e di aver fatto quel che poteva al cospetto delle più forti. In certi sguardi sembra commossa e forse lo è davvero.

Prima del via, i meccanici al lavoro sulla sua bici di scorta
Prima del via, i meccanici al lavoro sulla sua bici di scorta

Il progetto crono

Parlando di lei, Paolo Sangalli ha detto che la bergamasca ha sposato il progetto crono e lo sta portando avanti. Da questo partiamo.

«Mi è sempre piaciuta questa specialità – dice Fidanza – sono stata campionessa italiana juniores, poi negli anni non mi è mai stata data l’opportunità di lavorare su una prova che richiede sicuramente tempo, una preparazione specifica e anche dei mezzi su cui lavorare. Quest’anno ho cambiato preparatore e avendo Marco Pinotti all’inizio dell’anno gli ho detto che avrei voluto lavorarci per provare a migliorare. La strada è lunga, quest’oggi non avevo ambizioni se non esprimere una buona potenza media personale, in linea con la preparazione che ho avuto quest’anno, calcolando anche che sono ripartita dall’infortunio dell’anno scorso».

Fidanza ha concluso la crono al 23° posto, punto di partenza nel suo cammino di crescita
Fidanza ha concluso la crono al 23° posto, punto di partenza nel suo cammino di crescita

Agosto 2021: il dramma

Il tono cambia. Il 2 agosto del 2021 la frattura della rotula la costrinse a chiudere la stagione. Mentre il mondo ripartiva a tutto gas dopo il Covid, lei fu costretta all’immobilità.

«Un anno fa – mormora con la voce che inciampa nell’emozione – non potevo neanche camminare e essere qua quest’oggi per me è quasi una rinascita e comunque mentalmente è confortante. Mi dà ancora più forza e posso dire di essere ritornata in una prova molto importante. Ho fatto due mesi senza nessuna attività sportiva. Ero sul divano e non potevo muovermi. L’anno scorso guardai i mondiali alla televisione, mentre facevo riabilitazione e provavo a muovere il ginocchio. E’ stato difficile perché sono ripartita da zero. Mi ricordo che riuscivo a malapena a fare un’ora in bici e non riuscivo a spingere. Devo ringraziare le persone che mi sono state vicine e anche il duro lavoro che ho fatto quest’inverno. Ci ho messo davvero tutta me stessa perché volevo tornare». 

Il ritorno in alto

Sembrava che la sfortuna si fosse accanita contro di lei. Perché una volta tornata in gruppo, un’altra caduta l’aveva fatta finire sull’asfalto alla Danilith Nokere Koerse, con una testata sull’asfalto da cui la salvò soltanto il casco.

«Voglio tornare ai miei livelli – racconta ancora – e comunque provare a dare una svolta a quella che è la mia carriera. Ringrazio davvero la nazionale che ha creduto in me (in apertura Arianna è con Marco Velo, tecnico delle crono, ndr), perché questo mondiale è un punto di ripartenza. E’ comunque una buona esperienza. Ringrazio anche  Marco Pinotti, che davvero mi ha seguito tutto l’anno con molta pazienza. Con lui mi trovo molto bene, è molto preciso e tiene molto anche alla comunicazione che abbiamo. Per me è fondamentale, è un punto di riferimento. E’ una persona sempre molto chiara e diretta. Ci crede, mi dà sicurezze, è molto diretto e sincero».

BikeExchange e Colleoni, un progetto che doveva andare avanti

17.09.2022
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E’ notizia di qualche giorno fa il prolungamento del contratto di Kevin Colleoni con la BikeExchange-Jayco. Ed è una buona notizia per un giovane italiano che milita in una squadra WorldTour. Questo consente al ragazzo lombardo di poter passare un inverno sereno e soprattutto di dare continuità a questo processo di crescita.

Lo spettro, diciamolo pure, era che senza risultati altisonanti e con il frettoloso ricambio generazionale che si è innescato, l’avventura di Colleoni nel WorldTour potesse interrompersi. Fortunatamente così non è stato. Copeland e i suoi tecnici, tra cui un certo Marco Pinotti, hanno creduto su questo atleta.

Colleoni (classe 1999) è rientrato in corsa nelle prove canadesi. Ora sotto con quelle italiane
Colleoni (classe 1999) è rientrato in corsa nelle prove canadesi. Ora sotto con quelle italiane
Kevin, hai rinnovato per un’altra stagione. Come è andata?

In realtà l’accordo c’era già da un po’ di tempo e per questo ero tranquillo. Era un accordo preso già ad inizio anno, poi quando me lo hanno proposto concretamente ho accettato subito.

Perché?

Perché mi sono sempre trovato molto bene in questo team e non avevo nessun motivo per rifiutare o cercare altro. Io sono contento e fiducioso. Sento che ogni anno faccio dei progressi. So che ci sono anche ragazzi più giovani e forti di me, ma non devo guardare a quei fenomeni che si contano sulle dita di una mano. Voglio crescere con costanza. E l’importante è non avere delle fasi di calo.

Avevi avuto altre offerte?

No, o almeno non so. Io ho cercato sempre e solo di parlare con la BikeExchange, pertanto non so se ci sono state, o ci sarebbero potute essere, altre offerte. Questo era l’obiettivo e l’ho raggiunto.

La dirigenza ha creduto in te, dunque…

Quando ero ancora un under 23 l’obiettivo con loro era quello di crescere e fare esperienza. E lo scorso anno prendendo parte a più gare di seconda fascia un po’ ne ho fatta. Quest’anno sento che vado meglio, ho fatto qualche step e già lavoro in ottica 2023, per continuare a crescere ed arrivare a fare più gare di prima fascia.

Per crescita Colleoni intende anche il feeling con la squadra e la sua maturità nell’essere corridore a 360°
Per crescita Colleoni intende anche il feeling con la squadra e la sua maturità nell’essere corridore a 360°
Quanto ha contato la presenza del tuo coach, Marco Pinotti?

Per me ha inciso tanto. L’anno scorso era un ambiente nuovo per tutti. Sono arrivato in una squadra australiana e mi ha aiutato a non essere una figurina. Marco mi ha aiutato sia dal punto di vista della preparazione che da quello gestionale all’interno della squadra.

Hai parlato di corse di primo livello. Sei reduce dalla trasferta americana con le due gare WorldTour in Canada. Sei soddisfatto?

Senza più la Vuelta, venivo da un periodo di stacco di tre settimane: niente corse. E quella era l’occasione giusta per iniziare a gareggiare pensando alle gare italiane, che sono il vero obiettivo, e per aiutare Matthews. Sono in crescita ma non sono ancora al meglio.

E quali saranno queste gare italiane in cui vuoi fare bene?

Farò la Coppa Agostoni il 29 settembre, quindi l’Emilia, la Tre Valli e il Lombardia.

Prima hai detto che non hai fatto la Vuelta, che invece era da programma: come mai? E ancora: fare un grande Giro è l’obiettivo del prossimo anno?

Sì, è uno dei goal del prossimo anno. Io mi sono posto come obiettivo la partecipazione al Giro d’Italia. Poi ne discuteremo bene a fine anno con la squadra. Riguardo alla Vuelta, non sono più andato per una decisione della squadra e anche per potermi concentrare meglio sul finale di stagione, su quelle gare che vi ho detto.

Colleoni è seguito da Marco Pinotti, con lui cura anche il discorso della crono
Colleoni è seguito da Marco Pinotti, con lui cura anche il discorso della crono
Con il discorso dei punti come sei messo? Fai parte dei primi dieci del team, quelli che contribuiscono al punteggio?

Fortunatamente sì e forse anche per questa motivazione non sono andato alla Vuelta e ho preso parte ad altre gare. L’obiettivo è fare più punti possibili da qui a fine anno, aiutando Simon Yates, che rientra dopo il Covid della Vuelta, e cercando il risultato personale.

Hai le idee chiare… Tra quelle che hai nominato, quale classica ti piace di più?

Il Lombardia. So che è WorldTour ed è più difficile, ma parte da Bergamo dove sono nato e dove mi alleno a volte. L’ho fatto anche l’anno scorso, mi era piaciuto e stavolta parto con un po’ di esperienza in più. E poi la gara di Montreal, dove sono andato bene, per certi aspetti gli somiglia. Insomma la base per fare bene c’è.

Te lo auguriamo…

E anche la Agostoni mi piace molto. Quella è un po’ la corsa di casa. Lissone è a dieci chilometri da casa mia e quelle delle Brianza sono le strade dove mi alleno tutti i giorni.

Sobrero forte al mondiale: Pinotti prima dice forse e poi dice sì…

12.09.2022
4 min
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Malori dice che Sobrero farà un grande mondiale crono. Pinotti, che dell’emiliano è stato rivale e ora allena il piemontese alla Bike Exchange-Jayco, prima dice di avere qualche dubbio. Poi lo risente e cambia opinione. Questa conversazione si è svolta pochi giorni fa, nell’imminenza del volo dei cronomen azzurri per l’Australia, appena dopo l’ultimo allenamento che avrebbe dovuto fugare e in effetti ha fugato gli ultimi dubbi.

Il Polonia sarebbe stato per Sobrero la preparazione per gli europei, poi sfumati
Il Polonia sarebbe stato per Sobrero la preparazione per gli europei, poi sfumati
Come sta Matteo?

Sta bene. Lui è un fuoriclasse della crono, con poco tira fuori tanto. Doveva fare l’europeo, ma è uscito stanco dal Polonia. E’ arrivato a casa il venerdì, ha fatto subito un tampone ed era negativo. Il sabato è venuto fuori che la sua ragazza era positiva e si è capito che anche Matteo forse aveva fatto il Covid a fine Polonia. Per questo non ha corso l’europeo, per non affrontare uno sforzo così violento alla ripresa. A quel punto ha fatto due corse col fiato corto: Overijse e Plouay che non ha finito, con gli stessi segnali di uno che sta uscendo dal Covid. E a quel punto è andato in montagna.

Con Ganna?

Esatto, vicino Macugnaga. Da lunedì (5 settembre, ndr) ha detto che iniziava a stare bene e mercoledì ha fatto il primo allenamento di 5 ore. Ho visto il file per 2/3 del lavoro e mi sembrava buono, poi è calato. Sono partiti venerdì, a quel punto c’era poco da fare.

Malori dice che un Sobrero a livello del Giro si gioca la crono…

Potremmo essere su quel piano, anche se il percorso è diverso rispetto a Verona e il livello dei partecipanti sarà superiore. Sarei contento se arrivasse nei 10. Mi sarebbe piaciuto vederlo all’europeo, sarebbe entrato nei cinque.

Nell’Arena di Verona, lo scorso 29 maggio Matteo Sobrero ha vinto la crono finale del Giro
Nell’Arena di Verona, lo scorso 29 maggio Matteo Sobrero ha vinto la crono finale del Giro
Che cosa farà in Australia?

Ci sono 8 ore di fuso orario, farà un bell’allenamento tre giorni prima della gara. Abbiamo anche messo in atto una strategia per gestire meglio il cambio di orario. Abbiamo interpellato un esperto del sonno. Ci ha garantito che non avrà problemi di jet lag, ma per un atleta non si tratta solo di dormire bene. Il fisico ha comunque bisogno del suo tempo per adattarsi. E comunque non sarà il lavoro degli ultimi giorni a far crescere la condizione. La cosa importante sarà aver recuperato. Contiamo sulla base di luglio.

Farà una distanza prima della crono?

Potrà farla il quarto giorno dopo il suo arrivo, quindi potrebbe essere il 15 settembre, giovedì. Quindi correrà la crono il 18, il Team Relay il 21 e la gara su strada il 25.

Fra le gare cosa si fa?

Poco e niente, qualche lavoro di velocizzazione e recupero.

Plouay sotto tono è stata l’ultima corsa di Sobrero prima dei mondiali
Plouay sotto tono è stata l’ultima corsa di Sobrero prima dei mondiali
A cosa serve questo periodo di altura per un atleta a corto di corse?

Era già andato prima del Polonia per una settimana, non di più. Fa bene fisicamente, ma soprattutto psicologicamente, vivono in una dimensione quasi ascetica. Il volume l’ha mantenuto, ma fra un allenamento e l’altro il tempo di recupero è superiore. Lassù sono giorni intensi, passano 48 ore fra un lavoro e l’altro. Non abbiamo forzato per non farlo arrivare in Australia troppo stanco.

Ancora Malori dice che il percorso con gli strappi e tante curve gli si addice.

Ho visto le curve, ma ho visto anche che sono strade larghe. Dipende da come mettono le transenne, se dovranno smettere di pedalare o non toccheranno neanche i freni. Vero anche che Matteo ha la stessa corporatura di Evenepoel. Peccato sia stato male al Polonia e non abbia fatto l’europeo. Spero di sentirlo presto, su a Macugnaga il telefono non prende. Sono curioso di sapere quali sensazioni ha avuto.

Ai tricolori vinti da Ganna, Sobrero ha centrato il 4° posto. Era campione uscente
Ai tricolori vinti da Ganna, Sobrero ha centrato il 4° posto. Era campione uscente
Rispetto a Evenepoel avrà un migliore avvicinamento…

Se Remco arriva davvero il giovedì, forse gli converrebbe posticipare ancora e arrivare il giorno prima, senza dare il tempo al fisico di adattarsi al fuso. Come fu l’anno scorso per quelli che corsero il Tour e poi andarono a Tokyo.

P.S. Un paio d’ore dopo aver chiuso, Pinotti ha sentito Sobrero e di colpo la sua visione del mondiale crono è cambiata.

«Ho parlato con Matteo – ha spiegato – direi che sono un po’ più ottimista ora. Mi ha detto che come sensazioni stava molto meglio di tre giorni fa. Vuol dire che è in crescita. Finire con il volume completo sarebbe stato effettivamente tanto, ma penso che possa progredire bene da qua al 18. Forse Malori ha ragione…».

Una sola cronosquadre all’anno: come si prepara?

24.08.2022
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Qualche giorno fa la Vuelta è partita con una cronosquadre. Questa è una specialità tanto affascinante, quando delicata e se vogliamo anche più rara. Almeno a certi livelli, infatti, era da un po’ che non se ne facevano. E allora ci si chiede come si possa preparare un evento che in qualche modo resta “unico” nella stagione.

Marco Pinotti, tecnico della BikeExchange-Jayco, ci guida nella gestione della cronosquadre di Utrecht. La prova di apertura della Vuelta è stata vissuta con una vigilia insolita da parte dei team, molti dei quali si sono ritrovati a girare negli autodromi per ritrovare quel po’ di feeling.

La Kern Pharma ha pagato dazio sia in termini di materiali che di organizzazione come si nota dalla disposizione dei suoi atleti
La Kern Pharma ha pagato dazio sia in termini di materiali che di organizzazione come si nota dalla disposizione dei suoi atleti
Marco, la prima domanda è: ha senso investire risorse per un evento che come detto più o meno è singolare nell’arco della stagione?

Se ha senso investire tante risorse, tempo e denaro, per guadagnare pochi secondi e per di più una volta l’anno? Dico di no. Perché o ci investi tantissimo, e allora il discorso cambia e magari guadagni davvero qualcosa, oppure non ne vale la pena. Roglic per esempio su alcuni rivali ha già aperto un piccolo gap con la cronosquadre, ma lo ha fatto grazie ai grandi investimenti a monte della sua Jumbo Visma. Per un solo breve evento non conviene, perché investire poco significa non guadagnare e a quel punto meglio perdere 10” ma aver risparmiato denaro, tempo ed energie. Ed aver continuato a lavorare su altro.

Come è stato preparare una prova simile dopo tanto tempo?

Si prepara con l’obiettivo di vincerla, come sempre. Con entusiasmo e voglia di fare. Una preparazione come quella appena fatta incide soprattutto da un punto di vista psicologico. Se tu parti convinto e consapevole di aver fatto un buon lavoro, sei già a buon punto. La Movistar per esempio, l’altro giorno ha incassato un bel distacco. Loro già sapevano che si sarebbero dovuti difendere. Devi anche bilanciare la squadra pensando al resto della corsa… almeno se punti alla classifica. Però posso anche dire che se la vinci, quello diventa il momento dell’anno. Perché poche cose uniscono il team come la cronosquadre. C’è una grande questione emotiva.

Cosa intendi quando si parla d’investimento: solo materiali?

Materiali, ma soprattutto tempo, almeno in questo caso. Tempo per prepararla. Alla fine un po’ tutti i team se la sono cavata. Ma se la sono cavata perché la prova era corta. E’ durata poco più di 20′ e per uno sforzo di tale durata più o meno tengono tutti. Il discorso sarebbe stato diverso se si fosse trattato di una cronosquadre di 40-50 chilometri. Quella si sarebbe dovuta preparare in altro modo e da prima.

Molti team hanno provato in autodromo o strade chiuse alla vigilia della gara di Utrecht (foto Instagram @veloimages)
Molti team hanno provato in autodromo o strade chiuse alla vigilia della gara di Utrecht (foto Instagram @veloimages)
E voi come avete fatto? Da quanto tempo ci lavoravate?

Abbiamo iniziato dopo il Giro d’Italia. Al termine della corsa rosa già avevamo una mezza idea della squadra che avremmo portato in Spagna. A luglio poi, per tre lunedì con la lista lunga della Vuelta (cioè con le riserve incluse, ndr) abbiamo fatto delle sedute specifiche a Girona, in Spagna. I ragazzi hanno pedalato per 120 chilometri con la bici da crono tutti insieme. Il quarto lunedì è stato quello dopo il Tour e lì c’erano sette ragazzi, sei dei quali sono poi venuti alla Vuelta. In quell’occasione abbiamo fatto un mini ritiro di tre giorni, concentrandoci soprattutto sulla cronosquadre. Infine abbiamo provato un giorno in Olanda con il team definitivo della Vuelta.

E sei soddisfatto della prestazione dei tuoi ragazzi?

Tutto sommato sì, ma poteva andare un po’ meglio. Il giorno della prova abbiamo girato sull’asciutto, mentre in gara era ancora un po’ bagnato. Non che piovesse, ma nelle prime curve la strada era ancora alquanto umida e cadeva qualche gocciolina. Dico che il meteo ha condizionato le prime 10-12 squadre. Fossimo partiti 20′ dopo sarebbe cambiato molto. I miei ragazzi le prime curve le hanno fatte piano, specie quelle più veloci. Noi abbiamo frenato, gli altri ci sono passati in pieno. Noi perdevamo la posizione sulle protesi, rallentavamo, gli altri no. Con un occhio veloce ai dati, noi la facevamo a 39 all’ora, gli altri a 45-47. Senza contare che poi si perdono più energie per riportare la velocità a 60 all’ora. Un po’ meglio sulle curve più lente, dove c’era da frenare.

Nella cronosquadre incide il lavoro sul singolo, sui materiali… oppure è tutt’altra cosa?

Riguardo ai materiali sostanzialmente abbiamo cambiato i rapporti, un po’ più lunghi: ma nulla più. Riguardo al lavoro sul singolo, dico che a cascata incide. Per la proprietà transitiva: se il singolo va più forte, va più forte anche la squadra. Poi però chiaramente ci sono molti altri aspetti a partire da quello della posizione in bici dello stesso atleta.

Materiali: si è intervenuto solo sui rapporti. L’unica scelta le gomme: qualcuno ha optato per quelle da bagnato (foto Instagram – Getty)
Materiali: si è intervenuto solo sui rapporti. L’unica scelta le gomme: qualcuno ha optato per quelle da bagnato (foto Instagram – Getty)
Cioè?

La posizione nella cronosquadre è “meno importante” che in quella individuale. Nella prova individuale la capacità di esprimere potenza passa anche da una posizione ottimale quando si è (più o meno) alla soglia. Nella cronosquadre invece il singolo che tira per 15”-20” va 150 watt sopra alla soglia e quando è chiamato a esprimere quei valori, non è mai nella posizione ottimale, che si trova in galleria del vento o in pista. Perché è talmente a tutta che si scompone un po’, pedala anche con le spalle. E quando ha finito, si rimetti in scia.

E’ cambiato molto l’approccio rispetto a quando c’era il mondiale per team?

Di certo all’epoca la cronosquadre era più importate e ci si lavorava di più. Noi alla fine abbiamo messo insieme il team a giugno, ci abbiamo lavorato a luglio e gareggiato ad agosto. Quando c’era il mondiale iniziavi a lavorarci a dicembre e correvi a fine settembre. Ma torniamo al discorso di prima: quella iridata non era una prova di 20 chilometri, bensì di 60. In un’ora di sforzo cambia tutto: altri distacchi, altre esigenze, tanti particolari da affinare.

La Jumbo Visma ha dominato e la cosa era nell’aria: per te loro hanno beneficiato del lavoro sui singoli come dicevamo?

Anche loro hanno avuto un avvicinamento come gli altri. Credo che abbiano girato un giorno prima: il mercoledì e non il giovedì, ma non credo abbiano fatto ritiri specifici per la prova di Utrecht. E poi con quei corridori a loro davvero bastava un giorno! Quando in squadra hai gente come Roglic, Dennis e Affini è più facile e non solo perché spingono forte e sono dei cronoman…

Il treno della Jumbo-Visma guidato da Affini si è permesso di far restare Kuss a ruota
Il treno della Jumbo-Visma guidato da Affini si è permesso di far restare Kuss a ruota
E perché allora?

Perché gente così tira anche per 40” e alla fine fanno meno cambi rispetto a chi tira per 15”. Pensate che hanno tenuto Kuss, scalatore, come ultimo uomo, lui era in coda e non ha tirato.

Giusto… tutto diventa più “facile”, meno “caotico. E voi ogni quanto cambiavate?

Mediamente tra i 15” e i 25”, ma soprattutto all’inizio erano le curve a determinare i cambi. Michael Hepburn è arrivato a 30”, ma sempre perché in un paio di trenate si è trovato la curva a metà che lo ha fatto rifiatare quel tanto da non perdere la velocità così presto.

Perché è quella che comanda, non tanto il tempo delle trenata: appena la velocità inizia a scendere, bisogna cambiare…

Comanda la velocità, ma bisogna cambiare prima che inizi a scendere!

Colleoni, la crescita c’è, ma il grande Giro deve attendere

11.08.2022
4 min
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Tra le belle notizie dello Sazka Tour, non c’è stata solo la vittoria di Lorenzo Rota, ma anche l’ottima prestazione di Kevin Colleoni. Il lombardo della BikeExchange-Jayco è arrivato terzo, ma quel che più conta è stato il segnale che ha dato e le sensazioni che avuto.

Kevin ci racconta di essere in crescita, che la gamba inizia a girare e che la differenza rispetto allo scorso anno, quando era un debuttante tra i pro’, si sente.

Da oggi sarà impegnato in Norvegia, all’Arctic Race. Gambe e morale sono alti. «L’obiettivo – ammette Colleoni – è fare punti per la squadra con Groenewegen per le volate e Schultz per la generale. Magari per me è un po’ complicato fare risultato, ma vedremo giorno per giorno».

In Repubblica Ceca per Colleoni (classe 1999) un ottimo terzo posto finale
In Repubblica Ceca per Colleoni (classe 1999) un ottimo terzo posto finale

Crescita concreta

Kevin è stato un ottimo dilettante. Magari senza l’avvento del Covid avrebbe vinto di più e sarebbe passato con un palmares ancora più importante, chissà…

«Le cosa vanno bene, dai… Sto preparando questa seconda parte di stagione. Dopo lo stacco e la preparazione a Livigno sento che va bene. Meglio dello scorso anno. Mi sento più maturo e la differenza l’ho vista proprio in Repubblica Ceca».

«Riesco a stare meglio davanti, avere un obiettivo e arrivarci pronto… non è sempre scontato. Tutto sommato sto andando come mi aspettavo, non ho avuto problemi. E forse ho fatto anche qualcosina in più di quel che mi potevo attendere.

«L’anno scorso, al primo anno, è stata dura, adesso invece quando si va forte davvero sto davanti “facile”. Ci sono anche più motivazioni. E’ una crescita a 360 gradi».

A Livigno molte ore di allenamento, anche con la sua compagna Arianna Fidanza
A Livigno molte ore di allenamento, anche con la sua compagna Arianna Fidanza

Niente Vuelta

Colleoni aveva anche preso parte al Delfinato e di solito chi disputa quella corsa, a meno che non esca dal Giro, è dirottato verso il Tour. Vedendolo tra i partenti abbiamo sperato in una sua presenza alla Grande Boucle.

«Al Delfinato – dice Colleoni – sono andato per supportare la squadra e Gronenewegen in particolare. E a dire il vero il Delfinato lo avevo fatto anche l’anno scorso, ma solo per fare esperienza. 

«Il Tour non è mai stato nei programmi, quel che era in programma invece era la Vuelta, ma poi il team ha cambiato i piani e per il mio primo grande Giro dovrò aspettare il prossimo anno. E mi dispiace, perché ero pronto e l’ho dimostrato».

Neanche Kevin conosce le motivazioni reali di questo cambio di programma in corso d’opera. Probabilmente di mezzo c’è la questione dei punti o magari la scelta di andare in tutto e per tutto con un team a supporto di Simon Yates. Senza Vingegaard e Pogacar e un Roglic dato non in super condizione potrebbe essere un’occasione ghiottissima.

Colleoni sin qui ha quasi sempre lavorato per la squadra
Colleoni sin qui ha quasi sempre lavorato per la squadra

Con Pinotti…

Una cosa è certa: Pinotti è dalla sua parte. Marco segue direttamente Colleoni. Questa collaborazione va avanti da un anno e si sta rafforzando. 

«Con Pinotti mi trovo benissimo – dice Colleoni – parliamo tanto, siamo vicini di casa e abbiamo la possibilità di confrontarci faccia a faccia, a volte persino in bici. Quest’anno a Livigno, Marco è stato davvero presente».

«Lo scorso anno era la prima stagione che lavoravo con lui: non ci conoscevamo bene. Ho dovuto apprendere i suoi metodi… Adesso invece ci si fida di più, si parla di più e possiamo correggere meglio il tiro. Per esempio se un giorno non va scarichiamo, un altro giorno invece facciamo di più. Sono cose che migliorano col tempo».

Kevin Colleoni, Giovanni Aleotti, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Kevin Colleoni con a ruota Giovanni Aleotti nella tappa dell’Aprica Giro d’Italia U23 2020
Kevin Colleoni, Giovanni Aleotti, Aprica, Giro d'Italia U23 2020
Kevin Colleoni con a ruota Giovanni Aleotti nella tappa dell’Aprica Giro d’Italia U23 2020

Scalatore dentro

All’inizio avevamo parlato di un Colleoni dilettante molto forte. Un talento che sapeva destraggiarsi molto benone su tutti i terreni. Fortissimo in salita se la cavava anche in volata. E se c’era da andare in fuga non si tirava indietro. 

Adesso dopo un anno di professionismo che corridore è?

«Personalmente – conclude Colleoni – mi sento più scalatore che altro. Più da corse a tappe, magari brevi o corse di un giorno dure. Sin qui non ho mai disputato gare a tappe più lunghe di 10 giorni (il Giro U23, ndr) o di otto giorni tra i pro’, quindi non saprei dire se sono per i grandi Giri.

«E anche per questo sono molto motivato e curioso di vedere come posso andare in un grande Giro. E a fare sempre di più in generale».