Gli equilibri in un grande Giro: Pinotti spiega come si fa

20.09.2023
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Il ciclismo gioca su equilibri estremamente sottili, tutto si può vincere o perdere per un dettaglio. Nelle grandi corse a tappe tutto questo si amplifica: si passa dalla pianura alle montagne, fino ad arrivare alle cronometro. Chi vuole vincere deve unire prestazioni di alto livello in ognuno di questi settori. Ma come si trova l’equilibrio giusto? Pinotti ci aiuta a capirlo, prendendo spunto da diversi esempi. 

«Ci sono delle affinità – spiega il preparatore della Jayco AlUlatra una cronometro a lunga percorrenza e una salita da un’ora. Prendiamo l’esempio di Evenpoel, che ha pagato 27 minuti nel giorno del Tourmalet: secondo me è dovuto ad altri fattori».

Lo sforzo per conquistare la maglia iridata a Glasgow è costato a Evenepoel in termini di preparazione per la Vuelta
Lo sforzo per conquistare la maglia iridata a Glasgow è costato a Evenepoel in termini di preparazione per la Vuelta
Quali?

Lui è stato l’unico uomo di classifica a fare il mondiale, sia strada che cronometro. Quella decisione specifica può averlo penalizzato, perché tra il viaggio e le corse ha perso tra la settimana e i dieci giorni di allenamento. In quel periodo avrebbe potuto lavorare di più in altura e curare meglio la preparazione della Vuelta.

Come si trova il giusto equilibrio nella preparazione tra strada e cronometro?

Si basa tutto sul tipo di percorso. Al Giro di quest’anno le cronometro erano tre: due per specialisti e una cronoscalata. Le prime due erano anche posizionate presto, alla prima e decima tappa. Mentre alla Vuelta la sfida contro il tempo, individuale, era solo una.

Quindi ci si poteva anche concentrare meno sulla preparazione?

E’ chiaro che ci devi sempre dedicare del tempo. Ma tutto va in base agli obiettivi, alla fine devi essere in grado di esprimere la stessa potenza su una bici diversa e in modo più aerodinamico. 

I giorni successivi alla crisi del Tourmalet il belga ha fatto vedere grandi cose, a testimonianza che la gamba c’era
I giorni successivi alla crisi del Tourmalet il belga ha fatto vedere grandi cose, a testimonianza che la gamba c’era
Quante ore si dedicano alla cronometro nel preparare una Vuelta come quella appena conclusa?

Il corridore e i preparatori decidono insieme, ma si passa dalle due ore a settimana ad un massimo del 5 o 10 per cento delle ore di allenamento. Non è importante l’aerodinamica, ma lo sviluppo della potenza. 

Facci un esempio…

Kuss. Lui ha sempre affrontato le cronometro come un giorno di riposo, ma nel momento in cui è stato chiamato a fare la gara, ha tirato fuori una discreta prestazione (13° a 1’26” da Ganna, ndr). Non aveva una posizione super aerodinamica, ma era efficace. Secondo me Kuss ha vinto la Vuelta in quel momento specifico. 

Quanto conta la posizione aerodinamica per un uomo di classifica?

Meno del previsto. Alla fine, come dicevo prima, si tratta di un fatto di potenza e percezione della fatica. In preparazione a una gara a tappe la cronometro si cura sulla prestazione. All’atleta viene chiesto di esprimere una determinata potenza, diciamo 300 watt, per un determinato intervallo di tempo. Su una bici da strada a 300 watt hai una percezione della fatica di 7, mentre sulla bici da cronometro è 10. Allora in quel caso si cambia la posizione cercando una comodità maggiore. 

Kuss nella cronometro si è difeso molto bene nonostante una posizione poco aerodinamica
Kuss nella cronometro si è difeso molto bene nonostante una posizione poco aerodinamica
Evenepoel ha il vantaggio di avere una posizione quasi perfetta…

Lui e Ganna sono quelli che hanno un angolo tra coscia e busto praticamente nullo. Evenepoel potrebbe curare meno la cronometro in vista di un grande Giro proprio per questo. Ha talmente tanto vantaggio in termine di posizione e di aerodinamica che comunque porta a casa qualcosa. Abbiamo visto che a cronometro andrà sempre bene: ha vinto al Giro, poi il mondiale e ha fatto secondo nella crono della Vuelta.

Ma quindi è vero che allenarsi a cronometro aiuta a mantenere le prestazioni alte anche in salita?

Sì, dal punto di vista della potenza aerobica assolutamente. Si tratta di fare lo stesso lavoro di soglia o fuori soglia. Anzi in salita dovrebbe essere più semplice, perché sei meno estremo nella posizione, quindi respiri meglio e usi più muscoli. Vi faccio un altro esempio.

Per Evenepoel è arrivata la maglia di miglior scalatore, una magra consolazione per un corridore del suo spessore
Per Evenepoel è arrivata la maglia di miglior scalatore, una magra consolazione per un corridore del suo spessore
Prego…

I numeri che Evenepoel ha fatto vedere nelle tappe successive al Tourmalet fanno capire che stava bene. Non vinci il giorno dopo se non sei a posto, il “passaggio a vuoto” me lo aspettavo anche da lui. E’ arrivato nel giorno peggiore. 

Perché te lo aspettavi?

Ripeto, quel mondiale gli è costato tanto in termini di allenamento e di preparazione. Avrebbe potuto allenarsi di più in altura e reggere meglio ad una tappa del genere, giocandosi la Vuelta fino in fondo. 

Vento, condizioni fisiche e radio: quei 12″ tra Ganna e Remco

23.08.2023
5 min
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Filippo Ganna non ha conquistato la maglia iridata della cronometro per 12” dopo una sfida lunga 47,8 chilometri. Remco Evenepoel, il vincitore, in pratica gli ha rifilato 0,25” al chilometro. Un quarto di secondo ogni mille metri. Un’inezia.

Un distacco così fa pensare e ripensare: dove ha perso quei pochi secondi Ganna? Una domanda che si è posto lo stesso piemontese dopo la gara.

Noi invece lo abbiamo chiesto a tre esperti di crono: Adriano Malori, Edoardo Affini e Marco Pinotti. Un’inchiesta, una riflessione tecnica, che resta comunque molto complicata. Ricordiamoci che parliamo di distacchi piccoli, che siamo nell’era dei marginal gain in cui ogni dettaglio incide, ma che di contro (e paradossalmente) 12” potrebbero non essere neanche pochi. Sul banco degli “imputati” finiscono: materiali, tattiche, condizione, riscaldamento, guida, regole… Un bell’intrigo insomma!

Ganna in lotta col vento (notate l’erba). Il cx migliore di Remco ha fatto la differenza?
Ganna in lotta col vento (notate l’erba). Il cx migliore di Remco ha fatto la differenza?

Malori insiste sul vento

Adriano Malori già ci aveva accompagnato nel post di quella crono. Il “Malo” aveva indicato il vento come il rivale numero uno di Ganna, almeno tra i fattori esterni. E in particolare il vento laterale. E resta su quella linea.

«Anche se dalla tv non si è visto molto – dice Malori – nel tratto più lungo, quello in cui si andava nel doppio senso di marcia, si notava come Evenepoel, piccolino, “sbacchettasse” parecchio. In quel punto uno grande come Pippo faceva più resistenza. Se dondolava Remco figuriamoci Pippo.

«Per il resto, sui materiali non credo che abbia perso terreno perché comunque Ganna è alla Ineos-Grenadiers e lì ci lavorano bene e costantemente. Semmai, visto lo strappo finale, con la doppia corona al posto della mono Ganna sarebbe potuto andare un po’ più forte. Ma anche nel chilometro finale è stato comunque più veloce di Remco di 3”. In ogni caso non sarebbe bastato a colmare il gap dei 12″.

«Riguardo alla guida, tanto più che la regìa tv non è stata il massimo, è difficile giudicare. Bisognava stare in ammiraglia dietro a Pippo. In generale ci può stare perdere quei 12″ lì: bastano un paio di curve fatte male che all’uscita devi rilanciare e la frittata è fatta. Ma, ripeto, questo aspetto non siamo in grado di poterlo analizzare».

Prima di chiudere Malori getta sul piatto un argomento molto interessante: secondo lui le nuove regole UCI penalizzano Ganna nella posizione: «Filippo è troppo schiacciato e meno allungato di altri sulla bici».

A Glasgow Ganna ha usato la nuova Bolide: tra le novità la monocorona di Shimano e una versione aggiornata del manubrio 3D
A Glasgow Ganna ha usato la nuova Bolide: tra le novità la monocorona di Shimano e una versione aggiornata del manubrio 3D

Affini, Remco e il suo cx

Edoardo Affini, che torna in gara oggi al Benelux (Renewi Tour) è quello più dubbioso circa il recuperare questo gap. E lui le crono attuali le fa… e anche forte.

«La differenza con Remco la fa la “pagliuzza” – dice il corridore della Jumbo-Vismanon è facile capire dove recuperare 12”. Io partirei dalla prestazione, ma bisognerebbe conoscere i reali valori dei ragazzi. Da quel che so io, hanno detto che Pippo ha fatto una delle sue migliori prestazioni in assoluto, quindi non credo si possa battere su questo tema. E anche la gestione tattica di Pippo è stata buona, visto che sul muro finale è andato fortissimo.

«Idem sui materiali: addirittura so che in Ineos-Grenadiers gli avevano dato un manubrio nuovo che lo rendesse ancora un pelo più aerodinamico così da limare ancora qualcosa».

Anche Affini insiste sul discorso del vento e dell’aerodinamica. Ma più che sottolineare lo svantaggio di Ganna, esalta il vantaggio di Remco.

«Evenepoel è molto potente, anche se meno di Ganna, ma più piccolo. Non è grosso come me e Pippo, quindi è più aerodinamico. Gente come noi si può abbassare sul manubrio quanto vuole, ma l’impatto frontale e con il vento laterale sempre grande resta.

«Penso anche che il vento sia una variabile che non puoi controllare, pertanto farei davvero difficoltà a capire dove limare quei 12 secondi».

La radio che si nota sporgere sul petto di Evenepoel, aveva una valenza aerodinamica ed era ai limiti del regolamento
La radio che si nota sporgere sul petto di Evenepoel, aveva una valenza aerodinamica ed era ai limiti del regolamento

Pinotti: prestazioni e regole

Marco Pinotti, tecnico della Jayco-AlUla, ma al tempo stesso ex cronoman ed ingegnere, ha invece qualche ipotesi in più da vagliare per recuperare quei 12 secondi.

«Io – spiega Pinotti – anche se in casa Ineos hanno parlato di grande prestazione, ho qualche dubbio in merito. Intendiamoci, non dico che Ganna non sia andato forte, ma non è stato super come altre volte. Magari anche perché aveva lavorato molto per la pista e non aveva fatto un lavoro specifico per la crono. Io so che hanno spinto molto sull’aerodinamica (e il manubrio nuovo lo confermerebbe, ndr), sui materiali e hanno perso un po’ di focus sull’allenamento.

«Ripenso alla crono che Filippo ha vinto al Wallonie pochi giorni prima. Era andato forte, ma aveva rifilato distacchi minimi a Tarling e agli altri, nonostante la crono misurasse 32 chilometri. Questo mi ha fatto riflettere. Si può mettere così: Ganna non è andato piano, ma per una serie di motivi non è cresciuto ulteriormente come può ancora fare alla sua età».

Pinotti poi insiste anche su un altro aspetto, un dettaglio che tutti abbiamo notato, ma che nessuno ha approfondito: la radio che Evenepoel aveva sul petto. Quella “radiolona” ha certamente avuto delle influenze aerodinamiche. Di fatto, inserita in quel body aero e aderente era un profilo. Anche Ganna ce l’aveva, ma la sua era ben più piccola: era la radio e basta. Ganna non aveva la radio avvolta nel pluriball come già qualcuno ha utilizzato in questa stagione.

«In questo senso servirebbero delle regole chiare – dice Pinotti – da parte dell’UCI. E’ noto che un riempitivo in quel punto dà dei vantaggi. Nel triathlon, che è libero, lo usano ma qui va chiarito una volta per tutte come fare. Una superficie simile, nell’arco di quasi 50 chilometri potrebbe anche essere stata decisiva, visto che parliamo di 12 secondi».

Pinotti, dicci: quali progetti avete su De Pretto?

19.08.2023
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La Jayco AlUla ha messo a segno, nell’estate calda e affollata di impegni del ciclismo, un bel colpo di mercato. Il team australiano ha preso Davide De Pretto dalla Zalf. Un corridore che ha dimostrato tanto in questi anni da under 23 e che lascia la continental veneta dopo due stagioni e tanti bei piazzamenti.

Per De Pretto (il secondo in maglia azzurra) quella di Glasgow è stata la seconda presenza al mondiale U23
Per De Pretto (il secondo in maglia azzurra) quella di Glasgow è stata la seconda presenza al mondiale U23

Seguito dal 2022

De Pretto ha 21 anni, nel ciclismo moderno è l’età giusta per passare professionista, e anche la Jayco lo sa, tant’è che lo segue da un anno ormai. Aveva iniziato con uno stage estivo, ad agosto, dove aveva preso le misure. Poi è arrivata la convocazione al ritiro invernale della Jayco-AlUla e, per completare il cerchio, ecco la firma su un biennale che lo porta ufficialmente nel WorldTour. Marco Pinotti è uno dei tecnici che lo ha seguito maggiormente in queste sue esperienze con il team australiano.

«Lo avevo seguito – racconta Pinotti – fin dallo stage del 2022, in realtà lo tenevo monitorato dall’inizio di quella stagione. E’ arrivato ad agosto non nella migliore della condizioni, arrivava dai mondiali di Wollongong e non ha avuto tanto tempo per ambientarsi e correre. Tuttavia non si era comportato male, al Giro dell’Emilia è stato l’unico a finire la corsa insieme a Colleoni. Mentre alla Tre Valli della Jayco è arrivato solo lui al traguardo».

De Pretto quest’anno ha ottenuto degli ottimi risultati nelle gare internazionali di inizio stagione (photors.it)
De Pretto quest’anno ha ottenuto degli ottimi risultati nelle gare internazionali di inizio stagione (photors.it)

Un anno dopo

Poi è arrivata la convocazione al ritiro di gennaio, dove De Pretto ha lavorato tanto con il team. Un rinnovo di fiducia importante, culminato con l’annuncio del suo approdo ufficiale alla Jayco AlUla, poche settimane fa. 

«Quei giorni di lavoro con noi in inverno – spiega Pinotti – gli hanno fatto bene. Sicuramente ha affrontato un buon blocco di lavoro, lo abbiamo spinto fuori dalla sua zona di comfort. Ne ha beneficiato, tanto che a inizio stagione è andato forte. E’ arrivato terzo al Piva, terzo alla Liegi U23 e secondo al Belvedere. Questo suo arrivo da noi è stata la chiusura di un cerchio, di un percorso studiato e portato avanti con precisione.

«Forse – continua – avrebbe potuto fare un anno di maturazione in più tra gli under 23, ma non alla Zalf. Da luglio abbiamo un accordo con la squadra di Axel Merckx (Hagens Bergman, ndr) e vogliamo lasciare da loro qualche corridore che deve crescere e maturare. Ma l’accordo con il team di Merckx è arrivato dopo quello con lo stesso De Pretto».

Già nel 2022, De Pretto ha avuto modo di fare uno stage con il team WorldTour (foto Instagram)
Già nel 2022, De Pretto ha avuto modo di fare uno stage con il team WorldTour (foto Instagram)

Ambientamento

I benefici che De Pretto può trarre dal correre subito con la Jayco-AlUla sono legati al suo ambientamento. Il giovane italiano arriva da un team completamente diverso rispetto a quella che può essere una WorldTour. Prendere le misure sarà importante per lui e per la squadra, così da non perdere troppo tempo. 

«Il suo percorso – dice nuovamente Pinotti – dovrà prevedere un periodo di ambientazione ad inizio anno. Il più grande ostacolo sarà la lingua, ecco perché nel ritiro che ha fatto con noi a gennaio lo abbiamo messo in gruppo con gli italiani (Zana, De Marchi, Sobrero, ndr). Sarebbe l’ideale fargli fare un avvicinamento come quello di Engelhardt. Il quale ha preso sempre più fiducia ed è arrivato a vincere due gare già alla sua prima stagione con noi.

«De Pretto – spiega Pinotti – è un corridore sveglio, sa correre bene e ha un buon spunto veloce. Un primo grande obiettivo potrebbe essere quello di farlo correre alla Liegi dei grandi, visto che a quella degli under 23 è arrivato terzo. E’ un’ipotesi, però si è visto che le corse che gli piacciono sono queste».

Al Giro Next Gen ha conquistato la maglia ciclamino, una bella prova per il corridore della Zalf (foto LaPresse)
Al Giro Next Gen ha conquistato la maglia ciclamino, una bella prova per il corridore della Zalf (foto LaPresse)

Un grande cambiamento

A De Pretto manca l’abitudine di correre con regolarità le corse a tappe, nel 2022 ne ha fatta solamente una. Mentre nel 2023 è a quota due, forse farà il Giro del Veneto, e così diventerebbero tre. E’ un numero basso, comunque, visto che nel ciclismo dei grandi ora si lavora per blocchi di lavoro e per corse a tappe, anche brevi.

«Il salto dalla Zalf alla Jayco – dice ancora Pinotti – è importante, da noi si fanno meno gare e ci sono più periodi per allenarsi. De Pretto dovrà essere bravo ad abituarsi e a costruire una grande resistenza per i periodi successivi. Un primo punto sul quale migliorare saranno sicuramente le salite lunghe, dove per peso e caratteristiche può crescere ancora. Lui però è il prototipo del corridore moderno: esplosivo, leggero e rapido».

Sobrero, in uscita a fine stagione, e De Pretto hanno caratteristiche simili nelle corse in linea
Sobrero, in uscita a fine stagione, e De Pretto hanno caratteristiche simili nelle corse in linea

Come Sobrero?

La Jayco-AlUla ha perso Sobrero, passato alla Bora-Hansgrohe di Gasparotto. L’arrivo, quasi simultaneo di De Pretto ha fatto sorgere una domanda: potrà sostituire il piemontese?

«De Pretto – conclude Pinotti – è un corridore che porta tanti punti e noi serviva un profilo così. Un atleta che può fare bene dai Paesi Baschi al Romandia e poi nelle classiche di fine stagione. La perdita di Sobrero ci fa dispiacere, abbiamo provato a tenerlo, ma non ci siamo riusciti. De Pretto e Sobrero si sono incontrati nel ritiro di Livigno, con una battuta ho detto a Sobrero: “Abbiamo trovato il tuo sostituto, che va più forte di te! Se rimani gli fai da gregario”. Chiaramente scherzavo, a livello di corse di un giorno sono simili, l’unica differenza è nelle tempistiche.

«Sobrero nel primo anno in Astana e al primo con noi non ha curato molto le gare in linea, sacrificando tutto alla cronometro. Quest’anno abbiamo provato a rimetterlo in carreggiata, ma gli mancava un po’ di abitudine, anche se poi ha vinto in Austria. Con De Pretto potremo subito concentrarsi sulla sua crescita nelle gare in linea, non avendo alternative sulle quali concentrarci. Sarei contento se De Pretto diventasse come Sobrero, o qualcosa in più. Speriamo che quest’ultimo ci lasci con un bella vittoria di tappa alla Vuelta, sarebbe un bel regalo».

Il monte ore annuo del cronoman: numeri da capogiro

15.08.2023
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All’inizio dell’anno viene decisa gran parte della stagione, sia quella agonistica (il calendario) sia quella relativa alla preparazione. Sempre più spesso si sentono parlare coach ed atleti di ore di allenamento, non solo nel ciclismo, e non di chilometri. Questo approccio dà un quadro d’insieme di quanto siano grandi i volumi di attività nel corso dell’anno.

In questa suddivisione colpisce moltissimo la differenza di ore di sella fra chi è anche un cronoman e chi no. Possono esserci differenze pari a dieci volte, tra chi vi pedala per 10-12 ore e chi per 100-120 ore. Quando si entra in tema di cronometro e di preparazione va quasi da sé che l’interlocutore sia Marco Pinotti, coach della Jayco-AlUla.

Una bici da crono (da allenamento) per Foss. L’ex iridato ci fa anche le distanze in quota
Una bici da crono (da allenamento) per Foss. L’ex iridato ci fa anche le distanze in quota
Marco, davvero si parla di quelle quantità di ore e di quelle differenze?

Magari 120 ore sono effettivamente molte, anche se non è un numero impossibile, tuttavia può starci specie se ci si include le gare.

Il monte ore si stabilisce ad inizio stagione?

Non del tutto. Non si pongono delle percentuali di ore a crono e di ore su strada. Diciamo che ad un cronoman si cerca di fornire prima di altri la bici “da tempo” e la prende almeno per un’uscita a settimana. Sempre. Che diventano due prima di un grande Giro o di una gara in cui c’è una crono e tre prima di un evento come un mondiale, un’Olimpiade, un campionato nazionale… Tutte cose che lo stradista in linea non fa e che chiaramente contribuisce a spostare il monte ore di allenamento verso la crono.

E a fine stagione, in percentuale, quanto tempo del suo monte ore uno specialista passa sulla bici da crono?

Si va dal 10 al 50 per cento, per i super specialisti. Io credo che una quantità di ore più concreta sia tra le 80 e le 100 ore l’anno per un cronoman sulla bici da crono. Mentre gli altri si attestano al di sopra delle 20 ore.

Quanto può dare in più lo stare in sella alla bici da crono? Ammesso che si possa stabilire…

E’ difficile, dipende molto da come si passano quelle ore sulla bici da crono e anche dalla posizione che ha quello specialista, cioè se è più o meno estrema. Diciamo che può esserci una differenza di miglioramento del 5 per cento. Ma è un dato molto grossolano.

Chi era un atleta che passava davvero tante ore sulla bici da crono?

Mi viene in mente Kung, ma forse più di tutti Rohan Dennis. Lui ci fa anche i lavori specifici e forse anche per questo è uno dei pochissimi atleti in grado di esprimere gli stessi watt, se non di più, sulla bici da crono che non su quella da strada. Perché va ricordato che la vera differenza il cronoman la fa con l’efficienza biomeccanica. E’ una questione muscolare.

Sin qui abbiamo parlato dei cronoman. Ma quanto è importante che su quella bici ci passi del tempo anche lo scalatore?

E’ importante, ma questo non deve togliere nulla alla sua attività principale che è andare forte in salita. Poi è chiaro che è importante, specie nel ciclismo super livellato (in alto) di oggi, ma gli obiettivi per cronoman e scalatore sono diversi.

Grazie all’aumento del monte ore sulla bici da crono, Kristen Faulkner è migliorata molto anche nella guida di questo mezzo
Grazie all’aumento del monte ore sulla bici da crono, Kristen Faulkner è migliorata molto anche nella guida di questo mezzo
Cioè?

Il cronoman si allena a crono per andare forte in quella disciplina. Lo scalatore soprattutto perché il giorno dopo la tappa contro il tempo non deve accusare troppo a livello muscolare il cambio di bici. Si chiama transizione. Simon Yates (nella foto di apertura, ndr) per esempio, ci ha lavorato parecchio e non a caso al Tour il giorno dopo la crono ha fatto secondo. Ovviamente quando dico che è importante per lo scalatore, mi riferisco a quello che deve fare classifica.

Marco, prima hai detto che a grandi linee usare molto la bici da crono può dare un 5 per cento in più rispetto a chi la usa di meno in termini di prestazione, di efficienza biomeccanica, e in termini di guida?

Chiaramente serve, ma con i fenomeni e i materiali che ci sono adesso conta un po’ meno che in passato. Oggi ci sono dei super specialisti e qualche fenomeno tra gli uomini di classifica: basta. Tanti corridori per svariati motivi (traffico, tempistiche, certezza di rispettare determinati wattaggi…) utilizzano la bici da crono sui rulli. In questo modo magari migliorano sul piano muscolare e della posizione, ma non su quello della guida. Tuttavia questo tipo di miglioramento è strettamente legato alle capacità di guida del singolo atleta. Matteo Sobrero per esempio è molto bravo e, parlando di guida, non avrebbe così necessità di passarci tante ore. Kristen Faulkner, al contrario, ne aveva tanto bisogno. Da quest’anno ha aumentato il suo monte ore con la bici da crono ed è migliorata parecchio.

Pinotti e Zana, un mese in altura prima del Giro

05.06.2023
6 min
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Uno l’ha ringraziato più volte durante il Giro d’Italia. L’altro aveva espresso degli apprezzamenti nei suoi confronti. Parliamo di Filippo Zana e Marco Pinotti, atleta e coach.

La coppia della Jayco-AlUla ha iniziato col piede giusto la sua storia lavorativa. Pinotti ci racconta proprio di questo viaggio e come è intervenuto con il corridore veneto. «Ma lo dico subito – spiega Pinotti – il merito è anche dello staff. Penso a Laura Martinelli per esempio. Ogni giorno, ogni allenamento, di ogni camp o altura, era calibrato al meglio per quanto riguarda l’alimentazione. E questo ti consente di lavorare al top».

Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla. Segue direttamente Zana
Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla. Segue direttamente Zana
Marco, un bel Giro da parte di Zana: te l’aspettavi?

Un po’ sì. Speravo in una vittoria di tappa, visto come era uscito dall’ultima settimana del camp che avevamo fatto in altura. Ne ho avuto conferma immediata già al Romandia. C’era un livello di partenti di tutto rispetto e Filippo era andato forte. Di contro avevo pensato che ci fossero quelli che arrivavano stanchi dalle classiche di aprile e che invece Zana fosse fresco. Ma al Giro no…

Al Giro ha trovato concorrenti che avevano preparato il Giro…

E giorno per giorno Filippo dava segni di ottima condizione. L’unico dubbio era l’ultima settimana, visto che andava forte proprio dal Romandia. Invece ha continuato a migliorare. Ma questo era un dubbio più mio che suo, perché la preparazione era stata fatta per arrivare bene a inizio Giro. E invece lo ha finito forse meglio di come l’aveva iniziato.

Andava in fuga, tirava per i compagni, spingeva il rapporto…

Filippo ha preso le fughe che doveva, che poi sono quelle andate via di forza. Sinceramente, persa l’opportunità di Bergamo, pensavo fosse davvero difficile vincere una tappa… E invece ne ha vinta una ancora più bella, per di più contro gente difficile, basta pensare a Pinot. E il giorno dopo sulle Tre Cime si è confermato nonostante venisse da una tappa in cui aveva speso tanto.

Sul Lussari l’abbiamo visto arrivare stremato…

Ha fatto molto forte la parte in salita. Una sorta di test per il futuro.

Tanto lavoro con la squadra per il tricolore Zana (qui con Colleoni) tra i due training camp e le due alture
Tanto lavoro con la squadra per il tricolore Zana (qui con Colleoni) tra i due training camp e le due alture
E a proposito di futuro, può essere un uomo da corse a tappe, Zana?

Non ho la sfera di cristallo, ma credo che lui già sia da corse a tappe. Ha chiuso 18° nelle generale: magari quest’anno ne ha avuti tre o quattro in più che sono andati a casa, ma succede sempre che alcuni big abbandonino. E poi non dimentichiamo che Filippo ha già fatto terzo ad un Tour de l’Avenir: vieni considerato di default da corse a tappe. Magari potrà iniziare a lavorarci puntando a quelle di una settimana. Per certi aspetti mi ricorda un po’ Caruso. Damiano ha iniziato ad andare veramente forte nei Giri quando aveva 26-27 anni.

Può arrivare in alto, ma in modo progressivo insomma: è così?

Esatto. Quando un corridore tira per il capitano e nel finale restano in dieci, vuol dire che i numeri li ha anche lui.

Marco, come hai lavorato invece con Zana? Che corridore hai trovato?

Ho trovato un corridore abituato a lavorare tanto. In qualche caso l’ho dovuto tenere a freno. Nel ritiro di dicembre abbiamo fatto un bel lavoro sul volume ed ero già soddisfatto. Poi a gennaio è arrivato magro, molto magro. Dovevamo fare dell’intensità in salita, ma negli ultimi giorni gli ho detto: “Filippo non farle al massimo perché non vorrei esagerare”. E lui: “No, no Marco sto bene”. Ha fatto gli allenamenti tirati e due giorni dopo era morto. Quindi non ha finito al meglio quel ritiro. Ne è uscito stanco e questo ci ha un po’ condizionato l’inverno. 

La prima parte di stagione però non era andata bene: tanta fatica e pochi risultati (foto Instagram)…
La prima parte di stagione però non era andata bene: tanta fatica e pochi risultati (foto Instagram)
Chiaro…

Io credo anche perché col fatto della maglia tricolore a novembre, tra cene, premiazioni… non aveva potuto lavorare al meglio. Così abbiamo un po’ cambiato i piani. Abbiamo fatto qualcosa che per lui era nuovo: una doppia altura. Abbiamo fatto una dozzina di giorni dopo l’Andalusia. Subito dopo la gara non è tornato a casa, ma è andato in macchina a Sierra Nevada. 

Lui come stava?

Era un po’ deluso. Team nuovo, anno nuovo, tricolore sulle spalle… voleva andare meglio. Ricordo che dopo l’Andalucia e l’altura abbiamo fatto delle corse di un giorno in Francia e c’erano 5/7 della squadra del Giro. “Corsacce”, nel senso che erano dure, faceva freddo. Il primo giorno Filippo ha fatto benino. Il secondo giorno era a pezzi e si è ritirato. Ha preso una bella batosta. Tutti mi chiedevano spiegazioni, ma io dicevo: «Aspettiamo prima di giudicare questi ragazzi. Hanno lavorato tanto». E dalla Strade Bianche le cose sono migliorate. Filippo ha corso bene. La squadra era contenta. Poi al Catalunya ha beccato un paio di belle fughe. A quel punto gli ho detto: «Adesso resettiamo. Hai fatto la prima parte di stagione, la condizione è salita. Prepariamoci al blocco importante di altura». 

Dove?

Siamo andati quasi tre settimane ad Andora e quella è stata la chiave di volta. Però se guardo indietro mi chiedo: sarebbe stato lo stesso senza quei 12 giorni in altura a febbraio? Secondo me, no. Quindi alla fine anche quello che sembrava un training camp andato male, nel suo insieme ha funzionato: 12 giorni più 18, un mese di altura prima del Giro. 

Ma poi la condizione è andata in crescendo e al Giro il veneto è arrivato alla vittoria. Fugato dunque ogni dubbio
Ma poi la condizione è andata in crescendo e al Giro il veneto è arrivato alla vittoria. Fugato dunque ogni dubbio
Tutta questa altura era nuova per Zana?

Alla fine sono venuti fuori i benefici. Filippo ha risposto bene a ogni carico. Nella seconda altura io ero presente. E anche per me è stato più facile. Potevo vedere Filippo e gli altri ragazzi in faccia, parlarci in cima alle salite, analizzare e commentare i dati, vedere i parametri al mattino… Abbiamo fatto due allenamenti veramente tosti e da come ha recuperato ero sicuro che sarebbe andato forte.

Riguardo ai lavori: cosa avete fatto? Base in altura e qualità con le gare?

No, no, abbiamo lavorato anche sull’intensità. Qualcosa già a gennaio nel camp, che però non era in altura. Nel primo ritiro in quota abbiamo fatto meno specifico: era la prima altura e ci sarebbe stata la corsa subito dopo. Ma nel secondo camp in quota abbiamo fatto di più. 

Marco, hai parlato di specifici, in cosa hai dovuto lavorare di più con Zana? In cosa era più carente?

Carente in nulla, però possiamo dire che abbiamo lavorato un po’ di più sull’alta intensità: fuorisoglia, accelerazioni… Nel secondo ritiro in quota abbiamo dedicato due giorni a questo tipo di sedute. Mentre ai grandi volumi ci era già abituato.

Con prof Pinotti le tre crono rosa ai “raggi X”

29.04.2023
7 min
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Pochi giorni alla partenza del Giro d’Italia. La corsa rosa 2023 è stata ribattezzata da qualcuno anche come il Giro delle crono. Saranno ben tre: la prima tappa, la nona e la penultima, per un totale di 73,2 chilometri. Pertanto c’è da giurare che avranno un peso importante nell’economia della gara.

Marco Pinotti è un tecnico in forza alla Jayco-AlUla, ma soprattutto è un esperto di cronometro e di materiali. L’ex tricolore contro il tempo ci porta dunque in sella a scoprire nel dettaglio i chilometri di queste tre, fondamentali, tappe.

Marco Pinotti (classe 1976) è uno dei tecnici della Jayco-AluLa
Marco Pinotti (classe 1976) è uno dei tecnici della Jayco-AluLa
Marco, tre crono ma c’è chi dice che siano due, perché l’ultima è un po’ particolare?

Ma è anche la più affascinante secondo me! Ieri De Marchi è andato a vederla: me ne ha parlato e mi ha mandato il video. Ritengo sia la più bella e proporrà una grande sfida.

Ma partiamo dalla prima cronometro: quella con partenza da Pescara…

E’ una versione estesa di quella di Budapest (nella foto di apertura) dello scorso anno. E non tanto perché sia relativamente tortuosa, quanto per la gestione dello sforzo. C’è una parte tutta piatta sulla ciclabile lungo il mare ed è parecchio esposta. E poi c’è la parte di salita verso Ortona. Non è dura. E’ pedalabile e prevede tre tornanti nei quali bisogna rilanciare. E qui serve la gamba per spingere ancora di più.

Ma sono sempre i cronomen i favoriti: è così?

Sì, sì, però quello strappo nel finale spezza il ritmo e può fare la differenza per coloro che sono i più forti in pianura.

1ª tappa: crono Fossacesia Marina – Ortona, Costa dei Trabocchi: km 18,4
1ª tappa: crono Fossacesia Marina – Ortona, Costa dei Trabocchi: km 18,4
Visto che ne hai parlato, riguardo alla gestione dello sforzo come si fa? Si va al “100 per cento” sin da subito, o si arriva all’imbocco della salita al “99 per cento”?

Io andrei al 99 per cento. O meglio, partirei a 100, poi probabilmente cercherei di respirare. Diciamo che un chilometro prima della salita “recupererei” un pochino. Prenderei quel tanto di fiato che basta per quello sforzo di quel chilometro e 200 metri di salita.

Quanto dura lo strappo?

Un paio di minuti, due minuti e 20”. Quindi forse andrei anche al 98 per cento prima. Il discorso è questo: se vai al “risparmio” al 98-99 per cento magari perdi 1” al chilometro, mentre solo su quello strappo puoi perdere 10”.

A livello di materiali, si farà con una bici da crono chiaramente…

Sì, sì… bici da crono assolutamente. Bisogna azzeccare il rapporto che ti consenta di fare la salita con la corona grande. Penso ad un 56 o anche ad un 58 e un rapporto adeguato dietro. Poi credo che in tal senso conterà anche il vento. Per quel che ho monitorato fino adesso, in quel punto il vento arriva dal mare e può spingere un po’ il corridore. Più raramente è trasversale da Nord o da Sud.

9ª tappa: crono Savignano sul Rubicone-Cesena (Technogym Village): km 35
9ª tappa: crono Savignano sul Rubicone-Cesena (Technogym Village): km 35
Passiamo alla seconda crono. A Cesena è proprio crono pura! Se ci fossero stati 10 chilometri in più sarebbe stata una prova contro il tempo stile anni ’90…

Eh sì, una decina di minuti di sforzo in più e sarebbe stata proprio una crono anni ’90. Si tratta di una prova piatta. Ci sono due, tre cavalcavia e un sottopassaggio. Se proprio vogliamo spaccare il cappello in due possiamo dire che i primi 13 chilometri, fino a Cesena, sono in leggerissima, impercettibile discesa. Mentre andando verso l’interno, verso gli Appennini, tende a tirare, appena, appena…

In questi casi secondo te queste pendenze sono talmente impercettibili che si va con lo stesso rapporto oppure c’è un dente di differenza?

Secondo un dente di differenza c’è. Alla fine si sentono queste “pendenze” se si spinge a tutta. Quindi se nel tratto a scendere si gira il 56×12, nel tratto opposto si andrà di 56X13. E per me conta anche la distribuzione dello sforzo. Watt e cadenza vanno a braccetto. Magari nel tratto che “scende” qualche watt e qualche rpm in meno, il contrario quando si “sale”. Anche per questo è molto importante riuscire a fare una distribuzione dello sforzo negativa.

Cioè più watt nella seconda parte…

Esatto. E non è facile. Sono 35 minuti, quasi 40, di fatica e non sono pochi da fare a tutta.

Vista la zona, più ampia tra mare e montagne rispetto alla prima crono in Abruzzo, qui il vento può anche essere da Nord/Sud o comanda ancora quello che spira dal mare?

Con precisione ancora non lo so, ma di base la mattina viene da Nord-Est e il pomeriggio da Sud-Est. Saranno interessanti gli orari di partenza dei favoriti per la crono e per la generale, anche se questi ultimi dopo la frazione di Campo Imperatore dovrebbero essere tutti vicini. La classifica sarà già abbastanza assestata. Mentre il cronoman magari potrebbe risparmiare qualcosa per questa frazione nei giorni precedenti.

20ª tappa: crono Tarvisio-Monte Lussari: km 18,6
20ª tappa: crono Tarvisio-Monte Lussari: km 18,6
Arriviamo così all’ultima crono, quella del Monte Lussari. Una cronometro che solitamente “fanno in venti”: vale a dire specialisti e uomini di classifica.

Quella del Lussari è una frazione contro il tempo davvero difficile da gestire: è una cronoscalata, ma prima ci sono 11 chilometri di pianura. Poi si gira a sinistra e si sale. La parte centrale di questa salita è molto dura: 5 chilometri micidiali e su sfondo particolare che molto ricorda quello di Plan de Corones di qualche anno fa, ma dovrebbe essere un po’ più scorrevole. Il finale molla un po’ ed è abbastanza veloce: intorno al 4 per cento.

Il cambio bici è “obbligatorio” dunque?

Si cambierà sicuro. Non so ancora bene quale sarà la logistica perché da terra non si può sostituire la bici ma non so come gestiranno le ammiraglie al seguito: non so se possano salire. Io credo che i corridori salteranno sulla bici da strada 100-200 metri dopo l’inizio della salita, quando la velocità è bassa e si perde meno tempo.


Come ci si adatta ad una bici così tanto diversa? Secondo te i big si sono allenati a questo cambio?

Non lo so, ma spero di no, perché i miei di big ci sono allenati!


C’è qualche accorgimento sulla bici tradizionale per questa scalata finale? Non so, spostare tutta la sella in avanti, montare un’attacco manubrio corto… Insomma un’assetto da pura salita.

Le posizioni oggi sono già tutte abbastanza estreme, soprattutto per gli scalatori. Io non cambierei tanto perché alla fine sono già efficienti nella loro posizione abituale. Sì, da un da un punto di vista biomeccanico portare la sella avanti di 2 centimetri avrebbe senso, ma c’è il rischio (elevato) che poi il corridore non riesca ad essere efficiente, tanto più dopo tanti giorni di gara consecutivi. E poi bisogna considerare che ci deve stare un bel po’. Parliamo di mezz’ora almeno, non di una manciata di minuti.

La Planche des Belles Filles fu fatale per Roglic (in foto) al Tour 2020. Quella del Lussari è simile. Primoz magari ci avrà preso le misure
La Planche des Belles Filles fu fatale per Roglic (in foto) al Tour 2020. Quella del Lussari è simile. Primoz magari ci avrà preso le misure

Caspita! In effetti calcolando distanza e pendenze la durata della salita è quella…

Potenzialmente questa è la crono più lunga delle tre. Anzi, sicuramente è la più lunga come durata: 40′ ipotizzo. Ha il potenziale della crono che tre anni fa stravolse il Tour de France, quella della Planche di Belles Filles, tanto cara a Pogacar. Questa è un po’ più corta come chilometraggio, ma se vai in crisi… sei da solo. Non ti puoi inventare molto.


Se verso Ortona si andava al 98-99 per cento prima dello strappo, qui a quanto si deve andare prima del Lussari?

A non più del 90 per cento. Devi arrivare ai piedi della salita col serbatoio pieno. Consideriamo che il primo tratto dura poco più di una decina di minuti. In quel tratto cerchi di fare velocità sfruttando la bici da crono. Un Ganna che spinge a tutta può guadagnare anche un minuto e mezzo in quella porzione, ma poi ne perde almeno quattro in salita. Non è facile. E’ una crono che può cambiare le carte in tavola e può stravolgere il Giro. Io mi aspetto differenze di un minuto e mezzo anche tra i big.

Come hai detto tu: sei lì da solo…

Ripeto, penso alla crono delle Belles Filles. Quella durava 55′ minuti e prevedeva più pianura, qui c’è più salita. Ma il concetto è quello.

Quindi i favoriti sono?

Nella seconda crono c’è “già scritto” Ganna! Nella prima Ganna o Kung. Nella terza vedo un uomo di classifica.

Debutto nelle Ardenne: Sobrero diventa cacciatore

15.04.2023
6 min
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Ieri il primo giro sulle stradine dell’Amstel, domani il debutto. E poi sarà così anche per la Freccia Vallone e la Liegi-Bastogne-Liegi. Matteo Sobrero da queste parti non ha mai corso, per cui quando gli è stato detto che sarà anche il leader del Team Jayco-AlUla, la sola cosa che gli è venuta da fare è stato un bel sorriso. Andiamo a vedere.

Il 2023 del piemontese ha preso un bell’andare. E’ mancata la vittoria, ma sono venuti tre piazzamenti fra i primi 4 al Giro dei Paesi Baschi, dove tutti andavano veramente forte. E Sobrero, che non era mai partito in modo così brillante, si è rimboccato le maniche e ha accettato anche la sfida del Nord. A 25 anni, queste sono le svolte che fanno crescere.

«Speravo di raccogliere qualche risultato in più – spiega – ma alla fine sono contento perché l’obiettivo principale di questa prima parte di stagione erano i Baschi, poi le Ardenne e il Giro. Quindi per adesso va bene, l’importante è che la condizione sia buona».

Vigilia Amstel, il Team Jayco-AlUla alloggia al Kasteel Bloemendal, prima dimora, collegio e lazzaretto
Vigilia Amstel, il Team Jayco-AlUla alloggia al Kasteel Bloemendal, prima dimora, collegio e lazzaretto

La vigilia nel castello

L’hotel Kasteel Bloemendal in cui alloggia la squadra australiana vale da sé il prezzo del biglietto. Doveva essere la residenza di un nobile produttore di tessuti di Aquisgrana, fornitore dello zar di Russia, che iniziò a costruirlo nel 1791, salvo poi morire nel 1795. I lavori furono così ultimati dal figlio, ma nel 1846 il castello passò di mano e divenne un collegio dell’ordine femminile del Sacre Coeur.

Durante l’occupazione nazista fu quindi trasformato in un lazzaretto con una capacità di 350 posti letto, per poi tornare collegio fino al 1970. Passato nel controllo del Comune di Vaals, nel 1990 è stato trasformato in hotel. E proprio qui, in questo punto in cui si uniscono i confini di Olanda, Belgio e Germania, ieri pomeriggio è arrivato anche Sobrero.

Seconda tappa nei Paesi Baschi a Leitza: vince Schelling, Sobrero è secondo
Seconda tappa nei Paesi Baschi a Leitza: vince Schelling, Sobrero è secondo
Partiamo dai Baschi allora. Un secondo posto e due quarti, quale brucia di più?

Più che il secondo posto, mi brucia il quarto posto nella tappa vinta da Higuita, perché lì una vittoria ci stava tutta. Invece ho preso la volata parecchio indietro e ho rimontato forte, ma tardi. Per quello mi girano un po’ di più le scatole. Diciamo però che ho fatto sei tappe senza mai uscire dai primi 20. Peccato solo che nell’ultimo giorno ho pagato e sono uscito di classifica. Ero quinto, mi sono ritrovato sedicesimo. Magari la top 10 nella generale sarebbe stata una bella soddisfazione in una corsa dura come i Baschi.

Questa brillantezza è figlia della condizione o di una preparazione diversa?

Abbiamo deciso di cambiare qualcosa. Questo inverno insieme a Pinotti ho lavorato un po’ di più sulle distanze, sull’endurance. Mi sono concentrato di più sulla strada e non solo sulle cronometro. E poi penso che una stagione in più da professionista mi abbia dato una maturità superiore. Alla fine tutti gli anni ti migliori un po’ e alla fine la somma è quello che mi ha portato a certi piazzamenti.

Al Giro dello scorso anno, ancora campione italiano, Sobrero vinse la crono finale di Verona
Al Giro dello scorso anno, ancora campione italiano, Sobrero vinse la crono finale di Verona
L’idea di fare di te un uomo da Giri quindi resta, ma ci si arriverà semmai aspettando la necessaria maturazione?

Esatto. Non voglio mettermi troppa pressione e il discorso vale anche per queste classiche. Correrò come capitano, perché Matthews non ci sarà. Il capitano designato sarebbe stato lui, ma è caduto nelle corse in Belgio e ha preferito focalizzarsi sull’altura in vista del Giro. A quel punto la squadra ha visto che sto bene, che nei Paesi Baschi sono andato forte e semplicemente mi ha detto che faranno la gara per me. Io queste corse non le ho mai fatte, però sono tanti anni che dico di volerci provare, perché mi dicono che siano adatte. Perciò adesso vedremo, classica per classica, giorno per giorno.

Facciamo un passo indietro: hai lavorato di più sulla strada, alla vigilia di un Giro che propone tre crono?

A ottobre ci siamo trovati con la squadra per preparare questa stagione e definire gli obiettivi. Alla presentazione del Giro avevo visto che ci sono sì tre crono, però è difficile trovarne una come quella di Verona dell’anno scorso (nel 2022, Sobrero ha vinto l’ultima crono del Giro, ndr). Come caratteristiche, la prima in Abruzzo potrebbe essere simile a quella di Budapest, forse anche più veloce. Quindi magari è l’unica in cui io possa provarci, anche se comunque ci saranno Ganna, Remco e anche Foss. La seconda è molto piatta, mentre l’ultima è una cronoscalata.

Ieri per Sobrero il primo test sulle cotes della Amstel Gold Race, la classica del Limburgo Olandese
Ieri per Sobrero il primo test sulle cotes della Amstel Gold Race, la classica del Limburgo Olandese
Dei pessimi compagni di viaggio, insomma…

Ci sarà tanta qualità e allora Pinotti, ridendo, mi ha detto: «Potresti entrare fra i primi 10 in tutte e tre le crono, senza però raccogliere il risultato pieno». Dopo questa osservazione, abbiamo confermato che farò il Giro, ma con un approccio differente. Abbiamo lasciato un po’ perdere la cronometro e deciso che punterò alle singole tappe andando in fuga. Per questo è un po’ cambiata la preparazione.

Una cosa del genere proposta a un cronoman destabilizza o stimola?

La verità è che per me la cronometro ci sarà sempre. E’ una cosa che rimane, perché comunque ci lavoro tutte le settimane. Però mi sono detto che posso sacrificare un allenamento specifico, facendo un giorno più sulla bici da strada. E questo sicuramente è anche uno stimolo in più a migliorarmi e crescere su un fronte diverso. Del resto Filippo (Ganna, ndr) ha dimostrato che se uno va forte a crono, va forte anche su strada.

La sesta tappa del Giro dei Paesi Baschi gli è costata il piazzamento in classifica, passando da 5° a 16°
La sesta tappa del Giro dei Paesi Baschi gli è costata il piazzamento in classifica, passando da 5° a 16°
Per cui correrai quassù fino alla Liegi e poi cosa farai nelle due settimane prima del Giro?

Ho poco tempo. Per qualche giorno ho guardato di andare in altura, ma alla fine sarebbe una cosa troppo tirata, troppo stressante. Dovrò comunque stare via per le tre settimane del Giro e allora mi sono detto che alla fine conviene fermarsi a casa. Non cambia niente fare 10 giorni in più di altura.

Invece per la prossima settimana resterai in Belgio?

Così pare, ma sono dieci giorni. Viene bene perché avrò modo di allenarmi sui percorsi delle gare. Ieri abbiamo fatto la ricognizione sulle strade dell’Amstel, che assieme alla Freccia Vallone forse è quella che più mi si addice…

Matteo Sobrero è nato nel 1997, è alto 1,77 e pesa 63 chili. E’ professionista dal 2020
Matteo Sobrero è nato nel 1997, è alto 1,77 e pesa 63 chili. E’ professionista dal 2020
Durante l’inverno l’UCI ha cambiato la normativa sulle misure delle bici. Per te c’è stata qualche variazione, essendo per giunta un cronoman?

In realtà no. Su strada ho cambiato bici, nel senso che è arrivata la Propel, il nuovo modello della Giant e adesso penso che userò sempre quella. E’ una bici più completa, però la posizione è sempre la stessa. Ed è rimasta uguale anche a cronometro, perché alla fine hanno cambiato le regole per quelli più alti. Io sono sotto il metro e 80, quindi per me la posizione per me è rimasta invariata. Pinotti mi ha spiegato che mi mancano quei tre centimetri per poterla cambiare. Ho detto a mia mamma che poteva impegnarsi di più (ride, ndr), ma ormai è fatta…

Manubri e crono: la riforma Rogers riletta con Pinotti

11.03.2023
5 min
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Durante l’inverno parecchi atleti di taglia alta, fra cui Kung (foto di apertura) e Ganna, hanno dovuto rimettere mano alla posizione da crono. La riscrittura del regolamento tecnico da parte dell’UCI ha infatti permesso a diversi corridori di ottenere una miglior posizione aerodinamica. Redditizia almeno quanto quella degli atleti più bassi. Il grosso problema infatti lo avevano quelli alti fra 1,80 e 1,90 e la rilettura delle regole da parte di Michael Rogers ha in parte sanato il difetto. Lo sa bene Marco Pinotti, con cui abbiamo provato a sviscerare l’argomento.

Marco Pinotti è uno dei tecnici del Team Jayco AlUla, con un occhio in più per le crono
Marco Pinotti è uno dei tecnici del Team Jayco AlUla, con un occhio in più per le crono

Il punto con Pinotti

Il bergamasco ha seguito la storia con interesse, avendo sotto mano i cronoman del Team Jayco-AlUla. E dato che alle squadre le novità sono arrivate prima che fossero ufficializzate, il lavoro di revisione è iniziato da dicembre.

«La sensazione che ho avuto io – spiega Pinotti – è che il cambiamento ci sia stato da quando Michael Rogers ha preso in carico questo settore. Mi pare che stia mettendo un po’ di ordine, portando l’esperienza da corridore e quelle che sono le esigenze degli atleti. La regola di prima penalizzava proprio la categoria da 180-190, soprattutto i corridori alti da 185 a 190. Hanno creato una categoria intermedia e come interpretazione mi pare corretta».

Durbridge è alto 1,87 e grazie alle nuove regole riesce a essere più aerodinamico
Durbridge è alto 1,87 e grazie alle nuove regole riesce a essere più aerodinamico

Tre categorie

L’UCI ha diviso il gruppo in categorie determinate dall’altezza: Categoria 1 fino a 179,9; Categoria 2 fino a 189,9; Categoria 3 oltre 190. Per ciascuna di esse ha poi riscritto le misure della bicicletta da cronometro.

Per quelli più alti di 190 centimetri ha disposto che la distanza fra la punta della sella e quella delle protesi possa arrivare fino a 850 millimetri e che la punta delle stesse protesi possa innalzarsi fino a 140 millimetri rispetto al piano orizzontale.

I ciclisti alti fino a 1,79 possono arrivare a 800 millimetri di lunghezza e altezza di 100.

Quelli fino a 189,9 avranno invece il limite di lunghezza a 830 millimetri e altezza di 120 millimetri.

In questo modo Ganna, che grazie alla nuova posizione ha appena vinto la crono della Tirreno-Adriatico, ha potuto inclinare le protesi di 30° rispetto all’orizzontale (nel 2022 il massimo consentito era invece di 15°). Di conseguenza, Pippo ha potuto allungarsi e contemporaneamente chiudere lo spazio fra mani e testa

«Sapevamo già di questa modifica a giugno – spiega Pinotti – ma è stata annunciata tardi. Abbiamo saputo da dicembre del cambio di inclinazione da 15 a 30 gradi e a dicembre abbiamo potuto metterci mano. Intendiamoci, quei 15° non incidono tantissimo, però ad esempio consenti a quelli più alti di arrivare con le punte del manubrio a 140 di altezza senza bisogno di allungarsi per forza fino a 85. L’obiettivo è chiudere al meglio la superficie fra le mani, la testa e il tronco. Che è un po’ la posizione che portò Landis per la prima volta nel giro di California 2006 e poi Leipheimer. Diciamo che i veri precursori di quel tipo di filosofia sono loro due, secondo me. Ma adesso quelli che sono vicini al limite, tipo quelli alti 1,88, hanno la possibilità di stare bene in bici. Prima invece erano tanto penalizzati».

Dai poggioli al manubrio

Fra i cambiamenti dettati dall’UCI, è stata regolamentata anche la distanza fra i poggioli per gli avambracci e la punta delle protesi: minimo 180 millimetri. Non è un caso che nessuno vi poggi ormai i gomiti, ma siano diventati punto di contatto per gli avambracci.

Fu Landis al California del 2006 a inclinare le protesi marcatamente verso l’alto
Fu Landis al California del 2006 a inclinare le protesi marcatamente verso l’alto

«La vera differenza per i più alti – conferma Pinotti – è la variazione nella distanza fra l’appoggio dei gomiti e la fine del manubrio. Diciamo che forse per Ganna, che ha inclinato di più le protesi, non è cambiato molto, perché lui aveva già intelligentemente messo gli appoggi molto alti. Adesso c’è un limite anche lì, visto che oggi devono stare almeno a 18 centimetri. Nella nostra squadra, Sobrero non ha dovuto rivedere nulla. Invece è toccato a Durbridge, Scotson, Hamilton…

«A dicembre, i medici hanno raccolto le misure dei corridori e sono state messe in un modulo. L’ho firmato io e l’ha firmato il medico. Poi è stato mandato all’UCI, affinché alla verifica delle misure della bici, si sappia a quale categoria di altezza si appartiene. Non ho mai visto i giudici misurare gli atleti alla partenza di una crono, diciamo che basta l’autocertificazione».

Pinotti spiega la “partita a scacchi” delle formazioni

09.02.2023
5 min
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Nell’era dei punti stilare la formazione per una corsa è come fare una partita a scacchi: era questo il concetto espresso da Brent Copeland, quando gli abbiamo chiesto di commentare il nuovo sistema dei punteggi (in apertura, foto Pete Geyer).

Il team manager della Jayco-AlUla ci aveva detto anche che questa partita a scacchi la giocavano soprattutto Matthew White e Marco Pinotti, tecnici e preparatori del team. Una partita che doveva tener conto di moltissimi fattori: punti, stato di forma, marketing, obiettivi stagionali, desideri dei corridori…

Marco Pinotti (classe 1976) è nel team di Copeland dal 2021
Marco Pinotti (classe 1976) è nel team di Copeland dal 2021

In balia dei punti

A Pinotti chiediamo dunque come si gioca questa partita a scacchi. E se davvero è così complicato stilare una formazione.

«Lo scorso anno – spiega con la consueta chiarezza il tecnico lombardo – il regolamento diceva che portavano punti i primi dieci della squadra e questo da un certo momento dell’anno in poi è stato determinante, ne abbiamo dovuto tenere conto.

«Adesso invece, con il triennio (2023-2025, ndr) che è all’inizio e con il fatto che a portare i punti sono i primi venti corridori, siamo partiti con un metodo più tradizionale: prima gli interessi degli atleti. La scelta è molto meno condizionata dai punti… almeno adesso.

«Quel che dice Brent è vero. La partita a scacchi si gioca comunque, perché ormai le corse contano tutte e devi cercare di garantire un calendario equo a tutti e 30 i corridori in rosa».

Le formazioni non sono più stilate solo in base a percorso e obiettivi…
Le formazioni non sono più stilate solo in base a percorso e obiettivi…

Il regolamento

Il nuovo regolamento dà più peso alle corse a tappe, togliendo qualcosa a quelle di un giorno, specie se non sono WorldTour, cosa che lo scorso anno aveva penalizzato chi era in un grande Giro e aveva privilegiato chi faceva man bassa di punti nelle “corsette”.

«Noi – prosegue Pinotti – storicamente non siamo fortissimi nelle corse di un giorno e fino allo scorso anno c’è stato un netto sbilanciamento verso queste. Adesso possiamo concentrarci di più su quella che è la nostra natura.

«Senza contare che possiamo gestire meglio le corse a tappe. Perché queste sono importanti al fine della preparazione e sono quelle che servono di più all’atleta in quanto si può conoscere meglio».

Tutto cambia dunque, sia perché si è all’inizio del triennio, sia perché i punteggi sono differenti e sia perché portano punti più corridori.

«Lo scorso anno quando si faceva una formazione si diceva: “Andiamo lì a fare punti con questo e quest’altro e di là con questi altri due”. La priorità erano solo e soltanto i punti. Si andava contro natura e non era facile… Adesso possiamo andare alle corse sì, per i punti, ma con la priorità della vittoria».

Filippo Zana ha espresso gradimento nei confronti della Strade Bianche, Pinotti e White cercheranno di accontentarlo
Filippo Zana ha espresso gradimento nei confronti della Strade Bianche, Pinotti e White cercheranno di accontentarlo

Il desiderio dei corridori

Pinotti ha parlato anche di garantire un calendario equo per tutti i corridori e nella partita a scacchi rientra anche la lista di gradimento da parte degli atleti. Diversi team durante i ritiri invernali chiedono ai loro atleti quali corse vogliano fare. E questo è un elemento da tenere molto a mente.

«Noi – spiega Marco – più che una lista vera e propria, nelle riunioni chiediamo quali corse gli piacciono o li ispirano maggiormente e cerchiamo di accontentarli. Un corridore motivato rende di più. Ma anche noi cerchiamo di capire le prove a loro più adatte.

«Per esempio Filippo Zana lo scorso anno è stato 19° alla Strade Bianche. Perse un sacco di tempo nella maxi caduta (quella col salto mortale di Alaphilippe, ndr), fece tutta la corsa in rimonta e si piazzò benino. Ci ha chiesto di rifarla. Proveremo ad inserirlo nella lista di Siena».

«Se Simon Yates vuol fare la Roubaix? Beh, più che accontentarlo cerchiamo di farlo ragionare! In funzione di perché uno come lui, scalatore da corse a tappe, vorrebbe fare quella gara? Se la vuol fare perché al Tour ci sarà una tappa col pavé, allora già è qualcosa. Ma a quel punto lo porto a Le Samyn, che è una piccola Roubaix, ne condivide molti settori… E gli facciamo passare la voglia! Ma una Roubaix fine a se stessa non avrebbe senso per uno delle sue caratteristiche.

«Posso garantire che di solito accade il contrario: i corridori vogliono fare le corse dove vanno bene. E se hanno il desiderio di una gara, di solito ci arrivano motivati e in condizione. Quelle prove sono quelle che li buttano giù dal letto e li fanno allenare anche se c’è brutto tempo».

«Tutti vogliono fare il Tour chiaramente, eppure considerati anche i giovani, la lista per il Giro e la Vuelta è spesso più lunga. Probabilmente gli stessi ragazzi sanno che sono un po’ più accessibili in quanto a ritmi e a reali possibilità di partecipazione. Ma il grande Giro è sempre un bell’incastro. Basti pensare che ci sono 24 posti in tutto (tra Giro, Vuelta e Tour) e qualche corridore ne fa due».

Per la Jayco-AlUla il Down Under era molto importante: schierata per questo una super formazione (foto Instagram)
Per la Jayco-AlUla il Down Under era molto importante: schierata per questo una super formazione (foto Instagram)

Il marketing 

Infine nella famosa partita a scacchi c’è l’aspetto del marketing. Gli sponsor non solo vogliono vincere, ma (forse ancora di più) vogliono visibilità. Aspetto che Copeland ha ribadito…

«In questo caso – dice Pinotti – teniamo conto di due parametri soprattutto. Il primo è: dove si disputa la corsa (e già si fa una selezione delle gare che interessano di più)? Non a caso per noi che siamo un team australiano al Down Under siamo andati con l’artiglieria pesante: Yates, Matthews….

«Il secondo aspetto riguarda la preparazione e in questo caso la seconda attività (che non è WorldTour, ndr). Prendiamo ad esempio il recente il Saudi Tour. Avremmo potuto fare anche un’altra corsa, ma AlUla è un nostro sponsor importante e così ci siamo andati. Per di più ci andava bene anche per aspetti climatici e di percorso. Ma in altri momenti magari se non ci fosse stata AlUla saremmo andati a Besseges.

«La scelta della formazione è molto complessa. Chiaro che il marketing conta, ma prima di tutto dovrebbe esserci sempre una ragione sportiva».