Massima attenzione. Massima cattiveria agonistica. Primoz Roglic non lascia davvero nulla al caso in questa Vuelta. Lo sloveno non vuol “ustionarsi” come gli è successo al Tour de France. Stavolta anche una semplice scottatura potrebbe costargli molto cara. Addirittura inficiare sul resto della sua carriera.
Tappa a Nielsen
Tappa di oggi. Da Salamanca a Ciudad Rodrigo, 162 chilometri di saliscendi, di cielo plumbeo, di attacchi e persino di qualche insidiosa folata di vento. Solita bagarre. Il più attivo è il giovane campione francese della cronometro, Remi Cavagna, che alla fine si porta a casa il premio di più combattivo di giornata.
Il gruppo si assottiglia. Tira la Uae, poi la Movistar, poi la Ineos… e la Jumbo forse per la prima volta scricchiola un po’. Gli altri però tirano e basta. E così va a finire che gli squadroni avversari diventano i migliori alleati del “nemico” Roglic.
Primoz sta lì, mai oltre la quindicesima posizione. Attento. Un felino. Sempre dal lato coperto del vento. Con lui ci sono solo due uomini. Ed è qui che Roglic sfoggia la sua arma migliore: la tranquillità, come ormai ci dice più di qualcuno che gli è vicino.
E gli riesce talmente bene che alla fine, quando entrano nel rettilineo finale, apre il gas di brutto e cerca persino la vittoria. E probabilmente se l’ex iridato Rui Costa non lo avesse costretto a deviare ci sarebbe riuscito. Tappa al danese della EF, Magnus Cort Nielsen, e piazza d’onore allo sloveno, fin troppo educato nel post tappa.
«Mi sarebbe davvero piaciuto vincere. Quando ho visto i velocisti staccarsi ci ho pensato e ho pensato anche ai punti della maglia verde. Come leader di questa classifica devo essere in grado di fare una volata, no! Chiaramente sono contento dei secondi di abbuono».
Alla fine Primoz non può che sorridere. Mette in cascina sei preziosissimi secondi e si presenta all’ultimo ostacolo di questa Vuelta con 45” di vantaggio su Carapaz e 53” su Hugh Carthy.
Roglic attento
La frazione di domani è davvero impegnativa e non solo per l’arrivo finale sull’Alto de La Covatilla, ma anche per quello che c’è prima. Tuttavia vedendo come hanno corso sin qui, tutto sembra far pensare che la corsa si deciderà sulla scalata finale. E allora tanto vale dire che Roglic è a 11,7 chilometri da un traguardo importantissimo.
E forse se lo merita anche. E’ stato lui il dominatore della stagione. Se non fosse caduto avrebbe vinto il Delfinato. Ha perso il Tour in un modo terribile, da far saltare di testa chiunque. Invece si è complimentato in modo sincero con Pogacar. Una volta a casa poteva tranquillamente finire lì la sua stagione. Invece ha preferito risalire in sella per il mondiale (arrivato davanti), per la Liegi (vinta) e per questa Vuelta, dove comunque vada si è già assicurato quattro tappe.
Oggi, appena terminata la frazione, lo sloveno è saltato sui rulli, per sciogliere le gambe. E lo ha detto apertamente lui stesso: «Per prepararle alla battaglia di domani. Mi aspetto attacchi da Ineos, Movistar e Carthy. Domani lassù non si potrà mentire. Noi Jumbo dobbiamo continuare a correre come abbiamo fatto sin qui».
Questa volta dovrà sfoggiare ancora quella sua ormai proverbiale tranquillità, per dormire bene e recuperare il più possibile.
Sulla Covatilla, rispetto al Tour, avrà forse il vantaggio di poter tenere a vista gli avversari. Meglio il corpo a corpo che il cronometro. E 45” sono un bottino che si può anche gestire. L’imperativo è non crollare. Lo sapremo tra meno di 24 ore.