Tarozzi: Re delle fughe al Giro che ora vuole imparare a vincere

05.06.2025
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Il post Giro d’Italia di Manuele Tarozzi prosegue con qualche sgambata in compagnia dell’amico Filippo Baroncini e delle brevi fughe al mare. Da Faenza la riviera romagnola dista solamente una cinquantina di chilometri. Dal suo secondo Giro d’Italia Manuele Tarozzi è uscito con il Premio Fuga e ha vinto anche la prima edizione del Red Bull KM. La corsa rosa ha messo la parola fine sulla prima parte di stagione del corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè

«E’ stato un Giro d’Italia impegnativo – racconta – penso che non avrei potuto fare più di così. Sono arrivato alla tappa di Roma abbastanza stanco, ho dato davvero tutto. Insieme alla squadra avevamo battezzato una corsa all’attacco per cercare di anticipare i migliori e portare a casa qualche risultato. Avevamo anche Fiorelli e Marcellusi per le volate ma per cercare la vittoria l’unico modo era quello di attaccare. 

Manuele Tarozzi al Giro si è aggiudicato il Premio Fuga e quello del Red Bull KM
Manuele Tarozzi al Giro si è aggiudicato il Premio Fuga e quello del Red Bull KM

Un Giro al gancio

Il tema, alla partenza in Albania, era aperto sulla competitività di questo Giro d’Italia. C’era chi pensava, convinto dall’assenza dei fenomeni, di avere un livello più basso. Ci ha pensato la strada a togliere ogni dubbio. Il Giro d’Italia appena concluso è stato impegnativo e spettacolare, corso sempre al massimo e senza risparmiare energie. 

«Noi ci abbiamo provato a fare la nostra gara – prosegue nel racconto Tarozzi – ma la verità è che non c’è stato un giorno tranquillo. Siamo andati sempre a tutta, molto più dello scorso anno. Nella passata edizione c’erano state giornate in cui si riusciva a parlare in gruppo, quest’anno no. In ogni tappa per fare andare via la fuga ci volevano tanti chilometri e medie altissime. Inoltre non veniva mai lasciato troppo spazio, quindi arrivare al traguardo era difficile. Nonostante sia migliorato parecchio dalla passata stagione sono convinto che per vincere in certe corse serve fare un passo ulteriore di crescita».

I premi per Tarozzi sono stati il frutto del suo modo di correre che lo porta spesso in avanscoperta
I premi per Tarozzi sono stati il frutto del suo modo di correre che lo porta spesso in avanscoperta
E’ stata una prima parte di stagione solida, nella quale hai vinto anche la classifica dei GPM alla Tirreno…

Il passo in più rispetto allo scorso anno è evidente e lo sento nelle gambe. Credo manchi qualcosa per vincere, ma direi che serve una giornata davvero positiva in questo ciclismo. Rispetto al 2024 sto facendo registrare valori migliori ma riuscire a vincere è difficile. Poi fa piacere quando arrivano questi risultati, ma si parte sempre con in testa la vittoria. 

Cosa che tu cerchi di trovare andando sempre in fuga.

Credo sia l’unico modo possibile e anche quello che mi piace di più. Non sono uno che si ostina a rimanere in gruppo alla ricerca del piazzamento, anche perché abbiamo già dei corridori del genere in squadra. C’è bisogno di chi prova ad andare in avanscoperta.

Lo spirito di Tarozzi ha portato tanti tifosi a fare il tifo per lui
Lo spirito di Tarozzi ha portato tanti tifosi a fare il tifo per lui
Qual è l’aspetto che ti piace maggiormente?

L’imprevedibilità. Poi credo che essere davanti ti metta in una posizione di vantaggio, alla fine è il gruppo che deve venire a chiudere e in una gara può succedere di tutto. Lo scorso anno dopo il Giro sono riuscito a trovare due vittorie correndo in questa maniera, penso sia tutto parte di un processo di crescita. Quest’anno alla Tirreno ci sono andato vicino, essere arrivato a pochi metri da una vittoria nel WorldTour mi ha dato fiducia. Inoltre dopo il mio primo Giro d’Italia, nel 2024, sento di avere una condizione diversa. 

In quale aspetto senti di essere migliorato?

Nella resistenza, l’ho notato subito all’inizio di questa stagione. Lo scorso anno dopo tre o quattro giorni di gara, soprattutto se corsi all’attacco come piace a me, mi sentivo stanco. Invece quest’anno sento la gamba diversa. 

Rispetto al 2024 Tarozzi ha fatto passi in avanti ed è arrivato a conquistare traguardi importanti come la maglia dei GPM alla Tirreno
Rispetto al 2024 Tarozzi ha fatto passi in avanti ed è arrivato a conquistare traguardi importanti come la maglia dei GPM alla Tirreno
Cosa ti riesce a dare una corsa come il Giro?

Tanto ritmo. Il giorno di Sestriere ero in fuga e penso sia stato uno dei più duri. Sul Colle delle Finestre ero stanco ma ho dovuto spingere comunque perché la corsa era esplosa sia davanti che dietro. Questo tipo di sforzo riesci a farli solamente in gara, in allenamento è difficile andare oltre i propri limiti.  

Inizi ad avere esperienza, un corridore come te in una squadra come la Vf Group-Bardiani cosa può dare?

Difficile da dire. Credo che l’esperienza che un corridore della mia età ha fatto nei primi anni da professionista ora la si fa da juniores e da under 23. Vedo arrivare ragazzi sempre più pronti. Quando la squadra ha preso Pellizzari e Pinarello nel 2022 mi sono stupito, io non ero come loro a diciotto anni. Io a quell’età correvo per divertirmi, adesso se vuoi fare il ciclista a sedici anni devi saper gestire certe dinamiche. 

Il suo secondo Giro d’Italia lo ha portato ancora una volta al limite e in estate spera di vedere dei miglioramenti
Il suo secondo Giro d’Italia lo ha portato ancora una volta al limite e in estate spera di vedere dei miglioramenti
Magari l’esperienza conta nei dettagli, i giovani conoscono tante cose ma poi in gruppo la vita è diversa?

Alcune cose sì. Ma anche in questo caso molte volte ci parli e alcuni non ti ascoltano e fanno di testa loro. E’ anche vero che nel ciclismo moderno ci si vede sempre meno, al massimo posso scambiarci qualche parola durante i ritiri invernali per frenare il loro entusiasmo che a volte li porta a fare troppo. 

Una volta finito il riposo qual è il programma?

Cambieremo qualcosa rispetto allo scorso anno, andremo a cercare qualche gara per accumulare punti. Il ciclismo vuole questo adesso. Per il resto vedremo cosa mi avrà lasciato nelle gambe questo secondo Giro d’Italia, ma questo lo vedremo solamente a luglio. Lo scorso anno le due vittorie sono arrivate nella seconda parte di stagione, quindi vedremo.

Tarozzi: una stagione in fuga dalla Spagna alla Malesia

25.10.2024
7 min
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1.962 chilometri dei 12.395 corsi nel 2024 visti dalla testa della corsa. Manuele Tarozzi conclude la sua terza stagione in maglia VF Group-Bardiani CSF-Faizanè con questi numeri, ai quali affianca anche due vittorie. Il corridore di Faenza è pronto per le vacanze di fine stagione, che corrispondono anche alla luna di miele, visto il matrimonio celebrato lo scorso giugno. Ma prima di partire gli chiediamo di ripercorrere insieme a noi questi 1.962 chilometri, iniziati in Spagna e terminati in Malesia. 

«Tra poche ore sarò in volo – ci anticipa Tarozzi – direzione Seychelles per andare finalmente in ferie. Torneremo il 5 novembre e dal 10 sarò di nuovo in bici, d’altronde la stagione inizia il 20 gennaio e bisogna farsi trovare pronti. Ora però mi godo due settimane senza regole e pensieri, poi si pensa al 2025».

La stagione inizia con il botto, Tarozzi (a sx) e Tonelli (a dx) in parata alla prima tappa della Valenciana dopo 155 km in testa
La stagione inizia con il botto, Tarozzi (a sx) e Tonelli (a dx) in parata alla prima tappa della Valenciana dopo 155 km in testa

Di necessità virtù

Manuele Tarozzi durante questi tre anni ha intensificato sempre di più la sua presenza nelle fughe della prima ora. Nel 2022 fu una sola alla Coppa Sabatini, l’anno dopo sei, mentre quest’anno i giorni in avanscoperta sono stati ben 16.

«Mi sono accorto al Giro del Veneto di domenica – continua – che non ho il ritmo per seguire i migliori. Mi mancano quei 5 o 10 minuti di sforzo massimale per restare con loro. Così mi sono dovuto ingegnare e ho capito che se voglio vincere devo anticipare la corsa. Qualche volta arrivo anche (dice ridendo, ndr) e devo dire che è un bel modo di fare, sia per me che per la squadra».

Tarozzi con la maglia della classifica a punti della Valenciana, conquistata dopo la prima tappa
Tarozzi con la maglia della classifica a punti della Valenciana, conquistata dopo la prima tappa
La prima fuga quest’anno è stata alla Valenciana, con la doppietta firmata insieme a Tonelli dopo 155 chilometri. E’ stata difficile?

Non direi, anzi quelle a inizio stagione sono le fughe più semplici perché arrivi fresco, riposato e libero di mente. A gennaio e febbraio la testa è sgombra da fatiche e pensieri che invece si accumulano durante l’anno. In più nei primi mesi faccio registrare valori alti, che difficilmente replico nel resto dell’anno. Quella della Valenciana è stata una giornata particolare nella quale piano piano abbiamo staccato tutti i nostri compagni di avventura. Poi ci siamo goduti l’arrivo in parata.

Anche se ad un certo punto avete sbagliato strada.

Lì è stato un errore della traccia GPX. Tonelli ha visto che doveva girare a destra, aveva la testa bassa e si è buttato. Io mi ero accorto dell’errore e l’ho richiamato, in quel momento avevamo ancora tanto vantaggio sul gruppo. Non è stato un finale thrilling, diciamo che è andata bene!

Sulle strade della Coppi e Bartali arriva la maglia verde dedicata ai GPM
Sulle strade della Coppi e Bartali arriva la maglia verde dedicata ai GPM
Poi sono arrivate le tre fughe, su cinque tappe, alla Coppi e Bartali…

Il primo giorno sono andato in avanscoperta e ho preso la maglia dei GPM, così la squadra mi ha detto di tenerla. Questo mi ha portato a cercare la fuga anche il giorno dopo per prendere altri punti. L’ultima tappa, invece, sono andato in avanscoperta per evitare brutte sorprese. Con me c’era anche il secondo della classifica dei GPM quindi me la sono dovuta sudare. Sono uscito da quella gara parecchio cotto visti i 315 chilometri in fuga sui 707 totali di gara. Però era la corsa di casa, quindi l’ho fatto volentieri. 

Dei tanti giorni passati in testa alla corsa quali sono stati i tuoi preferiti?

Quelli del Giro d’Italia. Non per sminuire le altre gare ma la corsa rosa è davvero unica. Il giorno migliore direi quello vissuto sulle strade di casa, da Riccione a Cento. Abbiamo fatto tutta la Via Emilia, e siccome le visite parenti sono ormai vietate mi sono dovuto inventare la fuga, anche se non ne valeva la pena.

Al Giro nella tappa di casa Tarozzi ha vinto la classifica dell’Intergiro
Al Giro nella tappa di casa Tarozzi ha vinto la classifica dell’Intergiro
In che senso?

Decidere di andare in fuga prevede comunque una strategia. Si cerca di uscire allo scoperto quando sai che ci sono buone chance di arrivare al traguardo. Questa cosa si impara con il tempo. Ad esempio al Giro sai che nella tappa dei muri ci sono buone occasioni, infatti quest’anno ha vinto Alaphilippe. Io lì c’ero, ma il francese è stato più forte. Tornando alla tappa di Cento si sapeva che il gruppo avrebbe chiuso, ma sulle strade di casa si doveva fare. Ma lì era una lotta per capire chi potesse andare in fuga. 

Tarozzi, sullo sfondo a destra, che sprinta per il 10° posto nella terza tappa del Tour of Istanbul dopo 70 chilometri in fuga solitaria (foto Brian Black Hodes)
Tarozzi, sullo sfondo a destra, che sprinta per il 10° posto nella terza tappa del Tour of Istanbul dopo 70 chilometri in fuga solitaria (foto Brian Black Hodes)
Spiegaci meglio.

Che in certe tappe la fuga non parte perché provano tutti, come nella tappa di Sappada al Giro di quest’anno. Altri giorni si fanno 50 chilometri senza che nessuno faccia uno scatto o un allungo. 

Tra l’altro tu eri anche in quella di Sappada…

Direi che è stata la più bella della stagione. Per tanti era l’ultimo giorno disponibile per provare a vincere, anche perché il giorno si scalava due volte il Monte Grappa e il verdetto era scritto. Così come a Roma. Quel giorno verso Sappada siamo andati via in 19. E’ la mia fuga preferita perché nonostante tutto ho ottenuto un buon undicesimo posto, che al Giro non fa mai male. 

Poi sono arrivate quelle più “esotiche” in Malesia e in Cina, lì riesci a goderti il panorama?

Quando sei in fuga meno. In gruppo puoi alzare lo sguardo una volta in più e respirare. Invece nel momento in cui sei in testa alla corsa devi pensare a come fare per arrivare per primo. La mente è impegnata a cercare strategie per fregare il gruppo. 

La giornata più dura?

In Turchia! Mi sono sciroppato 70 chilometri da solo e mi hanno ripreso solamente a 100 metri dall’arrivo (in apertura foto Tour of Istanbul). In quei momenti, a fine gara, pensi sempre che avresti potuto fare qualcosa in più: una pedalata, una curva… Ma poi ti rivedi in video e capisci che non era possibile. Di quel giorno mi rimane l’orgoglio di essere arrivato a pochi metri dal successo e la soddisfazione di non aver buttato tutto visto il decimo posto finale. Al contrario di quanto fatto in Malesia. 

In Malesia due giornate dal sapore opposto: la prima sa di beffa, la seconda (in foto) di rivincita
In Malesia due giornate dal sapore opposto: la prima sa di beffa, la seconda (in foto) di rivincita
Perché?

Nella quarta tappa ci hanno ripreso a 200 metri dall’arrivo, ma lì siamo stati ingenui. Ci siamo fermati a un chilometro dall’arrivo per guardarci. Nessuno voleva perdere e alla fine il gruppo ci ha infilato. Non ci ho dormito la notte, e sono uno che di solito chiude gli occhi presto a letto. Avevo talmente tanta rabbia che due giorni dopo sono ripartito e ho vinto, anche se per soli nove secondi. Poi ce n’è un’altra della quale sono orgoglioso.

Quale?

La vittoria in Cina, al Tour of Qinghai Lake. Nella frazione regina, la terza, sapevo di non avere il passo degli scalatori più forti. Così ho deciso di anticipare, sapevo che se fossi arrivato con un minuto o due ai piedi dell’ultima salita sarei potuto rimanere agganciato ai migliori. Così è stato. In discesa ho recuperato un po’ e nel finale me la sono giocata con Mulubrhan allo sprint. Un doppio risultato positivo: la vittoria e la maglia di leader. Il giorno dopo l’ho persa, ma quella tappa mi ha permesso di rimanere sul podio della classifica generale.

Finale al cardiopalma. La fuga e Tarozzi battono il gruppo

04.10.2024
6 min
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KULAI (Malesia) – Si può essere al mondiale o ad una corsa all’Equatore, ma la lotta tra la fuga e il gruppo per contendersi la tappa è sempre da mangiarsi le unghie. Sul filo dei secondi. E’ adrenalina pura e a chi ama e conosce nel profondo questo sport esalta tante sottigliezze tecniche e tattiche. Se poi a vincere è un italiano, allora tutto è più potente. E oggi ha vinto Manuele Tarozzi.

Questa frazione del Tour de Langkawi era forse la meno indicata per l’arrivo allo sprint: tappa piatta e corta, che si snodava fra vaste coltivazioni di palme e rettilinei infiniti. Si partiva da Batu Pahat poco dopo l’alba in quanto è venerdì, la nostra domenica, e all’ora di pranzo gran parte della popolazione deve recarsi in Moschea per la preghiera grande della settimana. Pertanto meglio anticipare.

E per dirla tutta, si partiva presto anche perché l’intera carovana doveva spostarsi nel Borneo, isola ancora più a Sud per metà Indonesia. Un aereo attendeva prima gli atleti, poi i giornalisti e tutti gli altri.

Tutto studiato

Ricordate? Qualche giorno fa pubblicammo una foto in cui Alessandro Donati, direttore sportivo della VF Group-Bardiani consolava proprio Tarozzi e gli diceva: «Tranquillo, se corri così prima o poi la vittoria arriva». Oggi quello stesso abbraccio era di gioia. «Te lo avevo detto che sarebbe arrivata!».

«Noi non abbiamo l’uomo di classifica – continua Donati – e dovevamo provarci. Tutti i giorni all’attacco. Oggi abbiamo programmato tutto nel dettaglio. I tratti ondulati nel finale, la difficoltà nel controllare la corsa… E anche l’averne messi due in fuga su quattro non è stato casuale. Gabburo doveva tirare un po’ di più e far risparmiare qualcosa a “Taro” che è più veloce».

E lo stesso Davide Gabburo conferma tutto dopo il traguardo: «Io mi sono staccato ai meno 10, perché su uno strappetto non ne avevo proprio più. Abbiamo tirato fortissimo tutto il giorno, sempre sopra ai 50 all’ora. Ho cercato di far limare un po’ di più Tarozzi, così che arrivasse più fresco nel finale. Direi che abbiamo fatto un bel lavoro. E’ andata bene così!».

Questa è zona di coltivazioni di olio di palma. Siamo nel lembo meridionale della Malesia continentale. Tra poco si va nel Borneo
Questa è zona di coltivazioni di olio di palma nel lembo meridionale della Malesia continentale. Tra poco si va nel Borneo

Tattiche e controtattiche

Parte quindi questa tappa particolare: 123 chilometri da fare in un sol boccone. La media della prima ora è da capogiro: 50,7 orari. Alla fine sarà la quarta frazione più veloce della storia della corsa malese. Il finale è leggermente ondulato, ma sempre velocissimo. La fuga guadagna 2’30” e davanti ci sono passisti che spingono. Gente che sa prendere aria: Stefan De Bod, al terzo giorno di fuga, Gabburo, Tarozzi e il bravo svizzero della Corratec-Vini Fantini, Valentin Darbellay.

Ai meno 30 il gruppo guadagna, ma davanti non crollano. Anzi, come si usa fare ora, accelerano un po’. Stavolta l’Astana-Qazaqstan non tira, che il lavoro lo faccia la Tudor Pro Cycling di De Kleijn, che è lo sprinter più forte. Non sia mai che i turchesi tirino e a vincere sia poi l’olandese. 

E ancora: il livello generale non è super e se davanti ci sono quattro passistoni, basta un team importante che non tira che chiudere diventa complicato. Non basta un uomo di un team, uno di un altro… Questi giochi di potere vanno a vantaggio dei fuggitivi. I quali a loro volta giocano ottimamente le loro carte.

Il cuore che batte

«Stavolta – racconta Manuele Tarozzi dopo il traguardo – non volevo assolutamente che si ripetesse quello che è successo due giorni fa a Bentong, quando proprio io e Stefan De Bod ci siamo guardati nell’ultimo chilometro e il gruppo ci ha ripreso nel finale. Quella notte non ci ho dormito. Non volevo rimpianti. E infatti ci siamo parlati. Piuttosto facciamo secondi, ma si deve arrivare. Lui è fortissimo. In fuga tira come “una bestia”».

E’ un tira e molla di secondi e chilometri: 8 chilometri al traguardo e 30”, 6 chilometri e 25”, 2 chilometri e 18”. 

«Negli ultimi 10 chilometri – dice Tarozzi – abbiamo visto che il vantaggio era ancora buono e così abbiamo preso più fiducia e abbiamo accelerato ancora un po’. Da quattro siamo rimasti in due. Anche per merito di Gabburo avevo qualche cosina in più di De Bod nelle gambe. Lui è partito lunghissimo. Io ho risposto bene e ai 300 metri ho lanciato la mia volata. Una volata a due è sempre un po’ particolare… ma è andata bene».

Una volata che ai 100 metri era già finita. Tarozzi ha avuto tutto il tempo di voltarsi per controllare e per esultare, mentre il gruppo arrivava a tutta velocità. Anche se con ben 9” secondi di distacco. Un dato che la dice lunga su quanto davanti siano andati forte.

Il finale era velocissimo. Tendeva a scendere e guarda caso, molte corone da 54 denti viste nei giorni scorsi si sono trasformate in 55. De Kleijn addirittura oggi aveva una monocorona aerodinamica da 56 denti. Ma non è bastata. Dopo l’arrivo era piuttosto nervoso. 

L’arrivo di Tarozzi che si volta prima della linea d’arrivo. Dietro si vede il gruppo, ormai spacciato
L’arrivo di Tarozzi che si volta prima della linea d’arrivo. Dietro si vede il gruppo, ormai spacciato

Tarozzi solido

La nota positiva, oltre alla vittoria di Manuele Tarozzi e di una squadra italiana, è il fatto che questo ragazzo sta continuando a maturare. Lui, e lo abbiamo scritto più di una volta, appartiene a quella schiera di atleti che non è passata presto, né è nata con le stigmate del campione. Quel che ha ottenuto se l’è dovuto sudare.

«Adesso sono più consapevole – ci ha detto Tarozzi – in fuga mi trovo bene… ma servono le gambe per andarci, non basta dire che ci si è portati. Quest’anno ho fatto il Giro d’Italia ed è vero che ti cambia. Non tanto perché ti fa spingere quel dente in più, ma per il recupero. E recuperando prima, col passare delle tappe vai meglio. Come proseguirà la mia stagione? Probabilmente finirò con questo Tour de Langkawi. Se così non fosse ci potrebbe essere una corsa in Italia, di quelle in Veneto, ma vedremo».

Ora è tempo di godersi la vittoria. Tra l’altro la seconda in Asia e la seconda quest’anno, ottenuta proprio nella “vicina” Cina al Qinghai Lake, anche lì dopo una lunghissima fuga.

Tarozzi dalla Turchia fino al Giro, con un sogno da realizzare

06.05.2024
5 min
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Per la VF Group Bardiani CSF Faizané, il Giro di Turchia rappresentava per alcuni la prova generale per il Giro d’Italia, per altri la strada per arrivarci. Difficile dire se Manuele Tarozzi prima della partenza fosse da una parte o dall’altra e in fin dei conti non è più così importante, perché ora il faentino è nella carovana della corsa rosa.

Per il team la corsa in Turchia è stata una prova generale per il Giro d’Italia
Per il team la corsa in Turchia è stata una prova generale per il Giro d’Italia

L’esperienza turca resta però nella memoria e per molti versi nel cuore, considerando che proprio su quelle strade ha colto un 12° posto finale che ha un suo peso, in un contesto importante considerando che erano al via 4 squadre WorldTour. Tarozzi, ripensando alle premesse della trasferta, sorride.

«A dir la verità quando siamo partiti la principale raccomandazione non era di tenere a bada questo o quel corridore, di attuare questa o quella strategia. Sì, c’erano anche questi aspetti, ma la cosa più importante era evitare ogni caduta, visto quel che ci sarebbe stato in ballo di lì a poco. Non nascondo che raramente ho avuto tanto timore e quando ci hanno detto che l’ultima tappa sarebbe stata annullata ho tirato un sospiro di sollievo, anche se potevo ancora entrare nella Top 10».

La corsa turca ha visto il successo dell’olandese Van den Broek su Kudus (ERI) e Double (GBR)
La corsa turca ha visto il successo dell’olandese Van den Broek su Kudus (ERI) e Double (GBR)
Come definiresti la corsa turca?

Su 8 tappe (anche se una è stata come detto cancellata) solamente una contava davvero per la classifica e infatti si è costruita lì, nella sesta frazione. Per il resto la soluzione più probabile era sempre la volata di gruppo. Io da parte mia ho provato a far saltare il banco nella quarta tappa.

Sei stato in fuga per ben 114 chilometri…

Era la mia ambizione trovare una fuga buona, sperando che arrivasse al traguardo e anche per testarmi in vista del Giro d’Italia. La quarta frazione avevo visto che era abbastanza mossa, sapevo che poteva essere quella giusta. La maglia ce l’avevano quelli della Polti Kometa che sapevo non avevano grande interesse a tenere la corsa, quindi dovevo entrare nella fuga. Ci sono riuscito e a quel punto ho giocato le mie carte. Ho sognato di vincere fin quasi alla fine…

Per il faentino 114 chilometri di fuga nella quarta tappa con vittoria sfumata nel finale
Per il faentino 114 chilometri di fuga nella quarta tappa con vittoria sfumata nel finale
Ti hanno ripreso a 500 metri dalla conclusione…

Sì, purtroppo il finale era su un leggero strappo e da dietro il gruppo è rinvenuto fortissimo proprio perché si sono messe a lavorare le squadre WorldTour. Se l’arrivo fosse stato in pianura forse ce l’avrei fatta, ma il ciclismo non è fatto di “se”.

Com’è correre in Turchia?

Per certi versi è molto utile, soprattutto se una corsa simile è posta prima di un grande evento come il Giro. Le strade sono larghe, piatte e senza curve il che significa che se ti metti nella pancia del gruppo fai velocità senza spingere, senza prendere vento. A ruota si sta bene… Il problema semmai può essere il vento che spesso spira forte da quelle parti, se hai ambizioni devi stare sempre all’erta perché la possibilità di ventagli è dietro l’angolo.

Il passaggio sullo stretto del Bosforo nell’ultima tappa, alla fine neutralizzata per il maltempo
Il passaggio sullo stretto del Bosforo nell’ultima tappa, alla fine neutralizzata per il maltempo
E’ una corsa che ha seguito da parte della gente?

Di gente nelle città ne abbiamo vista, ma lungo i percorsi eravamo davvero in mezzo al nulla. Non è certo come in Belgio, in Turchia c’è praticamente solo quest’evento e la gente lo vive con attenzione, ma il ciclismo non è certamente lo sport nazionale. I posti però sono magnifici, soprattutto quando siamo passati nella zona dei laghi. Poi da quel che ho visto, il mare è davvero bellissimo, infatti conto di tornarci in vacanza.

Ripensandoci non hai un po’ di rammarico per come si era messa la corsa?

Se avessimo fatto l’ultima tappa, il proposito era di andare a caccia di abbuoni, ne sarebbe bastato uno per entrare tra i primi 7-8.

Grande festa nelle città per il passaggio della carovana, ma fuori era il deserto…
Grande festa nelle città per il passaggio della carovana, ma fuori era il deserto…
Come arrivi al Giro?

Credo di avere la gamba giusta e proprio per come sono andate le cose in Turchia credo di poter far bene. Certamente non sarò io l’uomo per la generale, gli stessi Pozzovivo e Pellizzari partono come capitani per guardare innanzitutto alle tappe, poi vedremo come si metterà la corsa. Io lavorerò per loro, ma tutti quanti guardiamo con interesse a centrare le fughe di giornata sperando che qualcuna arrivi al traguardo, che sia lasciata libera dai team che puntano alla maglia. Io voglio entrare in una di queste e giocarmi le mie carte, una vittoria è un sogno che voglio trasformare in realtà.

Vi raccontiamo Tonelli il meticoloso (e ora anche vincente)

01.02.2024
6 min
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Forse un po’ a sorpresa. Forse perché i ragazzi della VF Group-Bardiani vanno forte dopo il buon lavoro svolto in Spagna, ma giusto ieri Alessandro Tonelli, classe 1992, si è regalato una vittoria incredibile alla Vuelta Valenciana, ormai un palcoscenico importante. 

Insieme al compagno Manuele Tarozzi, sono scappati via sull’ultima salita e hanno letteralmente beffato il gruppo. In pianura e in discesa hanno tenuto più del previsto e i velocisti si sono dovuti accontentare dei posti di rincalzo.

Ma questo è quel che succede quando si lavora bene. E in squadra l’entusiasmo non manca. L’arrivo in parata lo testimonia: un riconoscimento per il più “vecchio” del team e quel sorriso sul volto del secondo, Tarozzi appunto.

Meticolosità da scoprire

Tonelli siamo abituati a vederlo spesso in fuga al Giro d’Italia. E magari il grande pubblico lo conosce per questo. Noi invece ve lo presentiamo sotto un altro punto di vista. Eh sì, perché Alessandro Tonelli è quello che si dice un professionista esemplare. E non è una frase fatta o un complimento fine a se stesso. In vari momenti e con vari personaggi dello staff della VF Group-Bardiani è emerso il suo nome. 

«Il più preciso nel fare stretching? Tonelli». «Quello che conosce meglio di tutti il regolamento? Tonelli». «Chi vede bene la corsa? Tonelli». E allora tanto più dopo questo successo di gambe e… testa, appunto, sentiamo il diretto interessato.

Per Tonelli dieci anni da professionista e quattro Giri nel sacco
Per Tonelli dieci anni da professionista e quattro Giri nel sacco
Alessandro, abbiamo elencato tutte queste caratteristiche. Abbiamo dimenticato di aggiungere che già ti vedono come un direttore sportivo nei prossimi anni…

In effetti me lo dicono tutti che quando smetterò mi ci vedono bene, ma per ora dico di no. Per ora sono un corridore e voglio farlo al meglio. E’ il mio lavoro e come tale voglio farlo al 100 per cento.

Cosa hai studiato?

Ho la maturità da geometra, poi all’università avevo iniziato Ingegneria. Ma erano i tempi della Zalf ero sempre fuori e se non seguivi materie come Analisi 1 o Fisica era tosta. Se perdevi una lezione sembrava che avessi perso un anno intero. E così ho deciso di puntare bene su una cosa sola, il ciclismo, ed è andata bene.

Ecco dunque perché sei così metodico! Cosa significa per te essere professionale nel lavoro?

Saper fare il proprio lavoro, individuare il proprio ruolo. Nel caso del ciclista, sai che devi lavorare con il tuo corpo e che lo devi portare al 100 per cento della prestazione. E se qualcosa non è al top, le cose non vanno. Io faccio sempre l’esempio del motore: puoi avere anche quello più potente, ma se qualcosa non funziona questo non rende. Quindi devi lavorarci su, conoscerti. E non è sempre facile.

In Bardiani ti stimano, lo abbiamo visto di persona: ti senti un riferimento per il team?

Sì, tutti i ragazzi fanno affidamento su di me e non solo quando c’è da dire cose belle, ma anche quelle meno belle. Con i direttori sportivi vado a parlarci io. Ma attenzione, ci vado dopo aver vagliato bene la questione. Questa deve essere fondata. Poi, magari anche se non sono d’accordo ma è valida, io riferisco.

Meticoloso e professionale, Alessandro cura molto anche la parte oltre la bici (foto Instagram)
Meticoloso e professionale, Alessandro cura molto anche la parte oltre la bici (foto Instagram)
Perché secondo te hai questo ruolo in squadra?

Perché ormai dopo tanti anni conosco bene la squadra, la famiglia Reverberi, perché sono professionale e anche perché sono il più vecchio. Quindi porto la voce dei corridori, ma anche il contrario.

Il contrario? Spiegaci meglio…

Per esempio eravamo qui in Spagna per il ritiro di gennaio. Terminato quest’ultimo, visto il buon clima valenciano e al tempo stesso le temperature più rigide che cerano da noi, i tecnici mi hanno chiamato. Mi hanno detto di riferire ai ragazzi che chi correva in Spagna la settimana successiva sarebbe potuto restare, così da evitare malanni, sbalzi di temperature e rischiare di buttare via tutto il lavoro fatto. 

“Tonelli vede la corsa”: sei capitano in gara dunque?

Sì, si… Anche l’altro giorno a Mallorca, nella prima corsa dell’anno mi hanno detto subito: «Te, “Tone”, sei il regista, controllali e vedi quel che succede. Dovete essere pronti ad entrare in gioco. Anche tu». Quindi sono un diesse in gara, magari per spronare i ragazzi o per prendere qualche decisione.

Questione dello stretching. Anche in questo caso sei meticoloso…

Torniamo al discorso della professionalità. Se un massaggiatore mi dice di fare una cosa è per il mio bene. Se non la faccio ci rimetto solo io. Non posso dirgli di aver fatto degli esercizi e poi non è così. Primo, perché non va bene per il corpo, e poi perché lui se ne accorge.

In Spagna al lavoro con i compagni, Tonelli (a destra) è sempre stato in questo team (foto G. Reverberi)
In Spagna al lavoro con i compagni, Tonelli (a destra) è sempre stato in questo team (foto G. Reverberi)
I più giovani sono cresciuti col potenziometro e l’alimentazione super controllata. Com’è il rapporto con loro? Ascoltano o magari ne sanno già più di te?

Il ciclismo è cambiato e non serve andare indietro chissà quanto, bastano 3-4 anni. Social, quindi informazioni, e tecnologia alla portata di tutti hanno fatto sì che i giovani fossero più pronti che in passato. Poi se ascoltano o meno, quello dipende anche dal carattere di ognuno. Certo è, che un Tonelli di dieci anni fa era più lascivo dei ragazzi di oggi. Ma lo era non per scarsa professionalità, ma perché non c’erano certe conoscenze.

E invece perché sai così bene il regolamento?

Perché mia sorella Francesca è una giudice di gara – ride Tonelli – è lei che mi dà le novità e mi rende sempre aggiornato.

Alessandro, sei un corridore di sostanza: hai mai pensato di fare il gregario in una grande squadra?

Intanto devo cercare di vincere (e ieri ci è riuscito, ndr) e poi magari potrei anche starci in una WorldTour, perché so fare il mio lavoro. L’idea c’è stata, ma a quasi 32 anni sta scemando e così preferisco stare qui a fare la chioccia che essere uno qualsiasi altrove. La squadra va bene, è cresciuta e io qui sono molto motivato.

Da San Juan a Faenza, un giorno con “El Flaco” Tarozzi

06.02.2023
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Siamo a Faenza, in Romagna, Tarozzi ci apre le porte di casa sua. Manuele vive con i genitori e a breve andrà a convivere con la propria ragazza. Una storia comune, normale per un ragazzo di 24 anni. Ed è da quella situazione di normalità e pacatezza che scorgiamo con il suo arancione acceso, appesa allo stendipanni, la maglia di leader degli scalatori della Vuelta a San Juan affiancata alla divisa Green Project Bardiani-CSF Faizanè

“Taro” come lo conoscono tutti qui in Romagna è appena tornato a casa dalla trasferta argentina, dove ha conquistato il primato degli scalatori a suon di fughe. A 11.000 chilometri di distanza in Italia oltre alle immagini dei suoi attacchi sui GPM è riecheggiato un soprannome che gli calza a pennello, “El Flaco”.

«Mi piace – dice – non ho mai pensato di volere un soprannome. Il massaggiatore cileno, mi ha spiegato che vuole dire: magro e slanciato o leggero e scattante. Me lo hanno dato i commentatori della radio argentina. Là è come un mondiale e molte zone sono povere e seguono la corsa alla radio».

Ad oggi “El Flaco“ è al secondo anno da pro’ e questo è il suo primo risultato degno di nota tra i grandi. Scopriamo chi è, e perché quando sale in sella vuole fare divertire.

Gli inizi

Diciotto anni in bici. No, non è la fine di una carriera, ma il tempo che Tarozzi ha già passato in sella. Ha iniziato da G1, seguendo la passione di suo padre. La squadra era la S.C. Faentina di Vito Ortelli, professionista ai tempi di Coppi e Bartali, che è riuscito a mettere in sella anche Manuele.

«Ci allenavamo in un rettilineo di campagna – racconta Tarozzi – appena fuori Faenza. Non ricordo molto di Vito, ma ricordo che per tutti era un maestro di ciclismo e di vita. Dopo qualche anno venne costruito il pistino per giovanissimi, dove siamo oggi, che ora è intitolato a lui». 

Una storia di precariato giovanile per poter praticare uno sport. Manuele infatti, finita la categoria da G6, ha iniziato a saltare da una squadra all’altra, non per colpa sua, bensì per la chiusura a effetto domino delle squadre dove approdava.

«Ho continuato perché mi divertivo – racconta – e perché in ogni categoria ho sempre vinto. Da giovane ti basta quello per continuare, non pensi troppo al futuro. Così da esordiente a juniores cambiai cinque squadre, fino all’ultimo anno in Italia Nuova Borgo Panigale dove ho trovato Coppolillo e Calzoni».

Dubbi e rinascita

Dopo un valzer di squadre continuo, per Tarozzi è arrivato il momento di trovare la propria strada tra gli under 23 e poter iniziare a giocarsi veramente il proprio futuro.

«Passai alla Beltrami – dice – feci due anni ma le cose non andavano come volevo. Facevo fatica a trovare continuità tant’è che pensai anche di smettere. Poi mi richiamò Coppolillo e mi parlò di questo nuovo progetto pensato da Davide Cassani per mettere su una squadra in collaborazione con la Regione di nome #inEmiliaRomagna. Aveva la sede a Faenza e io avevo bisogno di nuovi stimoli, in più avrei trovato miei ex compagni di squadra degli juniores. Quella notizia mi riaccese l’entusiasmo a tal punto che vinsi e feci un bel finale di stagione alla Beltrami. 

Si apre così un nuovo capitolo e Manuele riparte da casa per rimettere a posto le cose: passione e voglia. Grazie a questa nuova opportunità arrivano le vittorie e torna l’obiettivo di passare tra i pro’. «Un momento chiave fu la fuga all’italiano del 2021 tra i professionisti. Lì capii che la mia possibilità di diventare pro’ sarebbe potuta diventare realtà».

Attaccate sui muri si notano le foto delle vittorie. Qui quella della Firenze-Faenza
Attaccate sui muri si notano le foto delle vittorie. Qui quella della Firenze-Faenza

Le vittorie

Come detto, Taro ha sempre vinto, da G1 a elite. Ad oggi manca il successo tra i pro’ ma a causa di una caduta alla prima gara, che lo ha tenuto fuori quasi due mesi, l’anno scorso ha inseguito tutta la stagione. Il suo rapporto con le vittorie non sembra essere ossessivo, ogni sua gara parte da un concetto che lo renderebbe simpatico a qualsiasi appassionato: «In gruppo mi annoio»

In che senso? «A volte ho paura – riprende Tarrozzi – e a volte l’idea di stare 200 chilometri ad aspettare il finale mi annoia proprio. Certo non si può stare in fuga sempre, ma quando sono là davanti è tutto da scrivere e sento energie che prima non pensavo di avere. Sia chiaro, sono il primo a ridere e scherzare con tutti per far passare il tempo, ma andare in fuga è speciale. Sono veloce e qualche risultato l’ho fatto anche così, ma le mie vittorie preferite sono quelle dove sono arrivato da solo».

Alla domanda qual’è la sua vittoria preferita, la risposta arriva senza esitazioni. «La Firenze-Faenza. Una gara per juniores creata da Cassani e ispirata alla 100 km del Passatore, una podistica famosissima per noi faentini. Sono legato a questa corsa perché da piccolo la facevo in bici con mio babbo seguendo i corridori (un’usanza comune tra i faentini, ndr).

«Ero in maglia Italia Nuova. Partì una fuga a 5 minuti e né io né i miei compagni eravamo dentro. Mi ricordo che in una gola sul Passo della Colla il mio diesse Calzoni, mi urlò talmente dietro che sentì l’eco per qualche secondo. Così partii e riagganciai la fuga. Sull’ultima salita “Coppo” mi disse di attaccare. Quel giorno pioveva molto, nella discesa della Carla che conoscevo a memoria riuscii a staccare tutti. Arrivai in piazza a Faenza da solo a braccia alzate. Fino ad ora è la mia vittoria preferita».

La classifica dei GPM a San Juan è stata il frutto di tappe affrontate all’attacco
La classifica dei GPM a San Juan è stata il frutto di tappe affrontate all’attacco

A San Juan

Arriviamo ai giorni nostri e al motivo del perché ci troviamo a casa de “El Flaco”. Alla Vuelta a San Juan, l’obiettivo era sempre quello, andare all’attacco. «Rossato ha messo in chiaro le cose da subito: dovevamo andare in fuga. Non sono partito con l’obiettivo della maglia GPM, ma dopo la prima tappa ci siamo detti, perché non provarci? Pensavo sempre alla vittoria. Quest’anno devo riprendermi la rivincita sul 2022 deludente non per colpa mia. Con il mio preparatore, Paolo Alberati, non ci siamo concentrati sulle distanze ma sull’intensità e sono riuscito a fare un bell’inverno per partire pronto fin da subito». 

La conquista della maglia non è di certo ancora una vittoria e Taro ha ancora tutto da dimostrare tra i pro’ ma un primo segnale alla prima occasione utile è arrivato. La sua generazione sta già sbocciando. Pogacar che ha battuto da juniores è a quota due Tour, Bernal vanta un Tour e un Giro e sta provando a rinascere dalle ceneri di un brutto infortunio. Se con lo sloveno l’incontro dopo quella volta non è ancora avvenuto, con Bernal un incontro c’è stato. 

«Eravamo sull’ultima salita. Il mio obiettivo era diventato solo il GPM per conquistare la maglia definitivamente. Avevamo 3 minuti sul gruppo e in radiolina mi dissero, “E’ partito Bernal“. Ci ha ripreso e ha dato una bella aperta di gas. Leggere il mio nome davanti al suo sul GPM mi fa capire che era una bella corsa. Ma si vedeva che è ancora lontano dalla propria condizione».

Per Tarozzi manca la vittoria, ma il secondo anno tra i pro’ è appena iniziato
Per Tarozzi manca la vittoria, ma il secondo anno tra i pro’ è appena iniziato

Romagna mia

Appassionato di psicologia, Tarozzi ha una parlata romagnola che lo rende genuino. Ogni suo concetto è chiaro e non lascia spazio a scuse o dubbi. Ride spesso, ma gli occhi sempre un po’ socchiusi lo rendono un ragazzo dal fare rilassato e quasi… svogliato. Vederlo in bici però dimostra tutt’altro che questo. Alla Bardiani ha trovato un ambiente giovane e serio, il posto giusto dove poter affrontare il futuro con tutti i mezzi necessari. «Mi trovo bene, parliamo tutti la stessa lingua e siamo giovani. La voglia di fare è tanta da parte di tutti».

Manuele sta bene a Faenza, andrà a convivere con la propria ragazza tra pochi mesi. La sua Romagna sembra essere un nido accogliente da cui spiccare il volo ogni volta che deve. «A breve andrò al Tour du Rwanda, dove tra due anni si faranno i mondiali, sono tutti curiosi. Poi si vedrà, non ho ancora un calendario definito, so per certo che voglio fare bene al Tour of the Alps». 

Ti piace allenarti qui? «Sì, mi alleno quasi sempre con Davide Dapporto della Technipes #inEmiliaRomagna, mio ex compagno di grande talento e con Filippo Baroncini. A volte usciamo anche la sera insieme. Ci divertiamo e facciamo quello che ci piace».

Bis di Welsford, corsa a Lopez, Jakobsen rischia grosso

30.01.2023
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A San Juan, per l’ultima tappa della Vuelta, sono scese in strada centinaia di migliaia di persone. Qualcosa di impensabile, se non per palcoscenici come il Giro d’Italia oppure il Tour nelle loro terre più calde. Lungo il circuito di 16 chilometri, non un solo metro è parso scoperto di pubblico e alla fine la vittoria è andata nuovamente a Sam Welsford su Jakobsen e Nizzolo. E se nella prima tappa aveva avuto paura, questa volta all’olandese è andata bene. Per questo quando si dirigeva verso il podio aveva lo sguardo scosso.

«Era già stato super speciale – racconta Welsford – aver vinto ieri e mi aveva dato grande motivazione. Oggi avevo grande fiducia e questo secondo successo mi fa credere nel processo che ho iniziato qui e andrà avanti per il seguito della stagione. I risultati in pista sono stati un’esperienza importante per arrivare a questo livello. La squadra mi ha aiutato molto per tutta la settimana. Siamo stati circondati da una folla incredibile, non riuscivo ad ascoltare quello che dicevano i miei compagni.

«Spero di tornare qui il prossimo anno e che questa sia una delle tante vittorie che verranno ancora. In volata eravamo velocissimi, Fabio ha provato a inserirsi fra le barriere ed è stato colpito da un telefono. Ho visto il replay. Spero che stia bene, ha rischiato davvero di cadere. A volte bisogna capire da fuori che quando si arriva così vicini ai corridori, bisogna stare attenti alla loro incolumità».

Prima del via, un corridoio di applausi per Maxi Richeze, commosso all’addio
Prima del via, un corridoio di applausi per Maxi Richeze, commosso all’addio

Pericolo scampato

Jakobsen ha provato a infilarsi sulla destra dell’australiano, dimostrando di aver ben recuperato psicologicamente da quanto gli accadde al Polonia. Ma proprio nel momento in cui si è infilato nei pochi centimetri fra Nizzolo e la transenna, lo ha colpito al capo il telefonino di un tifoso che si sporgeva per fotografarlo.

Il telefono è volato via e con esso gli occhiali di Jakobsen, ma lo sbandamento della ruota anteriore dell’olandese stava per costargli caro. Se non avesse corretto la traiettoria con uno scarto, Jakobsen avrebbe sollevato con la ruota il pannello pubblicitario legato alla transenna e le conseguenze sarebbero potute essere gravissime.

Nizzolo, il rapporto giusto

Nuovamente terzo, come dopo la prima tappa, Nizzolo saluta il nuovo podio con più consapevolezza. Se il primo giorno infatti si trovò a sprintare con un rapporto troppo corto, pagando il cambio di ritmo di Bennett, questa volta il milanese ha provato ad anticipare la volata partendo lunghissimo.

«Ho avuto una sensazione buona – spiega – ma la volata è stata un po’ strana per me, nel senso che non sono le volate che mi piacciono. Non è stata molto tecnica. Però ho trovato il varco per uscire, anche se un po’ lontano dall’arrivo. Ci ho provato e comunque aver fatto una volata così lunga è sintomo che la condizione è abbastanza buona. Un podio che mi motiva, diverso dal primo. Col rapporto che avevo, la settimana scorsa avevo poche chance. Oggi invece ho fatto una volata di testa, che comunque è sempre bello. Poi, chiaro, venire rimontato sul più bello non è simpatico.

«Visto quanta gente? Dicevo ai miei compagni che nel 2018 vinsi questa tappa in uno scenario praticamente uguale e fu un’emozione incredibile. Perché insomma, avere questa gente non è consueto, quindi è bellissimo. Li ringrazio tutti».

Nizzolo ha provato la volata di testa, ma è stato rimontato da Welsford e Jakobsen
Nizzolo ha provato la volata di testa, ma è stato rimontato da Welsford e Jakobsen

Fra Lopez e Tarozzi

La Vuelta a San Juan 2023 se l’è presa Miguel Angel Lopez, grazie all’impresa all’Alto del Colorado, con il nostro Tarozzi che si è aggiudicato la maglia del Gran Premio della Montagna, grazie alla condotta sbarazzina e cocciuta.

«Sono molto contento di questa squadra – dice Lopez – ringrazio tutti per il loro lavoro ogni giorno, spero che questa vittoria sia una bella ricompensa. Voglio anche congratularmi con l’organizzazione per questa bellissima gara, penso che la gente si sia davvero divertita. Porto a casa questa vittoria e inizio l’anno molto motivato. Devo ringraziare Medellin per questa opportunità che mi hanno dato per mostrare le mie qualità, abbiamo dimostrato di essere la squadra migliore. Tutti hanno visto quanto siamo uniti. Questa vittoria mi rende molto felice e soprattutto la voglio dedicare alla mia famiglia, a mia moglie e ai miei figli che sono la cosa più importante. Sono sempre lì, nel bene e nel male».

Sul podio finale, Lopez precede Higuita e Ganna, fortissimo in salita
Sul podio finale, Lopez precede Higuita e Ganna, fortissimo in salita

Per il colombiano e per il romagnolo della Green Project-Bardiani-Faizanè si tratta di una partita vinta. Il primo ha voluto dimostrare qualcosa a se stesso e all’Astana e ora bisognerà aspettare per capire come finirà la sua storia. Intanto il Team Medellin prepara le valigie per inviti già ricevuti in Europa. Invece Tarozzi deve riprendersi dall’infortunio del 2022 e aspetta solo di raccontare tutto il lavoro che gli è costato arrivare fin qui.

La serata si accende di luci, colori e fuochi di artificio. Sul maxischermo del palco scorrono i messaggi registrati nei giorni scorsi, con cui i corridori salutano Maximiliano Richeze. Stasera si farà festa all’Hotel Del Bono, su cui converranno tutte le squadre, poi sarà tempo di impacchettare bici, sogni e speranze e di far rotta verso l’inverno europeo. La Vuelta a San Juan chiude la parentesi delle prime corse al caldo, fra breve tutti i corridori torneranno a sfidarsi sulle rotte europee.

Metti nella stessa storia Bennett, Tarozzi e Pogacar…

23.01.2023
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«Ero partito per fare questa fuga – dice Tarozzi dopo la prima tappa della Vuelta a San Juan – ma non tutte le fughe arrivano. Ci siamo subito rotti e quando l’accordo non c’è, è difficile arrivare al traguardo. Alla fine abbiamo anche tirato un po’ i remi in barca. Ho sofferto il caldo, da noi è inverno mentre qua è estate e ancora non siamo abituati. Però a Imola c’era più caldo…».

Manuele Tarozzi, romagnolo di 24 anni al secondo da professionista, ha avuto tempo per riprendere fiato e recuperare un po’. A Imola rimase in fuga per tutto il giorno del suo compleanno: Colbrelli vinse il tricolore, lui era conciato decisamente peggio. Ma proprio dopo il traguardo, dilettante fra i grandi, ammise che quella corsa gli avrebbe cambiato la vita. Anche ieri è stato in fuga per tutto il giorno e si è arreso quando in testa con lui è rimasto soltanto Velardez, corridore della Municipalidad de Pocito, mentre in testa al gruppo iniziavano a lavorare gli uomini dei velocisti. Coincidenza o no, la mattina alla partenza ci ha raccontato una storia…

Il primo sprint

Sam Bennett ha vinto la prima tappa, con una volata prepotente nel caldo e nel baccano della Capitale. Alle sue spalle, Morkov che ha perso Jakobsen per uno sbandamento del gruppo, e Nizzolo. Una giornata destinata allo sprint, anche se i nomi più giocati alla vigilia erano appunto altri.

«Avevamo studiato il finale per due volte – racconta Bennett – e stamattina abbiamo fatto l’ultima prova, ma è sempre difficile fare piani. Ero molto nervoso, lo eravamo tutti. Nella prima corsa si cerca il ritmo, non è facile. Il primo sprint è il più pericoloso della stagione, che tu lo vinca o no. E’ fantastico aver iniziato con una vittoria, ma non è stato facile. La parte più dura è stato tenere il ritmo dei miei compagni, che sono stati fantastici. La sensazione di passare per primo sulla linea è stata bellissima».

Buttrio, 7 agosto 2016

Ma in questo giorno veloce e caldissimo, la storia che ci piace ricordare è appunto quella raccontata a sua volta da Tarozzi, che si svolse sei anni fa sulle strade del Friuli, quando lui era junior e il professionismo ancora un miraggio. Era il 7 agosto del 2016, il gruppo degli juniores era in rotta verso il Giro della Lunigiana.

«C’è questa gara dalle parti di Udine, da Buttrio a Ravascletto. La prima parte pianeggiante e poi ci sono due salite nel finale. L’arrivo in salita è di 5-6 chilometri. Io ho la sfortuna di cadere dopo 50 chilometri. Un peccato, perché sono in condizione, ma mi sento addosso quel po’ di paura di stare in gruppo. Mi sono fatto male, un po’ ti resta nei pensieri…». 

Lui parlava e intorno c’era il viavai di corridori chiamati al foglio firma all’ombra dello stadio cittadino. La città deserta nel primo pomeriggio della domenica si stava ravvivando per la partenza.

«Allora per evitare problemi, decido di andare in fuga con altri tre. Arriviamo di buon accordo ai piedi dell’ultima salita e appena la imbocchiamo, aumento subito il passo. Solo io però, il gruppo resta a 30 secondi. Sento il fiato sul collo, le moto che mi superano, ma decido di tenere duro».

Uno sloveno sul podio

Il racconto andava avanti, mancava mezz’ora alla partenza. Rossato impartiva i suoi ordini con il tono veneto e squillante, scherzando con Zanoncello.

«Mancano 2 chilometri e io vado su a tutta, quando mi arriva accanto De Candido, che all’epoca era commissario tecnico degli juniores. Arriva e mi dice di andare tranquillo, che ormai è fatta e che l’ultima parte è discesa».

Tarozzi vince per distacco la Buttrio-Ravascletto del 2016. Alle sue spalle, staccato di 26 secondi arriva uno sloveno che ha i suoi stessi anni: tale Tadej Pogacar. 

«E’ una cosa di tanti anni fa, ma è vero che dopo quel giorno lui andò a vincere il Lunigiana. Partecipai anche io, ma avevo sottovalutato la caduta di quel giorno verso Ravascletto. Mi ero bruciato la gamba, ma sul momento le botte non le senti. Mi venne un’infezione, andai comunque al Lunigiana, però non andavo più come prima…».

Tarozzi ha tagliato il traguardo staccato dal gruppo dei velocisti: stanco, ma non allo stremo
Tarozzi ha tagliato il traguardo staccato dal gruppo dei velocisti: stanco, ma non allo stremo

«Quando Pogacar ha vinto il Tour – ancora Tarozzi – non è che ci sono rimasto male. L’ho visto e ho pensato: questo ha già vinto il Tour e io sono ancora nei dilettanti. Poi ho capito che ognuno ha il suo stadio di crescita e adesso spero di poterlo ribattere, prima o poi.

«L’anno scorso ero partito bene, ma mi sono rotto una gamba. Quest’anno secondo me saprò fare bene. Non so quanto margine abbia, però secondo me posso migliorare tanto. Magari non per vincere il Tour – ha sorriso – ma intanto per andare in fuga oggi…». 

Detto e subito fatto!

#inemiliaromagna Cycling Team, il 2022 e un futuro più grande

10.03.2022
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La “cenerentola” è ormai cresciuta, le incognite da ultima arrivata non fanno più parte della squadra che indossa i colori della Regione e li ha incisi nel nome, #inemiliaromagna Cycling Team. Per la presentazione e il lancio del nuovo organico emiliano romagnolo under 23 si è parlato di bilanci e di obbiettivi per il futuro. La squadra nata dalla scintilla di Davide Cassani (presidente APT Servizi Emilia Romagna) viene da una stagione ricca di risultati e da un passaggio tra i professionisti di Manuele Tarozzi alla Bardiani CSF-Faizanè.

Sono tanti gli spunti e le indiscrezioni che sono trapelate tra una dichiarazione e l’altra rivolta ai 13 emiliano-romagnoli pronti a salire in sella. Ripercorriamo la serata vissuta al Grand Hotel di Riolo Terme (quartier generale della nazionale al mondiale di Imola 2020 ndr) in occasione della presentazione del team. 

Alla presentazione del team #inemiliaromagna la maglia rosa conquistata da Cantoni al Giro under 2021
Alla presentazione del team #inemiliaromagna la maglia rosa di Cantoni al Giro under 2021

Alzare l’asticella

Sono 13 gli atleti rigorosamente prelevati da tutti i lati della regione che vanno a formare quello che sarà il team per questo 2022. La stagione è già iniziata e la squadra ha fatto vedere con i piazzamenti di Ansaloni e Dapporto, di essere pronta a un anno promettente. Dapporto infatti ha già ricevuto una convocazione in nazionale per la Gand-Wevelgem U23 in programma il 27 marzo.

L’obbiettivo però rimane quello di alzare l’asticella, come dice il diesse Michele Coppolillo: «Il 2021 è andato davvero alla grande, con la maglia rosa di Cantoni, Tarozzi professionista e Dapporto in nazionale. Quest’anno siamo partiti bene e ci sono tutti i presupposti per vivere una stagione importante e cercare di fare ancora meglio. Possiamo dire di non essere più una “cenerentola”, ma un gruppo che ha dimostrato di meritare il proprio spazio».

Il team è al suo quarto anno dalla sua creazione (foto Massimo Fulgenzi)
Il team è al suo quarto anno dalla sua creazione (foto Massimo Fulgenzi)

Il WorldTour è nell’aria

Messa alle spalle una stagione sopra le aspettative a conferma di una crescita costante, viene naturale pensare a un futuro ambizioso. Dalle dichiarazioni di Davide Cassani trapelano parole rivolte a un progetto a lungo termine che possono vedere l’ex ct impegnato in prima persona.

«Parte una nuova stagione sportiva – ha detto l’ex cittì azzurro – con la certezza di aver fatto tesoro dell’esperienza degli anni precedenti. Una squadra che cresce anno dopo anno. L’obiettivo è di far crescere nel migliore dei modi dei ragazzi che fanno sport e hanno il sogno di diventare professionisti. Non tutti ci riusciranno, ma l’importante è dare loro le possibilità di giocarsi le proprie carte. Ammetto di avere un sogno, quello di costruire una squadra professionistica italiana visto che ormai manca da troppo tempo nel WorldTour».

Il team #inemiliaromagna diventerebbe quindi un satellite possibile che orbiterà intorno a questo progetto, per il momento ancora etereo.

Alla presentazione erano presenti istituzioni e sponsor
Alla presentazione erano presenti istituzioni e sponsor

Una crescita costante

La crescita del team la si capisce anche dalla struttura e dallo staff che lo compone. Per questo 2022 è stata inserita la figura di Gian Luca Giardini project manager, volta a gestire al meglio le risorse della squadra. I 13 sono infatti andati in ritiro in Spagna durante l’inverno ed è stato effettuato un rinnovamento del parco bici con Pinarello di alta gamma. In un periodo dove le condizioni economiche mettono tutti a dura prova, progetti come questo donano una boccata d’ossigeno al movimento e diventano un modello.

«Questo progetto – dice Giardini – consente a talenti emiliano-romagnoli di proseguire l’attività senza emigrare in altre Regioni, in un’età che li vede impegnati anche con la scuola». Concetto che viene ripreso dal presidente del #inemiliaromagna Cycling Team, Gianni Carapia: «Un obiettivo di questo team è quello di essere un punto di riferimento per i giovani del nostro territorio, per poter proseguire in sella dopo le categorie giovanili restando in Regione».

Emanuele Ansaloni fa parte della squadra fin dal suo anno di nascita 2019 (foto Massimo Fulgenzi)
Emanuele Ansaloni fa parte della squadra fin dal suo anno di nascita 2019 (foto Massimo Fulgenzi)

Le fondamenta della Regione

A chiudere l’intervento ma soprattutto a donare gran parte della linfa vitale c’è la Regione. Giammaria Manghi, Capo della Segreteria Politica Regione Emilia-Romagna commenta così e lancia un’indiscrezione.

«Nel 2022 – ha detto – si conferma il forte impegno della Regione Emilia-Romagna e del Presidente Bonaccini sugli eventi sportivi di livello nazionale e internazionale. Non nascondo che noi sogniamo il Tour e ci stiamo lavorando per il 2024. In programma più di 100 eventi che interessano quasi ogni tipo di sport, all’insegna della promozione territoriale, dell’evidenziazione delle eccellenze di questa Regione. In quest’ottica sicuramente il ciclismo ha ruolo primario. Anche l’esperienza del team #inemiliaromagna è estremamente importante perché riguarda i giovani e li fa crescere. Inoltre costituisce un’opportunità di valorizzazione sportiva all’interno di un programma che costituisce un pilastro per la Regione E-R».