Una vittoria attesa tre anni. Una vittoria con tanti significati, che travalicano il valore specifico della corsa, la tappa finale del Tour of Istanbul. Che pure ha presentato un parterre di buon livello con un team WorldTour (l’Astana) e 5 Professional. Una vittoria che restituisce il sorriso e un pizzico di ottimismo a Davide Gabburo, il corridore della VF Group Bardiani CSF Faizané che riassapora un gusto quasi dimenticato.
E’ curioso il fatto che la vittoria arrivi dopo tre anni sempre in Turchia. Allora ad Alanya, questa volta a Istanbul, in una corsa nuova, forse era destino, la voglia di ricominciare, di ripartire. «Ho aspettato tanto – racconta il trentunenne corridore di Bovolone – ci voleva proprio dopo tanto tempo. Mi fa ritrovare la voglia di mettermi ciclisticamente in discussione, di provarci, di non correre solamente in aiuto ai compagni».
La grave crisi di marzo
C’è molto in questi tre anni, tanto che bisogna fare un distinguo, fra il prima del 2024 e gli eventi di quest’anno: «Dopo la vittoria di Alanya non ero scomparso nel nulla. Basti pensare alla piazza d’onore nella tappa di Napoli al Giro del 2022, ma anche a tanti altri piazzamenti, anche fuori dai confini italiani. In quell’edizione della corsa rosa ero lì, a lottare con i migliori e davvero mancò solo un soffio per alzare le braccia al cielo».
Quest’anno però le cose sono state ben diverse: «A marzo sono stato ricoverato in ospedale per una crisi epilettica. Dopo tempo e accertamenti, dopo che la mia attività sportiva era stata bloccata, è stato acclarato che si era trattato di un episodio sincopale, probabilmente dettato da una situazione di stress. Il tutto a un mese dal Giro d’Italia che per me è tutto: non esserci potuto andare mi ha fatto crollare il mondo addosso».
Una seconda chance
Davide non lo nasconde. In quei giorni ha avuto forte la sensazione, ma si può dire anche la paura che la sua carriera di ciclista fosse finita. «Ci sono stati momenti nei quali ero preso dallo sconforto, pensavo che non avrei più potuto riprendere. So solo io quanto mi sono dovuto “sbattere” per visite mediche, per esami. Per trovare soprattutto gli appuntamenti in tempi brevi perché volevo assolutamente tornare alle corse. Per me rientrare in carovana è stato qualcosa di indefinibile, posso dire veramente che mi è stata regalata dalla vita una seconda chance e per questo mi sono gettato nell’attività con ancora più ardore, perché so bene che cosa significa non poter correre più ed è una sensazione che non voglio più vivere».
La ripresa è stata lenta, costante, impegnandosi come ha sempre fatto in favore dei compagni: «Non ho mai fatto mancare il mio appoggio, intanto però sentivo che la condizione piano piano cresceva. Poi è arrivata la prova in Turchia e già nella seconda tappa avevo capito che potevo giocarmi le mie carte, avendo colto il 4° posto in una tappa nervosa, con tanti strappi. All’ultima tappa, sotto la pioggia scrosciante, ho finalmente chiuso il cerchio».
La Turchia porta bene…
La volata ha avuto anche qualche attimo palpitante: il più temuto era il belga Timothy Dupont (Tarteletto Isorex) che però ai 400 metri ha perso il controllo della bici lasciando strada libera agli avversari: «Noi avevamo il treno pronto per Enrico Zanoncello – spiega Gabburo – ma io avevo mano libera per provarci ugualmente come alternativa e ai 300 metri sono scattato senza trovare resistenza. Finendo addirittura per staccare gli avversari (foto di apertura, ndr)».
Il Tour of Istanbul era una gara nuova nel calendario, dove la Turchia comincia a essere una destinazione abbastanza frequente per i professionisti e Gabburo ha buona esperienza nelle loro gare: «E’ un po’ diversa dalle altre. A me le corse turche piacciono molto, ma quella mostrava tutti i segnali dell’inesperienza, della confusione organizzativa. Un peccato perché i percorsi erano davvero molto belli e vari, neanche troppo facili. La prova finale ha attraversato tutti i punti principali della città, compreso il ponte euroasiatico».
Si parte per la Malesia
E ora? «Ora si continua, mercoledì si parte per il Tour de Langkawi che con le sue 8 tappe ha tante occasioni per me ma anche per gli altri, ad esempio la terza tappa con arrivo in salita è stata segnata in rosso dai responsabili della squadra. Io lavorerò per i compagni, ma so che il tracciato malese qualche occasione di volata utile anche per me la offre e vedrò di farmi trovare pronto».