Vuelta a maggio e mondiali ad agosto. Parla Bronzini…

18.11.2022
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Tra le tante risposte che ci ha dato Marta Cavalli nei giorni scorsi, ce n’è stata una che ci ha fornito un assist troppo invitante per non andare a canestro insieme ad un tecnico. Nel 2023 la Vuelta Feminina verrà anticipata da settembre a inizio maggio, riprendendo in pratica le date delle edizioni maschili tra gli anni ’50 e ’90. Ma è un bene o un male? Come cambia la preparazione in quel periodo che solitamente è transitorio per il movimento femminile, tra la fine delle classiche e il cammino verso i grandi giri estivi?

Abbiamo approfondito questo spunto di discussione con Giorgia Bronzini, diesse della Liv Cycling Xstra. Come sempre la piacentina non si è fatta trovare impreparata e nemmeno si è tirata indietro quando si è trattato di ampliare il discorso al resto del calendario agonistico. Lei ha già fatto una bozza di programmazione per le sue ragazze, ma è ancora incompleta. E non per colpa sua…

Van Vleuten a settembre ha vinto la Vuelta mantenendo la condizione per poi vincere il mondiale. Nel 2023 sarà possibile?
Van Vleuten a settembre ha vinto la Vuelta mantenendo la condizione per poi vincere il mondiale. Nel 2023 sarà possibile?
Giorgia cosa ne pensi dello spostamento della Vuelta in primavera?

Non so chi lo abbia deciso veramente, ma per me non l’hanno studiata bene. Spezza i piani perché maggio in genere è il momento in cui si va a fare altura. I team e i loro corridori top dovranno fare delle scelte ben precise. Si potrebbero sacrificare delle gare, partecipandovi ma senza reali obiettivi di risultati. Noi siamo alle prese con un puzzle organizzativo. Stiamo facendo tante riunioni cercando di dare forma a tutto. La Vuelta a maggio comporta che ci saranno tante corse WT ravvicinate. A parte la Van Vleuten, che per me può fare tutto quello che vuole ed essere sempre al picco della forma, le altre prime punte sanno già che non potranno essere molto competitive tra classiche e grandi giri a tappe. A luglio ci saranno Giro Donne e Tour Femmes e si rischia, ad esempio, di correre il secondo in preparazione di qualche altra corsa. Perché non è finita qua…

Cosa intendi?

Quest’anno a Glasgow ci sarà pure il mondiale ad agosto (dal 3 al 13, ndr). Pista e strada tutto in dieci giorni. Anche in quel caso, penso alle nostre italiane, si dovrà capire come impostare la rassegna iridata. La prova su strada che ci sarà l’ultimo giorno, pare che misurerà addirittura 180 chilometri. E se è vero come dicono che il percorso avrà un tratto in linea, togliendo quindi giri al circuito che affrontammo all’europeo 2018 quando vinse Marta (Bastianelli, ndr), sarà ancor più adatto alle ruote veloci. Quindi la nazionale azzurra, che ha tante velociste che sono anche forti in pista, come si comporteranno? Immagino che Paolo e Marco (rispettivamente il cittì della strada Sangalli e il cittì della pista Villa, ndr) dovranno parlare tanto fra loro e con le società per avere atlete al top.

In questo caso il riferimento che ti riguarda da vicino è per Rachele Barbieri. Tu cosa vorresti che facesse?

Personalmente, essendo io diesse di un team che fa strada, avrei piacere che Rachele venisse convocata per la strada. Però non posso nascondere, visto che in passato ho fatto entrambe le discipline, che vorrei che corresse anche in pista. Un po’ come è stato quest’anno all’europeo, con qualche differenza o difficoltà in più. Sì, si può fare benissimo e lei lo ha dimostrato, però bisogna tenere conto dei rischi che ci sono in pista, dove magari con un contatto o caduta puoi comprometterti la strada. In ogni caso, io sono per la meritocrazia. Se Rachele, nel nostro caso, ripeterà il 2022, allora credo che si meriterà di correre da una parte che dall’altra.

La Bronzini come preparerebbe una stagione come il 2023?

Devo ragionare da atleta o da allenatore (sorride, ndr)? Dipenderebbe dagli obiettivi. Se io puntassi al mondiale, lo preparerei correndo il Tour con cognizione e parsimonia. Se in più avessi anche la pista, cercherei di inserirci ripetute al velodromo. In ogni caso non sarebbero, e non saranno, allenamenti facili per trovare il giusto equilibrio tra distanza e ritmo. Se fossi in Villa, probabilmente non vorrei ritrovarmi con gente spremuta sul piano psicofisico. Perché le stagioni sono sempre più stressanti mentalmente. Ecco, diciamo che questo discorso vale per chi punta alle vittorie finali o le capitane. Chi invece andrà a caccia di tappe o dovrà lavorare per le compagne potrà permettersi anche di fare programmi diversi o meno intensi.

Mavi Garcia guiderà la Liv Racing nelle classiche delle Ardenne e nei giorni successivi forse anche alla Vuelta
Mavi Garcia guiderà la Liv Racing nelle classiche delle Ardenne e nei giorni successivi forse anche alla Vuelta
Ritornando invece al discorso delle gare a tappe, voi avrete Mavi Garcia diretta interessata. Che piani hai per lei?

A dicembre quando ci troveremo ne parleremo. Adesso la stiamo lasciando piuttosto tranquilla a casa sua, dove comunque sta già lavorando sodo. Farà le Ardenne e poi credo che ci terrà a correre la Vuelta. Una come lei potrebbe essere presente anche a Giro, Tour e tutte le altre gare ma non sempre al massimo della condizione, anche se poi Mavi è una che ti salva sempre la giornata con un risultato. Come dicevo prima, potrebbe fare corse per prepararne altre. Certo però che diventa difficile fare dei programmi se ancora non sai quando ci sarà una gara e come sarà strutturata…

Ti riferisci al Giro Donne?

Sì, esatto. Da italiana mi fa male vedere che il Tour è già stato presentato e noi ancora non sappiamo nulla. Anche questo sarebbe un gap da colmare in futuro. Si dice che il ciclismo femminile è cresciuto, che ha un alto livello però poi in queste cose non veniamo considerate alla pari dei maschi. Non possiamo sapere il tracciato solo a stagione inoltrata. Tutte le squadre vorrebbero sapere se le massime salite che affronteranno saranno lunghe come il San Luca o come lo Zoncolan o lo Stelvio. Non è semplice organizzare tutto. Ci sono preparazioni, ricognizioni, viaggi, roster ed eventuali piani di riserva. Se ad esempio vai a dire a Roglic o campioni del genere le salite del Giro solo due mesi prima, loro ti salutano e non vengono a correrlo.

Van Vleuten tra Cavalli (a sx) e Mavi Garcia. Podio di qualità al Giro Donne 2022. Per l’anno prossimo ancora nessuna notizia sul percorso
Van Vleuten tra Cavalli (a sx) e Mavi Garcia. Podio di qualità al Giro Donne 2022. Per l’anno prossimo ancora nessuna notizia sul percorso
Cosa ti senti di dire a tal proposito?

Non voglio che venga inteso come un attacco agli organizzatori. Sono certa che loro siano al lavoro. Anzi, ho avuto modo di vedere che in Starlight (i detentori dei diritti del Giro Donne, ndr) sono tutte persone in gamba e volenterose. Quest’anno poi è stata un’edizione qualitativamente molto buona, con un gran parterre. Proprio per questo motivo, per la crescita e considerazione che ha avuto la corsa negli ultimi due anni, ci terremmo a sapere come sarà il percorso prima dei prossimi nostri raduni. Basterebbe avere indicativamente un’idea. Speriamo si possa sapere qualcosa presto.

Ragusa, nel 2023 sarà un’altra scommessa da vincere per la Liv

17.09.2022
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Sul 2022 che sta per andare in archivio Katia Ragusa vuole tirarci sopra una bella riga ed impostare la prossima stagione con rinnovati propositi senza alcuna particolare aspettativa. La 25enne della Liv Racing Xstra ha vissuto una annata complicata ma non tutto il male viene per nuocere. Perché c’è sempre qualcosa da cui trarre una lezione. E poi sul suo rilancio, come ci ha detto qualche giorno fa, punta forte la sua diesse Giorgia Bronzini.

«Dopo un buon ritiro invernale in cui mi sentivo bene – racconta la vicentina di San Giorgio di Perlena riavvolgendo il nastro del suo anno – ho dovuto scontrarmi presto con la dura realtà. Già dalla Valenciana ho capito che non ero ai livelli in cui speravo di essere. Pensavo fosse solo perché era l’inizio di stagione e mi mancasse il ritmo. Non era così purtroppo.»

Nonostante una condizione altalenante, Ragusa ha sempre rispettato gli ordini tattici andando spesso in fuga
Nonostante una condizione altalenante, Ragusa ha sempre rispettato gli ordini tattici andando spesso in fuga

La telefonata con Ragusa diventa subito una chiacchierata per esorcizzare i mesi appena trascorsi. Lei, ci confida, è quasi sempre stata dell’idea di parlare solo davanti ai risultati. Facile ma a noi piace ascoltare tutti, compresi specialmente gli atleti che hanno faticato nel loro rendimento. Katia riteneva di non avere nulla da dire invece qualcosa di interessante ce lo aveva.

Partiamo diretti. Che stagione è stata?

Piena di alti e bassi. Sono partita che volevo far vedere che ero all’altezza del mio primo anno in un team World Tour. Anzi, avevo molta carica per questa cosa. La preparazione è andata bene infatti. Ero entusiasta e forse questo mix è stato controproducente per me. Mi ero creata inconsciamente troppe aspettative.

E poi cosa è successo?

Che mi sono ritrovata ad inseguire sempre la giusta condizione. E non riuscendola mai a raggiungere veramente mi sono un po’ demoralizzata. Dopo la Liegi, ad esempio volevo riprendermi ma c’era da preparare il campionato italiano e il Giro Donne. E’ iniziato un circolo vizioso che mi ha alimentato molti dubbi. Avevo disputato un 2020 ai massimi livelli con il secondo posto al tricolore e la convocazione ai mondiali di Imola ma sembrava lontano anni luce. Vi devo dire che più di una volta mi è passata per la testa la voglia di smettere. Alla fine però ha prevalso la passione per il ciclismo e per il mio lavoro. Non mi è mai pesato uscire in allenamento. Perché credo che quella sia la spia della riserva per tanti, se non per tutti. Se ti si accende troppe volte, significa che ti sta passando la voglia.

Questo aspetto psicologico lo hai gestito in qualche maniera?

Sì, mi sono affidata ad un mental coach. Ne ho discusso con Giorgia (Bronzini, ndr) e da metà estate ho iniziato un percorso con questa figura professionale. Anche in passato capitava di scoraggiarmi se non andavo. La mancanza di risultati l’ho sempre vissuta male. La testa è una componente importante. Ora però con questo mental coach ci siamo posti degli obiettivi nel breve, medio e lungo termine.

Giorgia ci aveva parlato di conseguenze per un overtraining. C’era anche qualcosa di fisico?

Anche il 2021 non è stata una stagione buona. Però uno dei problemi di quest’anno è legato anche alla mononucleosi. A marzo dopo Cittiglio, dove mi sono ritirata, mi sono preoccupata. E’ vero che non ero in condizione ma dovermi addirittura fermare mi sembrava eccessivo per come stavo. Così abbiamo fatto degli approfondimenti e abbiamo scoperto che l’avevo passata in inverno. Probabilmente ne stavo ancora pagando le conseguenze. E nel ciclismo femminile attuale fai tanta fatica per finire una gara se non sei al top.

Nel 2020 Ragusa ha partecipato ai mondiali di Imola, lavorando per Longo Borghini
Nel 2020 Ragusa ha partecipato ai mondiali di Imola, lavorando per Longo Borghini
Tra l’altro in squadra praticamente eravate sempre le solite a correre…

Esattamente. Abbiamo avuto tantissimi casi di covid, quindi molte di noi hanno fatto gli straordinari. Il mio dottore, una volta visti gli esiti degli esami, mi ha chiamato per dirmi che dovevo stare ferma 15/20 giorni per recuperare a dovere. Io gli ho risposto dal Belgio dicendogli che stavo per correre perché altrimenti non avevamo il numero minimo per partire. Devo dire poi che ho avuto anche parecchia sfortuna in alcune circostanze. All’ultima tappa del Tour of Scandinavia ero in fuga ma ho bucato. Il cambio ruote ci ha messo un po’ a intervenire e poi non mi ha aiutata a riportarmi dentro come capita quasi sempre. Il gruppo ci avrebbe ripreso però magari poteva succedere di tutto. Insomma, anche quelli sono segnali di una annata negativa.

Nel 2023 sarai la scommessa di Bronzini come è stato per Barbieri. Ti crea pressioni?

No tutt’altro. Ho letto cosa vi ha detto Giorgia e mi onorano tanto le sue parole. E mi stimolano tanto, naturalmente. Ha creduto in me ingaggiandomi e voglio ripagarla. Giorgia è una persona molto umana. Non ha peli sulla lingua quando deve parlarti, sia sotto il punto di vista tattico che morale. Magari potrei confrontarmi con Rachele su questa situazione piuttosto simile. Tanto di cappello ai risultati che ha fatto lei, specie all’europeo. Cercherò, e spero, di rilanciarmi come ha fatto Rachele.

Nel 2023 Ragusa sarà la scommessa di Bronzini, replicando quella vincente con Barbieri di quest’anno
Nel 2023 Ragusa sarà la scommessa di Bronzini, replicando quella vincente con Barbieri di quest’anno
Cosa ha insegnato questa annata a Katia Ragusa?

Guardo il bicchiere mezzo pieno. Tengo buone le tante fughe che ho fatto. Per andarci, considerando il nostro livello alto, ci vogliono gambe e visione di corsa. Poi ho imparato che le situazioni vanno valutate a mente fredda. Ragionarci sopra con calma e trovare la soluzione anziché farsi prendere troppo dal momento o dalla agitazione. Per il 2023 non voglio farmi aspettative, ho imparato anche questo. Mi porrò degli obiettivi incentrati più sulle prestazioni, sulla mia crescita che sulla ricerca dei risultati.

Giorgia vede già la nuova Liv con una Mavi in più

11.09.2022
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«Non dimentico che fino a poco tempo fa ero al loro posto e avrei voluto che mi trattassero prima da essere umano che da atleta». E’ uno dei mantra, rafforzato da quando è salita in ammiraglia, di Giorgia Bronzini.

Non c’è atleta, infatti, che sia stata a contatto con la 39enne piacentina che non abbia notato questa sensibilità. Un aspetto che può fare la differenza e l’ha fatta nella scelta di Mavi Garcia per approdare alla Liv Racing Xstra. Proprio su questo trasferimento di ciclo-mercato e mentre è attualmente impegnata alla Challenge by La Vuelta (dove quattro anni fa a Madrid conquistò l’ultimo dei suoi 116 successi da elite), abbiamo chiesto a Bronzini quale sia la sua ricetta vincente nelle trattative e come cambierà la sua squadra con l’arrivo della scalatrice spagnola.

Mavi Garcia trionfa a Plouay a fine agosto. Qualche settimana prima aveva firmato un biennale con la Liv Racing Xstra
Mavi Garcia trionfa a Plouay a fine agosto. Qualche settimana prima aveva firmato un biennale con la Liv Racing Xstra
Giorgia hai letto quello che ci ha detto Mavi?

Sì, mi ha fatto piacere. Forse ho fatto piacere anche a lei con discorsi che l’hanno toccata. La parte emotiva è importante per me, direi fondamentale.

Qual è il tuo segreto per creare la giusta sintonia? Cos’hai detto a Mavi per convincerla?

Non lo so nemmeno io forse quale sia (ride, ndr). No, credo che essendolo stata recentemente, ragiono ancora da atleta, quindi trovo un giusto compromesso col ruolo che ho adesso. A Mavi penso di aver trasmesso quella tranquillità di rispettare prima la sua parte umana. Io so che se anche produci watt come un centrale elettrica, ma a casa non sei tranquilla o c’è qualcosa che non va nella tua vita, i risultati fanno fatica ad arrivare o non arrivano proprio. Dico da sempre che la nostra performance è data per l’80 per cento dalla testa.

Velociste a confronto. Barbieri si è affidata ai consigli di Bronzini per fare risultato
Velociste a confronto. Barbieri si è affidata ai consigli di Bronzini per fare risultato
Possiamo dire che alla Liv si vede sempre di più la tua impronta?

Sì, ma in squadra anche il resto dello staff condivide con me questo modo di agire. Sono orgogliosa di aver portato questa mia filosofia. Sento di essere nel posto giusto per lavorare. Però attenzione, mica le do tutte vinte alle ragazze, perché talvolta trovi quelle che non sono mai contente. Uso bastone e carota in egual misura, anzi a volte non mi trattengo se mi fanno arrabbiare. Ad esempio ad ogni mia atleta do un obiettivo tangibile e contestualizzato su di lei. Se nemmeno ci provano a raggiungerlo, sanno che mi faccio sentire

Qualche tua ragazza ci ha detto che ti fai sentire in continuazione…

In effetti è così. Anzi, ormai si preoccupano se alla radio in corsa non mi sentono (sorride, ndr). Se non parlo significa che qualcosa non sta andando bene per niente o che sto dormendo. Le supporto sempre durante la gara. Le motivo, le stimolo, le rimprovero, cerco di dare loro una soluzione. Mi faccio sentire proprio per quello che dicevo prima. La testa, a volte il cuore, fa la differenza rispetto ai valori tecnici.

L’arrivo della Garcia ridisegna la fisionomia della vostra squadra?

Sì e no. Avevamo già ragazze adatte alla salita, ma la processione di Covid in cui siamo incappate ci ha condizionato pesantemente. Arriverà anche una giovane straniera per farla crescere. Comunque Mavi sarà la leader dei grandi giri e delle classiche. Con lei studieremo obiettivi precisi e tattiche ad hoc in corsa. Come vi ha detto lei, stiamo studiando il calendario migliore in cui potrà ottimizzare il lavoro fatto.

Lei ci ha parlato di Stultiens ma ci sembra di capire che potrà contare su più atlete.

Sabrina ha pagato tantissimo il cosiddetto long-covid. E’ rientrata al Tour dove ha fatto fatica ma per il morale l’ho portata alla Vuelta. Consideriamola una stagione di passaggio, ma voglio fare un buon inverno con lei. Così come con Smulders e Ton, che alzeranno l’asticella in salita lavorando sodo nella pausa. Anche Demey può tornare utile a Mavi nella fase di pianura che porta alle salite. Poi ci sono altre tre ragazze da considerare valide per tutti i terreni.

Di chi parli Giorgia?

Una è Korevaar che l’abbiamo dovuta spremere perché in pratica è una delle pochissime che non è mai stata bloccata dal covid. Grande lavoratrice anche lei. All’europeo ha tirato tutto il giorno per Wiebes e al Tour of Scandinavia ha sfiorato un grande risultato nella tappa più impegnativa. Stesso discorso vale per Jaskulska cui le ho fatto fare gli straordinari. Sempre all’attacco, al Giro Donne è stata un giorno in maglia bianca e si è spesa molto per la squadra. Lei ha un grande potenziale e spero possa fare un ulteriore step.

Katia Ragusa ha vissuto una stagione difficile, ma Bronzini conta sul suo rilancio nel 2023
Katia Ragusa ha vissuto una stagione difficile, ma Bronzini conta sul suo rilancio nel 2023
E la terza a cui ti riferivi?

E’ Ragusa, che ha vissuto una stagione difficile, forse a causa di un sovrallenamento che si portava appresso dal 2021. Al Giro l’ho mandata spesso in fuga ed è sempre stata a disposizione delle compagne. Dobbiamo recuperarla. Non vi nascondo che Katia sarà la mia scommessa per il 2023 come la è stata Rachele (Barbieri, ndr) quest’anno. Io ci credo.

Con una Mavi nel motore, a che obiettivi puntate?

Vincere una delle classiche delle Ardenne sarebbe il top. Naturalmente sarebbero molto graditi anche una tappa o il podio o entrambi in un grande giro. Però le fondamenta per questi obiettivi le getteremo nel training camp di questo inverno. Se non avremo i problemi di quest’anno, partiamo da una base più consapevole anche per correggere in corsa tutti eventuali intoppi che si presenteranno.

Con Rachele da LIV, un viaggio sul treno di Monaco

10.09.2022
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Rachele Barbieri si muove attraverso lo stand LIV all’Italian Bike Festival con i passi timidi dell’ospite e gli occhi puntati addosso (in apertura è con Marta Villa di LIV). Per la campionessa europea dell’omnium è la meritata accoglienza, strappata fra un allenamento e l’altro a Montichiari, sulla strada dei campionati italiani su pista, la Tre Giorni di Aigle e dulcis in fundo i mondiali di Parigi.

Il passaggio alla LIV Racing Xstra è stato un cambio di vita e di prospettive. E così ora, raccontandosi ai giornalisti presenti, le parole che più ricorrono sono onore, responsabilità e organizzazione. E pur avendo ammesso che all’inizio dell’anno avrebbe firmato per una stagione come questa, che le ha portato anche il bronzo nella gara europea su strada, capisci che in fondo agli occhi c’è la sana insoddisfazione degli atleti di rango. La molla che li spinge a pretendere sempre più da se stessi.

Nella volata degli europei, il colpo di reni di Barbieri le ha permesso di conquistare il bronzo
Nella volata degli europei, il colpo di reni di Barbieri le ha permesso di conquistare il bronzo

E così, a margine della passerella e del racconto delle cinque bici a sua disposizione, torniamo a quattr’occhi con Rachele proprio al giorno di Monaco. Quando il treno azzurro ha preso in mano la corsa e ha disfatto quello delle olandesi e ha lanciato Elisa Balsamo nella volata contro Lorena Wiebes. Non abbiamo vinto, ma il modo in cui le azzurre hanno gestito il finale è stato notato e apprezzato da tutti. Il racconto di Giorgia Bronzini al riguardo è il motivo per cui chiediamo a Rachele di raccontarci quel finale.

Comè è andata?

E’ stato un finale molto bello, diciamo che è stato studiato da lontano. Già prima di partire, l’idea di arrivare in volata era l’ultima opzione. Volevamo provare ad attaccare per non portare Lorena in volata, ma allo stesso tempo sapevamo che Elisa poteva giocarsela e quindi anche in volata non ci sentivamo sconfitte.

Dopo l’arrivo degli europei, le azzurre hanno rivisto il video della volata nel telefono di Elisabetta Borgia
Dopo l’arrivo degli europei, le azzurre hanno rivisto il video della volata nel telefono di Elisabetta Borgia
Per attaccare, avete attaccato…

La gara è stata abbastanza tirata, abbiamo provato appunto a portare via qualche fuga, ma non è andata. Per cui a quel punto ci siamo metallizzate 100 per cento sulla volata di Elisa. Ed è stato bellissimo rivederla.

Da dentro non si vede molto…

Viverla è stato bello, ma naturalmente quando sei in gara capisci un po’ meno. Rivederla dopo è stato emozionante. Anche le mie compagne mi hanno detto che abbiamo fatto un treno proprio bello. C’era a sinistra quello dell’Olanda e a destra il nostro. Temevamo che con le atlete che avevano in partenza fosse difficile fare un treno al loro livello, invece abbiamo dimostrato che il nostro è stato addirittura meglio.

E’ venuto come lo avevate pensato? 

E’ stato questione di attimi. Abbiamo lanciato benissimo il treno con Arianna Fidanza ed Elena Cecchini che hanno fatto un bellissimo lavoro prima di entrare nella curva finale, dove ha preso la testa Maria Giulia (Confalonieri, ndr).

Confalonieri, Balsamo, Fidanza, Barbieri, Guarischi, Sanguineti: le azzurre di Monaco
Confalonieri, Balsamo, Fidanza, Barbieri, Guarischi, Sanguineti: le azzurre di Monaco
Poi?

Ha proseguito Barbara (Guarischi, ndr), che ha fatto un lavoro eccezionale, perché ha cercato di tenere il più a lungo possibile. E a quel punto è partita Yaya (Sanguineti, ndr) e dopo spettava a me fare il lavoro finale.

Cosa dovevi fare?

Mi era stato detto di tirare dritto fino all’arrivo, per cercare di fare una volata esplosiva e lanciare Elisa alla migliore velocità e nella migliore condizione. E’ quello che ho fatto, poi onestamente per un attimo mi sono rialzata. Perché un po’ la stanchezza un po’ tutto… Poi ho visto che ero lì e mi sono detta: «Perché no?». E ho provato a dare il colpo di reni, che mi ha permesso fare il terzo posto.

Inatteso o ci poteva stare?

Sono molto contenta, anche se come ho detto e come ho dichiarato in tutte le interviste, non era quello il mio obiettivo. Volevo solo lasciare Elisa nelle migliori le condizioni. E’ stata una bella volata, soprattutto è stato bello viversela, perché sin da dopo l’arrivo non si capiva chi avesse vinto. Elisa guardava Lorena, Lorena guarda Elisa.

Rachele Barbieri ha risposto alle domande della stampa prima di tornare alla preparazione in pista
Rachele Barbieri ha risposto alle domande della stampa prima di tornare alla preparazione in pista
E voi?

C’era lì Elisabetta (Borgia, mental coach della nazionale, ndr) che ci ha fatto vedere il video e stavamo veramente tutte insieme aspettando l’esito finale. E’ stata molto bella anche la sincerità e l’onestà di Elisa che ci ha ringraziato tutte. «Comunque sia – ha detto – vi ringrazio tanto per quello che avete fatto». E’ sempre un piacere, quando lavori per qualcuno, che ti venga riconosciuto così tanto. E’ stato una bellissimo europeo e una bella esperienza per me. Era la prima esperienza nella categoria elite.

Possibile che in quel treno ci fosse anche l’affiatamento di anni insieme nei quartetti?

Di sicuro io non avevo mai corso con loro su strada, in una gara così importante. Però abbiamo mostrato molto affiatamento e questo secondo me sta nella professionalità di noi ragazze. Quando siamo avversarie, ci scanniamo all’impossibile. Ma quando siamo in una squadra insieme, siamo in grado sempre di mettere da parte tutte le rivalità e sappiamo farne una forza.

“Mavi”, agosto grandi firme. Contratto con la Liv e vittoria a Plouay

05.09.2022
5 min
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E’ tutta una questione di tempo e motivazioni, due condizioni da sempre preponderanti nell’universo ciclistico. Si potrebbe sintetizzare così il futuro che aspetta Mavi Garcia, pronta ad immergersi in una nuova avventura a cominciare dal 2023.

La 38enne dell’UAE Team ADQ – che il 27 agosto a Plouay ha conquistato il Classic Lorient Agglomeration con una convincente azione di forza – circa un mese fa ha firmato un biennale che la porterà in Olanda a casa della Liv Racing Xstra. Una notizia inaspettata, anticipata giorni fa da Rubens Bertogliati, che trova più di un ragionevole senso dalla conversazione che abbiamo avuto con la scalatrice spagnola.

Mavi in fuga con Muzic a Burgos. Vincerà la tappa staccando la francese nel finale
Mavi in fuga con Muzic a Burgos. Vincerà la tappa staccando la francese nel finale

Proprio in queste ore, dopo un periodo in famiglia nella sua Mallorca, Mavi Garcia sta prendendo un volo per raggiungere la Cantabria da cui partirà l’ottava edizione della Challenge by La Vuelta, in programma dal 7 all’11 settembre. Nella sua valigia, oltre a vestiti e divise da corsa, anche uno spazio da riempire con risultati importanti come quelli raccolti in questa stagione.

Mavi raccontaci della tua ultima vittoria. Eri quasi incredula, perché?

Inizialmente non era un obiettivo. Mi spiego meglio. Dopo il Tour ho fatto tre settimane a casa allenandomi a dovere e avvertendo buone sensazioni. Poi quando sono atterrata in Francia, forse per colpa dell’aria condizionata in aereo, non sono stata bene la notte prima della gara. Sintomi simili all’influenza. Ho fatto un test anticovid ed ero negativa per fortuna. Sono partita che non ero al massimo, ma ho iniziato sentirmi meglio poco per volta. Per questo non mi aspettavo di vincere, ma credo che il successo sia stata solo una conseguenza della buona forma che avevo al Giro e al Tour.

Sorride Mavi Garcia e fa bene. A Plouay ha vinto la seconda gara WT della stagione
Sorride Mavi Garcia e fa bene. A Plouay ha vinto la seconda gara WT della stagione
Per vincere devi sempre inventarti qualcosa.

Sì, non essendo veloce, purtroppo è vero. A Plouay però non potevo farmi sfuggire l’occasione. Ho centrato la fuga giusta e non c’erano dentro ragazze come Longo Borghini, Niewiadoma e Ludwig che sono sempre tra le più forti. Nel finale tuttavia c’erano ancora atlete temibili e veloci come Sanguineti, Cordon-Ragot o Brown. Sugli ultimi strappi ho provato tante volte forzando il ritmo e vedevo che qualcuna saltava. Alla fine sono riuscita a fare selezione avvantaggiandomi con Amber Kraak. Quando abbiamo iniziato lo sprint a due mi sono detta: «Parto forte e vada come vada». E ho colto la mia quarta vittoria stagionale, seconda del WorldTour.

Sei stata protagonista e favorita in tante gare. Come giudichi la tua stagione?

Il bilancio non può che essere buono. E’ la mia migliore annata in assoluto. Sono contenta non solo per gli altri risultati ottenuti, come il terzo posto al Giro Donne. Ma perché, ad esempio, proprio alla corsa rosa sono riuscita più di una volta a restare sola in salita con Van Vleuten. Negli anni precedenti non mi era mai successo.

Un giorno di crisi però lo paghi sempre nelle gare a tappe. Come mai?

Lo so, non c’è una ragione vera e propria. Talvolta conta la fortuna. Al Giro sono caduta in discesa in una delle due tappe trentine spendendo tanto per rientrare. Al Tour quasi uguale. Nella frazione dello sterrato ho bucato in un momento delicato e poi, durante l’inseguimento, sapete tutti la caduta che mi è capitata (è stata toccata dalla sua ammiraglia, ndr). Altre volte invece ci sono situazioni in cui non puoi fare nulla se il tuo corpo non risponde. A Burgos ero in maglia di leader nell’ultima tappa. Stavo bene, dovevo solo controllare e amministrare. Invece no. Sono arrivata staccata e ho perso la corsa. Succede.

Mavi Garcia con la maglia di leader a Burgos. Nell’ultima tappa la perderà a causa di una crisi nel finale
Mavi Garcia con la maglia di leader a Burgos. Nell’ultima tappa la perderà a causa di una crisi nel finale
In effetti prendi certe situazioni con molta filosofia…

Sì, penso sia necessario farlo. Ovvio che a fine gara sono anch’io arrabbiata se le cose non sono andate come dovevano, ma bisogna guardare avanti. Non posso farne un dramma. Non ho tempo (sorride, ndr).

E il passaggio alla Liv con quale filosofia lo hai preso?

Sentivo che avevo bisogno di nuovi stimoli. Alla UAE ci sono da tre anni, sto bene con le mie compagne e in generale. E sapevo che sarei rimasta la leader delle corse a tappe. Però dovevo cambiare aria. Sono arrivata al ciclismo tardi e non so per quanti anni continuerò a correre, quindi voglio farlo al massimo delle mie capacità, trovando sempre nuove motivazioni come ho sempre fatto finora.

Perché hai deciso di andare nel team olandese?

Devo dire che mi avevano cercato tante altre squadre, ma la differenza è stato parlare con Giorgia Bronzini. Mi piace tanto e mi ha fatto i discorsi giusti, quelli che cercavo. Loro sono un bel gruppo e so che vogliono migliorare ancora. Hanno buoni propositi. Poi in effetti non hanno una vera capitana per le gare a tappe. In questo senso penso che Stultiens, che quest’anno ha avuto problemi e corso poco, potrà essermi d’aiuto in salita. Ma so già che tutta la squadra si aiuterà tanto in modo vicendevole, in ogni corsa e per ogni capitana.

Una spiritosa Mavi in versione Hulk con la maglia verde all’ultimo Giro Donne
Una spiritosa Mavi in versione Hulk con la maglia verde all’ultimo Giro Donne
Obiettivi per il finale di stagione e per l’anno prossimo?

Quest’anno vorrei provare a fare risultato al mondiale. Disputerò solo la prova in linea, che sembra abbastanza adatta alle mie caratteristiche. Ma se l’annata finisse qui sarei già contenta. Per il 2023 invece ancora non so, ma so già che dovrò battezzare un calendario preciso. Mi concentrerò sulle Ardenne ed altre classiche. Deciderò se fare Giro o Tour o entrambi ed eventualmente in che modo. Posso dire che inizierò la prossima stagione da un livello personale più alto rispetto al passato e questo naturalmente mi dà più fiducia nei miei mezzi.

Bronzini-Barbieri, la scommessa ormai è vinta

29.08.2022
5 min
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Quando la LIV-Xstra Cycling affidò l’ammiraglia a Giorgia Bronzini e le chiese i nomi di atlete da inserire, fra i primi indicati dalla piacentina ci fu quello di Rachele Barbieri. La modenese (in apertura in un’immagine da Instagram) usciva da due anni corsi da individuale, con vittorie su strade e in pista, ma certo farla salire al livello WorldTour poteva sembrare una scommessa. Tuttavia Giorgia andò dritta e in questo scorcio d’estate dopo gli europei di Monaco, dalle sue parole affiora il senso di un lavoro ben fatto.

L’obiettivo di fine stagione sono certamente i mondiali su pista, poi il meritato riposo
L’obiettivo di fine stagione sono certamente i mondiali su pista, poi il meritato riposo

La testa e le gambe

Le raccontiamo di aver parlato di Rachele con il suo allenatore Stefano Nicoletti. Le riferiamo soprattutto le sue parole sulla tranquillità ricevuta nella nuova squadra, anche e soprattutto grazie alla sicurezza trasmessa proprio da Giorgia.

«Stefano mi piace tanto – ringrazia Bronzini – anche se ci conosciamo prevalentemente tramite il telefono. Hanno fatto un ottimo lavoro, non mi aspettavo che Rachele arrivasse subito a questo livello. L’ho sempre reputata una guerriera, che non molla mai. Però pensavo che non avesse ancora il livello WorldTour, visti gli ultimi due anni in cui si poteva pensare che non fosse cresciuta come poteva. Invece la componente mentale è arrivata a bilanciare la parte fisica. L’ho sempre pensato e detto che la testa fa l’80 per cento e il resto sta alle gambe…».

Giorgia Bronzini guida la LIV da quest’anno, dopo 3 anni alla Trek (foto LIV Xstra)
Giorgia Bronzini guida la LIV da quest’anno, dopo 3 anni alla Trek (foto LIV Xstra)
Che effetto ti fa sentire che parte del merito sia tuo e del clima che hai creato in squadra?

Soprattutto sono orgogliosa del fatto che abbia riposto fiducia nel nostro progetto. Quando Rachele è arrivata, abbiamo valutato che Stefano fosse una persona in gamba e che il percorso proposto fosse il migliore per lei. Parallelamente abbiamo portato avanti la collaborazione con Villa, senza darle troppi stress. In questo modo ci sono stati appuntamenti in pista che hanno esaltato le sue doti veloci e che si sono rivelate utili anche su strada.

Il doppio impiego fra strada e pista come l’avete gestito?

Ho mantenuto un dialogo continuo con la nazionale. Sangalli ci ha lasciato la porta aperta, soprattutto per gli europei, dove Rachele sarebbe arrivata con la condizione migliore. Ci siamo confrontati sul percorso migliore per arrivarci. Poi è chiaro che Elisa (Balsamo, ndr) avrebbe avuto la responsabilità della squadra, per le sue qualità, il carisma e la maglia che porta, ma Rachele ha fatto un ottimo lavoro. Lei sa bene che è una ruota che gira e che magari il futuro le riserverà un ruolo diverso. Una leadership che intanto ha già avuto in pista.

I risultati di quest’anno possono dare una svolta alla prossima stagione?

Spero che finisca il 2022 con il mondiale su pista, portando magari a casa qualcosa di buono. Poi le ritiro la bicicletta e la chiudo in uno stanzino, perché deve assolutamente staccare. Va bene essere entusiasti, ma bisogna recuperare. Anche perché il programma sarebbe di cominciare la stagione a gennaio in Australia, quindi dovremo fare un bell’inverno. C’è di buono che dopo una stagione così lunga, se lo stacco non è troppo lungo, la gamba torna su bene. E credo che a dicembre ci sarà già un ritiro bello esigente.

I lavori di qualità che l’hanno resa vincente in pista sono utili anche su strada
I lavori di qualità che l’hanno resa vincente in pista sono utili anche su strada
Come viene vista in squadra l’attività su pista, che si fa con una bici diversa e con sponsor diversi?

Se lo chiedete al mio team manager, magari darà una risposta diversa. Per me invece la pista è un’attività necessaria e complementare. Permette di allenarsi bene e di non stufarsi. Le corse si sono allungate e di conseguenza anche gli allenamenti, così spesso lavorare solo per la strada diventa noioso. Se ogni tanto riesci a staccare e andare in pista, cambiano i ritmi e i tipi di lavoro, cambiano gli stimoli e ottieni quello che su strada ti servirà negli ultimi 20-30 chilometri. Io stessa ho fatto così e sono riuscita a sopravvivere a lungo. Hai una migliore guida della bici, il colpo d’occhio e un ritmo di pedalata che altre non hanno. Non è un caso che tutte le italiane più forti vengano dalla pista. Sapete cosa hanno detto le mie altre atlete a Monaco?

Che cosa?

Hanno raccontato che nel finale il treno italiano è spuntato dal nulla a velocità doppia e non sono riuscite a infilarsi.

Cosa manca a Rachele Barbieri per vincere una gara WorldTour?

Basta poco. Nell’ultima tappa del Giro vinta da Consonni, è stato un attimo. In più Chiara era certamente al massimo, mentre Rachele era in preparazione verso Tour ed europei. E poi mettiamoci che per lei si trattava del primo grande Giro a tappe, per cui alla fine poteva essere meno fresca e lucida. Le volate si vincono e si perdono per sfumature, Rachele ha tutto quello che serve.

Quartetto, omnium, madison, strada: a Monaco Barbieri ha mostrato grande condizione
Quartetto, omnium, madison, strada: a Monaco Barbieri ha mostrato grande condizione
Avrà anche un treno?

Avevamo in mente di lavorarci lo scorso inverno, ma il Covid ci ha impedito di farlo. Abbiamo fatto qualche prova in gare più piccole, dove è stato possibile e che abbiamo vinto proprio con Rachele. L’idea per il 2023 è di rimetterci mano. E se non riusciremo a contrastare le squadre più forti, lavoreremo per mettere Rachele al posto giusto. Del resto a Monaco, neppure la Wiebes aveva il treno, però ha vinto. Sarà importante che Rachele capisca.

Che cosa?

Che la squadra sarà lì per lei. E’ importante non peccare di presunzione e muoversi per ottenere il miglior risultato possibile.

Bronzini decisa: nelle volate la squadra è tutta per Barbieri (foto LIV Xstra)
Bronzini decisa: nelle volate la squadra è tutta per Barbieri (foto LIV Xstra)
Senti, pecchiamo di presunzione invece… Cosa prova Giorgia Bronzini quando un’intuizione come aver preso Barbieri in squadra inizia a pagare così?

Sono molto contenta e orgogliosa (sorride, ndr) del fatto che tanti mi aspettassero al varco per la scommessa persa, invece la sensazione è che la stiamo vincendo. C’è da lavorare, ma questo non ci fa paura. Spero che Rachele possa continuare su questa strada, credendo nei nostri progetti. E’ molto giovane, ha tanto da dare. E’ impulsiva, sennò non sarebbe vincente. Quando parte, la lascio parlare e poi le spiego. Sa ascoltare, ha i piedi per terra. Se riesce a capire bene la parola pazienza, potrà ottenere ancora tanto.

Altura, dietro moto e pista: la strada di Rachele verso l’oro

26.08.2022
7 min
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Quello che ha fatto Viviani agli europei resterà forse nel libro dei record, ma Rachele Barbieri non è stata da meno. Dopo due ori europei in pista infatti, nell’omnium e nella madison, e l’argento nel quartetto, la modenese ha corso su strada e conquistato il terzo posto, dietro Wiebes e Balsamo, cui ha tirato la volata.

Rachele ve l’abbiamo presentata e raccontata più volte e questa volta vogliamo sottolineare come alla base di tanti risultati ci sia un’atleta tosta e volitiva, che non ha paura della fatica e anzi la cerca.

Un’atleta in evoluzione

Dopo due anni in una piccola squadra cucita attorno a sé, quest’anno Barbieri è approdata nel WorldTour con la Liv-Xstra e la sua crescita è proseguita. La curiosità era capire se la ragazza abbia dei margini e come abbia lavorato per raggiungere un livello livello così alto su pista e su strada. Ragione per cui questa volta abbiamo bussato alla porta di Stefano Nicoletti: il preparatore che Rachele ha ringraziato dopo gli europei di Monaco e dopo ogni bel risultato.

Nicoletti, modenese classe 1967, ha alle spalle un percorso di formazione diverso dal solito. Nasce infatti Massofisioterapista e Osteopata, ma avendo da sempre la passione per la bici, si è messo a studiare di preparazione e dintorni, diventando un riferimento per gli atleti della zona. Quella di allenatore, precisa, non è la sua attività primaria, ma a sentirlo parlare probabilmente è la preferita. 

Nel lavoro di allenatore ha importato un concetto tipico dell’osteopatia: non esiste un trattamento che vada bene a tutti alla stessa maniera, idem per il tipo di preparazione.

Che cosa vogliamo dire per aprire il capitolo Barbieri?

Seguendo la vostra curiosità, penso che margini ne abbia. Un po’ perché è nell’età dell’evoluzione sportiva e un po’ perché avendo fatto fino allo scorso anno prevalentemente pista, ha curato poco gli aspetti di endurance, quindi è poco sfruttata. Dalla sua inoltre ha anche l’entusiasmo. Essendo un’atleta poliedrica, non ha mai avuto fasi di apatia. E’ molto entusiasta, per cui affronta ogni cosa pronta a mettersi in gioco.

Come fanno a convivere strada e pista?

Quest’ano ha dovuto ridurre l’aspetto anaerobico, concentrandosi maggiormente sulla resistenza e i lavori per migliorare su strada. Solo che non abbiamo mollato quelli ad alta intensità, volendo fermamente mantenere la sua esplosività. Per cui non capita mai che faccia 4 ore al medio e basta, oppure 6 ore al 70 per cento della soglia. In ogni seduta inseriamo una parte anaerobica. E’ capitato che al termine di un allenamento su strada abbia fatto delle sessioni di palestra per unire resistenza, forza e alta intensità. Oppure che faccia ore dietro moto in pianura e salita, con lavori ad alta intensità all’interno di uscite in cui faceva soprattutto volume.

Il lavoro fatto dietro moto in salita con suo padre l’ha aiutata sulle salite del Giro d’Italia
Il lavoro fatto dietro moto in salita con suo padre l’ha aiutata sulle salite del Giro d’Italia
Qual è stato l’obiettivo con cui avete iniziato la prima stagione nel WorldTour?

Aumentare la resistenza aerobica per soffrire di meno sulle salite, mantenendo però la punta di velocità. Per questo abbiamo dovuto rinunciare al ciclocross, che a Rachele piace e in cui si diverte. Purtroppo il 2021 è finito a ottobre e già a novembre abbiamo iniziato a lavorare per non arrivare al primo ritiro a corto di condizione, col rischio di pagarla.

Avete temporizzato il tipo di lavori da fare?

Endurance a novembre e dicembre, senza mai trascurare la parte anaerobica. E tanto lavoro in palestra, due o tre volte a settimana, cercando di mediare fra le richieste della squadra e quelle della nazionale. E questo è stato il mio compito.

Dopo il Tour, in allenamento dietro moto con il padre, sulla via degli europei (foto Instagram)
Dopo il Tour, in allenamento dietro moto con il padre, sulla via degli europei (foto Instagram)
Come hai fatto?

Non c’è stata una preparazione magica che ha reso possibile essere competitivi su entrambi i fronti. La squadra chiedeva di fare ore, la nazionale voleva i lavori ad alta intensità in pista. Credo di essere riuscito a pianificare ogni cosa perché arrivasse pronta ma mai troppo carica agli appuntamenti, stando alla larga dal rischio di overtraining. Un grande aiuto l’ha dato suo padre.

Nel fare cosa?

Hanno preso uno scooter. Lui si è preparato a dovere e poi, avendo su il power meter di Rachele, gestiva l’andatura dietro moto. Abbiamo fatto dei lavori a piramide inversa sulle salite. Doveva fare la prima parte ad alta intensità, poi un po’ mollare come succede in corsa e fare una progressione nel finale. E’ stato utile per adattarsi ai ritmi di gara senza subirli troppo. Ed è stato utile anche aver iniziato a lavorare bene sull’alimentazione.

Inserire lavori ad alta intensità anche negli allenamenti su strada ha mantenuto la sua esplosività
Inserire lavori ad alta intensità anche negli allenamenti su strada ha mantenuto la sua esplosività
Per essere a posto con il peso?

Finalmente Rachele ha trovato il suo equilibrio. Lavoriamo insieme dal 2017 ed è passata da 3,78 watt/kg dei primi tempi a 4,60 di adesso. Un processo lento, durante il quale è anche cresciuta la potenza alla soglia ed è sceso il peso senza scombussolare i suoi equilibri e mantenendo la sua capacità anaerobica su pista. In tutto questo ha inciso positivamente avere un tecnico come Giorgia Bronzini che le ha dato tranquillità. Responsabilità senza caricarla di stress.

Che cosa ha fatto Rachele nel poco tempo fra le gare in pista a Monaco e quella su strada?

Avrebbe dovuto fare palestra due giorni dopo l’ultima gara in pista, ma non c’era la possibilità. Così ha lavorato in camera, facendo squat e balzi, per ottenere dei richiami di forza esplosiva, visto che la gara sarebbe finita in volata. Per il resto ha recuperato. In questi casi non conta cosa fai il giorno prima, ma cosa hai fatto nei due mesi precedenti. E a proposito di dedizione ed entusiasmo…

Che cosa?

Rachele lavora molto bene in altura. Per cui prima del Giro è andata per 20 giorni a Livigno. Ha lavorato bene sull’endurance, ma lassù non è tanto il caso di fare i lavori di intensità. Allora sapete cosa ha fatto? Ha sfruttato un passaggio e a metà ritiro si è trasferita a Montichiari per tre giorni. Ha fatto tutti i lavori di intensità in pista, poi essendole saltato il passaggio per tornare a Livigno, il quarto giorno è ripartita da sola fra treno a pullman. Un giorno di viaggio da sola, a conferma della sua determinazione. E in altura è tornata anche fra Giro e Tour. Una decina di giorni, poco per qualsiasi protocollo di preparazione. Ma in pianura c’erano 40 gradi e andare su le è servito per stare più al fresco. Se non è entusiasmo questo…

Barbieri al Giro, al Tour e agli europei: un’estate caldissima

Giada Gambino
08.08.2022
7 min
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Rachele Barbieri è stata la punta per la Liv Racing Xstra per gli arrivi in volata al Giro e al Tour. Nonostante fosse davvero a tutta e piena di impegni tra strada e pista, è riuscita comunque a portare in alto il suo nome nelle classifiche di tappa. Così ci ha raccontato il suo modo di vivere queste importanti corse a tappe e l’importanza e la fiducia della squadra, dei direttoti sportivi e del pubblico.. 

Per Rachele Barbieri, quello al Giro d’Italia è stato il primo debutto importante del 2022
Per Rachele Barbieri, quello al Giro d’Italia è stato il primo debutto importante del 2022
Quando è stata presa la decisione della doppietta Giro-Tour ? 

Sarò onesta: non era nei miei programmi. Prima di partire per il Giro, la Giorgia (Bronzini, direttore sportivo, ndr) mi ha chiamata e mi ha detto che la loro idea era quella di farmi correre anche al Tour. Mi vedevano in una buona condizione e con il fatto che la prima tappa era a Parigi, un arrivo al 99 per cento in volata, riconosceva in me il fatto che al momento ero la velocista più forte. «Perché – mi ha detto – non provare tutto alla prima tappa?». 

Come ti sei sentita ?

Allora, ho pensato che forse fosse un po’ troppo. Sono passata da due anni di sola pista e gare open in Italia a fare Giro e Tour insieme a distanza di una settimana l’uno dall’altro ed ero un po’ spaventata onestamente. Poi ho detto: «Vabbè, dai, proviamoci, non ho nulla da perdere». 

Il primo Giro d’Italia… 

Sono andata molto bene a mio avviso, sono super felice e orgogliosa di quello che ho fatto. Ho lavorato tanto per arrivare lì al meglio delle mie condizioni. Era il primo Giro, non sapevo cosa aspettarmi, avevo paura di uscire fuori tempo massimo nelle tappe non adatte alle mie caratteristiche, quelle un po’ più dure, di salita. In realtà ho corso molto bene, cercando di rimanere davanti e dare un aiuto a tutta la squadra. 

Il miglior risultato del Giro all’ultima tappa: Consonni prima, Barbieri seconda
Il miglior risultato del Giro all’ultima tappa: Consonni prima, Barbieri seconda
E anche il primo Tour de France… 

Sono partita per il Tour più rilassata, non avevo pressioni su me stessa e sapevo solo che non avevo nulla da perdere, era una nuova esperienza. Uscivo da un bel Giro e quindi ero già soddisfatta. In realtà probabilmente non sapevo realmente cosa stessi andando a fare finché non sono arrivata a Parigi. L’atmosfera, la gente… è stato tutto incredibile. Pensavamo ci fossero così tanti tifosi solo per la prima tappa che era in concomitanza con l’arrivo degli uomini a Parigi, ma in realtà è stato così per tutto il Tour, lungo tutto il percorso, lungo le salite, anche se eri l’ultima, ti incitavano tantissimo ed è stato un qualcosa mai provato prima. Penso inoltre di aver fatto un bel Tour, anche se purtroppo non è arrivato il podio. Ma ci sono sempre arrivata vicina negli arrivi in volata e sono davvero contenta come lo è anche la squadra

Giro e Tour, quali le differenze principali?

Il Giro comprendeva un bell’itinerario, soprattutto partendo dalla Sardegna e le ultime tappe sono state abbastanza impegnative. Il Tour è stato faticoso dal primo all’ultimo chilometro. Anche nelle tappe di pianura si andava sempre al massimo e in quelle più lunghe, con una media così elevata, era anche difficile da tenere da un punto di vista mentale almeno per quanto mi riguarda, dal momento che non sono abituata a fare allenamenti o gare di così tanti chilometri.

Dopo il Giro, subito al Tour: per Barbieri un doppio impegno inatteso (foto Instagram)
Dopo il Giro, subito al Tour: per Barbieri un doppio impegno inatteso (foto Instagram)
Altre differenze?

Al Tour siamo partite tutte più competitive, più con il fuoco acceso. Il livello penso fosse da mondiale, tutte le squadre erano sempre a tutta, con tanti tentativi di fughe e attacchi. Sono una che si destreggia molto bene in gruppo, ma in quel caso era davvero difficile per il ritmo alto. Forse anche per il fatto che per tanti giorni la maglia gialla è rimasta in ballo per pochi secondi e si cercava sempre di andare forte e di attaccare la maglia, rendendo il tutto più competitivo.

Per sei giorni l’ha avuta la Vos…

Marianne è arrivata lì con una condizione incredibile e nessuna meglio di lei meritava di indossare la maglia gialla per così tanti giorni. Penso che lei sia una leggenda del nostro sport. Al Giro dopo qualche tappa la classifica era praticamente già chiusa, mentre al Tour non è stato così e ha reso il tutto anche più competitivo tra noi. 

In Italia c’erano così tanti tifosi come in Francia ?

Anche al Giro ci sono state diverse tappe con tante persone. Sono partita molto più carica dal momento che era la prima volta e avrei trovato mia madre, mio padre e il mio ragazzo che mi hanno seguita per quasi tutte le tappe. Avevo tanti amici a vedermi nelle tappe più vicine. Però il Tour mi ha fatto provare delle emozioni mai provate prima da un punto di vista sportivo. 

Quasi tutta la LIV-Xstra sull’asfalto nella caduta della 5ª tappa del Tour, poi chiusa al 4° posto
Quasi tutta la LIV-Xstra sull’asfalto nella caduta della 5ª tappa del Tour, poi chiusa al 4° posto
Il clima all’interno del team, com’era?

Sono arrivata direttamente dal Giro e le ragazze mi hanno dato tantissima grinta e fiducia e per questo le ho ringraziate tanto. Siamo tutte molto giovani e abbiamo molto da imparare, soprattutto per quanto riguarda le tempistiche per creare un perfetto treno per l’arrivo in volata. Sono sempre state vicino a me. Nella tappa più lunga, dove siamo cadute quasi tutte, nonostante si siano fatte abbastanza male, vederle negli ultimi chilometri che sgomitavano per portarmi davanti è stato davvero bello e gliene sono grata. Negli ultimi metri rimango un po’ sola ed è difficile anche a livello mentale. Vedersi arrivare agli ultimi metri una squadra quasi al completo come quella della Trek destabilizza un po’, ma penso che possiamo essere tanto professionali quanto competitive in gara. 

Non è arrivato il podio…

Nonostante non lo ritenessi nemmeno possibile da avvicinare prima di partire per questo Tour, a volte mi rendo conto di essere anche stata un po’ sfortunata. Ma parlare a posteriori a cose già fatte è sempre semplice. I miei direttori sportivi mi hanno dato tanta fiducia. Avevo in programma di abbandonare per le ultime tre tappe, poi abbiamo deciso insieme di rimanere una tappa in più (Rachele si è ritirata dopo la sesta tappa di Rosheim, chiusa in 8ª posizione, ndr). Ho pensato: «Ho ballato sin qua, perché non ballare fino alla fine ?». Era una tappa un po’ vallonata e non pensavo fosse tanto dura, poi in realtà è stata abbastanza difficile. La UAE e la Valcar hanno chiuso il gruppo e non sono riuscita ad uscire nella volata finale, ma sono comunque contenta. 

Per due volte quarta, nella prima e nella quinta tappa (foto Instagram)
Per due volte quarta, nella prima e nella quinta tappa (foto Instagram)
Pensi di aver fatto qualche errore che avresti potuto evitare?

Nella prima tappa (chiusa da Rachele in 4ª posizione, ndr) ne ho fatto uno davvero grande. Ero a ruota della Wiebes e davanti a lei c’era il gruppo della Jumbo Visma per la Vos. Pensavo che il treno si spostasse a sinistra, invece si è spostato a destra. Ho trovato spazio alla mia destra e mi sono spostata, quando sarei dovuta rimanere a ruota della Wiebes. Sono attimi e decidi sul momento e come mi dice sempre Giorgia, bisogna seguire sempre il proprio istinto. In quel caso credevo che fosse giusto fare così. 

E al Giro ?

Nell’ultima volata dove ho fatto seconda dietro Chiara Consonni sono partita un po’ lunga, ma senza squadra nel finale non è semplice. E se non fossi partita in quel momento magari non sarei riuscita nemmeno a fare seconda. 

La prossima stagione rifaresti entrambe le corse a tappe?

Assolutamente sì, ma se non avessi avuto gli impegni della pista mi sarebbe piaciuto concludere il Tour, mi è dispiaciuto lasciarlo a due tappe dalla fine nonostante fossero durissime, anche se sicuramente guardarle dalla televisione è stato forse più bello (ride, ndr). E’ un po’ stancante questo periodo, però nonostante stia bene, quando tiro così tanto la corda ho sempre paura di arrivare al limite e mi dispiacerebbe perché ho l’opportunità di fare gli europei su strada. Sarebbe il primo campionato europeo elite e per me, che sono stata per un bel po’ di tempo fuori dal giro della strada, sicuramente è molto bello. Se non fossi stata impegnata in quelli della pista, sicuramente avrei preferito godermi un po’ più di giorni di relax, magari al mare, per poi arrivare all’appuntamento elite con le batterie cariche al massimo. Ho un bellissimo rapporto di collaborazione con Marco Villa che mi è venuto incontro capendo le mie esigenze per recuperare e fare i giusti lavori, in questo periodo molto pieno dove bisogna calcolare tutto al millimetro. 

Dopo il Tour, in allenamento dietro moto con il padre, sulla via degli europei (foto Instagram)
Dopo il Tour, in allenamento dietro moto con il padre, sulla via degli europei (foto Instagram)
I tuoi genitori e il tuo ragazzo…

Mi sono venuti a vedere alla prima tappa del Tour ed è stato molto bello vederli lì, inoltre si sono presentati con una maglia con la mia foto (sorride, ndr) ed è sempre motivante averli li vicino. E’ un po’ una forza in più e giorno dopo giorno mi danno tanto. In particolare mio padre che mi segue quasi ovunque. Loro mi hanno sempre aiutata e risollevata nei momenti più difficili.

Liv, dall’impegno per le donne al Tour

21.04.2022
3 min
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Per il terzo anno di fila ritorna “Liv Committed”, la campagna promossa a livello globale dal marchio Liv per sottolineare il legame che unisce fra di loro le donne grazie alla passione comune per la bicicletta (foto apertura Luke Frazier). Nel 2021 tema della campagna era stato la celebrazione della resilienza che la comunità femminile a due ruote aveva mostrato nei confronti della pandemia Covid. Per quest’anno si è deciso di puntare su temi quali l’impegno, l’inclusività e l’uguaglianza nel mondo del ciclismo. Lo slogan scelto per l’edizione 2022 è “We’re All Inn”.

Un video e nuove testimonial

Per promuovere la nuova campagna è stato realizzato un video che vede protagoniste le nuove testimonial del brand. Stiamo parlando in particolare della tredicenne Tayte Proulx – Royds del Liv off-road team, di Allysa Seely che alle Paralimpiadi di Tokyo 2020 ha bissato l’oro conquistato nel triathlon a Rio 2016, prima donna nella storia a farlo. Accanto a loro troviamo i membri di The Black Foxes, l’associazione internazionale che riunisce ciclisti di colore come Alexa Everson e Shequaya Bailey. Una menzione particolare va sicuramente fatta per Vanessa Lebrun in quanto si tratta della marketing manager di Liv per il Canada.

Nel video ogni ragazza parla della propria passione legata alla bicicletta raccontandoci cosa significa per ciascuna di loro andare “all in”.

La nuova campagna “Liv Committed” sarà promossa a livello globale per tutto il 2022 in più di 50 paesi, inclusi Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Australia, Canada, Taiwan, Giappone, Corea e Paesi Bassi. L’obiettivo finale è quello di raggiungere complessivamente 16 milioni di persone.

Team femminile LivRacing Xstra (foto Jeff Clark Photography)
Team femminile LivRacing Xstra (foto Jeff Clark Photography)

Dalle pro’ al Tour

Liv è da qualche anno presente anche nel mondo del ciclismo professionistico femminile. Sono infatti ben due i team che utilizzano bici Liv e gareggiano nell’UCI Women’s WorldTour. Stiamo parlando del Liv Racing Xstra e della BikeExchange-Jayco. In entrambe le formazioni gareggiano alcune delle migliori cicliste italiane come Rachele Barbieri, Katia Ragusa e Arianna Fidanza.

Per tutte loro c’è una bellissima novità in arrivo. Stiamo parlando della prima edizione del Tour de France Femmes avec Zwift. Liv sarà partner della manifestazione sponsorizzando la maglia bianca riservata alla migliore giovane.

Il brand taiwanese è andato oltre offrendo a due fortunati la possibilità di vivere da vicino la partenza della corsa a tappe francese. Lo scorso 19 aprile è stato lanciato un concorso grazie al quale due persone potranno vincere un viaggio e soprattutto vivere un’esperienza da VIP in occasione della tappa di apertura della corsa in programma a Parigi il prossimo 24 luglio.

L’obiettivo di Liv è sempre stato quello di unire le donne grazie alla passione per la bicicletta
L’obiettivo di Liv è sempre stato quello di unire le donne grazie alla passione per la bicicletta

Chiudiamo con un pensiero di Bonnie Tu, fondatrice di Liv e presidente di Giant Group:

«In qualità di marchio impegnato in favore delle donne, continueremo a cercare attivamente modi per coinvolgere più donne sia nello sport che nel mondo del lavoro. Per noi, dare il massimo significa accogliere tutte le donne nel ciclismo femminile, indipendentemente dal fatto che si tratti di atlete o semplicemente di donne che vogliono andare in bici».

Liv