Andrea Bagioli da quando è passato professionista nel 2020, ad appena ventuno anni, ha fatto vedere di essere un corridore capace di correre con la testa del gruppo. La Soudal-Quick Step aveva visto in lui un talento, la Lidl-Trek ci ha voluto investire con l’idea di farne un oggetto prezioso del suo panorama in costruzione. Il biglietto da visita con il quale Bagioli si era presentato nel suo nuovo team americano, a fine 2023, era di tutto rispetto: terzo alla Coppa Bernocchi, primo al Gran Piemonte e secondo al Giro di Lombardia alle spalle di Pogacar.
Lo scorso anno il passaggio a vuoto è stato evidente e dopo un riposo necessario si è ripresentato al via della nuova stagione con l’obiettivo di far vedere quanto vale il “vero” Bagioli.
Il primo anno con la Lidl-Trek per Bagioli è stato difficile, alla costante ricerca di se stessoIl primo anno con la Lidl-Trek per Bagioli è stato difficile, alla costante ricerca di se stesso
Nuovi meccanismi
La novità del 2025 è stata la partenza dall’Australia con il Santos Tour Down Under per ritrovare la condizione e il giusto feeling con le corse dopo una stagione finita anzitempo. Il risultato ha fatto intravedere una possibile ripresa. La stagione è poi proseguita con qualche altro buon piazzamento e il terzo posto al GP Indurain. Ma la vera scossa è arrivata alla Liegi-Bastogne-Liegi e grazie a un sesto posto che ci ha fatto rivedere Bagioli in testa al gruppo anche nelle Classiche.
Il suo riferimento in squadra è Adriano Baffi, i due venerdì erano insieme in Svizzera all’Aargau e oggi hanno iniziato il Tour de Suisse. Insieme al diesse della Lidl-Trek cerchiamo di capire quali siano le aspettative reali intorno a Bagioli.
«E’ arrivato da noi come un ragazzino giovane e di belle speranze – dice Baffi – e si è trovato in una squadra con impostazioni e sistemi diversi a quelli a cui era abituato. Nel 2024 ha pagato lo scotto della nuova avventura. Quest’anno è entrato maggiormente nei meccanismi e ha dimostrato di poterlo fare».
Questa stagione è iniziata con un altro piglio e altri risultati, qui al GP Indurain dove è arrivato terzo Questa stagione è iniziata con un altro piglio e altri risultati, qui al GP Indurain dove è arrivato terzo
Cos’è cambiato?
Lo vedo più aperto con noi del team e questo ci permette di poterlo supportare laddove si riesce a fare, lo scorso anno era chiuso ma si tratta anche di costruire un rapporto. Non ci conosceva e lui arrivava da una realtà totalmente differente.
E’ servito del tempo per ambientarsi?
Non era logico che quelle del 2024 fossero le sue prestazioni, i numeri che ha fatto registrare e che ha tuttora sono ben diversi. L’unica risposta possibile era che ha sofferto il cambio squadra.
Ora che ci lavori da più di un anno che corridore pensi possa essere?
Con le dovute proporzioni direi un Bettini, ha le sue stesse qualità atletiche. Chiaro che stiamo parlando di due corridori diversi a livello di risultati. Però Bagioli ha una buona resistenza in salita ed è rapido e queste qualità escono maggiormente con il passare dei chilometri.
I risultati migliori per Bagioli sono arrivati quando ha corso lontano dai riflettori, come alla Liegi dove è arrivato sesto ed era in appoggio a Ciccone e NysI risultati migliori per Bagioli sono arrivati quando ha corso lontano dai riflettori, come alla Liegi dove è arrivato sesto ed era in appoggio a Ciccone e Nys
Gli serviva trovare la fiducia?
Noi un corridore come Bagioli lo aspettiamo sempre, le qualità le ha. Nel ciclismo di oggi non è facile ottenere i risultati che uno dovrebbe o potrebbe avere. Ci sono tante cose che influenzano una prestazione ma alla fine la strada mette al primo posto il valore dell’atleta.
Qual è il vero valore di Bagioli?
Può fare di più, ma quel di più vorrebbe dire vincere la Liegi. Il passo da fare non è semplice, lui si allena bene e ora sta facendo vedere buone cose. In base ai valori che ha penso che arriverà il momento in cui riuscirà a tirarli fuori. Il secondo posto nella tappa finale del Giro di Slovenia e gli altri piazzamenti ci dicono qualcosa. Forse quello che può rappresentare il suo vero valore è il sesto posto di quest’anno alla Liegi.
All’ultima tappa del Giro di Slovenia un secondo posto alle spalle di Ivo Oliveira, un altro passo verso il grande obiettivo: la vittoriaAll’ultima tappa del Giro di Slovenia un secondo posto alle spalle di Ivo Oliveira, un altro passo verso il grande obiettivo: la vittoria
Bisogna cercare di vincere…
Credo che Bagioli sia un corridore in grado di vincere due o tre corse in una stagione e parlo anche di gare importanti. Ma il passo deve farlo lui, noi possiamo supportarlo ma poi in bici ci sale lui. Nel ciclismo c’è chi vince e chi è un buon corridore e Bagioli sta cercando di capire dove può collocarsi.
Ricerca della base, ottimismo e il sogno olimpico tutto in divenire: Elisa Balsamo riparte dalla Spagna per una stagione che si annuncia più importante che mai
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
E’ davanti a te, Kimberley, è lì. Il traguardo è lì. Ma quel rettilineo sembra non finire mai. Le altre sono lì, Puck (la Pieterse, ndr) sembra sempre sul punto di raggiungerti. Tu non ti volti, guardi avanti. Non possono prenderti. E’ troppo importante, quel traguardo. Non lo guardi solo tu, lo guarda un popolo, chi abita con te, quello di Mauritius, una minuscola isola in mezzo all’Oceano Pacifico, dall’altra parte del mondo, è come se fosse lì con te. La prima volta di una ciclista africana a vincere una Monumento, a Liegi, a scrivere la storia. Manca poco, Kimberley…
La commozione dopo il traguardo. Per Kim Le Court Pienaar è il più grande successo, ma anche per le Mauritius da cui arrivaLa commozione dopo il traguardo. Per Kim Le Court Pienaar è il più grande successo, ma anche per le Mauritius da cui arriva
Il sacrificio della solitudine
Perché quel peso, quella responsabilità, l’hai sempre sentita. «Venire da così lontano – raccontavi lo scorso anno quando i primi giornalisti ti hanno avvicinato – da un Paese con pochissime opportunità, uno di quelli che “fanno colore” nella cerimonia inaugurale delle Olimpiadi e che tanti sentono citare ogni 4 anni, è qualcosa che le mie colleghe non hanno. Ti dà uno stato d’animo diverso. Diciamo che la vittoria io la voglio di più delle altre, perché so che cosa significa. Finisce una corsa e ci si saluta, si va a casa, magari una o due ore di volo e sei fra le braccia dei tuoi cari. Io no, io ho tutta la famiglia dall’altra parte del mondo. La sera mi ritrovo sola, con i miei pensieri, con quello schermo del PC o del cellulare per parlare con mio marito e la mia famiglia. No, non è lo stesso…».
Il marito. Nella sua storia, il marito ha un peso grande e un pezzo di quella vittoria è anche suo. Torniamo indietro nel tempo, a un paio di stagioni fa. Kimberley era un’apprezzata biker. Capace di conquistare il titolo continentale (cosa non facile, considerando il talento diffuso delle sudafricane), di sfiorare la medaglia ai Commonwealth Games, addirittura di vincere la Swiss Bike, una delle più prestigiose corse a tappe sulle ruote grasse. Ci sapeva fare, ma quello non è il ciclismo su strada. Non ha la stessa risonanza. La stessa popolarità. Gli stessi contratti.
Fino al 2023 la Le Court si dedicava più alla mtb, con buoni risultati tra cui il titolo africano (foto Facebook)Fino al 2023 la Le Court si dedicava più alla mtb, con buoni risultati tra cui il titolo africano (foto Facebook)
L’importanza del marito
«Io sono una che non crede molto nelle sue capacità. Mi vedete ridere, parlare con le compagne, ma sono molto timida e insicura. Gran parte del merito dei miei risultati è di chi mi sta intorno, di chi mi sprona, mi motiva, mi convince che posso fare qualcosa di speciale».
E’ inverno, nelle Mauritius. Il marito Ian, un biker anche lui, le dà la spinta: «E’ arrivato il momento di provarci, Kim».
«Non mi conosce nessuno, nel mondo della strada, perché dovrebbero scegliermi? Non sono neanche così giovanissima… Perché non puoi saperlo con certezza. Non sei la prima arrivata. Mettiamoci all’opera».
Una foto risalente addirittura al 2015, al suo successo a Oostkamp. Ma la strada non era stata la sua scelta (Facebook)Una foto risalente addirittura al 2015, al suo successo a Oostkamp. Ma la strada non era stata la sua scelta (Facebook)
Una mail… lanciata nell’Oceano
Kim e Ian si mettono con pazienza davanti al computer. Preparano una lettera, il curriculum di Kim, i suoi dati di allenamento. Raccolgono tutti gli indirizzi mail delle squadre WorldTour e inviano il messaggio a tutti, quasi come una bottiglia lanciata in mare con un foglio dentro (e il paragone, considerando la provenienza della Le Court, non è neanche tanto peregrino).
Tanti avvisi di lettura, qualche “grazie, le faremo sapere” e una risposta affermativa. D’altronde, ne bastava una. E’ della Soudal Ag Insurance che le dà un appuntamento. Chissà, non è dato sapere chi sia stato a leggere quella mail, a intuire che poteva essere un buon investimento. Quella scommessa è stata ripagata, ampiamente.
La ciclista africana sullo Jebel Hafeet, dietro la Malcotti. Il primo squillo di una grande stagioneLa ciclista africana sullo Jebel Hafeet, dietro la Malcotti. Il priimo squillo di una grande stagione
I prodromi di un grande successo
Pedala, Kimberley, il traguardo è lì, sempre più vicino e mentre vai avanti pensi a come ci sei arrivata, fino a quel punto. A chi ha imparato a riconoscerti, grazie a quella maglia di campionessa nazionale, tanto ma tanto simile a quella di campionessa del mondo. Sai, Kimberley, in quanti commentatori televisivi si sono sbagliati? Quante volte ti hanno confuso con la Kopecky, ad esempio lungo le rampe dello Jebel Hafeet all’ultimo Uae Tour, quando in mezzo a quel nugolo di italiane con Longo Borghini, Persico, Trinca Colonel, Malcotti c’eri anche tu, incrollabile, che non crollavi, che rientravi?
Molti hanno cominciato a conoscerti allora e poi hanno capito che non era un caso. Top 5 al Trofeo Binda, alla Sanremo, al Fiandre, alla Freccia Vallone. Quante ci avrebbero costruito una carriera su quei piazzamenti? Ma a te non bastava, sapevi che potevi avere di più. Perché dietro di te c’era un popolo. Anche lì, alla Liegi, quando ti avevano staccato e sembrava che la gara fosse persa non hai mollato e sulla Cote de la Roche aux Fauçons hai risalito la china rientrando sulle prime.
La maglia di campionessa nazionale, tanto simile (ma non uguale) a quella iridataLa maglia di campionessa nazionale, tanto simile (ma non uguale) a quella iridata
Quella bandiera in mezzo alla gente
Poi le hai guardate: «Risalivo il gruppo e vedevo che soffrivano. Anch’io soffrivo, ma sentivo anche che non dovevo mollare. Era troppo importante per me, e non solo per me». E ora sei lì, davanti, a spingere a tutta. Hai aspettato il momento giusto per lanciare la volata, hai indovinato la strategia per metterti alle spalle cicliste più abituate a vincere. Puck è lì, risale. Guardi ai bordi della strada e in mezzo a tante bandiere che sventolano, ne riconosci una. Quella nazionale delle Isole Mauritius. Di qualcuno che ci ha creduto, come te. Che per un giorno si sentirà a casa, ebbro di gioia. Grazie a te. No, Puck non ti riprenderà, Kimberley. Lei non ha un popolo a sospingerla…
Il dannato paragone con Merckx sembra una tappa che Pogacar sarà destinato ad affrontare per tutta la vita e non sarà possibile stabilire se ne avrà mai passato il traguardo. Nei giorni successivi alla disarmante vittoria della Liegi, media di ogni genere si sono sforzati di cercare punti di contatto e differenze, immaginando che gli avversari del vero Cannibale si siano sentiti come quelli attuali dello sloveno. «Mi è stata posta questa domanda tantissime volte – ha detto Pogacar – e io non posso che essere felice e umile perché ho un talento incredibile per il ciclismo».
Troppo intelligente per esporsi. Probabilmente gratificato dal fatto che tanti intorno a lui abbiano tempo da dedicare alla faccenda. Fondamentalmente disinteressato da tutto quello che accadde così tanti anni fa.
Tadej Pogacar ha 26 anni e 7 mesi. E’ professionista dal 2019, ha vinto 95 corseTadej Pogacar ha 26 anni e 7 mesi. E’ professionista dal 2019, ha vinto 95 corse
I Giri di Merckx
I Belgi di Het Nieuwsblad, che probabilmente hanno voluto rivendicare l’originalità del… “cannibalismo merxiano”, hanno così messo qualche picchetto per evitare che il vento delle parole porti il discorso troppo lontano.
Pogacar si è annunciato a 20 anni, vincendo tre tappe della Vuelta 2019 e salendo sul podio. L’anno dopo ha vinto il primo Tour. A distanza di cinque anni, ha in bacheca tre maglie gialle e una rosa, con 17 tappe in Francia e 6 al Giro.
Cosa aveva combinato Merckx nei Grandi Giri all’età di Pogacar? Aveva partecipato al Tour solo per tre volte (contro le cinque di Pogacar), vincendole tutte e tre, con 20 vittorie di tappa. Aveva già vinto il Giro per due volte (su 3 partecipazioni), con 12 tappe vinte.
Pogacar si è agganciato al treno di Hinault e Merckx, due campionissimi nelle classiche e nei GiriPogacar si è agganciato al treno di Hinault e Merckx, due campionissimi nelle classiche e nei Giri
Tutti i Monumenti
Stando ai numeri, un altro dei motivi per cui l’attuale campione del mondo viene paragonato al belga è la capacità di vincere su tutti i terreni, in mezzo a tanti campioni specializzati su una sola tipologia di gare. Anche Merckx era così. L’elenco delle vittorie di Pogacar è impressionante: 2 volte il Fiandre, 3 volte la Liegi, 4 Lombardia, 2 Freccia Vallone, 3 Strade Bianche e un’Amstel Gold Race.
Alla stessa età, Merckx aveva vinto 4 volte la Milano-Sanremo, 2 volte la Parigi-Roubaix, 3 Liegi, 3 Freccia Vallone, 2 volte la Gand-Wevelgem e un Fiandre. Per lui 10 vittorie nei Monumenti, mentre Pogacar ne ha 9. Una sola gara di scarto, con la differenza che Merckx le aveva già vinte tutte, mentre la Sanremo e la Roubaix sono ancora indigeste per Tadej.
In aggiunta si fa notare che alla stessa età, Merckx fosse già alla seconda maglia iridata e, alla stessa età di Pogacar, fosse arrivato alla Liegi con 141 vittorie da professionista contro le 95 dello sloveno.
Quaranta corridori a Liegi lottando per il 4° posto: era davvero impossibile inseguire Pogacar?Quasi quaranta corridori a Liegi lottando per il 4° posto: era davvero impossibile inseguire Pogacar?
Quaranta inseguitori indecisi
Dopo il terzo posto della Liegi, Ben Healy si è avvicinato al fresco vincitore e gli ha chiesto quanto tempo gli manchi per andare in pensione. «Ho un contratto fino al 2030 – gli ha risposto ridendo Pogacar – forse sarà quello l’anno giusto».
Il senso di impotenza dei rivali è paragonabile a quello dei tempo di Merckx, anche se alcuni comportamenti hanno dato da pensare anche all’entourage di Pogacar.
«E’ la prima volta nella mia vita – ha detto Matxin, capo della gestione sportiva del UAE Team Emirates – che vedo quaranta corridori arrivare insieme a Liegi per giocarsi il 4° posto. Se fossero andati d’accordo, forse sarebbero riusciti a raggiungere Tadej».
Dopo la Liegi, Healy sconsolato ha chiesto a Pogacar fra quanti anni andrà in pensioneDopo la Liegi, Healy sconsolato ha chiesto a Pogacar fra quanti anni andrà in pensione
La fatica del pavé
E a proposito del fatto che l’Amstel Gold Race abbia mostrato un Pogacar meno incisivo, il tecnico spagnolo ha convenuto che quel giorno qualcosa non sia andato nel modo migliore.
«Tadej ha solo 14 giorni di gara – ha detto – e ha viaggiato anche poco, per cui riesce a recuperare perfettamente. Tre giorni tra l’Amstel e la Freccia, poi quattro prima della Liegi, sono ben altra cosa rispetto ai Grandi Giri quando deve essere attento e sotto tensione ogni giorno. Il passaggio più impegnativo è stato dovuto al fatto che prima delle Ardenne, Tadej ha corso per due volte sul pavé, al Fiandre e alla Roubaix, e anche per lui non è stato facile riadattarsi».
Merckx, qui con De Vlaeminck, ha vinto 3 Roubaix e 7 Sanremo: le Monumento che a Pogacar ancora mancanoPogacar ha vinto 9 Monumenti, appena una distanza dal bottino di MerckxMerckx, qui con De Vlaeminck, ha vinto 3 Roubaix e 7 Sanremo: le Monumento che a Pogacar ancora mancanoPogacar ha vinto 9 Monumenti, appena una distanza dal bottino di Merckx
E adesso Vingegaard
A proposito di differenza rispetto a Merckx, dopo aver vinto come Pogacar la Liegi e la Freccia tra i 26 e i 27 anni, il belga andò al Giro e lo vinse, correndo nel mezzo anche Francoforte e altre tre corse. Poi, battuto da Godefroot al campionato nazionale, andò al Tour de France e vinse pure quello.
Pogacar invece dopo la Liegi si è preso una settimana di stacco totale dalla bicicletta e poi si sposterà a Sierra Nevada per preparare il Tour cui arriverà dopo il Delfinato. E in Francia troverà Vingegaard, che per problemi mai risolti arriverà al Delfinato con 10 giorni di corsa e senza aver fatto una sola classica. Capito perché è davvero impossibile tentare qualsiasi tipo di paragone?
LIEGI (Belgio) – Romain Gregoire non è felice dopo la sua Liegi-Bastogne-Liegi. E’ un campione dentro e vorrebbe sempre vincere. La Doyenne è l’occasione per parlare di questo giovane francese che è stato autore di una buona prima parte di stagione e che ha un’ambizione grossa così.
Come per molti altri corridori, la Liegi ha segnato uno stop al calendario per l’atleta della Groupama-FDJ. Di fatto da ieri in tanti sono proiettati verso il capitolo grandi Giri, sia esso l’imminente Giro d’Italia o il Tour de France. Chi punta a questo può iniziare una fase di recupero.
Romain Gregoire dopo la sua seconda Liegi: al debutto, l’anno scorso, fu 24°, quest’anno 19°Romain Gregoire dopo la sua seconda Liegi: al debutto, l’anno scorso, fu 24°, quest’anno 19°
Delusione da campione
Quello di Gregoire è uno dei musi più lunghi di tutto il post Liegi. Il francese ci teneva moltissimo a questa gara, probabilmente la più adatta alle sue caratteristiche. Dopo i due settimi posti della Freccia Vallone e dell’Amstel, ci era parso davvero motivato e in palla. Anche nel giorno della presentazione delle squadre era convinto. Si muoveva da leader anche nei confronti della stampa. E lo stesso durante la ricognizione. Due volte lo avevamo incrociato e per due volte era lui che conduceva la squadra.
«La condizione era anche buona, ma sono deluso – attacca senza mezzi termini Gregoire – perché la squadra ha lavorato duramente per metterci in posizione ai piedi di La Redoute. Eravamo in gioco sulle salite con Guillaume (Martin, ndr), ma credo che la corsa non sia stata abbastanza selettiva da darci un vantaggio. Non ho trovato l’apertura nello sprint, quindi sono molto frustrato. Ero in ballo per un buon piazzamento, ma… è un peccato non esserci riuscito».
Ieri, così come alla Freccia, ma anche all’Amstel Gold Race, Gregoire non si è mai tirato indietro. Nella mischia ci si butta senza problemi e raramente lo si vede pedalare oltre un certo numero di posizioni. E’ tra i campioni.
Con i giganti: Romain a ruota di VdP e Ganna sulla Cipressa. Tutti e tre all’inseguimento di PogacarGregoire vince la Faun Ardeche. Vanta già 7 successi tra i pro’ ed è solo un classe 2003. Ma lui brama il salto di qualitàCon i giganti: Romain a ruota di VdP e Ganna sulla Cipressa. Tutti e tre all’inseguimento di PogacarGregoire vince la Faun Ardeche. Vanta già 7 successi tra i pro’ ed è solo un classe 2003. Ma lui brama il salto di qualità
Primavera tra alti e bassi
Analizziamo un po’ la stagione di Romain Gregoire sin qui. Parte bene tanto da vincere persino una gara, la Faun-Ardèche Classic, corsa di ottimo livello. Alla Milano-Sanremo a tratti è superlativo. Ricordate l’affondo di Pogacar sulla Cipressa con Van der Poel e Ganna? Ebbene, lui era il quarto uomo. Per carità, poi si è staccato, ma parliamo di lotta fra titani assoluti, motori immensi. E lui ci ha provato senza paura. E poi piace molto questa sua ecletticità nell’affrontare le corse.
Certo, ancora manca di costanza, ma togliendo Pogacar quale giovane ne ha mostrata? Persino Remco aveva i suoi “buchi”. Alla Tirreno-Adriatico Gregoire voleva la classifica, ma nel giorno di Frontagnano si è perso nei tre chilometri finali. E’ chiaro che c’è da lavorare. Ma la strada è questa: insistere. Tanto più che questa è la sua squadra, la sua casa.
E Romain ogni volta che parla a fine corsa il team ce lo mette sempre di mezzo: per ringraziarlo, per “scusarsi” se vogliamo. Nelle classiche ardennesi sognava un podio e più realisticamente voleva raccogliere una top ten in tutte e tre le prove. L’obiettivo è svanito ieri su Quai des Ardennes, ai 300 metri.
Il talento di Besançon ieri sulla Redoute (foto Getty)Il talento di Besançon ieri sulla Redoute (foto Getty)
E ora il Tour
Gli facciamo notare che comunque è giovane e che sta continuando il suo processo di crescita. Anche fisicamente ci sembra più formato, decisamente più muscoloso di un tempo.
«Sì, sì… è vero del processo di crescita – riprende mentre traffica con le valigie sotto al bus – ma alla fine sono i risultati che contano. Bisogna concretizzare, soprattutto quando la squadra lavora per te. Se sento la pressione? No, anzi… mi piace, non mi crea problemi». Insomma, lui è pronto a prendersi le responsabilità.
Ora, come accennavamo, Romain si prenderà un piccolo riposo. «Poi – riprende il classe 2003 – farò uno stage in altura in vista del Tour de France. Non so ancora però se farò il Criterium del Delfinato o il Tour de Suisse come rifinitura».
«Quest’anno – aveva detto in tempi non sospetti – siamo più forti. E’ arrivato un corridore di talento come Martin e tra me, lui e Gaudu potremmo dividerci i tre grandi Giri. C’era un po’ di impazienza, a volte un po’ di mancanza di compostezza, mi impegnavo un po’ in ogni cosa quando mi sentivo bene e non canalizzavo davvero i miei sforzi. Questo è l’obiettivo per il 2025: ottenere risultati».
Mathieu Van der Poel sperimenta un'altra Liegi e finisce per salire sul podio. Eppure il suo realismo è esemplare: con un Pogacar così non avrò mai chance
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Con l’ennesima spallata allo sport contemporaneo, Tadej Pogacar si è portato a casa anche la Liegi, mettendo insieme un filotto che ha del prodigioso. Terzo a Sanremo. Primo al Fiandre. Secondo alla Roubaix. Primo alla Liegi. In mezzo il secondo posto all’Amstel, che forse ha scoperto un suo piccolo limite, e la vittoria alla Freccia Vallone.
La settimana scorsa parlammo di abuso del talento e restiamo convinti che l’Amstel sia stata di troppo, nel nome della stessa cautela per cui lo scorso anno la UAE Emirates decise di non schierare Tadej alla Vuelta. Tuttavia, come detto più volte in passato, il fenomeno è lui e al netto delle cautele necessarie per la sua longevità atletica, bisogna ammettere che con il campione del mondo alcune regole andranno riscritte. Mentre in Italia non si riesce a riscrivere la Legge 91.
Il secondo posto di Ciccone alle spalle di Pogacar nobilita l’abruzzese e lo lancia verso il Giro d’ItaliaIl secondo posto di Ciccone alle spalle di Pogacar nobilita l’abruzzese e lo lancia verso il Giro d’Italia
La Liegi degli italiani
La Liegi di Pogacar ha visto un bel segnale dagli italiani, con il secondo posto di Ciccone e la presenza di Velasco e Bagioli fra i primi dieci. Dopo anni di vacche molto magre, un risultato che piace parecchio. Al punto che dalla Lega Ciclismo sono arrivate le congratulazioni del presidente Pella.
«Siamo orgogliosi dei nostri corridori – ha dichiarato l’onorevole piemontese – la prova odierna conferma il valore e il lavoro che tutto il movimento italiano sta portando avanti con impegno e passione. Questa generazione ha talento e coraggio: qualità che sapranno emozionarci sulle strade del Giro e nelle più importanti competizioni internazionali».
Abbiamo la sensazione che fra i due massimi organi del ciclismo italiano ci siano scarsa comunicazione e una competizione non dichiarata. Come quando Dagnoni era stato da poco eletto per il primo mandato e doveva fare quotidianamente i conti con Renato Di Rocco, che non perdeva occasione per presenziare a partenze e premiazioni. Entrambi hanno pieno diritto di fare quel che fanno, ma la situazione da fuori appare insolita.
I presidenti Dagnoni e Pella al Tour of the Alps, durante la commemorazione di Sara Piffer da parte di Giacomo SantiniI presidenti Dagnoni e Pella al Tour of the Alps, durante la commemorazione di Sara Piffer da parte di Giacomo Santini
Le donne ignorate
In questo scenario ancora da capire, la nota stonata è che siano state ignorate le donne. Nessuna congratulazione, da entrambe le parti. Neppure quando Letizia Borghesi ha conquistato il secondo posto della Parigi-Roubaix e ieri Trinca Colonel un rispettabilissimo posto fra le prime 10 della Liegi.
Le donne non fanno parte della Lega del ciclismo professionistico, eppure (fatti salvi gli importi) all’UCI il contratto di Elisa Longo Borghini è identico a quello di Ganna. Siamo ancora fermi alla Legge 91 sul professionismo: una legge di 34 anni fa! E siccome nessuna Federazione all’epoca consentiva alle donne di accedere all’attività professionistica, le atlete italiane sono considerate dilettanti, sebbene abbiano in tasca dei contratti da professioniste.
Negli anni due decreti hanno ridefinito il concetto di “lavoratore sportivo”, estendendo alcune tutele anche al settore dilettantistico. E successivamente sono stati apportati ulteriori correttivi, adeguando la normativa alle esigenze attuali del mondo sportivo. Ma la disparità resta ed è frustrante. Lo è per noi che ne scriviamo, figurarsi per chi la vive sulla propria pelle.
Monica Trinca Colonel ha conquistato l’ottavo posto alla Liegi: ha un contratto da pro’, ma per la legge italiana non lo èMonica Trinca Colonel ha conquistato l’ottavo posto alla Liegi: ha un contratto da pro’, ma per la legge italiana non lo è
Lo sforzo condiviso
Allora forse, mentre le foto della vittoria di Pogacar popoleranno gli sfondi per questa settimana e lasceranno poi il posto alle prime immagini del Giro, il ciclismo italiano fa bene a rallegrarsi per i tre azzurri nei 10 della Liegi. Poi però dovrebbe scrollarsi di dosso l’ennesima disparità a scapito delle ragazze.
Chiunque arrivi prima a sanare l’irregolarità meriterà una stretta di mano. Fermo restando che si potrebbe arrivarci assieme: la Federazione e la Lega che ne è diretta emanazione. La concorrenza serve quando porta frutti e fa crescere il movimento, in caso contrario rischierebbe di rivelarsi semplicemente uno sterile esercizio.
LIEGI (Belgio) – Non senza un pizzico di sorpresa, tra le donne è stata la Liegi di Kimberley Le Court Pienaar. Atleta importante, anche perché una Doyenne altrimenti non la vinci, ma certo non era sul taccuino delle favorite. Più di qualche ragazza arrivata staccata chiedeva: «Chi ha vinto?» e una volta conosciuta la risposta scattava una smorfia di incredulità.
La gara femminile si è accesa nel finale. La Redoute è stata meno decisiva di quel che si potesse immaginare. Almeno vista da fuori, perché nelle gambe delle atlete ha fatto sfracelli. Poi si èdeciso tutto in uno sprint a quattro.
Stremata e affranta, Longo Borghini all’arrivo ha chiesto le fosse gettata dell’acqua su collo e spalleStremata e affranta, Longo Borghini all’arrivo ha chiesto le fosse gettata dell’acqua su collo e spalle
Liegi stregata
E’ proprio da qui che partiamo il nostro racconto, o meglio quello di Elisa Longo Borghini. La capitana del UAE Team ADQ ha ceduto, un po’ come Remco se vogliamo. Per noi è stata una sorpresa, per le sue compagne no. Intendiamo sul momento, quando dal maxischermo sull’arrivo di Liegi l’abbiamo vista perdere terreno.
Erika Magnaldi infatti ci ha detto che Elisa aveva anticipato di non sentirsi bene e per questo le aveva lasciato carta bianca. «Solo che io – spiega Erika – dovevo svolgere un altro ruolo e nella fase centrale della corsa ho sprecato un bel po’ di energie, che poi non ritornano».
Si attende Elisa, passano i minuti, quasi 8. Poi eccola spuntare, stremata. China il capo sulla bici. Parla sottovoce. Si abbraccia con Erika Magnaldi, che è lì ad aspettarla.
Si avvicina la massaggiatrice e le porge qualcosa di liquido da mandare giù. Elisa invece chiede che le si versi dell’acqua sulla schiena. «E’ stato semplicemente un bruttissimo giorno… per avere un bruttissimo giorno», sospira. La lasciamo respirare un po’.
Si fa la storia: Kimberley (Le Court) Pienaar vince la Liegi femminile. E’ il primo successo per un’atleta africanaVollering altalenante. L’olandese ha imputato la sua prestazione e il terzo posto alle mestruazioni. Il podio finale ha visto: 1ª Pienaar, 2ª Pieterse e 3ª VolleringSi fa la storia: Kimberley (Le Court) Pienaar vince la Liegi femminile. E’ il primo successo per un’atleta africanaVollering altalenante. L’olandese ha imputato la sua prestazione e il terzo posto alle mestruazioni.Il podio finale ha visto: 1ª Pienaar, 2ª Pieterse e 3ª Vollering
Mauritius, che colpo!
Intanto poche centinaia di metri dietro va in scena il podio. Per le Mauritius di Le Court è una giornata storica e lei lo rimarca con orgoglio.
«Non ci credo – dice commossa l’atleta della AG Insurance-Soudal – è un grande momento per il mio Paese (le Mauritius, ndr). Ad un certo punto sono stata staccata, ma sono riuscita a recuperare, anche grazie alle mie compagne e a Julie Van de Velde, formidabile. Questo dimostra che in gara non bisogna mai arrendersi.
«Sulla Roche-aux-Faucons ho ritrovato improvvisamente le gambe e il ritmo, che sono riuscita a mantenere fino in cima. Sono riuscita a superare Demi Vollering e Puck Pieterse. Ho iniziato a pensare a qualcosa di grande quando ho visto le altre fare fatica sulla Roche-aux-Faucons. Il caldo? No, era una giornata piacevole, ma so che in tante lo hanno sentito».
Longo Borghini in difficoltà sulla Redoute, ma non stava bene già da qualche chilometroLongo Borghini in difficoltà sulla Redoute, ma non stava bene già da qualche chilometro
«Sembravano 40 gradi»
E’ proprio da qui che ci riallacciamo a Elisa Longo Borghini: quella bottiglietta d’acqua sulla schiena non era affatto casuale. Le facciamo notare del caldo.
«Non lo so – spiega – non mi sono sentita bene. Da metà corsa in poi ho iniziato ad avere caldo, a non sentirmi per niente bene. Le temperature non erano altissime, però io ho sofferto come se ci fossero 40 gradi. Non me lo spiego, semplicemente questo».
In effetti la campionessa italiana veniva da ottime gare, quindi è stata una giornata che non ci si aspettava. Magnaldi aveva detto che probabilmente Elisa aveva patito il caldo. Ma più che il caldo, ipotizziamo, lo sbalzo termico. Negli ultimi due giorni la temperatura è salita di parecchio, passando dagli 11-12 gradi piovosi della Freccia ai 20-21 assolati della Liegi.
«Stavo benissimo fino al giorno prima – riprende Longo Borghini – e non me lo spiego, ripeto. Purtroppo le giornate no nel ciclismo esistono e a volte succedono anche nei giorni in cui vorresti che tutto andasse bene. Da metà corsa in poi, quando non mi sono sentita bene, non aveva senso far lavorare le mie compagne per me. Quindi le ho lasciate andare».
In questa giornata poco brillante per la UAE Adq c’è a aggiungere la frattura del gomito per Silvia Persico, richiamata per la Liegi e caduta nelle prime ore di gara.
Monica Trinca Colonel, ottava e prima italiana. Eccola alla firma per il controllo antidopingMonica, come ci ha detto, spesso si staccava e poi rientravaZigart doppia festa a Liegi: per la compagna Le Court e per il fidanzato PogacarMonica Trinca Colonel, ottava e prima italiana. Eccola alla firma per il controllo antidopingMonica, come ci ha detto, spesso si staccava e poi rientravaZigart doppia festa a Liegi: per la compagna Le Court e per il fidanzato Pogacar
Brava Trinca
Ma per una giornata storta, come si dice, ce n’è un’altra che è andata dritta. O quantomeno bene, fatte le dovute proporzioni. E questa nota positiva porta il nome di Monica Trinca Colonel. Alla presentazione delle squadre, Anna Trevisi, una delle migliori gregarie in assoluto del gruppo, ce lo aveva detto: «Corriamo per Trinca. Sta bene. E’ forte». Ed eccola finire ottava. Prima delle italiane.
«In realtà – racconta l’atleta della Liv AlUla Jayco – sono sorpresa per il risultato perché mi sono sentita bene per almeno due orette. Ultimamente soffro sempre nelle parti iniziali di gara, poi però sul finale ci sono sempre, quindi comunque sono soddisfatta.
«E’ stata una corsa strana per me: mi sono staccata praticamente su tutte le salite, ma poi rientravo bene ed eravamo sempre meno. E’ stata una lotta continua. Questo denota più che altro che sono un diesel, quindi ci impiego un po’ di tempo per ingranare. La cosa bella di questa stagione? Che sto crescendo tanto e senza accorgermene. La squadra poi non mi mette pressione. Qui sto bene e sono più che contenta. Anna ha detto che potevo stare con le grandi? Vabbé, sono parole grosse le sue! Però sì, in futuro spero di essere tra le top».
LIEGI (Belgio) – Come vi avevamo accennato nel pezzo precedente, parlando della vittoria di Pogacar, alla Liegi-Bastogne-Liegi si è vista una buona Italia. La compagine dei corridori di casa si è fatta valere: Ciccone secondo, Velasco quarto e Bagioli sesto.
Ma era nell’aria. Parlando con i ragazzi filtrava un po’ di ottimismo. Okay, non è una vittoria, ma di questi tempi non è poco su cui fare leva in chiave futura. E poi le cotes delle Ardenne storicamente ci hanno sempre sorriso un po’ di più rispetto alle pietre.
Ciccone è al secondo podio in una classica Monumento. Il precedente al Lombardia 2024 sempre dietro a PogacarCiccone è al secondo podio in una classica Monumento. Il precedente al Lombardia 2024 sempre dietro a Pogacar
Podio Ciccone
Giulio Ciccone si presenta in conferenza stampa con la sua medaglia. Gli occhi sono stanchi, ma il morale è alto. E come potrebbe essere diversamente?
«All’inizio, venendo dal Tour of the Alps, non stavo benissimo – racconta l’atleta della Lidl-Trek – poi mi sono trovato meglio. Rispetto alla corsa alpina, qui si trattava di tutt’altra gara: tanti più chilometri, salite più brevi e ripide, tanto stress in corsa. «Quando è partito Pogacar cosa ho fatto? Mi sono messo del mio passo e basta. Ho preso tempo. Chiaramente non avevo le gambe per seguirlo, ma per quelle per tenere la mia velocità e cercare di fare qualcosa, di portarmi avanti. Tre italiani nei primi sei? E’ geniale, sappiamo che tutti vorrebbero una vittoria, ma non è sempre possibile. Godiamoci dunque questa giornata positiva».
Ciccone sul podio con Pogacar ed HealyCiccone sul podio con Pogacar ed Healy
Il podio in una Monumento vuol dire tanto per Ciccone. Alla fine è la seconda volta in pochi mesi che finisce alle spalle dello sloveno. Ciccone ha raggiunto Liegi in macchina dal Tour of the Alps: a quanto pare non ama troppo l’aereo. Ma evidentemente viaggiare con le gambe distese e senza stress gli ha fatto bene.
«La Liegi è la mia classica favorita, insieme al Lombardia – dice – sono davvero contento di questa prestazione e di arrivare bene al Giro d’Italia. Ora passerò cinque giorni a casa e poi andrò in Albania».
La grande volata di Velasco (sulla sinistra). Mentre Bagioli è al centro (secondo casco rosso da sinistra)La grande volata di Velasco (sulla sinistra). Mentre Bagioli è al centro (secondo casco rosso da sinistra)
Velasco bravo e sfortunato
Se vi diciamo cheSimone Velasco avrebbe potuto ottenere molto di più, ci credete? La storia della sua Liegi è davvero incredibile. Ed è giusto lasciarla raccontare a lui.
«Ho rotto la ruota prima della Redoute – racconta con orgoglio e ancora il fiatone forse 20′ dopo aver concluso la corsa – penso che nel finale avevo una gran gamba. Avere un problema meccanico lì, in quel momento, è incredibile. Ho provato a rientrare, ho rimontato non so quanti corridori. Ho inseguito fino alla Roche-aux-Faucons. Ci ho sempre creduto. Lì sono rientrato. Ho tenuto duro e poi ho vinto la volata del gruppo. Penso che sia davvero un gran bel segnale che posso essere all’altezza di certe gare».
Un gran bel segnale, ma anche forse un pizzico di rimpianto. Forse Simone poteva stare davanti con Ciccone ed Healy.
«Ho dimostrato di essere presente anche nelle corse che contano – commenta – e di questo sono contento anche per la squadra. Finalmente abbiamo raccolto un buon risultato in una gara importantissima, speriamo di continuare così».
Velasco racconta di una corsa tirata, nervosa. Ormai si va sempre forte. Lui e Ciccone si erano anche parlati un po’. Ora Simone riposerà un po’. «Andrò nella mia Elba a prendere un po’ di sole e di mare. E poi inizierò a lavorare per il Tour de France».
A Liegi anche i supporter di Bagioli: Mario Rota e suo padreA Liegi anche i supporter di Bagioli: Mario Rota e suo padre
Bagioli: per Cicco e per sé
Infine c’è Andrea Bagioli, sesto. Anche lui autore di una gara ottima, e soprattutto di una gara che lo ha visto attivo. Il suo non è un sesto posto a rimorchio, diciamo così.
«Se ieri sera qualcuno mi avesse detto che avrei fatto sesto alla Liegi non ci avrei creduto – ha detto Bagioli – tanto più con dei capitani come Skjelmose e Ciccone. E invece… Oggi ho dovuto lavorare, ho dato una bella trenata all’imbocco della Redoute proprio per farla prendere bene a Cicco. Lui è rimasto un po’ lì poi è andato. Eccome. E dire che ad inizio corsa non stava benissimo, aveva detto a noi compagni».
Dopo la fase di apnea per la tirata sulla Redoute, Andrea Bagioli non ha mollato, ma si è rimesso sotto.
«Alla fine – riprende il valtellinese – sono riuscito a tenere il gruppetto con il quale siamo ritornati sotto alla Roche-aux-Faucons e stavo bene. Ma a quel punto non ho potuto sfruttare il fatto che Giulio fosse davanti per stare a ruota, anzi, ho dovuto chiudere spesso i contrattacchi e per questo sono contento. E’ un sesto posto che dà molta, molta fiducia. Rispetto all’anno scorso, in cui ho vissuto una stagione difficile, sono cambiate un po’ di cose.
«Adesso per me – dice – si profila l’Eschborn-Frankfurt (in scena il 1° maggio, ndr). Con i direttori sportivi abbiamo parlato e stabilito che potrò avere le mie carte. I leader saremo io e Nys. Io potrò fare qualcosa prima e lui eventualmente in volata. Con Francoforte chiudo questa mia parte di stagione che è molto lunga. Vado avanti dall’Australia».
Trent'anni fa, Mauro Gianetti vinceva Liegi e Amstel. I suoi ricordi e come l'esperienza di atleta ha formato il dirigente del team numero uno al mondo
Nella vittoria tricolore di Velasco c'è lo zampino di Giuseppe Martinelli. Lo abbiamo incontrato. La sua saggezza, l'orgoglio e una punta di amarezza. Perché?
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
LIEGI (Belgio) – Da dove iniziare? Un bel punto di domanda per questa Liegi, la terza dominata da Tadej Pogacar. Il campionissimo della UAE Team Emirates ha messo tutti in riga sulla Redoute “come da programma“. Se ne è andato che mancavano 35 chilometri all’arrivo.
Se non fosse per la buona tenuta degli italiani, la Liegi-Bastogne-Liegi 2025 sarebbe condensata in poche frasi. Ma come avevamo anticipato ieri, c’è un’Italia che non molla: secondo Giulio Ciccone, quarto Simone Velasco e sesto Andrea Bagioli.
Il momento clou: Pogacar scatta sulla Redoute. Fa il vuoto ma ancora non uccide la corsa. Aspetta come evolvono gli eventiPartenza “tranquilla” da Liegi. C’è il sole, mentre non c’è il vento di cui si parlava ieriIl momento clou: Pogacar scatta sulla Redoute. Fa il vuoto ma ancora non uccide la corsa. Aspetta come evolvono gli eventiPartenza “tranquilla” da Liegi. C’è il sole, mentre non c’è il vento di cui si parlava ieri
(Quasi) tutto facile
E’ vero, tutto sembrava semplice. Ma «in realtà poi facile non lo è – come ci spiegava Andrej Hauptman, direttore sportivo della UAE – anche all’Amstel Gold Race sembrava tutto facile, ma abbiamo visto come è andata. Le cose nel ciclismo cambiano velocemente. Quel giorno abbiamo trovato Remco in giornata di grazia e tanto vento contrario che si è alzato più forte del previsto. Oggi per fortuna non è andata così».
Intanto nel clan della UAE, come nelle altre squadre, c’è il fuggi-fuggi generale. La Liegi chiude la campagna del Nord e anche per gli staff è tempo di tornare a casa. I meccanici lavorano, i massaggiatori aprono i frigo con le borracce e si lanciano all’assalto dei tifosi. Si caricano i mezzi. Chi scappa in aeroporto…
Ancora Hauptman: «Avete avuto la sensazione che sulla Redoute avesse controllato prima di aprire tutto il gas? Sì, è vero. Voleva vedere chi c’era con lui e a quel punto avrebbe deciso cosa fare: se tirare dritto oppure aspettare qualcuno. In fondo alla discesa ha deciso di andare. Comunque, come ripeto, fare tanti chilometri da solo non è mai facile. Io voglio fare i complimenti alla squadra perché i ragazzi sono stati eccezionali. Tutti hanno svolto alla perfezione il proprio lavoro. Ai 150 chilometri dovevano entrare in azione e hanno controllato ogni metro del percorso».
Come detto da Hauptman, in fondo alla discesa della Redoute, Tadej decide di andare. Prende il suo vantaggio, si mette nella sua velocità di crociera – che ovviamente è ben diversa da quella degli altri – porta il margine a un minuto, un minuto e 15. Dopodiché si stabilizza e trova persino il tempo di parlare via radio. «Cosa mi chiedeva alla radio? Mi diceva che i ragazzi dietro dovevano stare tranquilli e pensare alla volata», conclude Hauptman.
Stockeu: Remco e Tadej si marcano. Guardate il belga: è a bocca chiusaSulla Redoute Evenepoel esce fuori dai giochiLa stampa lo attendeva. C’erano più giornalisti da lui che da Pogacar. Ma quanto calore dai tifosiStockeu: Remco e Tadej si marcano. Guardate il belga: è a bocca chiusaSulla Redoute, Evenepoel esce fuori dai giochiLa stampa lo attendeva. C’erano più giornalisti da lui che da Pogacar. Ma quanto calore dai tifosi
E Remco?
Quello che è mancato in questa giornata è stato l’attesissimo duello con Remco Evenepoel. Ancora una volta il testa a testa col coltello tra i denti è venuto meno. Remco è naufragato sulla Redoute. Ha provato a tenere duro, era rientrato sul gruppo giusto ai piedi della Roche-aux-Faucons, ma poi nulla ha potuto, se non chinare la testa e onorare la sua Doyenne fino in fondo. E dire che sullo Stockeu pedalava a bocca chiusa…
La sensazione, non solo nostra, è che il doppio campione olimpico stia vivendo una fase di “rebound”, di rimbalzo, dopo il ritorno dal suo incidente. Ci sono due considerazioni da fare.
La prima è fisica: ci sta che appena si rientra si stia bene, “leggeri” e pimpanti, specie se si ha uno dei super motori di questo ciclismo. Ma poi la resistenza, il recupero e il ritmo gara protratto su quattro gare in dieci giorni si fanno sentire.
La seconda motivazione, forse più incisiva della prima, è mentale. Remco lo abbiamo osservato in questi giorni e di certo era meno spensierato di Pogacar. Senza Van Aert, è il faro del Belgio. Il doppio titolo olimpico lo ha lanciato in un’altra dimensione, con pressioni di cui un po’, forse, risente. Alla Freccia del Brabante nessuno gli chiedeva nulla: era solo il rientro dopo cinque mesi. Ma dopo quella prestazione, il suo approccio alle gare è immediatamente cambiato. In ogni caso è tornato. Ora potrà iniziare davvero a lavorare per il Tour. Iniziare: si badi bene a questo termine.
Si conclude la prima parte di stagione di Pogacar: a podio in tutte e 4 le Monumento. «Ora – dice – un po’ riposo»Mentre parla in conferenza stampa, la sua Colnago V5Rs è abbandonata ai piedi delle scale. Tadej montava corone 55-38. Da notare l’inclinazione marcata della sellaSi conclude la prima parte di stagione di Pogacar: a podio in tutte e 4 le Monumento. «Ora – dice – un po’ riposo»Mentre parla in conferenza stampa, la sua Colnago V5Rs è abbandonata ai piedi delle scale. Tadej montava corone 55-38. Da notare l’inclinazione marcata della sella
Liegi, ma anche Roubaix
Finalmente Pogacar arriva in conferenza stampa. E’ sereno, come se nulla fosse successo. Ripete tante volte: «Sono felice». E come non esserlo?
«Sono felice per la squadra – racconta Tadej – per questa vittoria, sapete quanto ami la Liegi, per come è andata la corsa. Io non potevo immaginare una primavera migliore».
E poi interviene sulla gara: «Ho visto spesso la Soudal-Quick Step di Remco davanti, poi all’inizio della Redoute non li ho visti più. Ho immaginato fosse successo qualcosa (forse è per questo che si voltava così spesso, ndr). Non immaginavo non avesse le gambe. Dopo un po’ sono partito, ma volevo vedere se qualcuno potesse seguirmi. Poi lo sapete, quando ho le gambe e c’è la possibilità, io voglio sempre vincere».
Il resto è storia. Quel che colpisce invece è la sua risposta quando un giornalista gli chiede quale sia il ricordo più bello di questa sua campagna di classiche.
«Chiaramente le vittorie sono sempre bellissime, ma se chiudo gli occhi, il ricordo di questa mia primavera di classiche è la Parigi-Roubaix. Non credevo fossi capace di fare certe cose in quella corsa. E’ stato qualcosa di speciale». Mauro Gianetti non ne sarà felicissimo!
Intanto però nel bus della UAE Team Emirates si fa festa. Quel bus che, non appena Pogacar ha tagliato il traguardo, ha iniziato a suonare il clacson, facendo un rimbombo incredibile in tutto il vialone d’arrivo. E’ il genio di Federico Borselli, l’autista che tra l’altro aveva posteggiato il bestione subito dopo la linea d’arrivo, staccato da tutti gli altri. Lui già sapeva tutto!
LIEGI (Belgio) – Dopo quattro edizioni, la presentazione delle squadre della Liège-Bastogne-Liège, la Doyenne, torna in centro, nella piazza di Saint Lambert sotto al (bellissimo) palazzo vescovile, dentro al quale c’è anche la sala stampa. Scriviamo sotto volte barocche con affreschi, quadri giganti, tappeti antichi e scalinate che sembrano degne di una principessa di Walt Disney nel suo castello.
In tutto ciò la gente si raduna nell’assolata piazza sottostante. Una lunga fila di bus inizia a scorrere dalla Mosa fin sotto al palco. La prima a presentarsi alla firma è la DD Group, piccola squadra belga, l’ultima è la corazzata di Tadej Pogacar che sale sul palco assieme all’altra UAE, la UAE Team ADQ di Elisa Longo Borghini.
Autografi pre-Doyenne per Longo Borghini. La campionessa italiana è la speranza numero uno per vedere un’atleta di casa sul podioAutografi pre-Doyenne per Longo Borghini. La campionessa italiana è la speranza numero uno per vedere un’atleta di casa sul podio
L’Italia che non molla
E’ un bel caos, simile a quelli che ieri vi avevamo raccontato sulla Redoute, tra l’altro stamattina ancora più affollata. La vigilia è passata veloce alla fine. Una visita al museo della Doyenne e l’incrocio fugace proprio di Elisa. L’abbiamo vista durante la sua sgambata mescolarsi per un attimo al serpentone degli amatori.
«Spero – ci aveva detto Elisa – che la corsa si accenda sulla Redoute anche per noi, perché vorrà dire che ci sarà gara dura, perfetta per donne di fondo come me». La determinazione di Longo Borghini è proverbiale. Pensate che il giorno dopo la Freccia si è sciroppata quasi quattro ore sotto la pioggia. Quattro ore in cui ha provato una parte di percorso. Poi ieri altre tre ore e un’altra parte di Liegi e oggi una semplice (meritata) sgambata.
La compagine italiana non è affatto male in questa Doyenne, almeno se si pensa alle altre classiche e non lo è sia per numero di atleti ed atlete che per la qualità. Oltre ad Elisa e le sue compagne, per esempio, c’è il duo della Liv AlUla Jayco, Anna Trevisi e Monica Trinca Colonel. C’è Soraya Paladin (qui il video della vigilia) pronta a correre per Niewiadoma, Marta Cavalli… E anche tra gli uomini i corridori aggressivi non mancano: Ulissi (qui il video della vigilia), Ciccone appena arrivato dal Tour of the Alps, Zambanini, Scaroni… E poi Giulio Pellizzari.
Era il 2021, quando avvenne l’ultima presentazione dei team in piazza Saint Lambert. I lavori per il tram avevano bloccato questa tradizioneI bus arrivavano nella piazza. Facevano scendere gli atleti che andavano sul palco e in mix zone. Pian piano si spostavano sotto al Palazzo Vescovile, per poi ripartire verso gli hotelIl museo della Liegi a Remouchamp: così abbiamo passato la mattinataEra il 2021, quando avvenne l’ultima presentazione dei team in piazza Saint Lambert. I lavori per il tram avevano bloccato questa tradizioneI bus arrivavano nella piazza. Facevano scendere gli atleti che andavano sul palco e in mix zone. Pian piano si spostavano sotto al Palazzo Vescovile, per poi ripartire verso gli hotelIl museo della Liegi a Remouchamp: così abbiamo passato la mattinata
Pellizzari al debutto
E in qualche modo la presenza last minute del marchigiano della Red Bull-Bora Hansgrohe in questa Liegi ha tenuto banco. Una presenza che potrebbe non limitarsi alla sola Doyenne. Vederlo quassù al primo anno nel WorldTour non era poi così scontato. Ma le sue prestazioni, che hanno convinto i tecnici, e qualche forfait dei compagni, hanno giocato a suo favore.
E così, Giulio, eccoti alla prima Liegi. Quando l’hai saputo?
L’idea ha iniziato ad esserci dopo il Catalunya. Quando ho saputo che non avrei fatto il Giro dei Paesi Baschi. Poi qualche mio compagno è stato poco bene, quindi mi hanno chiamato lunedì scorso e mi hanno detto che avrei corso qui. Non potevo che essere più felice!
Dov’eri quando hai ricevuto la chiamata?
Ero al Teide, dopo sei ore di allenamento, quindi ero finito, ma ero contento!
Eri con Roglic?
Sì, sì, e proprio in quel momento mi hanno chiamato. Allora l’ho detto a Primoz e lui: «Stai tranquillo, stai safe (sicuro, ndr)…». Era contento perché io ero contento. E questo mi ha fatto piacere.
Come stai? Stai andando forte…
Il Catalunya direi che è andato bene, ed è stato impreziosito dalla vittoria di Primoz. Quindi come squadra siamo contenti. Ora vediamo i prossimi appuntamenti, come andranno. Siamo preparati e abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare. Io anche sto bene, certo non corro da un po’ (proprio dal Catalunya, ndr) e per queste corse serve ritmo… Bisognerebbe avere un po’ di fortuna affinché le cose girino bene.
Ieri abbiamo seguito la tua ricognizione. Sei sempre stato davanti, come mai?
Proprio sempre no, dai! Ci sono stato spesso. Un po’ le strade le conoscevo, avendo fatto la Freccia Ardennese con la VF Group-Bardiani da under 23. Qualche salita me la ricordavo. Più che altro volevo fare un po’ di fatica, diciamo così…
Dal Teide alla Doyenne. Pellizzari è alla prima Liegi. Emozione e adrenalina non gli mancano (foto Instagram)Dal Teide alla Doyenne. Pellizzari è alla prima Liegi. Emozione e adrenalina non gli mancano (foto Instagram)
Che corsa ti aspetti domani? E che corsa dovrai fare?
Mi aspetto che sarà dura! La Liegi è una gara lunga. Spero di partire non con le migliori sensazioni…
Ma come? Perché…
Perché per come sono fatto è meglio “volare bassi”. Se sto bene finisce che mi gaso troppo e rischio che parto “in palla”, spreco e poi vado giù. Mentre se sono costretto a stare più tranquillo, magari poi sto meglio nel finale. Purtroppo, come accennavo, la squadra ha avuto un po’ di sfortuna in queste classiche, quindi cerchiamo di dare il massimo e vedremo come andrà.
Giulio, ma quindi con che ruolo parti? Sei il leader…
No, non leader… Vediamo intanto come saranno quelle sensazioni. Sicuramente se starò bene non ci saranno problemi per poter fare la mia gara. Però, ripeto, vediamo le gambe: è la Liegi. E’ tanto lunga.
Una delle voci che più gira quest’oggi, pensando a Pogacar ed Evenepoel, è che tanti, anche ottimi corridori, vogliono anticipare…
Sicuramente qualcuno anticiperà. Sappiamo che Tadej attaccherà sulla Redoute, o almeno sembra sia scontato, pertanto immagino che qualcuno si muoverà. Noi partiamo per provare a far una top ten, magari una top five. Il top sarebbe un podio… Sappiamo che vincere è difficile, però ci proviamo.
Insomma Pellizzari “vecchio stile”: all’arrembaggio. Ma tu ce l’hai l’incoscienza di seguirli sulla Redoute?
Eh – ride Giulio, ma non smentisce – per prima cosa la Redoute bisogna prenderla davanti, perché se sei dietro non segui proprio nessuno. E prenderla davanti non è mica facile. Poi vediamo. Lo stimolo, la voglia da parte mia c’è sempre, ma a volte bisogna correre più di testa che di cuore.
Un’ultima domanda, Giulio: ieri sarebbero dovuti uscire i nomi della Red Bull-Bora per il Giro. E’ cosa nota che tu fai parte della “lista lunga”, delle riserve diciamo così, ma cosa puoi dirci in merito? Insomma, ci sarai al Giro?
Sicuramente io mi sono preparato bene. Ho fatto l’altura… Quindi la possibilità di essere in Albania la prossima settimana c’è. Sarebbe bellissimo.
Un “tesissimo” Pogacar con i suoi compagni, attende di andare sul palco…Più serio, ma disponibile soprattutto con i bambini, Evenepoel. Remco ha il Belgio sulle spalle… e lo sa beneUn “tesissimo” Pogacar con i suoi compagni, attende di salire sul palco…Più serio, ma disponibile soprattutto con i bambini, Evenepoel. Remco ha il Belgio sulle spalle… e lo sa bene
Sarebbe davvero bello vederlo impegnato nella corsa rosa. La Red Bull-Bora sin qui lo sta gestendo benissimo. La sensazione è che questo sogno possa realizzarsi, ma non si può dare per certo: la comunicazione ufficiale giustamente spetta al team. Noi non possiamo far altro che incrociare le dita.
Intanto andiamo a cena pensando (sognando) che domani, quando si scatenerà la guerra tra i due giganti, Pellizzari possa buttarsi nel mezzo. Rispondere senza paura, il che non sarebbe la prima volta. E se poi si dovesse staccare… pace. L’importante è provarci. Testarsi, sbagliare, ma stare nella corsa. Vicino ai grandi.
Van Vleuten a Liegi. Prima il forcing sulla Redoute e poi l'attacco sulla Roche aux Faucon. Ma vincere non è più facile come prima: il gruppo è cresciuto
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute