Baroncini a casa. Il saluto di Gazzoli ricordando Leuven 2021

03.09.2025
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Filippo Baroncini è tornato a casa giusto ieri. Ha salutato l’ospedale in cui era ricoverato e finalmente ha potuto iniziare a riprendersi la sua vita. Quella di uomo e quella di corridore. Se c’erano dubbi circa il suo futuro, questi sono stati spazzati via dalla notizia della firma del contratto per ulteriori due anni con la UAE Emirates.

La terribile caduta al Tour de Pologne dunque sta man mano svanendo alle spalle. Tuttavia vogliamo guardare ancora più indietro per salutare il “Baro”. Visto che siamo nel mese dei mondiali, con Michele Gazzoli ricordiamo il mondiale di Leuven 2021. Il mondiale che incoronò Filippo Baroncini e che vide l’amico e compagno di team e di nazionale, appunto Gazzoli, fare festa con lui.

Michele e Filippo. Filippo e Michele, quanto hanno condiviso…

Marino Amadori tra i suoi ragazzi a Leuven 2021. Gazzoli è il primo da sinistra. Baroncini in maglia iridata. Poi Frigo, Colnaghi, Coati e Zana
Marino Amadori tra i suoi ragazzi a Leuven 2021. Gazzoli è il primo da sinistra. Baroncini in maglia iridata. Poi Frigo, Colnaghi, Coati e Zana
Michele, partiamo da quel gruppo di Leuven 2021, un gruppo che forse nasceva prima di quel fantastico mondiale belga, no?

Diciamo che è un gruppo che si è creato durante quell’anno. Poi io ho fatto quattro stagioni tra gli under 23, quindi ne ho vissuti un po’ di gruppi, però quello del 2021 era un po’ più solido. Lo abbiamo dimostrato durante l’anno, vincendo anche la World Cup. Il titolo iridato di Baroncini è stata la ciliegina sulla torta, però era veramente un gruppo bello, divertente, forte.

Chi era il guascone del gruppo?

Sicuro Baro, avendo vinto il mondiale, era il numero uno. Poi da under 23 fai gare diverse durante la stagione, ma tutti in quel gruppo andavano forte. Non c’era uno che non facesse risultato.

La riprova del fatto è che di quel gruppo in quattro siete nel WorldTour…

Vero, infatti Marino Amadori ci aveva visto bene. Aveva fatto un bel gruppo, lo aveva consolidato con ritiri e appuntamenti. Ci si trovava veramente bene e avevamo ruoli precisi… Oltre che gambe!

Quando arrivaste a Leuven avevate la sensazione che davvero si potesse vincere questo mondiale?

No, alla fine lo sai solo a cose fatte, anche se la consapevolezza di fare una bella gara c’era. Eravamo preoccupati per altre Nazioni che potevano metterci in difficoltà, ma sapevamo di avere grandi potenzialità. Amadori temeva soprattutto il vento, con belgi e squadre del Nord pronte a far casino, ma poi non accadde nulla di ciò.

Michele tagliò il traguardo a braccia alzate. Era felice come se avesse lui stesso
Michele tagliò il traguardo a braccia alzate. Era felice come se avesse lui stesso
Come avete vissuto quella vigilia? Tu che ricordi hai?

Un clima di grande serenità. Eravamo rilassati, tranquilli. La tattica era pronta. Solo in corsa ci fu un momento difficile: nello strappo in pavé del giro grande ci fu un rallentamento, due caddero davanti a Filippo e lui non poté evitare di finire a terra. Si capottò, ma poi riprese bene. Quello fu l’unico attimo di tensione. Baroncini era il nostro leader.

Lo hai sentito in questi giorni?

Sì. All’inizio quando era in Polonia parlavo col fratello, poi direttamente con lui. Sono rimasto colpito, anche perché io ero lì al Polonia.

Giusto…

La neutralizzazione, la notizia che era caduto ed era stato portato via… una tensione incredibile. Per me Baro è come un fratello. Abbiamo corso insieme alla Colpack e poi in azzurro. Al Trofeo Del Rosso, la nostra ultima gara da elite, arrivammo in parata io e lui con la maglia iridata. E il giorno prima avevamo vinto il tricolore nella cronosquadre. Fu davvero un bell’anno, tutto veniva facile e ci si divertiva tanto.

E che corsa che faceste…

Tutto andò secondo programma. Lui doveva attaccare e lo fece, riuscendo a fare la differenza. Io arrivai quarto in volata, preceduto da Biniam Girmay e Olav Kooij. Partii lunghissimo, ai 400 metri. Subito fu una gioia arrivai a braccia alzate. La sera cenammo insieme, ma senza esagerare perché avevamo altre gare. Io dopo tre giorni avrei corso in Sicilia. Però a fine anno facemmo una gran festa con la Colpack.

Gazzoli (XDS-Astana) sta preparando le ultime gare dell’anno. Inizierà da GP Industria e Artigianato
Gazzoli (XDS-Astana) sta preparando le ultime gare dell’anno. Inizierà da GP Industria e Artigianato
Questo è il mese del mondiale, come vedi i nostri under 23 quest’anno?

Abbiamo un buon gruppo. Li seguo e sono andato anche a vedere il Giro Next Gen. Lorenzo Finn è molto bravo e anche Filippo Turconi. Credo siano due ottimi corridori. Non so la selezione precisa che ha in mente Marino, ma mi sembra una buona squadra. Certo, c’è gente come Jarno Widar e Paul Seixas che va fortissimo, ma sarà un mondiale particolare per tutti laggiù. Non è neanche facile fare pronostici.

Di quella squadra di Leuven avete un gruppo WhatsApp?

No, però ci sentiamo uniti in qualche modo. Siamo amici, alle corse ci parliamo e resta un filo che ci lega.

E tu adesso come stai Michele?

Esco da un periodo un po’ difficile. A metà luglio sono tornato dalla Cina con il Covid. Ho avuto febbre a 38°-39° per una settimana. Sembrava passata, poi sono andato al Polonia ma non andavo bene. Dagli esami risultavo ancora positivo. Correre così non è stato il massimo. Ora spero di fare bene nelle gare italiane che arrivano. Inizierò con le prove in Toscana la prossima settimana.

Balsamo, l’ultimo bacio a Madrid e poi la valigia per Sydney

16.09.2022
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Elisa Balsamo, 24 anni, ha chiuso la valigia e per la prima volta da un anno, al suo interno non c’era la maglia iridata. Nel momento in cui leggerete questa parole, la campionessa del mondo in carica è in volo fra Malpensa e Abu Dhabi, da cui poi con gli altri azzurri spiccherà il volo verso Sydney.

La Vuelta è stata l’ultima corsa con la maglia iridata; un viaggio iniziato a Leuven il 25 settembre 2021
La Vuelta è stata l’ultima corsa con la maglia iridata; un viaggio iniziato a Leuven il 25 settembre 2021

«Diciamo che ha fatto abbastanza effetto – dice – non portare quella maglia. Mi consolo col fatto che è stato un anno veramente positivo. Però nel dubbio non ho riposto niente, chi lo sa come finisce la storia…».

Gli occhi puntati

Il percorso di Balsamo fino ai mondiali di Wollongong è passato per la Vuelta, con una vittoria di tappa che ha confermato la buona condizione. E anche se il mondiale, come ama ripetere, è sempre qualcosa di particolare, il senso di aver fatto il proprio dovere è una bella compagnia su cui appoggiarsi.

La prova su strada delle donne elite misura 164,3 chilometri: una distanza importante

«L’anno scorso – spiega – arrivai a Leuven con addosso la rabbia di voler risollevare una stagione difficile che non era andata come volevo (la delusione delle Olimpiadi fu davvero un duro colpo, ndr). Adesso invece arrivo dalla stagione più bella e sicuramente ho più occhi puntati addosso. L’anno scorso nessuno avrebbe creduto che fossi capace di vincere un mondiale, adesso magari a qualcuno potrebbe venire in mente. Perciò volo in Australia con l’idea di dare il massimo, ma senza mettermi troppe pressioni addosso».

Un mondiale aperto

Di sicuro questi mesi nella Trek-Segafredo hanno mostrato una Balsamo molto più solida e meno… velocista. La vittoria nel Trofeo Binda, che il suo tecnico Arzeni aveva teorizzato in anni non sospetti, ha iniziato a mostrare un’atleta completa che vincendo poi anche la Gand-Wevelgem e il campionato italiano, ha dimostrato di saper stringere i denti in salita. E poi di sapersi sempre fare giustizia con il suo sprint. Per questo il percorso nervoso di Wollongong – lungo 164,3 chilometri con tratto in linea, salita lunga e 5 giri del circuito – potrebbe non essere uno scoglio insormontabile.

Esperienza e buon umore: il 2022 di Balsamo alla Trek è stato un anno da incorniciare
Esperienza e buon umore: il 2022 di Balsamo alla Trek è stato un anno da incorniciare

«E’ un tracciato molto aperto – riflette – e dipenderà molto da come verrà affrontato. Potrebbe succedere che la Van Vleuten punti a tutta la salita lunga e che si ritrovino nel circuito finale in un piccolo gruppo selezionato, come anche che vada via una fuga più innocua e alla fine si rimescoli tutto. Sicuramente la Trek-Segafredo mi ha dato tanto. Avere compagne esperte come Elisa Longo Borghini, Lucinda Brand ed Ellen Van Dijk aiuta a crescere. Alla Valcar non c’erano, per cui sono soddisfatta di quello che ho fatto prima e anche molto della mia scelta successiva».

L’iride in gioco

In questo quadro di solidità, si inserisce anche il nuovo progetto azzurro di Paolo Sangalli, che ha ripreso il buono costruito negli ultimi anni da Salvoldi e ha portato dentro la sua flemma e la capacità di vivere vigilie e avvicinamenti meno pressanti.

Per favore, verrebbe da sorridere, qualcuno le dia una maglia: Elisa non ha mai indossato quella della Trek
Per favore, verrebbe da sorridere, qualcuno le dia una maglia: Elisa non ha mai indossato quella della Trek

«Abbiamo una bella squadra – dice Balsamo – con la sola pecca di Marta (Cavalli, ndr) che sconta ancora i postumi della caduta del Tour. Credo che saremo un bel gruppo, pronto a reagire alle situazioni della corsa. Sangalli sta cercando di darci tranquillità, non mette pressioni e questo lo apprezzo molto, perché preferisco lavorare concentrata seguendo il mio percorso. E comunque anche per lui sarà il primo mondiale, magari sarà emozionato. Quindi si va in Australia per rimettere in gioco la mia maglia iridata. Sicuramente mi ci sono affezionata, ma in ogni caso sono molto contenta di come siano andate le cose finora».

La Roubaix di Van Baarle nata dall’argento di Leuven

17.04.2022
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«Dopo il secondo posto di Leuven – dice Van Baarle – mi è scattato il clic giusto nella testa. Quella medaglia d’argento è stata un momento per me importante. Ho parlato a lungo con il cittì Moerenhout. Mi ha ripetuto fino allo sfinimento che dovevo credere di più in me stesso. Ho ascoltato le sue parole. Ed ecco che cosa è successo».

Un’anca fratturata

C’è di più. Il vincitore della Roubaix, trent’anni il 21 maggio, racconta e intanto un collega olandese ci rivela un piccolo aneddoto che dà la misura della fiducia con cui Dylan Van Baarle ha sbranato gli ultimi chilometri della Roubaix.

Alla Vuelta dello scorso anno Dylan era caduto, riportando una piccola frattura dell’anca. Il mondiale per lui era finito prima ancora di cominciare, invece per qualche strano motivo, Moerenhout ha iniziato a dirgli di crederci. A due settimane dal mondiale, Van Baarle non riusciva neppure a camminare e alla fine quella medaglia d’argento si è trasformata nel lasciapassare per una nuova vita.

Van Baarle ha tagliato il traguardo con 1’47” su Van Aert. Nel 2021 era finito fuori tempo massimo
Van Baarle ha tagliato il traguardo con 1’47” su Van Aert. Nel 2021 era finito fuori tempo massimo

«Sto ancora realizzando quello che mi è successo – dice – quando sono entrato nel velodromo, mi sono voltato per controllare che fosse tutto vero. Gli ultimi metri sono stati super speciali, ma non sapevo se fidarmi della radio. Ti dicono i distacchi, ma non volevo festeggiare troppo presto. Io non ero mai entrato per primo in un velodromo, semmai per ultimo. L’anno scorso sono finito fuori tempo massimo. Poi ho visto Dave sulla riga (David Brailsford, general manager di Ineos Grenadiers, ndr) e ho capito che era vero. Non so descrivere quello che mi è successo. Quasi non so (sorride, ndr) cosa ci faccia questa pietra davanti alla mia faccia».

Mentalità speciale

Le labbra sottili, lo sguardo fisso che in certi momenti trasogna. Un metro e 87 per 78 chili, il perfetto tipo da Roubaix. L’accenno di pizzetto e la calma nel raccontarsi. Ritirato dalla Vuelta per la caduta di cui abbiamo detto. Secondo al mondiale di Leuven. Fuori tempo nella Roubaix di Colbrelli. Quest’anno, secondo al Fiandre e primo alla Roubaix. Quando nella testa scatta l’interruttore giusto, davvero non ci sono limiti.

«Potrei scrivere un libro sulla mia mente – dice – quello che mi viene in mente di dire adesso è che su quello scatto di fiducia ho costruito il mio inverno. Serve una mentalità speciale per entrare bene nelle corse, il ciclismo è cambiato molto negli ultimi due anni. Ora si attacca da lontano per fare la corsa dura e mettere i rivali sulle ginocchia per quando si farà la vera selezione. E questo modo di fare è diventato il mio punto forte. Quando ho capito che avrei potuto attaccare, Ben Turner è venuto a dirmi che lui era completamente vuoto, mi ha passato un gel e ha fatto l’ultima tirata perché potessi tornare davanti».

Ganna ha ottenuto il 35° posto, con la sensazione che la squadra lo abbia un po’ abbandonato
Ganna ha ottenuto il 35° posto, con la sensazione che la squadra lo abbia un po’ abbandonato

Il setup vincente

Il Team Ineos ha fatto la corsa dura dal secondo settore di pavé. La vittoria ora fa passare tutto in secondo piano, ma certo vedere Ganna abbandonato dai compagni mentre era alle prese con una foratura e poi con un salto di catena sarebbe parsa una nota stonata, se Van Baarle non avesse vinto.

«Cercavamo la grande vittoria nelle corse del pavé – dice – Thomas ci era arrivato vicino, Moscon ce l’aveva quasi fatta. Quest’inverno abbiamo provato i materiali e ormai abbiamo un setup all’altezza dei team migliori e questo fa la differenza per competere al massimo. Abbiamo iniziato a crederci e questo è quello che è successo. Intendiamoci, se posso scegliere tra l’asfalto e il pavé, scelgo l’asfalto. Ma adesso so che posso muovermi bene anche sui sassi. Ho deciso di attaccare prima dell’Arbre, a capo di una giornata in cui non c’era qualcuno da guardare in particolare. In una Roubaix così veloce, era importante essere nel posto giusto, senza guardare nessuno».

Per tutta la durata della conferenza stampa, Van Baarle non ha mai neanche guardato il sasso della Roubaix
Per tutta la durata della conferenza stampa, Van Baarle non ha mai neanche guardato il sasso della Roubaix

Malinconia Van Aert

L’ultima battuta è per la pietra, che per tutto il tempo della conferenza stampa non ha mai guardato né toccato, quasi in segno di rispetto. Invece adesso si ferma. Ci poggia sopra una mano e fa un sorriso da bambino felice.

«Non ho ancora pensato a dove la metterò – ammette – ma visto che a Leven non mi hanno dato nessun trofeo, devo trovare il modo di sistemarla vicino alla mia medaglia d’argento. Forse dovrò comprare un tavolo apposta».

Mentre si alza, incrocia Van Aert che sopraggiunge. Un saluto fugace, una punta di malinconia e poi un sorriso nello sguardo del belga. Van Baarle ha vinto la Roubaix, ma nella conta dei secondi posti – lui non ne sarà certo contento – il belga è davvero imbattibile.

Balsamo: «Benvenuto 2022, ma che bello il 2021!»

01.01.2022
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L’ultimo dell’anno, Elisa Balsamo l’ha passato sulla neve di Ponte di Legno. Il 2021 farà fatica a dimenticarlo. Non tanto per come era partito, ma sicuramente per come si è concluso. La vittoria di Leuven ha portato tutto con sé, trascinando via lo stress dell’avvicinamento alle Olimpiadi e quei giorni di tensioni conclusi con la rovinosa caduta nell’Omnium mentre un’egiziana le passava sopra.

Elisa ha trascorso l’ultimo dell’anno sulla neve: giornata perfetta!
Elisa ha trascorso l’ultimo dell’anno sulla neve: giornata perfetta!

Guardare avanti

La voce è squillante, le compagne di squadra e gli amici di sempre le hanno regalato una bellissima festa alla fine di novembre. E soltanto il… contatto sbagliato le ha impedito per precauzione di prendere parte al ritiro di dicembre della Trek-Segafredo.

«Avrò modo di rifarmi a gennaio – dice con una risata la piemontese, in apertura nella foto Trek-Segafredo – ma di sicuro è stato un anno più che positivo, soprattutto nella seconda parte. Non potevo chiedere di più. Certo, forse le Olimpiadi, ma nello sport ci insegnano che alla fine bisogna mandare giù e guardare avanti. E’ stato un anno molto impegnativo, in cui ho imparato tanto anche su me stessa…».

Nell’Omnium di Tokyo, la caduta che l’ha tagliata fuori dai giochi, da cui però è partita la riscossa
Nell’Omnium di Tokyo, la caduta che l’ha tagliata fuori dai giochi, da cui però è partita la riscossa

Il Giro e il Tour

La Trek-Segafredo l’avrebbe accolta con una bici nuova e bellissima e con raffiche di scatti fotografici per celebrare l’arrivo della campionessa del mondo, ma è rimasto tutto nel container.

«Della squadra – dice – mi sono fatto una bellissima idea. La prima percezione è quella di un ambiente molto professionale. Però nonostante la grande organizzazione, ho visto molta umanità. Nel modo in cui ci trattano e per come abbiamo parlato dei programmi. Inizierò a Valencia con una corsa a tappe, poi andrò al Nord per tutte le classiche, quindi farò Giro e Tour».

Alla presentazione del Tour, Balsamo con il collega iridato Alaphilippe e Pogacar
Alla presentazione del Tour, Balsamo con il collega iridato Alaphilippe e Pogacar

Il tetto del mondo

Sentiamo risuonare le parole di Elisa Longo Borghini prima e di Marta Bastianelli poi. Il ciclismo delle ragazze sta scalando la montagna. La fatica e le rivendicazioni delle ragazze di ieri hanno aperto la porta del WorldTour, del professionismo, della Roubaix e adesso del Tour. Ed Elisa è pronta per marciare nel futuro.

«Condivido le parole di Elisa e di Marta – conferma – stiamo lottando per raggiungere il professionismo a 360 gradi. I cambiamenti stanno arrivando e fa decisamente effetto pensare che correremo il Tour de France. Siamo cresciuti tutti guardandolo in televisione e pensare di partire da Parigi è davvero emozionante…».

Grinta Balsamo: vittoria in maglia iridata con le insegne Valcar nell’ultima tappa del The Women’s Tour
Vittoria in maglia iridata con le insegne Valcar al The Women’s Tour

Iride e Valcar

Dovrà farlo, come anche Alaphilippe, con la maglia iridata sulle spalle: una compagnia sicuramente squillante e importante, che ha già sperimentato nelle ultime settimane con la Valcar-Travel & Service.

«Non è una maglia semplice – ammette – ma se sei circondata dalle persone giuste, riesci a conviverci bene. La Valcar è stata l’ambiente ideale per questo debutto, la consiglierei a qualsiasi ragazza voglia debuttare nel ciclismo. Per me sono stati una seconda famiglia, in cui sono maturata poco per volta, lavorando bene, crescendo insieme. Parecchie ragazze sono partite verso team WorldTour, perciò vedo due strade. Potrebbero salire anche loro nel WorldTour, oppure diventare una squadra di crescita per le giovani. La categoria under 23 sta per nascere e avere la squadra giusta sarebbe fondamentale».

Primo gennaio, si possono mostrare le nuove immagini (foto Trek-Segafredo)
Primo gennaio, si possono mostrare le nuove immagini (foto Trek-Segafredo)

Natale in famiglia, l’ultimo dell’anno sulla neve. A 23 anni, questa ragazza ha già milioni di storie da raccontare, ma il bello è che mantiene il sorriso e lo sguardo di quando, ancora ragazzina, si affacciava sul grande mondo. E a pensarci bene, al di là dello spunto veloce e della lucidità in gara, sarà proprio questa normalità a portarla lontano.

Con un padre così, che Backstedt ti aspettavi?

07.11.2021
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Lei vinceva il mondiale di Leuven e intanto suo padre Magnus Backstedt nella postazione di Eurosport piangeva. Il vincitore della Roubaix 2004 e di una tappa al Tour di colpo aveva smesso di parlare, lasciando il microfono a Marty, compagno di tante telecronache.

«E’ un momento di grandissimo orgoglio – queste le sue parole dopo un silenzio durato quanto l’ultimo chilometro – ho le lacrime che mi scendono sul viso commentando questo giorno e guardando queste immagini. Zoe ha quel cambio di ritmo su cui si allena così tanto ed è naturalmente molto dotata. Non appena riesce a scattare… guardatela quanto è emozionata…».

I ricordi di Leuven 2021 tornano a galla mentre Zoe Backstedt l’ha fatto nuovamente ieri agli europei di ciclocross, categorie donne junior, lasciandosi indietro l’olandese Bentveld per più di un minuto.

Storia di Elynor e Zoe

In realtà le figlie del gigante svedese sono due ed entrambe fortissime. Nel 2019 hanno vinto entrambe la Gand-Wevelgem di categoria: Elynor quella under 19, Zoe fra le under 17. Solo che mentre la più piccola quest’anno si è impadronita della scena, la più grande Elynor ha vissuto un anno di adattamento alla categoria elite con la maglia Trek-Segafredo, dopo aver perso tutto il 2020 per una frattura alla gamba rimediata a maggio. Andava in mountain bike con suo padre nei dintorni di Cardiff, è caduta e ha sentito il crac. Non è servito l’intervento, ma alcune settimane di stop assoluto e, complice il Covid, addio stagione.

Elynor ha un ruolo molto importante per Zoe: le due sorelle Backstedt hanno tre anni di differenza, ma sono unitissime. In una famiglia così l’argento magari non fa notizia, ma poco prima di vincere l’oro di Leuven, Zoe ha conquistato l’argento della crono iridata a Bruges. Ma non era affatto sicura di farcela.

«Mi ha ancora convinto mia sorella – ha raccontato nella conferenza stampa – parlare con lei nell’ultima settimana ha davvero calmato i miei nervi in gara. Essere in grado di parlare con lei e avere una voce amichevole aiuta davvero. Ha più esperienza di me, quindi posso chiederle ogni cosa. Ad esempio quanto sia difficile scendere la rampa di partenza e quanto spingere nei primi metri di gara…».

Come su strada a Leuven, una sua azione da lontano ha premiato Zoe Backstedt
Come su strada a Leuven, una sua azione da lontano ha premiato Zoe Backstedt

C’è anche la mamma

Quindi, riepilogando: un padre ex campione, due figlie che promettono di diventarlo e anche la mamma non è immune dal… vizietto della bici. Megan Huges infatti ha corso per quattro stagioni fra le elite fra il 1996 e il 2000, vincendo il titolo nazionale britannico nel 1998. Non un grande palmares, probabilmente in casa le toccherà abbassare lo sguardo, ma si capisce benissimo come mai le trasferte e lo stile di vita imposto dal ciclismo non siano assolutamente un peso per la famiglia che risiede a Pontyclun, nel Galles sud-orientale.

«Per anni è stato un po’ un incubo logistico – racconta il capostipite – ma abbiamo fatto tutto ciò che serve alle ragazze per inseguire i loro sogni. Ovviamente amano il ciclismo e farne parte. Ma in genere non siamo una famiglia da divano e televisione. Ci piace lo stile di vita frenetico. Avevo 12 anni quando ho iniziato ad andare in bicicletta. Un mio amico mi chiese di seguirlo e io andai. Mi ci vollero tre mesi per diventare campione nazionale. Elynor voleva una bici da corsa quando aveva quattro anni. Il club locale stava tenendo una sessione per imparare a usarla e abbiamo deciso di portarla per vedere se le piaceva. Ci sono voluti un paio di mesi prima che gareggiasse in alcune competizioni minori e da allora non ha più perso tempo».

Paura del traffico

Poi è arrivata Zoe, più piccola, ma con qualcosa nello sguardo che ha fatto capire ai genitori che ci fosse un’altra atleta in arrivo. 

«A 16 anni, Elynor si allenava sei o sette giorni alla settimana. Zoe invece ne aveva 13 e andava in bicicletta solo quando aveva voglia. Le giornate erano fatte di scuola e bici, magari facendo i compiti nell’itinerario fino al velodromo, per essere poi pronte a partire in bici». 

Eppure la famiglia ha vissuto anche momenti poco felici, come la collisione con un’auto che nel 2017 ha coinvolto le ragazze. Da quel giorno, con Elynor costretta a interrompere gli allenamenti per otto settimane a marzo a causa di una commozione cerebrale, gli automobilisti negligenti sono diventati una preoccupazione, al punto che a volte Magnus e Megan si organizzavano a turni per seguirle.

«Sono uscito a lungo con le ragazze – ha raccontato Magnus – se sono a casa lo faccio ancora. Ci sono un sacco di auto sulla strada e automobilisti che guidano come matti. La gente sembra avere sempre meno pazienza con i ciclisti e tutti si infilano appena vedono il varco. Per noi è ancora una grande preoccupazione».

Nel 2004 lo svedese correva nella piccola Alessio di Flavio Miozzo: altri tempi, prima del WorldTour
Nel 2004 lo svedese correva nella piccola Alessio di Flavio Miozzo: altri tempi, prima del WorldTour

Una coppia esplosiva

Si suole attribuire il primo lampo della grandezza delle sorelle Backstedt a una gara in pista svoltasi a Newport, dove Magnus gestisce un centro di allenamento, proprio nel 2017 dopo l’incidente, le difficoltà e le paure. 

Gareggiando contro ragazze di quattro anni più grandi, Zoe divenne campionessa della corsa a punti giovanile, battendo la sorella maggiore nella volata per l’oro.

«Si aiutano a vicenda per fare bene – ha raccontato Magnus – Elynor ha pianto non per il secondo posto, ma perché era felice per Zoe. C’è un po’ di rivalità e giustamente, ma si spronano a vicenda. Ed è incredibile che le ragazze amino così tanto ciò che la loro madre ed io abbiamo amato per tutta la vita. La parte più difficile adesso l’abbiamo noi quando diventiamo nervosi, perché vogliamo che facciano sempre il meglio, soprattutto se una ci riesce e l’altra no».

Alé sogni di gloria: europeo, mondiale e Roubaix in 21 giorni

16.10.2021
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Prima Colbrelli, a Trento con l’europeo. Poi è toccato a Julian Alaphilippe a Leuven conquistare per la seconda volta consecutiva l’iride mondiale. La settimana successiva sulle pietre e nel fango di Roubaix ci ha pensato ancora Sonny Colbrelli a chiudere tre settimane (sì, tutto in appena tre settimane!) davvero esaltanti per Alé.

Il brand d’abbigliamento veronese specializzato nella produzione di capi specifici per il ciclismo ha così “raccolto” in appena 21 giorni un’impressionante sequenza di vittorie prestigiose. E l’occasione è stata propizia per mettere letteralmente sotto i riflettori le valenze ed i dettagli della collezione top di gamma PR-S…

Alé veste la nazionale francese dal 2014, con loro i transalpini hanno conquistato due mondiali pro’ su strada, entrambi con Alaphilippe
Alé veste la nazionale francese dal 2014

Dai pro’, per tutti

Abbiamo colto l’occasione di scambiare qualche battuta con Alessia Piccolo, che di Alé è il direttore generale, così da approfondire ulteriormente il significato di queste vittorie. La chiacchierata ci è stata utile anche per capire meglio quanto e come il rapporto con alcuni dei corridori professionisti di vertice possa poi rappresentare un vero e proprio “capitale” da trasferire ai capi e alle collezioni riservate al mondo degli amatori.

Allora Alessia, partiamo dal rapporto con la Federazione francese…

Un legame del quale siamo davvero felici ed orgogliosi! Siamo dal 2014 il fornitore ufficiale dell’abbigliamento per tutte le nazionali transalpine: dalla strada alla pista, dal cross alla Mtb. E lo saremo ancora a lungo, considerando che il nostro contratto scadrà nell’anno olimpico 2024. Tra l’altro le Olimpiadi che si svolgeranno a Parigi…

Alé continuerà a vestire la nazionale francese fino alla prossima Olimpiade, quella di Parigi 2024
Alé continuerà a vestire la nazionale francese fino alla prossima Olimpiade, quella di Parigi 2024
Com’è gestire un partner dello spessore di una Federazione? E non certo una qualsiasi…

La collaborazione con la FFC (Fédération Francaise de Cyclisme) ci aiuta tantissimo. In modo particolare lavoriamo tantissimo per quanto riguarda lo sviluppo dei body, per la pista ma non solo. Il nostro è un lavoro principalmente focalizzato sullo sviluppo dei materiali e sull’aerodinamica. E da questo punto di vista non vi nascondo che la Federazione Francese è davvero molto, molto avanti.

A Leuven il bis di Alaphilippe

«Per la Francia in generale e per Alaphilippe in particolare – prosegue Piccolo – vi confesso che abbiamo sempre avuto un debole. Julian ha corso i due mondiali, quello di Imola 2020 e quello di quest’anno, indossando il nostro completo top di gamma della collezione PR-S (Pro Race System). Gli stessi identici capi che qualsiasi amatore può vestire ed utilizzare sulla propria bici e questo è per noi un passaggio fondamentale. La stessa qualità che offriamo ai pro la vogliamo riservare ai nostri clienti: senza nessun compromesso!».

La proverbiale vestibilità della gamma deriva da un approfondito studio della posizione del ciclista in corsa. Grazie al body mapping è possibile studiare approfonditamente molti dettagli: l’analisi dell’aerodinamica, quella del comfort, della ventilazione.

«Con l’adozione di tagli ridotti all’essenziale ricorrendo poi a cuciture piatte – spiega – possiamo offrire a chiunque una maglia e un pantaloncino curato in ogni minimo dettaglio. Non a caso la nostra maglia Alé x l’Equipe de France è disponibile in versione replica presso i migliori e-tailer e negozi di ciclismo».

Alé veste la Bahrain Victorius del campione europeo Sonny Colbrelli, che ha conquistato anche la Parigi-Roubaix
Alé veste la Bahrain Victorius di Sonny Colbrelli, che ha conquistato anche la Roubaix

Dopo il mondiale, ancora Colbrelli

Dopo 22 anni un italiano è tornato a trionfare sulle pietre dell’Inferno del Nord e lo ha fatto vestito da Alè. «In teoria con una tripla maglia – sorride orgogliosa Piccolo – quella di campione italiano, quella di campione europeo e poi quella di club: il team Bahrain-Victorious del quale siamo partner. Sonny, che alla Roubaix oltre alla linea PR-S ha esaltato la nostra collezione Klimatik, ideale per i primi freddi, ma al tempo stesso altamente traspirante, è arrivato sul traguardo interamente coperto di fango con un unico logo visibile: quello Alé presente sul palmo dei guantini alzati in segno di vittoria!».

Alé Cycling

Gazzoli: a Leuven per riscattare un anno complicato

28.09.2021
4 min
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Michele Gazzoli lo abbiamo visto festeggiare con le braccia alzate sul traguardo di Leuven (foto di apertura) la conquista della maglia iridata di Filippo Baroncini. Un successo di squadra, coronato anche dalla vittoria della Coppa delle nazioni da parte degli azzurri. In questi anni ha corso sulle strade di tutta Europa con la maglia del Team Colpack Ballan. Con la squadra bergamasca ha conquistato anche il prestigiosissimo Gran Premio Liberazione, il 25 aprile a Roma.

Una stagione di alti e bassi ma con un finale in crescendo, tanto da convincere il cittì Amadori a convocarlo per Leuven. Ora un Giro di Sicilia per assaporare quel ciclismo dei grandi e per aprirsi una finestra sul futuro, anche recente. Conosciamo insieme il corridore bresciano classe 1999.

Michele Gazzoli in azione al Memorial Pantani, rifinitura prima del mondiale
Michele Gazzoli in azione al Memorial Pantani, rifinitura prima del mondiale
Un mondiale ricco di emozioni, cosa si prova?

Le emozioni non riesco ancora a descriverle a parole, c’è semplicemente una gioia immensa per la vittoria di “Baro” (Filippo Baroncini, ndr). Sono un po’ meno contento per come ho gestito la volata del gruppo, avremmo potuto fare primo e secondo. Invece sono partito ai 400 metri con uno sprint impossibile da portare a termine.

Una dolce delusione.

Sì certamente, l’obiettivo principale era quello di portare a casa la maglia iridata con Filippo. Tutto quello che sarebbe arrivato dopo sarebbe stato un di più. Un po’ mi spiace perché me lo sarei meritato, anche per le sfortune avute all’inizio di quest’anno.

Cosa ti è successo?

Tante cose. Il 2 gennaio ho preso il Covid ed ho saltato le prime due settimane di preparazione perdendo un primo blocco di lavoro importante. Appena ripresa la bici ho avuto un’infiammazione al ginocchio che mi ha tenuto ai box dal 21 gennaio all’8 febbraio.

Michele Gazzoli e Filippo Baroncini si abbracciano felici dopo l’arrivo di venerdì
Michele Gazzoli e Filippo Baroncini si abbracciano felici dopo l’arrivo di venerdì
Il Covid ti ha destabilizzato molto?

Dovendo stare chiuso in casa ho perso giorni di allenamento preziosi, a gennaio mi sono allenato solo 3 giorni.

Ed invece l’infiammazione a cosa era dovuta?

Probabilmente ho spinto troppo appena risalito in sella per la smania di recuperare la forma il prima possibile. Un errore dovuto alla troppa voglia di correre e fare bene, ma non è finita qui.

C’è dell’altro?

Purtroppo, sì. Il 3 il 7 e l’11 marzo ho corso in Croazia. Proprio all’Istrian Spring Trophy sono caduto. Nulla di grave ma ho perso altri giorni di allenamento, alla fine la mia stagione è iniziata il 21 marzo, il primo giorno di primavera.

Un mese dopo hai vinto il GP Liberazione, hai lavorato bene per prepararlo?

Liberazione di nome e di fatto. Avendo fatto un inverno “strano” avevo una condizione che mi permetteva di fare bene una gara ma non avevo continuità. Diciamo che avevo una condizione ad intermittenza quindi mettevo il focus su un obiettivo sapendo che negli appuntamenti successivi non sarei stato competitivo.

Sei comunque riuscito a far parte della spedizione mondiale, il cittì Amadori crede molto in te?

Abbiamo iniziato a preparare l’appuntamento di quest’anno la scorsa stagione appena abbiamo capito che non avremmo corso ad Imola. Marino (Amadori, ndr) crede molto in me ma soprattutto nel gruppo: sarei stato il primo a tirarmi indietro se non mi fossi sentito pronto. Invece nei due mesi prima del mondiale la mia condizione è cresciuta, negli appuntamenti di preparazione stavo sempre meglio (ha corso la Coppa Sabatini ed il Memorial Pantani, ndr).

Il percorso di preparazione al mondiale di Leuven è iniziato già la scorsa stagione dopo la cancellazione del mondiale U23
Il percorso di preparazione al mondiale di Leuven è iniziato già la scorsa stagione dopo la cancellazione del mondiale U23
Cosa ti porti a casa da questa esperienza?

La bellezza di correre con la maglia azzurra ma anche l’aver visto da vicino grandi campioni, uno su tutti Sonny Colbrelli. Mi ispiro molto a lui, anche come modo di correre credo siamo abbastanza simili, lo conosco molto bene.

Come mai lo conosci bene?

Il nostro punto di contatto è stato il procuratore in comune, ci alleniamo spesso insieme quando vado sul lago di Garda. Imparo tanto da campioni come lui, anche solo ascoltarlo quando descrive i percorsi o parla di ciclismo.

Gli hai chiesto qualche consiglio in questa settimana particolare?

Ho visto come gestisce la tensione e come cura l’avvicinamento alle gare. Da lui ho imparato molto anche sull’alimentazione, è un po’ il mio mentore. Capita che ci alleniamo spesso insieme.

A proposito di campioni, l’anno prossimo cosa farai?

A giugno ho già siglato un contratto con una squadra WorldTour, ma non posso dire il nome perché lascio a loro la prima parola e l’annuncio.

Ti senti pronto per il grande salto? Anche dopo quest’anno così travagliato?

Sì, dopo aver concluso il quarto anno tra gli under 23 penso di aver chiuso un cerchio. Sarà difficile, ma penso di poter dire la mia, spero di ritagliarmi il mio spazio anche se sarà difficile. Poi comunque quando ti arriva la chiamata “dall’altra parte” è difficile dire no, solo il tempo potrà darmi ragione.

VDP Antwerpen 2021

Van Der Poel ai Mondiali? Sta progettando qualcosa…

15.09.2021
4 min
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Certe volte bisogna andare oltre il dolore, oltre i segnali che dà il proprio corpo, ma ciò comporta rischi e quindi la scelta è difficile. Una scelta che nelle prossime ore Mathieu Van Der Poel dovrà necessariamente fare: essere o non essere ai Mondiali di Leuven? Fino alla scorsa settimana molti si chiedevano che fine avesse fatto , praticamente scomparso dalla rovinosa caduta nella gara di Mtb dei Giochi Olimpici di Tokyo, poi l’iridato di ciclocross è ricomparso all’Antwerp Port Epic facendo la cosa che gli riesce meglio: vincere.

Un successo di peso, non tanto per il valore della gara quanto perché gli ha ridato fiducia per la sua presenza nella rassegna iridata: da tempo Van Der Poel è alle prese con dolori alla schiena e la sua presenza nella corsa belga era un test proprio per verificare le sue condizioni fisiche, interpretato come se fosse una grande classica: «Dovevo testarmi, dovevo capire – ha dichiarato al sito olandese Wielerflits – dovevo stressare la mia schiena al massimo per vedere a che punto sono in questo momento, ma la vittoria non ha sciolto tutti i miei dubbi».

VDP Tokyo 2021
L’ormai famosa caduta di Van Der Poel a Tokyo: tanto si è discusso del suo errore di guida in un passaggio tra i più tecnici
VDP Tokyo 2021
L’ormai famosa caduta di Van Der Poel a Tokyo: tanto si è discusso del suo errore di guida in un passaggio tra i più tecnici

Van der Poel e il mirino sulla Roubaix

Eppure il suo successo era stato “alla sua maniera”, con un attacco sul pavé (nella foto di apertura) al quale aveva retto solo il connazionale Taco Van Der Hoorn (Intermarché Wanty Gobert), battuto poi allo sprint. Il pavé, già, perché Van Der Poel ha messo da tempo nel suo mirino la straordinaria Parigi-Roubaix di ottobre, gli piacerebbe molto aggiungerla alla sua collezione considerandola ideale per le sue caratteristiche di corridore multidisciplinare, se non ci fosse quella schiena…

Le ore dopo la vittoria di Anversa non sono state le più piacevoli: i dolori sono aumentati, ma Van Der Poel continua ad allenarsi, e tanto. Nel weekend ha in programma altre due corse del calendario belga e per questo i suoi allenamenti sono saliti d’intensità: «Stiamo mettendo più qualità negli allenamenti – ha spiegato il suo diesse Christoph Roodhooft a Het Laaste Nieuws – d’altronde rispetto agli altri Mathieu ha meno ore e chilometri nelle gambe, ma è un gap che non possiamo recuperare ora. Io comunque, fossi nel cittì Koos Moerenhout, VDP lo convocherei, per poi decidere last minute».

VDP Alpecin 2021
Per VDP contratto rinnovato con l’Alpecin Fenix fino al 2025, pensando già a Parigi 2024
VDP Alpecin 2021
Per VDP contratto rinnovato con l’Alpecin Fenix fino al 2025, pensando già a Parigi 2024

Il bel ricordo di Ostenda…

Diciamo la verità: un altro avrebbe già gettato la spugna. I rischi come detto sono alti, anche perché l’origine dei dolori sembra essere stata identificata in un’ernia del disco con versamento di liquido fra due vertebre. Un problema che andrà comunque risolto il che significa che a qualcosa bisognerà rinunciare (la stagione di ciclocross?). Perché allora tanta perseveranza nel trascorrere ore in bici, soffrire nel vero senso della parola?

Al di là delle ambizioni dell’olandese nella Roubaix (che per chi soffre alla schiena non è certo la corsa ideale da affrontare…), a VDP punge vaghezza di tirare un altro scherzetto al suo eterno rivale Van Aert, sfidandolo sul suo terreno, ai Mondiali di Leuven del 26 settembre. In fin dei conti, quest’anno gli è già riuscito il colpo “in trasferta”, sgretolando le ambizioni del campione della Jumbo Visma ai Mondiali di ciclocross a Ostenda quand’era proprio Van Aert il favorito dopo le gare precedenti. Perché non fare lo stesso a Leuven?

VDP Ostenda 2021
Van der Poel e Van Aert ai Mondiali di ciclocross di Ostenda. Vinse l’olandese, ora vuole ripetersi su strada
VDP Ostenda 2021
Van der Poel e Van Aert ai Mondiali di ciclocross di Ostenda. Vinse l’olandese, ora vuole ripetersi su strada

Il sogno delle tre maglie

E’ anche vero però che non è un Mondiale semplice, conoscendo il suo percorso. Per questo Van der Poel si sta mettendo alla prova proprio in Belgio, su quelle strade: le due sfide del fine settimana (prima la Primus Classic, corsa del calendario Pro piuttosto impegnativa, poi il Gooikes Pijl più per velocisti) serviranno a mettere chilometri nelle gambe e capire come reagirà il corpo in impegni ravvicinati, ma VDP potrebbe allungare i suoi impegni agonistici fino a martedì, gareggiando nel GP Denain che ha una conformazione che più si avvicina alla Roubaix visto l’alto numero di chilometri sul pavé.

Intanto il figlio d’arte ha messo un punto al suo immediato futuro, rinnovando con l’Alpecin Fenix fino al 2025 chiudendo la porta a tutte le voci che lo davano in partenza per un team del World Tour. Nel team belga, al di là dell’aspetto economico, VDP ha la massima libertà nelle sue scelte e soprattutto appoggio in condizionato a quello che è il grande obiettivo della sua carriera: essere campione del mondo in tre discipline diverse. «Fino a Parigi 2024 è certo che continuerà a dividermi fra strada, ciclocross e Mtb, voglio essere il migliore dappertutto». Nessuno in campo maschile c’è riuscito, non così fra le donne, dove anzi la francese Pauline Ferrand Prevot ha saputo essere in possesso contemporaneamente di tutte e tre le maglie iridate.

Quasi 480 watt per seguire Remco. E ora rotta su Leuven

15.09.2021
4 min
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Ragionando sui mondiali di Leuven, racconta Paolo Artuso, avendo letto i dati sulla bici di Colbrelli, che nei 6 minuti di attacco selvaggio da parte di Evenepoel sulla salita di Povo agli europei, Sonny saliva a 470-480 watt.

«Era al limite – ammette il preparatore del Team Bahrain Victorious – anche se sono numeri che aveva già fatto al Tour. Aveva già fatto lo “sforzone” al terzultimo giro per rientrare nella scia dei francesi. Evenepoel ha impresso un cambio di intensità da metà salita, un’accelerazione lunghissima. Ma Sonny è rimasto con lui, è stato grande».

Sabatini nel mirino

Basta socchiudere gli occhi per rivedere la scena e provare ancora una volta il senso di esaltazione per la vittoria del campione italiano, mentre l’autostrada lo porta in Toscana dove oggi correrà il Giro di Toscana e domani la Coppa Sabatini. Nell’ammiraglia c’è già il casco un po’ tricolore e un po’ con i colori d’Europa, mentre alla bici stanno ancora pensando. Artuso pensa e racconta. E un po’ per curiosità e un po’ per scaramanzia, avendolo già fatto prima degli europei, gli chiediamo di spiegarci quale sarà ora il cammino di Colbrelli dall’europeo al mondiale.

«Nella settimana precedente Trento – sorride – abbiamo fatto poco, per recuperare il Benelux Tour. Quattro ore il giovedì, tre ore il venerdì. Le sensazioni non erano super, ma era normale visto l’affaticamento della corsa. I dati visti all’europeo sono stati gli stessi fatti al Benelux, la condizione era ancora ottima. Lunedì era stanco ed è stato bravo a non festeggiare. Perciò al Giro di Toscana correrà libero, senza alcun tipo di pressione. Mentre punteremo a qualcosa di più alla Coppa Sabatini. Poi ci saranno due giorni di recupero, quindi Memorial Pantani, Trofeo Matteotti e una fase di scarico come prima di Trento».

Rispetto all’europeo, a Leuven si correrà per 98,1 chilometri in più: cruciale l’alimentazione in gara
Rispetto all’europeo, a Leuven si correrà per 98,1 chilometri in più: cruciale l’alimentazione in gara
Lo schema sembra chiaro…

Non sappiamo quanto abbia effettivamente recuperato dopo gli europei, per questo non serve che al Giro di Toscana abbia addosso qualsiasi tipo di pressione. In ogni caso è un bene poter gestire l’avvicinamento al mondiale prevedendo delle corse, perché mettersi a progettare sedute di allenamento a fine stagione diventa pesante. In più gareggiando, si mette insieme la fatica giusta.

Al mondiale ci sarano due ore di corsa più che a Trento, Sonny sarà ugualmente forte?

Ci sarà sicuramente un diverso approccio tattico, dubito che ai mondiali partano a tutta come a Trento. Ma se ricordate anche il campionato italiano era lunghissimo e Sonny non ha avuto problemi di tenuta. Siamo al top, si tratta di rimanerci.

Che cosa farà la prossima settimana?

Molto dipende da come uscirà dal Matteotti, che correrà con la nazionale. Comunque direi che lunedì e martedì si farà recupero. Mercoledì si farà volume e giovedì prevedo una bella distanza con un po’ di lavoretti specifici.

Stando a quel che ha detto Cassani, giovedì saranno già a Leuven per provare il percorso.

Bisogna che giovedì si possa fare un bel lavoro, di 4-5 ore. Giovedì e non mercoledì oppure venerdì. Si guarderà il meteo, ma non vedo eccezioni.

Prima del via, anche a Leuven cercherà la giusta ispirazione
Prima del via, anche a Leuven cercherà la giusta ispirazione
Che tipo di… lavoretti dovrà fare?

Fuorigiri, un mix con salite di 10-15 minuti facendo lavori di forza e anaerobici, per tenere allenate quelle qualità. Come prima degli europei.

Il ginocchio sta bene?

E’ a posto, abbiamo fatto tanta terapia e credo che il prossimo inverno neanche servirà il piccolo intervento di cui si era parlato.

Il peso invece?

A posto anche quello, è bello concentrato. Bisognerà battere il ferro finché è caldo. Va forte dal Romandia ed è stato bravo a restare concentrato. Se avesse mollato quando non poteva allenarsi a Livigno, adesso saremmo a parlare d’altro. Ma Sonny è davvero un grande professionista, ha fatto tutto come andava fatto. Arriverà lassù veramente a posto.