Herzog e Morgado, gioielli appuntiti nella mani di Axel Merckx

11.10.2022
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E’ un po’ come se Pantani e Simoni si fossero ritrovati nella stessa squadra. Forse era l’unico modo per farli smettere di prendersi per i capelli. E lo stesso vale per Emil Herzog e Antonio Morgado. I due più forti juniores della stagione (senza dimenticare Vlad Van Mechelen) si ritroveranno fianco a fianco nella Hagens Berman Axeon di Axel Merckx. La squadra che tanto bene abbiamo conosciuto quest’anno al Giro under 23.

Entrambi infatti passano di categoria ed entrambi non intendono limitare le loro ambizioni. Ma di certo se in corsa se le sono date, come è stato anche a Wollongong, dovranno più spesso trovare il modo di darsi la mano, come hanno fatto sempre a Wollongong ma dopo l’arrivo. Una mano invece se la dovranno dare in gara.

Axel Merckx con Leo Hayter dopo l’impresa dell’inglese a Santa Caterina Valfurva che ha deciso il Giro U23
Axel Merckx con Leo Hayter dopo l’impresa dell’inglese a Santa Caterina Valfurva che ha deciso il Giro U23

Il lavoro di Axel

E’ di certo una bella sfida per Axel, ma il direttore sportivo belga ha mostrato un grande “savoir faire” con i suoi ragazzi. Sempre pacato, sempre tranquillo lo abbiamo potuto ammirare dal vivo come si comportava alla partenza e all’arrivo delle tappe del Giro U23. Alcune voci danno Merckx come team manager della nuova Lotto Soudal, che si chiamerà Lotto-Dstny. Ma per ora sono solo voci. E pertanto ragioniamo su ciò che è concreto.

Ma come potranno aiutarsi? Probabilmente un’idea Merckx già ce l’ha ed è quella di sfruttare, o meglio esaltare, le loro caratteristiche.

Più esplosivo e scalatore (che detta così potrebbe sembrare una contraddizione) il portoghese, più passista e resistente il tedesco.

E si è visto anche al mondiale. Morgado che esplode sulla salita, Herzog che lo riacciuffa in discesa. Entrambi sono comunque atleti davvero completi e che sembrano essere pronti per il salto tra gli under 23.

Magari con loro due in squadra, Merckx potrà correre da protagonista al Giro U23 o in altre corse a tappe rispetto a come ha fatto quest’anno, quando quel ruolo era nelle mani della Groupama-Fdj. Ciò nonostante si è portato a casa la maglia rosa con Leo Hayter.

Antonio Morgado e Emil Herzog sul rettilineo di Wollongong. primo il tedesco, secondo il portoghese
Antonio Morgado e Emil Herzog sul rettilineo di Wollongong. primo il tedesco, secondo il portoghese

Su Emil

Messo su carta, il lavoro con Emil Herzog potrebbe sembrare più facile, se non altro per affinità ambientali: climatiche e in senso stretto e culturali tra il mondo tedesco e quello belga del direttore sportivo. Ma in teoria questo non è un problema, visto che storicamente in questa squadra ci sono stati atleti di tante nazionalità differenti.

«Emil – ha detto Axel – è uno dei migliori corridori junior in circolazione. Penso che abbia avuto uno degli anni migliori nella categoria junior di sempre e non possiamo che essere entusiasti di averlo con noi.

«Ho parlato bene con Emil: ha capito che possiamo aiutarlo a progredire e questa consapevolezza è molto importante. È una grande speranza per il futuro e per ciò che è possibile».

Su Morgado

C’è poi Antonio Morgado. Il portoghese è campione nazionale. Il suo profilo ricorda molto quello di un altro portoghese che da qualche anno conosciamo bene: Joao Almeida. Non è la prima volta che Axel e il suo staff vanno a pescare da quelle parti. Anzi…

«Antonio ha ottenuto grandi risultati sia a livello nazionale che internazionale. E’ molto aggressivo quando corre (e il Lunigiana insegna, ndr) e i suoi risultati lo dimostrano. Non vediamo l’ora di aiutarlo a fare il prossimo passo nel calendario internazionale degli under 23».

Per entrambi quindi non c’è che iniziare a lavorare, ma come? O meglio: ma quanto? L’unica incognita che versa su quanto Axel, e il suo collega, l’ex pro’ Koos Moerenhout, è il tempo.

Sembra infatti che Morgado abbia già in pugno un contratto con la UAE Emirates per il 2024 e che Ralph Denk , il team manager della Bora-Hansgrohe, rivoglia al più presto il suo atleta. Scriviamo rivoglia in quanto la Auto Eder, la squadra juniores di Herzog, è la filiera giovanile della Bora.

Ecco la Rayer, talento francese dal carattere molto particolare

04.10.2022
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A Wollongong la gara femminile junior si è chiusa da poco tempo. Eglantine Rayer, arrivata seconda, è già in sala stampa, almeno in questo ha preceduto (e non di poco) la dominatrice Zoe Backstedt. Le chiedono di accomodarsi al tavolo delle intervistate e di anticipare la sua porzione di domande/risposte, ma lei non ne vuole sapere. Anzi si stizzisce anche un po’ per la richiesta che non segue il canone formale. Tra i giornalisti il suo fare un po’ sopra le righe stupisce. Evidentemente non sanno con chi hanno a che fare. Ma di certo lo avranno…

Da junior la Rayer ha vinto un argento mondiale, 1 oro e 2 podi europei e 3 titoli francesi (foto EglantinePhotoSport)
Da junior la Rayer ha vinto un argento mondiale, 1 oro e 2 podi europei e 3 titoli francesi (foto EglantinePhotoSport)

La rabbia contro i giudici Uec

La francesina è uno di quei classici casi dello sport dove il talento è direttamente proporzionale a un carattere che definire fumantino è un eufemismo. Nei suoi due anni da junior ha vinto tanto, praticamente il responso della gara australiana è l’esatta fotocopia dei valori in campo. Il Team DSM non se l’è fatta sfuggire e l’ha inserita già nel roster del prossimo anno, ma avranno certamente il loro bel daffare per imbrigliarla.

Una prova? Basta tornare indietro con la memoria solo di tre mesi, agli europei di Anadia. La transalpina di La Ferté-Macé arriva seconda nella crono, battuta per 45” dalla tedesca Justyna Czapla, ma quella che si presenta davanti ai giornalisti non è certo una ragazzina sorridente per la medaglia.

«Hanno controllato la mia bici tre volte – dice – me l’hanno data appena prima del via, neanche il tempo di assestarmi sulla sella. Sono partita che avevo le lacrime agli occhi per tanta rabbia, neanche ho acceso il misuratore di potenza. Devo dire grazie ai miei tecnici che hanno capito il mio stato d’animo e non mi hanno dato riferimenti sulle avversarie, sapere che ero dietro per colpa dei giudici mi avrebbe dato la mazzata finale…».

Fortissima a cronometro, ma il percorso in Australia l’ha penalizzata, anche a causa del jet-lag
Fortissima a cronometro, ma il percorso in Australia l’ha penalizzata, anche a causa del jet-lag

La beffa di Wollongong

Nel racconto abbiamo omesso tutte le colorite espressioni che infarcivano le sue parole. Eglantine è così, prendere o lasciare, ma questo si traduce anche in una malizia che porta risultati, perché legge la corsa in una maniera tutta sua. Magari non proprio ortodossa, ma i risultati le danno ragione e a conti fatti una squadra a quello guarda. Molto di questo lo si desume dal suo racconto in prima persona della gara mondiale.

La Backstedt come noto è andata via praticamente appena iniziata la gara. Si è capito presto che si lottava per l’argento e la Rayer non si è persa d’animo.

«Quando dopo il tratto di pianura mi hanno detto il vantaggio della britannica – ha spiegato – quasi mi mettevo a ridere… La Vinke è partita con altre due, ma ho rimediato, poi ci siamo trovate da sole io e lei, tra l’altro dal prossimo anno saremo compagne di squadra. Io avevo dato tutto, Niemke mi ha chiesto di darle il cambio ma io non ne avevo. Una vocina da dentro però mi diceva di partire da dietro, di onorare le compagne di nazionale che avevano lavorato per me. Ho fatto lo sprint e non me ne pento…». L’olandese non ha recriminato, ma certo è un comportamento che fa pensare.

Vinke beffata, la francese è argento a Wollongong. Nata il 12 giugno 2004, nel 2023 correrà nel Team Dsm
Vinke beffata, la francese è argento a Wollongong. Nata il 12 giugno 2004, nel 2023 correrà nel Team Dsm

Il trucchetto di Anadia

Un comportamento al quale la 18enne transalpina non è nuova e le nostre Ciabocco e Venturelli lo sanno bene. Torniamo allora ad Anadia, per la gara continentale in linea: la corsa si è messa bene per i nostri colori con le due azzurre in fuga insieme alla transalpina, due contro uno.

«Sapevo che le italiane sono fortissime – ha raccontato – e pensavo che si sarebbero giocate la carta dello sprint, ma poi hanno cominciato a chiedermi dei cambi e ho iniziato a riflettere. Un paio ne ho dati, poi ho detto loro che non collaboravo perché aspettavo il ritorno della Ménage che era la nostra velocista, così non ho tirato più. Tutte energie che mi sono venute utili alla fine».

La vittoria di Anadia, con Ciabocco e Venturelli in fila alle sue spalle (foto Uec)
La vittoria di Anadia, con Ciabocco e Venturelli in fila alle sue spalle (foto Uec)

Sarà la nuova Longo?

In Francia parlano di lei come della nuova Longo e c’è un fattore che potrebbe anche ricordare l’anziana e mai doma campionessa (ancora oggi capace di vincere il titolo mondiale Master nella sua categoria): il fatto che pratica più discipline, tra strada, ciclocross e pista. Ha iniziato a 11 anni, seguendo le orme del fratello.

«Inizialmente neanche mi interessava tanto – ha raccontato – ma più che altro avevo paura a farmi avanti perché avrebbero pensato che volevo copiarlo… Un giorno però il presidente del suo club ha detto che aveva bisogno di una ragazza per completare la squadra, così mi sono fatta avanti. Devo dire grazie a mio fratello se sono arrivata qui».

Il suo sogno è primeggiare nella gara di casa, il Tour de France appena nato, proprio come faceva la mitica Jeannie. E considerando il suo caratterino, è probabile che ci arriverà.

Savino in Belgio per crescere sulle orme di Remco

29.09.2022
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Anche Federico Savino, uno degli juniores azzurri a Wollongong (in apertura con il compagno Conforti, foto Valerio Pagni), farà la valigia e andrà a correre all’estero. Destinazione Belgio, nella Soudal-Quickstep Devo Team, vivaio del team WorldTour di Lefevere. La decisione è stata presa il primo agosto, quando il toscano della Work Service-Speedy Bike aveva già vinto la tappa alla Corsa della Pace in maglia azzurra.

Aggancio Bramati

A raccontarci la scelta e gli argomenti che l’hanno determinata è Massimiliano Mori, agente di Savino ed ex professionista, cui a precisa domanda su cosa volesse fare da grande, il corridore espresse direttamente la volontà di andare all’estero.

«Quando ci siamo conosciuti – racconta Mori – me lo disse chiaramente. Così gli chiesi in quale squadra gli sarebbe piaciuto andare. Si pensava alla Groupama, il Team DSM oppure la Jumbo. Siccome però ho Cattaneo alla Quick Step-Alpha Vinyl con Bramati e sapevo che anche loro avrebbero fatto un team di sviluppo, ho chiesto proprio a Davide. Lui mi ha confermato e poi mi ha chiesto se avessi un corridore buono. Io gli ho fatto il nome di Savino e lui lo conosceva. E’ nato tutto così».

Massimiliano Mori è stato pro’ dal 1996 al 2009. E’ stato iridato juniores della 70 km a squadre
Massimiliano Mori è stato pro’ dal 1996 al 2009. E’ stato iridato juniores della 70 km a squadre
Come è proseguita?

Ho parlato con Johan Molly che è un loro talent scout e con il direttore sportivo Kevin Hulsmans. La squadra c’era già anche prima, si chiamava Team Elevate p/b Home Solution Soenens. E quando Lefevere ha deciso fare un devo team della WorldTour, ha scelto di lavorare con loro. 

Secondo te è una buona soluzione? 

Il ragazzo è alto 1,92, va forte sul passo, ma si difende bene anche in salita. La Groupama era interessata, però la tiravano lunga. Lui mi diceva di aspettare, ma alla fine, quando gli ho fatto il nome della Quick Step, s’è deciso subito.

Pochi minuti prima del mondiale. Savino è alto 1,92: sulle strade del Nord potrebbe andare a nozze
Pochi minuti prima del mondiale. Savino è alto 1,92: sulle strade del Nord potrebbe andare a nozze
Nessun dubbio?

Al primo impatto mi ha chiesto se dovesse stare in Belgio, ma hanno risposto che finché ha la scuola, non sarà necessario. Lui abita a Pisa e il volo per Charleroi c’è tutti i giorni, per cui si sfrutterà questa cosa qui. Rimarrà a casa, ma magari se ci saranno tre corse ravvicinate, rimarrà in Belgio. Secondo loro tenere ragazzi italiani fissi in Belgio è un po’ dura. Per cui finirà la scuola e poi magari a giugno starà più tempo con la squadra. Non avrà problemi a organizzarsi.

Perché subito una squadra straniera?

Può darsi che ci sia la voglia di fare esperienze che in Italia forse farebbe di meno, ma in realtà ha detto di voler andare perché pensa che sia importante per la crescita. Io devo cercare di accontentare i corridori, naturalmente non penso che sia obbligatorio andare all’estero. In Italia aveva parecchie richieste, lo volevano un po’ tutti, ma ha scelto così.

Belletta con il 21, Savino con il 22, Scalco con il 24 alla firma dei campionati del mondo
Belletta con il 21, Savino con il 22 alla firma dei campionati del mondo
Ai belgi sta bene che faccia anche pista?

Non lo so se ci punterà ancora. Questo è un pensiero mio: da quello che ho capito, forse la pista la accantonerà un po’. Agli europei non ha fatto il quartetto e non gli va di fare la riserva. Però non ne abbiamo parlato troppo chiaramente, non so cosa pensi davvero.

La famiglia che ruolo ha avuto?

Ha fatto tutto lui, di testa sua. La famiglia ha chiesto a me informazioni, se fosse un percorso giusto. Io gli ho dato le mie spiegazioni e poi ho detto bisognerà provare. Penso che sia una scelta giusta, anche perché in certe squadre vorrebbero andarci tutti.

Savino volata 2022
Alla Corsa della Pace di maggio, Savino ha vinto la tappa di Terezin, battendo Kadlec
Savino volata 2022
Alla Corsa della Pace di maggio, Savino ha vinto la tappa di Terezin, battendo Kadlec
Hanno spiegato che tipo di attività gli proporranno?

Hanno spiegato prima a me che la squadra quest’anno ha fatto il Giro d’Italia e verranno ancora per il Piva e le altre internazionali in Veneto. Io a mia volta ho spiegato tutto a Federico. E quando lui ha detto di sì, c’è stata una telefonata a tre, in cui gli hanno ripetuto quello che già sapeva. Così non ha avuto tanti dubbi, è stata una decisione veloce. Abbiamo firmato per due anni.

Tu sei stato campione del mondo juniores, quanto è cambiato il mondo dei tempi tuoi?

Tantissimo, non c’è confronto. Io facevo parte della nazionale, correvo parecchio, però non mi sognavo assolutamente di passare diretto dagli juniores, nonostante sia passato anch’io abbastanza veloce per quei tempi, avendo fatto solo due anni da dilettante. A certe cose proprio non si pensava. Ci fu solo uno della mia età, Frank Vandenbroucke pure lui del 1974, che passò direttamente, ma non c’era questo pensiero. Savino non va in una squadra di professionisti, mentre Conforti, che seguo anche io, è andato con Reverberi. I ragazzi lo chiedono, perlomeno quelli più bravi. Il pensiero ce l’hanno. Savino invece ha ascoltato quello che gli ho detto.

Savino, secondo da destra dopo Belletta, ha corso a Wollongong, ma si è ritirato
Andrà in Belgio prima di fine stagione?

Hanno già fissato un incontro prima dell’inverno. Le misure della bici le hanno già, andarci servirà per conoscere un po’ l’ambiente. Federico parla un po’ di inglese, però sia Molly sia Hulsmans, che ha corso in Italia e parla molto bene l’italiano, hanno rassicurato che la lingua non sarà un problema. Tante cose sembrano un po’ strane, il ciclismo sta cambiando veloce e devi andare dietro ai ragazzi. Proporre quello che c’è in giro. Loro sono una squadra belga, ma il fatto che gli permettano di non andare su all’inizio è una buona cosa.

Cipollini, di nome Edoardo: cresce il nipote del Re Leone

27.09.2022
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Quando hai un cognome come quello di Edoardo Cipollini e corri in bicicletta, è un fardello pesante, perché vuoi o non vuoi tutti guardano a chi quel cognome lo ha portato prima e lo ha trasformato nel sinonimo di vincente. Lo sa bene Axel Merckx, corridore di vaglia (addirittura bronzo olimpico) e diesse oggi tra i più apprezzati, eppure schiacciato dal mostruoso curriculum del padre. Edoardo è il nipote di Mario (senza dimenticare suo padre Cesare, olimpico a Montreal 1976 nell’inseguimento a squadre) e con quel fardello sta imparando a convivere.

Appena 17 anni nella carta d’identità, nato a Camaiore ma residente a Lucca, Edoardo è al suo primo anno da junior e ogni gara è una scoperta. Si potrebbe pensare che sia arrivato alla bici sulle orme dei parenti, ma non è propriamente così.

«Mio padre per la sua attività e passione – racconta – mi portava spesso alla Biciclette Poli, negozio che a Lucca è un’istituzione. Vidi una biciclettina e dissi che la volevo a tutti i costi, volevo pedalare anch’io. Così iniziai per gioco e per gioco mi feci da piccolissimo tutto il giro delle mura di Lucca, oltre 4 chilometri. A quel punto mio padre m’iscrisse alle gare, già da G1».

Il 17enne Edoardo fra papà Cesare olimpico a Montreal ’76 e Ivano Fanini
Il 17enne Edoardo fra papà Cesare olimpico a Montreal ’76 e Ivano Fanini
Sapevi chi era stato tuo zio?

Da piccolo no, ma ricordo che tanti mi chiedevano, mi parlavano di lui. Io ero troppo piccolo per avere vissuto le sue gesta. Crescendo ho cominciato a cercare in rete, a guardare le sue immagini, mi sono visto centinaia di volte i video delle sue vittorie. Mi dicevano che era stato il miglior velocista di sempre, ora so il perché.

Che cosa dice Mario della tua attività?

Mi ha sempre detto di andarci piano. Mio zio non ha un carattere facile, difficile sentirgli fare qualche complimento. Ma col passare del tempo, mi ha detto che potrei fare qualcosa in questo mondo e per uno come lui che pesa tanto le parole, è davvero il massimo. Dice che i numeri ci sono, ma che c’è tanto da lavorare. Ci alleniamo spesso insieme e mi sta insegnando tanto, a cominciare dal guardare i watt e saperli valutare.

Edoardo Cipollini vince spesso allo sprint, ma ha caratteristiche diverse rispetto allo zio Mario
Edoardo Cipollini vince spesso allo sprint, ma ha caratteristiche diverse rispetto allo zio Mario
Quel cognome ti pesa?

Inizialmente sì, ma proprio con il suo aiuto mi ha fatto capire che non devo guardarci. Da piccolo un po’ lo subivo, non capivo bene perché ero sempre paragonato a lui e glielo dissi. Il confronto mi ha fatto molto bene.

Che rapporto avete?

Molto stretto. Mi insegna davvero tantissimo, inoltre mi ha fatto avere la bici e tutti gli accessori e cura molto la mia impostazione tecnica, ma non solo. Spesso mi porta con lui a vedere le gare e ne parliamo. Mi racconta tantissimi episodi della sua carriera, come si gestiva e come dovrò fare io nelle varie situazioni. Inoltre mi ha messo a disposizione la palestra che ha a casa perché grazie a lui sto imparando anche quanto contano tantissime cose non strettamente legate alla bici, dagli esercizi all’alimentazione. Non sapevo quanto gli esercizi fisici potessero influire sulla nostra attività.

Tu d’altronde essendo adolescente hai un fisico ancora in formazione…

Io sono alto 1,81 per 59 chilogrammi, sono molto diverso fisicamente da lui, ma anche lui mi dice che devo ancora crescere. Abbiamo comunque una struttura diversa e infatti anche come caratteristiche tecniche siamo diversi. Io sono veloce, faccio le volate ma ho meno potenza (in apertura foto da profilo Instagram), in compenso tengo bene anche in salita. Ad esempio sono giunto 4° alla Coppa d’Oro che è una gara dura. In volata riesco a raggiungere i 1.500 watt, così lotto alla pari anche con corridori di 70 chili, ma non credo che sarò mai uno sprinter puro.

Vittoria al GP Nogaré 2021 con la maglia di campione regionale Allievi (foto Remo Mosna)
Vittoria al GP Nogaré 2021 con la maglia di campione regionale Allievi (foto Remo Mosna)
Sono valori importanti ma in evoluzione.

Mario mi ha fatto fare diverse visite mediche, il risultato è che muscolarmente sono ancora molto infantile, devo lavorare soprattutto su quadricipiti e polpacci. Per questo la palestra è importante se fatta bene.

Guardando le gare di tuo zio e quelle del ciclismo attuale, noti differenze?

Molte. Il ciclismo di una volta era più umano, non è che passavi di categoria e già lottavi in volata con i più forti. Oggi vedi gente come De Lie che appena approdato fra gli elite li mette tutti in fila e lo stesso avviene con altri specialisti, basta guardare quel che ha fatto Ayuso alla Vuelta. Una volta dovevi fare più gavetta per emergere, ora bisogna farsi trovare subito pronti. Comunque i velocisti di oggi sono forti, ma non sono al livello di Mario o anche di Zabel.

Cipollini Sanremo 2002
La vittoria di Mario Cipollini alla Sanremo 2002, la classica più amata (foto Ansa)
Cipollini Sanremo 2002
La vittoria di Mario Cipollini alla Sanremo 2002, la classica più amata (foto Ansa)
Tuo zio ti racconta come ci si preparava?

Sì ed era molto diverso. Si usciva, si facevano distanze, si provava qualche azione. Oggi è tutta matematica: fai 10 minuti a questa velocità, poi 40” a tutta, poi… Devi seguire tabelle minuziosissime. Mio padre spesso mi dice che i tempi che si facevano nel quartetto sono quelli che si fanno ora, ma a livello individuale.

Quali sono le corse che un giorno vorresti vincere?

Mi piacciono la Liegi per le mie caratteristiche e la Strade Bianche, che secondo me dovrebbe essere la sesta Monumento. E poi c’è la Sanremo, che a casa nostra è “la” gara. Quel giorno non si muove foglia e non si parla d’altro…

Juniores: Herzog stronca Morgado. Scalco primo dei nostri

23.09.2022
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Chissà per quanto tempo Herzog e Morgado parleranno ancora dell’arrivo del mondiale juniores di Wollongong. I due infatti dal prossimo anno correranno insieme alla Hagens Berman Axeon di Axel Merckx: si conoscevano e non si fidavano l’uno dell’altro.

«Sapevo di essere più veloce – ha sorriso Herzog su una sedia della sala stampa – ma non mi fidavo e ho provato a staccarlo per essere tranquillo. Avrei preferito vincere con più margine per esserne sicuro. Invece non ho mai fatto uno sprint tanto tirato e incerto. Ancora non ci credo».

Il tedesco tanto atteso

Avevamo definito Emil Herzog il talento che i tedeschi aspettano da 20 anni. Il suo ruolino di marcia 2022 è notevole. Su 5 corse a tappe, ne ha vinte 4. Corre alla Auto Eder, vivaio della Bora Hansgrohe e al bottino di stagione vanno aggiunti due bronzi a crono: agli europei e qui ai mondiali.

Antonio Morgado di corse a tappe ne ha fatte 6, ne ha vinte 2 e per 3 volte è arrivato secondo. Fra le vittorie, ricordiamo il recente Giro della Lunigiana. Per questo nessuno si è stupito quando il portoghese ha attaccato all’inizio dell’ultimo giro e il tedesco si è messo in caccia sulla scalata rimasta di Mount Pleasant.

«Il mondiale era un obiettivo – racconta Morgado – ma sapendo di non essere il più veloce, ho provato ad arrivare da solo. Solo che Herzog è stato più forte. Quando mi ha preso, ci siamo detti di collaborare per andare insieme all’arrivo. Invece ha provato a staccarmi all’ultimo chilometro. Nonostante ciò, su quell’arrivo in pianura restava più veloce lui. Per questo ho provato a partire lungo, ma non c’è stato niente da fare».

Morgado, vincitore del Lunigiana, ha provato a prendersi il mondiale con la forza
Morgado, vincitore del Lunigiana, ha provato a prendersi il mondiale con la forza

A suo agio nella pioggia

Dopo aver vinto, Herzog ha continuato a urlare con le braccia larghe come Hulk. Nonostante le tante vittorie, è davvero parso lui il più incredulo per il risultato.

«Quando ho visto che Morgado era andato via – racconta – ho capito di dover chiudere da solo il buco. Appena l’ho preso, mi ha detto che aveva un principio di crampi, ma che ugualmente avrebbe fatto lo sprint. E’ partito lungo e sono subito scattato anche io e l’ho passato ai 15 metri. Mi piace quando piove, perché tutto diventa più tecnico. Si conquista vantaggio nelle discese e nelle curve».

Dopo l’arrivo Herzog era felicissimo, ma anche incredulo
Dopo l’arrivo Herzog era felicissimo, ma anche incredulo

Pesante per il Tour?

Nonostante tante vittorie e tanto talento, ma forse sapendo che è meglio essere cauti con programmi, sogni e promesse, quando gli chiediamo dove voglia arrivare, Herzog va cauto.

«Il mio sogno è vincere grandi corse – sorride – ma di certo non il Tour de France, perché sono troppo pesante (alto 1,83, per 74 chili, ndr). Penso alla Tirreno e semmai allo Svizzera, corse che mi si addicono di più e in questa direzione darò il meglio di me…».

Salvoldi è al primo mondiale da tecnico degli junior: il suo incarico è iniziato da meno di un anno
Salvoldi è al primo mondiale da tecnico degli junior: il suo incarico è iniziato da meno di un anno

Nodo azzurro

E l’Italia? I nostri sono ripartiti da Dino Salvoldi, chiamato prima di tutto perché insegni il metodo di lavoro a una categoria che gira a velocità differenziate. Il nuovo cittì alla vigilia ragionava sul fatto che attaccare un’etichetta sia sbagliato. Non si può dire a priori se sia giusto o meno assecondare certi passaggi. Qualcuno è pronto per diventare professionista a 18 anni, qualcuno no. Impedirgli di farlo significa privarli di una importante chance di carriera. E per tutti gli altri, ci sono comunque le altre gare del calendario.

Idem dicasi per l’attività, da noi troppo centellinata. Perché facciano certe esperienze, se i club non si muovono perché agli sponsor locali non interessa correre all’estero, deve intervenire la nazionale, ma potrebbero farlo anche i Comitati regionali. Come accade in Francia.

Ritmo subito alto

Il migliore dei nostri è stato Matteo Scalco, quattordicesimo, che a due giri dalla fine era ancora nel gruppo di testa e dal 2023 sarà con Reverberi.

«Già dai primi giri – racconta dopo l’arrivo – il ritmo della gara è stato veramente alto. Il gruppo si è rotto in vari tronconi e dopo tre giri eravamo rimasti solo Belletta e io. Abbiamo cercato di tenere in salita, finché le gambe hanno ceduto. Ero venuto con grandi aspettative, ma non è una novità che gli altri vadano così forte, li avevamo già visti. Tra noi eravamo belli uniti, con l’obiettivo di correre insieme perché era l’unico modo per difendersi. Ma con la partenza così veloce ci siamo subito disuniti. Lo strappo è duro, anche perché se scollini con soli 10 metri dai primi, ti trovi in fondo alla discesa che hai 10 secondi e quindi devi andare a tutta per cercare di rientrare. Un percorso che non si riesce a respirare».

Si parla ancora del vincolo regionale (eliminato) fra gli juniores

13.09.2022
4 min
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Finito il Giro della Lunigiana, sul tappeto sono rimasti temi e discorsi. Vedere la nazionale juniores di Wollongong correre all’Astico Brenta fra elite e U23 girando l’11 al posto del 14 ha fatto capire che, al di là di alcuni legittimi dubbi, la cancellazione della limitazione dei rapporti non produrrà grossi guasti. Quello che invece dà qualche grattacapo in vista della prossima stagione è l’eliminazione dei vincoli regionali. Questo sì che desta perplessità soprattutto in chi grazie alle affiliazioni plurime riesce ogni anno a riempire il serbatoio dei talenti.

«Secondo me – dice Di Fresco, tecnico del Casano affiliato anche in Sicilia – penalizzi parecchie regioni, specialmente quelle del Sud. Noi abbiamo fatto l’affiliazione con la Sicilia per prendere Sciortino e con l’occasione ho trovato altri 5-6 corridori. Con la normativa che entrerà in vigore il prossimo anno, prenderò Sciortino e lascerò gli altri».

Sciortino e il tecnico regionale Mansueto, suo referente anche nella plurima con il Team Casano (foto FCI Sicilia)
Sciortino e il tecnico regionale Mansueto, suo referente anche nella plurima con il Team Casano (foto FCI Sicilia)
Perché?

Perché non saprei che esistono. Grazie alla plurima ho scoperto corridori come Florio, Pardo o Ragusa. Di Florio secondo me sentiremo parlare. E’ un ragazzo di Palermo che si è diplomato al liceo classico con la media del 9. Aveva fatto la primina, ha vinto il campionato siciliano a cronometro e un’altra gara su strada. Però era molto impegnato con la scuola, quindi se non avesse trovato noi, sarebbe rimasto in Sicilia a correre con gli amatori. Ora invece passerà con Scortino alla Delio Gallina.

Cosa cambia senza il vincolo regionale?

Ne ho discusso con Cazzaniga (vicepresidente federale, ndr), ci siamo beccati al Giro d’Italia. Lui dice che senza il vincolo regionale, Florio sarebbe liberissimo di prendersi un aereo di venerdì per venire a correre a Casano. E poi la domenica tornerebbe a casa.

Ed è impossibile?

Quello che è impossibile è che se non avessi avuto chi me lo presentava all’interno del gruppo con cui ci siamo uniti, io non avrei nemmeno saputo della sua esistenza. Come fai ad accorgerti di un allievo che corre insieme agli amatori?

Senza i vincoli regionali, nelle regioni con meno tesserati juniores si rischia davvero… l’estinzione?
Senza i vincoli regionali, nelle regioni con meno tesserati juniores si rischia davvero… l’estinzione?
Come fai?

Non ci riesci o comunque rischi di perderne tanti. Secondo me, questo è il sistema di aprire la strada ai procuratori. Perché magari a quel punto per Florio sarebbe venuto qualcuno col catalogo in mano e me lo avrebbe proposto. Ma non parliamo solo della Sicilia, perché ad esempio i ragazzi del Piemonte li piglia tutti la Lombardia. E magari in futuro la Work Service eviterà di fare la squadra in Toscana.

Perché?

Levorato potrebbe dire che a questo punto li tessera tutti in Veneto e così si finirà che in alcune regioni non ci saranno più tesserati juniores. E poi se il discorso è prendere un aereo, a cosa serve fermarsi in Liguria? Andiamo più lontano. Sono curioso di vedere cosa succederà se qualche squadra straniera verrà a prendersi i nostri ragazzini

E’ una cosa possibile?

E’ possibile. Se li portano all’estero e li fanno correre secondo le loro regole. Ad esempio non avrebbero la limitazione di non correre i due giorni nel weekend. Da noi non si può fare: sabato oppure domenica, perché non puoi fare due gare alla settimana fino a fine giugno. Vogliamo liberare tutto e teniamo ancora dei limiti non previsti da nessuna regola UCI.

Germani, corridore laziale, è stato junior alla Work Service, squadra veneta affiliata in Toscana: come cambiano le cose?
Germani, corridore laziale, è stato junior alla Work Service, squadra veneta affiliata in Toscana: come cambiano le cose?
Non serve qualche tutela?

Non sto dicendo che sia giusto, perché sicuramente la categoria juniores è diventata troppo esasperata. I ragazzi sanno che se vanno forte hanno la possibilità di passare subito professionisti e se vanno piano smettono. Il problema è che negli under 23 non è facile trovare squadra. Io avevo Lorenzo Tedeschi che ora è alla Mastromarco. Aveva vinto quattro gare su strada, era azzurro su pista, ha fatto europei e mondiali, ha fatto una trasferta anche su strada e ha fatto fatica a trovare squadra. Perché Giuseppe Di Fresco ci ha messo lo zampino, sennò rischiava di restare a piedi.

Come se ne esce?

Perché alle squadre U23 non imponi di prendere 3-4 ragazzi di primo anno? La Colpack prende i secondi o terzi anni perché vuol vincere. Per il prossimo anno ho preso 8 corridori, per rinnovare il gruppo e avere due anni di tranquillità. Quando spiego loro il mio progetto, non dico che voglio vincere 20 corse. Io voglio vedere se un domani riesco a tirare fuori un altro Damiano Caruso. Invece ci sono squadre che magari spendono 5-6-700.000 euro negli juniores e non fa nulla se poi fra due anni smettono di correre.

Simoni deciso: «Gli juniores vanno rallentati, non velocizzati»

06.09.2022
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Gilberto Simoni se ne andava curiosando per il Giro della Lunigiana, con lo sguardo di chi c’è già stato e cerca ricordi negli angoli nascosti. Voleva tornarci, lo diceva da un po’, dopo averlo vinto nel 1989. Un’altra epoca, un altro ciclismo, eppure si lasciò alle spalle Davide Rebellin e Andrea Peron: due che di lì a qualche anno avrebbero fatto la loro grande carriera. Proprio come il trentino, arrivato in queste terre fra la Toscana e la Liguria come accompagnatore della squadra di casa.

Simoni vinse la corsa nel 1989, precedendo Rebellin e Peron (foto Giro della Lunigiana)
Simoni vinse la corsa nel 1989, precedendo Rebellin e Peron (foto Giro della Lunigiana)

Italiani e russi

Un altro ciclismo quello di allora. Meno mondializzato, per molti aspetti più facile. A farla da padroni erano i nostri e in alternativa c’erano i russi, tanto che se l’anno prima la vittoria era andata a Beppe Guerini, l’anno dopo il Lunigiana se lo pappò Pavel Tcherkasov e dopo di lui Mizourov, quindi Bruseghin e a seguire Kokorine.

E così, in attesa delle premiazioni nel giorno di Fivizzano, decisivo per la vittoria di Antonio Morgado, abbiamo intercettato il suo sguardo e cercato di capire come sia stato tornare negli stessi luoghi 33 anni dopo.

La differenza più grande individuata da Simoni sta nella qualità delle bici, pari a quelle dei pro’
La differenza più grande individuata da Simoni sta nella qualità delle bici, pari a quelle dei pro’
Vedi differenze?

Sapete, nel 1989 ero in gara, non è che vedessi la corsa da fuori. Credo che anche allora fosse intensa. Qua ci sono i più forti. Non voglio dire che sia un mondiale tutti i giorni, ma un Tour de France sicuramente, un Giro d’Italia. Il modo di correre dei ragazzi oggi è molto impetuoso, ma io vedo differenze soprattutto nella tecnologia. Hanno bici molto prestanti, mentre l’uomo credo che sia ancora quello…

Qual è il tuo ruolo?

Non sono il loro direttore sportivo, per quello c’è Stefano Sartori. Io mi sono solo offerto di accompagnarli e dare una mano. Era un po’ che volevo venire al Lunigiana e non avevo mai trovato l’occasione. E a un certo punto mi sono detto: «O ci vengo da turista o da accompagnatore». Ho trovato l’occasione di fare l’uno e l’altro…

Secondo giorno, la prima semitappa vinta da Bozzola si è corsa a 48,708 di media con il 52×14 (photors.it)
Secondo giorno, la prima semitappa vinta da Bozzola si è corsa a 48,708 di media con il 52×14 (photors.it)
Dici che l’uomo è sempre quello, ma loro dal prossimo anno potrebbero già passare. Tu lo facesti cinque anni dopo aver vinto il Lunigiana…

E’ tutto sbagliato, da qualche tempo vedo solo cose sbagliate, quindi… E’ un discorso che non finisce più. Già il fatto che l’anno prossimo liberalizzeranno i rapporti

Non sei favorevole?

Voglio vedere come faranno gli organizzatori a gestire questi ragazzi.  Aumenteranno sicuramente le medie, non tanto per le prestazioni, ma sicuramente ci sarà differenza maggiore tra chi va piano e chi va forte. Aumenterà la distanza tra la testa e la fine della corsa…

Simoni ha seguito il Lunigiana come accompagnatore del team del Trentino
Simoni ha seguito il Lunigiana come accompagnatore del team del Trentino
E’ il nuovo che avanza…

Quella degli juniores è una categoria che andrebbe rallentata, non velocizzata. L’altro giorno si è fatta la semitappa del mattino a quasi 49 di media. Sfido i professionisti a stare qui in mezzo. Quel che vedo è che c’è in giro una banda di incompetenti. Il ciclismo italiano ha sempre fatto scuola nel mondo e non è che se gli altri in giro corrono con i rapporti liberi, dobbiamo farlo anche noi. Tanti corridori sono arrivati al successo passando per l’Italia, eppure noi italiani non insegniamo più niente a nessuno. Anche se ci hanno sempre copiato. 

Cosa faresti?

Tutelerei di più questa categoria, perché è da qui che si tirano fuori i buoni corridori. Ripartiamo dagli juniores, facciamoli crescere bene e poi ne riparliamo.

Giro della Lunigiana, stavolta la Francia si inchina a Morgado

04.09.2022
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Se non lo hanno staccato a Fivizzano, diceva ieri un anziano tifoso, non lo staccano più. Il portoghese Antonio Morgado infatti ha vinto il Giro della Lunigiana che i francesi hanno provato a riaprire invano. Tre tappe vinte per i transalpini, con la terza nell’ultimo giorno, oggi. Un autentico capolavoro di Gruel, in fuga per 50 chilometri, senza auricolari né altri riferimenti se non la lavagna. E’ mancata la stoccata vincente. Magnier ci ha provato soprattutto a Fivizzano, appunto, ma deve essersi reso conto proprio lassù che il rivale non avrebbe ceduto.

«Sono al settimo cielo – dice il portoghese – mi sono divertito e alla fine ho anche vinto. Sono sempre più concentrato sulla vittoria. Ho vinto, ma non significa che sia il migliore. Ieri è stato difficile, oggi meno. Volevo vincere, però ho trovato Magnier più veloce di me. Non sono al 100 per cento. Sono venuto qui per crescere e trovare la condizione per il mondiale. Voglio migliorare il risultato dello scorso anno».

Sesto a Leuven

Vai a guardare, infatti, e ti accorgi che a Leuven nella volata per l’iride, il portoghese si è piazzato al sesto posto, subito davanti a Oioli, nella corsa vinta invece da Hagenes. E allora capisci anche il perché degli sguardi del cittì Salvoldi, che ha seguito la corsa cercando in gruppo il bandolo della matassa. A breve infatti dovrà dare i nomi per Wollongong.

«Rispetto allo scorso anno – dice Morgado – sono cresciuto come ciclista. Ora reggo meglio il ritmo di gara che a Leuven un po’ mi mise in difficoltà, perché era completamente diverso da quello che abbiamo in Portogallo. E da allora ho anche cominciato a capire che tipo di corridore posso diventare. Volevo perdere peso, ma a questo livello non conviene essere troppo magri, perché la maggior parte delle gare si risolve allo sprint».

Fedele ai consigli del connazionale Almeida, il prossimo anno Morgado correrà con Axel Merckx alla Hagens Berman Axeon. E’ il primo portoghese ad aver vinto il Giro della Lunigiana.

Diavoli francesi

I francesi hanno fatto il diavolo a quattro, ma probabilmente non avevano il livello dei connazionali che nel 2021 schiacciarono la corsa. Complice forse anche un percorso meno duro rispetto a un anno fa.  Contro Magnier però si è messa anche la sfortuna, nella forma di un salto di catena il primo giorno, in cui ha perso proprio gli 8 secondi che lo dividono dalla testa della classifica.

«All’inizio ero un po’ deluso – ammette – quel problema mi ha frenato. Così il giorno dopo volevo riscattarmi. Siamo andati a vedere l’arrivo della seconda semitappa, per questo sapevo che prendendo l’ultima curva in testa avrei vinto. Non ho paura nessuno, sapevo di avere una squadra forte e che avremmo reso dura la vita a Morgado.

«La vittoria di ieri a Fivizzano è stata un buon risultato. In realtà ho attaccato per puntare alla maglia. La squadra ha fatto un grande lavoro, ma ho visto che non riuscivo a staccare Morgado. Per questo ho lanciato lo sprint ai 300 metri e così abbiamo ripreso Van Mechelen, sennò vinceva lui. Speravo che le due salite di oggi sarebbero bastate per riprovarci, ma niente da fare…».

Italiani al piccolo trotto

Sul fronte italiano della corsa, unitamente alla vittoria di Mirko Bozzola e a qualche sprazzo di Umbria con i colori di Burani e di Lombardia con Gualdi, pochi i lampi a capo di una stagione in cui i nostri hanno comunque trovato il modo di brillare, fra strada e pista.

Bozzola ha vinto il secondo giorno, nella prima semitappa, lasciandosi dietro Zordan e Cuccarolo. Sul traguardo ha trovato ad attenderlo il tecnico regionale Francesco Giuliani e pure Francesco Moser. Il Lunigiana porta bene al Piemonte, che con il corridore della Aspiratori Otelli ha rinverdito il proprio bilancio dopo le due vittorie 2021 con Oioli.

«Sono felicissimo – ha raccontato Bozzola – mi trovavo nel gruppetto davanti e ho saputo gestire al meglio il momento del ricongiungimento, facendomi trovare pronto allo sprint. Non ero molto ottimista sull’andamento della tappa, credevo che sarebbe stato difficile riprendere Verbrugghe in fuga. Dedico la vittoria al Team Piemonte: dopo le due vittorie del 2021 continua il nostro momento magico al Giro della Lunigiana».

Il team di Colò

Il resto parla della prima tappa vinta dal polacco Zelazowski (ritirato per caduta proprio l’ultimo giorno) su Morgado e Gualdi e dell’impresa di Thibaud Gruel, anche lui di secondo anno. La carovana del Lunigiana si scioglie e riprende la via di casa.

La corsa si è confermata prova di altissimo profilo. Ogni anno si riconosce nel lavoro di Alessandro Colò e del suo gruppo un costante miglioramento. Da segnalare la diretta Facebook che quest’anno ha permesso di seguire la corsa anche da casa, con un team composto da due moto e la postazione fissa sul traguardo. In un movimento come quello degli juniores, in cui tanto si dovrebbe cambiare, la consapevolezza dii un gruppo così giovane e dinamico fa dire che il Giro della Lunigiana dobbiamo proprio tenercelo stretto.

Team Tiepolo, un valido esempio di attività junior

01.08.2022
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Scorri la classifica della Junioren Rundfarth, una delle principali corse a tappe del calendario juniores, con al via alcune delle principali società insieme a nazionali vere e proprie, e ti imbatti nel Team Tiepolo di Udine e ti chiedi come una squadra locale, normalmente impegnata in un calendario regionale salvo qualche sortita nelle principali prove italiane, sia presente in un consesso così importante.

Poi, parlando con il suo team manager Marco Floreani, si scopre che dietro quella presenza, quel semplice nome che rappresenta un dato statistico in un ordine di arrivo, c’è una storia, tipica del lavoro, della passione, anche delle difficoltà che deve affrontare una formazione giovanile nel nostro sofferente ciclismo.

«Intanto ci terrei a sottolineare – sorride – che squadra tanto piccola non siamo. La società sportiva in quanto tale esiste addirittura dal 1918, da 25 anni abbiamo poi la sezione ciclistica. Abbiamo svolto attività dagli allievi agli under 23, da noi sono passati anche i fratelli Milan, ora siamo concentrati sugli juniores ma abbiamo società satellite come Libertas Ceresetto Pratic di Udine, Pedale Manzanese e Ciclistica Bujese con cui lavoriamo in sinergia».

Tiepolo Floreani
Il team manager Marco Floreani ha in mente di portare la squadra ancora all’estero, in Spagna
Tiepolo Floreani
Il team manager Marco Floreani ha in mente di portare la squadra ancora all’estero, in Spagna
Come mai un nome così originale, legato al grande pittore?

La società storicamente si è sempre chiamata Team Danieli, dal nome della grande azienda metalmeccanica che ci ha sempre appoggiato, ma dallo scorso anno abbiamo deciso di cambiare l’intestazione per omaggiare il pittore veneto che a Udine ha dipinto e lasciato alcuni suoi capolavori. E’ anche un messaggio culturale e turistico quello che vogliamo lasciare.

Qual è lo spirito alla base del vostro team?

A noi i successi non interessano particolarmente, la nostra vittoria è quando un ciclista passato da noi si afferma. Noi vogliamo forgiare nuovi talenti per renderli pronti alla grande avventura del professionismo. Sono passati da noi Frigo, Venchiarutti, Bortoluzzi che da noi era ancora acerbo ma poi si è rivelato un corridore di talento.

Tiepolo tavola
Il Team Tiepolo a tavola: atmosfera distesa per commentare le tappe e preparare le successive
Tiepolo tavola
Il Team Tiepolo a tavola: atmosfera distesa per commentare le tappe e preparare le successive
Com’è nata la trasferta in Austria?

Il nostro intento è fornire ai ragazzi le migliori esperienze possibili e queste le puoi fare soprattutto all’estero. Una gara come quella austriaca vale più di tante trasferte italiane, perché all’estero si corre sempre all’attacco, hai la vera percezione di quel che sarà il ciclismo a certi livelli. Per entrare nello specifico, nel corso degli anni ho conosciuto molti giudici internazionali e questo ci permette di avere anche inviti importanti, come per l’appunto quello austriaco.

Che gara era?

Di livello molto elevato, questo è sicuro. Abbiamo trovato squadre nazionali e team molto forti, ce n’era uno che veniva dallo Stato di New York, abbiamo visto quanto i ragazzi americani vadano forte. Nella nazionale tedesca c’era anche Hannes Degelkolb, il nipote del grande velocista. A vincere è stato Frank Aron Ragilo, estone del Cannibal Team, la formazione più forte del lotto, del quale si dice un gran bene.

Junioren Rundfarth podio
Il podio della Junioren Rundfarth, con l’estone Ragilo primo davanti a Eckerstorfer (AUT) e Ermakov (RUS)
Junioren Rundfarth podio
Il podio della Junioren Rundfarth, con l’estone Ragilo primo davanti a Eckerstorfer (AUT) e Ermakov (RUS)
Com’è andata la squadra?

Io credo che ci siamo fatti ben valere. Il risultato migliore lo ha ottenuto Alessio Menghini 7° nella seconda tappa, vinta sempre da Ragilo, dove siamo stati protagonisti per tutta la tappa, chiudendo su due corridori in fuga. Alessio nella volata è partito da dietro, era difficile trovare varchi, forse se avesse avuto una posizione migliore poteva anche giocarsela meglio. Per comprendere il livello basti pensare che, pur essendo un percorso molto nervoso, nella prima ora si è viaggiato a 47 di media… Alla fine il migliore in classifica è stato Tommaso Tabotta, 47°, ma come team abbiamo chiuso all’11° posto.

Confrontandovi con i team esteri, verificando sul campo il loro livello e mettendo a paragone anche i sistemi di preparazione, che cosa pensate della liberalizzazione dei rapporti per la categoria italiana?

Ne abbiamo parlato molto in società. In allenamento già si usano i rapporti più duri per fare allenamenti di forza, ma liberalizzare ha due risultati: da una parte permette ai migliori di essere più competitivi, ma dall’altro svantaggia chi non è ancora formato fisicamente. Non dimentichiamo che abbiamo a che fare con un’età difficile per sua stessa natura. Io credo che si dovrebbe trovare un sistema a due velocità: i migliori liberi di gareggiare a livello nazionale e internazionale, una seconda fascia concentrata sulle gare regionali con un’impostazione vecchio stampo: quando il corridore sarà abbastanza maturo, fisicamente prima ancora che mentalmente, farà il piccolo scatto all’interno della categoria.

Tiepolo Tabotta
Tommaso Tabotta, migliore del team in classifica, uno dei tanti che si divide tra strada e ciclocross
Tiepolo Tabotta
Tommaso Tabotta, migliore del team in classifica, uno dei tanti che si divide tra strada e ciclocross
A livello politico (la liberalizzazione dei rapporti è stata introdotta dall’UCI) ci si rende conto che fra le categorie giovanili ci sono differenti tipologie di corridore?

Non sempre. Se guardi solo il vertice e insegui la maturazione precoce, il risultato sarà che molti ragazzi che si vedono sempre battuti, ai quali non si dà il tempo di crescere smetteranno. Il problema è complesso, riguarda anche la struttura stessa della nostra attività a livello di calendario.

In che senso?

Noi abbiamo una, forse due gare a tappe ora che il Giro del Friuli è stato cancellato e quello di Basilicata è molto in dubbio. All’estero l’attività è strutturata principalmente sulle gare in più giorni perché sono quelle che fanno maturare. Le “gare di paese” potranno anche dare spettacolo ma non servono per far crescere i ragazzi. Per questo vado a cercare sfide estere, se voglio dare ai ragazzi una mano è l’unica strada. E un’altra cosa per chiudere: smettiamola con l’assurda regola delle due sole gare a tappe in stagione per uno junior italiano. Tenerli nella bambagia non conviene a nessuno…