Viviani su Milan: non si può incatenare lo stile

09.06.2023
4 min
Salva

Si è parlato spesso dello stile di Jonathan Milan in volata, del suo muoversi, dei rapporti, della posizione… Non ultimo è stato Alessandro Petacchi. Ma c’è un corridore che più di altri può aiutarci a capire quanto effettivamente il friulano possa e debba intervenire sui suoi sprint, ed è Elia Viviani.

Elia, lo sappiamo è un “compendio di tecnica a cielo aperto”, ma soprattutto è un corridore in attività ed è anche un pistard. Come sempre il corridore della Ineos Grenadiers  non è stato affatto scontato nella sua analisi.

Elia Viviani (classe 1989) ha grandi conoscenze tecniche sia su strada che su pista
Viviani (classe 1989) ha grandi conoscenze tecniche sia su strada che su pista
Elia, partiamo dai rapporti. In più di qualche occasione abbiamo visto Milan essere troppo agile.

Io direi piuttosto che in tal senso ha sbagliato veramente una sola volata (Napoli, dr): lì effettivamente era troppo agile. Non so per quale motivo non abbia messo l’11, ma le altre, anche quelle che ha perso col rimontone da dietro il rapporto era giusto. Semmai le ha perse per la posizione di partenza.

Questa sua agilità, ma in generale questo modo di fare gli sprint, derivano dal suo essere pistard?

Milan in pista fa gli inseguimenti: individuali e a squadre e non ha quel vantaggio che ti dà per esempio una corsa a punti. Lui trae vantaggio dalla pista per quel che concerne le partenze e quindi la potenza. Non ha quella scaltrezza di movimento che possiamo avere Consonni, Gaviria o io che facciamo anche le altre specialità (quelle di situazione, ndr). L’agilità di cui ha bisogno è quella di riuscire a fare quel paio di pedalate in più quando gira l’11. Se andiamo a vedere l’unica volata in cui non è stato il più forte è stata l’ultima, quella di Roma. Ma ci sta. Aveva faticato molto, era al primo Giro e aveva speso tanto per difendere la maglia ciclamino.

A Napoli, Milan ha sbagliato rapporto. Per Viviani, l’unico vero errore di Jonathan
A Napoli, Milan ha sbagliato rapporto. Per Viviani, l’unico vero errore di Jonathan
Beh, quella è un’agilità per modo di dire! E’ potenza…

In pista se in un inseguimento si fanno 120-125 rpm, e lui è in grado di farne 125 in piedi con l’11 ecco che fa quelle quattro pedalate in più degli altri e vince. E questo è sì qualcosa che gli viene dalla pista.

Hai parlato di corsa a punti e specialità simili. Quanto possono aiutarlo, anche nello stile?

Mi sentirei di dire che può aiutarlo di più l’avere un treno, tre uomini tutti per lui. Un treno che lo porta a giocarsi nove sprint su dieci e non quei due o tre che ti devi guadagnare e ti deve andare tutto bene. Tante volte uno sprinter non fa la volata più per una questione di situazioni esterne che non di gambe. Che poi era quello che succedeva a me quando ero alla Quick Step. Il treno ti può far fare il salto di qualità. La corsa a punti, l’omnium… sì possono aiutare, ma è un processo lungo. Magari avrà fatto qualcosa quando era bambino, ma prima che apportino benefici ne passa di tempo. Con un treno Jonathan se la gioca già da domani e vincerebbe il doppio, il triplo delle corse.

Petacchi ci ha parlato di uno stile migliorabile. Quei tanti movimenti incidono su aerodinamica e dispersione di forza. E’ così? E’ migliorabile?

Sì è migliorabile e l’allenamento ti aiuta, ma poi c’è lo stile del corridore e la sua è potenza pura. Quando sei a tutta è difficile controllare lo stile. Possono esserci dispersioni di forza? Può darsi, ma se lo blocchi lì, lo costringi di là, magari non riesce più ad esprimere tutti i suoi watt. Guardate anche Alaphilippe. Per me il rischio è alto.

Le fasi di partenza dell’inseguimento aiutano a sviluppare grandi doti di potenza, utili anche su strada. Milan è il secondo da sinistra
Le fasi di partenza dell’inseguimento aiutano a sviluppare grandi doti di potenza, utili anche su strada. Milan è il secondo da sinistra
E a livello tecnico?

Io non so quanto Milan possa abbassarsi con la bici, scendere sul manubrio… è anche alto. Ripeto, può lavorarci un po’ in allenamento, essere più composto, ma non più di tanto. Io per dirla fuori dai denti, non lo vedo con la testa vicino alla ruota anteriore come Cavendish, ecco.

Abbiamo parlato di corsa a punti, eliminazione… quanto realmente quelle specialità possono aiutarlo in uno sprint su strada a livello stilistico?

E’ tutto un altro gesto. In pista sei spesso seduto, raramente ti alzi e sempre da seduto fai le tue progressioni. I benefici che Jonathan può trarre dalla pista sono sul fronte della preparazione fisica. Il resto, che è comunque relativo ad un discorso di scaltrezza, sarebbe un processo troppo lungo. Con lui un treno sarebbe anche abbastanza facile da organizzare in quanto basta che lo lasciano ai 300 metri visto che ha dimostrato di non avere problemi a tenerli.

Concludendo Elia, se tu fossi il coach di Jonathan Milan, su cosa lo faresti lavorare per migliorare nelle volate?

Non insisterei troppo sullo stile, quanto sulla forza dei 15”-20”. E neanche tanto sul picco di velocità assoluto, ma sulla progressione: volata lunga. Volata nella quale gli avversari non sono in grado di uscirti di ruota negli ultimi 250 metri. Jonathan ha i valori per riuscirci.

Thomas, un secondo posto che adesso fa solo male

27.05.2023
6 min
Salva

MONTE LUSSARI – Per una di quelle coincidenze che sono più frequenti quando l’arrivo è in cima a una montagna e tutte le strutture devono stare concentrate in pochi metri quadri, nel momento in cui Primoz Roglic viene acclamato come nuovo titolare della maglia rosa, Geraint Thomas cerca di uscire dalla zona in cui sono stati fatti entrare i corridori e si trova davanti la curiosità degli inviati. Il mondo intorno ha i colori e i suoni della Slovenia, difficile ascoltare il pensiero del britannico. Infatti Thomas parla a bassa voce e probabilmente ne farebbe anche a meno.

«Se qualcuno me lo avesse detto a febbraio o marzo – dice – probabilmente gli avrei stretto la mano, ma ora sono devastato. Però penso che quando avrò capito, potrò essere orgoglioso di quello che abbiamo fatto in questi giorni. Quando sono arrivato a un chilometro e mezzo dall’arrivo, mi sono sentito vuoto. Avrei potuto distruggermi le gambe, potrei aver avuto un calo di carboidrati, ma non è per questo che ho perso. E’ meglio perdere per così tanto che per un paio di secondi, perché avrei cominciato a fare mille ipotesi. Alla fine della giornata, sono consapevole che non sarei potuto andare più veloce di 14 secondi. In più Primoz ha avuto anche un problema meccanico. Si merita la vittoria…».

Questa immagine è un emblema: l’ammiraglia Ineos inghiottita dai tifosi sloveni nella ricognizione del mattino
Questa immagine è un emblema: l’ammiraglia Ineos inghiottita dai tifosi sloveni nella ricognizione del mattino

Una crono rischiosa

Per Thomas o per Roglic: si era capito che Almeida non avrebbe potuto scalare i due gradini del podio. E così vivendo le due vigilie in parallelo, stamattina ci eravamo fermati a lungo nei pressi del pullman della Ineos Grenadiers. Il ragionamento era fin troppo facile: un team così abituato a giocarsi i Grandi Giri e un corridore che ha già vinto il Tour non cadranno in alcun tranello e non si lasceranno sfuggire la maglia rosa, specie se di mezzo c’è una crono. 

«Voglio essere onesto – diceva Rod Ellingworth, il grande capo, prima del via – conosco Geraint da quando era giovane, quindi non l’ho mai visto diverso mentalmente. E’ sempre stato forte come adesso. Anche quando era un ragazzo, era lo stesso. Ogni anno ha fatto dei progressi, non è rimasto fermo. Cerca sempre nuove sfide, nuove opportunità. La prima è sempre stata vincere il Tour, poi però c’era vincere il Giro. Questa crono è una sfida, ogni tappa è una sfida e devi studiarle e affrontarla. E’ lo stesso per tutti, no? Tutti dovranno fare esattamente la stessa cosa, noi ci proveremo nel miglior modo possibile».

Una crono diversa

Forse non si era considerato abbastanza che questa di Monte Lussari non sarebbe stata una crono come quelle che siamo stati abituati a vedere per anni. Tutti i ragionamenti sull’aerodinamica e il ritmo di pedalata erano destinati a infrangersi sulla brutalità di una salita senza troppi precedenti.

«Abbiamo preso un hotel a un chilometro da qui – spiegava Tosatto e non capivi quanto fosse davvero tranquillo – e così finita la ricognizione in macchina, i corridori sono tornati in camera tranquilli. Avremo due moto dietro il corridore, una col meccanico e una con il direttore e la radio, ma cosa ci sarà da dirgli su una pendenza come quella? Nei primi 9,5 chilometri, la strada è stretta. Sulla ciclabile ci sono 2-3 curve in cui fare attenzione, però la strada è molto veloce perché c’è il vento a favore. Poi sarà interessante il cambio bici, perché si arriva a più di 60 all’ora e poi si dovrà fare un chilometro e mezzo con la bici normale fino alla salita».

Difficile dire quanto sia durato il cambio bici di Thomas, ma certo la maglia rosa è parso fin troppo flemmatico, nell’avvicinarsi, scendere di sella, cambiare anche il casco e ripartire.

Rod Ellingworth è stato l’artefice di tutte le vittorie più grandi del Team Ineos, anche dai tempi di Sky
Rod Ellingworth è stato l’artefice di tutte le vittorie più grandi del Team Ineos, anche dai tempi di Sky

Tre chilometri all’arrivo

Non si è mai scomposto, ma forse nelle gambe di Thomas si è andata accumulando la fatica che quel rapportino così agile di Roglic ha invece tenuto alla larga. A un certo punto la sensazione che lo sloveno pedalasse a vuoto si è impossessata dei tifosi del britannico. E quando poi a Roglic è caduta la catena, sembrava che sul suo capo si fosse nuovamente abbattuto un destino blasfemo.

Solo che mentre Roglic reagiva rabbiosamente, Thomas ha iniziato a incurvarsi sempre di più. Ha rischiato di cadere cercando di mandare giù un gel e non s’è capito se ci sia riuscito. E mentre Primoz si è avventato sul traguardo con la furia di un diavolo, la maglia rosa sudata oltre ogni aspettativa, ha subito quell’ultima pendenza ed è finito dietro.

«Dopo il Tour Down Under – dice – mi sono ammalato. Dovevo fare Algarve e Tirreno-Adriatico, invece ho ripreso a correre in Catalunya solo a marzo. Sono rimasto forte mentalmente. Ho cercato di fare quello che dovevo fare e sono comunque riuscito ad arrivare qui buona forma. E’ arrivato un secondo posto, posso esserne orgoglioso, ma al momento fa solo male. E come ho detto, è meglio aver perso per 14 secondi che solo due».

In avvio, Thomas era ancora in vantaggio: il calo è iniziato negli ultimi 3 chilometri
In avvio, Thomas era ancora in vantaggio: il calo è iniziato negli ultimi 3 chilometri

Onore a Roglic

Il dopo ha un sapore amaro, la tranquillità se ne è andata e adesso davanti alle ruote c’è la lunga strada fino a Roma. I corridori scenderanno domattina in aereo, la carovana è già tutta in strada.

«Eravamo tranquilli – dice Tosatto – ma sapevamo che 25 secondi fossero pochi da difendere contro Roglic su un percorso che non si addiceva a Geraint. Negli ultimi 3 chilometri Roglic è volato, dopo il salto di catena ha davvero cambiato marcia. Invece mentre lui aumentava, noi siamo calati. Avevamo 7-8 secondi di ritardo rispetto alle tabelle che avevamo immaginato. Ma alla fine “G” ha fatto secondo su un percorso che non gli si addiceva. Per cui alla fine che cosa puoi dire? Onore a Roglic».

E lo sloveno ha dedicato poche parole anche al rivale, definendo un onore aver duellato così tanto con lui. Il Giro d’Italia resta un boccone amaro per Thomas. Nel 2017 una moto della Polizia gli franò addosso sul Block Haus quando era il più forte, nel 2020 scivolò su una borraccia e si ruppe il bacino. Questa volta sembrava che fosse tutto perfetto. Peccato per lui, ha trovato sulla sua strada un eroe che aveva da rifarsi su un destino per certi versi anche peggiore.

Da lassù sicuramente Enzo Cainero si sarà goduto lo spettacolo che certamente aveva immaginato così. Cos’altro dire, prima di ripartire verso Roma? Mandi, Enzo!

De Plus, signori: l’asso nella manica della Ineos

09.05.2023
5 min
Salva

Nel backstage di queste primissime tappe del Giro d’Italia, il nome di Laurens De Plus ricorre spesso. Dicono sia l’arma in più della Ineos Grenadiers. Il luogotenente che dovrà supportare i capitani del team Thomas e Geoghegan Hart appena la strada si rizzerà sotto le ruote e magari, insieme a Dennis, permettere loro di mettere in crisi Evenepoel e Roglic. La curiosità sta nel fatto che questo, se da una parte gratifica il belga da molti ritenuto il migliore in questo ruolo, dall’altro non è ciò per cui era passato professionista.

Le sue ambizioni erano ben altre, ma quando si passa una stagione dopo l’altra a fare i conti più con gli infortuni che con le corse, quando il tuo curriculum di vittorie inizia a languire, devi saperti adattare. De Plus lo ha fatto, pagando anche un prezzo.

Al Tour of the Alps sono state fatte le vere prove generali per il Giro. De Plus ha lavorato tantissimo
Al Tour of the Alps sono state fatte le vere prove generali per il Giro. De Plus ha lavorato tantissimo

La discesa del Sormano

Era il 2017 quando al Lombardia, nella discesa dal Sormano, De Plus volò oltre il guardrail fratturandosi un ginocchio. Neanche il tempo di riprendersi che nel ritiro prestagionale della Quick Step in Sud Africa un camion andò addosso al loro gruppo. Vakoc ci rimise la spina dorsale e un anno intero di dolori e fisioterapia, lui “se la cavò” con la frattura di bacino e osso sacro, ripartendo solo a maggio.

Può bastare? Macché. Nel 2019, passato nel frattempo alla Jumbo-Visma che voleva investire su di lui come uomo di punta, aveva vissuto un’ottima stagione vincendo il Benelux Tour e dando un grande supporto a Kruijswijk nella conquista del podio al Tour, ma ecco che nel 2020 un’infezione lo mette completamente a terra. Com’era avvenuto con la Quick Step, anche il team olandese non ha la pazienza di aspettare.

De Plus spesso ci ha ripensato e facendo appello al suo ottimismo, quando ne parla cerca di guardare il bicchiere mezzo pieno: «Era una stagione assurda, con tutto concentrato in tre mesi, io sono riuscito a tornare in gara proprio alla fine e perlomeno ho avuto la soddisfazione di condividere la vittoria di Roglic alla Liegi. E’ stato un bel modo per andarmene».

La terribile caduta nella discesa del Sormano. L’inizio di un calvario segnato dalla sfortuna
La terribile caduta nella discesa del Sormano. L’inizio di un calvario segnato dalla sfortuna

Il giusto peso alle cose

Tante traversie che non potevano non avere qualche influsso sul corridore belga. Lui stesso ammette che è una persona profondamente diversa da quella che nel 2016 si affacciò nel mondo dei professionisti.

«Ho imparato a dare il giusto peso alle cose – ha raccontato a Cyclingnews – a mettere le priorità al loro posto. Ad esempio non so neanche esprimere il piacere che provavo, quando mi sono ripreso dalle fratture, nello stare con la mia famiglia senza avere l’incombenza della visita del dottore… Ho capito che ci sono valori che prevalgono. Amo questo mestiere, non avrei continuato altrimenti, ma lo guardo in maniera disincantata, pensando a fare il mio dovere per favorire gli altri».

Due anni per il belga in casa Jumbo-Visma. Approdato con ben altre ambizioni, non ebbe possibilità
Due anni per il belga in casa Jumbo-Visma. Approdato con ben altre ambizioni, non ebbe possibilità

Il periodo dell’isolamento

Paradossalmente, più che gli incidenti e le fratture, è stato il virus del 2020 a metterlo in crisi. Era diventato un altro: isolato da tutti, non rispondeva neanche ai messaggi. Comunicazioni laconiche quanto necessarie con il team, pochi che avevano notizie delle sue condizioni.

«Non avevo niente da dire – ricorda – questa è la verità. Forse sono sembrato supponente ed egoista, non è da me, ma quello era un periodo particolare. Dopo tante sofferenze, dopo tanta sfortuna avevo bisogno di isolarmi e stringermi alla mia famiglia, tanto è vero che sono tornato a casa dei miei genitori. Sentivo che il corpo mi richiedeva tempo, riposo, stasi. Psicologicamente allora era molto difficile vedere che gli altri viaggiavano, correvano, vincevano e io ero fermo, ma non poteva essere altrimenti, dovevo dare tempo al mio fisico di riprendersi».

Quel periodo però gli ha dato una nuova dimensione di sé che gli è servita nell’approdo alla Ineos, della quale è diventato una colonna portante e vuole dimostrarlo al Giro, la prima grande corsa a tappe affrontata da quattro anni a questa parte. Nelle ore di vigilia De Plus ha rivelato un particolare importante, che si poteva anche desumere dalle starting list delle varie gare primaverili, ma nelle sue parole si va molto oltre.

De Plus ha rivelato che il team al Giro è stato costruito con molto anticipo. Qui è con Sivakov e Thomas
De Plus ha rivelato che il team al Giro è stato costruito con molto anticipo. Qui è con Thomas

Un team cementato da mesi

«La squadra del Giro è stata costruita nel tempo – ha raccontato De Plus – abbiamo fatto il ritiro insieme a Sierra Nevada ed eravamo insieme al Tour of the Alps. E’ servito per cementare il gruppo, abbiamo un team equilibrato fatto di gente che si conosce nel profondo e che ha passato tanto tempo insieme, non solo in corsa. Io posso e voglio dare una mano quando servirà, sulle Alpi ho acquisito fiducia, sono stato molto soddisfatto delle mie prestazioni.

«Alla Ineos ho trovato la mia dimensione – prosegue il ventisettenne di Aalst – d’altronde qui aveva già lavorato mio fratello e c’è un amico che opera come meccanico. Tante piccole cose che mi hanno convinto della mia scelta. E comunque, sarò anche luogotenente, ma ho licenza di colpire quando si può. Mi piacerebbe farlo in una gara di casa, in Belgio, ma se capita al Giro perché no?».

Feat Ultimate: la rivoluzione delle scarpe arriva da Nimbl

28.04.2023
4 min
Salva

Nimbl presenta le nuove Feat Ultimate, ultime arrivate della famiglia di prodotti a quadrante singolo. Il marchio italiano offre delle calzature da ciclismo che hanno proprietà di livello mondiale, sotto ogni profilo, soprattutto quello prestazionale. Ogni caratteristica delle scarpe Nimbl racchiude tutti gli insegnamenti provenienti dai campioni della pista e del WorldTour. D’altronde si è visto che lavorare a stretto contatto con atleti di alto profilo offre dei feedback prestazionali impareggiabili.

Con le nuove Feat Ultimate, Nimbl ha rinnovato la propria collezione di calzature con un solo rotore BOA
Con le nuove Feat Ultimate, Nimbl ha rinnovato la propria collezione di calzature con un solo rotore BOA

Leggere

Le scarpe Feat Ultimate sono tra le più leggeri nel mondo del ciclismo, la piattaforma in carbonio invece è una tra le più rigide. Questa caratteristica ha reso le Feat Ultimate le scarpe preferite dai campioni mondiali di sprint su pista. Un dettaglio che non tutti probabilmente conoscono è che le calzature Nimbl si distinguono per le elevate prestazioni aerodinamiche

Si tratta di una scarpa di assoluto riferimento tecnico, che pesa solamente 185 grammi (nella taglia 42). Un prodotto stabile, efficiente ed aerodinamica. 

Il flap superiore avvolge il piede e lo tiene ben saldo, per non farlo muovere all’interno della scarpa
Il flap superiore avvolge il piede e lo tiene ben saldo, per non farlo muovere all’interno della scarpa

Telaio brevettato

Le Feat Ultimate sono costruite partendo dal telaio in carbonio brevettato Nimbl, noto per la sua rigidità e il grande trasferimento di potenza. I tecnici hanno portato quest’ultima caratteristica, abbinata alla stabilità del piede, ad un livello superiore. Per farlo è stato utilizzato un nuovo metodo: il Carbon Power Strap, così da mantenere i piedi in posizione. Infine, il sistema di chiusura a quadrante singolo consente una regolazione perfetta in ogni momento.

Una parte importante per lo sviluppo è arrivato da Dan Bigham, responsabile delle prestazioni della Ineos Grenadiers ed ex detentore del record dell’Ora. La sua scelta, dopo numerosi test, è ricaduta sulle calzature Nimbl. I vari studi hanno infatti riportato che le scarpe Nimbl offrono ben 200 metri in più durante un’ora, corsa a 55 chilometri orari di media. 

«Abbiamo collaborato con il team Nimbl – ha detto Bigham – per spingere ulteriormente il suo design, ottenendo un paio di scarpe che hanno reso un ulteriore guadagno di 200 metri. Un risultato unico che va oltre il guadagno marginale».

La suola rigida permette di trasferire tutta la potenza sui pedali, senza perdere nemmeno un watt
La suola rigida permette di trasferire tutta la potenza sui pedali, senza perdere nemmeno un watt

Le parole di Nimbl

Sara Verducci ci guida poi in quelli che sono i segreti e le innovazioni delle scarpe Feat Ultimate, tutto nasce dalla voglia di rinnovarsi sempre.

«La nostra – racconta – è un’azienda artigianale, i progetti nascono da un’idea e poi vengono sviluppati in più fasi. La nuova scarpa della linea Feat ha preso forma quando ci siamo resi conto di voler rinnovare il modello a un BOA. Crediamo fermamente in questa soluzione di chiusura ed anche gli atleti con i quali collaboriamo sono della nostra stessa idea.

«La Feat Ultimate – riprende – è un prodotto che ha l’intento di garantire la massima trasmissione di potenza sui pedali, senza tuttavia perdere comfort. Il flap da noi ideato è una costruzione che avvolge il piede dell’atleta da sopra, come una mano. Si unisce perfettamente alla suola estremamente rigida. Queste due caratteristiche agiscono insieme e fanno diventare un tutt’uno il piede ed il pedale. Il flap è costruito in carbonio, è leggero ma di grande resistenza e non si lacera al contatto con il rotore BOA. Un altro particolare che abbiamo curato nei minimi dettagli è la linguetta, non è separata dal resto della scarpa ma entra nella tomaia. Non vi è alcuna pressione sul collo del piede, anche perché risulta perfettamente imbottita».

Nimbl

Preso il Tour of the Alps: ora la Ineos punta al Giro

21.04.2023
6 min
Salva

BRUNICO – Arriva, per la seconda volta di fila, la fuga. Con Simon Carr che conquista l’ultima tappa della corsa trentina. La Ineos, invece, si porta a casa questa edizione del Tour of the Alps, i granatieri tagliano il traguardo tutti insieme, allineati e seri. Con un bel gesto di Tao Geoghegan Hart che dà una pacca sulla spalla a Thomas una volta tagliato il traguardo.

Sopra l’ammiraglia, in questi giorni, c’era Matteo Tosatto, il quale si avvicina all’ennesimo Giro d’Italia alla guida della Ineos Grenadiers. Quando si parla della formazione inglese non si può non annoverarla tra le favorite alla Corsa Rosa. Le settimane al via del Giro sono sempre meno, la tensione tra gli appassionati e gli addetti ai lavori sale. Dopo la vittoria della classifica generale al Tour of the Alps gli occhi saranno ancora di più addosso alla formazione britannica.

Simon Carr a Brunico ha regalato la vittoria alla EF Education Easy Post
Simon Carr a Brunico ha regalato la vittoria alla EF Education Easy Post
Tosatto, questo Tour of the Alps ha dato delle prime risposte?

Probabilmente sì, i ragazzi che hanno corso qui hanno tutti fatto un training camp in altura nelle settimane precedenti, sapevamo di arrivare con una buona condizione. Tao (Geoghegan Hart, ndr) ha vinto le prime due tappe, è stato in maglia dal primo all’ultimo giorno e penso che sia in ottima forma.

E’ arrivata qualche informazione in più in questi giorni?

La situazione è molto chiara, la cosa principale adesso è recuperare in vista del Giro. Anche le gerarchie sono certe: Geoghegan Hart è in ottima forma e Thomas migliora giorno dopo giorno, loro saranno i nostri capitani al Giro d’Italia.

Geoghegan Hart è andato forte, possiamo dire che lo avete ritrovato? 

Quest’anno è stato molto regolare, da febbraio ad oggi si è messo sempre in luce, sta acquistando un’ottima forma. Anche se al Giro manca ancora tanto, soprattutto all’ultima settimana, dobbiamo stare calmi e fare la migliore selezione.

Tanta salita e altrettanta fatica qui in Trentino…

Il Tour of the Alps è sempre una bella corsa per noi, ci sono tappe corte ma impegnative che ci danno una grossa mano a preparare il Giro al meglio.

Il percorso del Giro è particolare, con tre cronometro un po’ atipiche.

Tutti dicono che sono tre prove contro il tempo, io ne considero solamente due. L’ultima è una cronoscalata molto difficile, con una salita vera da fare al ventesimo giorno di corsa. Le prime due cronometro sono adatte ai nostri ragazzi se ci pensiamo bene. Però, mi sento di dire che con il livello che c’è non si potrà fare molta differenza. 

Le altre tappe come le hai trovate?

Impegnative, l’ultima settimana è davvero tosta. Ma anche prima non si scherza, la tredicesima frazione, con arrivo a Crans Montana, prevede due salite lunghe dove si toccano quote importanti. Lì si potrà fare la differenza, penso sarà un Giro aperto per molti corridori. 

Dove si può vincere questo Giro?

Il Giro d’Italia, in generale, si vince e si perde in salita, bisogna essere pronti nelle tappe impegnative e saper soffrire nei momenti in cui si dovrà farlo. 

Avete già evidenziato qualche tappa?

Abbiamo fatto delle ricognizioni, penso che si debba partire bene e stare lontani dai pericoli. La prima tappa spartiacque sarà quella di Crans Montana e l’ultima settimana in toto. I ragazzi affronteranno delle salite davvero impegnative, la storia poi insegna che negli giorni finali, si può perdere il Giro ovunque, anche su una salita al cinque per cento. 

Il percorso si avvicina molto alle caratteristiche di Arensman, il vostro ultimo acquisto, come lo gestirete?

E’ al primo anno con noi e non è facile adattarsi ai metodi di lavoro di una nuova squadra. Ha fatto una prima parte di stagione correndo in supporto dei suoi compagni, sicuramente, come dicevamo, fare il Giro accanto a Thomas gli sarà utile. Si tratta di un’esperienza importante da portare a termine ed avrà l’occasione di imparare molto. E’ cresciuto anche lui con il passare delle tappe, ha avuto un po’ di problemi post altura.

A differenza dello scorso anno vi presenterete con più di un capitano?

E’ fondamentale avere una “carta di scorta”. Fare un Giro per provare a vincerlo con tre o quattro capitani è difficile, tuttavia penso che avere due ragazzi che partono allo stesso livello sia importante. Poi la strada dirà chi è il più forte, le gerarchie si decideranno insieme loro e con lo staff. 

Avete due corridori, Thomas e Geoghegan Hart, che hanno già vinto dei Grandi Giri, quanto è importante avere questo tipo di esperienza?

Sarà assolutamente un punto di forza per noi, partire con un corridore che ha già vinto un Tour de France (Thomas, ndr) e l’altro che ha vinto il Giro (Geoghegan Hart, ndr) ci rende più tranquilli per la gestione della corsa. Poi ripeto, saranno le gambe a fare la differenza, vedremo ai momenti cruciali come ci arriveremo.

Quella mezza maratona di Wurf dopo la Roubaix…

21.04.2023
5 min
Salva

Si è parlato non poco del post Roubaix di Cameron Wurf. E giustamente ci verrebbe da dire! Il corridore della Ineos Grenadiers infatti dopo essersi sciroppato 256 chilometri (di cui 55 sul pavé) ha pensato bene di aggiungere alla sua attività sportiva una mezza maratona. Qualcuno gli ha dato del folle, in realtà è stato molto meno folle di quel si possa pensare. Vediamo perché.

Anzi non una “mezza”, ma 400 metri di più per essere precisi. L’australiano infatti ha corso a piedi per 21,6 chilometri. Ma perché? Wurf è (anche) un triatleta. Tempo fa aveva smesso di essere un pro’. Al termine della stagione 2014, per sei anni è stato un triatleta a tutti gli effetti. Ha ripreso a correre nel 2020. Nel 2016 ha disputato il suo primo Ironman e non a caso è rientrato con la Ineos Grenadiers, squadra che da sempre cura molto la cronometro.

La doppia attività di Wurf postata su Strava: prima la Roubaix, poi la mezza maratona a piedi (passo 4’06” al chilometro)
La doppia attività di Wurf postata su Strava: prima la Roubaix, poi la mezza maratona a piedi (passo 4’06” al chilometro)

Wurf e l’Ironman

Ma facciamo però chiarezza sul tema dell’essere triatleta. Cameron infatti è uno dei migliori nell’IronMan, vale a dire il triathlon originario: quello che ha dato il via a questa disciplina, 3,8 chilometri di nuoto, 180 in bici e la maratona (42,195 metri) di corsa. E solitamente chi primeggia in questo tipo di triathlon non fa parte di coloro che puntano alle Olimpiadi (1,5 chilometri di nuoto, 40 in bici, 10 di corsa). Quello è un altro mondo. Un po’ come le marathon e il cross country in mtb.

«Sto cercando di migliorare la mia condizione in vista dei mondiali di Ironman – ha detto Wurf a Sporza – dopo la Roubaix avrei voluto correre un po’ di più, ma ormai si era fatto buio».

Wurf, ironicamente, aveva poi commentato sui suoi canali social: “Ora ho fame”. E poi aveva pubblicato su Strava la sua “mezza”.

Buon nuotatore, super ciclista (è suo il record della frazione in bici dell’Ironman), Cameron è anche un ottimo podista (foto Instagram)
Buon nuotatore, super ciclista (è suo il record della frazione in bici dell’Ironman), Cameron è anche un ottimo podista (foto Instagram)

Professionalità massima

Qualcuno ha criticato questa impresa istrionica. L’accusa? Poteva fare di più per Ganna. Se finisce una Roubaix e poi ha la forza di correre evidentemente non ha dato tutto.

In realtà lo stesso Wurf ha spiegato che prima di tutto ha corso per Pippo. Ha cercato di proteggerlo e di portarlo avanti. Poi quando la corsa è esplosa e Ganna era al sicuro, davanti con i big, Cameron ha iniziato la sua Roubaix.

«Negli ultimi 80 chilometri – ha continuato Wurf – ho iniziato a pensare al mio allenamento a piedi. Dopo la Foresta di Arenberg il mio compito era finito. Senza contare che proprio davanti a me c’è stata la caduta di Wright e Van Baarle. Da lì sarei stato comunque tagliato fuori. Arrivare al velodromo non dico che sia stata una passeggiata, ma neanche ho dovuto forzare al massimo».

Alla fine il trentanovenne della Tasmania, dove il triathlon è qualcosa di “sacro”, ha chiuso la Parigi-Roubaix nelle retrovie a 22’44” da VdP.

Obiettivo Nizza

Cosa può davvero ottenere Wurf all’Ironman iridato di Nizza del prossimo 10 settembre? Cameron viene da un undicesimo posto. Il suo obiettivo è migliorare, ma nel triathlon come il ciclismo l’asticella si è alzata parecchio. Americani, sudafricani e molti suoi connazionali appartengono a team semiprofessionistici. O meglio, grazie a degli sponsor personali riescono ad allestirsi degli staff per fare la vita da atleti a tempo pieno ed essere di fatto dei pro’.

«Lo scorso anno – ha detto Wurf – sono stato al di sotto delle mie aspettative e per questo cerco di fare questo tipo di allenamenti estremi. Voglio alzare il mio livello. Il mio obiettivo è quello di centrare una top cinque. E quanto fatto la domenica della Roubaix è abbastanza simile ad un Ironman».

Tra gara e mezza maratona in allenamento, Cameron è stato in attività per circa sette ore e mezzo. La durata media di un Ironman per un atleta del suo livello è di circa otto ore, molto dipende poi dalle condizioni meteo, del mare, dalle caratteristiche del percorso (specie in bici)… Per questo possono esserci anche differenze di 20’, in più o in meno per atleta, a parità di condizioni fisiche dello stesso.

A conti fatti dunque Wurf e la Ineos – ricordiamolo che in tempi di marketing nulla è vano – non sono stati poi così folli.

Tour of the Alps, a Renon il secondo timbro di Tao

18.04.2023
5 min
Salva

RENON – «Grazie per il complimento, ma sono magro come gli altri anni. Forse sembriamo più in forma del solito quando vinciamo». Tao Geoghegan Hart ha appena vinto anche la seconda tappa del Tour of the Alps e ci risponde col sorriso in conferenza stampa quando, fra le tante considerazioni, gli facciamo notare che appare più tirato che in passato.

La condizione psicofisica del 28enne della Ineos Grenadiers parla chiaro fin da inizio stagione. Finora ha disputato solo gare a tappe ottenendo risultati e prestazioni importanti. Terzo nella generale alla Valenciana con una vittoria, sesto alla Ruta del Sol ed ancora terzo alla Tirreno-Adriatico con due podi parziali. Ora due successi su due al Tour of the Alps, diventata ormai la sua corsa in cui ha percentuali da cecchino. Sette frazioni disputate (su due partecipazioni) e quattro vittorie. Anche per questo Tao è decisamente sereno e di buon umore davanti a penne e taccuini nel post-gara.

Tao vince anche a Renon dopo il successo ad Alpbach nella prima tappa
Tao vince anche a Renon dopo il successo ad Alpbach nella prima tappa

Ieri e oggi

L’arrivo a Renon sulla pista esterna di pattinaggio della Ritten Arena, al termine di una salita spezzata in tre tronconi, è un affare a nove uomini. Tao bissa il sigillo di ieri rafforzando la maglia verde di leader grazie al solito “lavorone” della sua Ineos, anche se dopo la linea sembra contrariato per qualcosa.

«Le difficoltà tra ieri e oggi – spiega subito il vincitore del Giro d’Italia del 2020 – sono state simili. I miei compagni mi hanno aiutato a controllare la corsa, senza far prendere troppo spazio alla fuga. Sono orgoglioso di loro. D’altronde come non potrei esserlo, basta guardare chi sono i nomi. Al mio servizio, per esempio, c’è uno che ha vinto il Tour de France (riferendosi a Geraint Thomas, ndr), poi altri ragazzi che hanno vinto tanto in carriera, compreso De Plus che per me è il miglior gregario in salita. Siamo la squadra più forte ».

Dopo l’arrivo Geoghegan Hart e Haig (secondo al traguardo) si chiariscono sul finale di tappa
Dopo l’arrivo Geoghegan Hart e Haig (secondo al traguardo) si chiariscono sul finale di tappa

«Appena tagliato il traguardo – confessa Geoghegan Hart – non ero arrabbiato né con Haig (secondo al traguardo, ndr) né con nessun altro. Diciamo che gli ultimi 300 metri non mi hanno entusiasmato. Gall (austriaco della Ag2R Citroen, ndr) è caduto in curva prima che entrassimo nell’arena e mi sono un po’ spaventato. Mi è dispiaciuto perché non voglio che nessuno cada o si faccia male. Sappiamo quanto una caduta o una curva talvolta possano cambiare tutto. Mi piace tanto il Tour of the Alps e mi piace tanto la sua organizzazione ma forse questo finale non è stato il top. In ogni caso non vogliamo che sia questo episodio a sporcare una giornata perfetta».

Nelle prime due tappe del Tour of the Alps, la Ineos Grenadiers ha lavorato tanto in salita
Nelle prime due tappe del Tour of the Alps, la Ineos Grenadiers ha lavorato tanto in salita

Vista sul Giro

Appena entra in sala stampa, Tao guarda fuori dalla finestra il panorama dell’altopiano di Renon e del Massiccio dello Sciliar. Queste montagne gli piacciono proprio, ha un legame forte col Trentino-Alto Adige ma all’orizzonte c’è il Giro d’Italia, il suo obiettivo.

«Dopo il Tour of the Alps – racconta – farò qualche giorno di riposo, poi riprenderò il programma di allenamenti in vista del Giro. Adesso mi sento bene e in questi due giorni sono stato attento a non spingere a fondo. Sono stato paziente nel gestire gli ultimi chilometri e se farò altrettanto al Giro, allora credo che potrò fare molto bene. Il primo step sarà quello di passare indenne le prime dieci tappe, tra i vari eventuali problemi che possono capitare in una gara del genere. Troppo avanti di condizione? No, non direi. Stavo bene alla Tirreno come adesso, non vedo perché non dovrei stare bene anche fra un mese e per tutto maggio».

Geoghegan Hart ringrazia uno sfinito De Plus. Per Tao l’olandese è il miglior gregario in salita
Geoghegan Hart ringrazia uno sfinito De Plus. Per Tao l’olandese è il miglior gregario in salita

«Ogni gara ha la propria difficoltà – prosegue Geoghegan Hart – e noi dobbiamo essere bravi ad adattarci. Nel ciclismo moderno le corse si aprono molto prima e possono cambiare più in fretta. Adesso penso ai prossimi giorni del Tour of the Alps che non saranno semplici poi guarderò alle tappe del Giro. Preferisco studiarle più sotto data perché quando l’ho fatto con anticipo le mie aspettative sono state disattese. Ad esempio ieri su Facetime la mia fidanzata mi ha chiesto come fosse la tappa di oggi ed io le ho risposto che non era troppo impegnativa. Invece sono stato smentito, ma anche sorpreso.

«Amo il vostro Paese – conclude Tao abbozzando un italiano molto basico ma abbastanza comprensibile – perché c’è una grande cultura ciclistica. Per me Italia e ciclismo è sempre stato un binomio stretto. Il ciclismo è uno sport che regala grandi emozioni e corro sempre con l’idea di proteggere la storia di questo sport. E poi, se non lo sapete, ho una zia di Pinzolo… quindi per uno nato a Londra, potete immaginare cosa rappresentino per me questi paesaggi di montagna».

Dopo la Sanremo, Ganna può volare anche sulle pietre

10.04.2023
4 min
Salva

Okay Van der Poel e okay Van Aert, ma ieri il numero lo ha fatto anche Filippo Ganna. Il campione della Ineos Grenadiers è arrivato sesto. Di fatto era la prima volta che dava assalto con determinate velleità di successo alla classica delle pietre.

Il piemontese è sempre stato nel vivo della corsa. Sempre sulle ruote dei favoriti. E con loro se l’è giocata a viso aperto e petto in fuori.

La sua giornata era inizia ta con molta calma. Avendo l’hotel a poche centinaia di metri dalla partenza, gli Ineos erano arrivati al bus in bici, con lo zaino in spalla. Il bus era stato saggiamente spostato con anticipo così da assicurarsi il miglior posto. Ganna firmava autografi ed era tranquillo. Prima del via, ma proprio al momento dello “sparo”, ha trovato anche il tempo di salutare la sua compagna.

Dai baci alle pietre

Ma da un’immagine così soft ad una ben più dura è bastato un attimo. Anzi, ci sono 96 chilometri, quelli che separano Compiegne dal primo settore in pavè. E lì Pippo e la sua Ineos si sono fatti trovare pronti. Da Arenberg in poi, la storia la conosciamo. 

Ritroviamo Ganna, stremato, dopo l’arrivo. E’ seduto nel velodromo. Guarda nel vuoto, beve un po’ d’acqua e continua a tossire. Una tosse da sforzo. Da sfinimento.

Eppure questa fatica è servita a qualcosa. Come dopo la Sanremo, il bicchiere va visto assolutamente mezzo pieno.

«Cosa mi porto a casa da questa Parigi-Roubaix? Tante botte e che devo essere sempre attento: ci sono colleghi che ti dicono di avere i crampi e poi… Li devi guardare in faccia. Chi sono potete immaginarlo». Il riferimento potrebbe essere, il condizionale è d’obbligo, rivolto a Pedersen e Kung.

«Non voglio far polemiche, però potevamo giocarci il podio magari. Sarebbe stato più carino».

Dopo aver tirato tanto, Ganna perde la volata con Pedersen e Kung. I tre sono giunti a soli 4″ dal drappello di Van Aert e a 50″ da VdP
Dopo aver tirato tanto, Ganna perde la volata con Pedersen e Kung. I tre sono giunti a soli 4″ dal drappello di Van Aert e a 50″ da VdP

Consapevolezza acquisita

Ganna però alla fine è soddisfatto. In cuor suo ha capito, come a Sanremo, che questa corsa la può vincere. E non è poco. Significa che il palmares può aspirare a tanto e che dopo le prossime Olimpiadi si potrà tornare quassù con tutt’altra verve e tutt’altra convinzione.

E provarci, anche se non ancora al 101%, ma al 100% è fondamentale. Per fare bene in certe corse non è importante solo parteciparvi, ma come vi si partecipa. Bisogna “impararle a vincere”, se così si può dire.

«Comunque è andata bene, dai – aggiunge Ganna – quest’anno sono stato presente più spesso del dovuto in testa al gruppo. Sono stato nel vivo della corsa. C’è stato anche un momento in cui ci ho creduto, ma dal crederci all’arrivare cambia tutto.

«Ora voglio solo riposarmi un po’, perché in questa stagione ho già consumato tanto, e voglio pensare al Giro d’Italia».

Pippo era alla sua 4ª Roubaix da pro’, la prima con l’idea di vincere veramente. Cosa che gli era riuscita da U23
Pippo era alla sua 4ª Roubaix da pro’, la prima con l’idea di vincere veramente. Cosa che gli era riuscita da U23

Cioni: pollice in su

E il discorso del provarci Dario David Cioni lo conosce bene. «Sono contento della prestazione di Filippo – ha detto il coach e diesse di Ganna – in quanto era la prima volta che si trovava in quella posizione in questa corsa. Ed è tutto diverso che farla da dietro. Oggi (ieri, ndr) Filippo ha imparato molto. 

«Certo, sicuramente c’è ancora molto da fare. Come sempre c’è da migliorare e da lavorare su tutto. Ma il lavoro svolto sin qui è stato buono. La strada è questa».

Anche Cassani ha fatto una disamina molto interessante sulla Roubaix di Ganna. E siamo d’accordo con lui quando dice che Pippo fa ancora un po’ fatica non tanto sul pavé, quanto nelle curve e nei rapidi cambi di direzione. E qui torniamo al punto di prima: queste corse vanno fatte e rifatte. E soprattutto vanno fatte davanti dove frenesia, pressione, avversari e velocità sono diverse.

«Fisicamente Ganna c’era – prosegue Cioni – perché comunque è rimasto con i primi fino alla fine, fino a 16 chilometri dal traguardo. A parte Van der Poel che è scappato, poi erano tutti lì e il distacco è nell’ordine dei secondi, non dei minuti. E questo per me è molto importante. In prospettiva il suo sesto posto è un risultato che fa ben sperare. Anche la squadra ha lavorato bene, portandolo davanti fino alla Foresta di Arenberg, dove poi è esplosa la corsa».

E Thomas? «Adesso è in tabella»: parola di Tosatto

06.04.2023
4 min
Salva

Geraint Thomas è partito un po’ in sordina in questa stagione. O almeno si è visto poco e l’inglese, per la terza volta nella sua carriera punta deciso al Giro d’Italia. Tuttavia rispetto ai suoi grandi rivali da Evenepoel a Roglic, da Almeida a Vlasov, si è visto meno.

Ha anche evitato i maggiori confronti di Parigi-Nizza o Tirreno-Adriatico. Eppure il corridore della Ineos Grenadiers sembra sereno e tranquillo. E a confermare questa sensazione è Matteo Tosatto, direttore sportivo della maglia gialla 2018.

Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo, Thomas si è visto poco in questa prima parte di stagione: come mai?

In realtà aveva iniziato presto, al Down Under e il suo programma prevedeva anche Algarve e Tirreno-Adriatico, ma di ritorno dalla trasferta australiana si è ammalato, malanni di stagione. Ma di questi tempi meglio evitare, altrimenti si rischia di contagiare anche i compagni. E poi oggi andare a correre se non si è al meglio è controproducente. A quel punto abbiamo cambiato i programmi e lo abbiamo dirottato sul Catalunya.

Anche se non ha brillato…

Non ha brillato, ma lo sapevamo. Anzi, l’idea era proprio quella di correre, ma senza fare dei mega fuorigiri. Sapevamo che avrebbe fatto fatica. Si è messo a disposizione dei compagni. Terminato il Catalunya, Geraint ha fatto due, tre giorni di scarico e poi è andato in altura.

E lo abbiamo visto sereno lassù. Tra l’altro è a Sierra Nevada, ed è la prima volta per lui…

Sì, è la prima volta che va lassù. Avevamo chiesto per il Teide, ma c’erano un po’ di problemi con le camere. E’ tutto pieno, un po’ di caos. E siccome altri dei nostri (e non solo dei nostri) erano già andati a Sierra Nevada e si erano trovati bene, abbiamo deciso di cambiare. 

E come sta andando lassù?

Bene. L’importante è che Thomas lavori con costanza, che porti a casa dei buoni blocchi e volumi di lavoro in vista del Tour of the Alps e soprattutto del Giro d’Italia.

Un selfie di Thomas in altura a Sierra Nevada con i compagni del “gruppo Giro” (foto Instagram)
Un selfie di Thomas in altura a Sierra Nevada con i compagni del “gruppo Giro” (foto Instagram)
Questo per lui è l’ultimo anno, un po’ come abbiamo “indagato” per Sagan, non è che le motivazioni vengano un po’ meno?

Non è certo che sia l’ultimo anno. Thomas ha detto: «Potrebbe essere l’ultimo anno». Quindi non si sa ancora. Io lo vedo e lo sento motivato. Sta lavorando bene, con serietà… Okay, se avesse fatto la Tirreno sarebbe stato un pelo meglio sotto ogni punto di vista, ma alla fine abbiamo sostituito la corsa dei due mari con il Catalunya, che come si è visto non è stata una corsetta!

Riguardo al Giro, farete dei sopralluoghi? Magari per le tappe delle crono?

Io sì, qualche tappa l’ho vista. Il percorso del Giro Thomas lo ha visto questo inverno su carta, lo ha studiato, ha le tappe e ha detto che gli piace e sa bene che ci sono molte insidie. Per quanto riguarda le crono in realtà, quelle vere, sono due in quanto la terza è una cronoscalata durissima. Forse faremmo un sopralluogo proprio per la crono del Lussari dopo il Tour of the Alps.

A proposito do insidie, per Thomas il Giro non è super fortunato: travolto da una moto nel 2017 e caduto su una borraccia nel 2020…

Eh, in effetti non ha dei super ricordi, ma bisogna guardare avanti, non farsi influenzare e magari sfatare questo tabù. No, no… Geraint è contento di venire al Giro, di correre in Italia, gli fa piacere gareggiare da noi. L’importante è fare un buon Giro, di arrivarci bene e senza malanni.

Thomas (classe 1986) al Down Under. Arriverà al Giro con soli 18 giorni di corsa
Thomas (classe 1986) al Down Under. Arriverà al Giro con soli 18 giorni di corsa
Al Giro avrete due capitani: Thomas, appunto, e Geoghegan Hart: come sta Tao? E come condivideranno questo ruolo di leader?

Anche Tao sta molto bene. Ha mostrato di andare forte ad inizio stagione e finalmente non ha avuto nessun intoppo invernale. Ha vinto una tappa alla Ruta de Sol e fatto bene anche alla Tirreno. Ci era anche venuta in mente l’idea di sfruttare la Tirreno, appunto, per fare bene al Catalunya, poi abbiamo preferito restare fedeli al programma originario e lavorare bene in ottica Giro.

E quindi come convivranno al Giro?

Non si pesteranno i piedi. Sono due atleti intelligenti e con un Giro così duro e con quegli avversari che ci sono, avere più carte da giocare può essere un bene. Insomma, non è un mistero che Roglic ed Evenepoel siano i favoriti e noi dovremmo essere bravi a cogliere l’occasione quando capiterà e avere due atleti di punta potrebbe giocare a nostro favore.

Quindi siete contenti, anche se nel complesso prima del Giro avrà corso poco (18 giorni di gara compreso il TOTA, ndr)?

Sì, sì. L’ho sentito proprio qualche giorno fa. E’ super felice del gruppo di Sierra Nevada, adesso procede tutto secondo programma. E’ in tabella con la condizione. Sta lavorando bene. Alternare la giusta dose di corse, di lavoro e di recupero per lui che non è più un ragazzino ed è anche un diesel sono ideali.