Simone Ravanelli e diventare pro’ nell’era del covid

22.12.2021
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Diventare professionisti è sempre un grande salto nel buio, ci si ritrova catapultati in un mondo nuovo. Modo di correre differente, compagni forti e gli avversari lo sono anche di più. Cambia il metodo di approccio alle gare ed agli allenamenti, aumentano le pressioni e le aspettative. Se a tutto questo si aggiunge una pandemia, ecco che il cammino si complica ancora di più.

E’ quello che è successo a Simone Ravanelli, corridore dell’Androni Sidermec che abbiamo incontrato a Benidorm, in ritiro la scorsa settimana. Parlando con Ellena è venuto fuori come stia crescendo bene e di come la squadra riponga molta fiducia sulle sue qualità per la prossima stagione.

Simone Ravanelli è di Almenno San Salvatore, in provincia di Bergamo, una delle province più colpite dalla pandemia
Simone Ravanelli è di Almenno San Salvatore, in provincia di Bergamo

Un ostacolo inaspettato

«All’inizio del 2020 ero partito bene – dice Ravanelli – con delle buone prestazioni alla Vuelta a San Juan, al Laigueglia e al Tour of Rwanda (dove aveva concluso quarto in classifica generale, ndr). Poi c’è stato lo stop improvviso per il Covid e la stagione è stata completamente da ricostruire. Facevo delle sessioni di allenamento sui rulli, ma non sapevamo neanche se e quando saremmo tornati a correre. Io sono di Almenno San Salvatore, in provincia di Bergamo, nel pieno della pandemia».

Quanto hai risentito mentalmente di quella situazione?

Abitando nella provincia italiana più colpita, direi che è stato davvero complicato. Nonostante nessuno dei miei parenti o conoscenti sia stato direttamente colpito dal virus, era difficile mantenere la concentrazione sulla bici. Il rimbombare delle sirene delle ambulanze era costante e ci accompagnava per tutto il giorno.

Hai detto che facevi sessioni di allenamento sui rulli, in che modo ti allenavi?

Non sapendo se e quando saremmo tornati a correre non ho fatto grandi lavori o allenamenti. Vedevo, tramite i vari social, che altri corridori facevano anche sessioni da 4 ore, ma non ne trovavo il senso. Pedalavo per un’ora al mattino ed una al pomeriggio, ma ho anche approfittato per staccare un po’.

Simone Ravanelli
Simone Ravanelli alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali del 2020, dove si è messo in luce con dei buoni piazzamenti
Simone Ravanelli
Simone Ravanelli alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali del 2020
Una volta risaliti in sella?

C’è stata tanta incertezza fino all’ultimo. A inizio maggio abbiamo ripreso gli allenamenti e ad agosto le corse. Ho disputato tante gare, quelle in Italia le ho fatte tutte, alla fine correvo ogni due giorni.

Essendo il tuo primo anno da pro’ quali sono state le tue difficoltà maggiori?

Sono state principalmente due. La prima che anche nelle gare minori avevamo una startlist di primo livello e questo ha contribuito ad alzare il livello delle corse. Basta guardare i partenti della Coppi e Bartali nel 2019 e nel 2020 e capisci subito… L’anno prima avevamo due o tre squadre WorldTour, quello dopo dieci.

Questo che conseguenze ha avuto?

Le medie orarie si sono impennate e di conseguenza anche il nervosismo in gruppo. Gare di minor rilievo si sono riempite di campioni ed è diventato più difficile mettersi in mostra. Questo è valso anche per il 2021.

La seconda difficoltà che dicevi?

Il calendario compresso. Ripartire e prendere il ritmo delle gare è stato complicato per tutti, pensate ad un neoprofessionista. Il Giro d’Italia è stato l’emblema di quel che sto dicendo. Non avevo mai fatto una corsa a tappe di tre settimane e farlo senza aver messo una base di preparazione adeguata non mi ha permesso di esprimermi al meglio.

Ai campionati italiani a cronometro del 2020 Simone Ravanelli ha conquistato l’ottava posizione
Ai campionati italiani a cronometro del 2020 ha conquistato l’ottava posizione
Il 2021 può essere considerato il tuo primo vero anno da pro’?

In un certo senso sì. Anche se abbiamo avuto dei problemi di organizzazione della stagione legati al fatto di essere stati inizialmente esclusi dal Giro d’Italia. Abbiamo iniziato a correre tardi, a marzo e la prima parte di stagione è andata un po’ così e così, senza trovare il colpo di pedale giusto.

La seconda parte?

Decisamente meglio! E voglio, anzi vogliamo, ripartire da lì. Mi sono messo in mostra in Francia al Tour Poitou, dove ho ottenuto un secondo posto nell’ultima tappa. Anche il Giro di Sicilia è andato molto bene, anche lì ho raccolto un secondo posto nella tappa conclusiva e la decima posizione nella classifica generale.

Sei passato professionista a 24 anni, una rarità ora come ora…

Ho fatto il mio percorso, senza fretta. Negli under 23 hai la possibilità di sbagliare, sono concessi degli errori, nei professionisti no. Se non fai bene per una o due stagioni rischi di finire la carriera alla mia età se non prima.

Simone Ravanelli in maglia Biesse Carrera sul podio del Giro dell’Appennino 2019 accanto a Masnada e Cattaneo, al tempo in Androni
Simone Ravanelli in maglia Biesse Carrera sul podio del Giro dell’Appennino 2019
E per la nuova stagione che programmi hai?

Domani (oggi per chi legge, ndr) torniamo a casa dal ritiro, continueremo a lavorare individualmente fino al 16 gennaio quando qualcuno di noi partirà per le prime corse. Mi fermerò solamente a Natale, Santo Stefano lo passo sui pedali…

Il tuo esordio quando sarà?

Il 26 gennaio e Maiorca. Ci saranno 5 gare tra il 26 e il 30, non prenderò parte a tutte, probabilmente a due o tre. Forse andremo giù qualche giorno prima per sfruttare il caldo e fare qualche allenamento tutti insieme.

Un desiderio per il prossimo anno?

Voglio continuare come ho concluso il 2021. Mi piacerebbe avere la certezza di correre il Giro d’Italia così da prepararlo bene insieme alla squadra (ma questo lo si scoprirà a gennaio quando verranno svelate le wild card, ndr).

Landa: il Tour in testa, ma questo Giro senza crono…

17.12.2021
4 min
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Non restiamo stupiti quando Mikel Landa esordisce con un: «La prima cosa è stare bene. Voglio superare ogni problema di salute». L’asso spagnolo è noto per le sue cadute e anche per qualche passaggio a vuoto in momenti topici dei suoi grandi appuntamenti. Ma resta un big.

L’ennesima prova l’abbiamo avuta quest’anno con la caduta al Giro, appunto, e gli improvvisi problemi accusati alla Vuelta. A fronte, è giusto ricordarlo, di un potenziale enorme. In salita, il miglior Landa infatti non è così distante dai Pogacar o i Bernal.

Il 32 enne della Bahrain-Victorious ha obiettivi abbastanza definiti per la prossima stagione, almeno nella testa, e ancora una volta questi passeranno dalle corse a tappe, quelle alle quali si sente più votato.

Dopo il ritiro alla Vuelta, il basco ha preso parte all’europeo con il ruolo di gregario. Mikel è sempre stato generoso
Dopo il ritiro alla Vuelta, il basco ha preso parte all’europeo con il ruolo di gregario. Mikel è sempre stato generoso

Idea Tour, ma il Giro…

Dopo una stagione così ricca di successi e dopo essersi ritrovata estremamente competitiva anche nelle classiche, la Bahrain deve calibrare bene i suoi impegni. In questi giorni spagnoli – sono in ritiro Altea – i direttori sportivi hanno un bel da fare per piazzare tutti i capitani: Jack Haig, Sonny Colbrelli, Mathej Mohoric, Damiano Caruso e appunto Mikel Landa, senza dimenticare Pello Bilbao e Gino Mader che l’anno scorso è cresciuto moltissimo.

Poiché non tutti hanno un programma così definito anche quello di Landa resta “ballerino” o quantomeno non è deciso del tutto. Lui dice che il grande obiettivo è la Grande Boucle, ma come? Da leader? Da cacciatore di tappe? O da semplice gregario?

«Mi piacerebbe fare il Tour de France – dice Landa – Mi rendo conto che il Giro d’Italia è molto adatto alle mie caratteristiche. La corsa rosa può essere davvero una grande opportunità. Ho visto che ci sono molte salite e c’è pochissima crono. Magari potrei farle tutte e due».

E il percorso del Giro 2022 evoca ricordi contrastanti per Mikel. Nel 2017 prima del Blockhaus rovinò a terra insieme a Thomas, ma due anni prima fu re dell’Aprica.

La Bahrain è cresciuta molto quest’anno, ecco Mikel tra Caruso e Haig
La Bahrain è cresciuta molto quest’anno, ecco Mikel tra Caruso e Haig

Concorrenza o aiuto?

Si dice però che Landa e, proprio in virtù di una concorrenza interna fortemente cresciuta, potrebbe non avere un team di supporto tutto per lui. Potrebbe non partire con i gradi di leader unico. Ma guai ad intenderlo come una mancanza di fiducia, visto che ha prolungato il contratto fino al 2023.

«L’anno scorso – dice Landa – ho avuto una stagione molto difficile a causa della caduta al Giro, quindi il mio unico obiettivo è essere competitivo in ogni momento. Ho sempre bisogno di un po’ di fortuna, ma se sono in salute posso fare del mio meglio».

Magari l’arrivo di Luis Leon Sanchez, corridore molto esperto e che in Astana ancora rimpiangono, può aiutarlo parecchio. Sanchez potrebbe essere quell’uomo fidato che magari gli è mancato sin qui. In più i due hanno corso insieme proprio in Astana. Il feeling non dovrebbe essere un problema… sempre che Luis Leon sia affiancato a Landa.

Landa non ha lasciato nulla al caso. Ecco gli speciali supporti alla mano che potrebbero aiutarlo a guidare meglio (foto Instagram)
Landa non ha lasciato nulla al caso. Ecco gli speciali supporti alla mano che potrebbero aiutarlo a guidare meglio (foto Instagram)

Solita e solida serietà

Intanto Landa ha ripreso ad allenarsi con la sua consueta serietà. Ha lavorato anche sulla crono, ma soprattutto su se stesso, sulla salute. Dopo aver concluso la stagione, in verità non molto bene, lo spagnolo si è concentrato sul recupero, come lui stesso ha detto. L’obiettivo? Eliminare definitivamente gli strascichi che dal Giro in poi si è portato dietro per tutta la stagione (è caduto anche al rientro a San Sebastian).

Ha tolto la placca che gli avevano messo alla clavicola, ma soprattutto si è recato presso una clinica nei suoi Paesi Baschi per ovviare ad un problema apparentemente ad una mano. In realtà Mikel ha messo dei supporti, tipo protesi, che sembra possano aiutarlo anche nella guida in quanto “danno assistenza” al sistema neuro-muscoloscheletrico: supporti che svolgono lavori di stabilizzazione, allineamento e correzione. Vedremo se funzioneranno…

Allocchio 2021

Tappe più lunghe nei grandi Giri? Sentiamo Allocchio…

04.12.2021
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Ogni volta che viene annunciato il percorso di un grande Giro, partono le discussioni sulla lunghezza delle tappe, sulla loro spettacolarità. E’ un prezzo che gli organizzatori sanno di dover pagare, ma il discorso non è peregrino e va affrontato in maniera compiuta. Anche per capire il recinto nel quale essi, che siano italiani o esteri, devono agire.

Già, perché la lunghezza di Giro, Tour o Vuelta non è scelta a caso, l’Uci ha messo mano ormai molto tempo fa ai regolamenti stabilendo restrizioni molto chiare, come testimonia Stefano Allocchio, ormai da 25 anni direttore di corsa alla RCS dopo essere stato un velocista di vaglia: «I grandi Giri hanno un tetto di chilometraggio pari a 3.500. Sono ammesse piccole deroghe, se in una tappa accade qualche interruzione, una frana o altro si può cambiare, ma c’è un limite di tre interventi. Un’altra regola è che è possibile inserire una tappa di montagna lunga fino a 240 chilometri, ma a condizione che l’arrivo sia in salita».

Queste regole da quando sono in vigore?

Almeno dalla fine del secolo scorso e dire così fa strano, mi fa sentire davvero vecchio… (Allocchio ride considerando i suoi 59 anni, ndr). Il ciclismo che ho vissuto io da corridore era ben diverso, bisogna considerare che si andava anche oltre i 4.500 chilometri. Addirittura ricordo che quando guardavo il Giro d’Italia da bambino, c’era un traguardo speciale ogni 1.000 chilometri di corsa. Erano altri tempi.

Allocchio Cipollini 2012
Allocchio insieme a Mario Cipollini: da quando gareggiavano, il ciclismo è profondamente cambiato
Allocchio Cipollini 2012
Allocchio e Cipollini: da quando gareggiavano, il ciclismo è profondamente cambiato
Tu hai vissuto da corridore un’epoca ciclistica molto delicata, nella quale il nostro sport era nell’occhio del ciclone per le vicende di doping e al tempo si discuteva molto se per combattere questa piaga non sarebbe stato necessario ridurre non solo i chilometraggi, ma le stesse giornate di gara dei grandi Giri. E’ una teoria che si sente ancora affermare nell’ambiente?

No, è un’idea che progressivamente è andata scomparendo. Ricordo che tempo fa ancora c’era chi pensava di lasciare il Tour a 3 settimane e ridurre Giro e Vuelta a 2, ma chiaramente non è mai stata presa in considerazione questa eventualità. Diminuire i giorni di gara dei grandi Giri non influirebbe, la vera battaglia contro il doping si combatte per altre strade. Bisogna dire che i tempi sono profondamente cambiati da questo punto di vista perché tutto il mondo del ciclismo, in tutte le sue componenti, ha lavorato per questo.

Tu sei stato vicepresidente dell’Associazione Corridori: qual è la posizione degli atleti a proposito della lunghezza delle tappe?

Più che su di essa, l’opinione comune era che si dovesse lavorare sui giorni di gara, come effettivamente è stato fatto nell’arco dell’intero anno, non delle singole gare a tappe. Non possiamo nasconderci che nelle epoche a me precedenti, il doping era uso comune, la piaga la si è combattuta proprio trovando una regolamentazione condivisa da tutti. Ora è difficile barare, per questo quando avviene fa ancora più scandalo. Ma a questo proposito c’è una vicenda recente che ritengo esemplare.

Sagan Dubai 2021
Sagan vincitore al Criterium di Dubai davanti a Bernal in maglia rosa. Per lo slovacco trasferta con fuori programma…
Sagan Dubai 2021
Sagan vincitore al Criterium di Dubai davanti a Bernal in maglia rosa. Per lo slovacco trasferta con fuori programma…
Quale?

Il 6 novembre eravamo a Dubai per il criterium. Arrivati sul posto gli organizzatori locali ci hanno avvertito dell’inserimento nel programma, per il giorno prima, di una pedalata per le vie del centro, chiuso appositamente al traffico, cosa che non avviene praticamente mai, perché lo sceicco aveva piacere di partecipare. La partenza era fissata per le 6 di mattina: Peter Sagan appena saputo si è messo in allarme, perché ha dato la sua reperibilità per i controlli ogni giorno dell’anno fra le 6 e le 8 ed ha dovuto subito avvertire e cambiare gli orari per quel giorno. I corridori ci tengono in maniera particolare e spesso non si tiene conto che questo influisce anche sulle loro vite di persone comuni.

Affrontiamo il tema della lunghezza da un’altra prospettiva, quella dello spettacolo: siamo sicuri che tappe meno lunghe siano davvero più spettacolari?

Dipende, lo spettacolo lo fa la corsa, la sua evoluzione. Normalmente si pensa che tappe di montagna meno lunghe permettano alle squadre di dare maggiore battaglia, ma abbiamo visto come spesso i “tapponi” siano densi di sorprese, colpi di scena, incertezza fino alla fine. Il nostro compito è costruire corse equilibrate, sapendo che qualcuno sarà sempre scontento e non parlo solo dei corridori o dei team.

Marmolada 2021
Il passaggio del Giro davanti alla Marmolada: quest’anno l’esperienza si ripeterà nella 20ª tappa
Marmolada 2021
Il passaggio del Giro davanti alla Marmolada: quest’anno l’esperienza si ripeterà nella 20ª tappa
A chi ti riferisci allora?

L’Italia è lunga, ha 20 regioni, con 3.500 chilometri a disposizione non puoi certo accontentare tutti. Ci saranno sempre realtà che resteranno fuori: da tempo ad esempio vorremmo andare in Sardegna, ma bisogna tenere conto delle difficoltà legate anche ai giorni di riposo che sono praticamente bloccati. Noi vorremmo realizzare davvero un Giro d’Italia passando dappertutto, ma è impossibile.

Nella costruzione delle tappe, nella riduzione dei chilometraggi, influiscono anche le esigenze televisive, che purtroppo stanno svilendo molti sport piegati a concentrare ogni evento negli spazi che la TV concede?

Non è il nostro caso. Noi abbiamo un accordo molto chiaro con la Rai, il nostro broadcaster, perché le tappe arrivino sempre intorno alle 17,15. Anche a Dubai sapevamo che la corsa doveva concludersi intorno alle 16, che sarebbero state per fuso orario le 13 in Europa per permettere la sua teletrasmissione. Il nostro compito è far sì che, per quanto possibile, si arrivi in orario. Dalle Tv non ci sono mai arrivate altre richieste, considerando anche le dirette integrali e sappiamo che è così anche per le altre gare in Italia e all’estero.

C’è possibilità che questa regolamentazione internazionale cambi?

Ne parleremo venerdì al consueto seminario indetto dall’Uci con tutte le realtà: squadre, organizzatori, associazioni di corridori, federazioni ma non ci sono spinte in tal senso. Se poi qualcosa cambierà, ci adegueremo.

Dopo la scuola di Tokyo, Consonni non ha più paura

03.12.2021
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Con l’addio di Elia Viviani il team Cofidis ha deciso di puntare su Simone Consonni, il “pesce pilota” che ha sempre scortato il velocista veneto in questi due anni. Ventisette anni compiuti da poco, il bergamasco sarà il nuovo uomo di punta della squadra francese. Un ruolo che è arrivato a ricoprire dopo anni di gavetta e di esperienza in gruppo, prima con la maglia dell’UAE Team Emirates e poi della squadra francese.

L’Olimpiade di Tokyo e poi i mondiali di Roubaix lo hanno incoronato definitivamente per quanto riguarda il parquet. Ora Simone cerca di ritagliarsi un posto tra i grandi anche su strada e lo farà dal 2022.

Simone Consonni dovrà prendere le misure con il suo nuovo ruolo in squadra
Consonni dovrà adattarsi al nuovo ruolo
Ciao Simone, intanto come stai?

Bene, giro come una trottola: eventi, premiazioni… Sono più incasinato adesso di quando corro in bici. Almeno quando corro devo concentrarmi solo su quello, ora invece sono sballottato ovunque.

Eventi doverosi per chi vince.

Sì sì, per questo non mi lamento. Diciamo che sono contento di essere così richiesto.

Dopo l’addio di Elia Viviani sarai tu la punta della Cofidis, com’è arrivata questa decisione?

Al Giro d’Italia andavo forte e la squadra aveva iniziato a parlarmi di rinnovo, mi sono confrontato con Elia e lui mi ha detto: «Se la squadra vuole puntare su di te, è giusto che ti prendi la tua occasione».

Elia Viviani, SImone Consonni, mondiali Berlino 2020
Elia Viviani e Simone Consonni hanno corso insieme anche su pista nella madison. Qui ai mondiali di Berlino 2020
Elia Viviani, SImone Consonni, mondiali Berlino 2020
Elia Viviani, Simone Consonni, mondiali Berlino 2020
Come sono stati questi due anni al suo fianco?

Non si è vinto quanto si sperava, questo non si può nascondere. Nell’ultima parte di stagione, dopo le Olimpiadi, avevamo iniziato a trovare un equilibrio e un’intesa.

In questi due anni sei stato sempre al suo fianco, era un ruolo che ti piaceva?

Personalmente sì, devo essere onesto. Con Elia sono stati due anni bellissimi dal punto di vista umano, con un rapporto che è continuato anche su pista. Fare l’ultimo uomo mi piaceva, Elia è esigente ma sempre gentile e disponibile.

Ora passi dall’altra parte, le aspettative sono alte, ti senti pronto?

Guarda, se sono sopravvissuto al mese di Tokyo – dice ridendo – posso sopravvivere a tutto. E’ un ruolo nuovo ma che mi sono meritato. E’ l’età giusta per mettersi in proprio, a 27 anni si sono allineati i tasselli e sono pronto per questa nuova esperienza.

I successi su pista quanto ti hanno fatto maturare?

L’Olimpiade come responsabilità e tensione mi ha fatto fare il salto di mentalità. Lì è il cronometro che conta e lui non mente mai…

Per Simone Consonni quest’anno gli impegni su strada aumenteranno per provare a fare il salto di qualtà
Simone Consonni questa stagione aumenterà i giorni di gara su strada
Che stagione sarà?

L’obiettivo realistico è quello di trovare il feeling con la vittoria, cosa che non ho su strada, avendo vinto una sola corsa in cinque anni. Partirò dalle cosiddette gare minori (esordio il primo febbraio al Saudi Tour) anche se il parterre ormai è di primo livello ovunque.

Per le gare WorldTour hai qualche focus?

Sicuramente il grande evento su cui punterò è il Giro d’Italia. Nella prima parte di stagione correrò la Milano-Sanremo, il Fiandre e la Tirreno-Adriatico.

In pista hai trovato la tua disciplina, su strada hai dei percorsi su cui pensi di far bene?

Non sono il classico velocista di pura potenza, mi piacciono gli arrivi mossi, come quello di Stradella al Giro del 2021 dove sono arrivato secondo (foto di apertura). In quel caso sono partito ai 600 metri per prendermi la seconda piazza.

Qual è la cosa che cambierà di più?

Sarà tutto diverso, prima partivo per fare una volata con picchi di potenza minori e più costanti e alla fine, ai 150 metri mi fermavo. Ora devo cambiare mood. Una cosa che mi ha sempre fatto arrabbiare era chi mi diceva: «Già che sei in gruppo perché non fai le volate?». C’è un’enorme differenza tra vincere e far vincere.

Simone non vuole comunque rinunciare alla pista soprattutto quest’anno che correrà da campione olimpico e iridato
Simone non vuole comunque rinunciare alla pista
Cosa ha spinto la Cofidis a credere che tu possa saper vincere?

La mia crescita e il fatto che in questi due anni comunque sono sempre stato costante. E’ una scommessa sia per loro che per me, hanno dato fiducia ad un buon corridore che con l’impegno e la passione è arrivato ad alti livelli. Non ho il motore dei fuoriclasse e dei giovani campioni emergenti, non mi monto la testa, ma so che valgo ed è giunto il momento di provarci.

Per questi obiettivi però dovrai trascorrere più tempo con la squadra ma senza trascurare la pista.

Non essendoci le Olimpiadi come quest’anno avrò meno giorni di corsa con la nazionale. Infatti la prima parte di stagione farò solamente un mini ritiro a fine anno. Con la squadra da qui all’inizio delle corse faremo due ritiri: il primo dal 9 al 17 dicembre in Spagna, il secondo dal 7 al 20 gennaio sempre in Spagna.

Dal punto di vista della personalità e del carisma ti senti pronto?

Ho l’età giusta per prendermi le mie responsabilità, anche quando ero in UAE mi era stato dato dello spazio, ma non ero pronto. Come personalità direi che il banco di prova dell’Olimpiade basta e avanza, ho fatto il mio mese di prova come detto prima.

Non resta allora che augurarti buona fortuna, ci vedremo alle corse…

Grazie, a presto!

Pogacar, due anni per provare Giro-Tour. Ecco perché

30.11.2021
4 min
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Il bello è che non hanno paura. E’ il privilegio di chi ha tanta forza più degli altri e può permettersi di… giocare, ma anche di chi applica la regola più vecchia del mondo: chi mena per primo, mena due volte. Al Lombardia probabilmente Pogacar non era il più forte del gruppetto, ma anticipando ha esposto gli altri al rischio di scoprirsi.

Così fanno anche Van der Poel e Van Aert oppure lo stesso Evenepoel. Dire se si tratti della condotta meno dispendiosa è compito per preparatori, di sicuro la capacità di mettere subito fieno in cascina permette di correre il resto della corsa amministrando e colpendo laddove se ne offra l’occasione.

Il Tour de France di Pogacar in questo senso è stato illuminante. Ma allora non potrebbe essere proprio questa la fase della carriera, benedetta da forza e sfrontatezza, per tentare l’accoppiata Giro-Tour?

L’attacco d’anticipo di Pogacar al Lombardia ha tagliato fuori tutti ad eccezione di Masnada
Il suo attacco d’anticipo al Lombardia ha tagliato fuori tutti ad eccezione di Masnada

Suggestione futura

Diciamo subito che lo sloveno e la sua squadra prima di lui hanno già da un pezzo ufficializzato che nel 2022 farà il Tour e semmai la Vuelta. Pertanto il ragionamento che segue è sul tema e sulla prospettiva che ciò avvenga, non sulla voglia di fargli cambiare idea. E dato che il nostro amico Adriano Malori ha già affrontato il discorso con un post su Facebook, siamo ripartiti da lui. Per capire che cosa lo abbia spinto a dire che lo sloveno sarebbe l’uomo ideale per la doppietta.

«E’ chiaro che dal suo punto di vista – dice Malori – volendo puntare a due grandi Giri nel 2022, faccia bene a concentrarsi su Tour e Vuelta, ma secondo me entro un paio d’anni potrebbe provare Giro e Tour. La differenza rispetto a tutti gli altri che ci sono oggi in gruppo è la freschezza. Ha 25 anni ed è stato capace di andare bene in tutti gli appuntamenti. E’ stato un missile per tutto l’anno».

Al Party A&J accettando la sfida anche nei giochi più elementari
Al Party A&J accettando la sfida anche nei giochi più elementari
Che cosa intendi con freschezza?

Recupero chiaramente e il fatto che corra in modo scanzonato. Come al Lombardia. Ha attaccato, la va o la spacca. E questo gli ha dato un grosso vantaggio. Il solo dubbio è vedere come esce dalle tre settimane e magari lo vedremo nel 2022 alla Vuelta.

Perché questo dubbio?

Perché a Tokyo gli è mancato qualcosa. E’ vero però che c’è stato di mezzo il viaggio e ci siamo detti più volte che tanti hanno sbagliato i tempi, riducendo quello del recupero. Di sicuro però per tentare un’accoppiata, c’è da cambiare qualcosa.

Roglic è il solo avversario che potrebbe fermarlo al Tour, se Pogacar ci arrivasse sotto tono
Roglic è il solo che potrebbe fermarlo al Tour, se Pogacar ci arrivasse sotto tono
Che cosa?

Dovrebbe rassegnarsi a una prima parte di stagione più pacata, non cominciare con vittorie al Uae Tour e quelle a seguire. Dovrebbe arrivare al Giro tramite il Giro dei Paesi Baschi o il Tour of the Alps, comunque corse che non richiedano tanta pressione. Dopo il Giro potrebbe fare lo Slovenia e poi andare al Tour. Può farlo perché è una spanna sopra agli altri, avrebbe potuto vincere il Tour con più vantaggio.

Non c’è il rischio che il Giro prima del Tour rischi di intaccare questo potenziale?

Di sicuro qualcosa gli toglierebbe, ma per questo ho fatto notare che ha vinto il Tour con ampia riserva. Al Giro troverebbe avversari ampiamente alla sua portata, cui è superiore in salita e anche a crono. Potrebbe iniziarlo senza problemi all’80 per cento. Guardate Froome nel 2018. Ebbe la caduta, lo iniziò tutto malconcio, ma alla fine aveva un’ottima condizione.

Con l’attacco a Le Grand Bornand, 8ª tappa del Tour, aveva già 1’48” sul secondo. Poi ha gestito
A Le Grand Bornand, 8ª tappa del Tour, aveva già 1’48” sul secondo
Forse però ha vinto il Tour con riserva perché Roglic è caduto…

Infatti lui può essere la vera incognita, perché ogni anno cresce e potrebbe migliorare ancora. Ha dominato la Vuelta, anche se gli avversari non erano neanche lontanamente al suo livello. Credo che i soli ostacoli per Pogacar siano Roglic e il volere dello sponsor, che sta facendo un mercato stellare proprio per il Tour. Dovrebbe imporsi lui, se gli interessa. E forse c’è un altro dubbio…

Quale?

Non abbiamo visto come gestisce le difficoltà. Abbiamo visto Contador vincere con grandi rimonte e con intelligenza, così come Froome. Pogacar ha sempre dominato, ci sarebbe da capire come eventualmente gestirebbe una crisi a mezzo Stelvio, tanto per fare un esempio. Ma se sta bene, al Tour ha dimostrato di sapere come si fa per spendere lo stretto indispensabile. Lui e Roglic sono come Hamilton e Verstrappen in Formula Uno, il passo falso di uno diventa vantaggio per l’altro.

Bianchi celebra il Giro con una Specialissima limited edition

29.11.2021
3 min
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Bianchi ha scritto pagine indelebili nella storia del Giro d’Italia. Basta pensare ai trionfi di Fausto Coppi che, ad eccezione di quello del debutto, ha vinto tutti i suoi Giri d’Italia in sella ad una bicicletta Bianchi. Dopo il Campionissimo sono stati tanti i corridori a legare il proprio nome al marchio di Treviglio. A partire da Felice Gimondi fino ad arrivare a Marco Pantani.

Per celebrare il forte legame con la corsa rosa, Bianchi ha deciso di creare un’edizione speciale e in numero limitato del telaio della Specialissima. Si tratta di uno dei modelli top di gamma della propria produzione che racchiude in sé il meglio del know-how di Bianchi Reparto Corse. Ecco così arrivare il telaio Specialissima Giro105. La scelta del numero non è casuale. Il prossimo maggio si celebrerà l’edizione numero 105 della corsa rosa e il nuovo telaio sarà disponibile in soli 105 esemplari.

Il telaio della Specialissima è verniciato a mano in Italia con il colore “bianco corsa”
Il telaio della Specialissima è verniciato a mano in Italia

Un’opera d’arte

Il nuovo telaio Specialissima Giro105 si presenta come una vera opera d’arte e, come tale, è destinato a diventare l’oggetto del desiderio degli appassionati. Ogni telaio sarà numerato sul tubo orizzontale da 001 a 105. In questo modo ogni possessore avrà la certezza di poter disporre di un pezzo unico ed esclusivo, come lo può essere una vera opera d’arte.

La cura nei dettagli

Nel progetto del telaio Specialissima Giro105 nulla è stato lasciato al caso a partire dalla verniciatura, rigorosamente fatta a mano in Italia. A dominare è il colore bianco, per l’occasione denominato “Bianco Corsa”, che richiama il colore della linea del traguardo e che fa da sfondo al rosa utilizzato per dare risalto ai dettagli. Le sezioni interne della forcella, del carro posteriore e dei loghi, anch’essi verniciati a mano, sono infatti realizzati in una speciale tonalità di rosa chiamata “Enrosadira”.

Si tratta del colore della luce che illumina le Dolomiti all’alba e al tramonto quando le cime sembrano brillare di rosso, oro e soprattutto rosa, il colore del Giro. Le Dolomiti sono state spesso teatro delle grandi imprese dei campioni del ciclismo in sella ad una Bianchi. A rendere ancora più tangibile il legame tra Bianchi e il Giro d’Italia sulla forcella della Specialissima Giro105 è stato previsto un tema grafico che richiama il Trofeo Senza Fine, il premio destinato al vincitore della corsa rosa.

Il rosa “Enrosadira” è ispirato alle Dolomiti, montagne mitiche del Giro d’Italia sulle quali si è scritta la storia di questa corsa
Il rosa “Enrosadira” è ispirato alla luce delle Dolomiti all’alba ed al tramonto

Disponibile da aprile

Il nuovo telaio della Specialissima Giro105 pesa solo 750 grammi e sarà disponibile sul sito ufficiale dell’azienda a partire dal 15 aprile 2022 e solo per un periodo limitato. Ad impreziosire quella che si annuncia come una vera opera d’arte sarà una confezione prestigiosa arricchita da un kit esclusivo che sarà svelato nelle prossime settimane.

Una volta acquistato il telaio, i 105 fortunati possessori potranno recarsi presso un rivenditore ufficiale Bianchi per allestire la propria bicicletta con la componentistica preferita.

www.bianchi.com

NAMEDSPORT: Andrea Rosso esce dalla società

26.11.2021
3 min
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Una notizia importante che arriva da NAMEDSPORT. Una news rilevante perché coinvolge direttamente uno dei fondatori del brand italiano operativo nel settore dell’integrazione alimentare sportiva, vale a dire Andrea Rosso. La società ha difatti ufficializzato la vendita dell’intero pacchetto azionario delle quote detenute da Rosso – fino ad oggi Amministratore Unico – a favore della GM Farma srl e della famiglia Canova.

Fabio Canova è il nuovo Presidente, con il “closing” relativo alla cessione della piena titolarità delle partecipazioni aziendali effettivo a partire dal 25 novembre.

Andrea Rosso, co-founder di Namedsport dal 25 novembre ha lasciato l’azienda
Andrea Rosso, co-founder di Namedsport

Una crescita vertiginosa

NAMEDSPORT è sinonimo d’integrazione sportiva. Il marchio è noto in tutta Italia e negli ultimi anni ha avviato una rapida espansione commerciale all’estero, “cavalcando” importanti attività di marketing e di sponsorizzazione. Ricordiamo su tutte il legame con le corse organizzate dall’ASO, incluso Tour de France e La Vuelta, di cui Andrea Rosso è stato il regista. Con una visibilità del brand davvero molto importante, raggiunta come detto in breve tempo. L’ormai ex CEO lascia in mano alla nuova proprietà una realtà consolidata e sicura.

«Nel 2015 ho iniziato questa incredibile avventura – ha dichiarato Rosso – fondando la NAMEDSPORT insieme alla famiglia Canova. Fin dall’inizio ci siamo dati un grande ed ambizioso obiettivo, ovvero quello di creare un marchio forte e riconoscibile nel mercato della nutrizione sportiva. Se ci fosse stato detto, fin dall’inizio, dove saremmo arrivati oggi, con una brand awareness davvero incredibile e il possesso del titolo di sponsor Ufficiale di tutti i più importanti eventi ciclistici al mondo, difficilmente ci avremmo creduto!

«Naturalmente questo era il nostro proposito e parte del mio piano. Ho dato tutto il possibile per questo progetto, ma adesso è giunto per me il momento di iniziare un nuovo percorso. Sono molto orgoglioso di quanto è stato creato e auguro alla NAMEDSPORT ogni miglior successo nel portare avanti quello che ho iniziato sei anni fa. Sono convinto che l’azienda saprà vincere ogni sfida che si proporrà da oggi in avanti».

Namedsport è partner di tutti e tre i grandi Giri, qui la Bike Exchange si rifornisce prima di una tappa al Giro d’Italia
Namedsport è partner di tutti e tre i grandi Giri

Fatturato 2021: +25 per cento

Le dichiarazioni di Andrea Rosso sono confermate dai numeri NAMEDSPORT, valori che consentono di guardare al futuro con grande ottimismo. Il fatturato della società al 31 ottobre è in crescita di ben il 25 per cento rispetto allo stesso periodo 2020. Rimanendo comunque superiore anche a quello del 2019.

Passione per lo sport, cura della salute e rispetto per la natura: sono da sempre questi i valori essenziali espressi da NAMEDSPORT. Così da offrire agli sportivi di tutte le discipline un’alimentazione completa e bilanciata. Presupposto fondamentale per garantire una prestazione atletica ottimale, per promuovere lo stato di benessere con prodotti mirati e di elevata qualità.

I “supplement” NAMEDSPORT nascono da un appassionato lavoro di ricerca condotto in collaborazione con una equipe di esperti: preparatori atletici, medici sportivi, ricercatori scientifici, fisioterapisti e nutrizionisti. Formulazioni efficaci e all’avanguardia, che vantano tra gli ingredienti materie prime d’eccellenza. Tutti i prodotti NAMEDSPORT sono notificati al Ministero della Salute e sono conformi alle normative nazionali ed europee in materia di integratori. Per una completa e trasparente tutela del consumatore in cerca di soluzioni equilibrate ed efficaci nel pieno rispetto delle regolamentazioni vigenti e della salute.

namedsport.com

Nel cuore del Friuli, con un friulano. Fabbro è già al Giro

20.11.2021
4 min
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Segnatevi questa tappa del prossimo Giro d’Italia: Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte. E’ la frazione numero 19 della corsa rosa, 178 chilometri. Uno spaccato del Friuli Venezia Giulia: dal mare alle montagne, passando per la pianura e le colline. 

A raccontarci di questa frazione è Matteo Fabbro, friulano Doc, che giusto qualche giorno fa è andato in avanscoperta con il suo diesse, corregionale ed amico: Enrico Gasparotto, da poco approdato alla Bora-Hansgrohe.

Matteo Fabbro sulle strade del suo Friuli, lui è udinese
Matteo Fabbro sulle strade del suo Friuli, lui è udinese
Matteo, si corre a casa tua…

Tappa quasi tutta friulana, con uno sconfinamento in Slovenia. Fino al Passo di Tanamea si percorrono strade che conosco e tutto sommato è abbordabile, ma poi come si passa in Slovenia… 

Diventa dura?

Mamma mia! Giusto ieri ne ho parlato al telefono con Enzo Cainero, l’organizzatore delle tappe friulane. Gli ho detto che era dura e che non andava sottovalutata. Per me è una frazione di montagna a tutti gli effetti e non di media montagna come è stata classificata. Esattamente come quella di Potenza: lì ci sono da fare 4.500 metri di dislivello. E altre frazioni simili non mancano ad inizio Giro.

Parlaci del percorso…

La prima parte, come si vede, è pianeggiante. Fino a Buja è piatta. Poi si entra nelle prime vallate. Si sale a Villanova Grotte e da lì in poi è un continuo su e giù. E le discese sono tecniche, non tanto quella del Passo Tanamea, quanto le altre e quella del Kolovrat. Quella di Villanova è impegnativa ma breve: 5-6 chilometri. Alterna tratti a tornanti a tratti più scorrevoli. Ma la strada è stretta e se sbagli ti fai male. E se l’andatura è alta il gruppo si spezza, sicuro. Quindi dalla prima salita in poi bisogna stare davanti. Non c’è respiro.

Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte: 178 chilometri e 3.230 metri di dislivello
Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte: 178 chilometri e 3.230 metri di dislivello
E la planata del Kolovrat?

Impegnativa e tecnica, anche se non tutta. Qui a preoccuparmi di più, sono gli “zampellotti” (veri) che ci sono in discesa. E poi ci sono dei segmenti in cui è molto stretta ed è un continuo destra-sinistra di curve cieche da saper interpretare.

Le salite come sono?

Sono impegnative. Soprattutto questo Kolovrat. Anzi: è proprio duro. Vi dico solo che la pendenza media è del 9% solo che nel mezzo spiana e c’è anche un tratto di discesa, quindi fate voi… Ci sono dei tratti rettilinei da fare in piedi che faranno selezione. E poi non va dimenticato che siamo all’ultima settimana e il giorno dopo c’è la Marmolada.

Della salita finale cosa ci dici invece?

Castelmonte è più pedalabile rispetto al Kolovrat. Come pendenze somiglia all’Etna. Si va su al 7-8%. L’avevamo fatta anche al Giro di due anni fa, ma in discesa (in apertura un segmento di quella tappa, la Udine-San Daniele del Friuli, ndr).

Quel breve tratto di pianura prima della salita finale blocca eventuali attacchi da lontano o dal Kolovrat si può andare all’arrivo?

No, no… si può andare. C’è spazio per attaccare. Il pezzo di pianura in realtà è di 5-6 chilometri, prima è un vallonato. E già a Cividale si riprende a salire.

Farai qualche giro su quelle strade?

Ah sicuro! Non so se già a dicembre, ma di certo a febbraio ci pedalerò. Voglio andarci per farmi un’idea, perché la percezione che si ha dalla macchina è diversa da quella che si ha dalla bici. E spesso dalla macchina è peggio!

I tratti rettilinei del Kolovrat, dure rampe nel bosco
I tratti rettilinei del Kolovrat, dure rampe nel bosco
Prima hai detto che si è all’ultima settimana e che c’è da fare la Marmolada il giorno dopo: un tappone come quello del Fedaia “tarpa le ali” ad una frazione così o al contrario gli dà una spinta?

Dipende dalla classifica. Se è corta e uno ha gli attributi per attaccare fa bene e può essere una spinta. Magari il giorno dopo avrà mal di gambe, ma anche i suoi rivali ce l’avranno e rischia di far saltare il banco. E se poi dovesse piovere tutto si amplificherebbe. Se dovesse piovere sarebbe un bel “casino”: la strada in alcune zone resterebbe viscida. Spesso infatti è ad ombra, come nella seconda parte della frazione. Si complicherebbero le cose. Di certo sarebbe un bello spettacolo… dalla Tv! Anche per questo voglio provarla in bici, per capire quanto sia scivolosa la strada. Vero anche che magari per il Giro la puliscono…

Che rapporti ipotizzi si possano utilizzare?

Adesso direi un 36 davanti e un 28 dietro, forse anche un 30.

Sei andato in ricognizione col Gaspa, aneddoti di corse passate, ricordi…

Non abbiamo fatto gare insieme su queste strade. Più che altro parlavamo della gestione della corsa. E soprattutto più andavamo avanti, più diventava dura e più ci guardavamo perplessi!

Giro: sul “piattone” della tappa 11 critiche giuste o sbagliate?

17.11.2021
5 min
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Su alcuni social è stata fortemente criticata la tappa numero 11 del prossimo Giro d’Italia, la Sant’Arcangelo di Romagna-Reggio Emilia: 201 chilometri piatti come un biliardo, quasi tutti lungo la Via Emilia (foto di apertura). «Sarà una noia mortale». «Basterà accendere la Tv solo negli ultimi cinque chilometri». E ancora: «Oggi è improponibile una tappa così». «Sembra una tappa d’inizio Tour di qualche anno fa».

Commenti negativi dunque, ma davvero è così brutta una frazione del genere? Anche se valutata nel contesto di una gara che si disputa nell’arco di tre settimane?

Ne parliamo con tre corridori che rispondono ad altrettante categorie: un velocista, Alessandro Petacchi, un attaccante da percorsi misti, Andrea Vendrame, e uno scalatore, Fabio Aru.

Parola al velocista

«Oggi organizzare un Giro non è semplice – dice Petacchi – Si parte e si arriva nelle località che richiedono l’ospitalità e che pagano. Le frazioni vengono disegnate in base a queste. Se Mauro Vegni avesse avuto a disposizione un budget maggiore probabilmente avrebbe disegnato un Giro migliore. Ma in questo caso se deve fare un collegamento tra queste due località… deve passare di lì (vanno considerate anche le località che ospitano i traguardi volanti, ndr). E se l’Italia è fatta così c’è poco da fare».

Ale Jet poi continua. E a dire il vero un po’ ci stupisce…

«Una tappa così è noiosa anche per i corridori e non solo per chi la guarda da casa. Non è come la pianura francese o quella spagnola dove spesso piove, c’è vento o sono vallonate. In quel caso non sarebbe noiosa per nessuno. Al Tour o alla Vuelta non esiste una tappa così. In Francia soprattutto anche quando è piatta fai 2.000 metri di dislivello, ma come ripeto il territorio italiano è così».

A questo punto facciamo notare a Petacchi che negli ultimi anni le frazioni per gli sprinter erano arrivate a 1.800-2.500 metri di dislivello e che gli stessi velocisti si dovevano “guadagnare” la volata. A loro dovrebbe andare bene una frazione così.

«Non è detto che una tappa piatta sia per forza per un velocista – conclude l’ex sprinter – Io non aspettavo le frazioni piatte per fare la volata. Non bisogna pensare che questa frazione sia stata fatta per i velocisti, ma semplicemente perché è capitata in pianura. Se avessero voluto le colline sarebbero passati dalla Toscana».

La tappa “icriminata”. Sant’Arcangelo di Romagna – Reggio Emilia: 201 chilometri e appena 480 metri di dislivello
La tappa “icriminata”. Sant’Arcangelo di Romagna – Reggio Emilia: 201 chilometri e appena 480 metri di dislivello

Parola all’attaccante

Andrea Vendrame è un vero attaccante e i percorsi vallonati sono il suo terreno. Da buon cacciatore di tappe, la prima cosa che è andato a guardare è stata la collocazione della Sant’Arcangelo di Romagna – Reggio Emilia. Se arriva cioè dopo frazioni intermedie, dopo un giorno di riposo o prima di una tappa di montagna.

«Duecento chilometri non sono pochi – spiega Vendrame – oggi anche 150 chilometri fanno la differenza e in tappe così lunghe e piatte già si sa che al 99,9% si arriverà in volata. Ho chiesto conferma su come fosse collocata perché se volevano creare un giorno di riposo attivo dovevano metterla prima di un tappone di montagna. L’anno scorso la tappa di Bagno di Romagna (che vinse proprio Vendrame, ndr) alla fine fece registrare 4.500 metri di dislivello e la tappa del giorno dopo, la Ravenna-Verona fu un giorno di transizione prima dello Zoncolan e di Cortina, anche per questo motivo.

«Dal mio punto di vista, essendo posizionata tra due tappe intermedie è un bene. Mi consente di recuperare un po’. Se ci fossero state due frazioni adatte a me attaccate mi sarei focalizzato di più su una. In questo modo invece posso recuperare un po’ e puntare ad entrambe. Si tratta di un recupero attivo, perché 200 chilometri non sono comunque una passeggiata, ma vedendola così sembra abbastanza soft».

Appurato il fatto che Vendrame in qualche modo può trarne vantaggio, il veneto parla poi dal punto di vista dei tifosi.

«Sarà poco spettacolare per il pubblico e “bella per noi corridori”, anche se fare 200 chilometri piatti ha poco senso. Un po’ quindi hanno ragione i tifosi quando dicono che ci sarà spettacolo solo nel finale.

«Se un corridore si annoia in una frazione così? Eh, diciamo che la distanza non è poca, ma se ci si trova un buon compagno di chiacchierate il tempo passa!».

Lo scorso anno nella piattissima Ravenna-Verona andatura turistica per lunghi tratti. La Ineos di Bernal controllò agevolmente
Lo scorso anno nella piattissima Ravenna-Verona andatura turistica per lunghi tratti. La Ineos di Bernal controllò agevolmente

Parola allo scalatore

Anche se Fabio Aru ha appeso la bici al chiodo resta uno scalatore. E ancora di più un uomo di classifica.

«Questa tappa è stata criticata: e perché, che problema c’è? – si chiede il sardo – Capisco l’attesa dei tifosi che vorrebbero sempre avere l’arrivo su uno strappo, in fondo ad una discesa o su una salita, però una tappa del genere non la vedo come un male. E poi non è detto che non possa esserci spettacolo. Se c’è vento? Anche una tappa piatta può diventare dura, credetemi. Nel vento si possono fare gli stessi wattaggi che in salita. Non è detto insomma che sia noiosa. Tante volte dalla Tv non si vede, non si percepisce la velocità o lo stress che c’è in gruppo.

Anche se la tappa 11 misura 201 chilometri è però un “mezzo giorno di riposo” per gli uomini di classifica. E Aru lo ammette.

«Se al mattino ti svegli e vedi che non piove e non tira vento, sì: la prendi come una giornata di quasi riposo. La prendi in tranquillità, soprattutto nella prima parte. Sai che magari andrà via una fuga e che dovrai stare attento gli ultimi 30-40 chilometri. Ecco, lì non è facile per gli uomini di classifica. Nell’ultima ora di gara l’insidia ci può essere sempre. Ricordate quest’anno quando è caduto Landa? Anche quella era una tappa per velocisti.

«No, io non ci vedo niente di male – conclude Aru – Pensiamo ai velocisti puri. E poi da quello che ho visto il prossimo Giro dovrebbe essere molto duro, con tante tappe che piacciono ai tifosi».