Vendrame cambia preparatore e accende la primavera

21.12.2022
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L’atleta, durante l’inverno, si costruisce, si fortifica e va alla ricerca delle sicurezze sulle quali costruire la stagione successiva. Andrea Vendrame ha 28 anni e tra novembre e dicembre si è messo a lavorare sodo per conquistare il 2023. L’obiettivo non cambia, si punta alle tappe ed alle corse di un giorno, il calendario è quasi definito, non resta che ascoltare il veneto. 

«Ho ripreso a far girare le gamba ai primi di novembre – spiega “Vendramix” – con ritmi blandi. Giusto per riprendere la routine della vita da ciclista. A questi lavori si è aggiunta la palestra, fondamentale per recuperare la forza persa nel periodo di pausa».

Nella prima tappa del Giro, Vendrame ha colto un incoraggiante nono posto
Nella prima tappa del Giro, Vendrame ha colto un incoraggiante nono posto

Dicembre operoso

L’ultimo mese dell’anno è sempre importante, i ritiri servono a sistemare le prime cose ed a prendere le misure alla stagione che si affaccia alla finestra. 

«Nel ritiro con la squadra – riprende il corridore di Conegliano – abbiamo lavorato molto sull’endurance. Gli allenamenti si sono svolti in due blocchi di quattro giorni con una pausa alla fine di ogni periodo di lavoro. Siamo rimasti in Spagna per un totale di 14 giorni, ai normali allenamenti se ne sono aggiunti altri tre legati alle normali burocrazie di inizio stagione: foto, prove materiale e tutto il resto…».

Una traiettoria sbagliata di Schmid ha impedito al veneto di giocarsi la vittoria nella tappa di Castelmonte
Schmid Castelmonte 1
Una traiettoria sbagliata di Schmid ha impedito al veneto di giocarsi la vittoria nella tappa di Castelmonte

Una scelta importante

Il 2023 sarà il quarto anno per Vendrame nelle file della AG2R Citroen, dopo i primi tre passati alla Androni. Un totale di 7 anni di professionismo messi alle spalle. A 28 anni si trova una certa maturità atletica. 

«Alla mia età non posso cambiare il fisico ed il tipo di corridore che sono – racconta – ma posso cercare di migliorare, quello sempre. Sono e sarò un corridore da corse di un giorno, un cacciatore di tappe. I campi dove posso migliorare sono la salita, aumentando la tenuta, e gli sprint a ranghi ridotti. Da questa stagione, analizzando insieme al team i miei dati, si è deciso di cambiare il preparatore. Nel guardare a questi tre anni, abbiamo fatto un’analisi dei pro e dei contro, per portare i contro dalla parte dei pro la decisione di cambiare preparatore ci è sembrata la più corretta».

La tappa numero 18 attraverserà le strade di casa per Andrea Vendrame
La tappa numero 18 attraverserà le strade di casa per Andrea Vendrame

Si riparte da zero

Il 2022 ha chiuso il triennio dei punti UCI, ora se ne apre uno nuovo. L’AG2R non era una della squadre coinvolte nella lotta per non retrocedere. Tuttavia, ora che si riparte da zero, diventa importante iniziare con il piede, anzi pedale, giusto

«Nella frenesia generale del 2022 noi ce ne siamo stati tranquilli – dice Vendrame – la lotta per i punti non ci riguardava. La squadra al ritiro di gennaio aveva fatto una proiezione della classifica e si sentiva al sicuro. Il 2023 azzera tutto e questo mette un po’ di pressione, com’è giusto che sia. Il mio essere polivalente mi permette di correre ed essere competitivo su più terreni, per questo il team si aspetta di potermi utilizzare spesso».

Vendrame si è rimesso in moto a novembre per tornare a macinare chilometri (foto Instagram)
Vendrame si è rimesso in moto a novembre per tornare a macinare chilometri (foto Instagram)

Nel 2023, Giro e Vuelta

Il cambio di preparatore sarà il modo per cercare di migliorare, passando, prima di tutto dagli allenamenti. Non si tratta di una rivoluzione ma di una ricerca continua del dettaglio. 

«Cercheremo di apportare un miglior cambio di ritmo e più fuorigiri – spiega – vedremo se faremo bene o male. Di certo non andiamo a stravolgere il lavoro fatto, non avrebbe senso. A livello di obiettivi sono già certo di quelli principali, mentre nel 2022 non è stato così. Fino ad una settimana prima del Giro non ero sicuro di partecipare o meno. C’era una porta aperta per il Tour, ma una volta all’Occitania abbiamo capito che non avrebbe avuto senso e così ci siamo dirottati sulla Vuelta. Peccato per il Covid che me l’ha compromessa.

«Nel 2023 – conclude Vendrame – farò Giro d’Italia e Vuelta. Se uscirò bene dalla Corsa Rosa potrò tirare fino al campionato italiano, dopodiché mi aspetterà un periodo di pausa. Seguirà una bella preparazione in altura e qualche gara per arrivare pronto alla Vuelta. Non ho ancora guardato bene i percorsi, mi piace studiarli a pochi giorni dal via, in base anche alle mie sensazioni del momento. Non so ancora bene da dove partirò, magari dalla Classica Comunitat Valenciana il 22 gennaio, ma non è ancora uscito il percorso. Il primo picco di forma lo dovrei avere tra il Laigueglia e la Milano-Sanremo. Alla Classicissima di Primavera la squadra porterà probabilmente quattro punte: Cosnefroy, Naesen, Van Avermaet e me. E’ una gara particolare, dove sono andato sempre abbastanza bene. Nel 2020 sono arrivato undicesimo. Si tratta di una corsa dove la fortuna gioca una buona parte, però negli anni si è avvicinata alle mie caratteristiche, non è più un affare per soli velocisti».

Lanfranchi racconta Briancon, il Pirata e i giovani

18.12.2022
5 min
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«Quella tappa del Giro d’Italia (la Saluzzo-Briancon del 2000, ndr) rimane la ciliegina sulla torta della mia carriera, non capita tutti i giorni di lasciarsi alle spalle Pantani e Simoni». A raccontare l’aneddoto è Paolo Lanfranchi, che parlando di quel giorno fa una lieve risata e continua: «Anche la Gazzetta dello Sport titolò “Il coraggioso sbagliato nel giorno sbagliato”. La tappa successiva, la Torino-Milano, fu lo stesso Pantani che venne a congratularsi con me».

Lanfranchi (a sinistra) ha passato tanti anni accanto ai giovani, parlando ed insegnando ciclismo
Lanfranchi (a sinistra) ha passato tanti anni accanto ai giovani, parlando ed insegnando ciclismo

La ciliegina sulla torta

Il cielo sopra Milano, nella tarda mattinata di venerdì, è plumbeo e pesante, carico di pioggia che non si decide a venir giù. Paolo Lanfranchi si trova fermo in coda sulla tangenziale, tra meteo e traffico è facile far scivolare la mente verso ricordi più caldi

«Marco ed io – riprende Lanfranchi – nonostante non avessimo mai corso insieme ci volevamo bene, eravamo amici. Negli anni della Mercatone Uno ha provato a portarmi da lui, parlai anche con Magrini ma non se ne fece nulla. Pantani aveva un unico difetto, era troppo sensibile. Quel giorno, 2 giugno 2000, c’erano in programma Colle dell’Agnello e Izoard. Ebbi la fortuna di entrare in una fuga di trenta corridori che arrivò a guadagnare un bel po’ di minuti. Ci ripresero nella scalata dell’Izoard, lì Tonkov si staccò e io lo aspettai (i due erano compagni di squadra alla Mapei, ndr). Sapevo che nella discesa verso Briancon sarebbe stato fondamentale rientrare il prima possibile e così fu.

«ho rivisto quella gara proprio qualche giorno fa – confessa – e ho rivisto un dettaglio che negli anni avevo quasi dimenticato. Appena rientrati sul gruppetto di Pantani e Simoni, Tonkov mi fece un cenno ed io andai avanti per tirare. Gli altri, invece di seguirmi, mi lasciarono un paio di metri così continuai, la mia fortuna fu che dietro si guardarono e io riuscì a vincere».

La passione per la bici

Una volta smesso di andare in bici, Lanfranchi, ha iniziato a seguire qualche squadra juniores delle sue zone. Lui è di Gazzaniga, in provincia di Bergamo, una terra che dal ciclismo ha preso e dato tanto.

«Ho cominciato grazie ad un amico, all’inizio non ero sicuro di voler prendere un impegno simile, sapevo sarebbe diventato importante. Da qualche anno, a causa del lavoro, non lo faccio più, ma ora che sono vicino all’età pensionabile sto pensando di ritornare. Non ho mai smesso di amare la bici, è la mia vita. Sono entrato anche nel comitato tappe per Bergamo, e quest’anno il Giro arriverà proprio qui da noi. Insomma il mondo della bici mi ha dato tanto e mi piace l’idea di restituire qualcosa».

L’esasperazione per la categoria juniores non permette una maturazione completa (photors.it)
L’esasperazione per la categoria juniores non permette una maturazione completa (photors.it)

I ragazzini

La categoria juniores è da tempo al centro di tante discussioni: l’età media dei corridori professionisti si abbassa e molte squadre vengono qui a cercare i campioni del futuro. 

«Ormai si sta esasperando la categoria – dice con un tono serio Paolo – viene presa alla pari del dilettantismo. A mio modo di vedere il passaggio tra i professionisti di ragazzi così giovani non è corretto, ma questo è il meccanismo, e se non fai così rischi di rimanere escluso. E’ un’età in cui si deve imparare ancora molto, io ho sempre consigliato di fare doppia attività: ciclocross o pista. Però se ti trovi i ragazzi, o meglio i diesse, che sono impuntati sulla strada fai fatica ad emergere perché estremizzano già tutto. Gli anni da junior devono essere quelli dell’apprendimento, i ragazzi devono sbagliare e poter imparare da quell’errore. Io mi sono arrabbiato di più per gare vinte correndo male che per sconfitte arrivate dopo buone prestazioni».

Uno dei punti di forza di Consonni è stata l’umiltà, una caratteristica trasmessa dalla famiglia
Uno dei punti di forza di Consonni è stata l’umiltà, una caratteristica trasmessa dalla famiglia

I Genitori

«Il problema tra gli juniores – racconta – sono anche i genitori, non tutti ovviamente, ma molti non riescono a capire il proprio ruolo. I ragazzi non sono ancora maggiorenni, quindi non hanno la patente e devono essere accompagnati. Avere i genitori così presenti non è sempre un bene, i ragazzini a quell’età hanno bisogno anche di un po’ di indipendenza. Guardate che ci sono anche i genitori dietro i passaggi prematuri tra i professionisti, non sempre, ovvio, ma spesso sì. Molti ragazzi accantonano la scuola per andare in bici, ed i genitori glielo permettono, anzi a volte sono proprio loro a dirglielo. Ci sono anche delle realtà molto belle, nelle quali ho lavorato, dove si è creato un bel gruppo coeso di persone».

Secondo Lanfranchi, Consonni non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità su strada
Secondo Lanfranchi, Consonni non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità su strada

Si parla di Consonni

Nel parlare con Lanfranchi emergono due nomi importanti: quello di Rota e Consonni. I due corridori, entrambi bergamaschi, sono passati sotto il suo occhio vigile proprio quando erano juniores. 

«Il percorso migliore per arrivare professionista lo ha fatto Consonni – ci spiega Lanfranchi – lui aveva quel qualcosa in più, lo vedevi. La sua fortuna è stata di essere davvero un ragazzo umile e con la testa sulle spalle. E’ una caratteristica di famiglia, suo padre non lo ha mai esaltato o montato. Simone quando correva da junior era un leader silenzioso, mai una parola fuori posto. In più nonostante fosse forte non disdegnava di mettersi a disposizione dei compagni, gli volevano bene tutti. E lui era il primo ad essere felice per una vittoria di un compagno. Quando lavori per gli altri loro lo fanno per te, si tratta di dare e avere. A mio modo di vedere, su strada, non ha ancora espresso a pieno il suo potenziale».

Per Rota un passaggio prematuro tra i pro’ stava per frenarne la carriera
Per Rota un passaggio prematuro tra i pro’ stava per frenarne la carriera

Invece Rota…

«Lorenzo – riprende a raccontare – ha rischiato quasi di smettere. E’ passato professionista nel 2016, dopo due stagioni da under: una alla Mg.K Vis ed l’altra alla Trevigiani. Dopo quattro anni difficili era lì lì per smettere e se Scinto non gli avesse dato l’occasione per riscattarsi, avremmo perso un bel corridore. Ora è cresciuto molto ciclisticamente, ma sta ancora imparando. Avrebbe potuto e dovuto farlo prima».

Classifiche addio, rivedremo il vero Ciccone?

18.12.2022
7 min
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Sono più cattivi i rivali o le maldicenze? Da un paio di stagioni, a Ciccone hanno attaccato varie etichette, bollandolo come uno che non è arrivato dove si sperava e che guadagna più di quanto valga. Nel farlo tuttavia, non hanno mai tenuto conto degli incidenti di percorso che il ragazzo ha incontrato e di quel privato familiare di cui per discrezione non si parla, ma scuote la vita di chiunque vi incappi. Così immaginiamo che al momento di pubblicare questo articolo, ci saranno quelli che neanche lo leggeranno e metteranno mano ai loro commenti e altri che invece andranno avanti nella lettura. Lo scriveremo per loro.

Il terzo gruppo in partenza: in precedenza sono andati i primi due. Fra le 9,30 e le 10 il parcheggio si svuota
Il terzo gruppo in partenza: in precedenza sono andati i primi due. Fra le 9,30 e le 10 il parcheggio si svuota

Il signore di Cogne

A Calpe stamattina il cielo era grigio, nella notte ha piovuto e le strade erano ancora bagnate. C’è di buono che fa caldo, per cui le bici al rientro erano ridotte come cenci, ma il lavoro è andato avanti lo stesso. Prima dell’allenamento, gli allenatori spiegavano il percorso e il modo di affrontarne le varie sezioni. I corridori della Trek-Segafredo sono così tanti, da uscire divisi in tre gruppi. I primi ad andare sono stati quelli che debutteranno al Tour Down Under e alla Vuelta San Juan, poi sono partiti gli altri. Quando Ciccone viene a sedersi, ha la faccia di chi ha appena finito il massaggio.

Il 2022 ha avuto 73 giorni di corsa, fatti di Giro e Tour. La vittoria di Cogne e il terzo posto sul Fedaia. Il secondo posto nella classifica dei Gpm al Giro e il terzo in quella a pois del Tour.

La vittoria di Cogne al Giro ha riportato in primo piano il “vecchio” Ciccone, garibaldino e sfrontato
La vittoria di Cogne al Giro ha riportato in primo piano il “vecchio” Ciccone, garibaldino e sfrontato
Si riparte, cosa ti aspetti?

In testa ho sicuramente la consapevolezza di essere ancora competitivo. E la certezza che bisogna lavorare di più. Il livello è altissimo, non si può lasciare più nulla al caso. Bisogna sempre rimanere concentrati e curare bene i minimi dettagli.

I rivali saltano fuori da tutte le parti…

Sono capitato nella peggiore generazione di tutte (sorride, ndr). Ci sono quei 3-4 fenomeni che hanno qualcosa in più e su loro vive il ciclismo di adesso. In parallelo continuano ad arrivare giovani molto forti, che però hanno ancora tutto da dimostrare.

Due chiacchiere prima di partire: la maglia 2023 della Trek-Segafredo è bianca e rossa davanti, rossa dietro
Due chiacchiere prima di partire: la maglia 2023 della Trek-Segafredo è bianca e rossa davanti, rossa dietro
Su cosa stai lavorando?

Ho smesso di fare troppi programmi e di avere troppi pensieri. Sto lavorando tanto sulla testa per tornare ad essere libero. A livello tecnico invece ci sono tanti aspetti che si possono migliorare. E’ quasi scontato parlare della crono, ma in generale è un cammino lungo, che è già iniziato. Ovvio, non posso dire che sono soddisfatto. Però ci sono state occasioni, come al Tour, in cui ho dimostrato che quando sto bene – togliamo dal mazzo i fenomeni – sono al livello degli altri scalatori. Quindi voglio incrementare ancora il lavoro e migliorare il più possibile.

Hai parlato di programmi e pensieri.

Voglio tornare ad essere libero, quello che è stato il carattere che mi ha sempre caratterizzato negli anni. Tornare quello che ero prima, perché forse negli ultimi due anni ho provato a restare un po’ più calmo. Però secondo me non si può cambiare la natura di un corridore e la mia è quella di attaccare, scattare, andare, partire. Quello è il mio punto forte e per quello voglio lavorare. Se la classifica verrà, sarà la conseguenza delle buone prestazioni.

Decimo sull’Alpe d’Huez e primo degli italiani: per Ciccone quel giorno 142 chilometri di fuga
Decimo sull’Alpe d’Huez e primo degli italiani: per Ciccone quel giorno 142 chilometri di fuga
Possibile che la maglia gialla del 2019 ti abbia portato su una strada non tua?

Sì, perché poi anche nel Giro del 2021 c’è stato qualche segnale che ci ha indirizzato. Alla fine sono andato a casa per caduta a tre tappe da Milano, però ero intorno alla quinta posizione e non ero neanche partito per fare classifica. Non avevo curato nessun dettaglio e mi sono ritrovato lì. Quello è stato un altro segnale che ha aggiunto la pressione di provare. Lo stesso poi è capitato alla Vuelta. Nonostante ci fossero dei grandi nomi, ero nei primi 10. Poi c’è stata un’altra caduta non per colpa mia e anche lì sono andato a casa con niente in mano. Erano segnali che sia io sia la squadra abbiamo raccolto e abbiamo provato a lavorarci.

Sarà così anche quest’anno?

Non voglio pormi questo obiettivo, anche perché è un’arma a doppio taglio per tutti, per me in primis. Significa caricarsi di una pressione che non fa bene e porta a quello che è successo negli ultimi due anni. Ritrovarsi sotterrati prima da mille aspettative e poi da mille critiche. Le mie responsabilità me le prendo, ma ora voglio tornare il corridore che sono sempre stato. Quest’anno al Giro ci sono arrivato dopo il Covid e mille altri problemi. Sapevo che non potevo fare classifica e lo avevo anche detto. Però sono riuscito a vincere una bella tappa e quasi a fare il bis sul Fedaia (è arrivato 3° a 37″ da Covi, ndr). Le tappe sono alla mia portata e sto lavorando per quello.

Ciccone ha già una bella gamba: la preparazione è ripresa già da tre settimane
Ciccone ha già una bella gamba: la preparazione è ripresa già da tre settimane
E’ stato difficile tenere a freno l’istinto?

Ho seguito tanti consigli e mi sono automaticamente adattato. Non è stato difficile, ma non lo è stato nemmeno tornare a quello che ero prima. Dal momento in cui ho deciso che dovevo tornare a divertirmi, mi sono divertito. Ho svoltato dopo la batosta del Blockhaus. Sapevo che rischiavo di saltare ed è successo proprio a casa mia. Però la cosa che mi è piaciuta di più è stata la mia reazione. Il mondo sembrava essermi caduto addosso, invece la sera del giorno di riposo mi sono fatto una bella mangiata di arrosticini con gli amici più stretti, abbiamo tirato una linea e siamo ripartiti. La chiave principale per il prossimo anno è essere super competitivo, limare tutti i dettagli possibili, lavorare tanto, divertirmi e far divertire. E’ quello che ho sempre fatto.

Le critiche non mancano, ti aspettavi un percorso diverso per la tua carriera?

Me l’aspettavo con meno intoppi, ecco. A me non piace trovare scuse e quindi non voglio aggrapparmi a questo, ma di sicuro il primo anno nel WorldTour è andato molto bene. Il 2020 era iniziato ancora meglio, pensavo di essere arrivato a un livello che poteva essere la mia linea, invece sono arrivati i problemi. Sono stato il primo o uno dei primi corridori ad avere il Covid. Ho avuto paura, perché comunque ero stato male e non sapevo esattamente cosa fosse. Adesso quando ti arriva un tampone positivo, sai che sei limitato e soprattutto non puoi farci niente. Se ti capita in un periodo sbagliato, non puoi cambiare le cose e la mia sfortuna è arrivata nel periodo sbagliato.

La proposta di matrimonio ad Annabruna sul palco di Lorenzo ad agosto (foto Jova Beach Party)
La proposta di matrimonio ad Annabruna sul palco di Lorenzo ad agosto (foto Jova Beach Party)
Per il tipo di corridore che sei, perché non puntare soprattutto a Tirreno e classiche?

Il livello adesso è così alto che azzardarsi a dire qualcosa, ti porta a sbilanciarti. Ho sempre detto che a me piacciono la Freccia e la Liegi, due gare che quest’anno vorrei fare veramente bene. E bisognerà essere pronti a partire già dalla Tirreno. E anche questa in effetti potrebbe essere un bell’obiettivo.

Proposta di matrimonio al Jova Beach Party.

In realtà ci pensavo da prima. Il mio sogno era farla a Parigi, sul podio dei Campi Elisi, perché fino a 2-3 giorni dalla fine ero in lotta per la maglia a pois. Però ovviamente non ci sono riuscito e avevo rimandato tutto a una grande occasione. Siccome al Giro avevo avuto i contatti con Jova e sapevo che lui faceva questo concerto in Abruzzo, mi sono detto che quella poteva essere la grande occasione. Lui si è divertito ancora più di me, l’abbiamo organizzato insieme. Sto diventando grande, la prossima settimana farò 28 anni. E la testa a posto penso di averla già messa da un pezzo.

Nei sogni di Almeida c’è sempre e soltanto il Giro

17.12.2022
5 min
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Almeida e la sua maglia rosa dipinsero per quindici il Giro d’Italia del 2020, prima che lo Stelvio e il successivo arrivo ai Laghi di Cancano si ponessero di mezzo come ostacoli troppo alti da scavalcare. Joao chiuse al quinto posto e chiese la rivincita per l’anno successivo, quando però la Deceuninck-Quick Step lo mise accanto ad Evenepoel, in quello che è stato il più grosso errore strategico del team di Lefevere. Il giovane non era ancora pronto ed era al rientro dopo l’incidente del Lombardia. Così il tempo perso da Almeida per aspettarlo lo relegò al sesto posto finale. Capita l’antifona, quest’anno il portoghese è passato al UAE Team Emirates, ma al posto di Evenepoel ha trovato il Covid. Si è ritirato dal Giro dopo la tappa di Lavarone. E’ rientrato ai campionati nazionali, ha conquistato il secondo posto alla Vuelta Burgos ed è andato a prendersi il sesto della Vuelta. Ma il Giro resta il Giro e, in quanto tale, ne ha fatto nuovamente il focus della stagione.

Nel pomeriggio, anche Almeida si era prestato alle interviste del media day del UAE Team Emirates
Nel pomeriggio, anche Almeida si era prestato alle interviste del media day del UAE Team Emirates

A porte chiuse

Abbiamo incontrato Joao, 24 anni compiuti ad agosto, in una stanzetta dell’hotel di Benidorm, dopo che aveva finito di sistemarsi gli occhiali. I giornalisti erano andati già tutti via e si aspettava ormai la cena, in questo ritiro che sa di rimessa in moto e team building. Con i nuovi ancora vestiti con le maglie vecchie e i vecchi a fare le prove con le maglie nuove. Quando l’UCI riscriverà questa norma, saremo tutti più felici. Anche noi che giriamo per ritiri e non possiamo pubblicare tutto quello che fotografiamo.

Parlando di lui appena un’ora prima, il suo mentore Matxin aveva detto che il ragazzo sta crescendo secondo la tabella migliore per lui. Che è sbagliato metterlo sullo stesso piano di chi è riuscito a bruciare le tappe. E che quei giorni in rosa non devono indurlo a voler saltare qualche passaggio. Proprio da lì, con lui siamo partiti.

A guidare Almeida al Giro ci sarà sicuramente anche Fabio Baldato
A guidare Almeida al Giro ci sarà sicuramente anche Fabio Baldato
Che cosa hanno rappresentato quei giorni in maglia rosa?

Qualcosa che ricorderò per il resto della carriera. Un bel record e delle belle sensazioni. In quel Giro sono cresciuto tanto come uomo e come corridore. Resta qualcosa di speciale e da allora, ma forse anche da prima, vincere il Giro è diventato il mio obiettivo. Quest’anno c’è stato il Covid e non si è vista la migliore versione di me. Ma stiamo facendo come al solito tutto quello che serve per raggiungere l’obiettivo. Se lavoriamo duro, avremo successo.

Ti senti un atleta in evoluzione?

Vedo che sto migliorando sempre. Mi difendo bene sulle montagne più alte, sono uno scalatore migliore. Quest’anno non sono andato tanto bene nelle crono, ma perché abbiamo avuto qualche ritardo con le bici, non c’era lo scenario perfetto. Nel 2023 sono certo che andrà bene.

Il Giro resta il primo obiettivo?

Decisamente. Però in qualunque corsa andremo con la squadra, l’obiettivo sarà vincere. Perciò punto a raggiungere un buono stato di forma e vedremo cosa si potrà fare anche altrove.

Come ti trovi nei panni di leader?

Mi sento bene. Certo, il primo anno ero in una nuova squadra e non è stato facile convivere con la responsabilità, perché percepivo che su di me ci fossero delle grandi attese. Poteva andare meglio se non avessi avuto il Covid, ma sono stato felice e anche la squadra. Per cui direi che sto migliorando anche in questo.

Pochi minuti all’allenamento: Almeida è molto fiducioso per il 2023
Pochi minuti all’allenamento: Almeida è molto fiducioso per il 2023
TI sei accorto che la squadra sta crescendo accanto a te?

Il team perfetto non esiste, ma la squadra sta davvero migliorando tanto. Lavoriamo duro proprio per questo. Come ho già detto, non ci sono solo io. Se vi guardate intorno, le differenze si notano a occhio nudo.

Cosa ti pare del percorso del Giro?

L’ho visto solo su carta. C’è parecchia cronometro, ma ci sono anche montagne dure. Sarà un Giro impegnativo, ma può essere adatto a me e per questo lo studierò nei dettagli. Faremo anche nelle ricognizioni, ne stiamo parlando proprio in questi giorni. Il guaio è che appena inizieranno le corse, ci sarà sempre meno tempo per farne. Le tre crono andrò a vederle di sicuro, soprattutto la terza, quella in salita. Quel giorno si può decidere tutto. Ne sono certo, sarà un Giro esaltante.

La prof Rossato che insegna sul gpm di Foza…

13.12.2022
6 min
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Scuola media di Foza, comune di settecento anime sull’Altopiano di Asiago. La prima campanella suona un quarto alle otto, l’ultima dieci minuti alle due del pomeriggio. Da lunedì a venerdì Beatrice Rossato, professoressa di matematica e scienze, si fa trenta chilometri a tratta per andare al lavoro. Gli ultimi quattordici sono su una strada stretta della Grande Guerra che si arrampica fino agli oltre i mille metri di altitudine del paesino della Val Brenta.

La 26enne vicentina di Rosà è diventata insegnante di ruolo tre mesi fa ma resta una atleta della Isolmant-Premac-Vittoria. Le sue lezioni prendono spunto, perché no, anche dal ciclismo. Foza infatti ha un rapporto stretto con il nostro sport nel recente passato.

Giro 2017. Il cartello con le caratteristiche della salita di Foza (foto facebook)
Giro 2017. Il cartello con le caratteristiche della salita di Foza (foto facebook)

Nel 2017 fu l’ultimo “gpm” della ventesima tappa con arrivo ad Asiago. In cima transitò per primo Pozzovivo mentre al traguardo esultò Pinot, che insieme a Nibali detiene il record di scalata su Strava. Nel 2018 identico finale per l’ottava frazione del Giro U23 con la cavalcata trionfale del colombiano Munoz. Su facebook esiste addirittura una pagina dedicata al tratto Valstagna-Foza. Quello che Rossato ormai conosce alla perfezione e durante il quale pensa a come far conciliare il tutto per il 2023.

Beatrice, l’ultima volta che ti abbiamo sentita eravamo a metà agosto. Cos’è cambiato da allora?

Tutto, per l’ennesima volta nell’arco di due mesi (risponde divertita, ndr). Mi avevate lasciata a lavorare in un laboratorio chimico-medico di una multinazionale. Dovevo ancora disputare il Giro di Toscana. Poi a fine agosto, proprio mentre stavo andando alla corsa con la Isolmant, mi è arrivata un’email da parte del Ministero dell’Istruzione. Inizialmente pensavo ad una spam come ne arrivano tante da finti indirizzi. Invece quando l’ho aperta ho capito subito che era tutto vero. Mi veniva chiesto di prendere servizio dall’1 settembre. E’ stato uno shock. Per fortuna che Giovanni (Fidanza, il suo team manager, ndr) mi ha subito consigliato per il meglio.

Come hai fatto con l’altro posto di lavoro?

A malincuore ho dovuto dare le dimissioni perché mi trovavo bene. La mia titolare è rimasta bloccata sulla sedia, ma ha compreso la situazione e mi ha augurato il meglio. D’altronde ho studiato per questo. A fine 2020 avevo fatto il concorso per essere insegnante di ruolo. Attendevo le graduatorie, l’assegnazione delle sedi che avevo scelto e si sa che talvolta arrivano tardi. E’ una soddisfazione ora per me aver raggiunto questo traguardo.

Nel ciclismo femminile si sta lottando per raggiungere il professionismo come nei maschi, intanto tu sei diventata… “prof”. Come si svolge la tua settimana?

Alle 6,30 sono già in viaggio. Non mi pesano i 60 chilometri al giorno e nemmeno fare tutta quella salita. Mi piace guidare. Al momento comunque non è facile organizzare tutto. C’è ancora lo stereotipo dell’insegnante che fuori dagli orari scolastici non faccia nulla. Non è così. Ci sono le lezioni da preparare. Le riunioni da fare. La burocrazia. Al martedì e al giovedì ho due rientri pomeridiani fino alle 17. E poi ci sono i ragazzi da seguire. Ne ho circa una ventina spalmati sulle tre classi delle medie. Quelli di terza devono scegliere quali superiori fare e mi sembrava il minimo poterli consigliare, accompagnandoli a questi incontri. Al sabato invece non ho lezioni.

Lo sfrutti quindi per allenarti? Hai già pensato a come ottimizzare il tempo per gli allenamenti?

Esatto, al momento pedalo solo nel weekend mentre negli altri giorni cerco di ritagliarmi dello spazio per la palestra. Adesso vivo alla giornata, anche perché devo finire di integrarmi. Magari quando cambierà l’orario potrei andare a scuola con la bici in auto e partire da Foza per allenarmi. Ci sono diversi anelli da fare scendendo e risalendo lassù. Qualche mio alunno mi ha chiesto se andrò ad insegnare in bici ma mi sembra troppo (ride, ndr). Comunque la salita di Foza la conoscevo già. In estate l’ho sempre fatta diverse volte. E’ bella tosta.

Che rapporto hai con i tuoi ragazzi? C’è qualcuno che corre in bici?

Molto buono. Sono tutti bravi, entro in classe volentieri ad insegnare. Nessuno di loro fa ciclismo, ma si sono molto interessati quando hanno saputo che sport pratico. Mi fanno sempre tante domande. La curiosità di sapere e conoscere è uno dei fattori più importanti che gli studenti devono avere per crescere e aprire la mente. Se non ce l’avessero avuta, gliela avrei insegnata. Le loro domande sul ciclismo sono sempre uno spunto per me. Quando è morto purtroppo Rebellin, abbiamo fatto lezioni di educazione civica. Ai giovani vanno spiegate come si possono evitare queste tragedie e come ci si deve comportare in strada. Se educhiamo loro, possiamo arrivare anche ai loro genitori e alle generazioni più vecchie.

Giovanni Fidanza ci ha detto che Beatrice Rossato è un esempio per le sue atlete. Cosa ne pensi?

Lui per me è come un secondo padre. Mi lusingano le sue parole. Per il 2023 mi ha proposto di continuare nonostante il mio lavoro a scuola. E’ come se fossi tornata allieva o junior (ride, ndr). Da luglio in poi sarò più presente però cercherò di esserlo anche prima. Quello che ho imparato da lui e in generale, lo posso trasmettere alle mie compagne, specie alle più giovani. Vorrei stimolarle a non mollare o sottovalutare gli studi. Bisogna fare i sacrifici, perché tanto nella vita, anche se non corri in bici, devi farli lo stesso. Tanto vale iniziare a capirlo subito. Il ciclismo femminile sta cambiando, sta migliorando tanto. Sarebbe bello che le atlete prendessero lo status da professioniste ma non si può correre per sempre. Ci vuole un piano alternativo. Lo studio è uno di questi.

Il podio della gara open vinta da Rossato a Vittorio Veneto. Quagliotto seconda, Ciabocco terza (foto Ossola)
Il podio della gara open vinta da Rossato a Vittorio Veneto. Quagliotto seconda, Ciabocco terza (foto Ossola)
Come potrebbe essere la tua prossima stagione?

Come dicevo, devo capire come organizzarmi. Voglio fare tutto col massimo della professionalità. Mi piace correre in bici perché posso esprimere la mia grinta. Mi piacerebbe ancora vincere qualche corsa come gli ultimi due anni, soprattutto per far felice la squadra e tutti gli sponsor. A dire il vero mi basterebbe solo andare alle gare per stare con le mie compagne. Devo però prima trovare il tempo di allenarmi. Perché, come insegno sempre ai miei alunni, gli allenamenti sono come i compiti. Se non li fai, non puoi migliorare.

Baldini, addio a un pezzo di storia. I ricordi di Adorni

11.12.2022
5 min
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Per Vittorio Adorni ricordare Ercole Baldini non è facile. Perché il campione emiliano ha condiviso tante avventure di un’epoca ciclistica lontana e ormai avvolta nella leggenda. Pochi più del campione del mondo di Imola 1968 hanno vissuto Baldini in così tante vesti: ha condiviso parte della carriera su strada da avversario, lo ha ritrovato come direttore sportivo, ha poi vissuto a vario titolo la passione per il ciclismo come commentatore. Pochi lo conoscevano come lui. E adesso che Ercole ci ha lasciati, il ricordo di Vittorio è un omaggio che sentivamo di volergli portare.

Su un principio Adorni mette l’accento: «Baldini ha avuto un peso notevole nella storia del ciclismo italiano perché è arrivato subito dopo l’epopea di Coppi e Bartali. Con il fisico che aveva, nessuno pensava potesse vincere quello che ha vinto, invece riusciva a scaricare sui pedali una potenza mai vista».

Il podio di Melbourne 1956. Baldini precede di 1’59” Geyre (FRA) e Jackson (GBR). L’Inno lo cantano gli emigrati italiani (foto Gazzetta)
Il podio di Melbourne 1956. Baldini precede di 1’59” Geyre (FRA) e Jackson (GBR). L’Inno lo cantano gli emigrati italiani (foto Gazzetta)
Voi avete corso insieme…

Io ho iniziato da pro’ nel ’61 quando lui era già una stella. Nel 1963 ci ritrovammo insieme alla Cynar e l’anno dopo alla Salvarani, quando lui vinse il titolo mondiale d’inseguimento su pista, il secondo della sua carriera. Il 4 novembre mi chiamò per condividere con lui l’esperienza del Trofeo Baracchi, finimmo secondi e con quel risultato chiuse la carriera. Ma non il nostro sodalizio.

Perché?

Ci ritrovammo nel 1967 alla Salamini-Luxor Tv. Io come corridore e lui come direttore sportivo. Fu un anno molto importante: Ercole non era un diesse come gli altri, non urlava mai, non era di quelli “cattivi”. Lasciava molto fare, ma seguiva sempre con attenzione diceva la sua, aveva sempre il consiglio giusto.

19 settembre 1956: in un Vigorelli gremito Baldini stabilisce il nuovo record dell’ora con 46,394 chilometri (foto Gazzetta)
19 settembre 1956: in un Vigorelli gremito Baldini stabilisce il nuovo record dell’ora con 46,394 chilometri (foto Gazzetta)
Qual è l’impresa che lo identifica meglio?

Non è semplice identificarne una, anche se secondo me il record dell’Ora del ’56 è stato qualcosa di eccezionale. Il Vigorelli di Milano era strapieno per l’occasione e lui, che ancora era un dilettante, strappò il primato a Jacques Anquetil, non a uno qualunque… Poi a fine stagione vinse anche l’oro olimpico a Melbourne su un percorso che non era propriamente nelle sue corde. Ma questa era la caratteristica di Baldini: saper sovvertire le leggi non scritte del ciclismo e vincere corse che non ti saresti mai aspettato da lui.

Può essere considerato un passista?

Uno dei più grandi, ma con il fisico che aveva non poteva certo emergere in salita, eppure riuscì a vincere il Giro d’Italia nel 1958 e non solo perché sfruttò appieno le due cronometro di Comerio e Viareggio, ma diede la paga a Charly Gaul anche in salita, addirittura nel tappone dolomitico. L’anno prima era stato terzo, quindi non fu un fulmine a ciel sereno, ma con il fisico che aveva fu comunque un’impresa epica.

Baldini con la prima pagina de La Gazzetta che celebrò la sua vittoria al Giro del ’58
Baldini con la prima pagina de La Gazzetta che celebrò la sua vittoria al Giro del ’58
Molti lo accusavano di essere troppo grasso per essere un professionista…

Non era grasso, ma robusto e questo si traduceva in una grande potenza sui pedali. Ricordo che un giorno, da giovane, lo vidi con un mio compagno dalla vetrina di un ristorante, rimasi sorpreso da quanto mangiava. Poi mi resi conto che per portare a regime quella “macchina” aveva bisogno di mangiare qualcosa più di noi.

Qual era allora la sua forza?

Non era solo la potenza sui pedali, che sicuramente non era comune, ma anche il suo modo di correre che per quell’epoca era qualcosa di assolutamente nuovo, fatto più di potenza, di ardimento calcolato. L’esempio fu a Reims nei mondiali del ’58: era andato subito in fuga Nencini con Bobet e Voorting, sembrava l’azione decisiva perché in casa del favorito Belgio c’erano Van Steenbergen e Van Looy che si facevano la guerra. Lui uscì dal gruppo al secondo dei 14 giri previsti e si agganciò al terzetto, poi stroncò Bobet e vinse con oltre 2 minuti di vantaggio. Fu il primo ed è stato l’unico a vincere titolo olimpico e mondiale e un grande Giro.

A Reims il toscano stacca tutti e batte i francesi in casa loro: Bobet è a 2’09”, Darrigade a 3’47” (foto Repubblica)
A Reims il toscano stacca tutti e batte i francesi in casa loro: Bobet è a 2’09”, Darrigade a 3’47” (foto Repubblica)
Siete rimasti in contatto nel tempo?

Non come avremmo voluto. Baldini ha poi avuto una grande carriera dirigenziale, anche come presidente di Lega. Il suo valore nel ciclismo italiano è stato forse sottovalutato perché non ha vinto tantissimo, ma come qualità delle sue vittorie in pochissimi sono in grado di stargli al passo. Quel che mi resta nel cuore è il suo modo di agire da direttore sportivo, soprattutto con i ragazzi più giovani, il classico rapporto padre-figlio con lui che cercava di trasmettere la sua grande esperienza. Un campione anche fuori dalle gare.

Uno stop a Palermo e Caruso si lancia sul Giro

11.12.2022
6 min
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Qualcosa che è parso un voto da mantenere, poi Damiano Caruso ha chiuso la prima valigia della nuova stagione ed è volato in Spagna con la squadra. In quei 271 chilometri da Ragusa a Palermo, fino al Santuario di Santa Rosalia, Damiano avrà avuto anche il modo di pensare alle sfide che lo attendono e che venerdì ha raccontato alla stampa, rispondendo alle domande attraverso l’occhio di una telecamera. E annunciando, come aveva fatto in confidenza alla fine di ottobre, la sua partecipazione al Giro d’Italia.

«Il mio programma per il prossimo anno – ha spiegato – bene o male rimane lo stesso. Nella prima parte farò la Valenciana, proseguirò con la Ruta del Sol, passando per la Tirreno Adriatico fino alla Milano-Sanremo. Poi nel mese di aprile, dopo un training camp in montagna, farò di nuovo il Giro di Romandia e poi penso quasi sicuramente di partecipare al Giro d’Italia».

Per fare cosa?

Gli obiettivi sicuramente sono sempre gli stessi. Intanto quello di ben figurare, chiaramente. Ci presenteremo con una squadra molto attrezzata per far bene, sia nelle tappe che nella classifica generale. Personalmente il mio obiettivo è quello di tornare a vincere una tappa e poi vedere strada facendo come sarà la condizione. Supporterò gli eventuali leader della squadra (anche se Landa andrà al Tour, ndr) oppure magari provare a fare la classifica generale in prima persona. In questo momento è un po’ prematuro dirlo. Vedremo come starò nelle settimane prima, a che punto sarò con la preparazione o come mi sentirò. L’unica cosa che voglio fare è preparare questi obiettivi con il massimo impegno e la dedizione che ci ho sempre messo.

L’idea del Giro dà morale?

Tornare al Giro significa tanto, perché lì ho vissuto le migliori esperienze della mia carriera. Non vedo l’ora di riassaporare il calore della gente sulla strada, che è stata veramente avvolgente. Mi piacerebbe regalarle magari qualche emozione, come sono riuscito a fare nel 2021.

Perché non lo hai fatto lo scorso anno, visto che arrivavi dal secondo posto del 2021?

Mi sarebbe piaciuto esserci, però chiaramente non sempre si può fare quello che ci piace, specialmente quando si è in grandi team come questo. Si devono anche assecondare le esigenze della squadra e poi tutti sappiamo come com’è andata.

Nonostante le speranze, il Tour de France 2022 di Caruso si è risolto in un insuccesso da dimenticare
Nonostante le speranze, il Tour de France 2022 di Caruso si è risolto in un insuccesso da dimenticare
Il Tour non è andato esattamente bene…

Ho avuto problemi all’inizio. Tutti lo sanno e questo mi ha deconcentrato (il riferimento è alle perquisizioni che ancora una volta hanno interessato il Team Bahrain Victorious, ndr). Durante la corsa non sono stato mai bene e alla fine della seconda settimana ho avuto un tampone positivo. Quella è stata la fine della mia stagione. Mi sono fermato per due settimane dopo il Tour e poi è stato duro trovare un altro picco di condizione.

Nel 2022 hai vinto il Giro di Sicilia: che effetto ti ha fatto?

L’ho vissuto intensamente perché non avevo avuto molte occasioni di correre in Sicilia. Anche se il Giro d’Italia c’è passato diverse volte, io non ero mai riuscito a far coincidere le due cose, quindi l’ho visto come una grande possibilità di farmi vedere dai tifosi di casa. Insomma, Damiano in azione dal vivo. E’ stato un obiettivo che ho preparato con estrema dedizione e con tanta voglia di ben figurare. Sono andato due settimane in montagna da solo per prepararmi, per isolarmi, per cercare di fare tutto al meglio. E mi sono allenato sulle stesse strade che poi avrei affrontato in corsa.

Come è stato?

Non nascondo che vincere lì, davanti ai miei tifosi e alla mia famiglia (c’erano i miei figli) ha avuto tanto valore. Paradossalmente può sembrare anche un po’ banale, ma mi ha gratificato, così come vincere al Giro d’Italia

La vittoria del Giro di Sicilia è stato un momento molto bello per Caruso, qui con Nibali, che si è allenato sull’Etna
La vittoria del Giro di Sicilia è stato un momento molto bello per Caruso, qui con Nibali, che si è allenato sull’Etna
Al Giro verrà Evenepoel: corsa chiusa?

E’ uno dei migliori al mondo e adesso penso che sarà anche più forte. Avrà più fiducia, è più forte di testa. Penso che al momento sia il favorito per il Giro, ma se guardiamo l’Evenepoel di quest’anno, secondo me gli si addice qualsiasi tipo di percorso. Poi ci saranno tanti altri corridori, si parla di altri campioni che saranno al Giro. E’ vero, c’è tanta crono, ma nell’ultima settimana poi c’è anche tanta salita.

Una corsa per cronoman?

E’ un Giro d’Italia con tantissimi metri di dislivello. Sappiamo tutti benissimo che ci sono tante incognite come il meteo, che può variare in maniera drastica nell’arco delle tre settimane. Quindi non diamo troppo per scontato che vinca il più quotato. E questa secondo me è proprio la bellezza del Giro, perché lascia la gara aperta fino all’ultima settimana. Gli scalatori puri faranno magari un po’ più fatica, perché chiaramente ci sono tre cronometro, però una mi sembra che sia una cronoscalata. Quindi alla fine sarà tutto più bilanciato.

Quale sarà il tuo ruolo?

Sinceramente non sento la pressione, perché non reputo mio il ruolo di favorito. Non mi posso paragonare a Nibali, perché Nibali da campione ha scritto delle pagine importanti di questo. Io sono stato bravo a sfruttare al massimo le mie capacità in determinate circostanze. Non ho mai creduto di essere il suo erede, anche per l’età che ormai ho. Il problema è che adesso in Italia non abbiamo il nuovo Nibali, ma credo che si debba avere solo un po’ di pazienza e prima o poi lo avremo di nuovo anche noi.

Un bel Romandia per Caruso quest’anno; la corsa Svizzera sarà il lancio per il Giro d’Italia
Un bel Romandia per Caruso quest’anno; la corsa Svizzera sarà il lancio per il Giro d’Italia
Un altro ciclista vittima della strada…

Personalmente non conoscevo tanto Rebellin. Chiaramente l’ho sempre visto come un atleta di riferimento, un uomo con tantissime esperienza. Quello che sicuramente gli invidiavo era la sua passione per questo sport, perché ne faceva una ragione di vita. L’effetto che mi ha fatto la sua morte penso sia quello che ha fatto a tutti. Sapere che ancora una volta un ciclista possa perdere la vita in questo modo, fa davvero male. E non nascondo che mi mette anche un po’ di paura, perché sai che può succedere a chiunque. Stare sulle strade comincia a essere veramente pericoloso.

Covili, tutto quello che serve per sognare il WorldTour

07.12.2022
6 min
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CASTELFRANCO EMILIA – Gli interminabili scaffali pieni zeppi di libri della Biblioteca Comunale “Lea Garofalo” di Castelfranco Emilia fanno da cornice all’incontro con i giovani campioni del ciclismo modenese voluto dal comitato provinciale. Fuori piove, fa freddo. Le parole di Luca Covili (foto Demetra Photography) e Rachele Barbieri, gli attori protagonisti dell’evento, scaldano l’animo della platea.

La premiazione diventa un pretesto per sentire le parole di due ragazzi coetanei cresciuti sul loro Appennino a venti chilometri di distanza l’uno dall’altra. All’appello mancano Giovanni Aleotti, Luca Paletti e Gaia Masetti – trattenuti da impegni di squadra – però ci sono Stefano Masoni, Matteo Pongiluppi e Francesco Calì, le nuove leve che militano in continental italiane.

Nono posto: in Repubblica Ceca Covili ha disputato un buon Sazka Tour, vinto da Rota
Nono posto: in Repubblica Ceca Covili ha disputato un buon Sazka Tour, vinto da Rota

Loro tre, assieme ad altri giovanissimi corridori, ascoltano attenti quello che dicono Covili e Barbieri. E se Rachele ormai è diventata una nostra fedelissima, a fine serata ci prendiamo invece qualche minuto per una chiacchierata con il 25enne scalatore della Bardiani-Csf-Faizanè, alla vigilia del loro training a Massa Marittima (fino al 20 dicembre). Approfondiamo qualche spunto e buttiamo uno sguardo alle prossime stagioni di Luca.

Che effetto fa presenziare a manifestazioni del genere insieme ad altri colleghi?

Sono momenti che risvegliano l’orgoglio modenese che c’è in ognuno di noi. Come c’è scritto sulla pergamena di Rachele e sul riconoscimento che ho ricevuto io, siamo degli ambasciatori di valori e della nostra terra attraverso il nostro sport. Ma serate come queste sono importanti per i più piccoli. Lavoriamo per essere degli esempi per loro. Non sono un campione ma sono sempre onorato quando qualche giovanissimo mi dice che vorrebbe diventare come me. E’ una cosa che stimola.

Che 2022 è stato per te?

E’ stata un’annata divisa in due. Così così fino ai primi 5 giorni del Giro d’Italia. Molto buona dalla quinta tappa sino a fine stagione. Senz’altro è stata la mia migliore stagione da quando sono pro’. Sono cresciuto in tutto. Più esperienza, resistenza, forza, tenuta sulle salite lunghe e recupero. Quello ce l’ho sempre avuto buono fin da giovane, ma adesso è migliorato.

Come mai queste differenze?

A febbraio avevo iniziato bene sia in Oman che al UAE Tour, poi alla Milano-Sanremo sono caduto battendo la coscia sinistra. Ero arrivato lo stesso al traguardo, ma qualche giorno dopo alla Coppi&Bartali non riuscivo a spingere e mi sono dovuto ritirare. Ho recuperato, però venti giorni dopo al Giro di Sicilia sono caduto nuovamente andando contro un guardrail, colpendolo col ginocchio e facendomi pure un occhio nero. Peccato perché mi sentivo bene in salita. Non nascondo che mi sono spaventato e preoccupato. Pensavo di aver perso il treno per andare al Giro. Ho corso il Tour of the Alps praticamente con una gamba ed anche un po’ demoralizzato. Invece è arrivata la convocazione per partire per l’Ungheria.

Nel 2022 Covili ha disputato 72 giorni di gara con nove giri a tappe
Nel 2022 Covili ha disputato 72 giorni di gara con nove giri a tappe
Alla fine è stato un bene la chiamata per il Giro…

Sì, assolutamente. In realtà fino alla tappa dell’Etna ho sofferto. Quel giorno ho preso venti minuti. Ma da lì in avanti sono stato sempre meglio. Ho iniziato a recuperare posizioni e condizione. Il sesto posto a Cogne è stato forse il momento migliore dell’anno. Sono andato in fuga, eravamo in tanti e molti erano forti. In vista del traguardo sono riuscito a staccare uno tosto come Mollema. Moralmente mi ha caricato nei giorni successivi. La buona forma del Giro l’ho poi sfruttata alla Adriatica Ionica Race in cui stavo veramente bene. Sul Grappa ho tirato quasi sempre io visto che avevamo Zana che poteva prendere la maglia da leader. Infatti lui ha vinto la generale ed io ho chiuso quarto assoluto. Sono andato forte anche al Sazka Tour e mi sono stupito…

La crono è il vero tallone d’Achille di Covili. Lui vorrebbe lavorare di più su posizione e materiali
La crono è il vero tallone d’Achille di Covili. Lui vorrebbe lavorare di più su posizione e materiali
Come mai?

Perché da quando sono pro’ era la prima volta che dopo un lungo periodo lontano dalle corse sono rientrato competitivo. La AIR l’abbiamo finita ai primi di giugno, mentre in Repubblica Ceca abbiamo corso due mesi dopo precisi. Nel mezzo mi sono riposato e allenato, però non credevo di essere a quel livello. Lassù c’era della qualità. Alla fine ho fatto nono lavorando per Zana che ha concluso quarto ad otto secondi da Rota. Anche questo significa che sono cresciuto e che ho lavorato bene.

Visto che proprio Zana è andato via, sarà Luca Covili quello deputato a prendere il suo posto? Roberto Reverberi cosa dice?

Filippo è un talento e mi piacerebbe ripetere anche solo una parte del suo percorso o dei suoi risultati. Sicuramente voglio alzare l’asticella, cercando di prendermi uno spazio maggiore. Roberto sa quali sono i miei obiettivi e i miei margini. Credo sia anche per quello che mi ha fatto firmare anche per il 2024. Penso di essere all’80 per cento del mio processo di crescita. Vorrei colmare parte del restante gap nei prossimi tre anni. L’intenzione è andare in un team WorldTour o in una professional estera più quotata. Prima però devo sistemare un po’ di cose.

Covili Cogne
Luca soddisfatto (e sesto) al traguardo di Cogne al Giro. Spera di fare altrettanto anche al Lombardia
Covili Cogne
Luca soddisfatto (e sesto) al traguardo di Cogne al Giro. Spera di fare altrettanto anche al Lombardia
Quali sono? In cosa devi migliorare per vederti davanti nel 2023?

Innanzitutto la differenza la fanno i dettagli e dovrò continuare a curarli. Devo limitare le giornate storte. Devo capire se sono un uomo-classifica per grandi o piccoli giri a tappe. A crono soffro tanto. Al momento non ci sto lavorando molto. Mi piacerebbe lavorare un po’ di più sulla posizione per capire quanto posso contenere i distacchi. E poi vorrei migliorare nelle gare di un giorno siccome sono sempre stato uno che andava bene dal secondo o terzo giorno di corsa in poi. Ad esempio, quest’anno sono stato a lungo in fuga al Lombardia. Nel 2023 un obiettivo sarà provare a stare con i migliori il più possibile. Quella è una classica che mi piace tanto.

Almeida, un altro Giro nel mirino, ancora con Baldato

12.11.2022
5 min
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Di questi tempi circa un anno fa con Fabio Baldato, diesse della UAE Emirates, parlammo di Joao Almeida al Giro d’Italia. In quel momento l’atleta portoghese era appena arrivato nella squadra asiatica. E i due si conoscevano poco.

Joao voleva fare bene al Giro e la squadra gli aveva dato subito le chiavi da capitano. Impegni rispettati alla lettera, almeno sin quando il Covid non ci ha messo lo zampino. Adesso Almeida vuol tornare al Giro, stando alle sue dichiarazioni. Sarà ancora protagonista? Ce lo dice Baldato stesso.

Fabio Baldato (classe 1968) è direttore sportivo della UAE Emirates dal 2021
Fabio Baldato (classe 1968) è direttore sportivo della UAE Emirates dal 2021
Fabio, è passato un anno ed eccoci ancora qua: Almeida al Giro…

Sembra essere così. Non è ancora ufficiale, sia chiaro. Matxin e Gianetti stanno stilando il programma. So però per voce sua che lui ha piacere di fare il Giro. Ci sono da stabilire i programmi per tutti i corridori, dove schierarli. A dicembre quando ci ritroveremo in ritiro tutto sarà più definito.

Partiamo dall’ultima corsa rosa di Joao. Okay il Covid, ma come giudichi il suo Giro fino a quel momento?

Il Giro era stato volutamente corso in modo attendistico, proprio sapendo della difficoltà degli ultimi 4-5 giorni. Poi però è stato male. Ed è stato male proprio nella tappa dalla quale pensavamo d’iniziare ad attaccare. E rimontare in classifica.

Giro 2022. A Lavarone doveva iniziare la rimonta e invece Joao ha pagato dazio. Due giorni dopo ha lasciato il Giro causa Covid
Giro 2022. A Lavarone doveva iniziare la rimonta e invece Joao ha pagato dazio. Due giorni dopo ha lasciato il Giro causa Covid
Ti riferisci alla frazione di Lavarone?

Sì, a quella. Tappa che io conoscevo molto bene soprattutto nel finale. Quella salita, il Menador, la facevo anche in allenamento. E invece lo abbiamo capito dopo la tappa che qualcosa non andava. Anzi, ai piedi della salita. Quel giorno sin lì Joao non aveva detto nulla, ma prima della scalata per radio aveva chiesto tutto il supporto possibile dai compagni e dall’ammiraglia. Non si sentiva al meglio. E infatti c’era Covi che nella salita precedente era davanti e lo abbiamo fatto restare con lui. Poi sappiamo come è andata.

Che uno o due giorni dopo è arrivato il Covid e addio Giro…

Sin lì la squadra e Almeida avevano corso benissimo. Avevamo cercato il successo di tappa con Covi, Formolo, Rui Costa… ma sempre con un occhio rivolto ad Almeida. C’era sempre qualcuno che prima di muoversi aspettava gli ordini: che fosse davanti o fosse dietro. Penso per esempio a Diego Ulissi, che è stato eccezionale. Credo sia stato il Giro in cui è andato più forte. Magari non si è visto, ma ha fatto un ottimo lavoro. In salita restava con 15 corridori. Anche meno.

Hai detto che nei vostri piani Lavarone avrebbe dovuto segnare l’inizio della rimonta. Adesso non sappiamo quanto avevate in mente di guadagnare, ma c’era ancora la Marmolada a rischio per Almeida, e la crono di Verona era un po’ corta per rimontare tutto il gap forse…

Non per essere presuntuosi, ma secondo i nostri dati l’aspettativa era quella di attaccare anche in salita. Almeida lo abbiamo visto al Catalunya, per esempio, vincere in salita e staccare gente importante di ruota. Quando sta bene non si difende e basta in salita. In un grande Giro nella terza settimana contano anche le energie rimaste e un corridore che sin lì ha corso in difesa si poteva trasformare in un corridore che andava all’attacco. Magari poi la nostra tattica era sbagliata. Perché poi come avete detto voi la crono era breve per cambiare le sorti del Giro.

Non solo al Catalunya, Almeida ha vinto in salita anche alla Vuelta Burgos staccando scalatori del calibro di Lopez
Non solo al Catalunya, Almeida ha vinto in salita anche alla Vuelta Burgos staccando scalatori del calibro di Lopez
Cosa manca ad oggi a questo ragazzo? In cosa può migliorare ancora?

Ricordiamoci che ha solo 24 anni. Il problema è che oggi abbiamo fatto l’abitudine a vedere vincere i corridori di 22-23 anni i grandi Giri e le corse importanti. Magari a Joao manca un po’ di cattiveria. Quella non guasta mai: dal velocista all’uomo da grandi Giri.

Dalla sua ha il tempo…

Pian piano le sue esperienze le ha fatte. Dagli anni in Quick Step, specialmente quando fu in maglia rosa, all’essere leader con noi. Le capacità di gestire un gruppo, di essere un corridore che dá fiducia ai compagni. E questo sarà un ulteriore mattoncino nella sua crescita nell’ottica dei grandi Giri.

Fabio hai toccato un tasto interessante, la leadership… Alla Vuelta è partito come leader però si è fatto largo Ayuso… Questo lo ridimensiona? Gli mette qualche tarlo nella testa?

Non saprei. Tra l’altro alla Vuelta in questione neanche c’ero. Da quel che so c’era un bellissimo clima in squadra. Si sono aiutati moltissimo, ma il giorno che hanno messo in difficoltà Carlos Rodriguez c’è stata un’alleanza tra Almeida e Ayuso. Non vedo questa rivalità.

All’ultima Vuelta, Ayuso (maglia bianca) ha sfilato a Joao (alla sua ruota) i gradi di capitano
All’ultima Vuelta, Ayuso (maglia bianca) ha sfilato a Joao (alla sua ruota) i gradi di capitano
Più che rivalità noi facevamo un discorso sul credere nei propri mezzi…

Per me no, non mina le sue certezze il fatto che Ayuso sia andato più forte. Joao quando capisce che non è al top è il primo a dirlo e a mettersi a disposizione. E il bello è proprio avere un corridore così. Al Giro di Lombardia per esempio dovevo dire chi lavorasse prima e chi dopo per portare Pogacar nelle migliori condizioni possibili nel finale. E lui mi ha detto: “Fabio, sono qui per aiutare e quello che devo fare faccio”. Pur venendo da una top dieci alla Vuelta… No, non credo al tarlo, credo anzi che questo gli dia più stimoli. E tra i capitani è uno dei più facili da gestire. Ha carattere. Non è uno che si sottomette, ma ha l’orgoglio dei campioni con la “C” maiuscola.

Conoscendolo, con 70 e passa chilometri di crono al Giro, per te è gasato, si sta già facendo i suoi conti…

Magari sì, ma consideriamo le due crono, la terza (quella del Lussari, ndr) è particolare. Diciamo che ha almeno 50 chilometri contro il tempo in cui può avere un vantaggio. E, spero, anche per fare la differenza… se sarà al Giro. Ma non dimentichiamo le altre tappe dure. Il Giro è forse ancora l’unica corsa che propone oltre 5.000 metri di dislivello in una frazione. La tappa del Bondone ne prevede 5.300. E anche quella delle Tre Cime, non è da meno. Già queste due tappe possono compensare le crono.