Balsamo, tempo di esami: da domani fino al Fiandre

26.03.2022
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Tre vittorie, le ultime due in gare WorldTour. Il 2022 di Elisa Balsamo è iniziato nel segno della grande condizione e probabilmente di un’ancora più grande convinzione. La piemontese al momento è in Belgio, alla vigilia di una delle sue gare preferite, la Gand-Wevelgem, a una settimana dal Fiandre, altra corsa che la fa sognare.

«Rispetto allo scorso anno – dice – credo di aver avuto una crescita fisica e anche mentale, di questo sono contenta. Continuo ad allenarmi in pista, questa è la sola settimana che non ci sono andata. Sono convinta che sia sempre utile, ma è un fatto che quest’anno io abbia voluto investire di più sulla strada. Bisogna essere realisti e non porsi degli obiettivi troppo alti. Posso lavorare per essere un’atleta da classiche, ma le salite lunghe non saranno mai adatte a me. Credo di essere abbastanza completa».

La Ronde Van Drenthe e il Trofeo Binda hanno evidenziato i progressi di Elisa in salita
La Ronde Van Drenthe e il Trofeo Binda hanno evidenziato i progressi di Elisa in salita

La più forte del mondo

Sta di fatto che la maglia iridata sta brillando di luce propria, al punto che prima il suo preparatore Arzeni e poi una rivale come Marta Bastianelli (ieri terza, dietro Elisa e la Wiebes), l’abbiano definita la più forte al mondo. Lei che è sempre incline a restare dietro le quinte, davanti all’affermazione scoppia a ridere.

«Nel ciclismo è difficile fare certe affermazioni – spiega – non è come nel nuoto in cui la più forte nei 200 metri stile libero è quella che fa il tempo più basso. Diciamo che nelle gare adatte me la posso giocare e già questa è una bella consapevolezza. La maglia iridata mi sta dando molta fiducia. Ha i suoi lati negativi e anche quelli positivi. Aver vinto ancora dà la convinzione che il mondiale non sia venuto per caso».

Dopo il 4° posto all’Het Nieuwsblad, giorno nero alla Strade Bianche. Poi il decollo…
Dopo il 4° posto all’Het Nieuwsblad, giorno nero alla Strade Bianche. Poi il decollo…

Studiare la Wiebes

Il primo che lo dice farà i conti con noi! Nel frattempo il livello della sfida si è alzato. E se nei giorni scorsi abbiamo ragionato con Capo Arzeni sulle qualità della rivale Wiebes, c’è da supporre che la stessa Balsamo sia concentratissima sulla rivale più pericolosa.

«Conoscere un’avversaria – conferma – è necessario. Riguardare le volate è una parte importante di questo lavoro. Alla fine è l’unico modo per cercare di batterle. Puoi partire con un’idea di tattica, anche se poi la corsa è capace di riscrivere tutto».

Dimensione WorldTour

Di sicuro è tutto più facile o se non altro meno difficile, avendo al proprio fianco uno squadrone come la Trek-Segafredo che, avendo perso per maternità Lizzie Deignan, si sta stringendo attorno a Elisa, avendone riconosciuto la solidità. Con i leader veri succede così.

«La differenza fra una squadra WorldTour e le altre – dice – si vede innanzitutto nell’organizzazione e nel numero delle persone che ci lavorano. Ognuno cura i dettagli del suo sapere, dall’alimentazione ai materiali. In gara poi, con le compagne che ho, mi rendo conto che siamo noi che possiamo decidere come far andare la gara. Non la subiamo, come capita se hai un organico meno forte. E’ difficile gestire il gruppo, ma a volte succede ed è molto bello.

Grande Balsamo a De Panne, battuta la Wiebes. Terza Marta Bastianelli
A De Panne, battuta la Wiebes. Terza Marta Bastianelli: grande Balsamo

Tempo di esami

E così, in attesa che l’ultimo esame le permetta di arrivare alla laurea, le prossime due domeniche la vedranno impegnata in due test molto severi.

«Gand e Fiandre – conferma – sono le mie due corse preferite, anche se tecnicamente molto diverse. Il Fiandre è più duro e c’è meno spazio tra l’ultimo muro e l’arrivo. La Gand parte piatta, poi ha un settore centrale con i muri e poi ci sono 30 chilometri fino al traguardo. Spero che in quel drittone domenica ci sia vento, che renderebbe tutto più… interessante. E poi si penserà anche all’università. In questo momento non c’è tanto tempo per studiare. Conto di finire, ma non voglio sbilanciarmi».

Il re è tornato, ma dal Belgio arriva l’acuto di Van Aert

25.03.2022
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A 1.300 chilometri di distanza, in due corse completamente differenti e in condizioni non ancora paragonabili, Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel hanno vinto a capo di una fuga. Il primo concretizzando una condizione già superlativa al E3 Saxo Bank Classic di Harelbeke. Il secondo costruendo la sua, che tanto male non doveva essere dopo il terzo posto alla Sanremo, sul traguardo di Montecatini alla Settimana Coppi e Bartali.

Van Aert ha tagliato il traguardo abbracciato al compagno Laporte, con cui ha diviso gli ultimi chilometri all’attacco. Van der Poel ha schiodato la concorrenza con una volata di rabbia. La sua ultima vittoria risaliva al 12 settembre, nella Antwerp Port Epic.

Per Van Aert e Laporte, arrivo in parata sul traguardo di Harelbeke
Per Van Aert e Laporte, arrivo in parata sul traguardo di Harelbeke

Delusione Sanremo

Alla Sanremo è successo quello che si poteva pensare, rileggendone la storia comune. Nella sua analisi dopo gara, Van Aert ha ammesso di aver sprecato le energie migliori per chiudere sui tanti attacchi del Poggio e fra questi, due volte si è mosso per riacciuffare Van der Poel. Sembra che l’olandese a tratti lo privi della necessaria lucidità.

«Alla Sanremo – diceva prima del via – cerco di non pensarci. Sono rimasto deluso, è vero. Ma non c’era più niente da fare. Le corse che arrivano ora mi si addicono meglio. Questo è il periodo su cui abbiamo lavorato e ora è il momento di dare il meglio di me. Harelbeke è in cima alla mia lista dei desideri, mi piacerebbe molto vincerla. Il Taaienberg è il punto chiave, di solito il gruppo esplode lì».

Sul Paterberg la selezione di Van Aert è stata spietata
Sul Paterberg la selezione di Van Aert è stata spietata

Una cronosquadre

Van Aert ha dato il primo avviso decisivo a 80 chilometri dall’arrivo selezionando in testa un gruppo di una quindicina di corridori. Poi, quando di chilometri ne mancavano poco più di 40, ha dato il secondo scossone. Con lui è rimasto soltanto Laporte, che alla Parigi-Nizza ha approfittato dei favori del capitano, mentre questa volta ha dovuto chinare il capo.

«Abbiamo fatto una fantastica prestazione di squadra – ha detto Van Aert – non ho parole per questo. Abbiamo perso quasi subito Tosh Van der Sande, ma sapevamo di dover gestire la corsa. Abbiamo sempre avuto il predominio in gara e l’abbiamo gestita in modo fantastico.  Ovviamente abbiamo dovuto lottare prima di ottenere un vantaggio rassicurante. Ma sapevo che c’è sempre un punto in cui gli inseguitori dubitano e rallentano. Stavolta è stato in cima alla Karnemelkbeekstraat, soprattutto perché in quel gruppo c’era anche Tiesj Benoot. Una volta che ci hanno lasciato andare, abbiamo dovuto pedalare forte, ma è stato persino divertente.

«Quando ho vinto l’Omloop Het Nieuwsblad – ha sorriso – hanno detto che difficilmente sarebbe stato possibile vincere qui. Questa vittoria mi offre una posizione di partenza fantastica verso le gare che verranno. Anche perché la prossima settimana saranno aggiunti alla squadra altri ragazzi forti».

Guardate che atleta! Van der Poel, subito vincente, si sta affinando per il Nord
Guardate che atleta! Van der Poel, subito vincente, si sta affinando per il Nord

The King is back

A Montecatini, si legge sui social della Alpecin-Fenix, “the king is back”: il re è tornato. Van der Poel è stato in fuga. Lo hanno ripreso. E poi ha vinto la volata. Niente di troppo facile, esattamente quello che cercava.

«Mi manca solo un po’ di resistenza – ha spiegato – è quello che intendevo quando nei giorni scorsi ho detto che la Milano-Sanremo è stata una corsa molto diversa sotto questo aspetto. E’ veloce. Puoi lasciarti andare alla deriva per i primi 250 chilometri. I cambi di ritmo, le accelerazioni e i rilanci sono molto meno presenti. Ecco perché sto sempre cercando la fuga in questo giro molto difficile. Solo per guadagnare in resistenza. Ne ho ancora bisogno».

La Toscana ha accolto la Coppi e Bartali con il calore e la solita competenza
La Toscana ha accolto la Coppi e Bartali con il calore e la solita competenza

Il lavoro giusto

Il re è tornato: è certamente una grande notizia per i suoi tifosi e per il pubblico che lo aspetta sulle stradelle del Belgio e lo rivedrà alla Dwars door Vlaanderen che si correrà il 30 marzo da Roselare a Waregem, nel cuore più fiammingo delle Fiandre.

«Ho sempre detto che mi sarebbe piaciuto vincere una tappa qui – ha precisato – ma lo scopo di questa corsa è un altro. Voglio uscire da questa settimana meglio di come ci sono entrato ed essere pronto per quello che verrà dopo: la primavera delle classiche, che è molto più importante. In questo senso, ogni giorno è un altro buon allenamento. Questa corsa si adatta benissimo al lavoro di cui ho bisogno».

Ieri Van der Poel è tornato al suo hotel in bicicletta, a una quarantina di chilometri di distanza dall’arrivo di San Marino: «Un’altra ora di allenamento extra a mio piacimento», ha concluso con un sorriso. Chissà se oggi farà lo stesso. E chissà se pure da 1.300 chilometri, Van Aert lo starà seguendo, sia pure senza farsi notare…

«Il modo per batterli è non avere paura»: la ricetta di Asgreen

19.01.2022
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Ci sono quelli che dopo un po’, restando sempre dietro ai vincitori, si convincono di aver trovato il loro posto. E poi ci sono quelli come Kasper Asgreen che continuano a cercare il modo per passargli avanti e alla fine ci riescono. E’ questa, per sommissimi capi, la storia del danese che l’anno scorso ha vinto Harelbeke e Fiandre (in apertura con Van Aert e Van der Poel nelle fasi decisive) e che nel 2017 si era annunciato al grande gruppo vincendo la crono agli europei U23 di Herning, corsi a un’ora d’auto dalla sua casa di Kolding nella regione danese di Syddanmark.

Foto e interviste

Asgreen, classe 1995, è passato professionista a vent’anni nel 2015 e solo dal primo aprile del 2018 è passato nella allora Quick Step Floors, dando il suo contributo nelle vittorie della cronosquadre alla Adriatica Ionica Race e poi al mondiale di Innsbruck. Ma la vera rivelazione, si diceva, è avvenuta al Fiandre, con il secondo posto del 2019 dietro Bettiol e finalmente la vittoria del 2021 nella volata a due contro Mathieu Van der Poel. Alzi la mano chi quel giorno avrebbe scommesso un euro sulla vittoria del danese…

«Se da quel giorno – chiede – il mio ruolo in squadra è cambiato? Faccio più interviste e mi scattano più foto, sono finito sui manifesti, ma per il resto i rapporti e il rispetto sono gli stessi di prima. Mi piace vincere corse e provo a farlo».

Ai mondiali di Bruges, Asgreeen ha ottenuto il 4° posto nella crono alle spalle di Ganna, Van Aert ed Evenepoel
Ai mondiali di Bruges, Asgreen ha ottenuto il 4° posto nella crono

Obiettivo maglia gialla

Sta seduto di tre quarti su un divanetto bianco, con la mascherina a coprire la barba. Difficilmente guarda negli occhi, spesso distoglie lo sguardo come a inseguire il filo del discorso.

«Ho ricominciato con lo stesso copione di sempre – risponde – con le classiche, il Tour e i mondiali. Era da un po’ che il Tour non cominciava con una crono e questa si svolgerà addirittura in Danimarca, il mio Paese. Il livello sarà altissimo, chiaramente, e la prima maglia gialla sarà l’obiettivo di tutti i cronoman più forti. Ma questo non cambia le mie motivazioni. Sarà più bello. Il percorso sarà veloce per 8-9 chilometri, poi ci sarà una sezione tecnica che richiederà tanta potenza. Il tempo speriamo che sarà decente, con temperature fra 24 e 25 gradi. Non mi piace la pioggia…».

Al ritiro della Quick Step a Calpe c’erano troupe venute per Asgreen dalla Danimaraca
Al ritiro della Quick Step a Calpe c’erano troupe venute per lui dalla Danimaraca

Il contratto più lungo

Lo scorso inverno, anche lui è volato in California con Cattaneo ed Evenepoel per migliorare la posizione sulla bici da crono nella galleria del vento di Specialized, avendo alle spalle il titolo nazionale, il sesto e il secondo posto nelle due crono del Tour e il quarto ai mondiali, dietro Ganna, Van Aert e lo stesso Evenepoel.

«La crono è un discorso individuale – dice – e tutti in questo ciclismo vogliono due maglie: la gialla e quella iridata. La seconda mi è sfuggita per 46 secondi che non sono pochi, sulla prima sto lavorando, ma non sto troppo tempo a pensarci. Però per questo partirò più tardi rispetto alle scorse stagioni, per tenere la forma più a lungo nell’anno. In più debutterò all’Amstel Gold Race. Questo fatto di aggiungere elementi al programma mi piace e avere il contratto fino al 2024 mi dà la tranquillità di provare senza l’ansia di non riuscire. E’ un bello stato mentale».

Al Fiandre 2021, Asgreen ha gestito con freddezza (e freschezza) il duello con Van der Poel
Al Fiandre ha gestito con freddezza il duello con Van der Poel

L’età di Van der Poel

Se però vuoi mettere alla prova qualcuno per capire se la grande vittoria sia stata conseguenza del lavoro o un colpo di fortuna (in realtà parlare di fortuna dopo 254 chilometri sui muri delle Fiandre è un bell’ardire), l’unica cosa da fare è metterla in dubbio. Come hai fatto a uscire vivo dal duello con Van Aert e Van der Poel?

«Ci sono in giro – risponde questa volta fissando dritto – quattro o cinque corridori difficili da battere, il meglio di questa generazione. Io ero fra loro, ho la stessa età di Mathieu e lo conosco bene, e un anno in meno di Van Aert. Ci siamo sfidati più volte e osservandoli, ho capito che è possibile vincere, non bisogna averne paura. Anche se non sono solito farlo, ho riguardato la corsa, non tutta ma il finale. Ero lì, mi sentivo bene, avevo intorno i miei compagni. Sapevo che se hai buone sensazioni dopo così tanti chilometri, puoi davvero farcela. Ci ho creduto. Non sai mai come può finire, ma devi credere di poterlo fare. E allora a volte succede».

Sette giorni dopo, Asgreen non smette di volare

12.04.2021
4 min
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Il segno premonitore che avrebbe potuto vincere il Fiandre è stata la chiamata di Rolf Sorensen, sorride Kasper Asgreen, che fino a quel momento era stato il solo danese capace di vincere il Fiandre.

Solo un altro danese aveva vinto il Fiandre: Sorensen nel 1997
Solo un altro danese aveva vinto il Fiandre: Sorensen nel 1997

«Mi ha telefonato prima del weekend – racconta il corridore della Deceuninck-Quick Step – e mi ha spiegato perché fosse convinto che potevo riuscirci anche io. Se un corridore come lui ti chiama e ti dice certe parole, la fiducia cresce parecchio».

Tutto in 10 metri

Una settimana dopo la vittoria del Fiandre, Asgreen ha ancora addosso lo stesso stupore dei primi minuti dopo un successo che molti a un certo punto ritenevano impossibile. Come fai a battere Van der Poel in una volata a due, visto che l’olandese lo scorso anno aveva liquidato allo stesso modo Van Aert?

A Herning 2017 ha vinto la cronometro individuale U23
A Herning 2017 ha vinto la cronometro individuale U23

«Mathieu mi ha passato all’ultimo chilometro – dice – e in quello stesso momento, Tom Steels (tecnico e preparatore del team, ndr) mi ha detto via radio che avevamo 35 secondi sul secondo gruppo. Era un bel margine da giocarci, così ho deciso di rischiare che la velocità si abbassasse. Mi sono messo a ruota e ho preso il controllo. Quando abbiamo iniziato lo sprint, ho pensato di lanciarlo molto lungo. L’unica speranza era che dopo tutti quei chilometri potessi avere più forza di lui. E Van der Poel a un certo punto si è seduto. Quando sono passato sulla riga, ricordo di essermi detto: ha funzionato! Con gli allenatori abbiamo lavorato tutto l’inverno sullo sprint e la forma è arrivata nel momento giusto. L’avevo sentito nelle settimane precedenti. Tutti quei mesi di duro lavoro raccolti negli ultimi 10 metri della corsa. Ha funzionato! Ho proprio pensato questo, passando la riga bianca».

Caduta morbida

Il racconto va avanti ripescando nella memoria i momenti chiave della corsa e della carriera, con lo sguardo ancora incantato.

Ad Harelbeke, Asgreen aveva già fatto la selezione sul Taoenberg
Ad Harelbeke aveva già fatto la selezione sul Taoenberg

«Il Fiandre – ricorda – era la corsa dei miei sogni sin da quando ho iniziato a seguire il ciclismo, con le sue salite e la distanza. Ma serve anche fortuna. Nella caduta, ad esempio. Mi è andata bene perché non sono finito nel mucchio, ma mi hanno colpito da dietro. E’ stato un atterraggio morbido. Se doveva accadere, è accaduto nel modo più indolore. Steels è arrivato alla svelta, mi ha dato la bici e sono potuto ripartire. E a quel punto il fattore decisivo è stato il gioco di squadra con Alaphilippe sul Taienberg, quando prima ha attaccato lui e poi mi sono mosso io con Mathieu e Van Aert».

Coincidenza oppure no, sul Taienberg aveva fatto la differenza decisiva anche nel Gp E3 Saxo Bank di Harelbeke. Questione di sensazioni o di pendenze, al Fiandre il… giochino ha funzionato nuovamente.

In attesa della premiazione, Asgreen rivive la corsa con gi occhi increduli
In attesa della premiazione, rivivendo la corsa con gi occhi increduli

«La squadra ha lavorato in modo eccellente – dice – ed è questo il bello di farne parte. Comanda il gruppo. Sono tre anni che sono qui e la mentalità Wolfpack ha permesso a tanti giovani di migliorare e a tanti di noi di vincere grandi corse. Ma credo che avere l’aiuto di uno come Julian sia speciale. Spero che arrivi presto anche per lui il momento di vincere un’altra corsa importante».

La prima corsa

E quella prima corsa con la maglia della Deceuninck-Quick Step, Kasper ce l’ha ancora davanti agli occhi. Era il 4 aprile del 2018.

Sul podio del Fiandre, per Asgreen un sogno realizzato al 3° tentativo
Sul podio del Fiandre, un sogno realizzato al 3° tentativo

«La decisione di cambiare squadra (correva nel Team Virtu Cycling, ndr) fu abbastanza improvvisa – racconta – e ricordo che mi trovai sul pullman durante il meeting di quella prima corsa come un oggetto misterioso. I compagni e i direttori sprtivi non sapevano chi fossi e che cosa potessero aspettarsi da me. Alla fine chiusi tutti i buchi fino a 3 chilometri dall’arrivo e cogliemmo con Fabio (Jakobsen, ndr) una bella vittoria nella Scheldeprijs del 2018. Quando arrivai sul pullman, erano tutti eccitati e contenti per il lavoro che avevo fatto. Io mi sentivo come se la corsa l’avessi vinta anche io. E a guardare gli sguardi dei ragazzi quando sono tornato da loro nel giorno di Pasqua, si vedeva chiaro nei loro occhi che era come se il Fiandre lo avessero vinto anche loro».

Matthews nelle Ardenne per cancellare la iella del pavé

11.04.2021
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Michael Matthews è tornato a casa, nelle file del Team Bike Exchange da cui proveniva, alla fine del 2020 dopo 4 anni al Team Sunweb. Un periodo redditizio per il corridore classe 1990 di Canberra, con due tappe al Tour, le due prove canadesi del WorldTour e lo scorso anno la corsa di Plouay. Quest’anno Michael compirà 31 anni e al netto di una bella carriera da 35 vittorie (finora), non si può nascondere che dopo la vittoria del mondiale U23 a 20 anni attorno al suo nome ci fossero altre attese. Lui lo sa e non si nasconde. Perciò dopo il 6° posto della Sanremo e il 5° della Gand, si prepara a sbarcare sulle strade delle Ardenne, cercando di dare una forma più consistente al suo ben pagato ritorno a casa.

Con il 3° posto di Amilly, Matthews per un giorno leader della Parigi-Nizza
Con il 3° posto di Amilly, Matthews per un giorno leader della Parigi-Nizza
Come è andata finora?

Sono stato entusiasta di essere tornato quassù, soprattutto perché l’anno scorso me le ero perse. Sono state corse super aggressive, visto il modo in cui ultimamente corrono tutti. Si parte e si fa subito la selezione.

Ha raccontato Trentin che alla Gand siete stati voi i primi ad approfittare del vento.

Prima della corsa, abbiamo fatto una bella riunione. Mat Hayman, il nostro direttore sportivo, ci ha dato una buona idea su cosa fare circa 70 dopo la partenza. Ha suggerito che se ci fossimo messi in testa con tutta la squadra, avremmo potuto approfittare del vento laterale.

Ci siete riusciti?

Ha funzionato. Il gruppo si è rotto e davanti si è formata una fuga di circa 25 corridori con 5 di noi (foto di apertura). E’ andata bene e poi abbiamo lavorato per tutta la gara cercando di impedire gli scatti e darmi la migliore opportunità per lo sprint in finale.

E qui qualcosa invece non ha funzionato. Che cosa?

Nel finale eravamo rimasti in sette e io purtroppo non avevo più le gambe per vincere lo sprint. Lo stesso ho dato il massimo, la squadra ha fatto un lavoro fantastico. E tutto sommato la cosa mi aveva dato fiducia per il Fiandre.

Ma anche lì…

Mi ero sentito sempre meglio dopo ogni gara. Avevamo fatto una bella ricognizione con i compagni il giovedì, stavo bene. Sembrava che tutto andasse secondo i piani fino al secondo passaggio sul Qwaremont.

Fiandre sfortunato: insegue sul Qwaremont, poi affonda…
Fiandre sfortunato: insegue sul Qwaremont, poi affonda…
Che cosa è successo?

Circa 10 chilometri prima ero rimasto coinvolto in una caduta e avevo dovuto inseguire. Ero quasi rientrato, ma c’è stata un’altra caduta ai piedi del muro. Avevo delle ottime gambe, ho continuato a inseguire, ma se non sei con i primi sul secondo Qwaremont, diventa tutto più difficile.

E lì si è chiuso il tuo Fiandre?

Ho cercato di lottare per tornare in gara, ma sono finito nel terzo gruppo. Pensavo a un risultato molto migliore.

Cosa cambierà nelle Ardenne?

Sento di avere ancora una buona condizione, per cui ora sono ancora più motivato a cercare di ottenere un risultato. Alla Freccia del Brabante sono arrivato due volte secondo (nel 2014 e nel 2015, ndr), è una gara che mi piace. E’ sempre dura e aggressiva. E penso che la ripetizione delle salite possa giovarmi.

Pensi di poter vincere?

Abbiamo una squadra davvero forte, quindi spero che possiamo fare una buona gara. Un po’ di fortuna non guasterebbe. Sarebbe bello finire sul podio ancora una volta, però onestamente questa volta puntiamo alla vittoria. Voglio rimettere a posto le cose dopo il Giro delle Fiandre.

Turgis, un Fiandre spavaldo. Ma quella borraccia…

05.04.2021
3 min
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Forse avrebbe avuto persino le gambe per seguire Asgreen e Van der Poel. Se c’è un corridore che ieri ha sprecato l’ira di Dio è Anthony Turgis.

Il francese passa nella zona mista che sembra abbia disputato un’altra corsa. Il suo volto è decisamente più impolverato della media, almeno degli altri capitani. E’ segno che è stato parecchio a bordo strada, che ha dovuto spesso prendere aria per risalire o mantenersi nelle posizioni di testa e che non aveva chi lo proteggeva.

Anthony Turgis (26 anni) ha chiuso il Fiandre all’ottavo posto
Turgis AnthAnthony Turgis (26 anni) ha chiuso il Fiandre all’ottavo postoony

Energie sprecate

Un sacco di volte scattavano e dietro lui chiudeva, rincorreva. Il corridore della Total Direct Energie non è nuovo a grandi prestazioni. Lo scorso Giro delle Fiandre fu quarto e quest’anno aveva aperto la sua campagna del Nord con il secondo posto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne.

Ma nonostante sia il più impolverato, Anthony ci sembra anche uno dei più sereni. Il suo sguardo sembra appagato, soddisfatto.

«I miei compagni hanno cercato di proteggermi il più possibile – ha detto Turgis, quasi a mettere le mani avanti quando un collega francese gli faceva notare che ha praticamente corso da solo – e mi hanno aiutato a rientare dopo la caduta.

«E’ stato molto bello riuscire a seguire Alaphilippe nel suo attacco sul Koppenberg. Peccato sia rimasto un po’ “incastrato” sul Taaienberg. Ci ho pensato un po’ troppo e forse avrei dovuto chiudere prima. Ho spinto anche tra i muri, però o mi muovevo o sarei rimasto indietro».

Borraccia fatale?

E alla fine in qualche modo era rientrato sul drappello dei migliori. Ma prima dell’ultimo passaggio sul Kwaremont, dove tutti sapevano che sarebbe accaduto qualcosa, ecco l’ennesimo spreco. Turgis si sposta per prendere la borraccia. E si “distrae” dalla corsa. Il suo sguardo è rivolto verso il massaggiatore che gliela pone e in quel momento c’è un attacco di Asgreen. Van der Poel e Van Aert rispondono e lui resta lì.

E quando glielo chiediamo, lui capisce al volo.

«Nessuna distrazione – dice Turgis – avevo assolutamente bisogno di una borraccia. Ero a secco già da un po’. Ho preferito essere sicuro di potermi idratare perché gare del genere se non lo fai alla fine può essere fatale. Possono arrivare dei crampi all’improvviso».

Di certo, per come pedalava ieri sembrava uno dei più forti. Spingeva bene il rapporto nonostante non sia un gigante. Chi lo conosce ci dice che non è un ragazzo affatto timido. E’ uno che quando ha gamba lo dice, punta e corre senza paura.

Asgreen scatta e dietro si nota Turgis che mette a posto la borraccia Anthony
Asgreen scatta e dietro si nota Turgis che mette a posto la borraccia Anthony

Sognando la Ronde

Secondo a Bruxelles, come detto, decimo alla Sanremo, ottavo alla Gand… questo Turgis è un corridore vero. Deve maturare e affinare il suo modo di correre, ma è altrettanto vero che la sua squadra, seppur buona, non è all’altezza delle WorldTour. Solo Van der Poel per adesso è riuscito a rompere l’egemonia dei team più grandi. E per questo capiamo quel suo sguardo tutto sommato felice e senza rimpianti.

«Sono molto felice. Ho pedalato fianco a fianco con i big dimostrando di essere uno dei corridori che vincere il Giro delle Fiandre». 

Chissà, magari senza quella borraccia già quest’anno sarebbe potuta andare diversamente…

Van der Poel china la testa: «Ma non ho rimpianti»

05.04.2021
4 min
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«Ho corso con tutto il mio cuore oggi, non ho rimpianti», ha scritto Van der Poel ieri sera sulle sue pagine social. Più passava il tempo e più queste parole si riempivano di significato. Ha fatto un grande Fiandre. La delusione a botta calda, lasciava spazio alla ragione. E questa diceva che la sua primavera è stata eccezionale: quattro vittorie e tanti piazzamenti importanti. E anche ieri la sua corsa l’olandese l’ha fatta, ma non è bastato.

Mathieu Van der Poel su Kwaremont e dietro. Asgreen che chiude su di lui
Mathieu Van der Poel su Kwaremont e dietro. Asgreen che chiude su di lui

Asgreen più forte

«Ad un chilometro dalla fine – ha detto Van der Poel – quando ho realizzato che Asgreen era ancora con me ho capito che era più fresco. A quel punto ho immaginato che la mia volata potesse non bastare. Cosa dire: ho perso contro un ragazzo che oggi è stato più forte di me. Si vedeva anche da come chiudeva sui muri. Era sempre il più veloce a rientrare».

E forse proprio il fatto di aver perso allo sprint, lui che si butta anche nelle volate di gruppo, di essersi addirittura riseduto durante la volata, spazza via i se e i ma di quando si perde un Giro delle Fiandre per un niente. 

Mathieu ha gestito bene lo sprint, nonostante stesse davanti. Si è spostato su un lato della strada dovendo così controllare da una sola parte. E’ partito con il giusto rapporto, tanto da prendere persino qualche metro di vantaggio pur non essendo scattato per primo, ma poi sul più bello le sue gambe hanno detto basta e si è dovuto sedere. Quindi sì: ha vinto il più forte. Rimpianti zero.

E anche in corsa non aveva sprecato energie, come spesso fa. Aveva corso con intelligenza. Addirittura come lui stesso ha dichiarato: «Con Asgreen già sul Paterberg avevamo trovato l’accordo che saremmo andati insieme fino all’ultimo chilometro».

Asgreen e VdP hanno trovato subito l’accordo dopo essere scappati sul Paterberg
Asgreen e VdP hanno trovato subito l’accordo dopo essere scappati sul Paterberg

Riposo e Mtb

«Adesso si volta pagina e finalmente potrò dedicarmi alla mountain bike». Quel finalmente ci ha colpito non poco. Sembrava quasi che Mathieu fosse un po’ stanco dell’ambiente più “formale” della strada e forse anche delle pressioni a cui inevitabilmente è sottoposto. Basta pensare solo alle critiche che gli sono piovute addosso dopo la prestazione alla Dwars door Vlaanderen (58° a 1’41” da Van Baarle). «E’ stanco». «Ha perso la condizione». «Quando corre spreca troppo». Titoli e opinioni dicevano così. Ieri li ha (quasi) smentiti tutti.

Senza più la Roubaix il capitolo strada di Van der Poel per ora finisce qui. L’olandese infatti non correrà le classiche delle Ardenne e potrà pensare alle gare di Coppa del mondo di Mtb. Mathieu infatti punta alle Olimpiadi in questa specialità. E come nella sua natura ci punta per vincerle.

«Ma prima una settimana di riposo», ha detto VdP. In questa fase l’olandese lavorerà, come aveva dichiarato qualche settimana fa, molto sulla tecnica. Mathieu è consapevole di quanto sia importante trovare il feeling assoluto con la Mtb. Lo ha testato sulla sua pelle a fine 2019, quando dopo tanto lavoro in tal senso ha schiantato il rivale più pericoloso: Nino Schurter, il quale a sua volta lo domava proprio grazie ad una superiorità tecnica.

Mathieu Van der Poel, corsa a piedi 2020
Mathieu Van der Poel a fine gennaio ha vinto il mondiale di ciclocross
Mathieu Van der Poel, corsa a piedi 2020
Mathieu Van der Poel a fine gennaio ha vinto il mondiale di ciclocross

I conti del cross?

Una cosa però merita una riflessione. Ieri i due più forti, Van Aert e Van der Poel, ancora una volta hanno fatto una gara speculare. Entrambi si sono dovuti arrendere. Van Aert un po’ prima, anche perché si era mosso di più andando a chiudere in prima persona sugli attacchi della Deceuninck-Quick Step, Van der Poel un po’ più tardi. Ma la questione è: forse l’attività estremamente intensa del ciclocross ha presentato il conto? E’ molto probabile, ma alla fine questo ci rallegra. Rende umani questi due campioni, questi due fuoriclasse. Non ci scordiamo che per batterli ci è voluta l’intesa corazzata Deceuninck-Quick Step. Loro invece erano soli nel finale.

VdP primo e stremato a Castelfidardo. Ha forse pagato a caro prezzo quell’impresa?
VdP primo e stremato a Castelfidardo. Ha forse pagato a caro prezzo quell’impresa?

Ma la Tirreno…

Già ieri in zona mista però, la stampa olandese, più che parlare di ciclocross puntava il dito sulla Tirreno-Adriatico, corsa nella quale i due hanno “esagerato”. Forse perché si sentivano in palla, forse per quell’istinto che hanno di “prendersi a pugni”, fatto sta che in quella settimana, chi per un verso, chi per un altro, hanno speso moltissimo. Van Aert è stato in “tiro” per tutte e sette le tappe e Van der Poel ha spinto sin troppo oltre il limite verso Castelfidardo, massacrando di fatto i suoi muscoli facendoli pedalare senza “carburante”, in piena crisi di fame. E a ben pensare quella è stata l’ultima vittoria di Vdp in questo scorcio di stagione.

Brava Cavalli, ma dietro potevate tirare di più?

05.04.2021
4 min
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Alla fine del Fiandre delle donne, in Marta Cavalli ha prevalso la soddisfazione, piuttosto che la sensazione che forse si sarebbe potuto fare di più e che in qualche modo la Van Vleuten si poteva riacciuffare.

Nella mix zone di Oudenaarde la portacolori della Fdj Nouvelle Aquitaine ha lo sguardo stanco ma sincero ed effettivamente questa soddisfazione traspare. Tassello dopo tassello la cremonese sta crescendo. Si sta ritagliando un posto nel ciclismo internazionale e questo è quello che conta. Magari fra un anno sarà lei ad alzare le braccia al cielo su questo prestigioso arrivo.

Il via della gara femminile è stato veloce. Poi la corsa è esplosa sui muri
Il via della gara femminile è stato veloce. Poi la corsa è esplosa sui muri

Partenza in sordina

E al Fiandre Marta ci teneva. Nei giorni che precedevano la gara aveva provato il percorso ben tre volte, sapeva che la condizione era buona.

«Se non quasi al massimo – aggiunge lei – sapevo che le gambe mi avrebbero sostenuta e così è stato. Sui primi muri, in particolare sul Kanarieberg, non ero ben posizionata e ho dovuto faticare un po’ di più per non farmi scappare il gruppo di testa. Poi per fortuna hanno rallentato, però questa sgasata mi è servita per sbloccare un po’ la gamba.

«Questa è una gara tutta di un fiato. Quando si entra negli ultimi cinque muri poi non c’è più tempo per respirare. Sono molto soddisfatta, perché è sempre un’emozione essere davanti con questi nomi. Mi spiace solo che nell’ultimo periodo ho perso un po’ il mio spunto veloce perché dovendo lavorare per resistere in salita è normale che accada. E senza il mio sprint non sono riuscita a portare a casa un risultato migliore, che poteva essere un podio. Se la metto così mi spiace veramente tanto».

Chi tirava dietro?

La Cavalli parla di podio e dell’amaro in bocca per non essere riuscita ad agguantarlo, però il drappello che inseguiva la Van Vleuten non si è giocato le carte al meglio. Perché essendoci due team che avevano due donne non ne hanno messa una a tirare pancia a terra? Tra l’altro uno dei team in superiorità numerica era proprio il suo.

«Abbiamo provato a metterci d’accordo e a sacrificare una ragazza ciascuno. Io avevo la mia compagna, Cécile Ludwig. La devo ringraziare di cuore, perché si è messa a disposizione, ha tirato, ha dato l’anima per provare a chiudere su Annemieck, ma purtroppo non ce l’abbiamo fatta. La Van Vleuten è rimasta sempre lì davanti a una decina di secondi: sembravano pochi, alla fine sono stati tanti.

«Lei si doveva sacrificare, questa era la nostra tattica. Ma anche io ho dovuto dare qualche cambio perché serviva anche collaborazione. Si poteva arrivare allo sprint per il primo posto, quindi qualche tirata era giusto darla».

Marta Cavalli (23 anni) tornerà in Belgio per le Ardenne (foto Instagram)
Marta Cavalli (23 anni) tornerà in Belgio per le Ardenne (foto Instagram)

Cavalli nelle Ardenne

Eppure la sensazione che in quel drappello non fossero a tutta nel dare la caccia alla Van Vleuten ce l’abbiamo avuta e infatti la Cavalli lo ammette.

«Non eravamo proprio a tutta, a tutta – dice – delle sette ragazze del gruppetto in due non tiravamo o lo facevamo poco, perché avevamo la compagna a disposizione. E un’altra, Elisa Longo Borghini, era in coda e non tirava ovviamente. Non essendo lei allo sprint tra le più veloci, voleva salvare un po’ la gamba o magari tentare un attacco. Alla fine erano solamente quattro ragazze che spingevano “sotto controllo”, contro una campionessa così in forma. Era difficile chiudere oggi, peccato perché avevo sensazioni migliori rispetto alla Strade Bianche. Lì ero un po’ troppo tesa mentalmente. E questo non mi ha permesso di recuperare, quindi già dopo qualche muro e qualche strappo, ero in difficoltà. A Siena ho corso più col cuore, qui più con le gambe. Per questo mi porto a casa una grande soddisfazione personale. E comunque ho ancora qualche anno per tornare a lavorare sul mio sprint e puntare a certe gare. L’importante, secondo me, in questo momento è stato arrivare davanti».

Certo che avrà tempo Marta Cavalli di crescere e puntare in alto. Ha solo 23 anni. Intanto dopo molti giorni al Nord tornerà a casa per qualche settimana.

«Avrei dovuto correre la Roubaix, però purtroppo non si farà. Tornerò qui in Belgio per correre le Ardenne, farò tutto il trittico: Amstel, Freccia e Liegi e poi faremo i conti».

E Milan si prepara a passare dal pavé alla pista

05.04.2021
4 min
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Eppure c’è un italiano che è andato via dal pavé di Oudenaarde col sorriso sulle labbra ed è Jonathan Milan. Alla partenza se ne stava accanto ai compagni con un sorriso un po’ nervoso, come quando nel debutto c’è qualcosa che ti sfugge e finché non si parte ti resta addosso un po’ di inquietudine. Poi la corsa è partita e le sensazioni sono andate al loro posto. Fatica. Nervosismo. Alta velocità. Poi, fatto il proprio lavoro, la resa. Nonostante tutto, il bello del Nord. E alla fine, parlando con lui ai piedi del pullman, si ha la sensazione che il gigante friulano (è alto 1,94) si sia anche divertito. Bene così!

Vi ricordate di lui, no? Due anni al Cycling Team Friuli continental. Il tricolore della crono. Vittorie in linea. La scalata in pista al quartetto azzurro. Il passaggio fra qualche discussione (secondo il suo tecnico Bressan era troppo presto) al Team Bahrain Victorious. La condivisione della preparazione, fra gli allenatori del vecchio team e Paolo Artuso dell’attuale. Il debutto nel WorldTour. E davanti alle ruote la probabile partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo nel quartetto.

La ricognizione sui muri per prendere le misure con il pavé del Nord
La ricognizione sul pavé per prendere le misure
Come è andata?

Super bene, un’ottima emozione e un’ottima sensazione. Ho cercato di fare quello che mi avevano chiesto i ragazzi, penso di averlo svolto al meglio delle mie possibilità, delle mie capacità. La squadra è contenta.

Si parla dal basso verso l’alto, con il rischio di crampi per il braccio che tiene il registratore. “Johnny” indossa il cappello del team e la mascherina nera, per cui il sorriso soddisfatto si intuisce dagli occhi che brillano, come abbiamo imparato a capire negli ultimi due anni fra gli under 23.

Nei primi 130 chilometri al servizio del team, poi una sfida con se stesso
Nei primi 130 chilometri al servizio del team
Che cosa ti preoccupava alla partenza?

In queste corse, ho sempre un po’ di timore di non riuscire ad aiutare i miei compagni al meglio. Di non riuscire a tirare fino a quel chilometraggio. Di non riuscire ad arrivare fresco, tra virgolette (ride, ndr) fino a quel chilometraggio. Ecco, queste sono le mie paure. Poi magari sono sciocchezze, ma per uno come me che in gruppo ancora non sa come muoversi per bene, perché facendo il salto di categoria sono tutte cose diverse, un po’ di apprensione alla partenza la generano.

Che cosa ti avevano chiesto di fare?

Far prendere i settori davanti ai ragazzi. Tenerli nelle prime posizioni dal chilometro zero fino al 130 (fino al primo passaggio sul Qwaremont, dove la corsa iniziava il circuito dei muri, ndr). Ho cercato di svolgere il mio lavoro al meglio. Penso di esserci riuscito, ero su che parlavo con i ragazzi e mi hanno detto che ho fatto bene.

Jonathan Milan
Era dicembre, quando andammo a trovarlo a Buja, scattando questa foto sul pavé di casa…
Jonathan Milan
La foto sul… muro di Buja, durante la visita di fine 2020
Avevi mai corso su strade simili?

No, proprio no. Avevo fatto la Roubaix da junior, ma è proprio un’altra cosa

Quando venimmo a casa tua lo scorso inverno, facemmo una foto sul… muro di Buja: hai trovato qualche differenza?

Sono molto più duri (la risata questa volta è di entrambi, ricordando quella foto fatta proprio pensando a un giorno come questo, ndr). Cercavo di farli abbastanza di agilità, per tenere un po’ la gamba sempre in movimento. Per non irrigidirla più di tanto. Quando si prendevano i muri, si andava sempre belli spinti. Se vai a buttare giù rapporti a metà gara, la gamba dopo un po’ salta.

Usando la fantasia e tutta la prudenza del caso, può essere una corsa adatta a te?

Fantasticando può essere, se si prepara bene. Se in questi anni si farà una buona crescita, e sono fiducioso che sarà così al 100 per cento, per me sì. Potrebbe essere una corsa in cui raccontare qualcosa di bello.

Finito il racconto, si torna sul pullman, che sta per ripartire: si torna a casa
Finito il racconto, si torna sul pullman, che sta per ripartire: si torna a casa
Quali sono ora i programmi?

Rientrando ho una Coppa del mondo su pista a Hong Kong con la nazionale (13-16 maggio, ndr). Sarà molto importante andare a vedere come sono messe le altre nazionali. Che sviluppi tecnici hanno fatto, le bici e il vestiario. Poi sarò al Giro di Slovenia oppure alla Coppa del mondo di Cali, in Colombia (3-6 giugno). Poi gli europei di pista (23-27 giugno, ndr). Poi si vedrà. Il grande appuntamento della stagione, se me lo merito, saranno le Olimpiadi.

Come pensi che sarà il passaggio dal pavé al parquet?

Andrà gestito, ma c’è tempo. Avremo degli incontri con Marco Villa in pista per vedere a che punto eravamo rimasti. Riprendere il ritmo è sempre difficile, ma arriveremo a Hong Kong ben preparati.