Quel Fiandre stupendo è nato sul Teide. Slongo racconta

03.04.2024
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Fra i ringraziamenti di Elisa Longo Borghini dopo la vittoria del Fiandre, forse quelli più sentiti sono arrivati a Paolo Slongo, che la corsa l’ha vista in tivù dopo un allenamento di cinque ore sul Teide con alcuni ragazzi del gruppo Giro. Nella Lidl-Trek, il trevigiano si è calato con umiltà in un ruolo dietro le quinte che a giudicare dai risultati porta davvero ottimi frutti. Fu lui lo scorso settembre a fermare la piemontese dopo la terza tappa del Romandia e ad imporle lo stop più lungo della carriera. L’obiettivo era resettare un sistema in crisi a causa dei tanti intoppi e con il senno di poi si può dire che l’operazione sia andata a buon fine.

Tre Fiandre per Vdp, due per la Longo: una grafica celebrativa
Tre Fiandre per Vdp, due per la Longo: una grafica celebrativa
Che effetto fa sentirsi ringraziare a quel modo da una campionessa che ha appena vinto il Fiandre?

E’ stato un piacere, è il mio lavoro e lo faccio sempre con passione. Conosco Elisa da una vita e l’anno scorso ci siamo resi conto di dover recuperare la persona dopo un anno davvero sfortunato. Era partita benissimo, vincendo il UAE Tour. Poi aveva preso il Covid con la febbre altissima. Accelerammo perché fosse pronta per le classiche e, pur non al suo meglio, fece terza al Fiandre e seconda nella Liegi. Poi siamo andati al Giro, ha vinto una tappa e poteva giocarsi la classifica con la Van Vleuten, invece è caduta e il Giro è andato. Al Tour si andava pure bene, ma è venuto fuori il problema a quella ghiandola e a questo punto l’abbiamo fermata. Lei avrebbe voluto riprendere, ma sarebbe stato un inutile tirarle il collo.

Fermarsi è stata forse la parte più difficile…

A Elisa piace allenarsi, stare sulla bici. Dirle di fermarsi è parsa una bestemmia. Per fortuna il matrimonio e il viaggio di nozze l’hanno aiutata a uscire dalla solita routine e questo ha fatto sì che il sistema si sia resettato.

A dicembre continuava a dire di andare pianissimo…

Quando riprendi dopo così tanto tempo, sembra sempre di andare piano. Bisogna ricostruire un passettino alla volta. Davvero conosco Elisa da quando era junior, perché davo una mano a Rigato quando era alla Fassa Bortolo. Così a un certo punto le ho detto: «Devi fidarti fi me. E vedrai che andrai più forte degli anni scorsi».

E lei?

Si è fidata, anche se a volte mi mandava delle foto in cui si vedevamo valori bassini. Siamo ripartiti da tanti dubbi: «Tornerò più come prima?». E ancora una volta le ho detto di non pensare così tanto e alla fine sono arrivati i primi riscontri.

E’ vero che la vittoria del Fiandre è nata sul Teide?

Prima delle classiche eravamo quassù noi due. C’era anche la Niewiadoma con la sua squadra e anche Marianne Vos, ma noi ci siamo messi lì a fare il nostro lavoro da soli, ciascuno nel suo ruolo. Siamo innamorati di quello che facciamo e i risultati sono iniziati ad arrivare. C’era già un morale diverso. Il secondo posto alla Strade Bianche aveva detto che c’era, anche se mancavano dei pezzettini.

Pensavi che avrebbe potuto vincere il Fiandre?

Quando lavori bene, i risultati arrivano. E il Fiandre era perfetto come percorso e anche per il fatto che piovesse. Lei è come quello che allenavo prima (sorride alludendo a Nibali, ndr), ha grande fondo e si esalta con il brutto tempo.

Per Elisa Longo Borgini, che ha 32 anni, il Fiandre è stato la vittoria numero 42 della carriera
Per Elisa Longo Borgini, che ha 32 anni, il Fiandre è stato la vittoria numero 42 della carriera
La stagione scorsa così frammentata le ha in qualche modo tolto qualcosa?

Non credo, ha tenuto i suoi buoni livelli. A inizio anno, aveva già qualcosa più dell’anno precedente, ora manca un altro saltino. La cosa che fa piacere infatti è aver vinto, essere davanti sapendo che manca ancora un 10 per cento di condizione da trovare.

Elisa ha vinto il Fiandre nel 2015 e poi nove anni dopo: in cosa è cambiata?

Lei è rimasta forte, il ciclismo è cambiato. Sei sempre su una strada con una bicicletta e lei a 23 anni fece vedere di essere davvero forte. Nove anni dopo ha mantenuto la capacità di dominare le altre e l’ho trovato davvero molto bello.

La vittoria in volata era così scontata?

C’era un po’ di rischio. Io sono quassù e con noi c’è anche suo marito Jacopo (Mosca, ndr). Per cui siamo rientrati dall’allenamento in tempo per seguire la gara delle donne. Eravamo a tavola a chiederci perché mai non attaccasse. In realtà poi Elisa ci ha raccontato che Shirin Van Anrooij era stanca per aver lavorato tanto. Anche Niewiadoma faticava quando doveva passare a tirare quindi Elisa è andata alla volata davvero fiduciosa. E proprio sulla volata c’è un aneddoto.

La volata era un rischio, am questa volta Elisa l’ha lanciata con la certezza di vincerla
La volata era un rischio, am questa volta Elisa l’ha lanciata con la certezza di vincerla
Sarebbe?

Quando facevamo gli sprint sul Teide, per provocarla le dicevo di fare qualche best. E dato che non c’è mai riuscita, le dissi che ne avrebbe fatto qualcuno in gara. Ebbene, nei giorni prima del Fiandre, una delle attivazioni era fare anche delle volate e lei per due giorni consecutivi ha fatto il suo best in volata. Stava bene e la sensazione bella è avere ancora margine e la capacità di tenere questa condizione ancora per parecchio.

Elisa farà la Roubaix?

No, si resta fedeli al piano originario. E visto che l’obiettivo è fare bene alla Liegi, la Roubaix era una suggestione, ma la guarderà anche lei in televisione.

E tu invece ormai vivi sul Teide?

E’ parte del mio lavoro, corse in proporzione ne faccio davvero poche. Ora siamo qua con una parte del gruppo del Giro e non siamo in hotel, ma in alcuni appartamenti che sono stati sistemati per farci alloggiare gli atleti, visto che ormai non si trova più posto. Siamo in casa col cuoco e per avere la corrente bisogna accendere il gruppo elettrogeno. Una mezza avventura, ma si lavora bene. Torniamo giù il 14 aprile, poi vedremo cosa ci sarà scritto nel programma.

Koppenberg a piedi e il ciclismo moderno va ko per qualche istante

02.04.2024
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OUDENAARDE (Belgio) – Biciclette di traverso. Piedi a terra. Corridori che spingono la bici camminando. Un grande groviglio. Il Koppenberg ha regalato quest’immagine di altri tempi. E la cosa ha colpito non poco. Nel ciclismo super moderno, vedere certe immagini è parso quanto mai insolito. E’ stato tutto molto inaspettato.

«E’ vero – spiega Vincenzo Albanesesembrava un’immagine di altri tempi. Ci ho pensato anche io mentre ero lì nel mezzo e camminavo a piedi. Credo sia stato bello da vedere. Se ci si arrabbia? No, quale arrabbiati. Alla fine eravamo tutti nella stessa barca. Ma salire con quel fango era difficile, in quanto era davvero scivoloso».

Tip tap sul Koppenberg

Il Koppenberg è stato inserito nel 1976 e a transitarvi per primo, manco a dirlo fu Eddy Merckx, poi per alcuni anni fu depennato dalla lista della Ronde. Dai primi degli anni 2000 è stato reintrodotto. I suoi dati: 600 metri di lunghezza, 77 metri di dislivello, 11,2 per cento di pendenza media e 22 di massima. Il suo pavè è marcato, quindi non filante. In più nel tratto più ripido è stretto da tra due cunette ripide che aumentano l’umidità e la scivolosità del fondo.

Di solito si sentono le bici che “risuonano” sul pavè e il fiatone degli atleti, stavolta invece era tutto un ticchettio di tacchette. Sembrava quasi un palco di ballerini di tip tap.

In effetti ad un certo punto del pomeriggio sul Giro delle Fiandre si è abbattuto dapprima un grande scroscio di acqua, seguito da una lunga, fitta e costante pioggerellina finissima. Tutto era diventato scivoloso, una vera patina. E dei rigagnoli di fango colavano sul suo pavè.

Giorgia Bronzini, ci aveva avvertito prima del via delle donne, quando ancora splendeva il sole: «Il percorso è già scivoloso di suo (era piovuto anche nei giorni precedenti, ndr) ed è prevista acqua nel pomeriggio». La sua previsione era azzeccata.

Solo in tre 

E così quando al chilometro 226 di gara il gruppo si presenta sul più ripido dei muri, succede il “fattaccio”. Van der Poel e gli altri big iniziano a sbandare. In particolare si è visto l’iridato svirgolare più di qualche volta con la posteriore. A quel punto da buon crossista, Mathieu si siede. Sembra quasi rallentare, addolcire la pedalata per favorire la trazione. E intanto va a alla ricerca di una traiettoria tutta sua.

Qualcosa di simile fanno anche Matteo Jorgenson e Mads Pedersen. Loro tre sono gli unici a non scendere mai di dalla bici.

La scalata di Pedersen è la più interessante da analizzare e vi spieghiamo perché.

A fine gara, il danese ha dichiarato di sentirsi potente, ma al tempo stesso di non avere grande feeling con la salita. E proprio su quelle pendenze ha sfruttato la sua potenza, nonostante fosse stato ripreso poco prima. Altra considerazione: Mads aveva il 43 come corona anteriore più piccola, contro il 41 di VdP e Jorgenson.

La “coppia” di potenza erogata da Pedersen era dunque più bassa e pertanto migliore in quel frangente. E infatti nonostante sia stato uno dei tre a scalare il Koppenberg in bici, poi si è andato spegnenfo.

«Sul Koppenberg – ha detto VdP – abbiamo visto le immagini del passato e del caos che si crea quando è bagnato. Anche grazie alla gara di ciclocross che si corre lì, sapevo quanto è fangoso quel tratto. Sapevo anche come comportarmi quando la ruota posteriore ha iniziato slittare. E anche per questo immaginavo che sarebbe stato un punto cruciale».

Insomma, scene che si vedevano una volta sul mitico Grammont. 

Van der Poel, Jorgenson e, mentre fa zig zag, Pedersen. Sono stati gli unici del gruppo di testa a scalare l’intero Koppenberg in sella. Dietro erano appena rimontati
Van der Poel, Jorgenson e Pedersen. Sono stati gli unici del gruppo di testa a scalare l’intero Koppenberg in sella. Dietro erano appena rimontati

Tra antico e moderno

Scene da Grammont dunque e il pubblico impazzisce. Si è parlato molto sui social di questo Koppenberg a piedi, esaltandone lo spirito pionieristico, ma con i campioni di oggi.

Gomme e cerchi larghi, telai più performanti contro le vibrazioni, pressioni più basse… Tutto ciò non è stato sufficiente per non scendere di sella. «Eh ma – chiosa Trentin – con quel fango e quella pioggia anche con le gomme più larghe ci si faceva poco. Servivano le chiodate per salire!».

«Quanti corridori sono saliti in bici?», ci chiede Matteo. Noi gli rispondiamo che solo in tre ci sono riusciti. «Solo in tre – replica lui stupito – vedete… era difficilissimo. Senza contare che eravamo tutti parecchio al limite già».

La percezione è che i corridori non fossero arrabbiati di quanto accaduto. Forse perché sapevano che non avrebbero comunque vinto la corsa e che Van der Poel di lì a poco avrebbe spiccato il volo. O forse perché in un ciclismo così programmato un tocco imprevisto ci sta bene. Chissà…

«E’ stato un po’ frustrante – ha detto per esempio Lazkano – ma mi è davvero piaciuta questa corsa e questo tratto, i suoi tifosi e il suo pubblico. Voglio tornare l’anno prossimo».

Insomma eroi d’altri tempi. A mente fredda forse gli stessi corridori hanno provato un pizzico di compiacenza. Adesso avranno una storia in più da raccontare. 

Viviani al Nord: la testa su Parigi, il Giro e le 100 vittorie

01.04.2024
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Viviani è al Nord per aiutare la squadra. Pensando che certe strade sono state risparmiate a Ganna, che come Elia è in rotta su Parigi, viene da chiedersi se la Ineos non avesse altri da mandare, ma tant’è. Di certo il Fiandre e la Roubaix di domenica prossima non sono per Elia un appuntamento. Quest’anno il suo obiettivo ha cinque cerchi: tutto il resto è importante, ma senza esagerare.

«Per spiegare quanto contino per me le Olimpiadi – spiega il veronese – basta dire che oggi ruota tutto intorno ad esse. Sono alle classiche, ma passo tanto tempo al telefono con Marco Villa, con Bragato, con i meccanici perché magari arriva una ruota nuova, la bici nuova o qualcosa da provare. Quindi sono fuori, ma il mio ragionare è tutto puntato su quella settimana di agosto. Non è cambiato nulla dentro di me rispetto alla prima volta. L’approccio è quello e anche la mentalità, la differenza è che adesso non sono da solo. Nel senso che se per le mie prime Olimpiadi (Londra 2012, ndr) era una questione di Elia, un meccanico, un massaggiatore e Marco Villa, adesso abbiamo un gruppo forte al maschile e al femminile. Quindi non gira più tutto intorno a me. Questo sicuramente è cambiato, però l’approccio è uguale. La stagione è tutta puntata su agosto».

Inizio di stagione iellato per Viviani, con un secondo posto al Down Under e uno alla Surf Coast Classic, dietro Girmay
Inizio di stagione iellato per Viviani, con un secondo posto al Down Under e uno alla Surf Coast Classic, dietro Girmay
Facciamo un punto su questa stagione, allora: come sta andando?

Ho provato a partire forte e sono arrivati due secondi posti in Australia, una tappa al Tour Down Under e nella Surf Coast Classic dietro Girmay, che ovviamente non sono vittorie, quindi non vengono sottolineate. Dopo l’Australia, il UAE Tour. Sapevamo che sarei andato senza supporto e laggiù non è detto che vinci quando hai un treno, figurarsi se vai da solo. Poi i programmi hanno preso una piega diversa. Dovevo fare il Catalunya, invece c’è stato un cambiamento e sono venuto qui in Belgio e ci starò sino a fine classiche. Poi c’è il Giro: sono tra i dieci nomi da cui saranno presi gli otto che parteciperanno, ma so che molto probabilmente non ci sarò.

Non corri un grande Giro dal 2021…

Non è stato ancora detto di no, però la squadra sta prendendo la direzione di credere in Geraint Thomas. Avevano detto di aspettare il Catalunya, non è ancora ufficiale che non lo faccio, però non vedo grandi possibilità. Deve succedere qualcosa, secondo me, perché mi inseriscano. Per cui la mia testa sta programmando tutto intorno all’8-10 agosto, per cercare di arrivarci al meglio possibile.

Due ori olimpici a confronto: Elia Viviani e il suo manager Giovanni Lombardi
Due ori olimpici a confronto: Elia Viviani e il suo manager Giovanni Lombardi
Il Giro sarebbe l’avvicinamento migliore?

Io sono convinto che un grande Giro ti dia sempre qualcosa in più. La mole di lavoro che metti insieme secondo me non la potrai mai replicare in allenamento. Poi, se andiamo a vedere nei dettagli, il mio omnium sono tre gare da 10 minuti e una da 40. Probabilmente mettendoci lì, non pensando più alla strada e concentrandoci esclusivamente sulla pista, possiamo chiudere il gap con il lavoro specifico. Nel senso che arriverei all’Olimpiade come un vero e proprio pistard. Fare il Giro sarebbe importante e secondo me renderebbe tutto più facile, però questo non vuol dire che andrei a Parigi con ambizioni ridotte. Si va sempre per una medaglia.

Ci sono i programmi e c’è l’aspetto emotivo. Fare il Giro piacerebbe a un corridore come te, che è stato campione italiano…

Guardando indietro, i 21 giorni consecutivi più belli della mia carriera sono stati le tre settimane del Giro 2018. Partecipare sarebbe tanto a livello emotivo, ma la verità è che in termini di programmi, l’anno del Covid ha cambiato tanto in tutto il mondo del ciclismo. Da quando siamo rientrati da quella lunga pausa, i team hanno smesso di ragionare con la stessa logica di prima. Secondo me prima del Covid c’era molta più programmazione.

A Londra 2012, Viviani unico pistard inserito nel gruppo strada, con Paolini, Pinotti, Bettini, il ct Nibali, Modolo, Trentin e Villa
Londra 2012, Viviani unico pistard nel gruppo strada, con Paolini, Pinotti, Bettini, il ct Nibali, Modolo, Trentin e Villa
In che senso?

Prima si avevano programmi precisi da inizio stagione, ricordo gli anni della Liquigas oppure anche a Sky. Oggi invece tanti team sono portati a cambiare all’ultimo, in base a come vanno i vari gruppi o i vari atleti. Dopo il Covid, anche per il fatto che a causa di qualche positività dovevamo essere sempre pronti per subentrare a qualche compagno, è cambiato tutto. Gli atleti devono essere sempre pronti e quella fase ha segnato una linea. Oggi i team cambiano spesso i programmi dei corridori e sembra normale.

Come ti immagini l’immediata vigilia di Parigi?

Quelli che faranno il Giro tireranno una riga dopo l’ultima tappa e anche le donne avranno un momento in cui tutto il resto si dovrà fermare. Questo avanti e indietro dalla strada è sempre stato la nostra caratteristica. Difficilmente sappiamo dire in anticipo come stiamo, perché raramente ci troviamo tutti insieme per qualche gara. Almeno adesso sappiamo che abbiamo dei quartetti competitivi, con gli uomini e con le donne. Riusciremo a mettere insieme i pezzi a fine giugno e allora capiremo dove siamo in termini di tempi. Poi bisognerà vedere dove saranno gli avversari. 

Il bronzo di Tokyo nell’omnium ha dato la svolta alla carriera di Viviani, che ha scelto di insistere con la pista
Il bronzo di Tokyo nell’omnium ha dato la svolta alla carriera di Viviani, che ha scelto di insistere con la pista
Dici che facendo un discorso puramente teorico, nell’anno delle Olimpiadi sarebbe valsa la pena fare le Coppe del mondo con il team olimpico?

Sarebbe stato utile per le gare di gruppo e anche per la confidenza che hai facendo tre o quattro quartetti a 3’45” prima di arrivare a quello delle Olimpiadi. Ma sappiamo anche che se abbiamo l’obiettivo ben chiaro e stiamo chiusi a Montichiari per un mese, con l’altura fatta e tutto quello che serve, arriviamo là con le carte in regola.

Abbiamo letto quello che hai detto della nuova bici da pista, è faticosa da lanciare come fu per Ganna nel record?

Nel quartetto no, perché il lancio di Pippo prendeva qualche giro in più, visto che non poteva partire subito a tutta. Per il quartetto è differente, perché usciamo dal blocco e abbiamo bisogno del primo mezzo giro, poi il gap sarà colmato. Nel rettilineo di là, raggiungi la velocità che ti permette di sederti e poi di spingere. La difficoltà è nel passare da zero a trenta all’ora: quella è la fase in cui perdiamo qualcosa, però poi la bicicletta è un binario.

Viviani è stato uno degli sviluppatori in pista della nuova Pinarello Bolide (foto Instagram)
Viviani è stato uno degli sviluppatori in pista della nuova Pinarello Bolide (foto Instagram)
Queste corse su strada servono per allenarsi o dare una mano alla squadra rischiando il meno possibile?

Servono per correre, perché ne ho bisogno. Mi aiuta sempre e sono stato chiamato last minute qua in Belgio per dare una mano alla squadra, visto che siamo un po’ a corto di corridori. La mia tattica è coprire le fughe della prima parte, a volte si tratta di 70-80 chilometri e a volte di 30-40. Altrimenti ho un determinato punto di arrivo, dove la squadra vuole essere davanti e quindi mi devo prendere la responsabilità di portarli in quel punto. E sarà così anche alla Parigi-Roubaix. Poi avrò un calendario in cui ci sarà da sprintare, perché senza il Giro ci sarebbero l’Ungheria, il Norvegia, il Giro del Belgio: corse tappe che serviranno in ottica di Parigi.

Senti, con tutta la scaramanzia del caso, hai pensato al dopo Parigi?

Sono pensieri che vanno e che vengono, certo che ci penso. A Parigi 2024 si chiude un cerchio, non arriverò a Los Angeles, quindi la prossima Olimpiade sarà probabilmente l’ultimo obiettivo su pista. Poi mi piacerebbe fare ancora uno o due anni, magari uno più uno per vedere se sono ancora competitivo su strada. Se il 2025 andrà bene, potrei decidere di continuare ancora, magari con l’obiettivo di arrivare alle 100 vittorie su strada, visto che sono a 89 che non sono neanche tantissime. Insomma 10 vittorie da fare in tre anni, considerando che quest’anno è ancora aperto e dopo le Olimpiadi ci sarà comunque tanto da correre. Questo mi porta a non pensare a quello che ci sarà dopo.

Gioia Longo Borghini: Ronde nel sacco (e spunta la Roubaix)

31.03.2024
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OUDENAARDE (Belgio) – Avete presente quella cattiveria, sportiva chiaramente, che si vede in volto? Quando si è sicuri di una cosa e che quella cosa avverrà? Ecco, oggi Elisa Longo Borghini era tutto questo. E lo sprint sul rettilineo finale del Giro delle Fiandre è stato l’emblema di tutto ciò. La Ronde 2024 è sua.

E ce lo dice anche: «Stamattina sul bus ero cattiva». E noi: «Ma ti abbiamo vista serena, sorridente…». Di nuovo lei: «Non potevo farmi vedere cattiva con chi c’era vicino, ma lo ero… credetemi».

Marianne Vos, stremata, ha ammesso: «Oggi Elisa e Shirin erano troppo più forti. Brave»
Marianne Vos, stremata, ha ammesso: «Oggi Elisa e Shirin erano troppo più forti. Brave»

Lidl-Trek in controllo

Le donne più degli uomini hanno preso acqua e vento tutto il giorno. Scrosci forti e continui. I muri erano una colata di fango, tanto che persino le ragazze hanno messo piede a terra sul ripido Koppenberg.

In un finale convulso, la Lidl-Trek gioca bene le sue carte. Anche se proprio nei chilometri che portano all’arrivo non capivamo perché in due contro una, Shirin van Anrooij e appunto Elisa, contro Katarzyna Niewiadoma, non iniziassero a scattare a ripetizione. Fino a quella volata, magistrale: un connubio di forza e determinazione.

Dopo il podio, mentre firma le maglie dell’evento, come tradizione vuole, Elisa riavvolge il nastro e racconta. 

«La mia gara – dice Longo Borghini – non è iniziata nel migliore dei modi. Ho avuto una foratura e sono caduta, proprio perché avevo forato, in curva. Però la squadra tutta, sia le atlete che lo staff dall’ammiraglia, è stata sempre di grande aiuto. Mi hanno riportato sul Koppenberg e lì ho fatto lo sforzo principale della giornata».

L’azione potente di Elisa Longo Borghini che sul Pateberg rintuzza le prime
L’azione potente di Elisa Longo Borghini che sul Pateberg rintuzza le prime

Feeling Van Anrooij

A quel punto però davanti c’è la sua compagna, Shirin van Anrooij. Cosa fare? Jeroen Blijlevens, il direttore sportivo della Lidl-Trek, probabilmente vede che l’olandese non dà certezze e così dà il via libera a Longo Borghini.

«Jeroen mi ha detto che potevo andare anch’io – racconta ancora Longo Borghini – e ci siamo trovate noi due con Niewiadoma e la collaborazione è stata davvero buona. Tanto rispetto per Kasia per aver lavorato con noi. E poi ero così sicura di vincere lo sprint: non so perché, visto che normalmente non sono molto veloce. Ma, si sa, in questi scenari in cui la corsa è lunga e le persone sono stanche, ciò che viene fuori è la tua efficienza. E spesso vince chi è più fresco. E io mi sentivo ancora fresca».

Shirin ed Elisa oltre ad essere compagne di squadra, sono anche compagne di stanza e hanno studiato bene il finale di gara, guardando e riguardando i video della sequenza Kwaremont-Pateberg. Ma si sa che tra il dire e il fare…

«Sapevamo che se nelle curve tra i due muri si guadagnano 30”, si può vincere il Fiandre. Il problema è che la Sd Worx ha lavorato duro per tutto il Kwaremont e il divario si è ridotto».

Da donna squadra qual è, Longo Borghini ringrazia tutte le ragazze facendo i nomi e dedicando un pensiero anche a Lizzie Deignan, che è caduta e si è anche fratturata un braccio. 

Lotte Kopecky oggi non è stata brillante. Ma forse è già in calo da una settimana
Lotte Kopecky oggi non è stata brillante. Ma forse è già in calo da una settimana

Testa e cuore

Elisa ci porta poi in sella con lei negli ultimi tremila metri di questa gara magistrale e bagnatissima. Ci spiega come testa e cuore abbiano collaborato alla perfezione.

«Sapevo ancora che avremmo dovuto spingere forte perché il divario era davvero ridotto. Non potevamo davvero giocare o guardarci. Nella mia mente mi dicevo: “Elisa, sai cosa fare. Ne hai passate tante, ora ti senti bene: vinci!”».

La piemontese parla anche del grande lavoro svolto dall’ammiraglia. Del costante aggiornamento con il suo diesse: «Dopo il Koppenberg – le ha detto il tecnico – vediamo come siamo messi e ti darò istruzioni su come guidare».

«Ed è stato bello pedalare così – riprende Elisa – Ina Teutenberg e Jeroen stanno lavorando davvero bene insieme. Hanno pianificato questo Fiandre nei minimi dettagli».

Niewiadoma, in testa collabora con le due atlete della Lild-Trek
Niewiadoma, in testa collabora con le due atlete della Lild-Trek

Per Slongo

Ma restando in tema di cuore Longo Borghini ha espressamente dedicato questa prestigiosa vittoria al suo coach storico: Paolo Slongo. Colui che l’ha ricostruita dopo una stagione difficile.

«Paolo – spiega – ha sempre creduto che potessi tornare più forte. Certe volte lo chiamavo e gli chiedevo: “Ma davvero potrò tornare quella di prima?”. Gli dicevo che non era possibile e lui invece mi tranquillizzava, mi diceva di non preoccuparmi. “Sarai più forte di quanto non ti aspetti”. Sono certa che ora sarà sul divano a ridere e a gioire».

Il duo Slongo-Longo Borghini è un duo di successo. I due collaborano da anni e il tecnico veneto sta raccogliendo con Elisa la riconoscenza che merita. Lavora dietro le quinte, ma Paolo c’è sempre.

Il podio della Ronde femminile: Elisa Longo Borghini (prima), Katarzyna Niewiadoma (seconda) e Shirin Van Anrooij (terza)
Il podio della Ronde femminile: Longo Borghini (prima), Niewiadoma (seconda) e Van Anrooij (terza)

La Roubaix all’improvviso

Prima di congedarci emerge il discorso Roubaix, che in teoria non sarebbe dovuto emergere. La classica del pavé non era nei programmi di Longo Borghini. E infatti lei replica con un’espressione un po’ incerta, ma divertita.

«Se è possibile sognare anche per la Roubaix? Io non dovevo farla. Ero inserita come riserva, ma con l’incidente di oggi di Lizzie penso che probabilmente il 7 aprile correrò. Ancora so poco però. Faremo il debriefing con la squadra e poi seguirò le istruzioni. Davvero, in questo momento non ho idea di cosa succederà».

Questa news è una piccola bomba. Tanto che Elisa a questo punto non sapeva neanche se sarebbe rientrata in Italia o meno. «Non so, devo fare una ricognizione o tornare a casa».

La Roubaix ora sembra lontana, anche se non lo è: ora è tempo di fare festa. E tutto sommato per noi italiani oggi è stato proprio un bel Fiandre: secondo Luca Mozzato, prima Elisa Longo Borghini. Una birra per tutti!

Tris al Fiandre, il re è sempre VdP. Ma che bello questo Mozzato

31.03.2024
6 min
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OUDENAARDE (Belgio) – Quelle gambe mulinano che è una bellezza. I talloni salgono ancora alle stelle e i quadricipiti affondano forte sui pedali. Nulla da dire, Mathieu Van der Poel oltre che potente è anche elegante. Anzi impressionante, tanto per citare Philippe Gilbert che osserva VdP vicino a noi dietro l’arrivo. E intanto sempre Gilbert lancia apprezzamenti per Mozzato.

Il re del Giro delle Fiandre 2017 osserva ammirato e commenta: «Rispetto a me, lui ha più tempo per godersi questa impresa. Ha impiegato 4’50” per fare l’ultimo Kwaremont (Gilbert aveva il cellulare in mano e prendeva i tempi, ndr) un ottimo tempo se consideriamo la pioggia e il vento contro».

Cinque degli 11 italiani al via. C’è anche Mozzato che poi sarà secondo. Il clima, in tutti sensi, era bello
Cinque degli 11 italiani al via. C’è anche Mozzato che poi sarà secondo. Il clima, in tutti sensi, era bello

Tutto secondo copione

Eppure il corridore della Alpecin-Deceuninck non la pensa proprio come Gilbert in quanto a bei pensieri e cavalcata trionfale.

«Oggi era solo sopravvivenza – ha detto l’iridato – per me è stato il Fiandre più duro, con queste condizioni atmosferiche. Gli ultimi 20 chilometri li ho fatti a occhi chiusi. Ero così devastato che non ho pensato molto. Devo realizzare quello che è successo».

E infatti nel finale VdP sembrava faticare. Si è visto sul Paterberg. E quando il vantaggio iniziava scendere e a 5-6 chilometri dall’arrivo Mathieu mandava giù un gel, sempre Gilbert aggiungeva: «Sta già pensando alla Roubaix».

Sempre tanta gente lungo queste strade mitiche. E quanti cartelli di sostegno per Van Aert. Anche VdP ha espresso un pensiero per lui dopo la gara
Tanti cartelli di sostegno per Van Aert. Anche VdP ha espresso un pensiero per lui dopo la gara

Anche VdP soffre

Ma davvero dunque è stata così facile questa vittoria? Apparentemente sì, tutto secondo copione. Anche se poi le parole del diretto interessato sono state diverse.

Lo hanno attaccato, è vero, ma non proprio bene a dire il vero, mentre la sua Alpecin-Deceuninck si è mossa con grande lucidità. Ha fatto una corsa aggressiva.

Quando sono iniziati i muri, hanno mosso loro le acque. Hanno mandato avanti un uomo e costretto gli altri a seguire. Un bel messaggio a chi pensava che avrebbero corso di rimessa. Poi Gianni Veermersh è stato uno stopper perfetto per far bollire Pedersen. 

Sul traguardo di Oudenaarde, VdP oggi era davvero stanco
Sul traguardo di Oudenaarde, VdP oggi era davvero stanco

«La squadra oggi è stata speciale – ha continuato Van der Poel – mi hanno messo sempre nelle migliori condizioni e mi hanno consentito sempre di stare tranquillo. Gli ho detto di tenere duro fino al Koppenberg, poi ci avrei pensato io, anche se ammetto che dopo il secondo passaggio sul Qwaremont non ho più avuto un grande feeling come stesso. Infatti proprio dopo il Koppenberg non mi aspettavo di ritrovarmi da solo. Quel gel è perché mi servivano gli zuccheri. Ora penso solo a recuperare».

Forse in quel frangente l’iridato ha fatto la differenza anche per i quei piccoli dettagli tecnici che oggi contano sempre di più. Ha scelto bene il setup della sua Canyon. Molti avevano il vecchio 39, Pedersen il 43, e lui invece ha scelto il 40. Parliamo, come avrete capito, della corona piccola anteriore.

Il resto è una cavalcata, faticosa, ma superba che lo pone definitivamente tra i mega eroi di questo sport.

Mozzato sul filo di lana con Matthews, poi declassato per duplice cambio di traiettoria
Mozzato sul filo di lana con Matthews, poi declassato per duplice cambio di traiettoria

L’urlo di Mozzato

Togliendo il marziano, c’è stata anche un bel po’ d’Italia. Bettiol ci ha fatto sperare a lungo per una piazza d’onore, e dietro zitto zitto c’era anche Luca Mozzato.

«Secondo al Giro delle Fiandre è un sogno. Qui è tutto più bello». Sarà la gioia, ma dopo Van der Poel Mozzato ci è sembrato il più fresco. Il suo era uno sprint da gamba piena. Almeno così ci è sembrato.

«Macché – spiega l’atleta della Arkea-B&B Hotels – è stata la classica volata dei morti. Ho beneficiato del fatto che nei due chilometri finali si andava forte e avevo una buona posizione. Nel finale il vento era anche un po’ contro e quindi ho deciso di aspettare fino all’ultimo per uscire. Agli ultimi 100 metri, non prima. E ho saltato gli altri ai 40 metri».

Mozzato stremato dopo l’arrivo, ma già felice
Mozzato stremato dopo l’arrivo, ma già felice

La scommessa di Luca

Mozzato ha fatto la tipica corsa da velocista al Fiandre. Nascosto, al risparmio (in teoria), attento… Se gli altri cercavano di anticipare Van der Poel, lui al contrario cercava di tenerlo lì a vista il più possibile.

Si vede, come ci ha sempre raccontato, che quassù si sente a suo agio, che sa muoversi su pietre, muri e stradine.

«Il discorso – spiega con grande chiarezza Luca – è che qui tutti volevano stare davanti e tutti volevano anticipare Van der Poel. Io ho fatto una specie scommessa: se tutti vogliono anticipare, a qualcuno qualche fuga non andrà bene. E così ho corso: sfruttando gli altri. Però il problema è che al primo Qwaremont, proprio perché tutti vogliono stare davanti, io ho preso una frenata nel momento sbagliato e sono rimasto dietro».

Mozzato racconta che per quasi 40 chilometri si è trovato ad inseguire. Era sempre nella parte posteriore del gruppo, però ha anche ammesso che ha avuto la fortuna (ma a quel punto non poteva fare diversamente) di trovare qualcuno che chiudesse per lui.

«E questo – riprende il veneto – credo abbia fatto la differenza. Nell’ultima ora di gara avevo più energie degli altri. Più passavano i muri e più stavo bene».

Un brindisi coi giganti. VdP (primo), Mozzato (secondo) e Politt (terzo): questo il podio del Fiandre 2024
Un brindisi coi giganti. VdP (primo), Mozzato (secondo) e Politt (terzo): questo il podio del Fiandre 2024

Tra podio e realtà

Un secondo posto in una classica Monumento vuol dire molto. Al bus il clan sembrava quasi più contento di lui. Impossibile. Anche dopo un paio d’ore Luca ci ha ribadito la sua gioia.

Gioia ma anche consapevolezza, quella di un atleta che sa di avere delle doti, ma che sa anche qual è il suo posto.

«Di sicuro questo risultato mi dà gioia e sicurezza in me stesso. Adesso so che quando le cose vanno bene, posso giocarmi dei posti importanti anche in una classica monumento. Però al tempo stesso tutto questo non cambia il corridore che sono. Per farla breve: se domenica Van der Poel e Pedersen nella Foresta di Arenberg fanno il forcing potente, io non sono in grado di seguirli. So che mi manca qualcosa. Ma ci si può lavorare».

E mentre ritorna dal podio e sale sul bus, si gode l’abbraccio della squadra. Luca Mozzato stasera è un ragazzo felice. E noi lo siamo con lui.

Van der Poel già padrone o corsa incerta? La vigilia della Ronde

30.03.2024
6 min
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ANVERSA (Belgio) – Il cielo grigio, la pioggia finissima, le nuvolette di vapore dalla bocca: passa così la vigilia del Giro delle Fiandre. Il Belgio è alla ricerca del suo alfiere. Ci si appoggia a Tiesj Benoot, ma non s’insiste troppo su di lui. I belgi sembrano già aver riposto le armi. Tanto che anche qui si parla della passerella di Mathieu Van der Poel.

Passerella, ma anche caos. E’ troppo favorito? E le altre squadre come sono messe? Questa sua netta superiorità potrà aprire nuovi scenari? Vediamo che aria tira ad Anversa.

Van Aert in qualche modo spunta sempre. Oltre alle riviste, tra le vie di Anversa c’era una immensa pubblicità Red Bull con lui e Verstappen
Van Aert in qualche modo spunta sempre. Oltre alle riviste, tra le vie di Anversa c’era una immensa pubblicità Red Bull con lui e Verstappen

Wout no, agricoltori sì

Wout Van Aert resta sulla bocca di tutti. Ormai lo shock della caduta da parte dei fans sembra essere stato assorbito, anche se in molti hanno detto che senza di lui in corsa non scenderanno in strada. Si gusteranno le uova di Pasqua comodi al tavolo e forse neanche seguiranno la Ronde in Tv. Ci crediamo poco!

Una preoccupazione più concreta è data invece dalla possibile protesta degli agricoltori con i trattori che già si sono fatti vedere sia alla Gand che alla Dwaars door Vlaanderen. Dovrebbero entrare in scena nella zona del Kluisbergen. Si faranno sentire anche per il Gp Escaut e la Freccia del Brabante, almeno così ha fatto sapere il sindacato degli agricoltori fiamminghi. Le forze dell’ordine sono pronte, ma pensate quanto è importante la vetrina che offre il ciclismo da queste parti per sfruttarlo ai fini della protesta.

La Grote Markt inizia a prepararsi: domattina la piazza sarà piena
La Grote Markt inizia a prepararsi: domattina la piazza sarà piena

Van der Poel da solo

Ma torniamo alla corsa. Il quotidiano Het Nieuwsblad ha proposto un’intervista a tre voci molto interessante: Bert De Backer, Greg Van Avermaet e Johan Museeuw gli interlocutori. In questo articolo si parlava di Van der Poel, del suo sprint corto (esattamente quello che abbiamo fatto noi con Colbrelli questa mattina) e della sua squadra.

I tre ex corridori belgi sono tutti d’accordo sul fatto che nessuno dei grandi contendenti abbiano un super team. Van der Poel è un faro quasi isolato. La Lidl-Trek di Pedersen è stata decimata. E la Visma-Lease a Bike non se la passa troppo meglio. Tuttavia proprio Van Avermaet e Museeuw hanno spezzato una lancia a favore di VdP.

Greg ha detto che il ritorno di Kragh Andersen cambia notevolmente le cose per Van der Poel: «Senza di lui la situazione sarebbe potuta diventare problematica». A tal proposito va segnalata un’altra buona per l’iridato, una notizia dell’ultima ora: la presenza di Gianni Vermeersh, uno che su certi percorsi sa il fatto suo.

Mentre Johan l’ha buttata sull’aspetto mentale: «Quando hai un leader come Van der Poel, riesci a dare di più per il tuo capitano, anche se non sei fortissimo».

Una corsa più aperta potrebbe favorire un “inventore” come Mohoric, il quale ha anche un buon team al fianco
Una corsa più aperta potrebbe favorire un “inventore” come Mohoric, il quale ha anche un buon team al fianco

Gioco delle parti

Alla fine vuoi vedere che il miglior team ce l’ha la Soudal-Quick Step? Patrick Lefevere ha detto che molte attenzioni in questa fase della stagione sono rivolte in Spagna, dove corre e si allena Remco.

Philip Roodhooft, il team manager della Alpecin-Deceuninck, ammette che arrivano al Fiandre con il grande favorito, ma questo non garantisce nulla e che in gara possa succedere di tutto.

Pedersen sostiene che dopo la caduta a Waregem sarà al 100 per cento per la Roubaix. E persino Van der Poel dice che preferisce correre quando ci sono tutti gli altri favoriti. Insomma in questa vigilia è tutto un gioco delle parti. Chi si prenderà la responsabilità di questo Giro delle Fiandre?

Wellens (a sinistra) è tra gli outsider più in vista. Da segnalare il debutto nel Fiandre di Covi, al centro
Wellens (a sinistra) è tra gli outsider più in vista. Da segnalare il debutto nel Fiandre di Covi, al centro

Tutti contro tutti?

«Basta che alla fine non ci corriamo tutti contro», chiosa Fabio Baldato. Il diesse della UAE Emirates domani si ritroverà con Politt e soprattutto Wellens: due outsider di rango. Ma come loro ce ne sono almeno una decina.

«Il rischio è che vada come ad Harelbeke. Avevamo preso vantaggio con Politt e contemporaneamente lasciato dietro Van der Poel e Van Aert: ci è venuta a prendere la Lidl-Trek che in quel momento ne aveva quattro. Nulla contro di loro, sia chiaro. Hanno fatto la loro corsa. Ma questo è uno scenario che potrebbe verificarsi domani».

Baldato non è di “quelli che il Fiandre Van der Poel lo ha già vinto”. Chiaro, è il favorito ma da buon direttore sportivo che ha studiato bene piani, percorsi e meteo, dice che tutto sommato quest’anno nella parte iniziale la corsa è leggermente più facile da controllare. Manca un muro, che arriva più tardi, e il vento, che già non sarà forte in partenza, andrà anche a calare.

«Kragh Andersen – conclude Baldato – è un buon corridore ma hanno lo svizzero Silvan Dillier che tira per due! Io credo che fino al secondo passaggio sul Kwaremont, la Alpecin non avrà grosse difficoltà. Poi a quel punto, se Mathieu vedrà le brutte e vedrà pochi compagni attorno a sé, potrebbe anche partire. Saremmo già a 215 chilometri e potrebbe tirare dritto».

La corsa ne misura 270: 55 chilometri di fuga solitaria non sarebbero impossibili per l’olandese, specie se il gruppo dovesse frantumarsi sotto le sue bordate.

Wilfried Peeters, direttore sportivo della Soudal-Quick Step all’uscita della riunione dei direttori sportivi
Wilfried Peeters, direttore sportivo della Soudal-Quick Step all’uscita della riunione dei direttori sportivi

Giocare d’anticipo

Quindi come si potrà fare per battere Van der Poel? La Soudal-Quick Step, come accennato, alla fine ha una buona squadra: due leader come Asgreen e Alaphilippe e atleti di esperienza come Moscon, Lampaert e Van Lerberghe. Senza contare che certe corse le ha nel Dna.

«Vero – spiega il direttore sportivo del Wolfpack, Wilfried Peeters, a sua volta esperto di muri e pietre – noi abbiamo due uomini importanti e questo va bene in caso di una corsa più aperta come immagino. Senza Van Aert e con Pedersen non al massimo, la gara sarà differente. Con un Van der Poel così, la Alpecin-Deceuninck dovrà controllare, perché non credo che Visma-Lease a Bike e Lidl-Trek lo faranno. E questo aprirà più opportunità per altre squadre. Mi aspetto che lasceranno la gara sulle spalle della Alpecin».

Tutto sommato questa è una bella ipotesi: dal caos potrebbe nascere una corsa incerta, fuori dagli schemi. E magari davvero un Girmay (in allenamento nella foto di apertura col suo team), un Asgreen che un Fiandre lo ha già vinto e proprio davanti a VdP, o un Mohoric potrebbero avere più opportunità.

«In tutto questo – chiude Peeters – solo una cosa è certa: il corridore più forte è Van der Poel. E se si aspetta il Kwaremont per attaccarlo è lui che batte tutti. Bisogna fare qualcosa di differente… prima».

Bertizzolo regista della UAE: «Ecco il Fiandre che prevedo»

30.03.2024
5 min
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Fuori dalle corse Sofia Bertizzolo ha una vena da artista. Con un foglio di carta ed una matita sa esprimere la sua creatività ritraendo con dovizia di particolari soggetti della quotidianità. In vista del Giro delle Fiandre di domani le abbiamo chiesto di… disegnarci che gara prevede.

All’interno della sua UAE Team ADQ, la ventiseienne di Bassano del Grappa ha assunto sempre più spesso il ruolo della regista, capace anche di finalizzare quando ha carta bianca. Quest’anno sarà alla sua ottava partecipazione (dal 2016 ad oggi ha saltato solo la scorsa edizione) e quando si parla con Bertizzolo della Ronde non si può dimenticare il suo strepitoso quarto posto del 2019 ricoprendo una preziosa funzione per il trionfo di Bastianelli. Vediamo cosa ci ha detto nel nostro botta e risposta alla vigilia della “Monumento” fiamminga.

Sofia, la Dwars door Vlaanderen di mercoledì che indicazioni vi ha dato in vista del Fiandre?

Ha confermato semplicemente quello che sapevamo già. In questo momento la Lidl-Trek è la squadra più solida, anche più della SD Worx. Sono state nel vivo della fuga decisiva facendo seconde con Van Anrooij e seste con Longo Borghini. Mentre Vos con la sua vittoria a Waregem ha confermato pure lei di essere una seria candidata per domani. Attenzione a Marianne che ha iniziato fortissimo la stagione. Anche se non l’ha dichiarato palesemente, so che punta alla Roubaix quindi verrà al Fiandre preparata e agguerrita.

La SD Worx-Protime sarà ugualmente la squadra-faro della gara?

Non ho ancora la lista definitiva delle partenti, ma è ovvio che tutti ci aspettiamo la SD Worx. Possono fare quello che vogliono. Hanno almeno 4-5 atlete che possono vincere il Fiandre. Anzi, tutte loro non solo possono, ma vogliono vincerlo. Quello potrebbe essere il vero problema. Potrebbe succedere che alla fine si debbano anticipare l’una con l’altra. E lì bisognerà stare attenti.

Che tipo di gara ti immagini quindi?

Per me andrà via una fuga da lontano, anche a 60-70 chilometri dall’arrivo. Intendo una fuga solida promossa proprio dalla SD Worx, con dentro tanti altri nomi importanti. Due su tutti. Oltre a Vos appunto, anche Longo Borghini sarà là davanti e secondo me dovrà attaccare sull’Oude Kwaremont o Paterberg per eliminare le ruote veloci. Noi della UAE dovremo giocare di rimessa, se non addirittura di furbizia. Sarà fondamentale voler entrare in questa azione a tutti i costi.

In che modo?

In Belgio si corre e si vive di attimi in ogni gara. Per esperienza so che spesso è tempo perso pensare a tante tattiche. Ce ne devono esserne un paio da rispettare, però poi dobbiamo essere brave noi ad adattarci in corsa. In pratica se dovesse partire la fuga a cui facevo riferimento prima, dovrà entrarci chi di noi è davanti in quel momento, senza pensare se sulla carta compiti e tattica fossero altri.

Nella SD Worx (qui Wiebes e Kopecky) tutte possono e vogliono vincere il Fiandre. Potrebbero muoversi molto da lontano
Nella SD Worx (qui Wiebes e Kopecky) tutte possono e vogliono vincere il Fiandre. Potrebbero muoversi da lontano
Come sta il UAE Team ADQ per il Fiandre?

Siamo supportate mediamente da una buonissima condizione, ma non abbiamo le individualità alla Kopecky o Wiebes per fare degli esempi. Ognuna di noi sta andando forte e se correremo unite potremo raccogliere un grande risultato. Ecco, forse l’unica che dovrebbe restare a ruota e che dovremo proteggere è Chiara (Consonni, ndr).

Perché?

Diciamo che Chiara (settima alla Dwars, ndr) è l’ultima che dovrebbe entrare nella fuga. Adesso lei ha le migliori gambe degli ultimi anni, dimostrando di saper tenere duro sui muri. E’ una carta da potersi giocare in una eventuale sprint generale, anche se penso che non si arriverà agli ultimi chilometri con un gruppo più o meno numeroso. Però come dicevo prima, che ci vada dentro lei oppure Persico, Swinkels, Amialiusik o Gasparrini conta poco. L’importante è entrarci.

E Sofia Bertizzolo invece che Fiandre farà?

Lo farò col mio solito compito di regista in corsa. Attaccata alla radiolina in contatto con l’ammiraglia per decidere cosa fare e quindi distribuire le indicazioni. Ci vorranno gli occhi aperti e sperare di essere in più di una. Poi potrebbe capitare che anch’io mi trovi nella situazione di entrare nelle azioni decisive. E certamente non mi tirerò indietro.

Fiandre, quale clima in casa Visma? «Siamo tristi ma lotteremo»

29.03.2024
6 min
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GENT (Belgio) – Tra pochi minuti andrà in scena la partita della “serie A” belga fra il KAA Gent e gli ospiti dello Standard Liegi, in una sorta di Fiandre contro Vallonia. Noi ciclisti diremmo Fiandre contro Ardenne. Ed è proprio qui, nella Ghelamco Arena, lo stadio che ospita questo match, che la Visma-Lease a Bike ha tenuto la conferenza stampa in vista del Giro delle Fiandre.

Marianne Vos sembra l’unico raggio di sole in questo momento per la Visma – Lease a Bike. Qui la sua vittoria alla Dwars door Vlaanderen
Vos sembra l’unico raggio di sole in questo momento per la Visma – Lease a Bike. Qui la sua vittoria a Waregem

Prima le donne

Tutto è molto maestoso. Ci si attendeva un clima ben più festoso, ma le fratture di Wout Van Aert hanno dannatamente appesantito tutto.

Non è però così per le donne, almeno sembra. Per fortuna Marianne Vos porta leggerezza e sorrisi. La campionessa olandese è tornata a ruggire come non si vedeva da un po’. Lei stessa ha parlato di un bel momento. E’ tornata sul discorso dell’operazione alle gambe che quasi poteva fermare la sua carriera e ha guardato avanti.

«Ho deciso – ha detto Marianne – da un momento dall’altro di riprendere, di buttarmi. Mi sento bene, non vedo l’ora che arrivi domenica. Il Fiandre è un obiettivo per molte. E’ chiaro però che rispetto alla Dwars door Vlaanderen è un’altra corsa».

Domenica Marianne potrebbe tornare a vincere la Ronde dopo 11 anni. Sarebbe un record. Al suo fianco c’era anche Fem Van Empel. Loro due sono l’osso duro della Visma in rosa.

Zeeman e Niermann durante la conferenza stampa presso lo stadio del KAA Gent
Zeeman e Niermann durante la conferenza stampa presso lo stadio del KAA Gent

Van Aert al centro

Qualche minuto dopo ecco entrare il capo dei tecnici dei gialloneri, Meerijn Zeeman. Si presenta in compagnia di un altro diesse, Grischa Niermann.

La domanda sostanzialmente è una: come cambierà la corsa della Visma – Lease a Bike senza Van Aert? Rispondere non è facile. Alla fine, gira che ti rigira si parla sempre di Van Aert, nonostante Matteo Jorgenson si sia portato a casa la Dwars door Vlaanderen, l’ultima corsa che precede la Ronde. Addirittura a Zeeman si chiede del Giro d’Italia: se Wout ci sarà o meno.

«Siamo tristi – ha detto Zeeman – ma già abbiamo vissuto momenti così. Ricordiamo quando Primoz Roglic cadde al Tour de France. In quel momento pensavamo fosse tutto finito e invece riuscimmo a portare a casa il secondo posto con Jonas Vingegaard. Io vedo sette ragazzi molto motivati per domenica.

«Abbiamo un mix di sentimenti. C’è il nostro capitano in ospedale ed altri ragazzi qui pronti a lottare. Cosa possiamo fare se non cercare di fare un buon piano per domenica e anche per la Roubaix. Ma come ho detto non è la prima volta che subiamo incidenti duri».

Zeeman non si sbilancia sul Giro. Ammette che onestamente è difficile, ma neanche si può tracciare un cammino in questo momento per poter stabilire il “piano B”, cioè il Tour.

«L’importante – prosegue – è che ora Wout si riprenda bene, che possa tornare a casa dalla famiglia. E’ stato operato e so che aveva molto dolore. Non sappiamo neanche quando tornerà in bici».

Dwars door Vlaanderen: la caduta che ha messo fuori gioco Van Aert (immagini Eurosport)
Dwars door Vlaanderen: la caduta che ha messo fuori gioco Van Aert (immagini Eurosport)

Nonostante Wout

Lo spettacolo deve andare avanti, come si dice in questi casi e il Giro delle Fiandre incombe. Con o senza Van Aert, c’è una corsa fantastica da godersi. Certo, la Visma-Lease a Bike, Jorgenson a parte, non se la passa bene. Malanni di stagione, nasi rotti, Van Aert in quel modo, cadute… Non ci saranno neanche Tratnik e Laporte.

«Noi cercheremo di fare il nostro meglio. Non era questa la squadra che immaginavamo di schierare a ottobre e novembre quando stiliamo i nostri piani, ma non abbiamo alternative. Combatteremo», ha aggiunto Niermann.

Qualche botta anche per Benoot dopo le ultime gare, ma il belga sembra tenere bene

Il Belgio sulle spalle

E combatteremo è anche il grido di battaglia di Tiesj Benoot. Il corridore all’improvviso si ritrova come la miglior speranza del Belgio. Senza Van Aert, ma anche senza Stuyven (per non contare Remco) e Philipsen che ha dato forfait, un giornalista belga ha definito la situazione come un dramma nazionale.

Lo stesso Benoot si tocca le botte quando, entrando nella sala della conferenza, parlotta con uno del suo staff.

«Non siamo i favoriti, ma lotteremo – dice il re della Strade Bianche 2018 – ho sentito Wout l’altro giorno ed era sotto morfina. E anche io ho diverse botte sul corpo. Almeno non toccherà a noi controllare la corsa, posto che con Jorgenson e gli altri ragazzi abbiamo giocato bene le nostre carte nelle ultime gare».

Girava voce, e Benoot stesso non nega, che fosse stato lui a innescare veramente la caduta del compagno Wout. Tiesj si sentiva molto in colpa. Poi in realtà la dinamica è stata diversa e lo stesso Benoot si dice ora più sereno. Almeno questo è un punto a suo favore.

«Wout farà il tifo per noi», ha concluso Benoot.

Matteo Jorgenson (classe 1999) è pronto a giocare un ruolo di jolly per questo Fiandre
Matteo Jorgenson (classe 1999) è pronto a giocare un ruolo di jolly per questo Fiandre

Jorgenson in agguato

Matteo Jorgenson appare più rilassato. Entra, si siede, attende che Benoot finisca la sua conferenza  e intanto si fa portare dell’acqua.

«Domenica – dice l’americano – preferisco una corsa dura. Credo sia più adatta a me. Sto bene. Ma più che l’io conta la squadra. Conta che uno di noi riesca a vincere. Certo, fa un certo effetto ritrovarsi all’improvviso tra i favorti per il Fiandre».

«La soluzione per battere Van der Poel? Una bella domanda! E’ impressionante. Super. Quando parte e va all’attacco, non è facile seguirlo. Serve una squadra e un buon piano. Il nostro staff ci lavora tutto il giorno. Però posso dire che con Tiesj mi trovo molto bene. In queste ultime settimane ci siamo avvicinati molto e anche l’altro giorno in gara mi ha dato un sacco di consigli. Mi diceva la corsa pezzetto per pezzetto. Mi aspetto una corsa che esploda presto».

Prima di congedarsi, un giornalista francese gli fa notare che mai nessun americano ha vinto il Fiandre. Jorgenson un po’ spaesato, ma non senza una celata ambizione, replica: «Non lo sapevo», sorride e va per la sua strada. Intanto i tifosi iniziano ad arrivare allo stadio. Domenica saranno sulle strade a tifare, magari proprio per Benoot.

Caduta, Van Aert fuori dal Fiandre. Primavera buttata via

28.03.2024
7 min
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Mentre nello schermo scorrevano le immagini della Dwars door Vlaanderen, parlando con Pozzato del Fiandre di domenica, era quasi naturale passare in rassegna i nomi dei pretendenti alla corsa che il vicentino ha spesso sfiorato e mai raggiunto. Finché di colpo si è verificata la caduta di Van Aert a 67 chilometri dall’arrivo e a quel punto la conversazione ha preso un’altra direzione. Si è capito quasi subito che il belga fosse malconcio, pertanto quando in serata è arrivata la conferma della clavicola e delle due costole fratturate, il senso del discorso è parso ancor più ficcante.

«Domenica sarebbe stata un’altra gara a schiaffoni con Van Der Poel – diceva Pozzato – è un peccato. Però questo voglio dirlo. Quando ho visto che Van Aert saltava la Sanremo, un po’ sono rimasto. Perché non farla? Poi ho visto che voleva fare anche la Liegi e il Giro, quindi ha puntato su una programmazione diversa. Però adesso che è caduto, ha buttato via la primavera. Quest’anno ha cambiato preparatore: c’era anche da capire come sarebbe andato domenica. A me Van Aert piace da morire, ma nelle prime uscite non mi ha dato grosse sensazioni. Van der Poel era già parso più forte. Forse il nuovo programma è un azzardo. Io non so se avrei avuto cuore di saltare la Sanremo».

Nel frattempo Van Aert era seduto sull’asfalto (in apertura, immagine Eurosport), la maglia lacera sulla schiena e quel senso di sconfitta cucita addosso per l’ennesima volta. Sonny Colbrelli, impegnato in altra intervista, faceva sapere che il punto della caduta sulla strada del Kanarieberg è così veloce e pericoloso che è stato tolto dal percorso del Fiandre. Al momento della caduta, Van Aert andava a 90 all’ora. E mentre Wout gemeva sull’asfalto, in testa alla corsa il compagno Jorgenson stava per vincere la sua prima classica del Nord.

La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre
La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre

La beffa del 2012

Fu clavicola anche allora, nel 2012, quando Pozzato tornò in sella dieci giorni dopo la caduta al Tour of Qatar. Aveva passato l’inverno sognando e progettando il Fiandre, con Scinto al fianco a dargli il ritmo e l’assillo. Sembrò una forzatura, eppure Pippo al Fiandre ci andò e arrivò secondo. Sbagliò il finale. E pur potendo provare a staccare Boonen, preferì rischiare la volata a tre con il belga e Ballan. E se tornò a casa con un secondo posto fastidioso e beffardo.

«Per me il Fiandre – riprende, mettendo per un po’ da parte le considerazioni su Van Aert – è sempre stata la corsa dei sogni, la più bella al mondo. Lo dico sempre a tutti e sicuramente è il mio rimpianto più grande. Da allora è cambiato tutto il mondo del ciclismo. E’ cambiato il modo di affrontare le corse, di allenarsi. Il modo in cui gli atleti affrontano la giornata e la corsa. E’ cambiato tutto il sistema ciclismo. Anche Boonen certe volte attaccava da lontano, però mai a 100 chilometri dall’arrivo. A volte ad Harelbeke gli piaceva partire su Taaienberg ai meno 80, come succede adesso, ma era diverso. Alla Tirreno-Adriatico e alla Sanremo, hanno fatto una media record. Ci sono i materiali, sicuramente, però io penso che ci sia un livello altissimo che rende molto più difficile vincere oggi che una volta. Infatti vincono sempre gli stessi, mentre prima anche nelle corse importanti poteva capitare un outsider. Adesso è difficile che arrivi un mezzo sconosciuto, se ci sono in giro quei 4-5 più forti. Vince sempre uno di loro».

Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Questo succede anche perché è cresciuto il livello delle squadre.

Tutti, tutti, tutti. C’è un livello altissimo. Ci sono quei tre-quattro che sono fuori categoria, fanno un altro sport. Quando ci sono loro, parti per fare dal quarto in poi. Dietro di loro hai un gruppo di 40-50 che vanno tutti alla stessa maniera, quindi il livello è molto più alto. Vedete come affrontano una volata adesso? Vanno talmente forte che più o meno restano tutti nella stessa posizione. E’ raro vedere uno che viene fuori da dietro e risale 4-5 posizioni come magari succedeva nei primi anni 2000. Adesso si prende la volata a 70 all’ora e si prosegue a 72-73. Guardate i rapporti che hanno, la cosa che mi sconvolge sono i rapporti che usano.

Di certo atleticamente c’è stato un grosso passo in avanti…

Verissimo. Le preparazioni sono cambiate. Poi ci sono sempre quelli un po’ ignoranti che insinuano e chiedono che cosa facciano adesso. Il bello è che non fanno niente. Hanno mezzi migliori, atleticamente sono preparati tutti quanti alla stessa maniera. Mangiano tutti in modo perfetto e non c’è più Armstrong che arriva come anni fa e mangia l’hamburger prima di partire. Adesso tutti sanno come fare e poi, secondo me, la specie umana si è evoluta. Le generazioni di adesso sono più forti rispetto a quelle di prima.

Il livello così alto significa che allenarsi in corsa è impossibile: si è smesso di andare piano.

Ricordo che nel 2010 chiesi di correre sempre per non allenarmi a casa. Finii l’anno con 102 giorni di corsa, che adesso è impossibile. Io avevo bisogno di arrivare a Sanremo vedendo che avevo fatto tot giornate di corsa, meglio 3 in più che una in meno. Adesso questi arrivano dall’inverno e il primo giorno che attaccano il numero, o sei preparato e vai come loro, altrimenti ti prendi una strinata di collo. Mi dicono i ragazzi con cui parlo che fanno paura. Arrivano da due o tre mesi che non corrono e fanno 80 chilometri di fuga, come Pogacar alla Strade Bianche. C’è un però…

Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Sarebbe?

Ha potuto farlo a quel modo perché non c’era nessuno del suo livello, quindi è parso ancora più impressionante. Se ci fossero stati 2-3 dei suoi colleghi fenomenali, sicuramente andavano via in quattro, poi facevano a schiaffoni in finale e magari si staccavano sull’ultimo pezzo o sulle Tolfe. Pogacar che parte a 81 chilometri dall’arrivo, fa sembrare che corre in un’altra categoria. Come adesso al Catalunya, che non c’era nessuno dei rivali ed è parso che giocasse. Come Vingegaard alla Tirreno. Se porti Van Der Poel a una corsa di un giorno, anche al Fiandre, e non c’è nessuno degli altri, quello gira attorno al gruppo.

Dici che in assenza di Van Aert, Alaphilippe al Fiandre potrebbe essere al livello dei migliori?

A me è dispiaciuto un sacco che negli ultimi due anni Sagan fosse in fase calante e come lui Julian. Credo che anche loro sarebbero stati belli… ignoranti da fare a schiaffi dalla mattina alla sera. Sarebbe stato divertentissimo vederli nelle classiche. Se Alaphilippe domenica può essere un faro? Sicuramente non è più quello di prima e la situazione in squadra con Lefevere non è idilliaca. Di fatto è pagato per i risultati che faceva prima e da manager posso capire che in certi momenti i sentimenti e il romanticismo finiscano, perché guardi al conto economico. E magari pensi che con gli stessi soldi potresti prendere altri due o tre corridori buoni che fanno risultato. Julian invece non vince più e l’incantesimo si è rotto.

Chissà se al suo meglio sarebbe competitivo con Van der Poel o Pogacar e anche Van Aert in certe classiche…

La mia sensazione è che lui sia forte, ma gli altri hanno motori più potenti del suo. Anche Pedersen secondo me è un bel corridore. Ieri parlavo con un preparatore della Soudal-Quick Step e si ragionava sul fatto che loro sono andati in altura per preparare le classiche e al ritorno non vanno come speravano. Invece i corridori della Lidl-Trek sono rimasti al livello del mare, hanno 28-30-32 anni e stanno volando. Forse c’è da pensare che ora l’altura va bene per le corse a tappe e non più per le classiche. Sono cose delicate, che cambiano sempre. Dicevamo di Van Aert che ha cambiato preparatore. E’ voluto partire più piano per andare forte nelle sue corse, invece è caduto e adesso è un bel problema. E lo sarebbe stato anche se, a cose normali, fosse arrivato al Fiandre e alla Roubaix e non avesse vinto.

Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Come seguirai il Fiandre?

Dal 2019 vado sempre in Belgio e sarà così anche quest’anno. Vado su con un po’ di clienti. Il sabato facciamo la Gran Fondo. Venerdì sera siamo a cena con Thomas (Van der Spiegel, ndr), l’amministratore delegato di Flanders Classics. La domenica andiamo alla partenza, poi li vediamo in altri 2-3 posti, quindi all’hospitality sul Quaremont per due passaggi e poi all’arrivo. Per me è la corsa più bella. Quest’anno viene un caro amico di Milano che abita a Monaco ed è gasatissimo, perché gli ho detto che per trovare qualcosa di più figo, deve andare a vedersi la finale del Superbowl. Mi dispiace che non ci sarà Van Aert perché sarebbe stato un altro spettacolo…