E ora Dalla Valle vuole un finale di stagione col botto…

12.07.2022
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Anche quest’anno il Sibiu Cycling Tour, vinto da Giovanni Aleotti, ha visto i corridori italiani protagonisti. In Romania, in una delle corse parallele al Tour de France, i corridori nostrani si sono sempre ben distinti e quest’anno fra i protagonisti c’è stato anche Nicolas Dalla Valle, il giovane della Giotti Victoria che ha colto un prestigioso secondo posto nella prima tappa mostrando anche nelle altre frazioni una gamba non da poco.

Si dirà: bella forza, i big sono tutti in Francia… E’ vero, ma è anche vero che la gara rumena si va via via affermando e a testimoniarlo è lo stesso Dalla Valle, alla sua terza presenza consecutiva: «In questi anni ho notato che il livello è sempre più alto, tanto è vero che quest’anno c’erano ben 6 formazioni WorldTour, il che significa che coloro che non sono andati al Tour si sono presentati in Romania vogliosi di farsi vedere e magari far capire ai loro capi che meritavano più considerazione. Risultato? Gare più qualitativamente elevate e grande battaglia in ogni frazione».

Dalla Valle Sibiu 2022
La volata della prima tappa del Sibiu Cycling Tour con Fiorelli vincitore su Dalla Valle e Piccolo (foto Max Schuz)
Dalla Valle Sibiu 2022
La volata della prima tappa del Sibiu Cycling Tour con Fiorelli vincitore su Dalla Valle e Piccolo (foto Max Schuz)
Un test impegnativo per un team continental come il vostro…

Molto, ma anche gratificante. Sono queste gare che ti aiutano a crescere e che mi fanno capire che la scelta fatta è stata quella giusta. E’ una corsa impegnativa, sia per le distanze delle frazioni, alcune davvero molto lunghe sia per i dislivelli, perché anche in Transilvania ci sono belle asperità. Ne è scaturita una gara selettiva nella quale bisognava sempre essere all’erta. Io sono andato bene nella prima tappa ma avrei voluto giocarmene anche un’altra, solo che non siamo riusciti a chiudere al momento giusto e ci è partita la fuga. Poi c’è la faccenda del prologo…

Che cosa è successo?

Era una piccola crono di 2,3 chilometri, ho chiuso 13° ma avrei potuto fare molto meglio, solo che non avevamo con noi le bici da crono, quindi ho gareggiato con la bici classica. Semplicemente non l’avevamo portata. Nella frazione finale, quella della fuga di cui sopra, ho comunque chiuso 7° nello sprint di gruppo e 7° nella classifica finale a punti. Sono tutti bei segnali, che mi dicono che il passo è quello giusto.

Dalla Valle Romania 2022
Dalla Valle è nato il 13 settembre 1997 a Cittadella (PD). Quest’anno ha ottenuto già 6 Top 10 (foto Instagram)
Dalla Valle Romania 2022
Dalla Valle è nato il 13 settembre 1997 a Cittadella (PD). Quest’anno ha ottenuto già 6 Top 10 (foto Instagram)
Come hai visto Aleotti?

Andava veramente forte, quella gara la conosce bene, l’ha vinta anche lo scorso anno e poi si vedeva che venendo dal Giro d’Italia aveva una marcia in più. Io comunque sono sempre contento quando un italiano vince…

Si correva in Romania, non troppo lontano quindi dal teatro di guerra ucraino: com’era l’atmosfera tra la gente del posto?

A dir la verità ho trovato una grande tranquillità, organizzazione precisa e senza fronzoli e una situazione sociale molto serena. Il giorno della partenza dalla Romania ho fatto un giro della città a Timisoara e sinceramente non si respirava un’atmosfera pesante. A metà maggio avevo corso al Giro d’Ungheria e siamo arrivati ad appena 50 chilometri dal confine, ma anche lì non abbiamo sentito particolare tensione.

Dalla Valle Bardiani 2021
In due anni alla Bardiani (qui con Roberto Reverberi) il veneto aveva ottenuto due podi
Dalla Valle Bardiani 2021
In due anni alla Bardiani (qui con Roberto Reverberi) il veneto aveva ottenuto due podi
Proprio in Ungheria eri finito secondo nella classifica degli scalatori, ma è vero che in questa stagione ti sei messo in evidenza con 6 presenze in Top 10 anche in gare qualificate come l’Adriatica Ionica Race. A che cosa si deve questa crescita?

Credo che molto dipenda all’attività che facciamo, molto intensa e con prove sia in Italia che all’estero. Il 2021 era stato un anno disgraziato, fra covid, mononucleosi, frattura a un gomito… Quest’anno stiamo facendo un calendario superlativo per un team continental come il nostro, con tante occasioni di confronto con le squadre più grandi e secondo me questo è un aspetto fondamentale. Io sento crescere la condizione corsa dopo corsa e questo mi dà sempre più morale.

Che cosa ti aspetta ora?

Luglio è un mese di stacco, nel quale andrò in altura per preparare gli impegni di agosto, quando torneremo in Romania, poi ci sarà la trafila delle gare italiane di fine stagione e lì ci tengo a fare bene, a continuare sulla scia dei risultati ottenuti ma anche con qualcosa in più perché magari sarebbe ora di mettere la firma su una corsa.

Dalla Valle Uae 2019
Per Dalla Valle anche un periodo da stagista alla Uae Team Emirates nel 2019
Dalla Valle Uae 2019
Per Dalla Valle anche un periodo da stagista alla Uae Team Emirates nel 2019
La scelta di cambiare è stata quella giusta?

Il clima in squadra è ottimo, abbiamo tutto per emergere e soprattutto abbiamo chiarezza su quel che sarà il calendario, quindi possiamo allenarci con cognizione di causa. Il calendario è intenso, quando corri poco e non hai chiaro su che cosa puntare, la condizione va a scemare. Io invece voglio mettermi in mostra.

C’è una gara particolare alla quale punti?

Una specifica no, vorrei far bene nelle gare italiane di fine estate-inizio autunno, magari entrare in qualche fuga buona. A ben guardare forse però un target c’è: le gare venete di fine stagione, che sono sì impegnative, ma su percorsi che conosco bene. Dare una zampata lì sarebbe proprio un bel colpo…

Aleotti, raccontaci del Sibiu Tour e della Romania

10.07.2022
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Mentre sulle strade del Tour de France, tra un colpo di fioretto ed uno di spada, si chiudeva una prima settimana infuocata, il mondo del ciclismo non si è fermato. A 2.000 chilometri da Parigi, in Romania, nella regione di Sibiu è andata in scena l’omonima corsa a tappe: il Sibiu Tour. Vinto, per il secondo anno di fila da Giovanni Aleotti (foto di apertura di Tiberiu Hila). 

Per il corridore della Bora-Hansgrohe si trattava del ritorno alle corse dopo i campionati italiani, mentre subito prima aveva partecipato al Giro d’Italia vinto dal suo capitano Jai Hindley. Da Giovanni ci facciamo raccontare qualcosa di questa corsa, di cui tutti parlano bene, ma che conosciamo poco…

Giovanni Aleotti in azione nel prologo di apertura del Sibiu Tour (foto Max Schuz)
Giovanni Aleotti in azione nel prologo di apertura del Sibiu Tour (foto Max Schuz)

Storia breve ma intensa

Il Sibiu Cycling Tour esiste da 12 anni e nonostante la sua giovane età vanta un palmares invidiabile. Sul gradino più alto del podio della città di Sibiu, nella regione della Transilvania, sono saliti ben 5 volte dei corridori italiani (Marchetti, Rebellin, Finetto e due volte Aleotti). Inframezzati dalla doppietta colombiana con Bernal nel 2017 e Sosa nel 2018.

«E’ una corsa in crescita, davvero molto in crescita – racconta Aleotti – basta vedere anche la posizione che occupa nel calendario. E’ nello stesso periodo del Tour de France, ma essendo l’unica alternativa, per forza di cose le squadre WorldTour mandano qui i propri corridori, per non farli rimanere fermi. Il Sibiu Tour è una corsa organizzata molto bene, lo era anche quando ho vinto lo scorso anno, anche se devo riconoscere che il livello era un pochino più basso».

Si sale e non poco

Il Sibiu Tour è una corsa a tappe breve, sono 3 giorni di corsa con 4 tappe, l’ultimo giorno si affrontano due frazioni: una cronoscalata ed una tappa breve. Nel guardare il profilo delle tappe si nota che in questa regione le salite, non mancano, anzi…

«Rispetto al 2021 – riprende a raccontare Giovanni pescando nella memoria – le strade erano più o meno quelle, la salita finale della seconda tappa (Balea Lac, ndr) l’avevamo fatta anche lo scorso anno. E’ la loro salita di riferimento, come se fossero le nostre Dolomiti, anche se ben diversa. Innanzitutto si parte da molto più in basso, e di conseguenza è una salita lunga, ben 23 chilometri e si arriva a quota 2000 metri. La pendenza è molto regolare, adatta alle mie caratteristiche, infatti l’anno scorso ero arrivato secondo, mentre quest’anno ho vinto.

«Nella prima parte si passa in un bosco molto fitto con la strada che fa poche curve. Nella seconda la vegetazione si dirada e iniziano i tornanti, più o meno a 6 chilometri dalla vetta. Lì la pendenza un po’ rinforza. Ammetto che mi ricordavo questa cosa e l’ho usata a mio favore per sferrare l’attacco giusto (conclude con una risata maliziosa il giovane corridore emiliano, ndr). La strada è particolare, sempre larga e molto bella».

Il pubblico ha accolto calorosamente i corridori nonostante si sia corso in settimana (foto Max Schuz)
Il pubblico ha accolto calorosamente i corridori nonostante si sia corso in settimana (foto Max Schuz)

Un bel pubblico

La risposta del pubblico è sempre un sintomo di quanto una corsa sia sentita, basti vedere la cornice che ha accompagnato la Grande Boucle nei giorni in Danimarca e non solo.

«Devo ammettere che la corsa era davvero seguita – dice Giovanni – il pubblico sulle strade era numeroso, nonostante corressimo in settimana. Poi, quando tornavamo negli hotel il personale aveva seguito la gara in televisione e ci faceva i complimenti e capitava di scambiarci qualche battuta. Anche dal punto di vista degli alloggi l’organizzazione ha fatto un lavoro eccellente. Alla Bora, ma come anche altre squadre, nelle gare importanti abbiamo sempre dietro il camion cucina, questa volta non lo avevamo. Però l’organizzazione ha fatto trovare a tutti gli hotel una lista degli alimenti da comprare. Così avevamo tutto il necessario: pasta, riso, pollo, pesce, verdure».

Sibiu è stata fondata nel 1190 da coloni di origine tedesca, per questo la sua architettura ricorda quella tedesca (foto Tiberiu Hila)
Sibiu è stata fondata nel 1190 da coloni di origine tedesca, per questo la sua architettura ricorda quella tedesca (foto Tiberiu Hila)

Un felice ritorno

Dopo un anno Aleotti è tornato dove ha ottenuto la sua prima vittoria da professionista. Ritornare su quelle strade ha significato fare un passo indietro nella memoria con lo sguardo però rivolto in avanti.

«Devo ammettere – racconta infine – che quando mi hanno detto che sarei tornato al Sibiu Tour mi ha fatto piacere. Ero contento perché sono legato a questo luogo, dove ho il ricordo della mia prima vittoria tra i professionisti. Ma anche la città di Sibiu mi è rimasta impressa nella memoria. Il centro della città è bellissimo, ricorda in parte l’architettura tedesca, in più le zone intorno, dove si svolge la corsa, sono bellissime, sono ricche di montagne, di salite e di grandi distese verdi».

Sibiu è davvero palestra per giovani? Risponde Gasparotto

08.07.2022
4 min
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Ci sono corse che per qualche anno azzeccano la formula e diventano banchi di prova perfetti perché i corridori più giovani si esprimano. Una di queste è il Sibiu Tour, che negli ultimi due anni ha premiato Aleotti. Lo dimostra il fatto che questa volta alle sue spalle, nella classifica finale, si siano piazzati ragazzi fra i 19 e i 24 anni, che evidentemente sulle strade della Transilvania trovano le condizioni di percorso, un campo partenti e una collocazione in calendario che gli sorride.

Enrico Gasparotto, Saudi Tour 2020
Enrico Gasparotto è da quest’anno il direttore sportivo della Bora-Hansgrohe
Enrico Gasparotto, Saudi Tour 2020
Enrico Gasparotto è da quest’anno il direttore sportivo della Bora-Hansgrohe

L’occhio di Gasparotto

Il riscontro non può che venire da chi ha vissuto la corsa da dentro e la scelta è caduta su Enrico Gasparotto, che ha guidato Aleotti alla vittoria e il portentoso Uijtdebroecks sul podio. L’occhio del direttore sportivo spesso coglie ciò che da fuori non vediamo.

«Anno dopo anno – conferma il “Giallo” – vengono sempre più squadre WorldTour. Di conseguenza il livello si è alzato e questo dà valore a quello che hanno fatto questi giovani. Anche perché alcune WorldTour sono venute a caccia di punti e non per fare una passeggiata».

In una squadra di tanti giovani, un corridore esperto come Benedetti ha tenuto la rotta (foto Bora Hansgrohe)
In una squadra di tanti giovani, un corridore esperto come Benedetti ha tenuto la rotta (foto Bora Hansgrohe)
Corse come la Adriatica Ionica Race avrebbero gli stessi ingredienti, ma fanno fatica…

Loro pagano la collocazione nel calendario, perché in quel periodo le squadre hanno il focus sul Tour e non vedono altro. Invece durante il Tour, c’è sempre necessità di corse. Quando correvo, andavo spesso al Giro d’Austria, sempre con i corridori giovani della squadra. Essere in calendario dopo i campionati nazionali è una bella cosa. Soprattutto adesso che hanno cancellato il Bink Bank Tour, Sibiu diventa una scelta interessante.

Cinque squadre WorldTour non rischiano di alzare troppo il livello?

Non mi pare, anche se parliamo comunque di una corsa di valore. Ci sono anche tante continental, che hanno la possibilità di valorizzare il talento dei ragazzi. La Coppi e Bartali ha anche più WorldTour e questo per gli organizzatori è sicuramente un piacere. Però sono corse che farei solo avendo buoni giovani per fare esperienza.

Aleotti a Sibiu ha vinto l’arrivo in salita e la cronoscalata: il più forte era lui (foto Bora Hansgrohe)
Aleotti a Sibiu ha vinto l’arrivo in salita e la cronoscalata: il più forte era lui (foto Bora Hansgrohe)
Altrimenti?

Se avessi solo corridori esperti, probabilmente ne farei a meno. Ma per i giovani sono passaggi importanti, in linea con quello che vi ha detto Christian Schrot sull’opportunità che gli under 23 facciano attività con i pari età nella nazionale.

Perché?

Perché da giovani vincono tutto, poi capita di doverne portare uno all’Amstel e arriva 50° senza mai vedere la corsa. Ci è successo proprio con Uijtdebroecks perché questa primavera a un certo punto non avevamo corridori. In queste gare mantengono lo spunto vincente, nelle altre prendono sberle. E a forza di sberle, perdi il corridore.

Aleotti ha vinto Sibiu per due anni di seguito, cosa significa?

Gli ha fatto bene confermarsi. E’ arrivato più magro di quanto fosse al Giro e ha dimostrato di essere il più forte nelle tappe di salita. Dopo il Giro non ha mollato, ma a questi ragazzi giovani devi dare le raccomandazioni opposte a quelle che davano a noi. Loro dopo il Giro devi tenerli a freno, noi tendevamo a mollare un po’.

Sul podio finale Vanhoucke (25 anni), Aleotti (23), Uijtdebroeks (19) (foto Bora Hansgrohe)
Sul podio finale Vanhoucke (25 anni), Aleotti (23), Uijtdebroeks (19) (foto Bora Hansgrohe)
E’ questo il suo standard migliore?

Giovanni è arrivato al punto di dover fare uno step up, di salire un gradino. Se lo avessi avuto con questa condizione nelle Ardenne ci saremmo divertiti, ma in quel periodo è arrivato dopo vari acciacchi. Al Giro è stato quello che portava i leader nella posizione giusta. Sa limare bene, sa guidare la bici. Lui è fatto per le classiche delle Ardenne.

Adesso riposerà?

No, adesso viene con me al Giro del Polonia. Forse ci sarà anche Higuita, che prepara la Vuelta. Saranno i nostri due leader. E sono curioso di vedere come andranno.

Fiorelli al Sibiu Tour riparte dalle dritte di Visconti

03.07.2022
4 min
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Il Sibiu Tour, la corsa che lo scorso anno vide il duello fra Aru e Aleotti (l’emiliano è in gara per difendere il successo del 2021), poi sarà tempo di staccare la spina e riflettere. Filippo Fiorelli in Romania c’è andato anche per provare a sbloccare la stagione, che finora l’ha visto tante volte fra i primi dieci e solo raramente, come una maledizione, a giocarsi la corsa. L’azione ai campionati italiani in compagnia di Baroncini ha acceso però una luce diversa e dato un senso alle parole di Giovanni Visconti, che proprio alla vigilia del tricolore gli aveva suggerito di sganciarsi dalla mentalità del velocista e osare di più.

«Giovanni me lo ha sempre detto – conferma Fiorelli dall’hotel di Sibiu, città della Transilvania – di cambiare modo di correre. Con i velocisti non riesco a spuntarla, quindi l’idea di anticiparli c’è. Come all’italiano. Sapevo che quelli davanti ormai non si prendevano e ho colto l’occasione per mettermi in luce. Lanciare magari un segnale al cittì della nazionale e vedere cosa sarebbe venuto fuori».

Ecco, appunto, i velocisti: tu non lo sei mai stato…

E neanche mi reputo tale. Solo che in squadra non lo abbiamo, i direttori sportivi sanno che sono veloce, che guido bene la bici e che mi butto, così finisco spesso a fare le volate. Da dilettante non ho mai fatto quelle di gruppo. I miei risultati li ho sempre fatti diversamente.

Andare in fuga, quelle che Visconti ha chiamato le «fughe stanche»…

Ci provo, non sto sempre ad aspettare. La fregatura è che, sapendo di essere veloce, la tentazione di restare in gruppo effettivamente c’è e non mi muovo. Ai campionati italiani ha attaccatoo Zana e ha preso la fuga giusta. Se fossero entrati altri corridori, sarei dovuto andare anche io.

Al Giro di Slovenia ha provato a entrare in qualche fuga: è la via giusta per tornare a vincere
Al Giro di Slovenia ha provato a entrare in qualche fuga: è la via giusta per tornare a vincere
Non vincere rende nervosi?

L’anno scorso ho vinto subito (il Trofeo Porec, il 7 marzo, ndr), ma nel frattempo sono un anno più grande e non ho più alzato le braccia, quando magari mi sarei aspettato di farlo. A discolpa, c’è che la prima parte di stagione è stata sfortunata, fra Covid e altri problemi di salute. Quando ho recuperato, ho fatto parecchi piazzamenti, come quello di Bagheria al Giro di Sicilia. Sarebbe stata la giornata perfetta, è venuto un terzo posto.

Al Sibiu Tour ci saranno occasioni?

Ieri c’è stato il prologo di 2,3 chilometri. Oggi una tappa con salita in partenza: se si riesce a non perdere troppo, potrebbe arrivare una volata ristretta. Domani arrivo in salita. Martedì due semitappe. Cronoscalata al mattino e tappa corta il pomeriggio che potrebbe finire in volata. Quindi se va bene, ci sono oggi e martedì.

Fiorelli ha 27 anni ed è professionista dal 2020
Fiorelli ha 27 anni ed è professionista dal 2020
E poi?

E poi stacco, ho già 56 giorni di corsa che non sono pochi. Un po’ perché è tempo di recuperare per impostare il resto della stagione e un po’ perché non ci sono altre corse e la squadra si ferma.

Che cosa significherà preparare il resto della stagione?

Andrò in Sicilia per qualche giorno di vacanza, poi in altura per riprendere la preparazione, non so ancora dove. Nella seconda parte ci sono corse in cui ho sempre fatto bene, su tutte il Tour du Limousin.

Verso l’Etna, assieme a Conci. Come il trentino, Fiorelli è allenato da Alberati (foto Instagram)
Verso l’Etna, assieme a Conci. Come il trentino, Fiorelli è allenato da Alberati (foto Instagram)
Hai parlato di Bennati…

Ci sono corse come gli europei che si addicono a corridori veloci come me (la gara dei pro’ si svolgerà a Monaco il 21 agosto su percorso pianeggiante, ndr). Dalle sue dichiarazioni, posso pensare che abbia notato la mia azione ai campionati italiani e ammetto che l’idea di vestire per una volta la maglia azzurra mi stuzzica parecchio. Daniele sa che mi farei trovare pronto, ma certo sta a me far vedere di essere all’altezza. Per questo ascolterò Visconti e le vacanze dureranno il tempo giusto. C’è tanto lavoro da fare.

Aleotti è giusto tirare e basta? «Per ora sì. C’è un Giro in ballo»

28.05.2022
5 min
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Giovanni Aleotti fa parte della banda Bora-Hansgrohe “2.0”, quella cioè presa in mano da Enrico Gasparotto. Il corridore emiliano è stato il primo a scardinare il Giro d’Italia. Lo ha fatto con un’azione micidiale nella tappa di Torino (foto in apertura), quella che ha rivoluzionato la classifica.

Però la situazione in classifica di questo Giro d’Italia in qualche modo ha “rallentato” il ragazzo per quel che riguarda le ambizioni personali. Giovanni si è dedicato in tutto e per tutto alla causa della squadra. Una squadra che dopo Sagan, ha cambiato, e sta cambiando, i suoi connotati. Adesso si punta alle corse a tappe.

Giovanni Aleotti (classe 1999) è alla seconda stagione da pro’
Giovanni Aleotti (classe 1999) è alla seconda stagione da pro’
Giovanni, con Gasparotto correte in modo diverso: cosa è cambiato?

Si va più all’attacco. Abbiamo cercato di essere sempre protagonisti in questo Giro, sia con le fughe, sia con le azioni a sorpresa come nella tappa di Torino. Dobbiamo supportare al meglio Jay Hindley fino alla fine.

Sino ad oggi il momento chiave del Giro è passato dalle tue gambe. A Torino hai firmato la fiammata che ha fatto saltare il banco…

Eh – ride – ma non sono stato solo io! L’avevamo studiata. Ci avevamo pensato, sapevamo che era una tappa complicata e che poteva succedere qualcosa. Siamo entrati nel circuito davanti e abbiamo capito che si poteva fare selezione anche in discesa. Abbiamo fatto corsa dura. Anche Kelderman è stato fantastico nel giro finale.

Però la vera selezione l’hai fatta tu: hai fatto 10′-15′ a tantissimi watt…

Ho seguito le indicazioni dei miei compagni dietro. Quando mi hanno detto che il gruppo si era spaccato, ho insistito a tutta. E è andata bene.

Cosa ti ha detto Gasparotto di quella tua azione?

Era contento. E’ lui che l’ha pensata. E lui che ci ha motivato e che ci credeva più di tutti.

Il corridore di Mirandola (Mo) è stato secondo al Tour de l’Avenir nel 2019, quando indossò anche la maglia gialla
Il corridore di Mirandola (Mo) è stato secondo al Tour de l’Avenir nel 2019, quando indossò anche la maglia gialla
Quindi tu sapevi che dovevi entrare in azione esattamente in quel punto e in quel modo?

Non in quel modo, non pensavamo di fare in discesa il grosso della selezione, ma sullo strappo dopo la discesa. Ma è venuta così… e siamo tutti contenti. Quando mi sono spostato ero stanco morto, ma gli altri compagni sono stati bravi a portarla a termine.

C’è soddisfazione a svolgere questo ruolo, o magari, vedendo che inizia a passare un po’ di tempo, vorresti più spazio? Magari pensare alla maglia bianca, visto che hai fatto secondo all’Avenir…

Penso che sia presto. Ma soprattutto anche io non mi ritengo decisamente un corridore da corse a tappe, almeno per ora. Credo di dover maturare ancora fisicamente.

Dunque va bene…

Sì, non penso che capiti tutti i giorni di trovarsi a lottare per un Giro d’Italia e di essere protagonista della squadra che se lo sta giocando. Adesso siamo concentrati su questo obiettivo.

Aleotti in salita deve crescere ancora, ma su quelle brevi si è mostrato molto competitivo
Aleotti in salita deve crescere ancora, ma su quelle brevi si è mostrato molto competitivo
Cosa ti piace, ammesso che ti piaccia, di questo vostro nuovo modo di correre?

Sicuramente mi sento più responsabilizzato. E questo mi piace. Ma anche il dover essere sempre nel vivo della corsa è stimolante. Non subiamo la corsa, ma la facciamo. 

Qual’è il ruolo specifico?

Varia di giorno in giorno. Soprattutto in questa fase ci sono uomini che devo stare vicino a Jay sulle salite finali e altri che invece devono lavorare prima. Quando si fa la selezione e restano in dieci io ancora non ci sono, non ho quel ritmo.

Tu Giovanni vai forte in salita, ma in questo specifico momento e con il tuo ruolo, sei più uomo da “pianura” o da salita?

Dipende da che salita. Su quelle lunghe posso anche starci ma, come ho detto, non quando avviene la grossa selezione. Penso di dover crescere in salita, ma c’è tempo.

Ieri, per esempio verso Castelmonte qual è stato il tuo ruolo?

Essendo stato al Cycling Team Friuli conoscevo un po’ le strade fino al confine sloveno. E sono stato spesso davanti. L’ingresso di Tarcento era un po’ insidioso e lo stesso un paio di discese dopo. Quindi ho dato qualche consiglio. Sono stato davanti fino al Kolovrat.

Ieri Giovanni Aleotti ha lavorato nella prima metà di tappa, poi ha risparmiato energie in vista di oggi
Ieri Giovanni Aleotti ha lavorato nella prima metà di tappa, poi ha risparmiato energie in vista di oggi
Avete tirato molto, qual era la tattica della Bora Hansgrohe?

Jay stava bene e oggi (ieri, ndr) volevamo stanare gli altri. Però ci aspettavamo un po’ di controllo, un po’ di azione anche da altre squadre come la Bahrain Victorious, ma alla fine non si sono mossi e non aveva senso continuare a spremere la squadra visto che domani (oggi, ndr) c’è un’altra opportunità.

Hai parlato della tappa della Marmolada: vi sta bene arrivare alla crono così o l’idea è di mettere un po’ di margine su Carapaz?

E’ un tappa durissima, la salita finale la conosco anche: chi avrà le gambe ci proverà. Anche Carapaz. Credo che nessuno dei due si senta sicuro della posizione che ha e tutti e due proveranno a staccare l’altro.

Per adesso ancora va bene ammirare Aleotti in questa veste, ma presto vorremo vederlo con più spazio per se stesso. Il discorso del giovane che tira per farsi le ossa va bene, ma entro certi limiti. Il rischio è di fossilizzarsi su quel ruolo e di perdere attitudine con la vittoria. 

Ma giustamente c’è una maglia rosa in ballo e ogni forza in squadra va ben ponderata. E Gasparotto lo sa bene.

Aleotti a scuola di Nord: che cosa ha imparato?

25.04.2022
5 min
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La prima volta di Aleotti al Nord sa di cauta scoperta e sarebbe d’altra parte ingiusto paragonarlo a Evenepoel che, pure debuttante e con un anno in meno, è alla quarta stagione da pro’ e ieri ha centrato il bersaglio pieno. L’emiliano della Bora-Hansgrohe, ben guidato da Gasparotto nel suo secondo anno nel gruppo, aveva messo nel mirino Amstel, Freccia e Liegi già dall’inverno. Ma in questa bizzarra epoca di pandemia, quasi nessun piano si è attuato come nel desiderio di chi l’aveva progettato. E Aleotti non è sfuggito alla regola.

«E’ stato un inizio di stagione complicato – dice nella hall dell’hotel della squadra – puntavamo a fare bene proprio quassù, ma ovviamente doveva essere tutto perfetto. Invece a gennaio ho avuto il Covid mentre ero a correre e sono dovuto restare per una settimana di più in hotel. Perdere 10 giorni, avendo già fatto due training camp, non è il massimo. Mi stavo riprendendo, ma la sera prima della Sanremo ho cominciato a sentire dei dolori alle ossa. Ho corso e dopo l’arrivo, sul bus, avevo 39 di febbre. Sono rimasto altri cinque giorni senza bici, saltando Coppi e Bartali e altura. E così sono rientrato direttamente per Amstel e Freccia del Brabante. Mi sono sentito in crescendo, ma è meglio sforzarsi di prendere il buono. L’anno è ancora lungo».

Preparandosi ai piedi del pullman per la ricognizione sugli ultimi 90 chilometri della Liegi
Preparandosi ai piedi del pullman per la ricognizione sugli ultimi 90 chilometri della Liegi
Gasparotto dice che all’Amstel avresti potuto fare la tua corsa.

L’abbiamo studiata bene, visto che lui la conosce punto per punto. E’ molto complessa. Nella ricognizione ho notato che si passa più volte nello stesso punto, per cui ricordarsi tutto non è semplice e il modo migliore è correrla anno dopo anno. Fino a 60 chilometri dall’arrivo, diciamo fino alle 5 ore, stavo ancora bene. Poi mi sono spento. L’Amstel è diversa dalla Liegi. Ha salite brevi da fare tutte d’un fiato. Bisogna saper stare in gruppo senza rischiare.

La Freccia Vallone è un altro tipo di corsa.

E secondo me, mi si adatta. Mi è piaciuta molto. Abbiamo corso in funzione di Alex (Vlasov, ndr), supportandolo al massimo. Nell’ultimo giro comunque ero ancora lì. Il Muro d’Huy non lo avevo mai visto prima. L’abbiamo provato il martedì, facendo un giro e mezzo del percorso, per capire bene quelle salite. E’ un finale molto tecnico, vale la pena spenderci qualcosa…

Alla Freccia, fino all’ultimo giro, in salita assieme a Caruso e Thomas
Alla Freccia, fino all’ultimo giro, in salita assieme a Caruso e Thomas
In che senso?

E’ una cosa che ci dice spesso Gasparotto. In alcuni passaggi molto tecnici, devi spendere qualche energia in più per stare davanti e non avere problemi nei chilometri successivi. Mi ritrovo molto con Enrico, mi riconosco in lui come corridore. Inoltre è importante avere uno che ti spiega le cose nei dettagli, anche se alla radio cerchiamo sempre di parlare inglese per non escludere gli altri.

E allora parliamo ancora di lui. Ti ha consigliato di studiare i passaggi di gara?

Dice che è importante memorizzare i punti e i momenti decisivi. E dice anche che riguardarli alla televisione aiuta, perché l’occhio esterno a volte mostra cose che ti sono sfuggite. La dritta di prendere il Muro d’Huy non all’interno ma all’esterno, per non essere chiusi, ha portato Vlasov sul podio. I direttori vanno ascoltati.

Benedetti lo ha guidato nel debutto alla Liegi, conclusa in 77ª posizione a 10’55”
Benedetti lo ha guidato nel debutto alla Liegi, conclusa in 77ª posizione a 10’55”
Guardavi queste corse in televisione?

Assieme a mio padre, mi sono sempre piaciute. Anche il Fiandre, ma non so se ho il fisico adatto. Sono imprevedibili, altra cosa rispetto alle corse a tappe in cui dopo un po’ capisci le forze in campo.

E veniamo alla Liegi.

Abbiamo fatto una ricognizione di 90 chilometri, molto importante. E ieri siamo andati forte tutto il giorno. Si pensava che la serie di salite che inizia dallo Stockeu potesse combinare disastri, invece non ha fatto niente. I veri danni li ha fatti la caduta e noi per fortuna eravamo davanti per tenere Vlasov fuori dai guai. Come corsa mi è piaciuta molto, ma si capisce subito che la distanza fa la differenza. E in ogni caso Evenepoel ha fatto un grande numero.

Che cosa hai imparato?

Che conta davvero prendere una buona posizione all’attacco della Redoute. Una volta in cima, infatti, c’è poco per andare alla Roche aux Faucons, perciò è bene non perdere posizioni dove probabilmente ci sarà un attacco.

Ancora sul percorso della Liegi. Il venerdì è arrivato anche Higuita
Ancora sul percorso della Liegi. Il venerdì è arrivato anche Higuita
L’anno prossimo si torna per vincere?

Direi che è una prospettiva lunga, vediamo di andare per gradi. E comunque stavo bene, ho fatto il mio lavoro fino alla Redoute.

E adesso si pensa al Giro?

Prima si va a casa. Comunque sì, andremo con una bella squadra. Non abbiamo il velocista, ma diverse punte. E io mi aspetto di andare in crescendo. Non ci arrivo al top e spero di non calare poi in vista dell’estate. L’obiettivo sarà supportare i ragazzi, sapendo che in qualche giorno potrei avere un po’ di libertà. Ci vediamo al Giro, buon rientro anche a voi…

Mister Gasparotto, le emozioni e i consigli d’oro

22.04.2022
6 min
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«L’Amstel è stata bella – dice Gasparotto – salire il Cauberg ha riportato a galla delle emozioni. Non guidavo io l’ammiraglia, parlavo alla radio, quindi ero super concentrato su questo. Più che la corsa infatti mi sono goduto la ricognizione. Avevo pensato di portare la bici per farla con i corridori, ma il mio stato di forma non me lo avrebbe permesso. Invece ho portato le scarpe per fare come a Leuven, quando la sera sono uscito da solo a fare un giro sul percorso e fu bellissimo. Sarei andato con Benedetti, ma pioveva e alla fine ho lasciato perdere».

Tecnico della Bora-Hansgrohe da quest’anno, per Gasparotto è la prima campagna del Nord in ammiraglia
Alla Bora-Hansgrohe da quest’anno, per Gasparotto è la prima campagna del Nord in ammiraglia

Ricognizione sul percorso

Due giorni alla Liegi. Alcune squadre, fra cui Intermarché, Ineos e Trek, hanno anticipato al giovedì la ricognizione sul percorso. La Bora-Hansgrohe come le altre è rimasta fedele al rituale del venerdì.

«Il rischio anticipandola di un giorno – spiega Gasparotto – è che non avendo recuperato gli sforzi della Freccia, soprattutto ai debuttanti le salite sembrassero troppo dure. Dipende molto da quanti ne hai. Noi ad esempio abbiamo Vlasov, Hindley e Aleotti che non l’hanno mai fatta. Non ricordo molto del sopralluogo della mia prima Liegi, ma ricordo che fu nel 2009 e tirai per Cunego dalla Redoute al Saint Nicholas».

Il direttore sportivo della squadra tedesca sarebbe poi arrivato terzo nel 2012, alle spalle del compagno Iglinskij che batté Nibali. Per uno che a queste strade ha legato alcuni dei ricordi più belli della carriera, come le due Amstel vinte nel 2012 e nel 2016, queste giornate non passano via indifferenti.

Nel 2012 Gasparotto sprinta per il terzo posto alle spalle di Iglinskij vincitore e Nibali battuto
Nel 2012 Gasparotto sprinta per il terzo posto alle spalle di Iglinskij vincitore e Nibali battuto
Che effetto fa?

Da una parte non è automatico essere un buon direttore nelle corse in cui sei andato forte. Per contro, arrivare in forma qua mi è sempre costato caro, non sono mai stato un campione cui vengono le cose facili, come Nibali o Sagan, che potevano essere meno accorti tatticamente, compensando eventuali errori con il talento. Questa consapevolezza mi può aiutare a dare le dritte giuste ai corridori. Come con Vlasov alla Freccia. Ieri abbiamo festeggiato, era il primo podio per la squadra…

Che cosa hai detto a Vlasov?

L’ho detto a lui e agli altri, che se fosse arrivato ai piedi dell’ultimo Muro d’Huy sulla destra della strada, il gruppo lo avrebbe chiuso facendo la svolta a destra e recuperare sarebbe stato impossibile. Sono le cose che hanno sempre insegnato Valverde e Purito Rodriguez e tutti quelli che hanno vinto la Freccia. Eppure a un certo punto l’ho dato per perso. Ai due chilometri era in ventesima posizione, in auto abbiamo alzato gli occhi al cielo. Poi si è bloccata l’immagine alla televisione e quando è ripartita l’abbiamo visto a ruota di Valverde. Non so dove sia passato, ma evidentemente mi ha ascoltato.

Il podio di Vlasov alla Freccia, dietro Teuns e Valverde, è stato anche merito dei consigli di Gasparotto alla vigilia
Il podio di Vlasov alla Freccia è stato anche merito dei consigli di Gasparotto
Ci sono altri aspetti pratici che hai portato con la tua esperienza ancora fresca?

Qualcosa sì. Ad esempio per l’Amstel avevamo pianificato la ricognizione al venerdì, per avere più recupero. Poi per una serie di motivi i leader sono venuti meno e l’abbiamo spostata al solito sabato. Come per la Liegi, il fatto di anticiparla al giovedì non è da scartare, ma come ci siamo detti, bisogna vedere che corridori si hanno e la loro esperienza.

Pochi italiani in questi ordini di arrivo, non trovi?

Sono diventate corse in cui performano gli scalatori. C’è meno specializzazione di una volta, quando il cacciatore di classiche veniva qui per vincere e poi puntava alle tappe. Oggi trovi davanti quelli che hanno vinto i Baschi o il Catalunya e che poi faranno classifica nei grandi Giri. Sono sempre gli stessi. E se non abbiamo ancora uomini di classifica là, difficile averne vincenti di qua.

Hindley di buon umore, il 2021 è dimenticato. Dice di stare bene e si informa sulla salute di Umbertone
Hindley di buon umore, il 2021 è dimenticato. Dice di stare bene e si informa sulla salute di Umbertone
Voi avete qui Aleotti…

Che è molto adatto per queste corse, anche se per motivi di salute non ci è arrivato come volevamo. Può fare bene, deve amarle e capire come funzionano. Alla Liegi sarà meno libero di come è stato all’Amstel, perché avremo i nostri leader, ma lo stesso cerco di spiegargli quali siano i punti importanti per uno che deve aiutare e per uno che invece fa la corsa. Gli ho detto di memorizzare i passaggi, perché gli tornerà utile. E gli ho detto anche che a me è sempre stato utile registrare le corse e poi riguardarle perché mi permetteva di analizzare gli errori che dall’interno non riuscivo a cogliere.

Ad esempio?

Ad esempio la Freccia del 2012 in cui arrivò secondo Albasini. Avevo preso come riferimento gli 800 metri ed ero in seconda fila a 11” dalla testa. Pensavo di essere abbastanza avanti, invece sono arrivato in cima undicesimo con lo stesso distacco. In quella corsa soprattutto, pensi di essere davanti perché magari vedi i primi, ma non lo sei mai abbastanza. A volte sei troppo indietro e non te ne rendi conto. L’occhio della televisione in questo non sbaglia.

Aleotti è uno dei giovani su cui il team punta molto per queste classiche in futuro
Aleotti è uno dei giovani su cui il team punta molto per queste classiche in futuro
Andare in fuga per Aleotti potrebbe essere un bel modo per memorizzare i passaggi?

Non serve che lo faccia. Piuttosto gli ho detto di tenere gli occhi aperti a partire dalla Cote de Haute Levée, la quint’ultima, dove sicuramente si muoverà qualcosa. Quello potrebbe essere il suo momento.

Ecco, parliamo un attimo del percorso…

Hanno tolto la Cote de Forges dopo la Redoute e questo in teoria renderà il finale meno duro. Di conseguenza, può darsi che la corsa esploda prima come è successo finora in tutte le classiche ad eccezione della Freccia Vallone. La serie di salite che inizia con la Cote de Wanne, poi lo Stockeu, Haute Levée e Rosier è un punto ottimo per fare casino. Poi un po’ di fiato e si va verso Desnié, Redoute e la Roche aux Faucons. Detto questo, io ero un estimatore dell’arrivo di Ans. La Liegi con l’arrivo in città ha cambiato faccia.

Ieri sera è arrivato Sergio Higuita, con Vlasov e Hindley uno dei leader del team tedesco
Ieri sera è arrivato Sergio Higuita, con Vlasov e Hindley uno dei leader del team tedesco
Ogni giorno si alza questo vento strano, pensi che cambierà tempo?

Il meteo, altro fattore caldo. Fino a ieri mettevano pioggia. Oggi danno nuvoloso perché dovrebbe piovere lunedì. Un altro aspetto con cui fare i conti, bisognerà aspettare ancora qualche ora per avere un’idea.

Aleotti sorride: «Sensazioni buone e con Gaspa in ammiraglia…»

04.03.2022
4 min
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Giovanni Aleotti è già in altura. Sembra assurdo, ma ad inizio marzo ha terminato già il primo blocco di gare. «Sono al caldo sole di Sierra Nevada. Anche se siamo a 2.500 metri qui la temperatura di giorno è sui 10 gradi e in basso dove ci alleniamo si arriva anche a 20 gradi», dice il portacolori della Bora-Hansgrohe.

L’emiliano ha iniziato bene la seconda stagione da professionista. Ha corso in Spagna, prima, e in Francia, poi. Gare in cui si è messo a disposizione del team e soprattutto ha cercato di trovare la condizione.

Aleotti (classe 1999) ha un contratto con la Bora Hansgrohe fino a tutto il 2023
Aleotti (classe 1999) ha un contratto con la Bora Hansgrohe fino a tutto il 2023
Giovanni, seconda stagione da pro’: come sono le sensazioni?

Ho iniziato un pelo in ritardo rispetto a quanto previsto a causa del Covid. Purtroppo l’ho preso nel momento sbagliato.

Cioè?

Al termine del ritiro. Mi stavo allenando bene, mancavano le corse per concludere la prima parte di preparazione e invece nulla da fare. Uno stop in piena corsa. E infatti sono arrivato alle gare con zero corse nelle gambe, mentre gli altri già ne avevano qualcuna. Pertanto non sono ancora nella condizione migliore. La prima cosa è stata ritrovare la pedalata giusta.

E quando vorrai essere in forma?

L’obiettivo è di arrivare nella migliore condizione in primavera, per le classiche delle Ardenne e per il Giro d’Italia e infatti prima di questi appuntamenti farò un altro ritiro in altura. Questo attuale durerà quindici giorni, poi scenderò per la Milano-Torino, la Sanremo, la Coppi e Bartali e appunto tornerò quassù per un’altra decina di giorni.

Hai detto che avresti dovuto iniziare prima: dove?

Nelle corse majorchine, ma con il Covid non ho potuto chiaramente. Sono rimasto a Majorca una settimana in più. Da solo in albergo. Fermo. Abbiamo un protocollo da rispettare. Ho ripreso ad allenarmi appena ho ottenuto l’idoneità (il Return to Play, ndr).

Aleotti nel 2021 ha vinto una tappa e la classifica generale del Sibiu Cycling Tour. Eccolo sul podio tra Aru e Schlegel
Aleotti nel 2021 ha vinto una tappa e la classifica generale del Sibiu Cycling Tour. Eccolo sul podio tra Aru e Schlegel
Durante l’arco dell’inverno hai ritoccato un po’ la preparazione rispetto agli altri anni?

No, più o meno è sempre la stessa. Semmai è cambiata la location del ritiro: l’anno scorso sul Lago di Garda, quest’anno a Majorca.

Eppure tanti tuoi colleghi ci hanno detto di aver implementato la parte a secco, la palestra…

Anche io l’ho fatta, ma non di più. E per dirla tutta non mi piace moltissimo e non ne ho incrementato il carico di lavoro. Anche perché a dicembre sei già in ritiro, tra Gran Canaria e quello con il team, e tutto questo tempo poi non c’è.

E sul fronte dei chilometri?

Abbiamo lavorato molto sulla base aerobica. A gennaio ho inserito i primi lavori specifici, ma come ho accennato, al momento di fare il salto di qualità ho preso il Covid che mi ha fermato.

Ma il feeling con il gruppo, con il ritmo dei pro’ è migliorato?

Sì, decisamente meglio! Alla Ruta del Sol io ero alla prima corsa (in realtà aveva esordito alla Paraiso Interior, gara singola, senza però concluderla, ndr) e gli altri avevano più ritmo. Però la cosa buona è che pur soffrendo un po’ mi sono sentito in ripresa. Ogni giorno andavo meglio. E questo mi ha reso ottimista.

Giovanni alla Ruta del Sol ha faticato un bel po’ e ha anche lavorato per la squadra
Giovanni alla Ruta del Sol ha faticato un bel po’ e ha anche lavorato per la squadra
Bora-Hansgrohe un po’ italiana con Enrico Gasparotto in ammiraglia…

Ero con lui alla Ruta del Sol e poi io sono nel suo gruppo di corridori. Ho conosciuto “Gaspa” questo inverno e devo dire che mi trovo davvero bene con lui. La sua esperienza con i ragazzi giovani è un bagaglio importante. Ha l’occhio fresco del corridore.

Parlate la stessa lingua insomma…

Esatto! E’ più vicino a noi corridori in tante cose. Ha corso fino a due anni e fa. L’anno scorso, poi, era ancora in gruppo come regolatore in moto e questo gli ha consentito di vedere ancora altre cose. I consigli che ci dà sono quelli che avrebbe dato due anni fa da corridore.

Giovanni, hai parlato di Ardenne e di Giro: come ci andiamo? Che velleità personali potrai avere?

Al Giro presentiamo un team molto forte con tre capitani: Hindley, Buchmann e Kelderman. Io sarò a loro disposizione e se dovesse esserci l’occasione in qualche tappa di avere più spazio cercherò di coglierla. Poi vi dico: in generale sono molto contento del programma che hanno previsto per me. La prima Sanremo, le prime Ardenne… E poi con Gaspa in ammiraglia che ha vinto due Amstel sarà figo andare a correre lassù! Aggiungerò un bel tassello di esperienza.

Quando Pidcock venne a mangiarsi il Giro d’Italia

04.12.2021
4 min
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Quando Pidcock si pappò il Giro d’Italia degli under 23 nel 2020, alle sue spalle, mangiando polvere e fatica, c’era anche Giovanni Aleotti con la maglia bianconera del Cycling Team Friuli. Sebbene il Giro fosse diventato per lui il miglior ripiego dopo la cancellazione (causa Covid) del Tour de l’Avenir, mai avrebbe immaginato che quell’inglese dallo sguardo un po’ da… matto (in apertura, nella foto Scanferla) li avrebbe presi tutti a sberloni.

«Sapevo chi fosse Pidcock – dice l’emiliano – lo avevo visto di sfuggita negli juniores e nel 2019 al Tour de l’Avenir in cui ero arrivato secondo. Anche lui era davanti in classifica, ma proprio nella tappa di Privas in cui io presi la maglia di leader, fece una bruttissima caduta. Eravamo in una discesa un po’ umida e lui andava davvero forte, poi cadde andando giù di faccia. Lo rividi ai mondiali di Harrogate, in cui arrivò dietro Battistella e Bissegger».

Anche per Aleotti, come per Pidcock, il 2021 è stato il primo anno da pro’
Anche per Aleotti, come per Pidcock, il 2021 è stato il primo anno da pro’

Di nuovo al lavoro

Sono le otto di una sera freddina in Emilia. La mattinata se ne è andata fra mille impegni, per cui Giovanni è riuscito ad allenarsi sul tardi sfruttando le ore calde e ora è appena uscito dalla palestra, avendo iniziato la preparazione col piglio di chi vuole fare subito bene. Non sa ancora quali saranno i suoi programmi per la prossima stagione, così gli chiediamo di commentare le dichiarazioni di Pidcock, intenzionato a fare classifica al Giro d’Italia.

Uno che domina così il Giro degli U23 e poi al primo anno va già così forte può davvero fare classifica al Giro dei grandi?

Nel 2020 andò molto forte, vinse tre tappe. Il mio Giro fu un po’ a rincorrere. Avevamo lavorato per arrivare al top a fine luglio, volendo provare l’assalto all’Avenir, per migliorare il secondo posto dell’anno precedente. Invece all’ultimo lo cancellarono e così mi ritrovai con tre settimane di buco, inventandomi le due vittorie di Extra Giro e cercando il modo per arrivare in condizione al Giro d’Italia. Lui invece era tiratissimo e l’abbiamo visto andare forte anche quest’anno. Ha quasi vinto l’Amstel, ha vinto il Brabante. Di sicuro non parla a vanvera.

Cosa ricordi di Pidcock?

Perse subito dei compagni per una caduta, ma erano rimasti con lui due giovani che ho rivisto anche al Giro del 2021 e sono andati ancora forte. Gli bastava portarlo davanti sulle salite e poi faceva lui. Nelle tappe che ha vinto, si è sempre mosso nel finale.

Se ne stava sempre da solo, raramente lo si è visto legare con il gruppo…

Fra gli under 23 è diverso. Arrivi dall’estero in una corsa piena di corridori e squadre italiane, non conosci nessuno. Tra i professionisti non è così. Dopo un po’ che fai corse a tappe in giro, si creano amicizie trasversali. Negli under l’ambiente è completamente differente.

Impossibile dimenticare il suo dominio sul Mortirolo.

Io quel giorno non avevo gambe ed ebbi la conferma che sulle pendenze estreme non do il meglio. Poi però scendemmo e nella risalita verso Aprica andai anche a riprendere Colleoni che era davanti. Sicuramente il fatto di essere così leggero sul Mortirolo è stato un vantaggio. E poi ricordo che guida la bici davvero bene, sicuramente per via del cross e della mountain bike.

Al primo anno da pro’ ha vinto e stupito: era prevedibile?

Non mi sono meravigliato, non io. In questo ciclismo in cui si vedono dei numeri già nei primi anni, uno come lui ci sta benissimo. Da qui a dire che possa puntare al Giro il passo è lungo, però ad esempio quest’anno Evenepoel è andato molto forte.

Ma a un certo punto anche lui ha pagato…

Sfido, rientrava alle corse dopo quasi un anno e dopo quel brutto incidente. Ha già fatto tanto ad andare come andava. Pidcock dopo le Olimpiadi ha fatto la Vuelta, ma si vedeva che era in calo e comunque la squadra prima di lui aveva Yates e Bernal. Anche per il Giro sarà decisiva la squadra. Ineos ha l’imbarazzo della scelta…