Moscon e Velasco: dalla Zalf all’Astana, ce li racconta Rui

29.11.2021
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Simone Velasco e Gianni Moscon (in apertura, foto Scanferla) si rincontreranno all’Astana nella prossima stagione. I due avevano già corso insieme alla Zalf Euromobil Desirée Fior. Da allora hanno fatto tanta strada e percorso tanti chilometri in gruppo sempre fianco a fianco ma con maglie di colore diverso. Luciano Rui era, ai tempi come ora, il direttore sportivo della Zalf ed ha visto i due ragazzi crescere. Abbiamo così chiesto a chi li ha lanciati nel mondo del professionismo cosa potranno fare una volta ricongiunti nella nuova squadra.

“Ciano” Rui storico diesse della Zalf ha guidato Velasco e Moscon nel 2014 e 2015 (foto Scanferla)
“Ciano” Rui diesse della Zalf ha guidato Velasco e Moscon nel 2014 e 2015 (foto Scanferla)

Tanto amici quanto diversi

«Gianni e Simone – esordisce Luciano, detto “Ciano”, Rui – sono due caratteri completamente differenti. Il primo è timido e serio, un vero montanaro amante della natura e silenzioso. Simone, invece, è il classico uomo di mare: ha un carattere acceso è un vero guascone». Che poi prosegue: «Hanno corso con me (alla Zalf, ndr) per due anni, nelle stagioni 2014 e 2015. Poi Simone è passato professionista con la Bardiani mentre Gianni con la Sky».

Come erano arrivati alla Zalf?

Velasco è arrivato da noi con l’etichetta di ragazzo prodigio e pieno di belle speranze. Mentre Moscon arrivava da una squadra più piccola e si era messo meno in mostra. La sua è stata una crescita più graduale.

Che primo ricordo ha di loro?

Era il primo anno da under 23 e correvamo a Vittorio Veneto. Diluviava, veniva giù davvero forte. Gianni e Simone sono spuntati da soli sul rettilineo d’arrivo e con un gesto molto bello Velasco ha lasciato la vittoria al compagno.

Perché?

Simone quell’anno aveva già vinto mentre quella a Vittorio Veneto è stata la prima vittoria nella categoria per Gianni. Che quella stagione vinse un’altra corsa mica da ridere: il Piccolo Lombardia.

Il secondo successo per Gianni Moscon al suo primo anno da Under 23 è stato al Piccolo Lombardia (foto Scanferla)
Nel 2014 Moscon vinse anche il Piccolo Lombardia (foto Scanferla)
Magari Moscon quest’anno ricambierà il gesto.

I due sono due corridori intelligenti e guardano l’interesse della squadra prima del loro…

E l’anno successivo?

Hanno corso meno insieme, anche perché hanno fatto un calendario differente. Gianni ha corso il Giro delle Fiandre U23 dove ha fatto secondo e il mondiale di Richmond dove è arrivato quarto (dove fece secondo Consonni alle spalle di Ledanois). Velasco ha corso di più in “casa”, ha vinto Coppa della Pace e Ruota d’Oro. Si è piazzato secondo a Poggiana e a Capodarco.

I due quindi anche se diversi vanno d’accordo…

Velasco ha un carattere molto inclusivo, soprattutto quando era più giovane. Sa essere amichevole anche ma rispettando il carattere degli altri, quando erano con me alla Zalf sono sempre andati d’accordo grazie a questa dote di Simone.

L’anno delle risposte

«Arrivano da due squadre diverse – dice Rui – e da anni vissuti in maniera opposta. Moscon viene da una squadra fatta di corridori con la “c” maiuscola ed è riuscito comunque a mettersi in mostra. Simone è alla sua prima esperienza in una squadra World Tour dovrà prendere le misure ed imparare a correre sotto i riflettori. E’ l’anno della raccolta per Gianni e della pesca a strascico per Simone, bisogna raccogliere i frutti del lavoro fatto fin’ora».

Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Simone Velasco, Coppa Cicogna 2015(Foto Scanferla)
Caratteri tanto diversi che li hanno portati nella stessa squadra, scelta giusta?

Penso che l’Astana sia la squadra adatta alle caratteristiche di entrambi. Velasco è un corridore che può andare a caccia di tappe nei grandi Giri e di qualche semi-classica. Gianni sarà il protagonista nelle classiche senza ombra di dubbio e senza il timore di ricevere i classici “ordini di scuderia”.

Moscon ha il carattere da leader?

Già quando correva con noi aveva il carattere giusto, silenzioso ma deciso. Quando prendeva una scelta la portava fino in fondo.

Velasco?

Per lui mi aspetto un anno di transizione dal punto di vista del carattere, correre in gruppo con la stessa casacca di Nibali è oro colato per lui. Sicuramente darà una mano a Vincenzo Nibali nelle corse a tappe ma è un corridore che il “giorno libero” lo sa cogliere.

Che sensazione prova nel rivederli insieme?

Sono contento, vuol dire che come squadra qualcosa di giusto lo facciamo – ci dice ridendo – abbiamo creato dei grandi uomini e corridori che sono il patrimonio del ciclismo italiano.

EDITORIALE / Astana, il segreto si chiama Martinelli

11.10.2021
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Chi lascia la Deceuninck-Quick Step non vince più. Si dice così in gruppo: lo sapete, no? I corridori ti spiegano perché, i maliziosi di professione fingono di crederci. Eppure la squadra belga non è un caso isolato. Anche chi lascia l’Astana smette di vincere, ve ne siete accorti?

Nibali ha vinto l’ultima grande corsa a tappe del 2016 prima di passare al Team Bahrain-Merida, con cui ha vinto un Lombardia e la Sanremo. Passando nel Uae Team Emirates, Aru ha smesso di essere il campione di cui tutti si erano innamorati e lentamente ha finito con lo spegnersi. Diego Rosa, grande gregario che per poco non vinse un Lombardia, si è spento al passaggio nel Team Sky. Landa come lui, appena un poco meglio grazie al Bahrain. L’ultimo caso è quello di Superman Lopez, passato alla Movistar e tornato indietro alla svelta, prima di buttare via altro tempo.

Aru ha vinto in Astana la Vuelta del 2015 e fino al 2017 è cresciuto
Aru ha vinto in Astana la Vuelta del 2015 e fino al 2017 è cresciuto

L’arma segreta

Il segreto c’è, si chiama Giuseppe Martinelli. In fondo, se ci pensate bene, l’Astana è quel che resta della Saeco e di un modo di intendere il ciclismo all’italiana, che farà anche inorridire i manager anglofoni, ma indubbiamente funziona.

“Martino” ci sa fare e nella sua lunga carriera ha vinto grandi Giri con ogni tipo di corridore: dai campioni super celebrati ai giovani da costruire. Con Pantani e Garzelli. Con Cunego e Simoni. Con Contador, Nibali e Aru. Il grande bresciano ha chiaro in testa come si faccia per far sentire il capitano al centro delle operazioni, perché l’ha imparato alla scuola di Luciano Pezzi, a sua volta gregario di Coppi e tecnico Gimondi alla conquista del Tour.

«Pantani è il capitano – disse Luciano alla fine del 1996, presentando la nuova Mercatone Uno – Martinelli è colui che comanda».

Venivamo da trent’anni senza il Tour e Pantani non era uno che accettasse facilmente ordini, eppure da quel nucleo e quell’impostazione arrivarono il Giro e il Tour di Marco e nella scia il Giro di Garzelli.

Non solo per soldi

Vinokourov l’ha capito e ha permesso a Martinelli di costruire la squadra secondo le sue idee, con l’imposizione più o meno invasiva di… aromi kazaki necessari per la sopravvivenza del team. E quando Aru decise di andarsene, “Vino” disse parole profetiche cha ha di recente ripetuto al nostro Filippo Lorenzon.

«Tante volte i corridori vanno dietro ai soldi – ha detto – e questa cosa è importante sì, ma non è tutto. Vale per tutti i corridori, non solo per Fabio, ma bisogna guardare anche dove sei e se ti trovi bene. Noi all’Astana siamo una famiglia per come trattiamo i corridori. E poi è una squadra anche molto italiana con Martino e altri dello staff. I corridori pensano sempre che in altre squadre stanno meglio, ma poi trovano altre realtà. Ci sono tanti che sono andati via che dovevano fare chissà quali cose, penso a Rosa, a Landa… Potevano stare con noi e potevano vincere un grande Giro. Sicuro».

Nibali e Moscon

Perché questo discorso? Perché oltre a Lopez, nell’Astana quest’anno approderanno Nibali di ritorno e Moscon. Abbiamo già detto che non ci sarà da aspettarsi miracoli da Vincenzo, mentre forse Gianni troverà nel giusto ambiente e in Stefano Zanini la sicurezza che nella vecchia casa gli è sempre mancata. La sicurezza di avere attorno persone che lo guardano come un eroe di famiglia: i corridori devi tenerli con i piedi per terra, ma devi anche farli sentire importanti, perché vivono di sfide e autostima.

Nibali vinse l’ultimo Giro nel 2016: qui con Martinelli e Slongo
Nibali vinse l’ultimo Giro nel 2016: qui con Martinelli e Slongo

Sapore di casa

Zanini, un guerriero. Borselli che guida il pullman e senza saperlo è uno psicologo. Inselvini e i suoi massaggi da vecchio filosofo. Mazzoleni e il suo staff di allenatori. Erica Lombardi alla nutrizione. Tosello e gli altri meccanici. Andare alle corse sarà ogni volta come tornare a casa. E su tutti vigilerà lo sguardo burbero e impagabile di Martino, con lo sguardo e la voce che gli trema quando parla del Panta. Che sta sempre un passo indietro. Capace di spendersi per ciascuno dei suoi ragazzi come quando eravamo tutti più giovani e inseguivamo sogni enormi. E forse, proprio guardando a quelle conquiste indimenticabili, Nibali e Moscon potrebbero convincersi ancora una volta che non esistono traguardi impossibili.

P.S. A proposito, lo stesso discorso magari un giorno lo faremo per Davide Bramati. Non tutte le squadre hanno l’ambiente giusto, non tutti i tecnici sono capaci di crearlo e i manager hanno la saggezza di lasciarglielo fare. Non pensiate che per far andar forte i corridori servano solo soldi e segreti. I primi servono, i secondi sono spesso meno misteriosi di quel che si pensa.

Rivoluzione kazaka. Arriva Moscon e… Zanini è già al Nord

09.10.2021
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Un bel colpo di vernice per l’Astana PremierTech in vista dell’anno venturo. Partono corridori importanti e altrettanti ne arrivano. E tra i nuovi innesti ce n’è uno che potrà cambiare non poco parte del Dna del team kazako, da sempre votato alle corse a tappe. E’ Gianni Moscon. Con lui si punterà forte sulle classiche.

E’ vero, Fuglsang ha vinto una Liegi, ma non era uomo puro da classiche. Parliamo di un corridore che puntava anche ai grandi Giri, un corridore che prima del boom della Danimarca faceva anche le crono per la sua Nazione.

Stefano Zanini diesse Astana. E’ lui a guidare l’ammiraglia nelle classiche del Nord
Stefano Zanini diesse Astana. E’ lui a guidare l’ammiraglia nelle classiche del Nord

Moscon leader

E in questo cambiamento c’è uno dei diesse turchese che più di altri risentirà di questo cambiamento. E’ Stefano Zanini.

«Mi fa piacere – dice Zazà – che l’Astana abbia preso un corridore così per l’anno prossimo e quelli a venire. Moscon è un uomo importantissimo per le classiche, da noi sarà un leader. E mi dispiace che non abbia vinto la Roubaix domenica scorsa, ma vorrà dire che potrà farlo l’anno prossimo! A mio avviso se la meritava, ma contro la sfortuna c’è poco da fare.

«Se lo conosco? No, non ancora. Sì ci salutiamo alle corse quando ci incrociamo, ma non di più. Però credo sia un ragazzo che fa le cose per bene, un professionista serio. E in Astana avrà lo spazio per esprimere il suo potenziale».

Moscon all’ultima Roubaix. Dopo sei stagioni alla Ineos (ex Sky), Gianni passa all’Astana: per lui un contratto di due anni
Moscon all’ultima Roubaix. Dopo sei stagioni alla Ineos (ex Sky), Gianni passa all’Astana: per lui un contratto di due anni

Un gruppo per le classiche

Con queste parole Zanini introduce il discorso fiducia. Un discorso che vale per tutti, ma per alcuni corridori ancora di più. E Moscon è un ragazzo, magari anche taciturno, un duro apparentemente, ma quando sente l’appoggio della squadra (e lo disse anche Cioni a suo tempo) rende molto di più.

«Avrà la fiducia certamente – riprende Zanini – è un leader e quando sarà in condizione ne avrà ancora di più e quando non lo sarà potrà aiutare i suoi compagni. A quel punto loro potranno ricambiare dando il 110% per lui. Un campione può portare a casa un qualcosa anche quando non ha una grande gamba. Dai, avrà l’ambiente giusto.

«Io lo vedo bene più per le classiche della “prima parte”, quindi Roubaix, Fiandre… Ma come ho appena detto un campione riesce a fare grandi cose anche in gare che non sono adatte alle sue caratteristiche».

Zanini impegnato in una “vecchia” Roubaix. Lo stile ricorda quello di Moscon visto sopra
Zanini impegnato in una “vecchia” Roubaix. Lo stile ricorda quello di Moscon visto sopra

Zazà gasato

Ma l’arrivo di Moscon è un bel cambio di marcia anche per Zanini stesso. Lui, il “Maciste”, l’uomo tosto da Nord che vince l’Amstel e che non ha paura di freddo e pietre, potrà trasmettere parecchio al trentino. Senza contare che proprio per queste sue caratteristiche e il suo passato da corridore, solitamente spetta a lui guidare l’Astana in quelle corse. E’ stimolante anche per lui affrontare per la prima volta con un corridore così competitivo?

«Molto stimolante! Credetemi, già ci penso. Con la testa sono già là. Però devo dire che un uomo per il Nord ce lo abbiamo già avuto: Davide Ballerini, ma era alla prima esperienza e se sei al primo anno puoi essere forte fin che vuoi, ma non improvvisi niente».

Ma Gianni non sarà solo. Per vincere avrà bisogno di una squadra che lo potrà supportare.

«Un gruppo di lavoro preciso ancora non c’è chiaramente. Adesso vedremo con Martinelli e gli altri diesse. Perdiamo gente come Aranburu (quest’anno cresciuto moltissimo, ndr), Luis Leon Sanchez (e Zazà aggiunge un “porca miseria”!, ndr), gli Izaguirre. Però abbiamo un giovane interessante che è Fedorov. E’ al primo anno, ha poca esperienza ma sembra portato per quelle classiche. E c’è anche Gruzdev: un bel toro… quando vuole. E devo dire che Lutsenko stesso ha già fatto delle buone gare sul pavé». 

Cambio di bici fatale. Moscon si è trovato con gomme “diverse”

04.10.2021
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Ancora sulla Roubaix, ancora sulla prova coraggiosa e potente di Gianni Moscon. Il trentino stava volando verso il traguardo quando una foratura prima e una caduta poi gli hanno tarpato definitivamente le ali. Avrebbe vinto? Ci siamo posti ieri questo quesito. Per come stava andando e visto anche che Van der Poel, il maggior motore degli inseguitori, non era riuscito a fare la selezione probabilmente sì. In fin dei conti Gianni teneva alla grande nei tratti di asfalto e a volte guadagnava su quelli in pavè. Guadagnava, almeno fino al cambio di bici. Perché da quel momento le cose non sono andate più come prima.

In Ineos hanno potuto provare per la prima volta il pavé della Roubaix con la F Disc solo pochi giorni prima (e con l’asciutto)
In Ineos hanno potuto provare per la prima volta il pavé della Roubaix con la F Disc solo pochi giorni prima (e con l’asciutto)

Cambio bici fatale

Da quando ha inforcato la Pinarello Dogma F Disc “fresca di ammiraglia” Moscon non ha più guidato come aveva fatto fino al settore precedente. E si è visto appena è entrato sul pavè: un grande sobbalzo, tante scodate e in generale un atteggiamento più rigido. La nostra idea, cioè che molto fosse dipeso dalle gomme, trova riscontro nelle parole di Matteo Cornacchione, uno dei meccanici della Ineos-Grenadiers.

«Le due bici, quella che Gianni stava usando e quella sull’ammiraglia sono identiche – spiega Cornacchione – Nelle misure, nel montaggio e anche nelle gomme. Solo che quella di Gianni macinava chilometri e fango da un bel po’ e il feeling potrebbe essere stato diverso. In teoria la bici nuova sarebbe dovuta andare meglio in quanto era più pulita e la catena era ben lubrificata, ma qualcosa è cambiato nella pressione delle gomme».

Pressioni “apparentemente” uguali

Ed è proprio su questo aspetto che vogliamo insistere. Si sa che con tutti quei sobbalzi la pressione diminuisce col passare dei chilometri. Di conseguenza cambia la sensibilità del “pilota”. Anni fa nelle ricognizioni con Pozzato e il meccanico Enrico Pengo, vedevamo che individuavano una pressione e poi aggiungevano mezza atmosfera, proprio in previsione del calo.

«Non posso parlare di pressioni – dice apertamente Cornacchione – è una politica di squadra, ci tengono molto, tuttavia le gomme sporche in qualche modo si erano adattate al terreno».

E questa cosa è vera: per una questione di umidità, di consumo, di “posizione” dello sporco sul battistrada. E’ qualcosa che in Mtb avviene molto spesso.

«E anche Gianni – riprende il meccanico – si è adattato a quelle gomme e a quella guida. Lui magari è partito con 5 atmosfere e in quel momento, verso fine gara magari era sceso a 4,4. Una perdita, graduale, di 0,6-0,7 atmosfere. Una perdita normale a 20 chilometri o poco più dal termine. Mentre la pressione delle gomme sulla bici nuova era a 5 atmosfere come da programma, come in partenza. Quella non aveva subito le stesse sollecitazioni. Si dovrebbe farle scendere un po’, ma non è facile in corsa… Inoltre bisogna pensare che nel primo tratto (90 chilometri, ndr), la Roubaix è veloce, non prevede pavè e i corridori non vogliono scendere troppo con le pressioni, sprecherebbero troppe energie».

La tubeless Gran Prix 5000 S Tr è una delle ultime gomme entrate in gamma in Continental
La tubeless Gran Prix 5000 S Tr è una delle ultime gomme entrate in gamma in Continental

Prima Roubaix col tubeless

Ma che gomme e ruote aveva Moscon? Quanto le ha provate?

«Gianni ha utilizzato dei tubeless Continental da 30 millimetri e ruote Princeton Disk 50-55 (profilo ad onda che tra l’altro non risulta ancora nel sito del brand americano, ndr). I ragazzi avevano fatto dei test in precedenza, ma con dei tubolari, mentre il cambio radicale dei materiali, legato al passaggio al freno a disco, è avvenuto più tardi. L’anno scorso avevano i tubolari, quest’anno appunto con il passaggio al disco si è visto che il tubeless era meglio».

«Chi doveva fare la Roubaix o comunque certe gare in cui si sarebbe utilizzata la nuova bici con il disco, ha ricevuto la Dogma Disc già a casa. Alcuni di questi atleti hanno provato gli “assetti Roubaix” già all’Eurométropole Tour o al Gp Denain (gare che comunque Moscon non ha disputato, ndr). Certo, avere più esperienza con i materiali è meglio, ma viste le condizioni è stato difficile per tutti. I belgi sono avvantaggiati perché vivendo lì fanno i test ogni giorno praticamente. Sanno cosa va e cosa no».

Infine una domanda sul rake della forcella, che a volte si cambia proprio per la Roubaix preferendone una più “aperta”. «No – conclude Cornacchione – Gianni ha mantenuto quella con rake da 43 millimetri mentre Van Baarle aveva quella da 47. Tante volte è anche una questione di testa e se i corridori si trovano bene con un certo materiale preferiscono non cambiare».

Moscon ce l’avrebbe fatta? Difficile da dire, facile da sognare

03.10.2021
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Scordatevi di riconoscerli dalla faccia, sono come pietre dalle mani di pietra che solcano strade di pietra per raggiungere una pista levigata e lunga che potrebbe consegnare loro la gloria. Una fatica di sei ore per ricevere in cambio un sasso, ma loro sanno benissimo che quella pietra spigolosa è il graal di un certo modo di intendere il ciclismo. Anche Moscon la vede così ed è talmente sicuro di poter portare avanti la sua fatica, da non aver fatto i conti con il dannato destino.

«E’ una delle corse più belle al mondo – dice – ho provato da lontano, ma ho avuto un po’ di cattiva sorte. Era davvero una situazione spettacolare, ho giocato le mie carte. Per fortuna ha vinto ugualmente un italiano, il Paese sarà contento».

Non tutti i tratti di pavé erano infangati, ma nel finale è stato tremendo
Non tutti i tratti di pavé erano infangati, ma nel finale è stato tremendo

Il mito Boonen

L’attacco da lontano. Quando era poco più di un ragazzino, capitò di parlare con lui della Roubaix e capimmo subito che alla corsa più crudele e anacronistica lo legasse un filo neppure troppo sottile. Del resto la seconda volta che ci mise sopra le ruote, tornò a casa con un quinto posto e anche allora cadde. 

«Ho in mente il Boonen – diceva Moscon – che se ne va a vincere attaccando a 60 chilometri dall’arrivo. A casa mia la Roubaix è sempre stata il pomeriggio di una domenica di primavera, un rito da vivere sul divano, senza perdersi nemmeno una pedalata».

Chi questa volta era sul divano e cercava di non perdersi neppure una sua pedalata, di colpo ha dovuto soffocare un’imprecazione, vedendo la sua ruota posteriore sgonfiarsi inesorabilmente, quando aveva più di un minuto di vantaggio a 30 chilometri dall’arrivo.

Luke Rowe era una delle carte della Ineos Grenadiers, ma è finito a oltre 20 minuti
Luke Rowe era una delle carte della Ineos Grenadiers, ma è finito a oltre 20 minuti

Bici con ruote diverse

Gianni maledice la cattiva sorte e salta su una bici pulita. La sensazione di alcuni, vedendolo ripartire, è subito di qualcosa che non vada. Che siano le ruote con il profilo più basso o chissà cos’altro. Sta di fatto che il trentino del team Ineos Grenadiers perde 25 secondi e riparte avendone ancora abbastanza per tenerli indietro. Anche se dalle retrovie gli dicono via radio che stanno arrivando Van der Poel e Colbrelli. Ma Gianni sa accelerare sul pavé e proprio nei tratti più brutti ha costruito il suo vantaggio.

Invece in effetti qualcosa non va. E in un tratto scivoloso come tanti, finisce disteso sulla destra della strada, con due ammiraglie ferme dietro e anche una moto messa di traverso. Riparte. Cerca di tenerli indietro. Lo prendono. Fa lui l’andatura, ma ha due sobbalzi insoliti. Qualcosa non va. Lo lasciano lì, ma ha ancora gambe per difendere il quarto posto dal ritorno di Van Aert.

«In certi momenti – dice – con la fatica se ne va anche la lucidità. Quando sei al limite, capita anche di commettere qualche errore e così sono scivolato. Non so che cosa sarebbe cambiato senza foratura e senza caduta, non so nemmeno quanto ho perso. Non ha senso fare certi discorsi. Ora ho solo bisogno di riposare. Farò forse il Giro di Lombardia e poi potrò finalmente pensare alla prossima stagione».

Moscon, una maschera di fango. Ha resistito da solo fino al 4° posto
Moscon, una maschera di fango. Ha resistito da solo fino al 4° posto

Knaven non ci sta

Chi appare decisamente meno conciliante con la cattiva sorte è il direttore sportivo Servais Knaven, l’uomo del pavé che la Roubaix la vinse nel 2001 e con il trentino ha sempre avuto un ottimo rapporto.

«E’ stato frustrante – dice – siamo stati in gara tutto il giorno e sembrava che Gianni avesse davvero buone possibilità di vincere. Prima la foratura, ma pensi che vada bene. Ha perso circa 30 secondi. Invece la caduta ci è costata più tempo. Ha avuto anche un impatto sul suo corpo ed è passato da circa 45 a 10 secondi. Penso che Gianni fosse probabilmente il ragazzo più forte in gara. Difficile dirlo, ma avrebbe meritato la vittoria. Sono le corse, tutto può succedere. Ognuno ha la sua storia. Ma è un vero peccato, era così vicino…».

Moscon nel guado, tra l’azzurro e la nuova squadra

11.08.2021
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Il Tour de Pologne è la gara ideale per capire quale sia la tua condizione. Il livello qualitativo è buono, le frazioni sono lunghe, ben distribuite e adatte per ogni tipo di corridore. Manca il cosiddetto “tappone” ma ai protagonisti interessa relativamente perché a questo punto della stagione si fa fatica o si fa la differenza anche con poco. Uno dei partecipanti che era venuto in Polonia con qualche obiettivo di tappa in vista dei prossimi impegni, anche con la maglia azzurra, è Gianni Moscon. 

Gianni partiamo dalla prova olimpica di Tokyo. Com’è andata in generale?

L’Olimpiade lo sappiamo com’è andata. Ho chiuso ventesimo, non ho avuto la giornata migliore della mia vita ma non stavo neanche male. Ovviamente quelli che arrivano dal Tour de France avevano una marcia in più. Ero col gruppo di Bettiol prima di staccarmi, ho scollinato a 40” dal suo gruppo, che era la testa della corsa poi non siamo più riusciti a rientrare. E’ andata così.

A Tokyo ha aiutato Bettiol ed è praticamente arrivato con lui, appena 2″ dopo
A Tokyo ha aiutato Bettiol ed è praticamente arrivato con lui, appena 2″ dopo
Poi Clasica di San Sebastian e ora il Tour de Pologne.

Sì, sono ritornato in gara in Spagna (chiudendo al nono posto, ndr) ma prima di venire in Polonia sono stato malato per tre giorni, ho avuto la febbre. Poi qui alla prima tappa sono caduto a due chilometri dall’arrivo e sono qui tutto ammaccato (la gamba destra è incerottata e con una rete per tenere le garze, ndr). Cerco di finire la settimana, magari mi riprendo e qualche tappa buona la posso fare ma ieri (10 agosto, ndr) stavo male. Ho sofferto, ovviamente la botta è stata importante però voglio recuperare e tornare con qualcosa di positivo da questa settimana

Nel tuo calendario dovrebbero esserci anche Europei e Mondiali. Iniziamo dalla rassegna continentale che sono nella tua Trento. Li farai?

Non so se li correrò, non sono io a decidere, dipenderà da chi ci sarà a guidare la nazionale. Comunque avevo già dato la mia disponibilità a Davide (Cassani, ndr) e ne avevo parlato con lui. Sicuramente mi piacerebbe farli, a maggior ragione essendo in Trentino.

Che tipo di percorso è? Adatto ad un corridore alla Moscon?

E’ un circuito impegnativo, anche se non è durissimo. Sarà una corsa aperta, però per me uscirà una corsa selettiva. Ed adatta a chi ha caratteristiche come le mie o come quelle di Trentin, comunque per corridori di fondo e non necessariamente scalatori puri.

E a Lugano ha ottenuto finalmente la vittoria (che mancava dalla tappa di Naturno al Tour of the Alps) su Valerio Conti
E a Lugano ha ottenuto finalmente la vittoria (che mancava dalla tappa di Naturno al Tour of the Alps) su Valerio Conti
E invece della gara iridata? 

Non ho ancora visto il percorso, però sulla carta sembra più duro, soprattutto per il maggior chilometraggio (179,2 chilometri degli Europei contro i 267 del Mondiale, ndr). Però di corse prima ce ne sono tante per me e vale il discorso fatto prima, vedere se sarò tra i papabili.

Il tuo programma per il finale di stagione?

Farò il Benelux Tour (dal 30 agosto al 5 settembre, ndr), Parigi-Roubaix, il Lombardia e le gare in Italia. La stagione in realtà è ancora lunga.

Quest’anno hai conquistato tre vittorie, sei stato bene ma anche frenato da qualche acciacco. Finora che voto daresti alla tua annata?

Penso che un 8 me lo possa dare, sono abbastanza soddisfatto.

Chiudendo, sei in scadenza di contratto con la Ineos-Grenadiers. Si vocifera di un passaggio alla Deceuninck ma anche ad altre formazioni WorldTour. Puoi sbilanciarti e dirci quanto c’è di vero?

E’ difficile, non so nemmeno io cosa dire (ride, ndr). Vedremo nelle prossime settimane se si deciderà qualcosa.

Al Giro grande spalla per Bernal: qui nella tappa di Montalcino
Al Giro grande spalla per Bernal: qui nella tappa di Montalcino
Allora rilanciamo: è tutto legato in base ai risultati che farai da qui a fine anno? O tutto è già deciso?

No, sappiamo tutti quello che posso fare. Non è che cambi molto un risultato fatto adesso.

Quindi di contatti con altre squadre ne hai già avuti?

Assolutamente sì, però ve l’ho detto, è ancora tutto da decidere. Sia da parte mia, sia da parte della mia attuale squadra, sia delle altre eventuali.

Cassani, cinque nomi: le ragioni delle scelte

01.07.2021
5 min
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Davide Cassani l’idea dei nomi da dare se l’era fatta al Giro d’Italia. E se un nodo restava da sciogliere era legato al nome di Vincenzo Nibali. Ma sono state le parole del siciliano, le sue sensazioni e le prestazioni in crescendo fra il campionato italiano e le prime tappe del Tour a spazzare via gli ultimi dubbi. A quel punto, pur potendo aspettare fino al 5 luglio, Cassani ha preferito dare un nome alle sue scelte, per consentire agli atleti di lavorare nel modo giusto. Spazzando via l’ultima incertezza e impostando al meglio i 30 giorni che li dividevano dalla gara olimpica.

Nibali si è conquistato il posto soffrendo al Giro e costruendo la condizione per le settimane successive
Nibali si è conquistato il posto soffrendo al Giro e costruendo la condizione per le settimane successive
Ma non è stato facile, giusto?

Alla fine certe scelte sono da mal di testa, trovarne cinque è sempre complicato, perché si tratta di lasciare a casa qualcuno che poteva meritare. I cinque hanno dimostrato di stare bene e a Nibali ho lasciato la porta aperta. Ha dimostrato di volerlo a tutti i costi, si è impegnato come non mai. E alla fine mi sono basato sulla fiducia nel corridore e la sensazione che sarà una presenza utile. Mi dispiace invece per Ulissi, Formolo, Masnada e Cattaneo, ma ripeto cinque sono proprio pochi.

Perché a un certo punto è venuta fuori un’intervista in cui sembrava avresti lasciato a casa Vincenzo?

Lo vorrei sapere anche io da dove è venuta fuori. Mi sembra di sognare. Ho detto che Nibali va a Tokyo, se se lo merita. Anche a lui ho sempre detto così, sapendo che mancava un mese ancora. Non ho capito il perché di quell’intervista, ma sono sereno. E lo conferma il fatto che anche Vincenzo non ha detto nulla.

Caruso c’era già a Rio 2016, ma dopo il suo Giro straordinario ha strappato il biglietto per il Giappone
Caruso c’era già a Rio 2016, ma dopo il suo Giro straordinario ha strappato il biglietto per il Giappone
Perché Nibali a Tokyo?

Non voglio portare non un cognome o un corridore per riconoscenza, ma perché sarà utile alla causa azzurra. Gli ho detto che era normale non andare forte al Giro dopo quelle due cadute. E se anche non sarà lì per vincere, avrà la possibilità di parlare e di dare le sue indicazioni. Credo di aver messo insieme una squadra che funziona. Mi sarebbe piaciuto aspettare di più, ma ho preferito dare prima i nomi per quello che dicevamo prima. Per dargli il tempo di prepararsi sereni.

Immagini mai il film della corsa?

Tutti i giorni e ogni giorno penso a come gestire le varie situazioni. Abbiamo una squadra diversa da quella di Rio, dove c’era un solo capitano e anche per questo ho fatto le mie scelte. Ora dovremo decidere come correre. Gli avversari arriveranno dal Tour e non solo. I colombiani saranno forti, i belgi, gli sloveni, gli spagnoli. Se a Rio eravamo tra i favoriti, a Tokyo non lo saremo. Per cui dovremo essere anche capace di interpretare le situazioni con ragazzi che a modo loro potranno essere risolutivi.

Voleva una tappa al Giro e Bettiol ha così lanciato un segnale a Cassani: Bettiol fra le prime scelte
Voleva una tappa al Giro e Bettiol ha così lanciato un segnale a Cassani: Bettiol fra le prime scelte
Credi che la ruggine fra Nibali e Ciccone sia superata?

Non ne ho dubbi. Sono due ragazzi intelligenti e quando si indossa la maglia azzurra, le difficoltà si spianano tutte.

Moscon ha fatto un bel Giro, ma di base ha lavorato…

Gianni sa fare tutto. Sa aiutare, è veloce e con la maglia azzurra si è sempre superato. Ho sempre avuto tanta fiducia in lui e so che si sta preparando benissimo. Sta crescendo, è cresciuto. A Lugano non aveva gli avversari del Tour, ma ha vinto. Abbiamo un rapporto particolare di fiducia reciproca e sono sicuro che a Tokyo avrò il Moscon vecchia maniera.

Moscon è uno di quelli su cui il cittì conta: «Lo conosco bene»
Moscon è uno di quelli su cui il cittì conta: «Lo conosco bene»
Quando si parte?

Il 17 luglio. Saremo fuori Tokyo, speriamo che le misure restrittive siano un po’ meno estreme. Decideremo i percorsi di allenamento il giorno prima, li comunicheremo e potremo andare. Ma del resto non staremo là tanto tempo. Arriveremo, faremo due allenamenti sul percorso e poi sarà tempo di correre. Piuttosto, siete ancora a Livigno?

Ciccone ha mostrato al Giro una grande condizione. E’ veloce e scaltro: un’arma importante
Ciccone ha mostrato al Giro una grande condizione. E’ veloce e scaltro: un’arma importante
Sì Davide, che bel fresco…

Allora ho da chiedervi una cosa: ieri ha piovuto?

Al mattino c’era il sole, ma verso l’ora di pranzo è venuto giù il mondo. Perché?

Allora ho capito. Ho sentito Ciccone e alle sei e mezza era ancora in bici. Doveva fare sei ore ed è uscito quando ha smesso di piovere. Sono in contatto con tutti. Speriamo per Vincenzo che al Tour si diano una calmata. E poi sono convinto che andremo a fare un bel lavoro.

Editoriale / Perché niente Liegi per Moscon?

26.04.2021
2 min
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Gianni Moscon non è partito infine per la Liegi, come era nei programmi annunciati durante il Tour of the Alps, perché la scelta del team Ineos Grenadiers è stata mantenere in Belgio il gruppo che aveva già corso l’Amstel Gold Race e la Freccia Vallone.

Golas per Pidcock

Il discorso avrebbe avuto una logica inattaccabile se quel gruppo fosse rimasto identico, ma così non è stato. Infatti, dopo la caduta di Pidcock alla Freccia Vallone, lo squadrone britannico ha ritenuto meglio inserire Golas, sostituendo il potenziale vincitore con un gregario che aveva corso l’Amstel e non la Freccia, piuttosto che concedere una possibilità al trentino, che proprio nella corsa di casa aveva vinto due tappe.

Il forcing della Ineos sulla Redoute ha lanciato Carapaz
Il forcing della Ineos sulla Redoute ha lanciato Carapaz

Insolita scelta

A questo punto la riflessione riguarda la stessa permanenza di Moscon (in scadenza di contratto) nel team se, come sembra, la sua presenza al Tour of the Alps è stata quasi imposta da Tosatto. E’ evidente che la Liegi abbia un diverso peso specifico rispetto alle due tappe vinte da Moscon, è anche evidente che ragioniamo forse più da tifosi, ma è altrettanto vero che né Carapaz né Kwiatkowski dessero grandi garanzie di poter vincere in Belgio. Perché non portare Moscon?

Redoute di fuoco

Dal Trentino sono volati a Liegi Pozzovivo, Fabbro e pure Quintana: corridori che certo andavano molto meno di Moscon. E la Ineos, che ha fatto fuoco e fiamme sulla Redoute, si è ritrovata con Carapaz ripreso e poi espulso per posizione pericolosa in sella mentre era in fuga e Kwiatkowski undicesimo, senza aver mai dato la sensazione di poter lottare per un risultato migliore.

Tour of the Alps 2021, così Gianni Moscon a Innsbruck nella 1ª tappa
Tour of the Alps 2021, così Moscon a Innsbruck

Che cosa avrebbe potuto fare Moscon a Liegi? A detta di Garzelli, sarebbe stato un ottimo aiuto per il team, portando via magari una fuga per tenere coperti gli altri leader. Ora Gianni correrà al Giro d’Italia, sperando che il buon momento prosegua. Quanto al suo futuro e al futuro dei talenti italiani, l’ultimo passaggio rende evidente a cosa servirebbe un team italiano nel WorldTour. Secondo voi il tecnico italiano di una squadra italiana avrebbe mai lasciato fuori questo Moscon dalla Liegi?

Bis di Moscon, Fabbro cresce e la Doyenne strizza l’occhio

21.04.2021
5 min
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Sivakov entra zoppicando attraverso la porta di ferro oltre la quale tutta la carovana del Tour of the Alps sta facendo il tampone. Sono passati praticamente tutti, rimanevano soltanto lui e Moscon. Gianni è appena uscito con il sorriso del vincitore e si è fermato subito fuori per fare due parole sulla Doyenne, la Liegi-Bastogne-Liegi. Il russo ha fatto appena in tempo a congratularsi, poi vedendolo scendere dalla bici si è capito il dolore. La caduta nella discesa di Frinig lo ha colpito duramente, anche se sarebbe potuta andare peggio. C’è ora da chiedersi se un buon massaggio e una notte di sonno lo rimetteranno nelle condizioni per giocarsi domani la tappa più impegnativa. Quando entra nel locale, ci concentriamo sul vincitore.

In fuga insieme, De Marchi e Fabbro: friulani entrambi di scuola CT Friuli
In fuga insieme, De Marchi e Fabbro: entrambi della scuola CT Friuli

«A Innsbruck ho ritrovato il feeling con la vittoria – dice Gianni – sarebbe sembrato impossibile fino a qualche mese fa. E’ bello accorgersi di come tutto giri bene quando si innesca il meccanismo vincente. E’ il momento di cogliere il massimo, restando con i piedi per terra. A forza di rincorrere il salto di qualità si è visto come è andato a finire negli ultimi anni. Se hai qualità, vengono fuori da sole. Basta assecondarle».

Un fatto di istinto

Anche questa volta sul traguardo si è fermato ad aspettare i compagni, al termine di una tappa che ha scavato solchi profondi nella classifica e nelle gambe.

«Era una tappa che si prestava alle fughe da lontano – dice – con la certezza che soltanto dei buoni corridori avrebbero potuto prendere il largo. La salita dura in partenza non permetteva altre soluzioni. Si poteva attaccare subito o restare coperti e provarci in finale. Poi è chiaro che in gara segui l’istinto. Abbiamo fatto la prima salita a ritmo molto alto, mi sono inserito nella fuga ed è andata bene. Quando poi ho sentito che il gruppo rinveniva, ho visto sull’ultima salita l’occasione per fare la differenza e ho iniziato il forcing».

Freddezza Fabbro

Alla sua ruota si è portato Fabbro e la sensazione è stata che avendo carta bianca, il friulano avrebbe potuto tentare l’allungo o di dargli il cambio. Quando lo abbiamo raggiunto dopo il traguardo, sorridente e di ottimo umore, Matteo ha spiegato che in quel momento la tentazione era proprio quella di andare via.

«Esatto – ha sorriso – mi è venuto in mente di partire secco, poi ho pensato che da dietro stava risalendo Grosschartner, che mancavano tanti chilometri e che comunque Moscon era più veloce. Per cui siamo contenti di come sia andata e c’è mancato poco che Felix riuscisse a passare Gianni. La condizione è in crescita e abbiamo davanti giorni per riprovarci».

Sull’ultima salita l’affondo decisivo di Moscon, Fabbro a ruota
Sull’ultima salita l’affondo decisivo di Moscon, Fabbro a ruota

Professor Pozzovivo

Questo posto è una miniera di incontri, passano tutti i corridori. Tra Pozzovivo e Puccio si svolge un simpatico siparietto, parlando di tamponi, in cui il puntiglioso lucano mette gustamente a posto le cose. «Non esistono falsi positivi – sta dicendo – se il tampone è stato positivo, anche se per poco, vuol dire che il virus c’è. Semmai ci può essere un falso negativo. Si sentono sempre queste cose, ogni tanto ho l’esigenza di fare qualche precisazione».

Domenico è di quelli che sabato voleranno in Belgio. E proprio al riguardo, osservando Moscon e la sua gamba stellare, viene il pensiero che potrebbe essere lui l’italiano per la Doyenne.

Seconda vittoria in tre giorni per Moscon: feeling ritrovato. Domenica la Doyenne, la Liegi
Seconda vittoria in tre giorni per Moscon: feeling ritrovato

Suggestione Liegi

«Sicuramente la Liegi è una corsa bellissima – dice Gianni – ma si è visto all’Amstel che la Ineos Grenadiers avrà uno squadrone. Quindi per ora penso a finire questo blocco di lavoro, poi andrò alla Doyenne come minimo per essere di aiuto alla squadra. In corse come quella, partono in 180 e tutti vorrebbero vincere, ma solo uno ci riesce. Adesso pensiamo a domani. Avremo salite lunghe con pendenze importanti. Tanti vorranno andare in fuga e si andrà subito a tutta. E noi dovremo capire come sta Pavel, prima di poter impostare qualsiasi tattica».

E Sivakov infatti passa proprio in questo momento. Solleva a stento la gamba, sale sulla bici e conferma con le parole le smorfie del volto. Stasera il brindisi sarà più sobrio di quello di Innsbruck. La montagna invita alla discrezione e la caduta di un compagno così importante porta sempre un velo di incertezza. La Doyenne in fondo alla settimana strizza però l’occhio…