La zona della sella è la parte più delicata da curare quando si pedala ai massimi livelli e non solo. Avere un posizionamento perfetto aiuta a sprigionare la massima potenza e a non perdere nemmeno un watt. Una volta trovate le misure giuste è importante mantenerle per tutta la durata della gara o dell’allenamento. Anche nel momento di massimo sforzo, quando l’azione diventa stanca e scomposta. Una soluzione la offre Geko: è un pantaloncino con sistema grip brevettato dalla stessa azienda trevigiana.
Il sistema Geko offre un grip perfetto con la sella, aiutando il ciclista a mantenere la posizioneIl sistema Geko offre un grip perfetto con la sella, aiutando il ciclista a mantenere la posizione
Sempre composto
Quello di Geko è un sistema che viene incontro al lavoro del biomeccanico, aiutando il ciclista a non perdere mai la posizione in sella. Non si tratta solo di curare le fasi di massima spinta, ma anche quelle di guida. Il baricentro risulterà più stabile, dando così un maggiore senso di sicurezza quando si affronteranno discese impervie.
«Questo nostro sistema brevettato – afferma Francesco Nardi, inventore del brevetto e titolare del marchio Geko – permette al ciclista di non scivolare sulla sella. Offre un mix tra libertà di movimento e grip. Infatti la nostra tecnologia non costringe il ciclista a rimanere fermo, ma offre grip, che è diverso. Vi faccio un esempio: quando ci si trova nel massimo sforzo si tende a scivolare in punta di sella, grazie alla nostra tecnologia questo non accadrà più.
«Un grande aiuto – continua – ce lo hanno dato due ex professionisti esperti come Stefano Zanatta e Gianni Bugno. Il loro contributo è stato davvero importante per sviluppare le caratteristiche di questo sistema».
E’ applicato direttamente al pantaloncinoE’ applicato direttamente al pantaloncino
Principio e benefici
Come funziona questa tecnologia creata da Geko? Ma soprattutto quali sono i suoi benefici?
«Il principio di funzionamento – racconta ancora Francesco Nardi – è che il tessuto, a base siliconica, non appiccica, ma aumenta il grip. Ci sono dei punti specifici dove la nostra applicazione si attacca alla sella, aumentando l’attrito. I benefici sono diversi: il primo è dare continuità al lavoro del biomeccanico. Poi a livello muscolare l’atleta lavora bene perché non cambia posizione una volta in sella. Ultimo, ma non meno importante, c’è da considerare la maggior sicurezza. Questo sistema porta ad avere una miglior sensazione durante le fasi di guida, visto il maggior grip».
Questi sono i pantaloncini con il sistema GekoQuesti sono i pantaloncini con il sistema Geko
Durata elevata
La caratteristica che sorprende di questa tecnologia, brevettata da Geko, è la durabilità dei materiali. Nonostante l’utilizzo continuo non si andrà mai a perdere la sensazione di grip, anche durante allenamenti molto lunghi o sessioni ad alta intensità. Non sarà necessario sostituire il materiale antiscivolo, ma si potrà contare su un ottimo grip in ogni momento.
Ultima caratteristica del brevetto di Geko riguarda i punti di pressione. Non scivolando mai sulla sella il corpo rimane stabile e lo sono anche i punti di pressione, che non si concentrano mai in un’unica area. In questo modo diminuiscono i sensi di affaticamento e di fastidio.
In questo Tour de France, al di là di chi lotta per la maglia gialla o compete comunque da protagonista, ci sono due figure già storiche per il ciclismo, che hanno vestito a ripetizione la maglia iridata, ma che hanno perso parte dello smalto che avevano. Ci sono molti punti in comune fra Peter Sagane Julian Alaphilippe, dato da un passato fatto di grandi vittorie nelle classiche e nelle edizioni iridate. Il presente li vede un po’ ai margini, anche se lo stanno vivendo in maniera diversa perché anche il futuro si prospetta differente.
Due corridori posti su binari diversi, che Gianni Bugno, altro corridore capace di conquistare due titoli mondiali a distanza di un anno (Sagan a dir la verità ne ha vinti addirittura tre) guarda con la sua lente d’ingrandimento.
Peter Sagan chiuderà a fine stagione, per dedicarsi alla mountain bike, con il sogno delle OlimpiadiPeter Sagan chiuderà a fine stagione, per dedicarsi alla mountain bike, con il sogno delle Olimpiadi
«E’ chiaro che non sono più i campioni di qualche anno fa – inizia Bugno – anche se la gente vedo che li guarda sempre con grande affetto, quando arrivano alla partenza. Questo Tour però lo stanno vivendo in maniera diversa, mi colpisce soprattutto Sagan, che vedo molto al di sotto dei suoi standard. Credo che il fatto di aver già annunciato l’intenzione di smettere a fine anno gli precluda molte possibilità».
Pensi che influisca mentalmente?
Sì, ho come l’impressione che abbia mollato, che non ci creda più. E quando sei tu il primo a non crederci, è difficile che i risultati arrivino. Non so neanche quale sia la sua reale condizione, mi pare sia un po’ a terra moralmente e non abbia la spinta giusta per provarci. Si accorge che in volata non può tenere testa a Philipsen, anche sui percorsi misti che una volta erano il suo forte non emerge, è un po’ alla deriva.
Nonostante gli scarsi risultati, la passione per Sagan non accenna a diminuireNonostante gli scarsi risultati, la passione per Sagan non accenna a diminuire
E’ uno stato che emerge in questo Tour o lo avevi notato già prima?
No, è un po’ tutta la stagione che va così. L’ultima vittoria è stata il titolo nazionale dello scorso anno, sono 12 mesi che non vince. Ogni tanto riesce a cogliere qualche piazzamento e nulla più. Per questo dico che è una questione soprattutto di testa. Ha bisogno di nuovi stimoli.
Poteva averli dal team, in quanto a supporto diverso?
E’ un discorso più personale. Io credo che ormai sia proiettato verso nuove dimensioni, non è un caso se ha detto che vorrebbe riprovare la mountain bike per tentare di andare alle Olimpiadi oppure se sia sempre molto interessato al gravel. Ha bisogno di una nuova dimensione, che in questo ciclismo su strada non trova più.
Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?
Veniamo ad Alaphilippe: stesso discorso?
Il francese non è sicuramente quello dello scorso anno, si vede anche quando prova a entrare nelle fughe, ma nel suo caso ci sono ragionamenti diversi da fare. Non ha dalla sua un team che lo supporta e questo mi dispiace, perché si ci è dimenticati un po’ troppo in fretta di come con i suoi titoli mondiali abbia tenuto su la squadra, di quanto sia stato importante anche come immagine. Il fatto di essere visto dai vertici del team con un po’ di sufficienza lo condiziona. Però…
Continua…
Io guardandolo bene noto che in questo Tour, pur non ottenendo risultati, sta impegnandosi e la sua condizione è in crescendo. Secondo me uscirà dal Tour con una gamba notevole e non dimentichiamo che subito dopo ci sono i mondiali…
Il francese inseguito da Van Aert, una sfida che potrebbe ripetersi al mondiale in agostoIl francese inseguito da Van Aert, una sfida che potrebbe ripetersi al mondiale in agosto
Secondo te il francese può essere un fattore a Glasgow?
Io penso di sì, perché il percorso è abbastanza adatto al suo modo di correre. Io non lo sottovaluterei, potrebbe anche dire la sua in quel contesto, considerando che altri, quelli che stanno lottando nei quartieri alti della classifica, saranno comunque un po’ stanchi, anche mentalmente.
Il suo futuro come lo vedi?
Sarà importante per lui scegliere una giusta squadra per il 2024. Può fare ancora molto, ha solo 31 anni e tutte le qualità per emergere nelle corse a lui più adatte. Anche nel suo caso servono nuovi stimoli, ma può trovarli tranquillamente nel “suo” mondo.
Bugno nel 1998, l’ultimo suo anno chiuso con un’importante vittoria alla VueltaBugno nel 1998, l’ultimo suo anno chiuso con un’importante vittoria alla Vuelta
Le loro storie hanno qualcosa che ti riporta al tuo passato?
Io ho chiuso a 34 anni, ma anche nella mia ultima stagione vinsi, il mio ultimo successo è stato una tappa alla Vuelta. So però che alla fine comincia a mancarti il morale e quando non c’è quello, tutto diventa più difficile. E’ successo anche a me. Molto però dipenderà da quel che vorranno fare, credo che le loro strade andranno diversificandosi sempre più.
MAGENTA – Da oggi le biciclette firmate Gianni Bugno hanno una nuova casa, anzi hanno la loro prima e vera casa. Lo scorso 24 giugno è stato inaugurato a Magenta, comune sul confine tra Lombardia e Piemonte, il BUGIA Store che permetterà a tutti gli appassionati di entrare in contatto con la storia ciclistica di Gianni Bugno e soprattutto poter ammirare le biciclette che portano il suo nome. Per i pochi che ancora non lo sanno il nome BUGIA nasce dall’unione delle iniziali di cognome e nome del campione monzese.
Nei giorni scorsi abbiamo deciso di fare visita al nuovo store per conoscere qualcosa di più della storia del marchio BUGIA. Ad accoglierci abbiamo trovato Alessio Bugno, figlio di Gianni, che da qualche anno cura immagine e impegni del padre e dal 2019 ha dato vita a BUGIA.
Un’adolescenza da ciclista vincente proseguita poi sui campi di calcio. Una passione quella per il pallone che l’ha portato a giocare in Serie C, l’attuale Lega Pro, passando attraverso una breve esperienza in Inghilterra nel Carlisle United. Oggi Alessio ha 33 anni e non ha smesso di calcare i campi di calcio. Da pochi giorni ha firmato per il RG Ticino in serie D, segno di una passione profonda per il calcio che l’ha guidato anche nei suoi studi e nella sua attuale professione.
Oggi opera nel settore dell’assistenza e della consulenza nei confronti di Società e Associazioni sportive, delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo. Una professione in cui ha messo a frutto la sua esperienza ultra decennale di calciatore.
E’ stato il figlio di Gianni Bugno, Alessio, a spiegarci l’idea di questo showroomE’ stato il figlio di Gianni Bugno, Alessio, a spiegarci l’idea di questo showroom
Alessio, partiamo dal nome BUGIA. Qualcuno in passato potrà aver avuto qualcosa da ridire al riguardo …
E’ possibile e quando è stato scelto il nome qualche riflessione al nostro interno l’abbiamo fatta…ma poi sentendo mio padre e conoscendo il suo modo di pensare e di non dare troppo peso alle cose, abbiamo deciso di non cambiarlo.
Quando nasce BUGIA?
Nasce nel 2019 alla vigilia dell’anniversario che celebrava i 30 anni dalla vittoria di mio padre al Giro d’Italia del 1990. Volevo fargli una sorpresa. Abbiamo realizzato complessivamente 90 pezzi, ognuno dei quali unico ed esclusivo con il proprio numero di serie. Uno di questi ci è stato richiesto dalla Chateau d’Ax, la squadra con cui vinse proprio il Giro del 1990. Volevano usarlo per una loro iniziativa.
All’inaugurazione era presente anche lo stesso Gianni BugnoAll’interno dello showroom ci sono i ricordi più importanti della sua carrieraAll’inaugurazione era presente anche lo stesso Gianni BugnoAll’interno dello showroom ci sono i ricordi più importanti della sua carriera
Per quale motivo oggi avete deciso di creare uno showroom?
Fino ad oggi ci siamo mossi attraverso la vendita online. Volevamo però dare a tutti la possibilità di toccare con mano le nostre bici. In questi anni abbiamo allargato la nostra offerta e ci sembrava giusto che le persone potessero vedere dal vivo tutti i modelli BUGIA. Oggi oltre ai modelli corsa, abbiamo a catalogo bici a pedalata assistita, gravel e da passeggio. In occasione dell’inaugurazione dello showroom abbiamo dato a tutti la possibilità di pedalare sulle nostre bici organizzando una pedalata in quelle che sono state per un certo periodo della sua carriera le zone di allenamento di mio padre.
Cosa è oggi BUGIA e cosa vi proponete di ottenere?
Nelle intenzioni di mio padre, che io condivido in pieno, c’è il desiderio di favorire l’uso della bicicletta coinvolgendo più persone possibili. Per noi la bicicletta ha tante sfaccettature: strumento per chi vuole fare agonismo, ma anche semplice mezzo per spostarsi in città o per fare una passeggiata.
Tanti curiosi ed appassionati si sono fermati a guardare i modelli presenti al BUGIA StoreTanti curiosi ed appassionati si sono fermati a guardare i modelli presenti al BUGIA Store
Tra gli ultimi modelli presenti a catalogo ne troviamo due che richiamano due momenti importanti nella carriera di Bugno. Di cosa si tratta?
Volevamo celebrare in maniera importante i trionfi iridati di mio padre. Grazie a Osvaldo Bettoni, suo storico meccanico, siamo entrati in contatto con Cicli Drali Milano. Con loro abbiamo realizzato due biciclette speciali. Noi abbiamo curato la progettazione e il design, Drali la realizzazione. Il risultato sono due modelli corsa, la GB91S e la GB92B, dedicati rispettivamente alla celebrazione dei titoli mondiali su strada vinti da Bugno a Stoccarda nel 1991 e a Benidorm nel 1992.
Con Alessio Bugno ci salutiamo nel momento in cui arrivano due potenziali clienti che, nell’attesa di poter essere ricevuti, osservano attentamente le biciclette esposte scambiandosi delle opinioni in merito. L’idea di creare uno showroom sembra essere stata una scelta azzeccata.
In gruppo non ci sarà più Francesco Villa, che iniziò nel 1992 da meccanico e ha finito da autista. Il suo viaggio fra i campioni, il nostro nei ricordi
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Alla vigilia della Sanremo, Adam Hansen è diventato il nuovo presidente del CPA, raccogliendo il testimone da Gianni Bugno. Australiano di Cairns, 41 anni, Adam vive in Repubbica Ceca ed è stato pro’ dal 2003 al 2020. Suo il record di partecipazione ininterrotta ai grandi Giri: 20 partecipazioni dalla Vuelta 2011 al Giro 2018. Gli abbiamo dato qualche settimana per ambientarsi, poi ci siamo presentati con le nostre domande. Che cosa fa il neo-eletto presidente mondiale dei corridori?
«Ci sono tanti argomenti – sorride Hansen – e soprattutto diversi. Non voglio chiamarli problemi, ma istanze che hanno tutti i corridori e che dobbiamo esaminare nei vari settori. Per cui ad esempio ci sarà un incontro con le donne per capire quali esigenze abbiano e le condizioni in cui lavorano. Si tratterà di discutere con gli organizzatori sulle transenne, la sicurezza e su ciò che gli piacerebbe fare…».
Audrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaioAudrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaio
Tante materie diverse…
Abbiamo avuto un incontro sui dati sensibili dei corridori e chi li controlla, dato che le leggi dell’Unione Europea sono molto diverse dal resto del mondo. Questo aspetto deve essere implementato. E poi dobbiamo fare anche l’Accordo Congiunto, cioè il contratto collettivo tra i corridori e le squadre, che deve essere approvato dall’UCI. Ogni team WorldTour e anche professional deve aderirvi, ma dobbiamo assicurarci che sia scritto molto bene, affinché protegga i corridori ad esempio sul fronte assicurativo. Dobbiamo assicurarci che le condizioni siano tutte in regola per lo svolgimento della professione. Sono davvero argomenti diversi.
Hai parlato di sicurezza: cosa pensi della maxi caduta del Fiandre?
In uno degli ultimi incontri, ironia della sorte, abbiamo parlato di qualcosa del genere prima che la caduta accadesse. Abbiamo detto che vorremmo un sistema di cartellini rossi e gialli, proprio come nel calcio. Se un corridore si comporta in modo inappropriato, riceve un cartellino giallo o rosso a seconda di ciò che ha fatto. Ne abbiamo bisogno per alcuni motivi. E’ normale che i corridori passino sempre sul lato della strada e cerchino di guadagnare terreno. Lungo quella strada c’erano un’area di parcheggio e un sentiero pedonale. Maciejuk ha avuto la sfortuna si trovare erba e acqua e ha perso il controllo della bici. Non era sua intenzione fare questo. Ho potuto vedere la situazione. Non è stato l’unico che lo abbia fatto, ma l’unico che ha pagato per le condizioni di quel tratto di strada.
Ecco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain VictoriousEcco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain Victorious
Come lo gestiresti?
Dovrebbe ricevere uno di questi cartellini, giallo o rosso. Il sistema non deve servire solo a punirlo per le sue azioni. Abbiamo bisogno di qualcosa per cui i corridori siano consapevoli che se fanno qualcosa, verranno puniti, perché attualmente un sistema non c’è. Il senso non è punire lui per proteggere gli altri ciclisti. Però si potrebbe pensare di squalificare il corridore per la successiva gara WorldTour. Se qualcosa del genere fosse messo in atto, allora si penserebbe due volte prima di fare certe azioni.
E’ stato sfortunato o ha esagerato?
Il ciclismo non è come la Formula Uno, in cui il mondo sta fuori dalla pista e i piloti possono fare quello che vogliono. Il ciclismo si corre sulle strade, puoi trovarti un tifoso sulla strada. Il settore di percorso su cui sono passati non era proprio un tratto pulito, era una corsia per il parcheggio. Normalmente sulle strade ci sono due corsie e delle corsie pedonali, ma quel tratto aveva un fondo differente.
In che modo i cartellini eviterebbero una caduta così?
Porterebbero regole più chiare. Si può arrivare a stabilire che si può correre solosulla strada e basta. E se vai fuori strada riceverai un cartellino. Per un incidente come quello del Fiandre, potrebbe essere un rosso. Puoi finire nella corsia del parcheggio perché un’oscillazione del gruppo ti spinge da quella parte: in questo caso non devi essere penalizzato. Se invece lo spostamento è fatto di proposito per trarne vantaggio, allora potrebbe esserci una penalizzazione. Ma prima di ogni cosa, mi piacerebbe chiedere ai corridori cosa ne pensano.
Al Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggiaAl Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggia
In che modo parli con loro?
Questo fine settimana sono stato a tre corse e ho iniziato a distribuire un piccolo sondaggio ai corridori, chiedendo loro di rispondere a una serie di domande. Questa è una di quelle. Inoltre vorrei avere il loro punto di vista, perché sono cose che fanno tutti: lo aveva fatto anche Tim Wellens prima della caduta. Bene, in alcune situazioni non è un problema. Spero però che tutti i ciclisti capiscano che dobbiamo avere un qualche tipo di regola, in modo che non aumentino i comportamenti stupidi. Al momento invece la situazione è che chiunque può fare quello che vuole e nessuno ha paura. Questa volta lo hanno visto tutti in televisione, altre volte nessuno ha visto niente e il responsabile è passato inosservato.
Sapere che ci sono sanzioni a cosa serve?
Se i ciclisti sono consapevoli della possibilità di essere presi, forse le cose cambiano. Oggi non c’è assolutamente alcuna regola, quindi non ci pensano due volte. Lo fanno e basta, vanno davanti a tutti i costi. Però forse se c’è qualche tipo di penalizzazione e ci tengono a correre la prossima gara, forse prima di muoversi aspettano fino a quando la strada diventa più ampia e non corrono il rischio.
Sagan ha detto che lo stress in corsa è aumentato a causa di Velo Viewer e delle tante comunicazioni radio: cosa ne pensi?
E’ davvero una domanda difficile. L’uso delle radio è importante soprattutto per un fatto di sicurezza, per segnalare ad esempio che sta sopraggiungendo un’ambulanza nel senso opposto. Si chiama direttamente radiocorsa e i corridori possono spostarsi. E’ vero però che i direttori sportivi conoscono tutte le situazioni pericolose e ugualmente spingono i corridori a essere nella parte anteriore e questo provoca più stress. Ma succedeva anche quando correvo io, prima di VeloViewer. Le squadre migliori mandavano un’ammiraglia davanti perché avvisasse i corridori dei vari pericoli. Quindi non incolperei VeloViewer per questo, perché il fenomeno è parte di questo sport.
Il tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiroIl tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiro
Lo chiederai al gruppo?
Mi piacerebbe parlarne con loro e vedere cosa ne pensano. Se la maggior parte di loro è davvero contro questo o contro le radio, affrontiamo il problema, perché alla fine io faccio quello che dicono loro. Molto dipende anche dall’uso che si fa di certi dispositivi. Quando ancora correvo, c’erano alcuni corridori che si toglievano la radio, perché volevano solo correre in pace. Invece ce ne sono altri che la portano sempre. Il fatto è che non potrai mai controllare che i team non abusino della radio.
L’aumento della pressione dipende dall’uso sbagliato delle radio o dall’agonismo?
E’ una buona domanda che potrei aggiungere al questionario. Non chiederò più se gli piace avere le radio o non averle, ma vorrei capire se dal loro uso derivi troppa pressione o cosa succede se non ascoltano tutte le chiamate.
Per il tuo nuovo ruolo, farai nella maggior parte delle gare che puoi o come lavorerai?
Così venerdì sono stato ai Paesi Baschi e ho parlato con un po’ di corridori. Alla Milano-Sanremo, sono salito su sei pullman. Purtroppo siamo arrivati un po’ tardi per un problema con gli accrediti, ma sono stato in grado di parlare con tutti i ciclisti delle sei squadre. I corridori si stavano preparando, qualcuno prendeva il caffè, qualcuno metteva in tasca i rifornimenti, altri si vestivano. Non dovevano andare da nessuna parte, così hanno potuto ascoltarmi e io mi sono messo a disposizione. Vuoi parlare? Parliamo.
Al Giro del 2013, Hansen vince la tappa di Pescara: quella in cui Nibali si avvantaggia su WigginsNel 2014, Hansen vince alla Vuelta la tappa di Cangas do MorrazoAl Giro del 2013, Hansen vince la tappa di Pescara: quella in cui Nibali si avvantaggia su WigginsNel 2014, Hansen vince alla Vuelta la tappa di Cangas do Morrazo
Un modo molto pratico di gestire i rapporti.
Voglio essere molto più efficiente nella mia comunicazione quando sono alle gare. Dopo i Baschi sono venuto alla Parigi-Roubaix e ieri ho visto anche la gara delle donne. Vorrei vedere più corridori possibili e per questo girerò. Non serve stare due settimane, perché vedrei sempre gli stessi corridori. Voglio vederne tanti, ma tutti diversi fra loro.
Le parole di Evenepoel al Giro di Catalogna hanno fatto rumore. Subito dopo la conclusione della corsa iberica, vinta da Roglic per un pugno di secondi sul campione del mondo, quest’ultimo aveva gettato il sasso.
«Il rapporto tra me e Roglic da fuori sembra più competitivo di quanto sia in realtà… Certi corridori sanno che per vincere devono collaborare e non farsi dispetti. Quindi, anche se qualche momento di tensione lo abbiamo avuto, penso che abbiamo costruito un certo legame e che al Giro avremo bisogno l’uno dell’altro. Allo sprint ce la giochiamo. In salita penso che ci sia ben poca differenza. Sarà tutto da giocare…».
Possibile che due rivali diretti per la vittoria (nella foto di apertura al Catalunya) possano mettersi d’accordo, oltretutto in un grande Giro? Un conto è la corsa in linea, l’esempio di Van Aert, Van Der Poel e Pogacar alla E3 Saxo Bank Classic è ancora davanti agli occhi di tutti, ma una gara di tre settimane è tutta un’altra cosa, si gioca su equilibri molto diversi. Figurarsi se Coppi e Bartali si mettevano d’accordo per controbattere i campioni stranieri dell’epoca, non lo facevano neanche se militavano nella stessa nazionale… E Gimondi e Ocaña contro Merckx? Bugno e Chiappucci contro Indurain?
I due grandi rivali degli anni Novanta. Un’alleanza fra loro era pura utopia, anche contro IndurainI due grandi rivali degli anni Novanta. Un’alleanza fra loro era pura utopia, anche contro Indurain
Tutto nelle mani dei team
Già, Bugno e Chiappucci. Abbiamo voluto chiamarli direttamente in causa, come spettatori privilegiati per capire se le parole di Evenepoel possono avere un senso compiuto e anche in questo, come si vedrà, i due grandi rivali degli anni Novanta sono su posizioni diverse.
«Io credo che un’alleanza ci possa anche stare – mette le mani avanti Bugno – ma bisogna capire che cosa si intende. Io non parlerei tanto di alleanze, quanto di comuni intenti da parte delle squadre. Per me Roglic ed Evenepoel faranno la loro corsa senza pensare all’altro, potrà però starci che Jumbo-Visma e Soudal-Quick Step possano ritrovarsi affiancate in alcune fasi della corsa, per tenere unito il gruppo».
«Non ci credo molto – ribatte Chiappucci – e il Catalogna lo ha dimostrato. Nella tappa finale ho tanto avuto la sensazione che lo sloveno abbia voluto dare il “contentino” a Evenepoel, d’altro canto in passato era stato più volte accusato di fare l’ingordo (vedi la storia di Mader alla Parigi-Nizza del 2021, ndr). Ma il Catalogna è una corsa ben diversa dal Giro d’Italia, non solo per durata, ma soprattutto per prestigio.
«Parliamoci chiaro – si infervora El Diablo – dovrebbero allearsi contro chi? Se guardo il parco partenti della corsa rosa, si vede subito che i due sono almeno una spanna sopra a tutti gli altri. Chi è il terzo incomodo? E che cosa potrà fare?».
I grandi team potranno allearsi per tenere chiusa la corsa? E’ uno degli interrogativi del GiroI grandi team potranno allearsi per tenere chiusa la corsa? E’ uno degli interrogativi del Giro
L’interesse a controllare la corsa
Bugno però non è di questo avviso: «In un grande Giro devi tenere conto di mille variabili. Ci sono corridori forti al Giro, non al loro livello ma sicuramente in grado di giocarsela, soprattutto se alle spalle hanno formazioni ben attrezzate. E allora un’alleanza fra le due squadre ci può anche essere. Deve però essere chiaro un fatto: non è un’alleanza sancita, non ci sono i corridori che si mettono d’accordo e tanto meno i diesse. E’ un patto non scritto: sia l’iridato che Roglic hanno interesse a controllare la corsa, se a quel punto ci si dà una mano, non c’è niente di strano».
Su questo Chiappucci è parzialmente d’accordo: «Il controllo della corsa ci può anche stare, ma teniamo conto che ci saranno anche frazioni dove il pallino in mano lo avranno i team che puntano alla vittoria di tappa, che pensano alla volata finale. Tutto lavoro in meno per le corazzate che pensano alla classifica».
Vlasov e Almeida, principali candidati al podio. Per Bugno e Chiappucci però non sono da vittoria finaleVlasov e Almeida, principali candidati al podio. Per Bugno e Chiappucci però non sono da vittoria finale
L’assenza della rivalità
Riportiamo indietro l’orologio del tempo: si poteva allora pensare a un’alleanza dei due campioni italiani per mettere in difficoltà Indurain?
«E’ lo stesso discorso che abbiamo fatto per Roglic ed Evenepoel, in questo il ciclismo non è cambiato: io e Claudio non ci siamo mai parlati né tantomeno messi d’accordo in corsa, ognuno faceva i propri interessi, ma poteva capitare che questi interessi potessero coincidere e allora le nostre squadre si ritrovavano a fare le stesse cose. Ripeto: è un patto non scritto, che deriva dall’evoluzione della corsa».
«Tenete poi conto di un fatto – interviene Chiappucci – ai nostri tempi c’era un fattore che è andato via via scomparendo: la rivalità. Oggi sembrano tutti amici, quel fattore è andato sicuramente un po’ perdendosi e anche con esso un po’ di fascino. Non dimentichiamo inoltre che avevamo a che fare con un certo Miguel Indurain: non è che non ci provassimo a metterlo in difficoltà, ma era un gigante vero, nessuno ci riusciva quand’era nel pieno della forma».
Ciccone, principale rivale dei due grandi in Catalogna. Bugno lo vede protagonista al GiroCiccone, principale rivale dei due grandi in Catalogna. Bugno lo vede protagonista al Giro
Chi può creare problemi?
Su un punto i due grandi rivali si trovano completamente d’accordo: sulla carta il Giro è bloccato intorno a questi due nomi. «Io non vedo avversari alla loro altezza – afferma Bugno – almeno per il momento, ma si sa bene che nel ciclismo di oggi ci sono pochissimi nomi in cima e poi tanti buoni corridori. Penso ad esempio che al Giro Ciccone possa fare molto bene, potrebbe anche creare loro qualche problema, ma alla fine quei due sono i netti favoriti. Come lo saranno Vingegaard e Pogacar al Tour, anche in quel caso difficile pensare che qualcuno possa inserirsi».
«Io credo che assisteremo a un duello vero e proprio – taglia corto Chiappucci – non riesco sinceramente a trovare un terzo incomodo. So bene però che il ciclismo è uno sport strano, dove gli inconvenienti possono sempre capitare, come le giornate storte, gli errori. Non dimentichiamo poi che sia Roglic che Evenepoel vengono da sport diversi dal ciclismo. Ecco, se devo trovare un punto in comune è proprio nelle loro origini così… originali».
Ciccone lo tirano per la manica affinché corra per la classifica. Il manager Guercilena è d'accordo, ma la generale sarà conseguenza di tappe ben fatte
M9 ha lavorato per rivoluzionare l’idea dei bibshort da ciclismo, dal loro impegno è nato Geko. Si tratta di un capo nato da un mix di esperienze differenti, con l’obiettivo di migliorare l’esperienza in bici. La rivoluzione nasce dall’applicazione di un brevetto speciale ideato da Francesco Nardi.
Il pantaloncino Geko è progettato per avere un maggiore grip sulla sellaIl pantaloncino Geko è progettato per avere un maggiore grip sulla sella
La posizione biomeccanica
Questo pantaloncino è nato dalla necessità di unire sicurezza, comfort e biomeccanica. Si tratta di un prodotto che permette, durante lo sforzo, di rimanere in posizione ottimale senza scivolare in punta di sella. Consentendo al ciclista di spingere meglio e di più, in maniera non vincolata.
«Siamo stati in grado –spiega Eros Susca, responsabile marketing di M9 – di trovare dei componenti che non sono dei patch adesivi. Ma si tratta di una speciale applicazione che permette, nel momento di sforzo, un maggiore grip con la sella. Molto utile a chi pedala in maniera intensa, in quanto, mantenendo la posizione, la muscolatura lavora più correttamente e di conseguenza si ha un risparmio di energie».
E’ disponibile in due tessuti: Lycra Sport e Lycra bluesignE’ disponibile in due tessuti: Lycra Sport e Lycra bluesign
Stabilità e comfort
Riuscire a massimizzare la pedalata è l’obiettivo principale per chi va in bici. Il pantaloncino Geko è realizzato con due tessuti: Lycra Sport calandrato 220g e Lycra bluesign 240g. Si tratta di una salopette estiva a taglio vivo con applicato a fondo gamba il LaserGrip, per una vestibilità stabile durante tutta la pedalata.
«Quando noi andiamo dal biomeccanico – riprende Susca – veniamo messi in bici nel migliore dei modi. Una volta in sella, però, ci muoviamo a seconda delle sensazioni del momento. Questi pantaloncini aiutano il ciclista a mantenere la posizione ideale, rimanendo stabile e con un maggiore comfort. Il pantaloncino Geko agisce anche in discesa, questo perché si riesce a “sentire” maggiormente la bici e stabilizzare il corpo in fase di frenata».
https://www.youtube.com/watch?v=m1sL2BwXlL8&t=2s
Gli ultimi particolari
Questo prodotto è stato testato anche da Gianni Bugno e Stefano Zanatta, due figure che nel ciclismo hanno lasciato la loro impronta.
«Zanatta, che da due anni lo sta testando, ha avuto modo di provarlo anche durante una cronometro amatoriale – conclude – il feedback che ci ha fornito è stato molto utile. Bugno, uno che ha fatto della stabilità in sella il suo mantra, era infatti famoso per la sua posizione compatta. Anche lui ha notato che questo pantaloncino aiuta molto in questo senso, perché la stabilità è automatica, non sei tu che devi ricercarla».
Una bella novità è che il 4 gennaio, durante un open house presso la sede di Castelfranco Veneto, sarà possibile provare il pantaloncino Geko in un test reale, dove ci saranno anche Gianni Bugno e Stefano Zanatta.
Stefano Zanatta ci ha raccontato l'esordio nella categoria professional del team Eolo-Kometa. Tra lavoro di squadra e risultati importanti è cresciuta la squadra di Basso e Contador
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Il silenzio dell’UCI sul caso Gazprom è assordante. Il presidente Lappartient ha messo la testa sotto la sabbia e ha voltato le spalle a 21 corridori rimasti senza squadra dal primo di marzo. Anzi, i 21 corridori cui quel giorno ha chiuso la squadra.
La vicenda Gazprom resta una ferita aperta, anche se il mondo del ciclismo passa avanti e finge di non accorgersene. Al punto che alcuni corridori, invitati a indossare il braccialetto azzurro con cui l’Accpi e il CPA intendono fare una garbata pressione sull’UCI, hanno declinato l’invito.
Nella conferenza stampa che si è tenuta ieri a Salò, le parole più giuste le ha usate Mauro Vegni, padrone di casa. «Era una questione straordinaria – ha detto il direttore del Giro che in apertura stringe la mano a Canola – è stato sbagliato affrontarla come fosse ordinaria».
Nella tappa di oggi si chiederà ai corridori di indossare il braccialetto WHYNella tappa di oggi si chiederà ai corridori di indossare il braccialetto WHY
No agli scioperi
Bugno ha ripetuto ad oltranza lo stesso concetto: non si tratta di una protesta. E mentre lo diceva ci chiedevamo: perché dopo tre mesi così non dovrebbero protestare?
«I corridori non hanno colpe – ha detto – abbiamo cercato di trovare alleanze e soluzioni, che non sono mai state accettate. Non ci sono molte soluzioni. I braccialetti con cui intendiamo sensibilizzare il gruppo e la stampa servono a capire il perché di questo atteggiamento. Non sono una protesta. Chiediamo che questi ragazzi possano parlare e l’UCI ha il dovere di farlo. Una richiesta che deve arrivare da tutto il gruppo, perché loro ne fanno parte pur essendone stati allontanati. Non è un discorso di soldi, correrebbero anche domattina. Sono stato corridore anche io, so che in questo momento la bici è tutto. Ma gli scioperi non portano a risultati. Ne ho fatti e ho visto come sono finiti (qui però in ballo non c’è una tappa da correre sotto la pioggia, qui si parla di vite umane, ndr). Il nostro scopo è sensibilizzare l’ambiente».
Nelle parole di Bugno la voglia di non creare strappi ed esercitare una pressione costruttiva
Salvato, presidente dell’italiana Accpi, ha riferito della difficoltà del gruppo ad aderire all’uso dei braccialetti
Laura Mora, segretaria generale del CPA, ha ripassato l’iter della vicenda
Nelle parole di Bugno la voglia di non creare strappi ed esercitare una pressione costruttiva
Salvato, presidente dell’italiana Accpi, ha riferito della difficoltà del gruppo ad aderire all’uso dei braccialetti
Laura Mora, segretaria generale del CPA, ha ripassato l’iter della vicenda
Canola al limite
Se stai male, vuoi un dottore che ti curi o uno che ti tenga la mano sulla fronte? La ricerca della soluzione diplomatica in tre mesi non ha prodotto alcun frutto. E se non fosse per la nazionale che ha fatto correre a sprazzi gli italiani, sarebbero fermi da marzo.
Dopo un po’ si nota che Marco Canola al tavolo dei diplomatici ci sta stretto. Forse perché l’ammalato è lui e delle cure palliative ricevute sinora comincia ad averne le tasche piene. Lo tengono a freno, perché l’obiettivo non è protestare, ma distendere.
«Questo braccialetto non aiuterà a risolvere il problema – dice – ma a far capire quello che stiamo passando. Non capisco perché dei colleghi non debbano metterlo, non è un brand, non danneggia il loro sponsor. La situazione è insostenibile. Siamo qui in due (facendo un cenno a Cristian Scaroni, seduto accanto, ndr), gli altri sono a casa col morale a terra e stanno male per la disperazione. Non sanno se potranno continuare, quello che sta accadendo rende vani i sacrifici di una vita. Non è giusto che paghiamo per una colpa non nostra. Vogliamo che l’Uci ci dia risposte, quelle che abbiamo avuto sono state molto vaghe. Abbiamo provato la via diplomatica, senza sortire effetto. Se questi sono i capi del ciclismo, non meritano di governare il nostro bellissimo sport, perché non ne incarnano i valori».
Le bugie di Lappartient
Il silenzio dell’UCI è assordante. Il presidente Lappartient ha messo la testa sotto la sabbia e ha voltato le spalle ai 21 corridori cui il primo marzo ha chiuso la squadra. All’indomani della Liegi, ha organizzato una conferenza online, invitando tutti i professionisti – uomini e donne – tranne quelli della Gazprom. E a Gilbert che ha chiesto loro come mai, ha risposto che li avrebbe chiamati di persona. Non lo ha mai fatto. E’ troppo presto per parlare di dimissioni?
Le richieste erano chiare, le risposte sono state secche e prive della volontà di arrivare a una soluzione.
Non si può alzare il tetto dei 31 corridori, perché siamo al primo anno delle retrocessioni e promozioni. Perciò, se una squadra si mettesse al riparo dalla discesa o conquistasse la salita al WorldTour grazie a corridori presi durante l’anno, si potrebbe creare il presupposto per un ricorso. Non sarebbe sufficiente stabilire che i corridori ex-Gazprom ingaggiati non portano punti alla squadra? Nessuna risposta.
In Italia c’è il limite di 16 corridori per continental e il tetto a due soli ex professionisti. Non si può concedere una deroga? Nessuna risposta.
Nessun rispetto
Se questa è la considerazione dell’UCI per i suoi interlocutori, atleti e loro rappresentanti, viene da pensare che quantomeno i secondi non si siano conquistati il rispetto sul campo. Che forse dire sempre di sì non paga. Magari è giusto continuare a perseguire la via diplomatica anche dopo tre mesi di mancate risposte. Secondo altri però si potrebbe pensare di protestare come quando nelle fabbriche avvengono licenziamenti di massa.
«Così facendo – risponde Salvato – si danneggerebbero gli organizzatori». Si è mai visto uno sciopero che non abbia creato disagio? Si sciopera per quello. Ci fosse un po’ di Francia anche in Italia… Scommettete che se si trattasse di corridori francesi, una soluzione l’avrebbero trovata?
Comunque per ricordare al signor Lappartient che sta disprezzando le vite di uomini e non le loro statistiche, abbiamo realizzato due brevi interviste ai corridori presenti ieri a Salò. Canola e Scaroni. Guardatele. Parlano di dolore e carne viva. Non concorreranno all’Oscar del cinema, ma almeno in questo modo il presidente potrà guardarli in faccia. E magari chiedergli scusa.
Attraverso le strade del Gran Premio Liberazione sono passati tre quarti di secolo di grande ciclismo. Sul circuito romano (un particolare nella foto di apertura di Simone Lombi) si sono visti molti dei big che poi hanno scritto pagine storiche delle due ruote, ma non è assolutamente detto che tutti siano usciti vincitori dalla gara capitolina. E’ questo il bello, la sua incertezza che ne ha sempre fatto uno degli eventi più attesi. Ogni anno la gara ha dato vita a una storia, ha messo in mostra personaggi, alcuni magari hanno ballato una sola estate mentre alle loro spalle c’era chi ha fatto del ciclismo la sua vita.
Prendete ad esempio l’edizione del 1988. Forse una delle più ricche di stelle prima della rivoluzione ciclistica che dal 1996 avrebbe portato i pro’ alle Olimpiadi. Il Liberazione è in in quell’anno olimpico che porta a Seoul la prova generale della sfida a cinque cerchi. L’anno precedente la nazionale russa aveva proiettato verso il successo Dimitri Konyshevdavanti al tedesco ovest (il muro non era ancora caduto…) Bernd Groene e il russo, oggi dirigente della Gazprom e vincitore di tante gare da pro ritiene ancora quella una delle vittorie più belle in carriera. Questa volta la sfida si ripete, ma il teutonico (che poi vincerà l’argento a Seoul e avrà una breve carriera da professionista alla Telekom) la spunta e Konyshev finisce terzo, preceduto pure da un certo Mario Cipollini…
Nel 2009 Modolo batte Matthews in volata (foto Primavera Ciclistica) Nel 2009 Modolo batte Matthews in volata (foto Primavera Ciclistica)
La grande avventura di Bugno
Qualche anno prima, nel 1985, un ragazzino monzese di nascita svizzera aveva fatto saltare il banco e sconvolto le tattiche delle squadre più affermate. Si chiamava Gianni Bugno, aveva viaggiato la notte in treno per arrivare in tempo, con la bicicletta vicino per non farsela rubare. La sua squadra aveva deciso di rinunciare alla corsa, non lui.
S’infilò in una fuga ripresa pochi chilometri prima dell’arrivo, ma seppe giocarsi la vittoria in una volata di una trentina di corridori. Quella fu la prima di una serie incredibile di successi, tra cui due titoli mondiali. Tra le squadre che rimasero beffate c’era quella di Luigi Orlandi, battuto allo sprint e per il quale aveva lavorato anche Claudio Terenzi, che 35 anni dopo sarebbe diventato l’organizzatore del GP Liberazione.
La bellissima vittoria di Bugno nell’85, dopo una notte in treno (foto Ansa)La bellissima vittoria di Bugno nell’85, dopo una notte in treno (foto Ansa)
Doppietta britannica
Se torniamo ancora più indietro, alla seconda parte degli anni Settanta, scopriamo che per qualche anno i corridori italiani furono quasi delle comparse. Non bastasse la presenza delle grandi nazionali dilettantistiche del blocco comunista, arrivarono anche Paesi che non avevano tradizione a dominare la scena, come la doppietta britannica realizzata da William Nickson nel 1976 e Bob Downs l’anno successivo. Allora il ciclismo britannico era un lontano parente di quello che abbiamo conosciuto in questo secolo, quello dei Wiggins e dei Froome, dei Thomas e dei Pidcock. Furono due vittorie che sorpresero tutti perché al tempo il ciclismo non era certo lo sport più seguito nel Paese di Sua Maestà.
Qualche anno dopo le cose sarebbero cambiate. Nel 1992 ad esempio il podio fu tutto italiano, popolato da corridori che curiosamente avrebbero trovato però spazi diversi da quelli del professionismo, durato poche stagioni. Terzo fu Simone Biasci, grande speranza del tempo che dopo 7 vittorie da pro’ è diventato dirigente sportivo, secondo fu Mauro Bettin, approdato alla mtb dove ha raccolto grandi successi ed è diventato apprezzato manager, mentre a vincere fu Andrea Solagna, che troverà la sua strada nelle gran fondo.
Nel 2012, la spunta Barbin che batte Fedi (foto Primavera Ciclistica)Nel 2012, la spunta Barbin che batte Fedi (foto Primavera Ciclistica)
Albo d’oro di grandi sconfitti
Se uno guarda l’albo d’oro della corsa romana, scopre che molti campioni sono passati per il Liberazione incamerando sconfitte che poi sono servite per crescere. Francesco Moser fu terzo nel 1972, stesso piazzamento lo aveva ottenuto Pierino Gavazzi due anni prima, Michael Matthews, australiano della BikeExchange ha collezionato addirittura due piazze d’onore, nel 2009 e 2010, anno nel quale avrebbe poi vinto il mondiale U23. L’attuale campione europeo Sonny Colbrelli fu terzo nel 2011, Alberto Bettiol trionfatore al Fiandre fu sempre terzo nel 2013. Due piazze d’onore anche per Simone Consonni (2014 e 2015), uno dei quattro olimpionici di Tokyo 2020 nell’inseguimento a squadre. Si sarebbe quasi portati a pensare che perdere il Liberazione porti bene…
Ci sono cose che nel ciclismo, pur in evoluzione, non cambiano mai. Le dichiarazioni di Javier Guillen a proposito del prestigio storico del Giro ma della maggior qualità che ormai la Vuelta (senza parlare del Tour) hanno nei confronti della corsa rosa continuano a far discutere e certamente scelte come quella della Bahrain Victorious, che ha già deciso la partecipazione di Damiano Caruso e Sonny Colbrelli al Tour disertando il Giro, attizzano il fuoco. Quando un italiano rinuncia al Giro per la Grande Boucle, si scatena sempre un putiferio e lo sa bene Gianni Bugno: nel 1992 la sua scelta riempì le pagine dei giornali per giorni.
Bugno, campione del mondo in carica, era stato vincitore al Giro nel 1990 e 4° nel 1991, ma dopo la corsa rosa fu protagonista di un eccezionale Tour de France, dove insieme a Claudio Chiappucci diede battaglia fino all’ultimo all’imperatore di allora, Miguel Indurain. Nel 1992 decise così di concentrare tutte le proprie energie per la prova francese: «Avevamo pensato che dovevo arrivare al Tour con più energie. Fra Giro e Tour non c’è mai stato grande spazio anche perché di mezzo c’erano altri impegni, al Giro della Svizzera come al Campionato Italiano. Allora la nostra stagione partiva con la Sanremo e finiva col Lombardia, eri sempre in gara, non ti focalizzavi su un appuntamento».
Bugno scelse di saltare il Giro per correre il Tour: finì 3° dietro Indurain e Chiappucci Bugno scelse di saltare il Giro per correre il Tour: finì 3° dietro Indurain e Chiappucci
Venisti criticato per quella scelta?
Altroché, me lo ricordo ancora… Rinunciare al Giro era un sacrificio enorme, si scatenarono tante polemiche, molti lo videro come un tradimento, anche perché Indurain aveva fatto la scelta inversa, doppiare Giro e Tour, ma lui non puntava alle classiche… Era un modo per provare a ribaltare la situazione, ma le cose andarono diversamente, vinse ancora lui e io finii terzo. Era il più forte, non potevamo farci niente.
Ti sei mai pentito?
No, al tempo era quello che andava fatto proprio per provare a invertire la tendenza, avevamo fatto una preparazione puntata sul Tour. Ribadisco il concetto, io e lo spagnolo eravamo corridori diversi, lui puntava tutte le sue fiche sulle corse a tappe, io ero sulla graticola dall’inizio alla fine…
Bugno e il suo team Gatorade in parata agli Champs Elysées (foto Flickr)Bugno e il suo team Gatorade in parata agli Champs Elysées (foto Flickr)
Secondo te dire che oggi il Giro ha più storia ma la Vuelta ha più importanza è vero?
Sì, perché il Giro è molto più compresso nel calendario, schiacciato tra le classiche e il Tour, col risultato che chi punta alle classiche del nord poi va al Tour. Su una cosa però dissento: la Vuelta conta di più non tanto perché è la rivincita del Tour, quanto perché è il trampolino di lancio per i mondiali, anche se rispetto ai miei tempi la corsa iridata ha perso molto del suo fascino e tanti non la pongono più come un obiettivo. Indossare quella maglia valeva un’intera carriera, caratterizzava ogni giorno di corsa, oggi non è più così.
Dal punto di vista tecnico il Giro ha perso peso?
Il Giro d’Italia è sempre stato impegnativo e la sua struttura non è cambiata, tecnicamente ha un grande valore. Allora chi andava al Giro voleva essere protagonista, c’era una partecipazione importante e si lottava per vincere, oggi coloro che realmente possono ambire al successo sono davvero pochi e vanno al Tour, così la corsa rosa perde parte del suo appeal.
Colbrelli e Caruso, il loro 2022 culminerà in estate col Tour, in base alle esigenze di squadraColbrelli e Caruso, il loro 2022 culminerà in estate col Tour, in base alle esigenze di squadra
Hai letto delle polemiche attorno alla scelta della Bahrain?
Certamente non parliamo di corridori che andranno per puntare al successo: Colbrelli può ambire alla conquista di qualche tappa, Caruso ha 36 anni, è stato secondo al Giro, può sicuramente far bene, ma quel che conta è la scelta della squadra che logicamente punta le sue maggiori forze sul Tour, perché è una vetrina planetaria, dà un’immagine unica. Io sono convinto che sia Sonny che Damiano avrebbero avuto piacere di correre in Italia, ma devono sottostare alle regole del team.
Cambierà questa situazione?
Non con il calendario attuale, con il Giro schiacciato in maniera tale da rendere pressoché impossibile la caccia alla doppietta che ha caratterizzato la storia di grandi campioni. Il Giro d’Italia non si può inventare, va preparato per tempo e con costanza e questo significa che bisogna sacrificare qualcosa della prima parte della stagione. Il Giro sconta un ciclismo più specialistico di quello che vivevamo ai miei tempi.
Mauro Vegni, direttore del Giro, ha aspramente criticato la decisione della BahrainMauro Vegni, direttore del Giro, ha aspramente criticato la decisione della Bahrain
Bartali diceva «l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare…»
Tutto proprio no, perché a ben guardare quel calendario premia l’Italia a inizio stagione. Dalla Strade Bianche alla Sanremo, il meglio del ciclismo mondiale è qui, vediamo tutti i grandi campioni che poi caratterizzeranno la stagione e questa è una vetrina importantissima. E’ chiaro comunque che sul Giro bisogna fare riflessioni importanti per riportarlo ai fasti di un tempo.
Wiggins e Schleck si chiedono se Uran e Carapaz possono riaprire il Tour correndo in modo più coraggioso. Il colombiano soprattutto sembra più incisivo