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Sagan e Alaphilippe: Boucle anonima, destini diversi

16.07.2023
5 min
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In questo Tour de France, al di là di chi lotta per la maglia gialla o compete comunque da protagonista, ci sono due figure già storiche per il ciclismo, che hanno vestito a ripetizione la maglia iridata, ma che hanno perso parte dello smalto che avevano. Ci sono molti punti in comune fra Peter Sagan e Julian Alaphilippe, dato da un passato fatto di grandi vittorie nelle classiche e nelle edizioni iridate. Il presente li vede un po’ ai margini, anche se lo stanno vivendo in maniera diversa perché anche il futuro si prospetta differente.

Due corridori posti su binari diversi, che Gianni Bugno, altro corridore capace di conquistare due titoli mondiali a distanza di un anno (Sagan a dir la verità ne ha vinti addirittura tre) guarda con la sua lente d’ingrandimento.

Peter Sagan chiuderà a fine stagione, per dedicarsi alla mountain bike, con il sogno delle Olimpiadi
Peter Sagan chiuderà a fine stagione, per dedicarsi alla mountain bike, con il sogno delle Olimpiadi

«E’ chiaro che non sono più i campioni di qualche anno fa – inizia Bugno – anche se la gente vedo che li guarda sempre con grande affetto, quando arrivano alla partenza. Questo Tour però lo stanno vivendo in maniera diversa, mi colpisce soprattutto Sagan, che vedo molto al di sotto dei suoi standard. Credo che il fatto di aver già annunciato l’intenzione di smettere a fine anno gli precluda molte possibilità».

Pensi che influisca mentalmente?

Sì, ho come l’impressione che abbia mollato, che non ci creda più. E quando sei tu il primo a non crederci, è difficile che i risultati arrivino. Non so neanche quale sia la sua reale condizione, mi pare sia un po’ a terra moralmente e non abbia la spinta giusta per provarci. Si accorge che in volata non può tenere testa a Philipsen, anche sui percorsi misti che una volta erano il suo forte non emerge, è un po’ alla deriva.

Nonostante gli scarsi risultati, la passione per Sagan non accenna a diminuire
Nonostante gli scarsi risultati, la passione per Sagan non accenna a diminuire
E’ uno stato che emerge in questo Tour o lo avevi notato già prima?

No, è un po’ tutta la stagione che va così. L’ultima vittoria è stata il titolo nazionale dello scorso anno, sono 12 mesi che non vince. Ogni tanto riesce a cogliere qualche piazzamento e nulla più. Per questo dico che è una questione soprattutto di testa. Ha bisogno di nuovi stimoli.

Poteva averli dal team, in quanto a supporto diverso?

E’ un discorso più personale. Io credo che ormai sia proiettato verso nuove dimensioni, non è un caso se ha detto che vorrebbe riprovare la mountain bike per tentare di andare alle Olimpiadi oppure se sia sempre molto interessato al gravel. Ha bisogno di una nuova dimensione, che in questo ciclismo su strada non trova più.

Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?
Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?
Veniamo ad Alaphilippe: stesso discorso?

Il francese non è sicuramente quello dello scorso anno, si vede anche quando prova a entrare nelle fughe, ma nel suo caso ci sono ragionamenti diversi da fare. Non ha dalla sua un team che lo supporta e questo mi dispiace, perché si ci è dimenticati un po’ troppo in fretta di come con i suoi titoli mondiali abbia tenuto su la squadra, di quanto sia stato importante anche come immagine. Il fatto di essere visto dai vertici del team con un po’ di sufficienza lo condiziona. Però…

Continua…

Io guardandolo bene noto che in questo Tour, pur non ottenendo risultati, sta impegnandosi e la sua condizione è in crescendo. Secondo me uscirà dal Tour con una gamba notevole e non dimentichiamo che subito dopo ci sono i mondiali…

Il francese inseguito da Van Aert, una sfida che potrebbe ripetersi al mondiale in agosto
Il francese inseguito da Van Aert, una sfida che potrebbe ripetersi al mondiale in agosto
Secondo te il francese può essere un fattore a Glasgow?

Io penso di sì, perché il percorso è abbastanza adatto al suo modo di correre. Io non lo sottovaluterei, potrebbe anche dire la sua in quel contesto, considerando che altri, quelli che stanno lottando nei quartieri alti della classifica, saranno comunque un po’ stanchi, anche mentalmente.

Il suo futuro come lo vedi?

Sarà importante per lui scegliere una giusta squadra per il 2024. Può fare ancora molto, ha solo 31 anni e tutte le qualità per emergere nelle corse a lui più adatte. Anche nel suo caso servono nuovi stimoli, ma può trovarli tranquillamente nel “suo” mondo.

Bugno nel 1998, l’ultimo suo anno chiuso con un’importante vittoria alla Vuelta
Bugno nel 1998, l’ultimo suo anno chiuso con un’importante vittoria alla Vuelta
Le loro storie hanno qualcosa che ti riporta al tuo passato?

Io ho chiuso a 34 anni, ma anche nella mia ultima stagione vinsi, il mio ultimo successo è stato una tappa alla Vuelta. So però che alla fine comincia a mancarti il morale e quando non c’è quello, tutto diventa più difficile. E’ successo anche a me. Molto però dipenderà da quel che vorranno fare, credo che le loro strade andranno diversificandosi sempre più.

Una nuova casa per le bici firmate Bugno

10.07.2023
4 min
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MAGENTA – Da oggi le biciclette firmate Gianni Bugno hanno una nuova casa, anzi hanno la loro prima e vera casa. Lo scorso 24 giugno è stato inaugurato a Magenta, comune sul confine tra Lombardia e Piemonte, il BUGIA Store che permetterà a tutti gli appassionati di entrare in contatto con la storia ciclistica di Gianni Bugno e soprattutto poter ammirare le biciclette che portano il suo nome. Per i pochi che ancora non lo sanno il nome BUGIA nasce dall’unione delle iniziali di cognome e nome del campione monzese. 

Nei giorni scorsi abbiamo deciso di fare visita al nuovo store per conoscere qualcosa di più della storia del marchio BUGIA. Ad accoglierci abbiamo trovato Alessio Bugno, figlio di Gianni, che da qualche anno cura immagine e impegni del padre e dal 2019 ha dato vita a BUGIA. 

Un’adolescenza da ciclista vincente proseguita poi sui campi di calcio. Una passione quella per il pallone che l’ha portato a giocare in Serie C, l’attuale Lega Pro, passando attraverso una breve esperienza in Inghilterra nel Carlisle United. Oggi Alessio ha 33 anni e non ha smesso di calcare i campi di calcio. Da pochi giorni ha firmato per il RG Ticino in serie D, segno di una passione profonda per il calcio che l’ha guidato anche nei suoi studi e nella sua attuale professione.

Oggi opera nel settore dell’assistenza e della consulenza nei confronti di Società e Associazioni sportive, delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo. Una professione in cui ha messo a frutto la sua esperienza ultra decennale di calciatore.

E’ stato il figlio di Gianni Bugno, Alessio, a spiegarci l’idea di questo showroom
E’ stato il figlio di Gianni Bugno, Alessio, a spiegarci l’idea di questo showroom
Alessio, partiamo dal nome BUGIA. Qualcuno in passato potrà aver avuto qualcosa da ridire al riguardo …

E’ possibile e quando è stato scelto il nome qualche riflessione al nostro interno l’abbiamo fatta…ma poi sentendo mio padre e conoscendo il suo modo di pensare e di non dare troppo peso alle cose, abbiamo deciso di non cambiarlo.

Quando nasce BUGIA?

Nasce nel 2019 alla vigilia dell’anniversario che celebrava i 30 anni dalla vittoria di mio padre al Giro d’Italia del 1990. Volevo fargli una sorpresa. Abbiamo realizzato complessivamente 90 pezzi, ognuno dei quali unico ed esclusivo con il proprio numero di serie. Uno di questi ci è stato richiesto dalla Chateau d’Ax, la squadra con cui vinse proprio il Giro del 1990. Volevano usarlo per una loro iniziativa. 

Per quale motivo oggi avete deciso di creare uno showroom?

Fino ad oggi ci siamo mossi attraverso la vendita online. Volevamo però dare a tutti la possibilità di toccare con mano le nostre bici. In questi anni abbiamo allargato la nostra offerta e ci sembrava giusto che le persone potessero vedere dal vivo tutti i modelli BUGIA. Oggi oltre ai modelli corsa, abbiamo a catalogo bici a pedalata assistita, gravel e da passeggio. In occasione dell’inaugurazione dello showroom abbiamo dato a tutti la possibilità di pedalare sulle nostre bici organizzando una pedalata in quelle che sono state per un certo periodo della sua carriera le zone di allenamento di mio padre.

Cosa è oggi BUGIA e cosa vi proponete di ottenere?

Nelle intenzioni di mio padre, che io condivido in pieno, c’è il desiderio di favorire l’uso della bicicletta coinvolgendo più persone possibili. Per noi la bicicletta ha tante sfaccettature: strumento per chi vuole fare agonismo, ma anche semplice mezzo per spostarsi in città o per fare una passeggiata. 

Tanti curiosi ed appassionati si sono fermati a guardare i modelli presenti al BUGIA Store
Tanti curiosi ed appassionati si sono fermati a guardare i modelli presenti al BUGIA Store
Tra gli ultimi modelli presenti a catalogo ne troviamo due che richiamano due momenti importanti nella carriera di Bugno. Di cosa si tratta?

Volevamo celebrare in maniera importante i trionfi iridati di mio padre. Grazie a Osvaldo Bettoni, suo storico meccanico, siamo entrati in contatto con Cicli Drali Milano. Con loro abbiamo realizzato due biciclette speciali. Noi abbiamo curato la progettazione e il design, Drali la realizzazione. Il risultato sono due modelli corsa, la GB91S e la GB92B, dedicati rispettivamente alla celebrazione dei titoli mondiali su strada vinti da Bugno a Stoccarda nel 1991 e a Benidorm nel 1992.

Con Alessio Bugno ci salutiamo nel momento in cui arrivano due potenziali clienti che, nell’attesa di poter essere ricevuti, osservano attentamente le biciclette esposte scambiandosi delle opinioni in merito. L’idea di creare uno showroom sembra essere stata una scelta azzeccata.

BUGIA

Contratti, cartellini, sicurezza: Hansen, il capo dei corridori

09.04.2023
7 min
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Alla vigilia della Sanremo, Adam Hansen è diventato il nuovo presidente del CPA, raccogliendo il testimone da Gianni Bugno. Australiano di Cairns, 41 anni, Adam vive in Repubbica Ceca ed è stato pro’ dal 2003 al 2020. Suo il record di partecipazione ininterrotta ai grandi Giri: 20 partecipazioni dalla Vuelta 2011 al Giro 2018. Gli abbiamo dato qualche settimana per ambientarsi, poi ci siamo presentati con le nostre domande. Che cosa fa il neo-eletto presidente mondiale dei corridori?

«Ci sono tanti argomenti – sorride Hansen – e soprattutto diversi. Non voglio chiamarli problemi, ma istanze che hanno tutti i corridori e che dobbiamo esaminare nei vari settori. Per cui ad esempio ci sarà un incontro con le donne per capire quali esigenze abbiano e le condizioni in cui lavorano. Si tratterà di discutere con gli organizzatori sulle transenne, la sicurezza e su ciò che gli piacerebbe fare…».

Audrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaio
Audrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaio
Tante materie diverse…

Abbiamo avuto un incontro sui dati sensibili dei corridori e chi li controlla, dato che le leggi dell’Unione Europea sono molto diverse dal resto del mondo. Questo aspetto deve essere implementato. E poi dobbiamo fare anche l’Accordo Congiunto, cioè il contratto collettivo tra i corridori e le squadre, che deve essere approvato dall’UCI. Ogni team WorldTour e anche professional deve aderirvi, ma dobbiamo assicurarci che sia scritto molto bene, affinché protegga i corridori ad esempio sul fronte assicurativo. Dobbiamo assicurarci che le condizioni siano tutte in regola per lo svolgimento della professione. Sono davvero argomenti diversi.

Hai parlato di sicurezza: cosa pensi della maxi caduta del Fiandre?

In uno degli ultimi incontri, ironia della sorte, abbiamo parlato di qualcosa del genere prima che la caduta accadesse. Abbiamo detto che vorremmo un sistema di cartellini rossi e gialli, proprio come nel calcio. Se un corridore si comporta in modo inappropriato, riceve un cartellino giallo o rosso a seconda di ciò che ha fatto. Ne abbiamo bisogno per alcuni motivi. E’ normale che i corridori passino sempre sul lato della strada e cerchino di guadagnare terreno. Lungo quella strada c’erano un’area di parcheggio e un sentiero pedonale. Maciejuk ha avuto la sfortuna si trovare erba e acqua e ha perso il controllo della bici. Non era sua intenzione fare questo. Ho potuto vedere la situazione. Non è stato l’unico che lo abbia fatto, ma l’unico che ha pagato per le condizioni di quel tratto di strada.

Ecco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain Victorious
Ecco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain Victorious
Come lo gestiresti?

Dovrebbe ricevere uno di questi cartellini, giallo o rosso. Il sistema non deve servire solo a punirlo per le sue azioni. Abbiamo bisogno di qualcosa per cui i corridori siano consapevoli che se fanno qualcosa, verranno puniti, perché attualmente un sistema non c’è. Il senso non è punire lui per proteggere gli altri ciclisti. Però si potrebbe pensare di squalificare il corridore per la successiva gara WorldTour. Se qualcosa del genere fosse messo in atto, allora si penserebbe due volte prima di fare certe azioni.

E’ stato sfortunato o ha esagerato?

Il ciclismo non è come la Formula Uno, in cui il mondo sta fuori dalla pista e i piloti possono fare quello che vogliono. Il ciclismo si corre sulle strade, puoi trovarti un tifoso sulla strada. Il settore di percorso su cui sono passati non era proprio un tratto pulito, era una corsia per il parcheggio. Normalmente sulle strade ci sono due corsie e delle corsie pedonali, ma quel tratto aveva un fondo differente.

In che modo i cartellini eviterebbero una caduta così?

Porterebbero regole più chiare. Si può arrivare a stabilire che si può correre solo sulla strada e basta. E se vai fuori strada riceverai un cartellino. Per un incidente come quello del Fiandre, potrebbe essere un rosso. Puoi finire nella corsia del parcheggio perché un’oscillazione del gruppo ti spinge da quella parte: in questo caso non devi essere penalizzato. Se invece lo spostamento è fatto di proposito per trarne vantaggio, allora potrebbe esserci una penalizzazione. Ma prima di ogni cosa, mi piacerebbe chiedere ai corridori cosa ne pensano.

Al Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggia
Al Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggia
In che modo parli con loro?

Questo fine settimana sono stato a tre corse e ho iniziato a distribuire un piccolo sondaggio ai corridori, chiedendo loro di rispondere a una serie di domande. Questa è una di quelle. Inoltre vorrei avere il loro punto di vista, perché sono cose che fanno tutti: lo aveva fatto anche Tim Wellens prima della caduta. Bene, in alcune situazioni non è un problema. Spero però che tutti i ciclisti capiscano che dobbiamo avere un qualche tipo di regola, in modo che non aumentino i comportamenti stupidi. Al momento invece la situazione è che chiunque può fare quello che vuole e nessuno ha paura. Questa volta lo hanno visto tutti in televisione, altre volte nessuno ha visto niente e il responsabile è passato inosservato.

Sapere che ci sono sanzioni a cosa serve?

Se i ciclisti sono consapevoli della possibilità di essere presi, forse le cose cambiano. Oggi non c’è assolutamente alcuna regola, quindi non ci pensano due volte. Lo fanno e basta, vanno davanti a tutti i costi. Però forse se c’è qualche tipo di penalizzazione e ci tengono a correre la prossima gara, forse prima di muoversi aspettano fino a quando la strada diventa più ampia e non corrono il rischio.

Sagan ha detto che lo stress in corsa è aumentato a causa di Velo Viewer e delle tante comunicazioni radio: cosa ne pensi?

E’ davvero una domanda difficile. L’uso delle radio è importante soprattutto per un fatto di sicurezza, per segnalare ad esempio che sta sopraggiungendo un’ambulanza nel senso opposto. Si chiama direttamente radiocorsa e i corridori possono spostarsi. E’ vero però che i direttori sportivi conoscono tutte le situazioni pericolose e ugualmente spingono i corridori a essere nella parte anteriore e questo provoca più stress. Ma succedeva anche quando correvo io, prima di VeloViewer. Le squadre migliori mandavano un’ammiraglia davanti perché avvisasse i corridori dei vari pericoli. Quindi non incolperei VeloViewer per questo, perché il fenomeno è parte di questo sport.

Il tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiro
Il tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiro
Lo chiederai al gruppo?

Mi piacerebbe parlarne con loro e vedere cosa ne pensano. Se la maggior parte di loro è davvero contro questo o contro le radio, affrontiamo il problema, perché alla fine io faccio quello che dicono loro. Molto dipende anche dall’uso che si fa di certi dispositivi. Quando ancora correvo, c’erano alcuni corridori che si toglievano la radio, perché volevano solo correre in pace. Invece ce ne sono altri che la portano sempre. Il fatto è che non potrai mai controllare che i team non abusino della radio.

L’aumento della pressione dipende dall’uso sbagliato delle radio o dall’agonismo?

E’ una buona domanda che potrei aggiungere al questionario. Non chiederò più se gli piace avere le radio o non averle, ma vorrei capire se dal loro uso derivi troppa pressione o cosa succede se non ascoltano tutte le chiamate

Per il tuo nuovo ruolo, farai nella maggior parte delle gare che puoi o come lavorerai?

Così venerdì sono stato ai Paesi Baschi e ho parlato con un po’ di corridori. Alla Milano-Sanremo, sono salito su sei pullman. Purtroppo siamo arrivati un po’ tardi per un problema con gli accrediti, ma sono stato in grado di parlare con tutti i ciclisti delle sei squadre. I corridori si stavano preparando, qualcuno prendeva il caffè, qualcuno metteva in tasca i rifornimenti, altri si vestivano. Non dovevano andare da nessuna parte, così hanno potuto ascoltarmi e io mi sono messo a disposizione. Vuoi parlare? Parliamo. 

Un modo molto pratico di gestire i rapporti.

Voglio essere molto più efficiente nella mia comunicazione quando sono alle gare. Dopo i Baschi sono venuto alla Parigi-Roubaix e ieri ho visto anche la gara delle donne. Vorrei vedere più corridori possibili e per questo girerò. Non serve stare due settimane, perché vedrei sempre gli stessi corridori. Voglio vederne tanti, ma tutti diversi fra loro.

Alleati al Giro? Per Chiappucci no, per Bugno forse…

05.04.2023
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Le parole di Evenepoel al Giro di Catalogna hanno fatto rumore. Subito dopo la conclusione della corsa iberica, vinta da Roglic per un pugno di secondi sul campione del mondo, quest’ultimo aveva gettato il sasso.

«Il rapporto tra me e Roglic da fuori sembra più competitivo di quanto sia in realtà… Certi corridori sanno che per vincere devono collaborare e non farsi dispetti. Quindi, anche se qualche momento di tensione lo abbiamo avuto, penso che abbiamo costruito un certo legame e che al Giro avremo bisogno l’uno dell’altro. Allo sprint ce la giochiamo. In salita penso che ci sia ben poca differenza. Sarà tutto da giocare…».

Possibile che due rivali diretti per la vittoria (nella foto di apertura al Catalunya) possano mettersi d’accordo, oltretutto in un grande Giro? Un conto è la corsa in linea, l’esempio di Van Aert, Van Der Poel e Pogacar alla E3 Saxo Bank Classic è ancora davanti agli occhi di tutti, ma una gara di tre settimane è tutta un’altra cosa, si gioca su equilibri molto diversi. Figurarsi se Coppi e Bartali si mettevano d’accordo per controbattere i campioni stranieri dell’epoca, non lo facevano neanche se militavano nella stessa nazionale… E Gimondi e Ocaña contro Merckx? Bugno e Chiappucci contro Indurain?

I due grandi rivali degli anni Novanta. Un’alleanza fra loro era pura utopia, anche contro Indurain
I due grandi rivali degli anni Novanta. Un’alleanza fra loro era pura utopia, anche contro Indurain

Tutto nelle mani dei team

Già, Bugno e Chiappucci. Abbiamo voluto chiamarli direttamente in causa, come spettatori privilegiati per capire se le parole di Evenepoel possono avere un senso compiuto e anche in questo, come si vedrà, i due grandi rivali degli anni Novanta sono su posizioni diverse.

«Io credo che un’alleanza ci possa anche stare – mette le mani avanti Bugno – ma bisogna capire che cosa si intende. Io non parlerei tanto di alleanze, quanto di comuni intenti da parte delle squadre. Per me Roglic ed Evenepoel faranno la loro corsa senza pensare all’altro, potrà però starci che Jumbo-Visma e Soudal-Quick Step possano ritrovarsi affiancate in alcune fasi della corsa, per tenere unito il gruppo».

«Non ci credo molto – ribatte Chiappucci – e il Catalogna lo ha dimostrato. Nella tappa finale ho tanto avuto la sensazione che lo sloveno abbia voluto dare il “contentino” a Evenepoel, d’altro canto in passato era stato più volte accusato di fare l’ingordo (vedi la storia di Mader alla Parigi-Nizza del 2021, ndr). Ma il Catalogna è una corsa ben diversa dal Giro d’Italia, non solo per durata, ma soprattutto per prestigio.

«Parliamoci chiaro – si infervora El Diablo – dovrebbero allearsi contro chi? Se guardo il parco partenti della corsa rosa, si vede subito che i due sono almeno una spanna sopra a tutti gli altri. Chi è il terzo incomodo? E che cosa potrà fare?».

I grandi team potranno allearsi per tenere chiusa la corsa? E’ uno degli interrogativi del Giro
I grandi team potranno allearsi per tenere chiusa la corsa? E’ uno degli interrogativi del Giro

L’interesse a controllare la corsa

Bugno però non è di questo avviso: «In un grande Giro devi tenere conto di mille variabili. Ci sono corridori forti al Giro, non al loro livello ma sicuramente in grado di giocarsela, soprattutto se alle spalle hanno formazioni ben attrezzate. E allora un’alleanza fra le due squadre ci può anche essere. Deve però essere chiaro un fatto: non è un’alleanza sancita, non ci sono i corridori che si mettono d’accordo e tanto meno i diesse. E’ un patto non scritto: sia l’iridato che Roglic hanno interesse a controllare la corsa, se a quel punto ci si dà una mano, non c’è niente di strano».

Su questo Chiappucci è parzialmente d’accordo: «Il controllo della corsa ci può anche stare, ma teniamo conto che ci saranno anche frazioni dove il pallino in mano lo avranno i team che puntano alla vittoria di tappa, che pensano alla volata finale. Tutto lavoro in meno per le corazzate che pensano alla classifica».

Vlasov e Almeida, principali candidati al podio. Per Bugno e Chiappucci però non sono da vittoria finale
Vlasov e Almeida, principali candidati al podio. Per Bugno e Chiappucci però non sono da vittoria finale

L’assenza della rivalità

Riportiamo indietro l’orologio del tempo: si poteva allora pensare a un’alleanza dei due campioni italiani per mettere in difficoltà Indurain?

«E’ lo stesso discorso che abbiamo fatto per Roglic ed Evenepoel, in questo il ciclismo non è cambiato: io e Claudio non ci siamo mai parlati né tantomeno messi d’accordo in corsa, ognuno faceva i propri interessi, ma poteva capitare che questi interessi potessero coincidere e allora le nostre squadre si ritrovavano a fare le stesse cose. Ripeto: è un patto non scritto, che deriva dall’evoluzione della corsa».

«Tenete poi conto di un fatto – interviene Chiappucci – ai nostri tempi c’era un fattore che è andato via via scomparendo: la rivalità. Oggi sembrano tutti amici, quel fattore è andato sicuramente un po’ perdendosi e anche con esso un po’ di fascino. Non dimentichiamo inoltre che avevamo a che fare con un certo Miguel Indurain: non è che non ci provassimo a metterlo in difficoltà, ma era un gigante vero, nessuno ci riusciva quand’era nel pieno della forma».

Ciccone, principale rivale dei due grandi in Catalogna. Bugno lo vede protagonista al Giro
Ciccone, principale rivale dei due grandi in Catalogna. Bugno lo vede protagonista al Giro

Chi può creare problemi?

Su un punto i due grandi rivali si trovano completamente d’accordo: sulla carta il Giro è bloccato intorno a questi due nomi. «Io non vedo avversari alla loro altezza – afferma Bugno – almeno per il momento, ma si sa bene che nel ciclismo di oggi ci sono pochissimi nomi in cima e poi tanti buoni corridori. Penso ad esempio che al Giro Ciccone possa fare molto bene, potrebbe anche creare loro qualche problema, ma alla fine quei due sono i netti favoriti. Come lo saranno Vingegaard e Pogacar al Tour, anche in quel caso difficile pensare che qualcuno possa inserirsi».

«Io credo che assisteremo a un duello vero e proprio – taglia corto Chiappucci – non riesco sinceramente a trovare un terzo incomodo. So bene però che il ciclismo è uno sport strano, dove gli inconvenienti possono sempre capitare, come le giornate storte, gli errori. Non dimentichiamo poi che sia Roglic che Evenepoel vengono da sport diversi dal ciclismo. Ecco, se devo trovare un punto in comune è proprio nelle loro origini così… originali».

Con Geko fermi in sella e prestazioni al top

22.12.2022
3 min
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M9 ha lavorato per rivoluzionare l’idea dei bibshort da ciclismo, dal loro impegno è nato Geko. Si tratta di un capo nato da un mix di esperienze differenti, con l’obiettivo di migliorare l’esperienza in bici. La rivoluzione nasce dall’applicazione di un brevetto speciale ideato da Francesco Nardi.

Il pantaloncino Geko è progettato per avere un maggiore grip sulla sella
Il pantaloncino Geko è progettato per avere un maggiore grip sulla sella

La posizione biomeccanica

Questo pantaloncino è nato dalla necessità di unire sicurezza, comfort e biomeccanica. Si tratta di un prodotto che permette, durante lo sforzo, di rimanere in posizione ottimale senza scivolare in punta di sella. Consentendo al ciclista di spingere meglio e di più, in maniera non vincolata. 

«Siamo stati in grado – spiega Eros Susca, responsabile marketing di M9 – di trovare dei componenti che non sono dei patch adesivi. Ma si tratta di una speciale applicazione che permette, nel momento di sforzo, un maggiore grip con la sella. Molto utile a chi pedala in maniera intensa, in quanto, mantenendo la posizione, la muscolatura lavora più correttamente e di conseguenza si ha un risparmio di energie».

E’ disponibile in due tessuti: Lycra Sport e Lycra bluesign
E’ disponibile in due tessuti: Lycra Sport e Lycra bluesign

Stabilità e comfort

Riuscire a massimizzare la pedalata è l’obiettivo principale per chi va in bici. Il pantaloncino Geko è realizzato con due tessuti: Lycra Sport calandrato 220g e Lycra bluesign 240g. Si tratta di una salopette estiva a taglio vivo con applicato a fondo gamba il LaserGrip, per una vestibilità stabile durante tutta la pedalata

«Quando noi andiamo dal biomeccanico – riprende Susca – veniamo messi in bici nel migliore dei modi. Una volta in sella, però, ci muoviamo a seconda delle sensazioni del momento. Questi pantaloncini aiutano il ciclista a mantenere la posizione ideale, rimanendo stabile e con un maggiore comfort. Il pantaloncino Geko agisce anche in discesa, questo perché si riesce a “sentire” maggiormente la bici e stabilizzare il corpo in fase di frenata».

Gli ultimi particolari

Questo prodotto è stato testato anche da Gianni Bugno e Stefano Zanatta, due figure che nel ciclismo hanno lasciato la loro impronta. 

«Zanatta, che da due anni lo sta testando, ha avuto modo di provarlo anche durante una cronometro amatoriale – conclude – il feedback che ci ha fornito è stato molto utile. Bugno, uno che ha fatto della stabilità in sella il suo mantra, era infatti famoso per la sua posizione compatta. Anche lui ha notato che questo pantaloncino aiuta molto in questo senso, perché la stabilità è automatica, non sei tu che devi ricercarla».

Una bella novità è che il 4 gennaio, durante un open house presso la sede di Castelfranco Veneto, sarà possibile provare il pantaloncino Geko in un test reale, dove ci saranno anche Gianni Bugno e Stefano Zanatta.

M9

I corridori Gazprom porgono l’altra guancia. E poi?

24.05.2022
5 min
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Il silenzio dell’UCI sul caso Gazprom è assordante. Il presidente Lappartient ha messo la testa sotto la sabbia e ha voltato le spalle a 21 corridori rimasti senza squadra dal primo di marzo. Anzi, i 21 corridori cui quel giorno ha chiuso la squadra.

La vicenda Gazprom resta una ferita aperta, anche se il mondo del ciclismo passa avanti e finge di non accorgersene. Al punto che alcuni corridori, invitati a indossare il braccialetto azzurro con cui l’Accpi e il CPA intendono fare una garbata pressione sull’UCI, hanno declinato l’invito.

Nella conferenza stampa che si è tenuta ieri a Salò, le parole più giuste le ha usate Mauro Vegni, padrone di casa. «Era una questione straordinaria – ha detto il direttore del Giro che in apertura stringe la mano a Canola – è stato sbagliato affrontarla come fosse ordinaria».

Nella tappa di oggi si chiederà ai corridori di indossare il braccialetto WHY
Nella tappa di oggi si chiederà ai corridori di indossare il braccialetto WHY

No agli scioperi

Bugno ha ripetuto ad oltranza lo stesso concetto: non si tratta di una protesta. E mentre lo diceva ci chiedevamo: perché dopo tre mesi così non dovrebbero protestare?

«I corridori non hanno colpe – ha detto – abbiamo cercato di trovare alleanze e soluzioni, che non sono mai state accettate. Non ci sono molte soluzioni. I braccialetti con cui intendiamo sensibilizzare il gruppo e la stampa servono a capire il perché di questo atteggiamento. Non sono una protesta. Chiediamo che questi ragazzi possano parlare e l’UCI ha il dovere di farlo. Una richiesta che deve arrivare da tutto il gruppo, perché loro ne fanno parte pur essendone stati allontanati. Non è un discorso di soldi, correrebbero anche domattina. Sono stato corridore anche io, so che in questo momento la bici è tutto. Ma gli scioperi non portano a risultati. Ne ho fatti e ho visto come sono finiti (qui però in ballo non c’è una tappa da correre sotto la pioggia, qui si parla di vite umane, ndr). Il nostro scopo è sensibilizzare l’ambiente».

Canola al limite

Se stai male, vuoi un dottore che ti curi o uno che ti tenga la mano sulla fronte? La ricerca della soluzione diplomatica in tre mesi non ha prodotto alcun frutto. E se non fosse per la nazionale che ha fatto correre a sprazzi gli italiani, sarebbero fermi da marzo.

Dopo un po’ si nota che Marco Canola al tavolo dei diplomatici ci sta stretto. Forse perché l’ammalato è lui e delle cure palliative ricevute sinora comincia ad averne le tasche piene. Lo tengono a freno, perché l’obiettivo non è protestare, ma distendere.

«Questo braccialetto non aiuterà a risolvere il problema – dice – ma a far capire quello che stiamo passando. Non capisco perché dei colleghi non debbano metterlo, non è un brand, non danneggia il loro sponsor. La situazione è insostenibile. Siamo qui in due (facendo un cenno a Cristian Scaroni, seduto accanto, ndr), gli altri sono a casa col morale a terra e stanno male per la disperazione. Non sanno se potranno continuare, quello che sta accadendo rende vani i sacrifici di una vita. Non è giusto che paghiamo per una colpa non nostra. Vogliamo che l’Uci ci dia risposte, quelle che abbiamo avuto sono state molto vaghe. Abbiamo provato la via diplomatica, senza sortire effetto. Se questi sono i capi del ciclismo, non meritano di governare il nostro bellissimo sport, perché non ne incarnano i valori».

Le bugie di Lappartient

Il silenzio dell’UCI è assordante. Il presidente Lappartient ha messo la testa sotto la sabbia e ha voltato le spalle ai 21 corridori cui il primo marzo ha chiuso la squadra. All’indomani della Liegi, ha organizzato una conferenza online, invitando tutti i professionisti – uomini e donne – tranne quelli della Gazprom. E a Gilbert che ha chiesto loro come mai, ha risposto che li avrebbe chiamati di persona. Non lo ha mai fatto. E’ troppo presto per parlare di dimissioni?

Le richieste erano chiare, le risposte sono state secche e prive della volontà di arrivare a una soluzione.

Non si può alzare il tetto dei 31 corridori, perché siamo al primo anno delle retrocessioni e promozioni. Perciò, se una squadra si mettesse al riparo dalla discesa o conquistasse la salita al WorldTour grazie a corridori presi durante l’anno, si potrebbe creare il presupposto per un ricorso. Non sarebbe sufficiente stabilire che i corridori ex-Gazprom ingaggiati non portano punti alla squadra? Nessuna risposta.

In Italia c’è il limite di 16 corridori per continental e il tetto a due soli ex professionisti. Non si può concedere una deroga? Nessuna risposta.

Nessun rispetto

Se questa è la considerazione dell’UCI per i suoi interlocutori, atleti e loro rappresentanti, viene da pensare che quantomeno i secondi non si siano conquistati il rispetto sul campo. Che forse dire sempre di sì non paga. Magari è giusto continuare a perseguire la via diplomatica anche dopo tre mesi di mancate risposte. Secondo altri però si potrebbe pensare di protestare come quando nelle fabbriche avvengono licenziamenti di massa.

«Così facendo – risponde Salvato – si danneggerebbero gli organizzatori». Si è mai visto uno sciopero che non abbia creato disagio? Si sciopera per quello. Ci fosse un po’ di Francia anche in Italia… Scommettete che se si trattasse di corridori francesi, una soluzione l’avrebbero trovata?

Comunque per ricordare al signor Lappartient che sta disprezzando le vite di uomini e non le loro statistiche, abbiamo realizzato due brevi interviste ai corridori presenti ieri a Salò. Canola e Scaroni. Guardatele. Parlano di dolore e carne viva. Non concorreranno all’Oscar del cinema, ma almeno in questo modo il presidente potrà guardarli in faccia. E magari chiedergli scusa.

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Liberazione 2017

Liberazione, storia di vincitori e vinti pensando al futuro

02.02.2022
4 min
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Attraverso le strade del Gran Premio Liberazione sono passati tre quarti di secolo di grande ciclismo. Sul circuito romano (un particolare nella foto di apertura di Simone Lombi) si sono visti molti dei big che poi hanno scritto pagine storiche delle due ruote, ma non è assolutamente detto che tutti siano usciti vincitori dalla gara capitolina. E’ questo il bello, la sua incertezza che ne ha sempre fatto uno degli eventi più attesi. Ogni anno la gara ha dato vita a una storia, ha messo in mostra personaggi, alcuni magari hanno ballato una sola estate mentre alle loro spalle c’era chi ha fatto del ciclismo la sua vita.

Prendete ad esempio l’edizione del 1988. Forse una delle più ricche di stelle prima della rivoluzione ciclistica che dal 1996 avrebbe portato i pro’ alle Olimpiadi. Il Liberazione è in in quell’anno olimpico che porta a Seoul la prova generale della sfida a cinque cerchi. L’anno precedente la nazionale russa aveva proiettato verso il successo Dimitri Konyshev davanti al tedesco ovest (il muro non era ancora caduto…) Bernd Groene e il russo, oggi dirigente della Gazprom e vincitore di tante gare da pro ritiene ancora quella una delle vittorie più belle in carriera. Questa volta la sfida si ripete, ma il teutonico (che poi vincerà l’argento a Seoul e avrà una breve carriera da professionista alla Telekom) la spunta e Konyshev finisce terzo, preceduto pure da un certo Mario Cipollini

Modolo Liberazione 2009
Nel 2009 Modolo batte Matthews in volata (foto Primavera Ciclistica)
Nel 2009 Modolo batte Matthews in volata (foto Primavera Ciclistica)

La grande avventura di Bugno

Qualche anno prima, nel 1985, un ragazzino monzese di nascita svizzera aveva fatto saltare il banco e sconvolto le tattiche delle squadre più affermate. Si chiamava Gianni Bugno, aveva viaggiato la notte in treno per arrivare in tempo, con la bicicletta vicino per non farsela rubare. La sua squadra aveva deciso di rinunciare alla corsa, non lui.

S’infilò in una fuga ripresa pochi chilometri prima dell’arrivo, ma seppe giocarsi la vittoria in una volata di una trentina di corridori. Quella fu la prima di una serie incredibile di successi, tra cui due titoli mondiali. Tra le squadre che rimasero beffate c’era quella di Luigi Orlandi, battuto allo sprint e per il quale aveva lavorato anche Claudio Terenzi, che 35 anni dopo sarebbe diventato l’organizzatore del GP Liberazione.

Liberazione Bugno 1985
La bellissima vittoria di Bugno nell’85, dopo una notte in treno (foto Ansa)
Liberazione Bugno 1985
La bellissima vittoria di Bugno nell’85, dopo una notte in treno (foto Ansa)

Doppietta britannica

Se torniamo ancora più indietro, alla seconda parte degli anni Settanta, scopriamo che per qualche anno i corridori italiani furono quasi delle comparse. Non bastasse la presenza delle grandi nazionali dilettantistiche del blocco comunista, arrivarono anche Paesi che non avevano tradizione a dominare la scena, come la doppietta britannica realizzata da William Nickson nel 1976 e Bob Downs l’anno successivo. Allora il ciclismo britannico era un lontano parente di quello che abbiamo conosciuto in questo secolo, quello dei Wiggins e dei Froome, dei Thomas e dei Pidcock. Furono due vittorie che sorpresero tutti perché al tempo il ciclismo non era certo lo sport più seguito nel Paese di Sua Maestà.

Qualche anno dopo le cose sarebbero cambiate. Nel 1992 ad esempio il podio fu tutto italiano, popolato da corridori che curiosamente avrebbero trovato però spazi diversi da quelli del professionismo, durato poche stagioni. Terzo fu Simone Biasci, grande speranza del tempo che dopo 7 vittorie da pro’ è diventato dirigente sportivo, secondo fu Mauro Bettin, approdato alla mtb dove ha raccolto grandi successi ed è diventato apprezzato manager, mentre a vincere fu Andrea Solagna, che troverà la sua strada nelle gran fondo.

Trentin Liberazione 2011
Nel 2012, la spunta Barbin che batte Fedi (foto Primavera Ciclistica)
Trentin Liberazione 2011
Nel 2012, la spunta Barbin che batte Fedi (foto Primavera Ciclistica)

Albo d’oro di grandi sconfitti

Se uno guarda l’albo d’oro della corsa romana, scopre che molti campioni sono passati per il Liberazione incamerando sconfitte che poi sono servite per crescere. Francesco Moser fu terzo nel 1972, stesso piazzamento lo aveva ottenuto Pierino Gavazzi due anni prima, Michael Matthews, australiano della BikeExchange ha collezionato addirittura due piazze d’onore, nel 2009 e 2010, anno nel quale avrebbe poi vinto il mondiale U23. L’attuale campione europeo Sonny Colbrelli fu terzo nel 2011, Alberto Bettiol trionfatore al Fiandre fu sempre terzo nel 2013. Due piazze d’onore anche per Simone Consonni (2014 e 2015), uno dei quattro olimpionici di Tokyo 2020 nell’inseguimento a squadre. Si sarebbe quasi portati a pensare che perdere il Liberazione porti bene…

Bugno 2021

Bugno, ci racconti quando disertasti il Giro?

09.01.2022
5 min
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Ci sono cose che nel ciclismo, pur in evoluzione, non cambiano mai. Le dichiarazioni di Javier Guillen a proposito del prestigio storico del Giro ma della maggior qualità che ormai la Vuelta (senza parlare del Tour) hanno nei confronti della corsa rosa continuano a far discutere e certamente scelte come quella della Bahrain Victorious, che ha già deciso la partecipazione di Damiano Caruso e Sonny Colbrelli al Tour disertando il Giro, attizzano il fuoco. Quando un italiano rinuncia al Giro per la Grande Boucle, si scatena sempre un putiferio e lo sa bene Gianni Bugno: nel 1992 la sua scelta riempì le pagine dei giornali per giorni.

Bugno, campione del mondo in carica, era stato vincitore al Giro nel 1990 e 4° nel 1991, ma dopo la corsa rosa fu protagonista di un eccezionale Tour de France, dove insieme a Claudio Chiappucci diede battaglia fino all’ultimo all’imperatore di allora, Miguel Indurain. Nel 1992 decise così di concentrare tutte le proprie energie per la prova francese: «Avevamo pensato che dovevo arrivare al Tour con più energie. Fra Giro e Tour non c’è mai stato grande spazio anche perché di mezzo c’erano altri impegni, al Giro della Svizzera come al Campionato Italiano. Allora la nostra stagione partiva con la Sanremo e finiva col Lombardia, eri sempre in gara, non ti focalizzavi su un appuntamento».

Bugno scelse di saltare il Giro per correre il Tour: finì 3° dietro Indurain e Chiappucci
Bugno scelse di saltare il Giro per correre il Tour: finì 3° dietro Indurain e Chiappucci
Venisti criticato per quella scelta?

Altroché, me lo ricordo ancora… Rinunciare al Giro era un sacrificio enorme, si scatenarono tante polemiche, molti lo videro come un tradimento, anche perché Indurain aveva fatto la scelta inversa, doppiare Giro e Tour, ma lui non puntava alle classiche… Era un modo per provare a ribaltare la situazione, ma le cose andarono diversamente, vinse ancora lui e io finii terzo. Era il più forte, non potevamo farci niente.

Ti sei mai pentito?

No, al tempo era quello che andava fatto proprio per provare a invertire la tendenza, avevamo fatto una preparazione puntata sul Tour. Ribadisco il concetto, io e lo spagnolo eravamo corridori diversi, lui puntava tutte le sue fiche sulle corse a tappe, io ero sulla graticola dall’inizio alla fine…

Bugno Gatorade 1992
Bugno e il suo team Gatorade in parata agli Champs Elysées (foto Flickr)
Bugno Gatorade 1992
Bugno e il suo team Gatorade in parata agli Champs Elysées (foto Flickr)
Secondo te dire che oggi il Giro ha più storia ma la Vuelta ha più importanza è vero?

Sì, perché il Giro è molto più compresso nel calendario, schiacciato tra le classiche e il Tour, col risultato che chi punta alle classiche del nord poi va al Tour. Su una cosa però dissento: la Vuelta conta di più non tanto perché è la rivincita del Tour, quanto perché è il trampolino di lancio per i mondiali, anche se rispetto ai miei tempi la corsa iridata ha perso molto del suo fascino e tanti non la pongono più come un obiettivo. Indossare quella maglia valeva un’intera carriera, caratterizzava ogni giorno di corsa, oggi non è più così.

Dal punto di vista tecnico il Giro ha perso peso?

Il Giro d’Italia è sempre stato impegnativo e la sua struttura non è cambiata, tecnicamente ha un grande valore. Allora chi andava al Giro voleva essere protagonista, c’era una partecipazione importante e si lottava per vincere, oggi coloro che realmente possono ambire al successo sono davvero pochi e vanno al Tour, così la corsa rosa perde parte del suo appeal.

Colbrelli Caruso 2021
Colbrelli e Caruso, il loro 2022 culminerà in estate col Tour, in base alle esigenze di squadra
Colbrelli Caruso 2021
Colbrelli e Caruso, il loro 2022 culminerà in estate col Tour, in base alle esigenze di squadra
Hai letto delle polemiche attorno alla scelta della Bahrain?

Certamente non parliamo di corridori che andranno per puntare al successo: Colbrelli può ambire alla conquista di qualche tappa, Caruso ha 36 anni, è stato secondo al Giro, può sicuramente far bene, ma quel che conta è la scelta della squadra che logicamente punta le sue maggiori forze sul Tour, perché è una vetrina planetaria, dà un’immagine unica. Io sono convinto che sia Sonny che Damiano avrebbero avuto piacere di correre in Italia, ma devono sottostare alle regole del team.

Cambierà questa situazione?

Non con il calendario attuale, con il Giro schiacciato in maniera tale da rendere pressoché impossibile la caccia alla doppietta che ha caratterizzato la storia di grandi campioni. Il Giro d’Italia non si può inventare, va preparato per tempo e con costanza e questo significa che bisogna sacrificare qualcosa della prima parte della stagione. Il Giro sconta un ciclismo più specialistico di quello che vivevamo ai miei tempi.

Vegni Giro 2021
Mauro Vegni, direttore del Giro, ha aspramente criticato la decisione della Bahrain
Vegni Giro 2021
Mauro Vegni, direttore del Giro, ha aspramente criticato la decisione della Bahrain
Bartali diceva «l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare…»

Tutto proprio no, perché a ben guardare quel calendario premia l’Italia a inizio stagione. Dalla Strade Bianche alla Sanremo, il meglio del ciclismo mondiale è qui, vediamo tutti i grandi campioni che poi caratterizzeranno la stagione e questa è una vetrina importantissima. E’ chiaro comunque che sul Giro bisogna fare riflessioni importanti per riportarlo ai fasti di un tempo.

Trent’anni di storie, apriamo l’album di “Checco” Villa

08.12.2021
6 min
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Fra una cosa e l’altra, con Francesco Villa abbiamo cominciato insieme: anno 1992. Chi vi scrive, col taccuino in mano. Lui, con le chiavi da meccanico alla Gatorade di Bugno. E adesso che l’inverno sta scendendo e che la sua avventura nel ciclismo delle squadre sta per concludersi, una chiacchierata fra… veterani è quello che ci vuole per passare quest’8 dicembre decisamente freddino.

Per chi non lo conoscesse, smessi i panni del meccanico a fine 2002, Francesco è stato autista dei pullman, dal Team Bianchi con Ullrich, alla Quick Step con Bettini, al Team Cervelo di Sastre e Hushovd, alla BMC delle meraviglie, alla Tinkoff di Sagan e Contador e da ultimo alla Dimension Data, poi NTT e ora Qhubeka che, almeno in apparenza, sta lottando per non sparire. Dite che qualcosa da raccontare la troveremo?

Con Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccanici
Con Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccanici
Prima squadra?

Gatorade-Chateau d’Ax nel 1992, con Bugno, Corti e Stanga. Carminati guidava il bus. Ci sono rimasto fino al 1994, poi seguii Gianni alla Mg-Technogym e di lì passai alla Mapei. Sempre come meccanico. Poi ho lavorato alla Quick Step e, a parte un anno con la Vittoria, sono stato sempre con le squadre…

Parlaci di Bugno.

Per noi era un riferimento. Nel 1992 avevo 22 anni, ero suo tifosissimo: lavorare per lui era un sogno. Il capo era Giovanni Tonoli, suo meccanico di fiducia. Fu lui a volermi accanto, perché la tradizione era che i vecchi insegnassero il mestiere ai “bocetti”, ai ragazzini. Non lavoravano bene con altri d’esperienza, perché non avevano tempo né voglia di discutere, ma Tonoli era bravissimo a insegnare. Purtropppo morì nel 1993 per un brutto male, a soli 46 anni, e a quel punto Gianni volle portarmi con sé. Un campione cui eravamo affezionati. C’ero nel 1992 quando fece terzo al Tour e anche quando nel 1994 vinse il Fiandre.

Nell’anno di passaggio fra Team Bmc e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale Vittoria
Nell’anno fra BMC e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale Vittoria
Meccanico e autista del pullman, quali differenze?

Da meccanico entri nel cuore della corsa, sei sull’ammiraglia. Il bus ti dà il contatto più frequente con il corridore. Ci sono momenti in cui stare zitti e quelli in cui dargli coraggio e qualche consiglio, soprattutto ai più giovani. Ma ad esempio le Liegi di Bettini dall’ammiraglia sono indimenticabili.

Storia parallela a quella di Carminati, che abbiamo già raccontato. Cosa ricordi della Mapei?

Era una famiglia. Il dottor Squinzi era presente con il suo appoggio morale, non dava soldi e basta. Quella squadra ha rivoluzionato il ciclismo, anche per l’investimento tecnologico che facemmo con Colnago.

Negli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi diventata Ntt e Qhubeka
Negli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi Ntt e Qhubeka
Eri ancora meccanico, con chi legasti di più?

Molto con Bartoli, ero nell’ammiraglia dietro di lui quando vinse la Freccia Vallone del 1999 sotto la nevicata. Poi Bettini, si vide subito che aveva una gran classe. Paolo, come prima Gianni, devo ringraziarlo perché creò il suo gruppo e pensava prima a noi e poi a se stesso. Parlo di Bramati, Tonti, Zanini, i massaggiatori Cerea e Bignotti, Fausto Oppici come altro meccanico. Ci chiedeva se fossimo a posto e poi andava a firmare il suo contratto.

Iniziasti da autista alla Bianchi, chi ti aveva insegnato a guidare il pullman?

Giacomo Carminati. Mi ha insegnato a guidarlo e ad amarlo, prendermene cura. Mi ha insegnato un mestiere, per questo lo considero come un fratello maggiore.

Cosa ricordi di Ullrich?

Uno dei più grandi corridori che abbia mai incontrato, gradevole come persona. Anche lui, come Bugno, un po’ troppo sfruttato dall’entourage e purtroppo neanche lui aveva grande personalità, come purtroppo si è visto negli anni successivi. Nel 2003 andava fortissimo e gli fecero perdere il Tour dall’ammiraglia. Lui voleva attaccare, soprattutto essendosi accorto che Armstrong non era brillantissimo. Invece continuarono a dirgli di aspettare, così Armstrong tornò forte e vinse anche quella volta.

Alla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto Contador
Alla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto Contador
La Tinkoff di Contador e Sagan?

Una squadra che senza Riis (il danese fu allontanato da Oleg Tinkoff a marzo del 2015, ndr) si capiva non sarebbe durata. C’era il gruppo di Contador, quello di Sagan, gli italiani… Con Alberto legai parecchio. Nel 2016 fu sfortunato, era già in fase discendente, ma sempre una grande persona. Non si fidava di lasciare le scarpe sul pullman, al massimo lo faceva se le chiudevo a chiave in un armadietto. Aveva paura del sabotaggio, molto diffidente. Lasciava avvicinare inizialmente solo il suo meccanico Faustino, io me ne stavo sulle mie. Non sono un adulatore, se hanno bisogno chiedono loro e alla fine diventammo amici.

Riis però l’hai trovato alla Ntt l’anno scorso…

Una persona molto preparata, che non è stata capita. Io ero abituato a Ferretti e Stanga, non mi faceva paura e lavoravo bene, gli altri hanno fatto fatica e infatti non è durata. Al Tour del 2020 venne al bus e mi disse che dal giorno dopo non avrebbe più voluto vedere lattine di Coca e Fanta, perché i corridori erano grassi. Per me era un’osservazione giusta, gli altri non lo capirono.

Che rapporto hai con il pullman?

E’ la mia casa. Devo pulirla, tenerla in ordine. Ne sono molto geloso, discuto con i corridori che non mostrano rispetto. Per fortuna i campioni aiutano, loro sono sempre i più educati. Sastre era un modello, Cavendish se vedeva disordine, sgridava i compagni: «Siamo in una stalla?». Il pullman per un autista è come il camion officina per il meccanico: serve passione per il lavoro, sennò lo trascuri.

Che rapporto hai avuto con Cavendish?

Grandioso, come con Bettini. Alla Dimension Data si stava spegnendo, ha fatto bene ad andare via ed ero certo che sarebbe tornato. Con Lefevere e Bramati alla Deceuninck-Quick Step la sola ricetta è pedalare, conosco quell’ambiente. Sono contento che abbia firmato per un altro anno, anche con la clausola che non farà il Tour. E poi secondo me certe cose le dicono anche per dargli grinta

Hai scelto di mollare, ti dispiace?

Sicuramente mi mancherà tantissimo. Ma abbiamo due bimbe di 11 e 7 anni e a un certo punto sei costretto a fare delle scelte. Non potevo più fare 180 giorni via, in casa c’è bisogno del papà. Mia moglie non mi ha mai ostacolato, ma vedevo che la fatica per gestirle aumentava. Ho fatto per 30 anni la vita che qualunque tifoso di ciclismo sognerebbe, è giusto che adesso lasci spazio ad altri.