Algeri, lo sguardo del saggio sul ciclismo di oggi

26.12.2024
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A 71 anni Vittorio Algeri è uno dei saggi del ciclismo contemporaneo. Non tanto per l’età, ormai un concetto piuttosto aleatorio, quanto per la sua esperienza e per l’occhio che da essa trae per guardare il mondo che lo circonda. Nato a Torre de’ Roveri, seguendo le orme del fratello Pietro ha vissuto tante fasi, da quella del ciclismo per gioco alle corse dilettantistiche fino al sogno olimpico solo sfiorato a Montreal 1976 (nell’edizione dell’argento di Giuseppe Martinelli), il grande rammarico della sua vita, più di tutte le gare professionistiche affrontate. Poi la vita da diesse, pilotando verso grandi traguardi gente come Bugno e Bortolami, con cui ha condiviso il trionfo al Fiandre 2001.

Nel team australiano il lombardo è spesso nella seconda ammiraglia, ma è molto ascoltato dai colleghi
Nel team australiano il lombardo è spesso nella seconda ammiraglia, ma è molto ascoltato dai colleghi

Oggi Algeri è alla Jayco AlUla. E’ ancora diesse, i suoi colleghi lo guardano quasi con deferenza anche se per sua scelta raramente sale sulla prima ammiraglia.

«Preferisco dedicarmi a tutti quei compiti – e sono tanti – che sono necessari per la vita di un team, partendo dall’organizzazione dei viaggi e dalla logistica passando per lo studio dei percorsi. Il ciclismo è cambiato molto da quando ho iniziato, ad esempio allora la lingua più diffusa era il francese, ora l’inglese che io non parlo bene».

Quando iniziasti a fare il direttore sportivo com’era?

Tutto diverso, in base ai numeri. Eravamo un paio per squadra, ma dovevamo gestire gruppi molto più ristretti, non si arrivava a 15. Oggi sono il doppio e io ho più di una decina di colleghi. Ma d’altronde non si potrebbe fare altrimenti. Il ciclismo è molto diverso ora, i corridori fanno vita a sé, hanno più relazioni con figure come preparatori, nutrizionisti, una serie di professionisti che ai tempi non erano così diffusi. Molti corridori li incontro raramente, è difficile così sviluppare un rapporto umano.

Algeri ha iniziato la carriera da diesse nel 1988 alla Chateau d’Ax. E’ alla Jayco dal 2012
Algeri ha iniziato la carriera da diesse nel 1988 alla Chateau d’Ax. E’ alla Jayco dal 2012
Prima invece?

Allora stavi vicino ai corridori, nei ritiri prestagionali e durante la stagione. C’era un interscambio continuo, c’era modo di trasmettere qualcosa, le proprie esperienze, confrontarsi. Oggi contano solo i numeri, la potenza, è un discorso fisico prima ancora che strategico, invece il ciclismo è fatto anche di fantasia, di invenzioni.

Non rimpiangi un po’ i tempi dei tuoi esordi da diesse, quando c’era una stragrande maggioranza di squadre italiane?

Altroché, ne avevamo anche 14, l’epicentro del ciclismo era da noi. Ma era un’altra epoca, giravano altre cifre. I soldi hanno cambiato tutto. Oggi tenere una squadra professionistica costa svariati milioni anche perché sono vere e proprie imprese con oltre un centinaio di dipendenti. Da noi ci sono addirittura più di 170 persone a libro paga. Ai tempi era inconcepibile. Noi avevamo due diesse, due meccanici, un medico e finiva lì…

Nel team Jayco-AlUla ci sono 3 italiani in una squadra quanto mai internazionale, con 14 Nazioni
Nel team Jayco-AlUla ci sono 3 italiani in una squadra quanto mai internazionale, con 14 Nazioni
Ma ti diverti?

Meno, anche se il ciclismo resta sempre la mia passione, ha contraddistinto quasi tutti i miei 71 anni considerando che i miei primi ricordi sono legati proprio alle due ruote, a quando giravo per la fattoria della mia famiglia con la mia piccola bici già senza rotelle. Il fatto è che il ciclismo di oggi è più asettico, ma anche più frastornante: noi facciamo anche tripla attività in contemporanea. In questo la tecnologia aiuta molto.

Prima parlavi delle figure professionali affiancate alla vostra attività. Un vecchio saggio come te come le vede?

Hanno cambiato molto, ma non si può negare che per molti versi abbiano contribuito alla crescita del ciclismo insieme ad altri fattori, come quelli tecnici, dei materiali. E’ un’altra epoca e la preparazione degli allenatori svolge un ruolo molto importante. I corridori sono molto legati a loro e non potrebbe essere altrimenti perché il livello delle prestazioni si è alzato sensibilmente. Noi abbiamo riunioni online tutte le settimane, praticamente appena finita una stagione si è già al lavoro per la successiva.

Filippo Zana è uno dei talenti italiani del team. Per Algeri la strada per i nostri, senza un team di riferimento, è più dura
Filippo Zana è uno dei talenti italiani del team. Per Algeri la strada per i nostri, senza un team di riferimento, è più dura
E i corridori li vedi diversi?

Sì, per me anche un po’ troppo schiavi dei numeri, della preparazione, della routine. Ci mettono un’energia fisica ma ancor più mentale che è superiore a quella che mettevamo noi e temo che tutto ciò avrà un costo di logorio precoce. I corridori devono seguire una marea di dettami, manca loro quel guizzo che tante volte cambiava le sorti di una corsa.

A chi sei rimasto più legato nella tua carriera?

Bugno ad esempio, è stato con me 5 anni e non era un personaggio facile, era difficile legare, per certe cose era quasi un precursore del ciclismo di oggi. Ma anche Bortolami, indimenticabile quella giornata belga, oppure Leblanc o il povero Rebellin. Lo stesso Gianetti, un grande corridore, un uomo squadra. Ecco, lui trasmette quel che ha imparato nel suo nuovo lavoro.

La vittoria di Bortolami al Fiandre 2001, per Algeri la più grande soddisfazione vissuta da diesse
La vittoria di Bortolami al Fiandre 2001, per Algeri la più grande soddisfazione vissuta da diesse
Il rischio è che dai corridori di oggi usciranno diesse di domani con meno capacità empatiche…

E’ vero, ma già adesso questa figura è cambiata, molto professionale. Sono tutti colleghi, pochi fra loro sono amici se si capisce quel che intendo. Manca una componente importante: anche nella costruzione di un treno per le volate, non potrà mai funzionare appieno se non si svilupperà un rapporto stretto fra i suoi componenti.

Tanti ragazzi non approdano al ciclismo professionistico pur avendo valori, capacità. E’ qualcosa che ti preoccupa?

Non tanto, perché la selezione naturale c’è sempre stata. Come diceva la canzone “uno su mille ce la fa” ma è sempre stato così. Certo, i posti sono pochi e si vanno a cercare talenti sempre più giovani, ma è questo il trend di oggi e bisogna adeguarsi, dobbiamo farlo innanzitutto noi italiani che non abbiamo un team di riferimento. Intanto però dovremmo imparare a far crescere i ragazzi senza schiacciarli dalla pressione del risultato, che conta ma non è tutto e qui lo sappiamo bene.

EDITORIALE / Bugno e il ciclismo valgono più di 30.000 euro

04.11.2024
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Se avessero voluto gratificare Gianni Bugno, sarebbe stato meglio riconoscergli un incarico federale. Ne avrebbe il carisma, la competenza e persino il diritto: lo ha dimostrato con il lavoro svolto per il CPA. Invece gli offrirono dei soldi, trentamila euro, ma non si è capito a che titolo. Il presidente Dagnoni dice che non fu Bugno a portargli lo sponsor TCI Led, quindi nulla gli era dovuto. Lo stesso Bugno dice di aver semplicemente creato un contatto, per il quale non era previsto compenso. E allora perché offrirglieli? Forse perché un uomo così sarebbe diventato una spina nel fianco più rumorosa di Norma Gimondi, che lasciò la Federazione con un rimbombo che si disperse rapidamente? In ogni caso Gianni li rifiutò e si ritrovò contro il palazzo.

Si torna ad anni impegnativi. Nel marzo del 2022 Gianni ricevette la notizia che chiuse per forza una pagina della sua vita. Non avrebbe più potuto pilotare l’elicottero, il mestiere che più amava: come dover nuovamente smettere di correre. Cinque mesi dopo, casualmente oppure no e nel pieno della bufera sulle provvigioni irlandesi, Bugno ricevette il messaggio del presidente federale che gli proponeva l’incontro di cui si è raccontato pochi giorni fa nella conferenza stampa di Monza.

L’avvocato Alessi e Moreno Argentin nella conferenza di Roma successiva all’annullamento della Adriatica Ionica Race
L’avvocato Alessi e Argentin nella conferenza di Roma successiva all’annullamento della Adriatica Ionica Race

La conferenza di Monza

Un evento, quest’ultimo, organizzato con l’avvocato Alessi: lo stesso che di recente aveva assistito Moreno Argentin nella spinosa vicenda della Adriatica Ionica Race cancellata e l’aveva poi portato al tavolo di un altro incontro con i giornalisti, cui intervenne anche Bugno. Di fronte, questa volta meno additato, ugualmente il presidente federale Dagnoni e la sua gestione.

Un evento sulla cui utilità ci si potrebbe persino interrogare, dato che la procura federale ha archiviato l’inchiesta sulla delicata vicenda, senza aver ascoltato Bugno. E senza che la Procura del Coni abbia ritenuto necessario andare a vedere più da vicino, fosse anche per dare al verdetto i crismi per risultare inattaccabile. Una di quelle inchieste aperte per dovere e portate al traguardo senza scossoni, su cui la conferenza di Monza ha voluto riaccendere la luce, prima che sparisca definitivamente alle spalle. Come peraltro nulla si sa del fatto che la Giunta CONI non avrebbe ancora approvato il bilancio consuntivo 2023 della FCI.

Cordiano Dagnoni è diventato presidente FCI nel 2021
Cordiano Dagnoni è diventato presidente FCI nel 2021

Bugno come Cassani

Quello che troviamo triste è il ribaltamento dei ruoli. Gianni Bugno è stato per anni IL CICLISMO italiano, il campione con cui farsi le foto e da avere accanto come una benedizione. Alla Chateau d’Ax è stato il capitano di Roberto Amadio e di Mario Scirea, entrambi presenti all’appuntamento con Dagnoni ed entrambi citati ripetutamente nella conferenza di Monza. Eppure in questa vicenda dai contorni confusi sono diventati testimoni e attori di una situazione da cui il loro capitano è uscito con le ossa rotte e l’immagine danneggiata. Chissà se si è compreso l’enorme danno fatto al ciclismo, esponendo Gianni a questa situazione.

E’ l’ennesima dimostrazione di un sistema che ha rimandato al mittente il galateo sportivo. Se ne ebbe un primo assaggio alle Olimpiadi di Tokyo, quando nel bel mezzo della festa, il coordinatore delle nazionali Cassani fu rispedito a casa. Di lì a poco ci sarebbe stato da festeggiare lo storico oro del quartetto, reso possibile dalla gestione di Villa e del cittì romagnolo, ma in quelle foto ricordo comparvero altri volti che alcun ruolo ufficiale ebbero in quella storia.

Roberto Amadio e Mario Scirea, team manger FCI e collaboratore tecnico
Roberto Amadio e Mario Scirea, team manger FCI e collaboratore tecnico

Non solo l’eccellenza

Nei giorni scorsi, il Consiglio federale ha approvato i contratti dei tecnici sino a fine 2025. Mancano all’appello soltanto Sangalli, che ha preferito salire sull’ammiraglia della Lidl-Trek, e Bennati, che l’ha saputo dai media prima che a dirglielo fosse lo stesso Amadio. Il contratto del team manager scadrà invece nell’ottobre 2025, qualunque sia il presidente federale che uscirà dalle urne il prossimo gennaio. Certo, il veneziano dovrà sperare che il prossimo eletto – qualora non dovesse essere Dagnoni – abbia con lui un atteggiamento più elegante di quello che venne riservato a Cassani.

Si annunciano settimane faticose, mentre le maglie azzurre vincono sui sentieri degli europei del cross ringraziando la Federazione che li ha messi nelle condizioni di lavorare. Quel che manca è la struttura su cui costruire il futuro: di questo l’attuale gestione non si è preoccupata poi troppo. Ha lavorato più sull’eccellenza che sulle sue radici.

Pogacar fa il suo, ma il gruppo non ride: parola di Bugno

13.05.2024
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NAPOLI – Gianni Bugno sta partecipando al Giro-E con Valsir, assieme ad Astarloa e Colbrelli. Ieri sera è tornato a casa approfittando del riposo, ma domani sarà ancora in gruppo. Il monzese, che nel 1990 prese la maglia rosa il primo giorno a Bari e la ripose nel cassetto solo dopo averla vestita ininterrottamente fino a Milano, ha l’attitudine a volare basso: l’ha sempre avuta. Ma se bisogna mettere sul piatto il suo fascino di campione e l’essere stato ispirazione per atleti, tifosi e giornalisti (incluso chi scrive), si può dire senza troppi dubbi che Gianni sia stato uno dei giganti assoluti del ciclismo mondiale. Il Giro tutto in rosa. Due volte il podio del Tour, come pure l’Alpe d’Huez. Due volte campione del mondo. Primo alla Sanremo, quindi al Fiandre e primo pure a San Sebastian. La Coppa del mondo. Due volte tricolore. Si potrebbe andare avanti a lungo, ma forse è meglio ricordare che ottenne questi risultati negli anni in cui Indurain dettava legge, circondato da Chiappucci, Mottet, Fignon, Leblanc, Lemond, Hampsten e Delgado. Ogni epoca ha i suoi protagonisti, allora erano davvero tanti.

Si dice che Pogacar fosse contrariato per non aver vinto a Torino poiché non sarebbe riuscito a eguagliarne il primato di vestire la rosa dall’inizio. E’ chiaro che a meno di eventi clamorosi, il risultato finale sia al sicuro, ma la sua gestione quotidiana suggerisce spunti che abbiamo affrontato con Gianni prima che partisse.

«Sono storie diverse – dice subito – una questione diversa. Quando presi la maglia rosa, volevo tenerla il più possibile perché non sapevo quali fossero i miei limiti. Lui i suoi li conosce, sapeva di poter prendere la maglia in ogni momento, anche l’ultima settimana. Invece l’hanno presa subito quindi adesso la terranno. Sono una delle squadre più forti, lui è un corridore immenso, non c’è neanche da discutere cosa può fare. Ha dimostrato che è ampiamente superiore».

Gianni Bugno ha 60 anni. E’ stato pro’ dal 1985 al 1998
Gianni Bugno ha 60 anni. E’ stato pro’ dal 1985 al 1998

Cedere la maglia: sì o no?

Fin qui dunque nessuna nota stonata. Quando Bugno vinse il Giro, la Chateau d’Ax non fu asfissiante: Gianni vinse tre tappe e altre ne regalò. Imperdonabile agli occhi dei tifosi fu quella lasciata a Mottet sul Pordoi (foto di apertura). Eppure così facendo e lasciando spazi ai fuggitivi di giornata, trovò lungo il Giro gli aiuti necessari per non sfinire.

«E questo – dice Bugno – potrebbe essere il difetto di quello che hanno fatto sin qui. Potevano anche aspettare a prendere la maglia per non stancare la squadra, potevano avere l’aiuto di qualche altra che l’avesse presa al posto loro. Per qualsiasi squadra avere quel simbolo e tenerlo il più possibile è veramente tanto. Pogacar l’ha presa subito, quindi ha tolto ad altri la possibilità di fare lo stesso. Ha tirato via la possibilità che qualcun altro prenda e tenga la maglia dei GPM. E non è messo male neanche nella classifica a punti, penso che non abbia rivali. Mi chiedevano sempre quando l’avrei mollata, tutti pensavano che la potessimo mollare da un momento all’altro per non saltare. Anche io non sapevo se avrei tenuto. Lui sa che non salta. Pogacar è un campione che ha dimostrato tantissimo e ancora lo sta facendo. Purtroppo gli altri sono di un livello inferiore…».

L’inseguimento della UAE Emirates sabato a Prati di Tivo è parso un dispendio forse eccessivo di energie
L’inseguimento della UAE Emirates sabato a Prati di Tivo è parso un dispendio forse eccessivo di energie

Il gruppo si diverte?

Gli facciamo presente lo scambio di opinioni sui social fra chi pensa che Pogacar stia esagerando e chi invece lo sostiene costi quel che costi. La condotta di Fossano ha sollevato qualche dubbio, l’inseguimento della fuga a Prati di Tivo per poi vincere in volata è parso insolito. In gruppo si dice che Tadej farebbe anche a meno di certe dimostrazioni di forza, ma che dalla squadra gli dicano di correre così.

«A Prati di Tivo – dice Bugno – poteva lasciare andare Tiberi, a prenderlo avrebbero pensato semmai gli altri. E a quel punto, se altri corridori avessero chiuso il buco, lui avrebbe potuto vincere in volata. Invece hanno corso diversamente, è il loro modo di fare, non puoi contestarlo. Possono farlo e lo fanno. Non esiste un modo giusto e uno sbagliato di tenere la maglia rosa, ma se la lasci a un’altra squadra, ne hai una in più che ti aiuta a tenere la corsa e loro potrebbero risparmiarsi. L’obiettivo di Pogacar non è solo il Giro, c’è anche il Tour ed è tanta roba da qua a fine luglio. Risparmiare un po’ di forza non farebbe male. Però hanno deciso così e meritano rispetto. Lo ammiro perché è un grande campione, diverte e tutto quello che si può dire. Non so quanto diverta gli altri corridori in corsa…».

GEKO, il pantaloncino con grip che migliora la performance

03.04.2024
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«Vedo corridori che fanno ricerche su ricerche e poi quando si tratta di spingere si ritrovano in punta di sella». GEKO ha brevettato un sistema per ottenere il massimo grip, per evitare sprechi di potenza, avere maggiore stabilità e sicurezza senza compromettere la libertà di movimento. Le parole in apertura sono di Stefano Zanatta ex pro’ e oggi diesse della Polti-Kometa, che ha contribuito allo sviluppo del prodotto di cui vi andremo a parlare oggi: il bibshort GEKO

Gianni Bugno e Stefano Zanatta hanno contribuito allo sviluppo del prodotto
Stefano Zanatta ha contribuito allo sviluppo del prodotto

Due tester d’eccezione

Per la realizzazione di questo prodotto, l’ideatore e fondatore di GEKO Francesco Nardi, si è affidato a due pareri più che esperti: Gianni Bugno e Stefano Zanatta. Due profili che il ciclismo lo hanno praticato ai massimi livelli negli anni ’80 e ’90 e che oggi lo vivono dall’interno e lo praticano quotidianamente. Ci hanno creduto e oggi, con orgoglio, sono i testimonial d’eccezione del bibshort brevettato GEKO.

«Quando Francesco Nardi ha depositato il brevetto – racconta Zanatta – mi ha contattato per chiedermi cosa ne pensassi e da lì è nato tutto. Si sono susseguite informazioni e prove per capire dove migliorare e capire le necessità del ciclista a livello di prestazione e di sicurezza. Esistono selle con grip ma sono limitate, con il GEKO puoi utilizzarle tutte e avere la massima rendita. Ci abbiamo messo tre anni e con la collaborazione di Gianni Bugno abbiamo maturato scambi e confronti per capire se c’era da migliorare qualcosa o meno. Il risultato è il prodotto che si può trovare oggi in commercio».

Il tessuto a base siliconica non appiccica ma permette di rimanere in posizione
Il tessuto a base siliconica non appiccica ma permette di rimanere in posizione

In cosa consiste

Il sistema antiscivolo brevettato GEKO permette di rimanere stabilmente nella posizione studiata dal biomeccanico e di far lavorare correttamente la muscolatura. Indossando il bibshort si pedala senza scivolare in inclinazioni laterali o slittamenti avanti/indietro, mantenendo una posizione neutra. Questo consente una posizione corretta e stabile per sfruttare al massimo l’energia generata.

«Il funzionamento di questo brevetto – spiega Zanatta – permette di assicurarsi la stabilità sulla bici per favorire una maggiore sicurezza in sella. Poter avere un appoggio con più grip ti regala una sensazione migliore quando si pedala. In più abbiamo visto che anche la prestazione viene esaltata. Al giorno d’oggi come è giusto che sia tutti vanno dal biomeccanico per trovare la miglior posizione. C’è chi cerca maggior comfort e chi la massima prestazione. Tutto però viene vanificato quando si alza il ritmo e ci si inizia a muovere in sella. Bastano infatti 2 o 3 centimetri a mandare in fumo tutta la biomeccanica e di conseguenza a aprire a più incognite. Con il bibshort GEKO si evitano pericolosi spostamenti rispetto all’indicazione che ci ha dato il biomeccanico. Questo porta ad un maggior comfort e una maggior prestazione».

Mantenere la posizione corretta aiuta il comfort in sella e la posizione ideale
Mantenere la posizione corretta aiuta il comfort in sella e la posizione ideale

Rendimento

Allineamento del bacino, flessione dell’anca, distribuzione del peso, angolo del ginocchio, altezza della sella sono alcuni dei fattori che determinano prestazioni, comfort ed efficienza del movimento. Il sistema antiscivolo brevettato GEKO permette di massimizzare la performance senza compromettere il comfort.

«Questo è un pantaloncino – conclude Zanatta – che permette di stare in sella svariate ore. E’ stato usato dagli ultra-ciclisti per più di 12 ore consecutive. Uno dei benefici maggiori lo si percepisce sulle salite lunghe. Stare seduti in posizione corretta ci permette di gestire al meglio la muscolatura senza affaticare la parte alta e allo stesso tempo favorendo il comfort finale e il recupero. Uno degli ultimi test ha dato risposte positive anche per quei ciclisti che hanno problemi prostatici. Il minore spostamento sulla sella dà anche dei vantaggi sotto questo tipo di aspetto».

La salopette GEKO offre una eccellente elasticità e ottima vestibilità grazie al tessuto Thunderbike Power Stretch & Shield, pensato per sport ad alte prestazioni durevole nel tempo. La tecnologia Eclipse Sun Protection garantisce inoltre massima protezione dai raggi UV. Per quanto riguarda il modello da uomo è stato scelto il Fondello C-Tech rosso Road Performance Force Hybrid di Elastic Interface per le lunghe distanze. Mentre per la donna l’Endurance 3 Women. Il prezzo per i modelli estivi è di 249 euro. 

Geko

Geko: il sistema brevettato che garantisce grip estremo

12.03.2024
3 min
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La zona della sella è la parte più delicata da curare quando si pedala ai massimi livelli e non solo. Avere un posizionamento perfetto aiuta a sprigionare la massima potenza e a non perdere nemmeno un watt. Una volta trovate le misure giuste è importante mantenerle per tutta la durata della gara o dell’allenamento. Anche nel momento di massimo sforzo, quando l’azione diventa stanca e scomposta. Una soluzione la offre Geko: è un pantaloncino con sistema grip brevettato dalla stessa azienda trevigiana. 

Il sistema Geko offre un grip perfetto con la sella, aiutando il ciclista a mantenere la posizione
Il sistema Geko offre un grip perfetto con la sella, aiutando il ciclista a mantenere la posizione

Sempre composto

Quello di Geko è un sistema che viene incontro al lavoro del biomeccanico, aiutando il ciclista a non perdere mai la posizione in sella. Non si tratta solo di curare le fasi di massima spinta, ma anche quelle di guida. Il baricentro risulterà più stabile, dando così un maggiore senso di sicurezza quando si affronteranno discese impervie. 

«Questo nostro sistema brevettato – afferma Francesco Nardi, inventore del brevetto e titolare del marchio Geko – permette al ciclista di non scivolare sulla sella. Offre un mix tra libertà di movimento e grip. Infatti la nostra tecnologia non costringe il ciclista a rimanere fermo, ma offre grip, che è diverso. Vi faccio un esempio: quando ci si trova nel massimo sforzo si tende a scivolare in punta di sella, grazie alla nostra tecnologia questo non accadrà più.

«Un grande aiuto – continua – ce lo hanno dato due ex professionisti esperti come Stefano Zanatta e Gianni Bugno. Il loro contributo è stato davvero importante per sviluppare le caratteristiche di questo sistema».

E’ applicato direttamente al pantaloncino
E’ applicato direttamente al pantaloncino

Principio e benefici

Come funziona questa tecnologia creata da Geko? Ma soprattutto quali sono i suoi benefici? 

«Il principio di funzionamento – racconta ancora Francesco Nardi – è che il tessuto, a base siliconica, non appiccica, ma aumenta il grip. Ci sono dei punti specifici dove la nostra applicazione si attacca alla sella, aumentando l’attrito. I benefici sono diversi: il primo è dare continuità al lavoro del biomeccanico. Poi a livello muscolare l’atleta lavora bene perché non cambia posizione una volta in sella. Ultimo, ma non meno importante, c’è da considerare la maggior sicurezza. Questo sistema porta ad avere una miglior sensazione durante le fasi di guida, visto il maggior grip».

Questi sono i pantaloncini con il sistema Geko
Questi sono i pantaloncini con il sistema Geko

Durata elevata

La caratteristica che sorprende di questa tecnologia, brevettata da Geko, è la durabilità dei materiali. Nonostante l’utilizzo continuo non si andrà mai a perdere la sensazione di grip, anche durante allenamenti molto lunghi o sessioni ad alta intensità. Non sarà necessario sostituire il materiale antiscivolo, ma si potrà contare su un ottimo grip in ogni momento. 

Ultima caratteristica del brevetto di Geko riguarda i punti di pressione. Non scivolando mai sulla sella il corpo rimane stabile e lo sono anche i punti di pressione, che non si concentrano mai in un’unica area. In questo modo diminuiscono i sensi di affaticamento e di fastidio. 

Geko

Sagan e Alaphilippe: Boucle anonima, destini diversi

16.07.2023
5 min
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In questo Tour de France, al di là di chi lotta per la maglia gialla o compete comunque da protagonista, ci sono due figure già storiche per il ciclismo, che hanno vestito a ripetizione la maglia iridata, ma che hanno perso parte dello smalto che avevano. Ci sono molti punti in comune fra Peter Sagan e Julian Alaphilippe, dato da un passato fatto di grandi vittorie nelle classiche e nelle edizioni iridate. Il presente li vede un po’ ai margini, anche se lo stanno vivendo in maniera diversa perché anche il futuro si prospetta differente.

Due corridori posti su binari diversi, che Gianni Bugno, altro corridore capace di conquistare due titoli mondiali a distanza di un anno (Sagan a dir la verità ne ha vinti addirittura tre) guarda con la sua lente d’ingrandimento.

Peter Sagan chiuderà a fine stagione, per dedicarsi alla mountain bike, con il sogno delle Olimpiadi
Peter Sagan chiuderà a fine stagione, per dedicarsi alla mountain bike, con il sogno delle Olimpiadi

«E’ chiaro che non sono più i campioni di qualche anno fa – inizia Bugno – anche se la gente vedo che li guarda sempre con grande affetto, quando arrivano alla partenza. Questo Tour però lo stanno vivendo in maniera diversa, mi colpisce soprattutto Sagan, che vedo molto al di sotto dei suoi standard. Credo che il fatto di aver già annunciato l’intenzione di smettere a fine anno gli precluda molte possibilità».

Pensi che influisca mentalmente?

Sì, ho come l’impressione che abbia mollato, che non ci creda più. E quando sei tu il primo a non crederci, è difficile che i risultati arrivino. Non so neanche quale sia la sua reale condizione, mi pare sia un po’ a terra moralmente e non abbia la spinta giusta per provarci. Si accorge che in volata non può tenere testa a Philipsen, anche sui percorsi misti che una volta erano il suo forte non emerge, è un po’ alla deriva.

Nonostante gli scarsi risultati, la passione per Sagan non accenna a diminuire
Nonostante gli scarsi risultati, la passione per Sagan non accenna a diminuire
E’ uno stato che emerge in questo Tour o lo avevi notato già prima?

No, è un po’ tutta la stagione che va così. L’ultima vittoria è stata il titolo nazionale dello scorso anno, sono 12 mesi che non vince. Ogni tanto riesce a cogliere qualche piazzamento e nulla più. Per questo dico che è una questione soprattutto di testa. Ha bisogno di nuovi stimoli.

Poteva averli dal team, in quanto a supporto diverso?

E’ un discorso più personale. Io credo che ormai sia proiettato verso nuove dimensioni, non è un caso se ha detto che vorrebbe riprovare la mountain bike per tentare di andare alle Olimpiadi oppure se sia sempre molto interessato al gravel. Ha bisogno di una nuova dimensione, che in questo ciclismo su strada non trova più.

Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?
Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?
Veniamo ad Alaphilippe: stesso discorso?

Il francese non è sicuramente quello dello scorso anno, si vede anche quando prova a entrare nelle fughe, ma nel suo caso ci sono ragionamenti diversi da fare. Non ha dalla sua un team che lo supporta e questo mi dispiace, perché si ci è dimenticati un po’ troppo in fretta di come con i suoi titoli mondiali abbia tenuto su la squadra, di quanto sia stato importante anche come immagine. Il fatto di essere visto dai vertici del team con un po’ di sufficienza lo condiziona. Però…

Continua…

Io guardandolo bene noto che in questo Tour, pur non ottenendo risultati, sta impegnandosi e la sua condizione è in crescendo. Secondo me uscirà dal Tour con una gamba notevole e non dimentichiamo che subito dopo ci sono i mondiali…

Il francese inseguito da Van Aert, una sfida che potrebbe ripetersi al mondiale in agosto
Il francese inseguito da Van Aert, una sfida che potrebbe ripetersi al mondiale in agosto
Secondo te il francese può essere un fattore a Glasgow?

Io penso di sì, perché il percorso è abbastanza adatto al suo modo di correre. Io non lo sottovaluterei, potrebbe anche dire la sua in quel contesto, considerando che altri, quelli che stanno lottando nei quartieri alti della classifica, saranno comunque un po’ stanchi, anche mentalmente.

Il suo futuro come lo vedi?

Sarà importante per lui scegliere una giusta squadra per il 2024. Può fare ancora molto, ha solo 31 anni e tutte le qualità per emergere nelle corse a lui più adatte. Anche nel suo caso servono nuovi stimoli, ma può trovarli tranquillamente nel “suo” mondo.

Bugno nel 1998, l’ultimo suo anno chiuso con un’importante vittoria alla Vuelta
Bugno nel 1998, l’ultimo suo anno chiuso con un’importante vittoria alla Vuelta
Le loro storie hanno qualcosa che ti riporta al tuo passato?

Io ho chiuso a 34 anni, ma anche nella mia ultima stagione vinsi, il mio ultimo successo è stato una tappa alla Vuelta. So però che alla fine comincia a mancarti il morale e quando non c’è quello, tutto diventa più difficile. E’ successo anche a me. Molto però dipenderà da quel che vorranno fare, credo che le loro strade andranno diversificandosi sempre più.

Una nuova casa per le bici firmate Bugno

10.07.2023
4 min
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MAGENTA – Da oggi le biciclette firmate Gianni Bugno hanno una nuova casa, anzi hanno la loro prima e vera casa. Lo scorso 24 giugno è stato inaugurato a Magenta, comune sul confine tra Lombardia e Piemonte, il BUGIA Store che permetterà a tutti gli appassionati di entrare in contatto con la storia ciclistica di Gianni Bugno e soprattutto poter ammirare le biciclette che portano il suo nome. Per i pochi che ancora non lo sanno il nome BUGIA nasce dall’unione delle iniziali di cognome e nome del campione monzese. 

Nei giorni scorsi abbiamo deciso di fare visita al nuovo store per conoscere qualcosa di più della storia del marchio BUGIA. Ad accoglierci abbiamo trovato Alessio Bugno, figlio di Gianni, che da qualche anno cura immagine e impegni del padre e dal 2019 ha dato vita a BUGIA. 

Un’adolescenza da ciclista vincente proseguita poi sui campi di calcio. Una passione quella per il pallone che l’ha portato a giocare in Serie C, l’attuale Lega Pro, passando attraverso una breve esperienza in Inghilterra nel Carlisle United. Oggi Alessio ha 33 anni e non ha smesso di calcare i campi di calcio. Da pochi giorni ha firmato per il RG Ticino in serie D, segno di una passione profonda per il calcio che l’ha guidato anche nei suoi studi e nella sua attuale professione.

Oggi opera nel settore dell’assistenza e della consulenza nei confronti di Società e Associazioni sportive, delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo. Una professione in cui ha messo a frutto la sua esperienza ultra decennale di calciatore.

E’ stato il figlio di Gianni Bugno, Alessio, a spiegarci l’idea di questo showroom
E’ stato il figlio di Gianni Bugno, Alessio, a spiegarci l’idea di questo showroom
Alessio, partiamo dal nome BUGIA. Qualcuno in passato potrà aver avuto qualcosa da ridire al riguardo …

E’ possibile e quando è stato scelto il nome qualche riflessione al nostro interno l’abbiamo fatta…ma poi sentendo mio padre e conoscendo il suo modo di pensare e di non dare troppo peso alle cose, abbiamo deciso di non cambiarlo.

Quando nasce BUGIA?

Nasce nel 2019 alla vigilia dell’anniversario che celebrava i 30 anni dalla vittoria di mio padre al Giro d’Italia del 1990. Volevo fargli una sorpresa. Abbiamo realizzato complessivamente 90 pezzi, ognuno dei quali unico ed esclusivo con il proprio numero di serie. Uno di questi ci è stato richiesto dalla Chateau d’Ax, la squadra con cui vinse proprio il Giro del 1990. Volevano usarlo per una loro iniziativa. 

Per quale motivo oggi avete deciso di creare uno showroom?

Fino ad oggi ci siamo mossi attraverso la vendita online. Volevamo però dare a tutti la possibilità di toccare con mano le nostre bici. In questi anni abbiamo allargato la nostra offerta e ci sembrava giusto che le persone potessero vedere dal vivo tutti i modelli BUGIA. Oggi oltre ai modelli corsa, abbiamo a catalogo bici a pedalata assistita, gravel e da passeggio. In occasione dell’inaugurazione dello showroom abbiamo dato a tutti la possibilità di pedalare sulle nostre bici organizzando una pedalata in quelle che sono state per un certo periodo della sua carriera le zone di allenamento di mio padre.

Cosa è oggi BUGIA e cosa vi proponete di ottenere?

Nelle intenzioni di mio padre, che io condivido in pieno, c’è il desiderio di favorire l’uso della bicicletta coinvolgendo più persone possibili. Per noi la bicicletta ha tante sfaccettature: strumento per chi vuole fare agonismo, ma anche semplice mezzo per spostarsi in città o per fare una passeggiata. 

Tanti curiosi ed appassionati si sono fermati a guardare i modelli presenti al BUGIA Store
Tanti curiosi ed appassionati si sono fermati a guardare i modelli presenti al BUGIA Store
Tra gli ultimi modelli presenti a catalogo ne troviamo due che richiamano due momenti importanti nella carriera di Bugno. Di cosa si tratta?

Volevamo celebrare in maniera importante i trionfi iridati di mio padre. Grazie a Osvaldo Bettoni, suo storico meccanico, siamo entrati in contatto con Cicli Drali Milano. Con loro abbiamo realizzato due biciclette speciali. Noi abbiamo curato la progettazione e il design, Drali la realizzazione. Il risultato sono due modelli corsa, la GB91S e la GB92B, dedicati rispettivamente alla celebrazione dei titoli mondiali su strada vinti da Bugno a Stoccarda nel 1991 e a Benidorm nel 1992.

Con Alessio Bugno ci salutiamo nel momento in cui arrivano due potenziali clienti che, nell’attesa di poter essere ricevuti, osservano attentamente le biciclette esposte scambiandosi delle opinioni in merito. L’idea di creare uno showroom sembra essere stata una scelta azzeccata.

BUGIA

Contratti, cartellini, sicurezza: Hansen, il capo dei corridori

09.04.2023
7 min
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Alla vigilia della Sanremo, Adam Hansen è diventato il nuovo presidente del CPA, raccogliendo il testimone da Gianni Bugno. Australiano di Cairns, 41 anni, Adam vive in Repubbica Ceca ed è stato pro’ dal 2003 al 2020. Suo il record di partecipazione ininterrotta ai grandi Giri: 20 partecipazioni dalla Vuelta 2011 al Giro 2018. Gli abbiamo dato qualche settimana per ambientarsi, poi ci siamo presentati con le nostre domande. Che cosa fa il neo-eletto presidente mondiale dei corridori?

«Ci sono tanti argomenti – sorride Hansen – e soprattutto diversi. Non voglio chiamarli problemi, ma istanze che hanno tutti i corridori e che dobbiamo esaminare nei vari settori. Per cui ad esempio ci sarà un incontro con le donne per capire quali esigenze abbiano e le condizioni in cui lavorano. Si tratterà di discutere con gli organizzatori sulle transenne, la sicurezza e su ciò che gli piacerebbe fare…».

Audrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaio
Audrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaio
Tante materie diverse…

Abbiamo avuto un incontro sui dati sensibili dei corridori e chi li controlla, dato che le leggi dell’Unione Europea sono molto diverse dal resto del mondo. Questo aspetto deve essere implementato. E poi dobbiamo fare anche l’Accordo Congiunto, cioè il contratto collettivo tra i corridori e le squadre, che deve essere approvato dall’UCI. Ogni team WorldTour e anche professional deve aderirvi, ma dobbiamo assicurarci che sia scritto molto bene, affinché protegga i corridori ad esempio sul fronte assicurativo. Dobbiamo assicurarci che le condizioni siano tutte in regola per lo svolgimento della professione. Sono davvero argomenti diversi.

Hai parlato di sicurezza: cosa pensi della maxi caduta del Fiandre?

In uno degli ultimi incontri, ironia della sorte, abbiamo parlato di qualcosa del genere prima che la caduta accadesse. Abbiamo detto che vorremmo un sistema di cartellini rossi e gialli, proprio come nel calcio. Se un corridore si comporta in modo inappropriato, riceve un cartellino giallo o rosso a seconda di ciò che ha fatto. Ne abbiamo bisogno per alcuni motivi. E’ normale che i corridori passino sempre sul lato della strada e cerchino di guadagnare terreno. Lungo quella strada c’erano un’area di parcheggio e un sentiero pedonale. Maciejuk ha avuto la sfortuna si trovare erba e acqua e ha perso il controllo della bici. Non era sua intenzione fare questo. Ho potuto vedere la situazione. Non è stato l’unico che lo abbia fatto, ma l’unico che ha pagato per le condizioni di quel tratto di strada.

Ecco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain Victorious
Ecco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain Victorious
Come lo gestiresti?

Dovrebbe ricevere uno di questi cartellini, giallo o rosso. Il sistema non deve servire solo a punirlo per le sue azioni. Abbiamo bisogno di qualcosa per cui i corridori siano consapevoli che se fanno qualcosa, verranno puniti, perché attualmente un sistema non c’è. Il senso non è punire lui per proteggere gli altri ciclisti. Però si potrebbe pensare di squalificare il corridore per la successiva gara WorldTour. Se qualcosa del genere fosse messo in atto, allora si penserebbe due volte prima di fare certe azioni.

E’ stato sfortunato o ha esagerato?

Il ciclismo non è come la Formula Uno, in cui il mondo sta fuori dalla pista e i piloti possono fare quello che vogliono. Il ciclismo si corre sulle strade, puoi trovarti un tifoso sulla strada. Il settore di percorso su cui sono passati non era proprio un tratto pulito, era una corsia per il parcheggio. Normalmente sulle strade ci sono due corsie e delle corsie pedonali, ma quel tratto aveva un fondo differente.

In che modo i cartellini eviterebbero una caduta così?

Porterebbero regole più chiare. Si può arrivare a stabilire che si può correre solo sulla strada e basta. E se vai fuori strada riceverai un cartellino. Per un incidente come quello del Fiandre, potrebbe essere un rosso. Puoi finire nella corsia del parcheggio perché un’oscillazione del gruppo ti spinge da quella parte: in questo caso non devi essere penalizzato. Se invece lo spostamento è fatto di proposito per trarne vantaggio, allora potrebbe esserci una penalizzazione. Ma prima di ogni cosa, mi piacerebbe chiedere ai corridori cosa ne pensano.

Al Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggia
Al Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggia
In che modo parli con loro?

Questo fine settimana sono stato a tre corse e ho iniziato a distribuire un piccolo sondaggio ai corridori, chiedendo loro di rispondere a una serie di domande. Questa è una di quelle. Inoltre vorrei avere il loro punto di vista, perché sono cose che fanno tutti: lo aveva fatto anche Tim Wellens prima della caduta. Bene, in alcune situazioni non è un problema. Spero però che tutti i ciclisti capiscano che dobbiamo avere un qualche tipo di regola, in modo che non aumentino i comportamenti stupidi. Al momento invece la situazione è che chiunque può fare quello che vuole e nessuno ha paura. Questa volta lo hanno visto tutti in televisione, altre volte nessuno ha visto niente e il responsabile è passato inosservato.

Sapere che ci sono sanzioni a cosa serve?

Se i ciclisti sono consapevoli della possibilità di essere presi, forse le cose cambiano. Oggi non c’è assolutamente alcuna regola, quindi non ci pensano due volte. Lo fanno e basta, vanno davanti a tutti i costi. Però forse se c’è qualche tipo di penalizzazione e ci tengono a correre la prossima gara, forse prima di muoversi aspettano fino a quando la strada diventa più ampia e non corrono il rischio.

Sagan ha detto che lo stress in corsa è aumentato a causa di Velo Viewer e delle tante comunicazioni radio: cosa ne pensi?

E’ davvero una domanda difficile. L’uso delle radio è importante soprattutto per un fatto di sicurezza, per segnalare ad esempio che sta sopraggiungendo un’ambulanza nel senso opposto. Si chiama direttamente radiocorsa e i corridori possono spostarsi. E’ vero però che i direttori sportivi conoscono tutte le situazioni pericolose e ugualmente spingono i corridori a essere nella parte anteriore e questo provoca più stress. Ma succedeva anche quando correvo io, prima di VeloViewer. Le squadre migliori mandavano un’ammiraglia davanti perché avvisasse i corridori dei vari pericoli. Quindi non incolperei VeloViewer per questo, perché il fenomeno è parte di questo sport.

Il tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiro
Il tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiro
Lo chiederai al gruppo?

Mi piacerebbe parlarne con loro e vedere cosa ne pensano. Se la maggior parte di loro è davvero contro questo o contro le radio, affrontiamo il problema, perché alla fine io faccio quello che dicono loro. Molto dipende anche dall’uso che si fa di certi dispositivi. Quando ancora correvo, c’erano alcuni corridori che si toglievano la radio, perché volevano solo correre in pace. Invece ce ne sono altri che la portano sempre. Il fatto è che non potrai mai controllare che i team non abusino della radio.

L’aumento della pressione dipende dall’uso sbagliato delle radio o dall’agonismo?

E’ una buona domanda che potrei aggiungere al questionario. Non chiederò più se gli piace avere le radio o non averle, ma vorrei capire se dal loro uso derivi troppa pressione o cosa succede se non ascoltano tutte le chiamate

Per il tuo nuovo ruolo, farai nella maggior parte delle gare che puoi o come lavorerai?

Così venerdì sono stato ai Paesi Baschi e ho parlato con un po’ di corridori. Alla Milano-Sanremo, sono salito su sei pullman. Purtroppo siamo arrivati un po’ tardi per un problema con gli accrediti, ma sono stato in grado di parlare con tutti i ciclisti delle sei squadre. I corridori si stavano preparando, qualcuno prendeva il caffè, qualcuno metteva in tasca i rifornimenti, altri si vestivano. Non dovevano andare da nessuna parte, così hanno potuto ascoltarmi e io mi sono messo a disposizione. Vuoi parlare? Parliamo. 

Un modo molto pratico di gestire i rapporti.

Voglio essere molto più efficiente nella mia comunicazione quando sono alle gare. Dopo i Baschi sono venuto alla Parigi-Roubaix e ieri ho visto anche la gara delle donne. Vorrei vedere più corridori possibili e per questo girerò. Non serve stare due settimane, perché vedrei sempre gli stessi corridori. Voglio vederne tanti, ma tutti diversi fra loro.

Alleati al Giro? Per Chiappucci no, per Bugno forse…

05.04.2023
5 min
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Le parole di Evenepoel al Giro di Catalogna hanno fatto rumore. Subito dopo la conclusione della corsa iberica, vinta da Roglic per un pugno di secondi sul campione del mondo, quest’ultimo aveva gettato il sasso.

«Il rapporto tra me e Roglic da fuori sembra più competitivo di quanto sia in realtà… Certi corridori sanno che per vincere devono collaborare e non farsi dispetti. Quindi, anche se qualche momento di tensione lo abbiamo avuto, penso che abbiamo costruito un certo legame e che al Giro avremo bisogno l’uno dell’altro. Allo sprint ce la giochiamo. In salita penso che ci sia ben poca differenza. Sarà tutto da giocare…».

Possibile che due rivali diretti per la vittoria (nella foto di apertura al Catalunya) possano mettersi d’accordo, oltretutto in un grande Giro? Un conto è la corsa in linea, l’esempio di Van Aert, Van Der Poel e Pogacar alla E3 Saxo Bank Classic è ancora davanti agli occhi di tutti, ma una gara di tre settimane è tutta un’altra cosa, si gioca su equilibri molto diversi. Figurarsi se Coppi e Bartali si mettevano d’accordo per controbattere i campioni stranieri dell’epoca, non lo facevano neanche se militavano nella stessa nazionale… E Gimondi e Ocaña contro Merckx? Bugno e Chiappucci contro Indurain?

I due grandi rivali degli anni Novanta. Un’alleanza fra loro era pura utopia, anche contro Indurain
I due grandi rivali degli anni Novanta. Un’alleanza fra loro era pura utopia, anche contro Indurain

Tutto nelle mani dei team

Già, Bugno e Chiappucci. Abbiamo voluto chiamarli direttamente in causa, come spettatori privilegiati per capire se le parole di Evenepoel possono avere un senso compiuto e anche in questo, come si vedrà, i due grandi rivali degli anni Novanta sono su posizioni diverse.

«Io credo che un’alleanza ci possa anche stare – mette le mani avanti Bugno – ma bisogna capire che cosa si intende. Io non parlerei tanto di alleanze, quanto di comuni intenti da parte delle squadre. Per me Roglic ed Evenepoel faranno la loro corsa senza pensare all’altro, potrà però starci che Jumbo-Visma e Soudal-Quick Step possano ritrovarsi affiancate in alcune fasi della corsa, per tenere unito il gruppo».

«Non ci credo molto – ribatte Chiappucci – e il Catalogna lo ha dimostrato. Nella tappa finale ho tanto avuto la sensazione che lo sloveno abbia voluto dare il “contentino” a Evenepoel, d’altro canto in passato era stato più volte accusato di fare l’ingordo (vedi la storia di Mader alla Parigi-Nizza del 2021, ndr). Ma il Catalogna è una corsa ben diversa dal Giro d’Italia, non solo per durata, ma soprattutto per prestigio.

«Parliamoci chiaro – si infervora El Diablo – dovrebbero allearsi contro chi? Se guardo il parco partenti della corsa rosa, si vede subito che i due sono almeno una spanna sopra a tutti gli altri. Chi è il terzo incomodo? E che cosa potrà fare?».

I grandi team potranno allearsi per tenere chiusa la corsa? E’ uno degli interrogativi del Giro
I grandi team potranno allearsi per tenere chiusa la corsa? E’ uno degli interrogativi del Giro

L’interesse a controllare la corsa

Bugno però non è di questo avviso: «In un grande Giro devi tenere conto di mille variabili. Ci sono corridori forti al Giro, non al loro livello ma sicuramente in grado di giocarsela, soprattutto se alle spalle hanno formazioni ben attrezzate. E allora un’alleanza fra le due squadre ci può anche essere. Deve però essere chiaro un fatto: non è un’alleanza sancita, non ci sono i corridori che si mettono d’accordo e tanto meno i diesse. E’ un patto non scritto: sia l’iridato che Roglic hanno interesse a controllare la corsa, se a quel punto ci si dà una mano, non c’è niente di strano».

Su questo Chiappucci è parzialmente d’accordo: «Il controllo della corsa ci può anche stare, ma teniamo conto che ci saranno anche frazioni dove il pallino in mano lo avranno i team che puntano alla vittoria di tappa, che pensano alla volata finale. Tutto lavoro in meno per le corazzate che pensano alla classifica».

Vlasov e Almeida, principali candidati al podio. Per Bugno e Chiappucci però non sono da vittoria finale
Vlasov e Almeida, principali candidati al podio. Per Bugno e Chiappucci però non sono da vittoria finale

L’assenza della rivalità

Riportiamo indietro l’orologio del tempo: si poteva allora pensare a un’alleanza dei due campioni italiani per mettere in difficoltà Indurain?

«E’ lo stesso discorso che abbiamo fatto per Roglic ed Evenepoel, in questo il ciclismo non è cambiato: io e Claudio non ci siamo mai parlati né tantomeno messi d’accordo in corsa, ognuno faceva i propri interessi, ma poteva capitare che questi interessi potessero coincidere e allora le nostre squadre si ritrovavano a fare le stesse cose. Ripeto: è un patto non scritto, che deriva dall’evoluzione della corsa».

«Tenete poi conto di un fatto – interviene Chiappucci – ai nostri tempi c’era un fattore che è andato via via scomparendo: la rivalità. Oggi sembrano tutti amici, quel fattore è andato sicuramente un po’ perdendosi e anche con esso un po’ di fascino. Non dimentichiamo inoltre che avevamo a che fare con un certo Miguel Indurain: non è che non ci provassimo a metterlo in difficoltà, ma era un gigante vero, nessuno ci riusciva quand’era nel pieno della forma».

Ciccone, principale rivale dei due grandi in Catalogna. Bugno lo vede protagonista al Giro
Ciccone, principale rivale dei due grandi in Catalogna. Bugno lo vede protagonista al Giro

Chi può creare problemi?

Su un punto i due grandi rivali si trovano completamente d’accordo: sulla carta il Giro è bloccato intorno a questi due nomi. «Io non vedo avversari alla loro altezza – afferma Bugno – almeno per il momento, ma si sa bene che nel ciclismo di oggi ci sono pochissimi nomi in cima e poi tanti buoni corridori. Penso ad esempio che al Giro Ciccone possa fare molto bene, potrebbe anche creare loro qualche problema, ma alla fine quei due sono i netti favoriti. Come lo saranno Vingegaard e Pogacar al Tour, anche in quel caso difficile pensare che qualcuno possa inserirsi».

«Io credo che assisteremo a un duello vero e proprio – taglia corto Chiappucci – non riesco sinceramente a trovare un terzo incomodo. So bene però che il ciclismo è uno sport strano, dove gli inconvenienti possono sempre capitare, come le giornate storte, gli errori. Non dimentichiamo poi che sia Roglic che Evenepoel vengono da sport diversi dal ciclismo. Ecco, se devo trovare un punto in comune è proprio nelle loro origini così… originali».