Basso: i freni a disco, Moscon e il sogno di un grande Giro

11.11.2021
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Leonardo Basso ha ripreso a far girare il motore fra palestra e bici. Ultima corsa la Coppa Agostoni, la pausa è stata più breve del solito. Un paio settimane, ma in compenso una ripartenza per niente traumatica.

L’aria di cambiamento è frizzante, i prossimi due anni all’Astana sono una sfida diversa per il trevigiano che dalla Zalf passò direttamente al Team Sky e in quel gruppo è rimasto finora.

«Continuo ad allenarmi con quei colori e la mia Pinarello – sorride – un po’ perché il nuovo materiale ci verrà fornito in ritiro e un po’ perché quello che è successo a Higuita fa riflettere. I social sono un coltello a doppia lama, serve concentrazione. Siamo personaggi esposti, usarli con troppa disinvoltura può ritorcersi contro».

Sergio Higuita è stato licenziato un paio di giorni fa dalla EF Education-Nippo perché in un video si è fatto riprendere mentre provava la Specialized della Bora-Hansgrohe con cui correrà il prossimo anno. La consuetudine è che i team… uscenti diano una sorta di nulla osta, altrimenti i corridori non potrebbero neppure partecipare ai primi ritiri della nuova squadra. Evidentemente nel caso del colombiano qualcosa non ha funzionato.

Febbraio 2018, prima stagione da pro’. Dopo il debutto a Mallorca, ecco Basso ad Abu Dhabi
Febbraio 2018, prima stagione da pro’. Dopo il debutto a Mallorca, ecco Basso ad Abu Dhabi
A proposito di Pinarello, tu eri del partito dei freni a disco o dei freni tradizionali?

Se devo uscire da solo, preferisco i freni normali. Ma in gruppo eravamo gli ultimi ad averli e anche se in frenata le prestazioni sono molto elevate, eravamo costantemente a rischio. Quelli con i dischi staccavano all’ultimo momento e se fai parte del gruppo non puoi anticipare la frenata. Per cui ci ritrovavamo a frenare con loro, ma per noi era troppo tardi. Eri sempre in stato di attenzione. E quando siamo passati ai dischi, ci siamo sentiti tutti più sicuri.

Che cosa porti con te di questi quattro anni… britannici?

Sono stati i primi a darmi fiducia. Avevo fatto uno stage alla Trek, ma Sky mi propose un contratto grazie al quale ho vissuto per quattro stagioni in una delle squadre migliori al mondo. Partire dispiace sempre, ma io sono sempre uno che guarda avanti. Cosa mi porto dietro? Il livello altissimo di pianificazione e professionalità. Quando c’è un obiettivo, sono capaci di progettare, ragionare e raggiungerli con un metodo tutto anglosassone.

E’ cambiato qualcosa dagli anni di Froome a quelli di Bernal e Carapaz?

Non nella pianificazione e nel metodo di lavoro. Diciamo però che dal Finestre di Froome c’è stato un cambio di immagine poi ribadito dal Giro del 2020 con le tante tappe vinte e poi dall’ultimo. Ma anche quando eravamo la squadra di Froome, non ho mai avvertito ostilità da parte dei tifosi. Avvertivano l’importanza, mentre per me era fare parte di qualcosa di grande che mi spingeva a fare di più.

Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Nel 2013 è al secondo anno da U23 e corre nella Zalf in cui debutta anche Moscon (foto Scanferla)
Che cosa porti in dote all’Astana?

La mia specializzazione è il ruolo di gregario per aiutare i capitani a finalizzare il lavoro. So che all’Astana si parte per vincere ogni corsa, conosco la mentalità di Vinokourov. Per cui darò il mio contributo per il leader, ma se la squadra mi riterrà all’altezza, magari proverò anche a entrare in qualche fuga.

Un passaggio per due, ci sarà anche Moscon…

Con lui c’è un rapporto di amicizia che inizia dagli anni alla Zalf, che con il tempo si è trasformato anche in collaborazione professionale. Mi piace aiutarlo e allenarmi con lui.

Credi che cambiare lo aiuterà a venir fuori?

Ogni cambio porta con sé nuovi stimoli, in ogni ambito lavorativo. Vivo Gianni da vicino e posso dire che ha la fame di sempre, la stessa di quando eravamo alla Zalf. L’ho visto fare palestra la mattina presto in cima allo Stelvio: se non hai voglia non lo fai. Lui ha sempre generato grandi aspettative, che a loro volta generano pressione. E la pressione non è sempre facile da sopportare, l’aspetto mentale è determinante. Alcuni fanno fatica, però poi tornano. Il motore non cambia, si è visto alla Roubaix. Il corridore c’è, mi sarebbe piaciuto vederlo in televisione, invece l’ho sentita alla radiolina, visto che ero anche io là in mezzo. Ora si aggiungono gli stimoli dall’esterno, come i nuovi materiali e i nuovi tecnici. Credo che faremo bene.

C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
C’era anche Basso nella Roubaix in cui Moscon ha sfiorato il colpaccio
Cosa trovi in Astana?

L’ho sempre vista come una squadra di tanti campioni. Armstrong e Contador, poi Nibali e Aru. C’è un anima italiana, sono curioso di vedere come si fonderà con la nostra formazione anglosassone.

Intanto come cambia, se cambia, la tua preparazione?

Fino a quest’anno ho lavorato con Dario (Cioni, ndr) e visto il mio ruolo, ho sempre fatto una preparazione diluita lungo tutto l’anno ed equilibrata. Per ora ho ripreso come negli anni passati, forse dal primo ritiro si vedrà qualche cambiamento. Non si inventa niente, ma voglio vedere i benefici della nuova preparazione.

Programmi?

E’ ancora presto, ma ci chiederanno. E io dirò che vorrei tornare in Belgio, perché lassù mi sono specializzato. E poi mi piacerebbe fare un grande Giro. Ho 27 anni e non ne ho mai corso uno. Voglio vedere se è vero che faccia crescere il motore. Alla Ineos ci sono così tanti campioni e si parte sempre per la classifica generale, che non sono mai entrato nei giochi. Lo ammetto, sarebbe un sogno. E per il resto, porterò la mentalità di sempre. Ogni corsa che fai è la migliore. E serve sempre tanta voglia di fare fatica.

Pogacar e i freni: facciamoci spiegare come li sceglie

12.10.2021
4 min
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Quando anche le scelte tecniche diventano guerre di religione, si rischia di perdere l’obiettività. Con i freni a disco ormai è così. Perciò quando ci si rende conto che Pogacar vince il Lombardia con i freni di una volta, le fazioni si rianimano. Eppure, andando a vedere, Tadej usa bici montate con entrambi i sistemi frenanti (rim-brakes e appunto disc-brakes: freni sul cerchio e freni a disco) e vince lo stesso. Allora chi meglio del vincitore di due Tour può spiegarci il perché della sua scelta?

Scelte diverse

Basta voltarsi indietro di poche corse e ci si accorge che alla Tre Valli Varesine, sulla Colnago V3RS dello sloveno facevano bella mostra di sé i freni a disco. Pioveva e il percorso non presentava salite particolarmente impegnative (secondo i suoi standard, ovviamente). Nel giro di pochi giorni invece, proprio al Giro di Lombardia, la sua bici era tornata indietro ai freni di una volta. Al Tour stessa storia. Nella tappa vinta sotto la pioggia a Le Grand Bornand i freni a disco, in quella sul col du Portet i freni tradizionali.

Alla Liegi, ripida e asciutta, corre e vince con freni a disco
Alla Liegi, ripida e asciutta, corre e vince con freni a disco

Quasi 300 grammi

Sembra che la cosa lo diverta e probabilmente ha ragione lui. Il rapporto fra Pogacar e la bici è improntato a una sola regola: deve essere leggera.

«Il peso è molto importante per me – ci ha detto ieri – perché sulle salite il valore che comanda è il rapporto watt/chilo e io non sono di sicuro il corridore più leggero del gruppo (Tadej pesa 66 chili, ndr). Fra le due bici montate diversamente, la differenza è di 300 grammi. Molto, se pensate che per abitudine mi concentro molto sui dettagli. Anche la scelta delle scarpe con i lacci, ad esempio, che alla Vuelta del 2019 usavo solo io mentre ora in gruppo se ne vede già una decina, sono certamente molto belle, ma anche superleggere».

Al Tour, sul Col du Portet, usa freni tradizionali e vince
Al Tour, sul Col du Portet, usa freni tradizionali e vince

Ruote leggere

Torniamo però ai freni, punto caldo della storia, per capire se esista un criterio in base al quale Tadej scelga l’uno o l’altro. Se preferisca un sistema o l’altro quando piove, se ci sono discese difficili…

«In alcune corse – ha spiegato – abbiamo l’opzione di usare una bici o l’altra. A me piacciono entrambe e così prima del Lombardia mi sono lasciato guidare dall’istinto. Ho pensato che soprattutto nel finale c’erano due salite molto ripide e nel finale magari avrei potuto provare un’azione. Così ho pensato che sarebbero servite le ruote più leggere e quelle le hai soltanto con i freni normali. Non mi faccio condizionare dal meteo, i due sistemi per me vanno bene anche se piove. Comanda il peso. Per questo ho scelto di lasciare sul camion la bici con i dischi».

Tour 2021, Le Grand Bornand: piove, attacca da lontano, guadagna quasi 4 minuti con freni a disco
Tour 2021, Le Grand Bornand: piove, attacca da lontano, guadagna quasi 4 minuti con freni a disco

Un fatto di testa

A questo punto però la curiosità da utente ci porta a chiedergli se per lui sia così facile passare da una frenata all’altra, dato che la risposta della bici all’azione frenante è piuttosto diversa. La sua risposta fa pensare a quanto tutto gli riesca facile e la naturalezza con cui vive il suo feeling con la bici e con lo sport.

«La differenza c’è – ha risposto – ma non trovo che cambiare sia tanto difficile. Ne ho una montata con i dischi in Slovenia e una con i freni normali a Monaco, così mi alleno indistintamente con l’una e con l’altra. L’importante è avere la concentrazione di ricordarsi quale sto usando. Bastano due pinzate per riprendere le misure e poi si va tranquilli».

Potendo scegliere, i freni sono come le gomme: si cambiano a seconda dei percorsi e tutto sommato il discorso ha la sua logica. Aveva freni a disco alla Liegi, ad esempio, dove le pendenze estreme non mancano. Ha usato un sistema e l’altro, assecondando le sue sensazioni e a tratti le esigenze dello sponsor. Con estrema naturalezza, come fanno i campioni.

Freni a disco e tradizionali: consumi a confronto

25.07.2021
5 min
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Proviamo a fare un confronto su alcuni consumi fra le bici con freno a disco e quelle con freni tradizionali. Un paragone che di riflesso riguarda anche le gomme. L’idea nasce nella prima tappa del Giro della Valle d’Aosta. In ammiraglia Colpack-Ballan già a metà della prima discesa era forte l’odore dei pattini freno sulle piste in carbonio che proveniva dai corridori che ci prevedevano di qualche secondo.

E così abbiamo chiesto alle due squadre italiane maggiori presenti nella corsa valdostana come è andata. Le due squadre sono la Colpack che in questa occasione ha usato freni tradizionali, e il Cycling Team Friuli, che invece ha usato freni a disco.

I freni caliper della Colpack. Dopo due tappe sono stati sostituiti
I freni caliper della Colpack. Dopo due tappe sono stati sostituiti

I tradizionali della Colpack

«Il consumo dei pattini freno dipende molto sia dal cerchio che dalla mescola del pattino – spiega Stefano Casiraghi, meccanico della Colpack – chiaramente qui parliamo di cerchi in carbonio. Nell’ultimo Valle d’Aosta se avessimo scelto una mescola più dura avremmo coperto l’intera tre giorni, invece li ho sostituiti dopo due tappe. Ma come abbiamo visto il percorso era molto esigente.

«Noi usiamo dei pattini Swisstop che ci fornisce Ursus quando ci dà le ruote. Sono pattini abbastanza morbidi. Al Giro U23, dove non tutte le tappe erano così difficili (altimetricamente parlando, ndr) li ho cambiati ogni 5 giorni. E con la pioggia si consumano il doppio: sia perché i corridori frenano di più, sia perché con lo sporco si ha un effetto “carta vetrata”. In tappe alpine il consumo è sensibile anche durante la tappa e di conseguenza varia la corsa della leva, ma questa cosa le gestiscono i corridori stessi con la “rotellina” sul freno e regolano la corsa della leva in gara».

Per avere un parametro di confronto sui consumi, ecco cosa ci ha detto Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos, squadra che utilizza ancora i freni tradizionali. «Al Giro d’Italia (tre settimane, ndr) gestivo le bici di Ganna e Moscon e se non ricordo male ho cambiato due volte i pattini di Ganna sul freno anteriore e una volta sul freno posteriore. Calcolate che Filippo è un “ragazzino” di 80 chili e quando “pinza” non scherza! Noi usiamo solo pattini Shimano».

Le ruote del Cycling Team Friuli: da notare l’ampio diametro del disco
Le ruote del Cycling Team Friuli: da notare l’ampio diametro del disco

I dischi del Ctf

A Casiraghi replica Andrea Fusaz. Quest’ultimo è diesse e preparatore del Ctf, ma è stato anche responsabile tecnico del team friulano al Valle d’Aosta.

«Anche se il percorso della tre giorni aostana è stato impegnativo – dice Fusaz – noi non abbiamo registrato un consumo eccessivo del sistema frenante. Dischi e pastiglie li abbiamo sostituiti  prima del via. Su cinque corridori, quindi dieci coppie di ferodi, ne abbiamo sostituite solo due».

Il motivo di un consumo così basso è dovuto anche al fatto che il Ctf, ha utilizzato (come fa spesso) dei dischi molto grandi: 160 millimetri. Questi dipanano meglio il calore e oltre che essere più potenti (ed offrire una frenata più modulabile) sono anche più gentili con le pastiglie stesse. «Noi – riprende Fusaz – usiamo le pastiglie che ci fornisce Campagnolo».

Anche in questo caso facciamo un paragone con il mondo dei pro’. Gabriele Tosello, capo dei meccanici in Astana ci dice che: «Al Giro tutti i giorni di riposo facciamo il check delle bici. In quel momento controlliamo anche dischi e pastiglie e queste le sostituiamo. Ma attenzione, non sono finite. Sono al 50 per cento della loro durata o poco più. Tuttavia preferiamo cambiarle per evitare che nelle tappe successive il corridore si trovi “senza freni” all’improvviso. Che poi senza freni non ci restano, ma la frenata gli si allunga parecchio. Specie in caso di maltempo: con lo sporco che alza l’acqua si consumano un po’ di più. La durata del disco? Un Giro ce lo fai tutto, almeno che non prendano una scaldata importante. E il paio di dischi che ho cambiato è stato per questo motivo. Altrimenti 4.500-5.000 chilometri ce li fanno tranquillamente».

Al Valle d’Aosta 2021 poche tappe ma molto severe, anche per i mezzi
Al Valle d’Aosta 2021 poche tappe ma molto severe, anche per i mezzi

E i consumi delle gomme?

Ma la scelta fra dischi e freni a pattino si ripercuote anche sulle gomme: sulla loro scelta e di conseguenza sui loro consumi.

«Con il freno tradizionale – riprende Casiraghi della Colpack – preferisco non montare i tubeless, ma solo i tubolari. L’eccessivo calore che si sviluppa in frenata con il tubeless o il copertoncino rischia di spaccare il cerchio, meglio il tubolare. Infatti al Giro, Gazzoli e Baroncini che avevano i dischi hanno usato il tubeless: un po’ più pesante, ma più scorrevole. Pirelli ci fornisce molto materiale e per questo sono partito per il Valle d’Aosta con gomme tutte nuove. La corsa è stata di poco superiore ai 400 chilometri e non ho sostituito gomme. A fine competizione il battistrada aveva ancora il 60% da consumare».

E questa teoria (a parti inverse) ce la conferma Fusaz. «Noi con i dischi abbiamo optato per i tubeless. Pensate, abbiamo avuto quattro forature, ma tutti i ragazzi hanno finito la corsa regolarmente grazie al liquido sigillante. Certo, avevano la pressione a 3 bar, ma non hanno avuto bisogno di fermarsi o di farlo con urgenza. Non abbiamo problemi di frenata e sono più scorrevoli. Semmai il problema è convincere i ragazzi ad usare pressioni più basse in gara. Per un atleta di 60 chili non andiamo oltre le 6,5 bar, mentre loro vorrebbero sempre gomme “di pietra”. Con i Veloflex (25 millimetri) ci troviamo molto bene. Hanno una mescola molto morbida e infatti al termine del Valle d’Aosta ci restava circa il 20% di battistrada».

Roche, le bici veloci e i corridori che non frenano

25.05.2021
3 min
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Nicholas Roche ha la testa che gira più veloce delle parole. E così quando, nel giorno di riposo del Giro d’Italia, in un discorso a proposito della sua bici si finisce a parlare di quanto siano migliorati i mezzi meccanici e quali conseguenze ciò abbia sulla sicurezza in corsa, davanti a noi si apre il mondo affascinante e un po’ folle di ciò che c’è in realtà nella testa dei corridori.

«Ci hanno venduto i freni a disco parlando della sicurezza – ride l’irlandese – omettendo di dire che grazie ai dischi, ai telai sempre più aerodinamici e alle ruote velocissime, ci si spinge ancora più vicini al limite. Le discese sono pazzesche. In pianura si vola. Negli ultimi due o tre anni, c’è stato un salto di qualità pazzesco».

La cadute non sempre dipendono dagli ostacoli, ma dai corridori che non frenano
La cadute non sempre dipendono dagli ostacoli, ma dai corridori che non frenano
Anche in salita?

Anche in salita. Bernal è Bernal, ma i nuovi materiali hanno alzato le velocità anche sulle montagne e sugli strappi e ovviamente in pianura. Le bici perdonano meno errori e questo secondo me è la causa di tante cadute. Okay, le regole dell’Uci sono a volte pazzesche, ma non è sempre colpa degli altri. Gli organizzatori cercano tutte le situazioni che possano produrre spettacolo. Il ponte con il vento, messo proprio per fare i ventagli. Il tratto di strada flagellato dal vento, per lo stesso motivo. Gli organizzatori fanno la loro parte, il resto lo fanno i corridori.

Che cosa significa?

Che non freniamo. Che il livello è così alto, che anche per prendere una salita di 15 chilometri fai la volata. Devi stare in posizione, usare la squadra, non c’è posto per la prudenza. Vi racconto un aneddoto.

Prego…

Anni fa andammo da uno psicologo dello sport in Danimarca. Ci portò Riis e siccome non avevamo dietro le bici, durante il giorno facevamo palestra. Un giorno il tipo venne e ci chiese di immaginare che cosa avremmo fatto se avessimo trovato davanti un tunnel buio. Io gli risposi che avrei accelerato, lui mi rispose che la normalità sarebbe stato frenare. Deve aver pensato che fossi pazzo, ma è un fatto che ad ogni curva pericolosa, tunnel o strettoia, il corridore accelera. In gruppo c’è tanto stress che produce cadute inutili. Se la radio annuncia che dopo il Gpm c’è una discesa pericolosa, ci sono almeno 8 squadre che fanno la volata per prenderla davanti. La colpa è dei corridori che non frenano.

Quando il gruppo vede una galleria buia, secondo Roche, di solito accelera
Quando il gruppo vede una galleria buia, secondo Roche, di solito accelera
Quando dovrebbero frenare?

Avete presente le rotonde in Italia, che hanno quella specie di rientranza del marciapiede, fatta per costringere le auto a fare una semicurva e rallentare? Se sei sulla destra e ti allarghi per fare segno del pericolo, in quel poco spazio di sicuro si infila qualcuno. Se la discesa è veloce e lasci spazio davanti per sicurezza, ne trovi almeno due che si infilano e si buttano dentro.

Sempre stato così?

Diciamo che la mentalità del corridore è sempre stata questa, ma ultimamente è peggiorata. E’ l’evoluzione della gara e di chi impara dagli errori e diventa a sua volta più cattivo, stressato preciso. Se perdi una corsa perché mentre eri a centro gruppo qualcuno ti è andato via da davanti, stai sicuro che la volta dopo vorrai stare davanti anche tu. E cosa succede se 180 corridori vogliono stare davanti? Si cade. Rischiare fa parte del mestiere, basta solo essere consapevoli che tante volte ce la cerchiamo con manovre da matti.

Giant Propel, la bici perfetta per sfidare il vento

24.05.2021
2 min
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La Giant Propel cattura immediatamente l’attenzione per la forma del telaio, realizzato ricorrendo alle più elevate tecnologie della casa taiwanese, che appare solido e aerodinamico. Infatti la bici è stata progettata meticolosamente per riuscire a esaltare le prestazioni, nelle situazioni in cui c’è una particolare resistenza da parte del vento frontale e laterale. Il telaio è realizzato con fibre di carbonio di alta qualità che conferiscono alla bici caratteristiche interessanti in termini di rigidità e leggerezza. Osservandola bene ci si rende conto che i raccordi fra i segmenti che compongono il telaio sono stati sagomati per ridurre al minimo le turbolenze create dagli angoli vivi e rendono anche più avvincente l’estetica della Propel 2021. Il tubo piantone è sagomato e riduce la sua sezione nella parte inferiore che si congiunge al movimento centrale per accorciare ulteriormente il carro. In questa configurazione la Propel 2021 è presentata con ruote Giant SLR 1 Carbon, con un profilo di 42 mm per l’anteriore e 65 mm per quella posteriore, entrambe con perno passante che migliora la rigidità della bici.

La nuova Giant Propel 2021
La nuova Giant Propel 2021

Propel, reattiva e comoda

Montata con freni a disco è una bicicletta estremamente reattiva, infatti nel momento in cui si scatta asseconda la spinta in maniera soddisfacente. Il manubrio e l’attacco manubrio sono integrati, al fine di migliorare la guidabilità del mezzo. I freni a disco invece sono integrati nel telaio con pinze Flat Mount. Il design è sobrio ed elegante, con una colorazione a tinta unita. Il prezzo consigliato al pubblico parte da 5.149 euro.

giant-bycicles.com

Contador Magma

Magma, gioiellino per la Eolo-Kometa

19.04.2021
4 min
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Alberto Contador e Ivan Basso hanno creato il loro marchio di biciclette: Aurum. L’obiettivo dei due campioni è quello di realizzare le migliori biciclette da corsa combinando: aerodinamica, rigidità, comfort, peso e maneggevolezza. Il primo modello è la Magma, che è in dotazione al team professional Eolo-Kometa.

Geometria equilibrata

Contador e Basso hanno voluto che la Magma fosse una bicicletta completa, dalle ottime prestazioni su tutti i terreni. Per fare questo i due campioni si sono confrontati da subito con gli ingegneri e i progettisti descrivendogli la loro idea di bicicletta perfetta, quella sulla quale avrebbero da sempre voluto gareggiare. Il primo elemento per ottenere una bicicletta equilibrata è la geometria. L’esperienza di Contador e Basso nei migliori WorldTour del mondo, li ha portati a conoscere l’importanza di un corretto adattamento sulla bici e la necessità di dover cambiare la posizione anche più volte durante l’anno. Proprio per questo Magma è stata realizzata usando componenti standard. Il reggisella e il manubrio di matrice tradizionale permettono una maggiore semplicità delle regolazioni e di cambi di alcuni componenti, tipo l’attacco manubrio.

Il telaio Magma nel colore Glacial Blue
Il telaio Magma nel colore Glacial Blue

Guidabilità perfetta

Un punto chiave della Magma è l’avantreno, infatti questa parte è fondamentale per la qualità di guida del mezzo. La forcella ha due offset differenti in base alla misura del telaio. In questo modo sia le misure più piccole che le più grandi beneficeranno della migliore guidabilità possibile. Anche i valori di Stack e Reach dimostrano che la Magma è stata pensata sia per la ricerca delle performance, ma con un occhio particolare al comfort. Infatti, Contador e Basso affermano che sulle lunghe distanze non basta solo la rigidità, ma un buon comfort in sella porta a migliori prestazioni. A conferma di questo concetto basta pensare che la Magma è stata ottimizzata per montare coperture da 25 o da 28 millimetri, anche se è possibile arrivare fino a 30 millimetri.

Per quanto riguarda il carro posteriore i foderi orizzontali oversize corti contribuiscono ad avere una maggiore reattività, soprattutto in salita, mentre il movimento centrale con un baricentro più basso e un passo della bici abbastanza generoso, portano a un assetto migliore e a una stabilità maggiore nei tratti veloci, soprattutto in discesa.

Erik Fetter impegnato sulla sua Magma
Erik Fetter impegnato sulla sua Magma
Erik Fetter impegnato sulla sua Magma
Erik Fetter impegnato sulla sua Aurum Magma alla Coppi e Bartali 2021

Aerodinamica

Anche l’aerodinamica ha avuto il suo peso nella progettazione della Magma, infatti è stata progettata usando un software CFD avanzato e testato in galleria del vento. In questo modo gli ingegneri hanno adattato le forme dei tubi generate dal computer alle condizioni reali. Una caratteristica aerodinamica è l’Head Tunnel, che canalizza i cavi dei freni attraverso il telaio, direttamente dal manubrio. Questa soluzione è stata scelta per favorire l’aerodinamica frontale e anche per facilitare il montaggio e le regolazioni della posizione.

Ben visibile l’Head Tunnel che canalizza i cavi nel telaio
Ben visibile l’Head Tunnel che canalizza i cavi direttamente nel telaio

Carbonio giusto nei punti giusti

La rigidità torsionale è un altro punto chiave sul quale Contador e Basso hanno puntato molto. Per arrivare ad un ottimo risultato sono stati selezionati una serie di fibre di carbonio diverse e tecniche di stampaggio avanzate.  Gli stampi in acciaio di alta precisione hanno consentito pressioni di stampaggio più elevate del normale, spremendo più resina dalla fibra. Le anime in schiuma rivestite in lattice hanno creato un interno pulito e senza imperfezioni. Aurum ha così sviluppato la tecnologia ECT: Experience Carbon Technology. Questa tecnologia utilizza sei diversi tipi di fibra di carbonio che vengono applicate in maniera diversa nelle zone varie parti del telaio. In pratica si è cercato di mettere le fibre giuste nei posti giusti per un equilibrio tra peso, rigidità e comfort. Grazie all’ECT ogni dimensione del Magma è stata progettata e sviluppata individualmente, con un programma di laminazione e gradi di fibra di carbonio specifici. Il risultato è un telaio che in taglia 54 pesa 805 grammi.

In fase di sviluppo

Per le prove contro il tempo Aurum sta ancora sviluppando il suo telaio, che proprio Alberto Contador sta provando per mettere a punto gli ultimi dettagli.

Vincenzo Albanese nella cronometro di San Benedetto del Tronto
Vincenzo Albanese nella cronometro di San Benedetto del Tronto
Vincenzo Albanese nella cronometro di San Benedetto del Tronto
Vincenzo Albanese nella cronometro di San Benedetto del Tronto della Tirreno Adriatico

La scheda tecnica

GruppoShimano Dura Ace Di2
RuoteEnve
PneumaticiVittoria
ManubrioEnve
SellaPrologo
ReggisellaEnve
PedaliLook

Componentistica

La Magma della Eolo-Kometa è montata con il gruppo Shimano Dura Ace Di2, ma con la guarnitura fornita da Rotor. Per quanto riguarda le ruote, i manubri e i reggisella troviamo i prodotti marchiati Enve. Per le selle sono state scelte le Prologo che offre un’ampia scelta di modelli. Come pneumatici Frapporti e compagni possono sfruttare la tecnologia di Vittoria, mentre per i pedali ci sono i sempre affidabili Look.

Chris Froome

Froome-freni a disco: non è ancora amore

13.02.2021
3 min
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Recentemente Chris Froome ha realizzato un video in cui presenta la sua nuova bicicletta, parlando anche dei freni a disco. Non è un segreto che fino allo scorso anno il campione britannico usasse bici con i freni tradizionali, mentre per la nuova stagione la sua Factor avrà i dischi. Froome ha messo in luce i vantaggi e gli svantaggi di questo nuovo (per lui) sistema frenante. Abbiamo parlato di questo aspetto anche con Claudio Cozzi, direttore sportivo della Israel Start-Up Nation, la nuova squadra di Froome.

I dubbi di Froome

Cambio di squadra e cambio di bicicletta per Froome, che proverà a vincere il suo quinto Tour de France in sella alla Factor Ostro VAM. Il britannico si è detto molto soddisfatto della bicicletta, soprattutto in termini di reattività e trasferimento di potenza, ma sui freni a disco ha palesato alcuni dubbi.
«Non sono ancora convinto al 100% – dice Froome – li uso da un paio di mesi e dal punto di vista delle prestazioni sono fantastici. Ti fermi sempre quando devi fermarti. Sia sull’asciutto che sul bagnato fanno il loro lavoro».

E fin qui sono stati messi in evidenza i vantaggi, ma poi Froome prosegue.

«Lo svantaggio dei freni a disco – dice – è lo sfregamento costante, il surriscaldamento, il rischio di deformarli quando si affrontano discese lunghe di 5 o 10 minuti – e poi aggiunge – non credo che questa tecnologia sia al punto in cui dovrebbe essere per il ciclismo su strada».

Chris Froome con la Factor Ostro VAM
Chris Froome con la sua Factor Ostro VAM
Chris Froome con la Factor Ostro VAM
Chris Froome con la sua Factor Ostro VAM

Imparare a usarli

In generale Froome lamenta la poca distanza fra le pastiglie dei freni e i dischi, che creano uno sfregamento che certo è fastidioso per qualsiasi ciclista. Infine, sottolinea come l’industria del ciclismo ormai va in questa direzione e bisogna adattarsi e imparare ad usarli al meglio.

In effetti il quattro volte vincitore del Tour de France non è mai stato un sostenitore dei freni a disco. In un’intervista rilasciata a Cycling Weekly nel maggio 2019 dichiarava che: «Per una questione di sicurezza, dico che i freni a disco dovrebbero essere usati da tutti o da nessuno. Avere in gruppo dei sistemi frenanti diversi aumenterebbe i pericoli».

Fatti dei miglioramenti

Per capire meglio le parole di Froome abbiamo contattato il suo nuovo direttore sportivo, Claudio Cozzi.
«Posso dire che dall’anno scorso a oggi abbiamo fatto dei miglioramenti – ci spiega – ci sono dei sistemi che hanno aumentato l’aerazione e quindi il raffreddamento dei dischi».

Cozzi mette in evidenza che è normale che nelle discese lunghe l’impianto frenante vada sotto stress: «D’altronde anche con le macchine quando fai una discesa lunga i freni iniziano a fischiare, è normale».

La Factor Ostro Vam in dotazione alla Israel Start-Up Nation con i freni a disco
La Factor Ostro VAM in dotazione alla squadra tutte con i dischi
La Factor Ostro Vam in dotazione alla Israel Start-Up Nation con i freni a disco
La Factor Ostro VAM in dotazione alla Israel Start-Up Nation sono tutte con i freni a disco

Solo all’inizio

Un punto su cui si focalizza il direttore sportivo della Israel Start-Up Nation è il seguente.

«Siamo al secondo anno con i freni a disco – dice – e Factor ha lavorato per alleggerire il più possibile la bicicletta. E’ normale che non tutto sia ancora perfetto, è una tecnologia ancora all’inizio. Ci può essere qualche problema in caso di frenate secche, c’è il rischio che il disco si ovalizzi un po’ e magari le pastiglie tocchino. Ma credo che indietro non si torni e i materiali miglioreranno».
Cozzi fa una serie di esempi di novità tecniche recenti come i gruppi elettronici, il passaggio cavi totalmente interno, i tubeless e i cerchi più larghi. Tutte tecnologie che hanno comportato dei cambiamenti sia nella manutenzione che nello stile di guida dei corridori, ma che inevitabilmente vanno avanti come i freni a disco.

«C’è un’evoluzione in tutto e bisogna adattarsi – commenta Cozzi – nel tempo ci saranno dei miglioramenti. Però i ragazzi mi dicono che con i freni a disco, a livello di sicurezza c’è stato un bel passo avanti»

Alzini e Balsamo in Sicilia

Freni a disco sì, ma con qualche esperimento

30.01.2021
3 min
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Durante l’ultimo ritiro della nazionale italiana femminile che si è tenuto in Sicilia abbiamo notato che i freni a disco delle biciclette da cronometro delle ragazze della Valcar-Travel&Service sono equipaggiati con un impianto a cavo e non idraulico, come invece si usa solitamente. Per capire il perché di questa scelta abbiamo parlato con Valentino Villa, presidente della squadra.

Una via di mezzo

Il mondo delle biciclette da strada è ormai orientato verso il freno a disco ed è così che le Cannondale SuperSlice della Valcar-Travel&Service presentano una variante interessante.
«Abbiamo deciso di sperimentare una soluzione nuova – esordisce Valentino Villa – visto che le cronometro non sono lunghe e capita raramente di dover pinzare forte, allora abbiamo optato per i freni a disco con l’impianto a cavo. Questa soluzione ci permette di risparmiare un po’ di peso su biciclette che sono per loro natura pesanti».

Ma cosa dicono le ragazze? «Gli input che ci arrivano dalle ragazze sono di una frenata più simile ai rim brake, possiamo dire che è una via di mezzo. Per ora questa scelta non ha creato problemi».

Freno a disco con cavo
Il freno a disco anteriore azionato dal cavo
Freno a disco con cavo
Il freno a disco anteriore di una SuperSlice della Valcar azionato con il cavo

Idraulici su strada

Ma il disco con il sistema a cavo può essere una soluzione anche sulle biciclette da strada normali?
«Sulle bici che usano in allenamento e in gara – continua Valentino Villa – abbiamo l’impianto Shimano idraulico normale (foto in apertura). Le ragazze lo preferiscono perché comunque la frenata è più progressiva e quando si corre in gruppo è sicuramente migliore».

Non solo freni a disco

Ma Valentino Villa è molto attento a tutti gli aspetti tecnici delle biciclette della sua squadra.
«Noi ci troviamo molto bene con Cannondale – ci dice – le ragazze mi dicono sempre di non cambiare marchio, perché sono molto contente. Il livello del ciclismo femminile si è alzato e le atlete guardano con sempre maggiore attenzione i materiali».

Da sinistra, Guazzini, Consonni e Balsamo sulle SuperSlice mentre lavorano sui rulli
Da sinistra, Guazzini, Consonni e Balsamo sulle SuperSlice mentre lavorano sui rulli

Nel ciclismo moderno i dettagli fanno la differenza e si può vincere o perdere una volata per pochi centimetri: «In questo periodo stiamo sperimentando i tubeless. E’ da un po’ di tempo che i tecnici di Cannondale mi dicono che ci sono dei vantaggi. Ora abbiamo deciso di usarli. Tra l’altro Veloflex che ci fornisce i pneumatici, ha introdotto una nuova mescola proprio per i tubeless e le impressioni delle ragazze sono ottime».

Con gradualità

Altra tendenza a cui la Valcar-Travel&Service sta lavorando è quella che vede i stringere la larghezza dei manubri.
«Io sono una persona che ha bisogno di capire con i numeri e i dati alla mano – ci spiega Villa – e adesso si parla sempre di più di manubri più stretti per migliorare l’aerodinamica. E’ un cambiamento che dobbiamo fare, però oltre ai numeri, mi interessa sapere le sensazioni delle mie atlete, quindi questo aggiornamento lo faremo in maniera graduale, in modo che ogni ragazza si trovi bene con le misure nuove. Bisogna unire i numeri con le sensazioni e trovare la soluzione migliore».

Vincenzo Nibali freni a disco diversi

Freni a disco: quale misura preferiscono i pro’?

18.01.2021
4 min
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L’introduzione dei freni a disco nelle biciclette da strada ha portato tutta una serie di cambiamenti, che probabilmente non sono ancora finiti. Abbiamo visto che nel ciclocross molti atleti usano dischi con diametro da 140 millimetri al posteriore e all’anteriore, mentre i professionisti della strada si stanno orientando verso il 140 posteriore e il 160 all’anteriore.

In base a quali parametri si sceglie un diametro piuttosto che un altro?

Ne abbiamo parlato con Marco Cittadini, PR & Communication Officer di Shimano Italia, con Mauro Adobati, meccanico della Trek Segafredo che monta Sram e con Vasile Morari, meccanico della UAE Team Emirates che è equipaggiata con Campagnolo.

Nel cross non si frena

Avere i freni in ordine e ben funzionanti è una delle cose più importanti per un corridore. L’introduzione dei freni a disco su strada ha portato anche una serie di variabili assenti con i classici rim brake.
«La scelta del diametro dei dischi è molto curiosa – esordisce Marco Cittadini – nel ciclocross utilizzano molto quelli da 140 millimetri, perché meno freni e meglio è. Inoltre, su molti modelli di telai per avere i 160 millimetri, bisognerebbe montare un piccolo adattatore, che potrebbe creare un fastidio in più soprattutto in presenza di fango. Comunque, per i percorsi da ciclocross il disco da 140 è più che sufficiente».

Julian Alaphilippe con i dischi da mtb
Julian Alaphilippe all’ultimo Tour de France con i dischi XTR
Julian Alaphilippe con i dischi da mtb
Julian Alaphilippe all’ultimo Tour de France con i dischi XTR

La frenata è soggettiva

Passando alla strada cambiano alcune cose.

«La frenata è molto soggettiva – continua Cittadini – e la discriminante è il peso dell’atleta. Inoltre, c’è chi usa solo l’anteriore e chi invece usa entrambi i freni. Con i dischi si ha più modulabilità e si frena in maniera diversa».

Ma a cambiare non è solo la frenata: «L’introduzione dei dischi ha modificato le biciclette, la rigidità dei telai è diversa, le forcelle sono cambiate e anche le ruote sono strutturate in maniera differente, e poi c’è anche il perno passante. Per tutti questi motivi noi consigliamo di utilizzare il 160 anteriore con il 140 posteriore, che assicura un’adeguata potenza frenante».

Dischi da Mtb, perché?

Una curiosità che abbiamo chiesto a Cittadini è perché alcuni atleti, come Alaphilippe, abbiano usato durante la stagione il disco Shimano della serie XTR da mountain bike.
«I dischi da strada – ci spiega – sono più strutturati nella parte interna, perché con le velocità elevate si crea maggiore calore in frenata, quindi c’è bisogno delle alette per disperderlo più velocemente. I corridori che hanno usato i dischi da mountain bike hanno una frenata meno aggressiva e riescono a far scaldare meno i dischi».

Quindi chi ha una frenata più dolce o riesce a ripartirla meglio fra anteriore e posteriore può usare i dischi XTR e avere il vantaggio di qualche grammo in meno in termini di peso.

I freni di VdP e Van Aert

Marco Cittadini ci faceva anche notare che Van der Poel e Van Aert usano i dischi del Dura Ace nel ciclocross– Anche se in teoria le velocità non porterebbero a un surriscaldamento dei dischi, loro preferiscono usare l’assetto stradale anche in quelle condizioni: «E’ una questione soggettiva, legata allo stile di frenata».

Freno a disco Shimano 140 mm
Il disco Shimano Ultegra da 140 millimetri
Freno a disco Shimano 140 millimetri
Il disco Shimano Ultegra da 140 millimetri montato su una bici da ciclocross

Continua evoluzione

Passando in casa Sram abbiamo parlato con Mauro Adobati che è uno dei meccanici del Team Trek-Segafredo, che ha in squadra uno dei migliori discesisti del gruppo: Vincenzo Nibali (foto in apertura).
«I nostri corridori usano tutti il disco da 160 millimetri anteriore e il 140 millimetri al posteriore – ci dice Adobati – da varie prove che abbiamo fatto è emerso che è la soluzione migliore. I ragazzi hanno bisogno di più potenza all’anteriore, anche perché è quello che utilizzano maggiormente».

C’è anche il cambio ruote

E poi c’è la questione di una dispersione migliore del calore: «Un altro vantaggio del disco da 160 millimetri è che disperde di più il calore. E’ logico che sarebbe meglio differenziare le misure dei dischi in base al peso del corridore, ma diventerebbe troppo complicato gestire il cambio ruote. In teoria se fossi un amatore che pesa poco, monterei il 140 anche all’anteriore».

Proprio in merito al cambio ruote il meccanico della Trek ci fa notare un particolare importante: «Quasi tutti i cambi ruote neutrali sono impostati con ruote anteriori con dischi da 160 e posteriori da 140. Questo è un ulteriore motivo per cui si sta andando in questa direzione».

Davide de la Cruz freni a disco Campagnolo
David de la Cruz alla Vuelta con i freni a disco Campagnolo
Davide de la Cruz Freni a disco Campagnolo
David de la Cruz all’ultima Vuelta ha corso con i freni a disco Campagnolo

Dischi anche per la UAE

La soluzione delle misure differenziate è la preferita anche per chi utilizza materiale Campagnolo, come la UAE Team Emirates, che quest’anno sembra indirizzata al pieno utilizzo dei freni a disco in tutte le corse.
«Possiamo dire che lo standard anche per noi è diventato il 160 anteriore con il 140 posteriore – ci spiega Vasile Morari, meccanico della squadra di Pogacar e Trentin – il disco anteriore maggiore da più potenza frenante, cosa che sul posteriore è già ottima con il disco più piccolo». Anche in questo caso oltre alla potenza della frenata si guarda alla capacità di raffreddamento: «Essendo l’anteriore il freno che usano di più, è meglio avere un diametro più grande anche perché si raffredda prima, infatti la superficie maggiore permette di rilasciare il calore più velocemente».